• Non ci sono risultati.

Discrimen » Bioetica e diritto penale. Materiali per una discussione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Discrimen » Bioetica e diritto penale. Materiali per una discussione"

Copied!
282
0
0

Testo completo

(1)
(2)

e diritto penale

Materiali per una discussione

(3)
(4)

Stefano Canestrari

G. Giappichelli Editore – Torino

Bioetica

e diritto penale

Materiali per una discussione

Seconda edizione

(5)

VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-4860-9

Composizione: CDR - Sistemi stampa di Maria Angela Roviera - Torino Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/

fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633.

Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org.

(6)

Indice generale

pag .

Premessa (S. Canestrari) IX

Premessa alla seconda edizione (S. Canestrari) XIII

I

Laicità e diritto penale.

La disciplina della procreazione medicalmente assistita

1. Note introduttive (S. Canestrari) 3 2. Laicità e diritto penale nelle democrazie costituzionali (S. Canestrari) 5

3. Procreazione assistita: limiti e sanzioni (S. Canestrari) 29

II

Dilemmi di fine vita.

Il contributo di un giurista penalista

nell’ambito del Comitato Nazionale per la Bioetica

1. Note introduttive (S. Canestrari) 45 2. Parere CNB. Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sanitario

nella relazione paziente-medico (24 ottobre 2008) 49 3. Rifiuto informato e rinuncia consapevole al trattamento sanitario da

parte di paziente competente (S. Canestrari) 79

4. Sentenza GUP Roma 23 luglio-17 ottobre 2007, n. 2049 (caso Welby) 95

(7)

pag .

III

Il suicidio in carcere e la tutela della salute “dentro le mura”

III.1

Il suicidio in carcere

1. Note introduttive (S. Canestrari) 135 2. Parere CNB. Il suicidio in carcere. Orientamenti bioetici (25 giu-

gno 2010) 137

III.2

La salute “dentro le mura”

1. Note introduttive (S. Canestrari) 157 2. Parere CNB. La salute “dentro le mura” (27 settembre 2013) 159

IV

Obiezione di coscienza e attività sanitaria: un’ipotesi controversa

1. Note introduttive (S. Canestrari) 185 2. Parere CNB. Nota in merito alla obiezione di coscienza del farma-

cista alla vendita di contraccettivi d’emergenza (25 febbraio 2011) 187

3. Opinioni a confronto (F. Mantovani e P. Veronesi) 199

V

Le scelte tragiche nell’ambito dell’attività medico-chirurgica:

il caso delle gemelline con cuore unico

1. Note introduttive (S. Canestrari) 225 2. Parere del Comitato di Bioetica dell’Alma Mater Studiorum-Uni-

versità di Bologna sul caso dei neonati siamesi con cuore unico (11

luglio 2011) 227

3. Commento (M. Lalatta Costerbosa) 229 4. Parere CNB. I gemelli congiunti e gli interventi di separazione:

aspetti bioetici (19 luglio 2013) 235

(8)

pag.

VI

Pena di morte.

International Academic Network for the Abolition of Capital Punishment

1. Note introduttive (S. Canestrari) 251 2. Presentazione del documento per l’abolizione della pena di morte

nel mondo (S. Canestrari) 253 3. Documento per l’abolizione della pena di morte nel mondo 257

4. A proposito del libro di P. Costa, Il diritto di uccidere. L’enigma del-

la pena di morte (S. Canestrari) 259

(9)
(10)

Premessa

L’idea di questo volume nasce dall’esperienza didattica nei seminari di biodi- ritto nell’ambito dei corsi di diritto penale e nei dottorati di ricerca, nonché dall’insegnamento nei master e nei corsi di alta formazione di area giuridico- sanitaria. Tra i tanti argomenti analizzati insieme agli studenti e agli allievi, ho deciso di raccogliere in questo volume saggi – non soltanto di chi scrive – e do- cumenti relativi a questioni etico-giuridiche da cui dipende l’identità della no- stra società: il concetto di laicità e la disciplina della procreazione medicalmente assistita; i dilemmi di fine vita; le condizioni della detenzione e i suicidi in carce- re; l’obiezione di coscienza e le scelte tragiche nell’attività sanitaria; l’abolizione universale della pena di morte.

Materiali raggruppati per temi, preceduti da mie brevi note introduttive per av- viare una discussione, innanzitutto con i discenti – dai quali ho ricevuto e mi atten- do preziosi spunti di riflessione – nei seminari e nei percorsi di formazione post lau- ream. A scopi didattici ho ritenuto opportuno, in alcuni casi, riportare documenti del Comitato Nazionale per la Bioetica che ho contribuito a redigere; pubblicati per intero, senza omettere note e postille affinché si dia pienamente conto, anche «in aula», delle diverse posizioni sulle tematiche bioetiche più controverse.

Inoltre, i materiali raccolti possono forse essere di una qualche utilità per una riflessione, che coinvolga anche una platea di non specialisti, sul contributo che il giurista può fornire – nell’ambito delle istituzioni e nel discorso pubblico – per la soluzione di problemi, la cui comprensione richiede una costante coope- razione di competenze extragiuridiche.

Si tratta allora di compiere sforzi originali e consistenti al fine di superare il tradizionale isolamento del giurista, il cui ruolo non può restare confinato nel- l’ambito di una pura sfera tecnica. L’odierno studioso del diritto deve – in pri- mo luogo – essere un attento ed instancabile osservatore dei contributi delle scienze umane, sociali e statistiche. Proprio l’abbandono della tradizionale osti- lità delle scienze giuridiche alle verifiche empiriche costituisce un passaggio fon- damentale per stabilire un dialogo proficuo non soltanto tra i cultori dei diversi rami dell’ordinamento giuridico ma anche con gli studiosi delle altre discipline.

Ma ciò non può essere considerato sufficiente per consegnare al giurista un

ruolo da co-protagonista nella discussione pubblica sul biodiritto. Per rendere

operativo un «modello aperto e condiviso» di scienza giuridica, il giurista deve

(11)

assumere le vesti di uno speleologo e andare alla ricerca dell’origine dei proble- mi con lo «spirito di avventura» di un esploratore. E procedere con l’umiltà di uno scalatore, che richiede una costante e intensa cooperazione, senza concepir- si come «capocordata».

È auspicabile, ad esempio, che un giurista possa criticare o progettare – o soltanto immaginare – un intervento legislativo nelle situazioni di fine vita se non è a conoscenza della complessità dei fenomeni e del funzionamento delle strutture sanitarie nei diversi paesi? Se non ha dialogato in modo approfondito con i medici e con gli infermieri che lavorano nelle AUSL e negli hospice? Se non ha frequentato i convegni degli esperti di cure palliative individuando – «sco- prendo» – insieme agli operatori sanitari gli ambiti problematici? Se non ha, poi, discusso con metodo autenticamente interdisciplinare come affrontare gli accadimenti che possono assumere rilevanza giuridica? No, non è auspicabile:

seguendo un’impostazione classica – del giurista che osserva i fenomeni «dal di fuori» ed ex post – si rischiano interventi maldestri della legge, sovraregolazioni o «spazi liberi dal diritto» avallati da giuristi che non hanno strumenti efficaci per opporsi agli arbitrii della politica «partitica» (alle sue esigenze simboliche, mediatiche ed elettorali) né per «sorvegliare» le proprie ideologie o riconoscere i propri «pre-giudizi».

I saggi e i documenti raccolti in questo volume raccontano allora anche l’im- pegno di un giurista penalista che ha ricercato costantemente un’integrazione con il pensiero dei non giuristi, per attrezzarsi a esercitare un ruolo propositivo:

di sperimentazione per la soluzione dei problemi, di indirizzo nei confronti de- gli operatori del diritto e del legislatore.

Tutte le tappe di questi itinerari di un giurista tra bioetica e diritto penale si soffermano sulle diverse declinazioni del concetto di dignità riconosciuto alla persona e alla vita umana. L’auspicio è che il materiale pubblicato possa contri- buire a diffondere senso critico nel confronto pubblico intorno a queste temati- che fondamentali, su cui è edificata la nostra civiltà.

