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ZOOTECNIA

Produzione ai minimi

storici per le carni bovine

Piccoli segnali di ripresa nei primi dieci mesi 2015. In sofferenza l’offerta nazionale, in aumento il prodotto estero. Scarsi i margini di redditività

I

numeri relativi alle macellazioni bovine dell’ultimo triennio rivelano inequivoca- bilmente un forte ridimensionamento pro- duttivo del comparto della zootecnia da carne in Italia. Sulla base dei dati rilevati dall’a- nagrafe bovina, nel 2014 sono stati macellati

2,61 milioni di capi, ovvero l’11% in meno ri- spetto ai circa 3 milioni del 2011.

Per il 2015 questo declino dovrebbe registrare una battuta d’arresto (+0,1% il dato sulle ma- cellazioni di gennaio-ottobre) con la produzio- ne, tuttavia, ancora ferma ai minimi storici.

È una contrazione che ril ette l’andamento delle importazioni di capi da ristallo da parte dei centri di ingrasso localizzati prevalentemen- te nel nord Italia e che alimentano gran parte dell’of erta di capi i niti provenienti dagli alle- vamenti nazionali. D’altra parte, il nostro patri- monio di vacche nutrici è assolutamente insuf- i ciente a soddisfare la domanda dell’industria di macellazione di capi selezionati da carne e sembra, peraltro, avere già esaurito le opportu- nità di sviluppo.

Per quanto riguarda i capi da riproduzione iscritti nei registri delle razze da carne italiane (221mila nel 2014), solo la razza Piemontese ha mostrato maggiore dinamismo seppure con tassi di crescita annui piuttosto contenuti. Le più piccole realtà locali o sono sostanzialmente ferme o addirittura in calo in termini di con- sistenze. È il caso, rimanendo in regione, della

Cervellati Cervellati

42 DICEMBRE 2015/GENNAIO 2016

CLAUDIO MONTANARI Crpa Spa, Reggio Emilia

Ec onomia

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razza Romagnola, che attualmente conta appe- na 6.500 vacche iscritte nel libro genealogico.

L’of erta nazionale è, quindi, calata ben oltre la contrazione dei consumi di carni rosse, mentre è aumentata la quota di mercato rappresentata dalle carni di provenienza estera.

Pesa la volatilità delle materie prime

Tutte le analisi condotte dal Crpa hanno dimo- strato che i margini di redditività anche per i centri di ingrasso più strutturati sono estrema- mente risicati, soggetti alla forte volatilità dei costi delle materie prime e del mercato dei bo- vini da macello. I pagamenti diretti hanno i no ad oggi garantito la stabilizzazione dei redditi derivanti dall’attività: questo getta un ulteriore elemento di incertezza sul futuro del comparto in considerazione dei potenziali ef etti dell’ulti- ma radicale riforma del primo pilastro della Pac.

I risultati dell’ultimo monitoraggio dei costi di produzione curato dal Crpa riguardano il bilancio 2014 di 20 allevamenti specializzati nell’ingrasso di vitelloni importati dalla Fran- cia; si tratta in larghissima prevalenza di capi di razza Charolais, Limousine e incroci sempre di origine francese. L’analisi è stata condotta nell’ambito delle azioni previste dall’osserva- torio del mercato delle carni bovine, gestito e coordinato da Ismea.

Conformemente alla metodologia adottata, l’allevamento è stato considerato come centro di costo distinto da quello dei processi relativi alla coltivazione dei fondi, anche quando questi sono i nalizzati a produrre materie prime utiliz- zate per l’alimentazione del bestiame. Per que- sto motivo il costo dei foraggi e dei concentrati reimpiegati sono stati imputati al loro valore di mercato. Tale distinzione consente di valutare in che misura l’attività zootecnica è in grado di valorizzare gli input prodotti dall’attività che si riferisce alla coltivazione dei fondi.

Tipo genetico e performance in stalla

Dal punto di vista delle caratteristiche dei capi e delle perfomance zootecniche non sussistono dif erenze riconducibili alla dimensione degli allevamenti, quanto piuttosto al tipo genetico prevalente nelle singole aziende. Mediamen- te i ristalli sono stati acquistati a un peso di poco inferiore a 400 kg e ingrassati i no al rag- giungimento di un peso vivo i nale di 700 kg.

Generalmente sono i vitelloni maschi di razza Charolais a raggiungere la maturazione com-

merciale a età e pesi più elevati rispetto ai capi Limousine. Il tempo di permanenza in stalla è stato di 220 giorni in ragione di un incremento giornaliero di 1,37 kg per capo. Anche i costi di alimentazione, pari nel 2014 a 1,61 euro per kg di peso vivo prodotto (corrispondenti a 2,20 euro per capo al giorno), non sono legati alla dimensione dell’allevamento quanto piuttosto al livello di ei cienza alimentare, espresso dal rapporto tra accrescimento giornaliero e unità foraggere ingerite. In tutti i casi le razioni adot- tate prevedono un largo impiego di insilato di mais (integrale o pastone), che costituisce più del 50% del peso tal quale. Ef etti di scala sono, al contrario, evidenti per gli ammortamenti e il costo del lavoro, se si considera inoltre che la presenza di lavoratori salariati nelle aziende di maggiore dimensione comporta oneri previ- denziali più elevati rispetto a quelli a carico dei collaboratori famigliari.