Ringraziamenti e dediche

Concludo queste brevi note introduttive con dei ringraziamenti, non consueti perché

rivolti a tutti i componenti delle Istituzioni nel cui ambito si sono svolti i miei itinerari

tra bioetica e diritto penale. Ringrazio tutti gli amici e i colleghi della Facoltà di Giuri-

sprudenza di Bologna, che ho avuto l’onore di presiedere per due mandati (dal 2004 al

2010). Mi piace pensare che i successi ottenuti – tra gli altri, il primo posto tra le facoltà

giuridiche in Europa continentale per il prestigioso QS World University Ranking – sia-

no dovuti anche alla comune e ostinata volontà di non arrendersi all’idea del declino

della figura del giurista. Ringrazio il Presidente Paolo Francesco Casavola, i Vice Presi-

denti e tutti i componenti del Comitato Nazionale per la Bioetica. Nelle tante discussio-

ni – sempre approfondite e appassionate, talvolta accese e sofferte – ho imparato moltis-

simo e non soltanto sul piano scientifico. Ringrazio infine tutti i componenti del Comita-

(12)

to di Bioetica dell’Università di Bologna-Alma Mater Studiorum, che ho l’onore di pre- siedere dal momento della fondazione. Non è superfluo sottolineare che i componenti del Comitato Nazionale per la Bioetica e del Comitato di Bioetica dell’Università di Bo- logna (nonché il suo Presidente) svolgono la propria attività senza alcuna forma di com- penso.

Infine desidero dedicare questo volume ai direttori, ai colleghi dei comitati scientifi- ci, ai discenti dei master in “Organizzazione, Gestione e Assistenza in Hospice Residen- ziale e in Hospice Domiciliare” (Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa), in

“Diritto Sanitario” (Spisa-Unibo), in “Programmazione e Valutazione dei Servizi Sanita- ri e Socio-Assistenziali” (Unibo). Il dialogo fecondo intrattenuto per anni – e che tuttora mi appassiona – nell’ambito di questi corsi post lauream con medici, psicologi, direttori sanitari, infermieri mi ha consentito di apprezzare l’“umanità” e la complessità dei rap- porti tra diritto e medicina, tematica oggetto di una parte significativa del materiale rac- colto in questo volume.

Ringrazio il dott. Matteo L. Mattheudakis, dottorando di ricerca in diritto penale nel- l’Università di Parma, per il prezioso apporto redazionale.

Bologna, aprile 2012

Avvertenza

– I. Il mio saggio «Laicità e diritto penale nelle democrazie costituzionali» è qui ri- proposto nella versione pubblicata nel volume Laicità e diritto, curato da chi scrive, edi- to dalla BUP nel luglio del 2007. Il mio saggio «Procreazione assistita: limiti e sanzioni» è qui riproposto nella versione pubblicata in Diritto penale e processo dell’aprile 2004, n. 4.

– II. Il mio saggio «Rifiuto informato e rinuncia consapevole al trattamento sanitario da parte di paziente competente» è qui riproposto nella versione pubblicata nel Trattato

di Biodiritto, diretto da S. Rodotà e P. Zatti, Vol. Il governo del corpo, a cura di S. Cane-

strari, G. Ferrando, C.M. Mazzoni, S. Rodotà, P. Zatti, Giuffrè, Milano, 2011.

– IV. Gli scritti di Ferrando Mantovani e di Paolo Veronesi sono pubblicati nella rubrica «Opinioni a confronto», curata da chi scrive, in Criminalia del 2012.

– VI. Il mio commento al libro di Pietro Costa, Il diritto di uccidere. L’enigma della

pena di morte viene qui riproposto, con lievi modifiche, nella versione pubblicata in Riv.

it. dir. proc. pen., fasc. 2 del 2011.

(13)
(14)

Premessa alla seconda edizione

Il volume viene arricchito, nella sua seconda edizione, da due nuovi docu- menti del Comitato Nazionale per la Bioetica alla cui redazione ho direttamente contribuito: “La salute dentro le mura”, “I gemelli congiunti e gli interventi di separazione: aspetti bioetici”. I due pareri presentano un’evidente linea di con- tinuità con i materiali già raccolti nella prima edizione.

Con “La salute dentro le mura”, infatti, il CNB è ritornato, a distanza di tre anni dal documento sul suicidio in carcere, sul delicato problema del diritto alla salute di chi vive costretto “dentro le mura”, oggi fortemente messo in pericolo dalle note, drammatiche condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane. Il documento, pertanto, risponde a quelle esigenze di denuncia, di impegno civile e di stimolo alla discussione che danno origine al presente volume.

Il secondo documento riprende, indagandone aspetti ulteriori, la tragica que- stione – posta all’attenzione dal caso bolognese cui si riferisce il parere del Comi- tato di Bioetica dell’Alma Mater Studiorum già riportato nella prima edizione – della legittimità dell’intervento di separazione dei gemelli congiunti.

Si ringrazia il dott. Gian Marco Caletti per la preziosa collaborazione.

Bologna, giugno 2014

(15)
(16)

I

Laicità e diritto penale.

La disciplina della procreazione medicalmente assistita

(17)
(18)

1.

Note introduttive

Laicità e diritto: un binomio, questo, che da un lato pare irrevocabilmente iscritto nel patrimonio genetico delle democrazie costituzionali d’impronta libe- raldemocratica, fino al punto di risolversi in un’endiadi; ma che dall’altro sem- bra riunire i poli di una dialettica tuttora irrisolta e forse, sotto certi aspetti, ine- splorata.

La pratica del diritto si offre quale fonte inesauribile di conflitti la cui rego- lamentazione impone una rimeditazione dei criteri assiologici consolidati e che, sempre più spesso, chiama in causa la laicità delle istituzioni. La questione del velo islamico e l’esposizione del crocifisso nelle scuole; la procreazione medi- calmente assistita e i dilemmi di fine vita; la libertà religiosa nelle sue molteplici sfaccettature, rappresentano per il giurista solo alcune delle tessere di una realtà multiforme e vivente da cui prelevare «campioni a caldo» a scopo conoscitivo e, possibilmente, propositivo. Compito evidentemente non facile, giocato sulla ri- cerca di delicati equilibri tra valori contrapposti, e al quale tuttavia l’interprete non può sottrarsi.

Ripropongo qui il saggio che ho scritto per invitare alla discussione i docenti della facoltà giuridica bolognese – durante il primo mandato della mia presiden- za – collocato in apertura del volume «Laicità e diritto», edito dalla BUP nel lu- glio del 2007. Il testo non è stato modificato e l’apparato delle note non è stato oggetto di integrazioni, anche al fine di rendere più agevole la lettura ai non spe- cialisti.

Del resto, questo è uno degli obiettivi del volume: un dialogo aperto di un giurista che avverte la responsabilità di introdurre nella discussione pubblica un patrimonio di conoscenze, «da condividere», per non affidare il dibattito sui principi e sui valori fondanti della nostra democrazia a brutali ed accidiose logi- che di politica contingente.

Il saggio pone in evidenza molte delle problematiche più controverse del di-

scorso pubblico contemporaneo. Il lettore paziente avrà modo di verificare che i

problemi analizzati in un’arena autenticamente pluralista – in cui il confronto

competente tra argomenti razionali è stato caratterizzato dal riconoscimento e

dal rispetto delle diverse posizioni in campo – hanno trovato soluzioni condivi-

(19)

se, anche in presenza di sensibilità fortemente contrastanti. Viceversa, quando la ricerca di accordi – anche «parzialmente teorizzati» (C. Sunstein) – o la speri- mentazione di «consensi per intersezione» (J. Rawls) ha lasciato il passo ad un conflitto politico privo di qualsiasi volontà di mediazione, le scelte legislative non sono state neppure in grado di cogliere la pluralità e la complessità delle questioni che sottostavano alle materie da disciplinare. In proposito, risulta em- blematica la legge 19 febbraio 2004, n. 40, in tema di procreazione medicalmen- te assistita, ispirata ad un’«etica degli scopi assoluti»

1

che non si arricchisce del- la validità di argomentazioni «avversarie» e evita la ricerca di ponderati contem- peramenti tra interessi collidenti.

Alla luce delle attuali e tormentate vicende della normativa citata

2

è parso utile riproporre – di seguito al saggio su «Laicità e diritto» – un mio scritto

3

(pubblicato sulla rivista Diritto penale e processo del 2004) che costituisce il primo commento critico ai profili penali della legge n. 40. Tra le tante riserve sulle opzioni del legislatore, si sottolineava con forza la necessità di modificare la disciplina in materia di fecondazione assistita c.d. eterologa. Come avevo già affermato alla Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica – in oc- casione dell’Audizione per disegni di legge sulla «Procreazione medicalmente assistita» del 5 novembre 2002 – il divieto assoluto della Pma con donatori/do- natrici di gameti rappresenta una ingerenza non giustificata del diritto punitivo nelle scelte procreative degli aspiranti genitori.

Ora, la Corte costituzionale, con la sentenza 9 aprile 2014, n. 162, depositata il 10 giugno 2014 (www.giurcost.org), ha dichiarato illegittimo il divieto assoluto di fecondazione c.d. eterologa disposto dalla legge n. 40.

1Espressione riproposta nel bel libro di P.BERGER,A.ZIJDERVELD, Elogio del dubbio. Come avere convinzioni senza diventare fanatici, Il Mulino, Bologna, 2011, 141.

2Sul punto rinviamo ai contributi di R.VILLANI e diE.DOLCINI nel Trattato di Biodiritto, di- retto da S.RODOTÀ,P.ZATTI, Vol. Il governo del corpo, a cura di S.CANESTRARI,G.FERRANDO, C.M.MAZZONI,S.RODOTÀ,P.ZATTI, Tomo II, Giuffrè, Milano, 2011, 1517 ss.; 1537 ss.

3Questi due contributi sono stati discussi anche nell’ambito della letteratura penalistica d’ol- tralpe in seguito alla loro traduzione in lingua tedesca da parte di Thomas Vorbaum (S. CANE- STRARI, Strafrechtliche Probleme der Laizität, Rechtsgeschichte und Rechsgeschehen, LIT, Verlag- Berlin-Hamburg-London-Münster-Wien-Zürich, 2008).

(20)

2.

Laicità e diritto penale nelle democrazie costituzionali

1. Definizione

Il termine laicità, certamente tra quelli emblematici della modernità, è entrato da tempo anche nel lessico dei penalisti: con laicità del diritto penale si contras- segnano normalmente due diverse problematiche, pur strettamente interconnesse.

1.1. Laicità come autonomia

Da un lato, si intende evidenziare come l’edificio giuridico-penale si caratte- rizzi per l’autonomia rispetto ai valori afferenti alle varie concezioni morali e re- ligiose diffuse nella società, essendo presieduto da principi propri

1

(laicità come aconfessionalità o, meglio, autonomia).

Non tutto ciò che è considerato riprovevole moralmente assume un signi- ficato penalmente rilevante: non solo per la relatività dei valori all’interno di modelli pluralisti come quelli odierni (ad es., l’idea dell’indissolubilità del vinco- lo che sorge dall’impegno contratto con il matrimonio oggi non è più condivisa in via generale); ma anche per la ritenuta estraneità all’ambito delle materie di cui deve occuparsi l’ordinamento, in specie quello penale, di valori la cui accet- tazione appare maggiormente diffusa. Così, il commercio della pornografia at- tualmente non è più contrastato perché la sua fruizione si considera attinente a quella sfera di scelte personali insindacabili dalla società, fintanto che non coin- volgano ulteriori interessi come la tutela dei minori

2

.

Il saggio è qui riproposto nella versione pubblicata nel volume «Laicità e diritto», curato da chi scrive, edito dalla BUP nel luglio del 2007.

1V. F. STELLA, Laicità dello Stato: fede e diritto penale, in AA.VV., Diritto penale in trasforma- zione, a cura di G.MARINUCCI eE.DOLCINI, Milano, 1985, 310.

2Sul punto, AA.VV., Commentario delle norme contro la violenza sessuale e della legge contro la pedofilia, a cura di A. CADOPPI, 3ª ed., Padova, 2002, 471 ss.

(21)

1.2. Laicità come mondanità

D’altro lato, e quale espressione della prima prospettiva accennata, emerge l’orientamento dell’intervento penale a valori mondani, temporali e «terreni».

In particolare, la potestà punitiva non può essere esercitata per il persegui- mento di ideali trascendenti di giustizia assoluta, di palingenesi totale della so- cietà, di riparazione del male, ma solamente per finalità preventive, generali o speciali

3

(laicità come mondanità). Il diritto penale non è funzionale a castigare costumi immorali, né a orientare opzioni culturali individuali o collettive, ma a finalità concrete di prevenzione nell’ottica della tutela dei beni giuridici. È op- portuno ribadire che l’orientamento dell’intervento penale a finalità «laiche» di prevenzione – e la sua delimitazione attraverso previsione di garanzie formali (legalità, ecc.)

4

– costituisce «imperativo categorico» liberale imprescindibile per qualsiasi sistema penale, anche internazionale

5

.

1.3. Laicità e status di cittadino

La diversa ottica di assegnare all’intervento penale compiti di moralizzazione, di programmazione pedagogica, di indottrinamento dei cittadini può essere con- trassegnata come paternalismo: in questa prospettiva i consociati, anziché soggetti di diritto, vengono considerati alla stregua di sudditi da comandare, ovvero di figli da educare e ammaestrare, o di incapaci irresponsabili da tenere sotto tutela, e lo Stato si assume la prerogativa di indicare che cosa sia «giusto» e «sbagliato».

Si può affermare che, mentre la laicità contrassegna il diritto penale del cit- tadino, orientato alla mera delimitazione delle reciproche sfere di libertà dei cit- tadini, forme più o meno dichiarate di paternalismo caratterizzano da sempre modelli giuridici di diritto penale (dell’amico e) del nemico

6

, deputati a ottimiz-

3Cfr. S. MOCCIA, Carpzov e Grozio. Dalla concezione teocratica alla concezione laica del diritto penale, Napoli, 1979, passim.

4V., con chiarezza, G. MARINUCCI,E.DOLCINI, Corso, cit., 5 ss.; 37 ss.

5In questi termini, con specifico riferimento allo Statuto della Corte Penale Internazionale, v. M. CATENACCI, “Legalità” e “tipicità del reato” nello Statuto della Corte Penale Internazionale, Milano, 2003, 38 (pur se in senso moderatamente critico nei confronti dello stesso Statuto ICC).

6Per una critica severa a questo modello «escludente» di diritto penale si rinvia alle condivisi- bili riflessioni di C. PRITTWITZ, Krieg als Strafe – Strafrecht als Krieg, in Lüderssen FS, Nomos, Ba- den-Baden, 2002, 499 ss.; ID., Derecho penal del enemigo ¿Análisis critico o programa del derecho penal?, in AA.VV., La politica criminal en Europa, a cura di S. MIR PUIG,M.CORCOY BIDASOLO, V.GOMEZ MARTIN, Atelier, Barcelona, 2004, 121 ss. Nella letteratura spagnola, cfr. F. MUÑOZ

CONDE, El nuevo derecho penal autoritario. Consideraciones sobre el llamado «derecho penal del enemigo», in La influencia de la ciencia penal alemana en Iberoamérica, a cura di M. ONTIVEROS

ALONSO e M. PELÁEZ FERRUSCA, tomo I, Instituto nacional de ciencias penales, Mexico, 2003,

(22)

zare le prerogative degli individui (necessariamente di alcuni, a discapito di altri).

Il paternalismo si manifesta dunque come quella tendenza autoritaria del diritto che, invece di tutelare il cittadino nella sua sfera di libertà, lo favorisce come ami- co, lo controlla o combatte come nemico, lo protegge come un figlio, fa scelte in sua vece come avviene per un incapace

7

.

Il processo della c.d. secolarizzazione – la dinamica che conduce alla gradua- le affermazione della laicità – nasce come negazione del privilegio di pochi legit- timato su presupposti di ordine sovranaturale, teocratico o extra-civico: segna il progressivo passaggio storico da un diritto fondato su «status» differenziati (di origine nobiliare, ecclesiastica, ecc.) a un diritto imperniato sullo “status” unico di cittadino strutturato sul principio di uguaglianza (di diritti e di doveri). Insomma, la storia del principio di laicità corrisponde a quella della definizione e delimita- zione della libertà individuale, nonché della individuazione dei diritti e dei do- veri afferenti allo status indifferenziato di cittadino.

Dal punto di vista etimologico, si può osservare come il concetto di «secola- rizzazione» stesse originariamente a significare «confisca», intendendosi il tra- sferimento obbligato dei beni ecclesiastici al potere secolare dello Stato, o, più in generale, la delimitazione delle prerogative ecclesiastiche di fronte a quelle civili; più radicalmente, si utilizzò il vocabolo anche a denotare l’addomesticamen- to dell’autorità religiosa da parte del potere civile. In seguito, attraverso un’evolu- zione che ne fece uno dei concetti emblematici della modernità, il termine «se- colarizzazione» denotò la sostituzione della mentalità, della morale e del diritto a impronta religiosa con equivalenti razionali

8

.