Il confronto tra costi e ricavi (vedi i gura alla pagina seguente) mostra che il prezzo medio dei vitelloni nel 2014 ha rappresentato solo il 93% del costo totale, garantendo la copertura delle spese sostenute per mezzi correnti e servi- zi, ma solo di una minima parte del costo del lavoro, senza alcun margine di recupero delle

TAB. 1 - CARATTERISTICHE DEGLI ALLEVAMENTI Classe di dimensione < 500 capi > 500 capi Media

Posti stalla (n.) 380 1.200 780

Capi venduti (n.) 559 1.912 1.235

Peso acquisto (kg) 380 405 393

Prezzo ristallo (€/kg) 2,90 2,80 2,85

Peso vendita (kg p.v) 704 697 700

Prezzo vitellone (€/kg) 2,53 2,53 2,53

Durata ciclo ingrasso (gg) 225 215 220

Incremento (kg/capo/g.) 1,38 1,36 1,37

Fonte: Crpa-Ismea

TAB. 2 – COSTI MEDI DI PRODUZIONE (€/CAPO/GIORNO) Classe di dimensione < 500 capi > 500 capi Media

Alimentazione 2,22 2,20 2,21

Medicinali 0,13 0,13 0,13

Carburanti 0,10 0,09 0,09

Altri costi diretti 0,33 0,35 0,34

Costi mezzi e servizi 2,77 2,77 2,77

Lavoro 0,34 0,25 0,30

Interessi e ammortamento 0,44 0,35 0,40

Costo totale 3,55 3,37 3,46

Fonte: Crpa-Ismea

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quote di ammortamento e degli interessi sul ca- pitale investito.

Nel caso degli allevamenti più grandi il margine si è attestato al 95%, con una perdita di oltre 15

€/cent per chilogrammo venduto (peso vivo).

La perdita sale a 20 €/cent al chilogrammo per le aziende di dimensione inferiore ai 500 posti stalla. Lo stesso tipo di analisi dice qual è stato il ruolo che i pagamenti diretti hanno avuto nello

stabilizzare il reddito aziendale, consen- tendo la piena copertura dei costi medi oltre a un limitato margine di proitto.

Come impatta la nuova Pac

La scelta di attribuire ai ricavi del centro zootecnico anche l’ammontare del paga- mento unico aziendale (e non unicamen- te il premio accoppiato alla macellazione) può apparire arbitraria, poiché il primo spetta ai titolari del sostegno indipenden- temente dal tipo di attività svolta.

Tale approccio, tuttavia, fornisce un ulte- riore elemento di valutazione del poten- ziale impatto della riforma del sostegno al reddito degli agricoltori entrata in vigore nel 2015, che comporterà comunque un graduale ma sostanzioso taglio agli im- porti percepiti ino all’anno scorso dagli allevamenti da ingrasso.

Rispetto al precedente livello di sostegno, la zootecnia da carne di tipo intensivo sarà infat- ti uno dei comparti maggiormente penalizzati dalla nuova Pac. Non è un caso che i centri di ingrasso più strutturati negli ultimi anni sia- no stati indotti a sfruttare economie di scopo mediante la ricerca di fonti di reddito sinergi- che all’allevamento, diversiicando l’attività nel campo delle energie rinnovabili. Ad esempio, tutti gli allevamenti di maggiore dimensione presso i quali è stata condotta l’indagine han- no sostenuto investimenti per l’installazione di digestori anaerobici in parte alimentati dagli ef- luenti prodotti in azienda. L’analisi dei bilanci ha dimostrato che, al netto dei pagamenti di- retti, è la produzione e la cessione dell’energia prodotta mediante biogas a consentire di chiu- dere i conti in attivo.

La sopravvivenza e il rilancio del settore dipen- de solo in parte dai margini di miglioramento della produttività di ciascun allevamento, per quanto questi siano importanti ai ini del con- tenimento dei costi. Sono le variabili di merca- to a determinare gran parte della sostenibilità economica della produzione del vitellone da carne. Tali variabili, in assenza di forme di co- ordinamento e organizzazione di tipo interpro- fessionale della iliera e senza un potenziamento del ruolo delle organizzazioni dei produttori, continueranno a rimanere fuori dalla possibilità di controllo del singolo imprenditore agricolo:

ciò soprattutto in considerazione del carattere globale della competizione sui mercati di largo consumo.

FIG. 1 – REDDITIVITÀ DEGLI ALLEVAMENTI DA INGRASSO (€/KG PESO VIVO)

Fonte: Crpa-Ismea

Cervellati

44 DICEMBRE 2015/GENNAIO 2016

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