Nell’età contemporanea, quella della società postmoderna, ovvero, con espressione particolarmente felice, nell’attuale società «postsecolare», da voce autorevole viene il suggerimento di attribuire alla laicità non il compito di creare nuovi steccati, ma la “funzione civilizzatrice di un common sense democrati- camente illuminato”

9

. Nel prosieguo si cercherà di sviluppare soluzioni model- late su tale proposta.

117 ss.; E. DEMETRIO CRESPO, Del «derecho penal liberal» al «derecho penal del enemigo», in Libro Homenaje al Profesor Alessandro Baratta, Salamanca, 2004.

7Cfr. L. CORNACCHIA, Concorso di colpe e principio di responsabilità per fatto proprio, Torino, 2004, 68 ss.

8Nella letteratura penalistica cfr. le riflessioni di M. ROMANO, Secolarizzazione, diritto penale moderno e sistema dei reati, in Riv. it. dir. pen. proc., 1981, 477 ss.

9J. HABERMAS, Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale. Appendici. Fede e sapere, a cura di L. CEPPA, Torino, Einaudi, 2001, 101, che parla di «terzo partito tra la scienza e la religione».

(23)

2. Laicità come carattere desumibile dai principi della Carta Fonda- mentale della Repubblica

Il riferimento al diritto penale del cittadino rimanda dunque a quei principi fondamentali della Carta Fondamentale della Repubblica che costituiscono pila- stri dell’edificio costituzionale e direttrici dell’intero ordinamento giuridico: quelli di uguaglianza e di libertà.

2.1. I principi fondamentali dell’intero ordinamento

Il principio di uguaglianza, consacrato dall’art. 3 Cost., costituisce un limite invalicabile all’eventualità di discriminare i cittadini per le loro convinzioni reli- giose, politiche, etiche ecc. ovvero, di converso, di creare privilegi giustificati so- lamente sulla base delle stesse.

Rispetto al principio della libertà, che emerge come diritto fondamentale nel- le sue diverse dimensioni nell’ambito dell’intera Carta Fondamentale della Re- pubblica, rivestono un significato assolutamente centrale – riguardo alla temati- ca in oggetto – i sottoprincipi della libertà di manifestazione del pensiero (art.

21 Cost.) e della libertà religiosa (art. 19 Cost.). Quest’ultimo in particolare, quale esercizio di un diritto costituzionalmente garantito – il diritto di professa- re liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associa- ta, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto – cono- sce quale unico limite espressamente previsto quello del buon costume

10

.

Con riguardo al concetto di libertà religiosa, una concezione ristretta limita lo stesso alla mera facoltà di professione, di propaganda e di culto, mentre una lettura più ampia estende la nozione fino a ricomprendervi la libertà di mettere in atto opere che siano testimonianza della propria fede. Inammissibili sarebbe- ro dunque nel nostro ordinamento – già soltanto sulla base della concezione ri- stretta della libertà religiosa – decurtazioni di tale diritto in nome della stessa lai- cità dello Stato (note invece all’esperienza di altri paesi, come la Francia e la Tur- chia): ad esempio, il divieto di mostrare in luoghi pubblici simbologie religiose (si pensi al caso, di attualità, del foulard) palesa un’ideologia confessionale, che fa della laicità non già un criterio di rispetto della libertà individuale, ma una vera e propria religione di stato, di cui si impone l’osservanza a tutti i cittadini.

Il primo ed evidente corollario ricavabile da entrambi i principi fondamentali

10Si discute se tale limite riguardi esclusivamente il senso del pudore connesso alla morale ses- suale, ovvero se vada inteso in maniera più lata con riferimento a tutti i principi derivanti dalla comune coscienza sociale, a tutela del rispetto dei diritti personali di ciascun individuo e delle isti- tuzioni pubbliche. Sul buon costume come oggetto di tutela penalistica cfr. G. FIANDACA, Pro- blematica dell’osceno e tutela del buon costume, Padova, 1984, 67 ss.; S. MOCCIA, Il diritto penale tra essere e valore, ESI, Napoli, 1992, 217 ss.

(24)

in oggetto è l’obbligo della piena accettazione del pluralismo delle opinioni di tutti i consociati. Con le parole di uno degli studiosi più autorevoli del nostro tempo, «il fatto scandaloso del pluralismo ideologico», contrassegno tipico della modernità, porta, in positivo, ad accreditare un modello di riconoscimento de- mocratico tra estranei, fondato sul rispettoso consenso e sulla salvaguardia giu- ridica delle differenze: compito fondamentale delle odierne comunità pluralisti- che è allora quello di rendere possibile «la costituzione mentale di una sfera pubblica polifonica»

11

.

Pertanto, lo Stato non potrebbe assumere come proprio un credo religioso o ideologico: laicità come avalutatività, sfaccettatura della menzionata accezione di laicità come aconfessionalità o autonomia.

2.2. I principi costituzionali della responsabilità penale

L’esigenza di attribuire all’ordinamento giuridico-penale carattere essenziale di laicità si desume oltre che dalla funzione assolta dal medesimo, anche e so- prattutto dai principi costituzionali su cui si incardina il modello di intervento penale vigente. Ricordiamoli, in estrema sintesi.

Innanzitutto, occorre fare riferimento al principio «teleologico» della finalità della pena, consacrato dall’art. 27, comma 3, Cost. con riguardo alla funzione rieducativa. Il progressivo abbandono dell’idea retributiva “assoluta” (ossia, ab- soluta: svincolata da giustificazioni relative strumentali ad interessi particolari, radicate nel fondamento etico assoluto del punitur quia peccatum est) a favore delle diverse concezioni preventive «relative» rappresenta una delle pagine fon- damentali del processo di secolarizzazione del diritto penale.

Inoltre, secondo recente dottrina può venire in considerazione il principio sancito dall’art. 27 Cost., ossia di responsabilità personale, che nel suo significa- to minimo (di responsabilità per fatto proprio) vieta di incriminare un soggetto per fatti che esulino dalle sfere di competenza disegnate dallo status riconosciu- togli dall’ordinamento

12

. Un profilo essenziale per escludere che possano assu- mere di per sé qualsiasi rilievo giuridico-penale convinzioni o intenzioni perso- nali: la dimensione interiore di ciascun cittadino è e deve rimanere assolutamen- te indifferente all’ordinamento fintanto che questo non violi un dovere giuridico attinente al suo status. Alle medesime conclusioni si perviene comunque anche argomentando dallo stesso art. 25, comma 2, Cost., che, ove utilizza l’espressio- ne «fatto commesso», sembra consacrare il principio per cui cogitationis (et opi- nionis!) poenam nemo patitur.

Ancora. Il principio di materialità comporta che si possa rispondere in sede penale unicamente per la commissione di fatti (identici a quelli previsti dalla

11J. HABERMAS, Il futuro della natura umana, cit., 107.

12V. L. CORNACCHIA, Concorso di colpe, cit., 431 ss., in ptc. 435 ss.

(25)

legge come reati): quindi esclude che un libero cittadino possa essere perseguito per ciò che è, pensa, vuole

13

. Il diritto penale, in quanto laico, non può censura- re il foro interno della coscienza, le convinzioni personali, l’eventuale atteggia- mento di infedeltà all’ordinamento: le scelte individuali, fintanto che non si estrinsecano in un fatto tipico, sono intangibili, rientrano in quella sfera di au- tonomia che deve rimanere inaccessibile al diritto penale.

Il principio di offensività esclude che in assenza di un bene giuridico oggetto di tutela possa scattare comunque la sanzione penale. Va sottolineato: esigenza di protezione esclusivamente di beni giuridici, non di mere istanze morali o reli- giose

14

. Così, un sistema giuridico-penale che si ispiri al principio in oggetto non potrà considerare penalmente rilevanti comportamenti sessuali ritenuti da taluni immorali: emblematico è il caso dell’omosessualità

15

. Né un ordinamento mo- derno potrebbe, con tutta evidenza, sanzionare le violazioni di un credo religio- so, ad es. del precetto domenicale per i cattolici, o del riposo del sabato per gli ebrei, o della preghiera giornaliera per i musulmani: lo precluderebbe – a tacere di considerazioni legate all’esigenza che le leggi siano generali e astratte – l’assenza di un bene giuridico meritevole di tutela.

Ma non si potranno altresì incriminare neppure condotte lesive di principi o valori che non costituiscano reali oggettività giuridiche: la annosa questione del- la possibile tutela penale dell’embrione dipende così dal fatto che ad esso si ri- conosca o meno lo statuto di essere umano

16

, mentre deve assolutamente essere esclusa – ad esempio – la eventualità di una simile tutela per i gameti maschili e femminili, a prescindere dalla valenza morale attribuita al principio della gene- razione della vita

17

.

Il principio di legalità sancito dall’art. 25 Cost. – inquadrato come principio

«delimitativo» della responsabilità penale – impone che si possano sottoporre a sanzione penale soltanto comportamenti espressamente e tassativamente previsti

13Con questa triplice scansione si intende fare riferimento a corrispondenti forme di diritto penale, conosciute da ordinamenti a tendenza totalitaria soprattutto del passato, estranee all’idea di laicità: rispettivamente, al diritto penale d’autore (o del Tätertyp), al diritto penale sintomatico (che dalla pericolosità delle idee desume il potenziale pregiudizio per il bene giuridico, soprattut- to per quello dell’ordine pubblico), dell’atteggiamento interiore.

In argomento cfr. F. MANTOVANI, Problemi della laicità nell’esperienza giuridico-penale, in Scritti in memoria di Renato Dell’Andro, vol. I, Cacucci, Bari, 1994, 519 ss.

14Si veda F. STELLA, Laicità dello Stato: fede e diritto penale, cit., 322 e 324 s.

15Si noti che la stessa fattispecie di incesto di cui all’art. 564 c.p. è di dubbia legittimità costi- tuzionale, incerti essendo i confini del concetto eticizzante di «pubblico scandalo».

16Sul tema, da diversi angoli visuali, E. DOLCINI, Embrione, pre-embrione, ootide: nodi inter- pretativi nella disciplina della procreazione medicalmente assistita, in Riv. it. dir. pen. proc., 2004, 459 ss.; L. EUSEBI, Beni penalmente rilevanti e tecniche di procreazione, in L.FIORAVANTI (a cura di), La tutela penale della persona. Nuove frontiere, difficili equilibri, Giuffrè, Milano, 2001, 46.

17Cfr. S. CANESTRARI, Verso una disciplina penale delle tecniche di procreazione medicalmente assistita? Alla ricerca del bene giuridico tra valori ideali e opzioni ideologiche, in L. FIORAVANTI (a cura di), La tutela penale, cit., 61 ss.

(26)

per legge. La legittimazione dello ius puniendi al solo potere legislativo sovrano esclude interferenze di altri organi – autorità religiosa, movimenti carismatici, organi di pressione culturale, ecc. – nella delimitazione del lecito dall’illecito.

Inoltre dallo stesso principio, sotto il profilo per cui solo i fatti espressamente pre- visti dalla legge come reati sono soggetti a pena, si desume il divieto di estendere la punibilità a comportamenti avvertiti come meramente immorali, o generica- mente offensivi di sentimenti individuali, o di valori etici.

Ad esempio, sarebbe palesemente incostituzionale incriminare condotte eva- nescenti come la seduzione amorosa non motivata dalla serietà delle intenzioni (estendendo analogicamente altre fattispecie incriminatrici, come la riduzione in schiavitù, interpretando l’espressione «condizione analoga alla schiavitù» di cui all’art. 600 c.p. anche come stato di dipendenza psicologico-affettiva; o addirit- tura la violenza sessuale, attraverso estensione del concetto di «trarre in ingan- no» di cui all’art. 609, comma 2, n. 2, c.p.): pur trattandosi di comportamenti che ben potrebbero essere censurati come gravemente scorretti, lesivi della dimensio- ne relazionale umana e irrispettosi dell’altrui persona (persino con rischio effetti- vo di notevoli ripercussioni pregiudizievoli a livello di integrità psichica).

Dagli stessi principi di necessaria lesività e di legalità sotto il profilo della tas- satività si desume – come noto – il carattere di extrema ratio che deve presiedere all’intervento penale, quindi della stretta necessità, sussidiarietà ed effettività.

Da ciò si desume che il ricorso alla sanzione penale dovrebbe essere escluso ogni volta che, pur in presenza di un bene giuridico meritevole di essere protet- to, una forma di tutela diversa da quella criminale si riveli ugualmente idonea;

ovvero quella penale risulti concretamente inefficace o addirittura criminogena.

Così, ammesso che l’embrione costituisca bene giuridico meritevole di tutela in quanto si riconosca ad esso lo statuto di essere umano, resta comunque da stabilire se, nelle situazioni critiche in cui la sua salvaguardia confligge con altri interessi (si pensi alla salute della aspirante madre), non vi siano strumenti di controllo più efficaci di quello penale; o che l’adozione a tappeto di quest’ul- timo (con incriminazione di ogni forma di offesa all’integrità dell’embrione) non induca concretamente effetti indesiderati (come l’aumento delle pratiche aborti- ve quale conseguenza del divieto della diagnosi genetica preimpianto)

18

o addi- rittura criminogeni (come l’incremento delle pratiche abortive «clandestine» lad- dove non è consentita l’interruzione volontaria della gravidanza).

Infine, tra i principi che supportano oggi il rimprovero penale un posto del tut- to apicale occupa quello del nemo tenetur se detegere: la sua introduzione segna il passaggio dall’idea di colpevolezza nei confronti dello Stato (dei suoi membri, della famiglia, del Sovrano, di Dio) a quello di colpevolezza come giudizio oggettivo.

L’idea secondo cui la prova del fatto e del rapporto tra questo e l’autore deb-

18Cfr. S. CANESTRARI, Procreazione assistita: limiti e sanzioni. Commento alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, in Dir. pen. proc., 2004, 417.

(27)

ba essere integralmente a carico dell’accusa come suo compito istituzionale – non eludibile attraverso meccanismi coercitivi di collaborazione del reo (in pri- mis, quello di tipo inquisitorio della confessione obbligatoria) – scolpisce una delle facce più «visibili» della laicità. Vale a dire: il divieto assoluto di penalizza- zione dell’atteggiamento interiore e di fatti sintomatici inoffensivi; la necessità che siano gli apparati pubblici di coercizione ad accollarsi l’impegno della ricer- ca della prova, e non il reo, sotto la minaccia della sanzione, a dovere confessare la propria «mancanza di fedeltà» all’ordinamento giuridico

19

.

In una prospettiva autenticamente laica, il cittadino non si deve discolpare di nulla: né della sua condotta di vita, né del suo modo di essere, né dei suoi atteg- giamenti interiori. È l’accusa a dovere provare sul piano oggettivo l’ascrivibilità al reo dell’illecito, descritto nei suoi connotati di materialità, offensività e colpe- volezza

20

. Tali principi costituzionali rappresentano la chiave di comprensione delle problematiche rispetto alle quali la laicità sembra giocare un ruolo incisivo.

3. Ambiti di incidenza della laicità

Tra i settori in cui più immediata e diretta sembra emergere una rilevanza giuridico-penale dell’idea della laicità ne prendiamo in considerazione quattro, per il loro valore paradigmatico.

 L’offesa del sentimento religioso o morale altrui: tematica che il codice penale italiano contempla espressamente attraverso la previsione di delitti con- tro il sentimento religioso o la pietà dei defunti.

 Il conflitto tra libertà religiosa (o di professione e propaganda ideologica) e diritti individuali.

 I contesti intrinsecamente caratterizzati dal riferimento ad assetti precom- prensivi di stampo etico e a concezioni «ontologiche» sull’uomo, o sulla vita: ad es. aborto, eutanasia, procreazione assistita, manipolazioni genetiche.

19Un principio, quindi, “forte e libertario”: baluardo contro le ricorrenti tentazioni a rinverdi- re ordalie, cacce alle streghe, autodafé, confessioni taumaturgiche, ma anche più recenti e ancora scottanti esperienze di processi fondati sulla «autocritica ideologica» (come i processi «maoisti»

che hanno caratterizzato la c.d. rivoluzione culturale cinese).

20Diversamente, sono refrattari a un simile assetto di principi gli ordinamenti o i sistemi etici che, in nome di un ideale religioso o ideologico di perfezione, perseguono la promozione umana nella sua integralità (ad es. la salus animarum). Ed invero, dovendo penetrare in ogni ambito della vita, per tali modelli non assumono alcuna rilevanza i limiti connessi alla legalità (così saranno ammissibili, ove giovevoli al fine della salvezza dell’uomo, l’utilizzo dell’analogia, di decisioni se- condo equità, di incriminazioni «a maglie larghe», ecc.); è di solito assolutamente centrale la di- mensione interiore del pensiero e delle intenzioni, del forum conscientiae, del frutto della cogitatio, dei motivi che ispirano le azioni, persino del «modo di essere»; la confessione non è solamente mezzo di prova, ma, di più, necessario passaggio catartico per la propria emenda. Sistemi “a natu- rale tendenza totalitaria”, anche se sotto il presupposto invalicabile della libera adesione al sistema stesso da parte dell’individuo (v. F. STELLA, op. cit., 311 ss.).

(28)

 I riflessi dell’idea di «laicità» sulla stessa struttura del rimprovero penale:

si pensi, ad esempio, ai concetti di imputazione e di dolo.

4. Laicità e tutela del sentimento religioso o morale

Va premesso che in questo contesto viene in rilievo essenzialmente l’obbligo civico di rispettare – non già semplicemente l’altrui modo di pensare, ma più radicalmente – l’altrui senso del sacro. Ed invero, sussiste una differenza fon- damentale tra la mera ideologia individuale (concezioni politiche, religiose, eti- che) e l’insieme di quei valori che, lungi dal costituire mera espressione di liber- tà di manifestazione del pensiero (tutelata dall’art. 21 Cost.), afferiscono alla sfe- ra intima «intoccabile» della persona: così, la satira rivolta contro le idee propu- gnate da un partito politico non può essere messa sullo stesso piano di quella rivolta alla (presunta assenza di) moralità della madre del suo esponente.

Il principio di legalità impone la previsione tassativa dei casi in cui la viola- zione di tale obbligo civico comporta una responsabilità di tipo criminale: non qualsiasi espressione soggettivamente avvertita come offensiva della propria sfe- ra intima può essere oggetto di incriminazione, ma solo quelle ipotesi che, per la loro visibilità «oggettiva», appaiono lesive, secondo il senso comune, del senti- mento religioso o morale altrui. A tale prospettiva di tutela deve oggi ritenersi ispirata la presenza del Titolo IV del Libro II del codice penale – dedicato ai de- litti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti – preso atto del superamento del principio (originariamente richiamato dai Patti lateranensi) della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano e, prima ancora, della visione stato-centrica che impregnava ideologicamente l’intera codificazio- ne del 1930

21

.

21Occorre ricordare che la Corte Costituzionale è ripetutamente intervenuta a dichiarare inco- stituzionali quelle fattispecie del capo I (“Dei delitti contro la religione dello Stato e i culti am- messi”) che discriminavano le religioni diverse dalla cattolica stabilendo condizioni di privilegio per quest’ultima. Sulla sentenza della Corte costituzionale n. 508 del 2000, che ha eliminato dal nostro ordinamento il reato di vilipendio della religione (art. 402 c.p.) perché in contrasto con il principio di laicità dello Stato combinato al principio d’uguaglianza, cfr., tra i penalisti, E. VENA- FRO, Il reato di vilipendio della religione non passa al vaglio della Corte costituzionale, in LP, 2001, 1073 ss.

Con la legge 24 febbraio 2006, n. 85, il legislatore – nel quadro di un complessivo intervento in materia di reati d’opinione – ha infine provveduto ad allineare l’intero Capo I alle pronunce costituzionali dell’ultimo decennio, eliminando ogni sperequazione trattamentale fra le diverse con- fessioni religiose.

Quanto al reato contravvenzionale di bestemmia (art. 724 c.p.), esso è stato dapprima oggetto di una (peraltro discussa) dichiarazione d’incostituzionalità parziale, e successivamente depenaliz- zato unitamente a quello di manifestazioni oltraggiose verso i defunti previsto nello stesso articolo (una depenalizzazione invero molto «d’immagine», consistendo di fatto nella sostituzione della pena pecuniaria con una sanzione amministrativa maggiorata nel minimo), da parte dell’art. 57, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507.

(29)

Nelle moderne società pluralistiche si pone comunque il problema di garan- tire parimenti l’intoccabilità di tale dimensione e la libertà di manifestazione del pensiero.

Significativa a riguardo la vicenda di uno dei casi concreti più scottanti posti- si recentemente all’attenzione generale anche in ambito internazionale, ossia quello del c.d. negazionismo: si intenda con tale espressione l’opera di studiosi revisionisti che intendono negare la storicità della Shoah del progetto nazista di annientamento del popolo ebraico e dello sterminio di massa posto in essere nel- l’epoca del III Reich da parte degli apparati nazionalsocialisti, ovvero minimiz- zare o comunque ridimensionarne le proporzioni. L’offesa al sentimento religio- so, comunitario, identitario ebraico avviene attraverso la pubblicazione di scritti che – sotto lo schermo della neutralità dello studio scientifico – mettono in di- scussione una verità storica che assurge ormai a icona emblematica della manife- stazione più orrenda del razzismo e costituisce fondamento condiviso delle mo- derne società democratiche.

Va considerato peraltro che il diritto penale non può essere deputato a tute- lare una verità storica: vale a dire, una concezione autenticamente laica deve am- mettere la possibilità che venga proposta qualsiasi interpretazione dei fenomeni storici, anche la più aberrante. Un moderno assetto democratico possiede effi- caci strumenti di confutazione «dialogica» delle tesi avvertite come erronee, o addirittura inaccettabili e ripugnanti (ad es., favorire la divulgazione delle tesi contrarie, di dati empirici, di risultati di indagini, di elementi di prova, ecc.; dare ampio risalto alle confutazioni più corrosive ed irridenti; soprattutto, rendere pubblico il dibattito su temi di interesse generale). Invece la sovrapposizione tra diritto e verità storica trae con sé una patente contaminazione tra etica e diritto:

pure se si tratta di «interpretazione, condivisa, definita e definitiva», in quanto la verità storica non può costituire bene giuridico

22

.

Una moderna società laica deve essere in grado di trattare i propri monstra ideologici – anche i più deformi e ributtanti! – con gli strumenti «dialogici» che le sono propri: quelli cioè del confronto aperto, della pubblicità della discussio- ne, della garanzia della possibilità di replica, dell’espansione della cultura, del- l’educazione e della informazione completa, e non quelli repressivi dell’inter- vento penale

23

. Altrimenti si corre il rischio di ricadere nel c.d. diritto penale

22V. E. FRONZA, Profili penalistici del negazionismo, in Riv. it. dir. pen. proc., 1999, 1065 ss.

Per un’analisi del reato di negazionismo in Germania e in Austria cfr. rispettivamente D. BEISEL, Die Strafbarkeit der Auschwitzlüge zugleich ein Beitrag zur Auslegung des neuen § 130 StGB, in NJW, 1995, 1000; W. PLATZGUMMER, Die strafrechtliche Bekämpfung des Neonazismus in Öster- reich, in Ost. Jur. Zeit., 1994, 11, 162. In riferimento alla normativa c.d. antinaziskin, cfr. G.A. DE

FRANCESCO, Commento all’art. 1 del d.l. 26 aprile 1993, n. 122, conv. con modif. dalla l. 25 giugno 1993, n. 205, in LP, 1994, 173; L. STORTONI, Le nuove norme contro l’intolleranza: legge o procla- ma?, in Crit. dir., 1994, 13 ss.

A differenza di altri ordinamenti europei, quello italiano non conosce forme di incriminazione ad hoc per le condotte di negazionismo e revisionismo storico.

23V. L. CORNACCHIA, Il problema della c.d. causalità psichica rispetto ai condizionamenti menta-

(30)

simbolico

24

, con il quale si incrimina non la lesione a un bene giuridico, ma un’ideologia, un modello di pensiero, appunto un simbolo; e il fine del diritto penale non è più quello della prevenzione, ma quello di dare un messaggio, di proporre un feticcio, di individuare un nemico obiettivo. Un paradigma di fatto totalitario, pur ispirato dall’esigenza di combattere i totalitarismi.

È proprio l’impronta laica dei moderni sistemi penali a imporre di non stig- matizzare comportamenti stravaganti, o pratiche eterogenee rispetto al modus vivendi dominante: anziché un utilizzo simbolico della pena per rassicurare la collettività dai fenomeni non inquadrabili nella «normalità», e quindi considera- ti devianti, è necessario elaborare – anche in sede extragiuridica – procedure di confronto culturale e di mediazione sociale. In questo medesimo ambito va in- quadrata la questione del trattamento da riservare a quei gruppi che, in nome di una determinata concezione ideologica e religiosa, rifiutano l’idea di laicità e i valori della secolarizzazione.

In generale, il concetto di laicità come aconfessionalità e come esigenza di eguale trattamento di tutti i cittadini, a prescindere da qualsiasi differenza cultu- rale o religiosa, impone il rispetto di quanti esprimono posizioni difformi da quelle accolte anche universalmente. E, di più ancora, la tutela della loro libertà di manifestazione del pensiero: l’alternativa è l’omologazione del pluralismo in un «pensiero unico», con la prospettiva di istituire nuovamente una religione ufficiale e un modello giuridico confessionale.

I limiti, ricavabili dalla moderna concezione dei rapporti civili in un ordina- mento laico, sono di immediata evidenza. Si fa riferimento al doveroso rifiuto del- le comunità religiose che impongono violentemente – o comunque in forme anti- democratiche – le loro verità di fede; nonché, a quei gruppi che esercitano una coercizione morale sui propri membri, ove questa non sia liberamente accettata.

Rispetto a quest’ultima affermazione occorre effettuare una precisazione. Un ordinamento laico non può partire dal presupposto che ogni esperienza religio- sa «totale», o ogni comportamento «stravagante», o ogni assetto di convinzioni difforme dal sentire comune – abbracciati da soggetti responsabili – sia frutto di costrizione, o di una sorta di «lavaggio del cervello»

25

. Soprattutto, non è dato a

li, in S. CANESTRARI, G. FORNASARI (a cura di), Nuove esigenze di tutela nell’ambito dei reati con- tro la persona, Bologna, 2001, 251 ss.

24Da non confondere con la questione, affatto eterogenea, della dimensione simbolica della pena come riaffermazione dell’identità della società nelle moderne letture funzionalistiche, soprat- tutto neo-hegeliane. In riferimento all’accezione critica di diritto penale «simbolico-espressivo»

cfr. W. HASSEMER, Das Symbolische am symbolischen Strafrecht, in B. SCHÜNEMANN et al. (hasg.), in Claus Roxin FS, W. De Gruyter, Berlin-New York, 2001, 1001 ss.; da noi, C.E. PALIERO, Il principio di effettività nel diritto penale, in Riv. it. dir. pen. proc., 1990, 430 ss.; per l’elencazione dei diversi significati del concetto di diritto penale simbolico, v. S. BONINI, Quali spazi per una funzione simbolica del diritto penale?, in Ind. pen., 2003, 491 ss.

25Sull’ambiguità di tale concetto, cfr. L. CORNACCHIA, Il problema della c.d. causalità psichica, cit., 245 ss., 252 s. A tale contributo si rimanda anche per ulteriori riflessioni sul tema dei condi- zionamenti mentali.

(31)

un moderno assetto laico e democratico di sindacare la validità teorica delle op- zioni ideologiche o religiose compiute dai suoi cittadini: imporre una verità o una normalità (o addirittura una religiosità) ufficiale significherebbe ricadere nella tentazione dello Stato confessionale.

La questione, talvolta di non agevole soluzione nei casi concreti, involge quella – ben nota alle trattazioni di diritto costituzionale – della libertà nelle formazioni sociali (e del conflitto con la libertà delle formazioni stesse)

26

. Su tali aspetti, che implicano direttamente anche la tematica del contrasto tra libertà religiosa e diritti individuali, si rinvia alle osservazioni che svolgeremo nel prossimo paragrafo.

Infine, un risvolto peculiare della non sempre facile convivenza del sentimen- to religioso o etico individuale con le istanze di libertà delle società moderne è dato dal problema della tutela della libertà nelle espressioni artistiche. Si tratta di casi, noti anche all’attualità, dello scrittore che, in un suo romanzo, presenta una versione «distorta» dei fatti storici che appartengono al bagaglio di una cer- ta religione, in modo reputato «blasfemo» dalle autorità deputate (legittimamente o meno) a fornire l’interpretazione «autentica» di tali avvenimenti; o dell’autore di opera cinematografica che, nel rappresentare vicende raccontate da libri sacri di una certa confessione, per «ragioni artistiche» o semplicemente scenografiche mescola immagini a contenuto erotico considerate «oscene» o comunque offen- sive del sentimento religioso.

Anche rispetto a tali fenomeni sembra preferibile l’astensione di una censura di Stato – specie da una censura «rafforzata» dal braccio dell’intervento penale – per lasciare spazio alle confutazioni, anche corrosive e demolitorie, che si possono svi- luppare in una società libera. Dare spazio alle voci contrarie – specie se autorevoli e argomentate – è oltretutto strumento assai più efficace nei confronti dell’opinione pubblica della minaccia di una pena: in fondo rappresenta, anche sul piano simboli- co, la vera forza di una moderna democrazia autenticamente pluralista

27

.

Tuttavia la questione, dalla soluzione apparentemente lineare, può presentar- si di estrema difficoltà di fronte a singoli casi concreti. Così, il minimum di ac- cettazione-tolleranza che demarca i confini tra lecito e illecito diviene di ardua definizione quando vengano in considerazione attacchi ai tabù interiorizzati e implicitamente codificati da una società: si pensi a opere d’arte che rappresenti- no dettagliatamente scene di violenza su minori, magari con subliminale istiga- zione alla stessa, o comunque con esplicita finalità di soddisfare i desideri mor- bosi di certo pubblico.

26Una delle ramificazioni problematiche delle conseguenze del pluralismo. In proposito, si è efficacemente sottolineato come il fondamentalismo costituisca «fenomeno prettamente moder- no»: si tratterebbe del prodotto della asincronia o «non-contemporaneità» tra cultura e società che assistono ad una «modernizzazione accelerata e radicalmente sradicante» (J. HABERMAS, Il futuro della natura umana, cit., 100).

27In argomento, cfr. ancora L. CORNACCHIA, Il problema della c.d. causalità psichica, cit., 253 s.

(32)

5. Laicità e tutela della libertà religiosa

L’esercizio del diritto di libertà religiosa – nelle sue estrinsecazioni della li- bertà di professione, osservanza dei precetti correlati, propaganda, educazione – può talora pregiudicare diritti individuali di terze persone: il conflitto viene ri- solto espressamente dall’ordinamento con la limitazione della libertà stessa ogni volta che l’adempimento di obblighi legati a un credo religioso o ideologico com- porti la commissione di un reato.

Gli ambiti in cui ciò può accadere sono i più vari: da quello dei reati contro la vita e l’incolumità individuale, a quelli contro il matrimonio e l’assistenza fa- miliare, contro il patrimonio, contro l’amministrazione della giustizia, ecc., ogni volta che siano posti in essere appunto per motivi religiosi o ideologici

28

.

Prendiamone in considerazione tre, particolarmente emblematici.

In primo luogo, quello dell’omissione di comportamenti legalmente dovuti per conformarsi a obblighi di origine confessionale (es. obiezione di coscienza a trattamenti sanitari). Il caso più noto è quello del rifiuto di emotrasfusioni da parte dei Testimoni di Geova, lecito se espresso da soggetti adulti e pienamente responsabili (per il limite stabilito dall’art. 32 Cost., che implica libertà di la- sciarsi morire, di rifiutare interventi medici e, per via dell’art. 21 Cost., anche di fare propaganda a riguardo); non invece quando vengano in questione decisioni assunte dai genitori rispetto ai figli minori o incapaci. L’esercizio della libertà di coscienza in queste ipotesi viene in conflitto con il dovere di salvaguardare la vita e la salute dei figli (ex art. 30 Cost. e art. 147 c.c.), che fonda una posizione di garanzia sul piano della responsabilità penale

29

.

In secondo luogo, vanno considerati i casi in cui l’esercizio stesso di pratiche religiose comporti l’integrazione di fattispecie criminose (ad es., pratiche volte a menomare l’integrità fisica o psichica).

È di drammatica attualità, a riguardo, il tema delle mutilazioni genitali femmi- nili (escissione, infibulazione, ecc.), condotte gravemente lesive della dignità e in- tegrità fisica della persona

30

. Inoltre, non vanno dimenticati i casi in cui l’osser-

28Su tali questioni v. A. GARGANI, Libertà religiosa e precetto penale nei rapporti familiari, in Il Diritto Ecclesiastico, 2003, 1013 ss., anche con riguardo alla didascalia problematica proposta.

29Sul tema v. la nota sentenza della Corte di Assise di Cagliari del 10 marzo 1982, Oneda, in Foro it., 1983, II, 27, con nota di G. FIANDACA, Diritto alla libertà religiosa e responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento, ivi; nonché E. PALERMO FABRIS, Diritto alla salute e trattamenti sanitari nel sistema penale, Padova, 2000, 208 ss.; per i profili soggettivi sia consentito il rinvio a S. CANESTRARI, La definizione del dolo: il problema del dolus eventualis, in Riv. it. dir. pen. proc., 2001, 935 s.

30Va segnalato al riguardo l’intervento del legislatore, che con la legge 9 gennaio 2006, n. 7 (Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile) ha introdotto all’art. 583-bis c.p. il nuovo delitto di “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili” (punendo con la reclusione da quattro a dodici anni chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagioni una mutilazione degli organi genitali femminili). La sottrazione delle m.g.f.

dall’area di punibilità dei reati di lesioni gravi e gravissime e la creazione di una nuova fattispecie autonoma – con evidenti valenze simboliche – può comportare anche effetti “indesiderati”.

(33)

vanza di un credo religioso implichi l’accettazione di statuti personali differenziati fondati su un rapporto asimmetrico e discriminatorio tra i due sessi. Si fa riferi- mento, ad esempio, all’ammissione della poligamia maschile, in contrasto con la fattispecie di bigamia di cui all’art. 556 c.p.; alla concezione della prole come pro- prietà del padre e all’istituto del ripudio, che potrebbero integrare le figure crimino- se degli artt. 388 – mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice – e 570 – violazione degli obblighi di assistenza familiare – del codice penale.

Infine, si pensi a quelle condotte violente e prevaricatrici tenute prevalente- mente da genitori e educatori a fini pedagogici, correttivi, di propaganda religiosa.

In particolare, tali comportamenti vengono effettuati nei confronti di familiari – ad es., costringere con la forza il coniuge o i figli ad osservare il ramadan – e pos- sono integrare il reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina di cui all’art.

571 c.p. e di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli di cui all’art. 572 c.p.

Si tratta delle problematiche tipiche della multiculturalità

31

, del pluralismo e dei limiti di tolleranza all’interno di una società che intende comunque tutelare i diritti inalienabili della persona. Al di là delle soluzioni concrete – da rinvenire sul piano dei limiti di operatività delle cause di giustificazione, in particolare dell’art. 51 c.p. – in questa sede interessa evidenziare l’importanza di un corret- to bilanciamento tra esercizio della libertà religiosa e rango degli interessi sacri- ficati. Ed invero, questi ultimi non possono che essere considerati prevalenti, consistendo in beni personalissimi – la vita e la salute del minore incapace di au- todeterminarsi; l’integrità fisica e la dignità delle donne. Del resto, è di immedia- ta evidenza che una diversa soluzione si tradurrebbe in un ingiustificato privile- gio per chi commetta reati per convinzione religiosa.

6. Laicità e ambiti giuridici a caratterizzazione etica

I contesti in cui le decisioni dell’ordinamento giuridico riguardano situazioni dipendenti da visioni generali nei confronti della vita umana – in particolare del suo inizio e della sua fine – sollevano tematiche complesse, che in questa sede possono essere solamente abbozzate.

Il presupposto da cui si deve muovere è che di fronte a tali tormentate que- stioni l’ordinamento prende comunque una decisione, fosse pure quella di «non decidere». Ed invero, una politica «astensionistica» implica la legittimazione di una prassi, quantomeno sulla base del principio liberale per cui tutto ciò che non è espressamente vietato deve considerarsi lecito.

Inoltre, occorre avere piena consapevolezza che in tali ambiti si incrina il mi-

31Sulle differenti versioni del multiculturalismo cfr., A. MORRONE, Multiculturalismo e Stato costituzionale, in AA.VV., Istituzioni e dinamiche del diritto, a cura di A. VIGNUDELLI, Torino, 2005; tra i penalisti, p.t., A. BERNARDI, Il diritto penale tra globalizzazione e multiculturalismo, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2002, 516 ss.

(34)

to della necessaria avalutatività del diritto, continuamente alimentato dal milieu della grande tradizione liberale. Basta riflettere sul fatto che la rimessione inte- grale di alcune drammatiche soluzioni alle decisioni individuali suppone una ta- cita selezione dei soggetti legittimati: quelli che – per ragioni di malattia, debo- lezza fisica o psichica, o impossibilità di esprimere qualsiasi atto – non sono ca- paci di garantirsi da sé la libertà di scelta, in assenza di una tutela giuridica sa- rebbero i primi ad essere irrimediabilmente esclusi.

Su queste coordinate deve svilupparsi oggi il dibattito sulla liceizzazione del- la c.d. eutanasia «attiva», che non può esaurirsi nella prospettiva di garanzia del- la libertà di autodeterminazione

32

. Difatti, l’opzione di depenalizzare tale tipo- logia di eutanasia può concretamente tradursi in un accollo di responsabilità per il soggetto che deve assumere la decisione in condizioni di particolare prostra- zione, o addirittura in una espropriazione della decisione stessa ad opera del- l’ambiente circostante.

Insomma, il problema è se la riduzione progressiva del potere statuale non diminuisca anche la garanzia di tutela per chi materialmente non sia in grado di assicurarsela da sé. Si tratta del dilemma tra rischio di usurpazione da parte del- lo Stato di prerogative individuali ed esigenze di tutela oggettiva dei soggetti deboli di fronte ad eventuali usurpazioni da parte di altri individui. Proprio nei settori qui in considerazione si palesano i limiti della classica prospettiva libe- rale, che privilegia la dimensione verticale delle relazioni sociali – ossia l’effet- tività della rivendicabilità dei diritti fondamentali da parte dei soggetti privati nei confronti dello Stato – trascurando il rischio del potere abusivo dei privati contro altri privati (dimensione orizzontale dei rapporti sociali).

Preso atto che diritto «laico» non è sinonimo di diritto avalutativo – anche la avalutatività comporta un’opzione, in quanto legittimazione di prassi – si deve effettuare una puntualizzazione di fondamentale importanza. Occorre sottoli- neare che il diritto, in quanto «laico», non può comunque pronunciarsi sui valo- ri, data l’esigenza di garantire al massimo il pluralismo.

Ad esempio, non si deve presidiare con sanzioni giuridiche il valore della ses- sualità o quello della procreazione. Dunque non può essere condivisa la scelta di prevedere un divieto assoluto delle tecniche eterologhe di fecondazione assistita – la cui violazione comporta l’applicazione di aspre sanzioni afflittive (di natura amministrativa, ma «sostanzialmente» penale) – orientato ad affermare il valore ideale della naturalità della procreazione

33

.

Una concezione autenticamente laica deve orientarsi alla individuazione e all’apprezzamento di tutti gli interessi reali in gioco: senza delegittimarne aprio- risticamente nessuno. Così, con riguardo ancora alla procreazione medicalmente

32Cfr. S. CANESTRARI,G.CIMBALO,G.PAPPALARDO (a cura di), Eutanasia e diritto. Confronto tra discipline, Giappichelli, Torino, 2003, passim e bibliografia ivi citata.

33Sia consentito il rinvio a S. CANESTRARI, Procreazione assistita: limiti e sanzioni, cit., 417 s.

Ora, con chiarezza, E. DOLCINI, Embrione, cit., 446 ss.

2.

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

Quando la donna beve alcolici durante la gestazione il feto subirà danni tossici aggravati dal fatto che nel feto ancora non sono sviluppati gli enzimi del catabolismo epatico;

(21% per le donne) è affetto da un disturbo antisociale di personalità 20. Va sotto- lineato che si tratta di un fattore di rischio per sviluppare la condizione morbosa superiore da 2

Le variabili analizzate riguardano le caratteristiche generali del DSM (gestione dati, territorio di riferimento, utenti in carico, modello di presa in carico e tipo di operatori)

Uno dei cardini della definizione di comorbidità in versione di cross comorbidity nel singolo soggetto o in una coorte di soggetti è la presenza di un “disturbo indice” in Asse

a) per i fatti commessi sotto il vigore della precedente normativa, che non rien- trino nella violazione del divieto assoluto di circolazione dei soggetti positivi al virus

Sono sta- ti oggetto del processo, anche con l’audizione di uomini politici e di magistrati, fatti della vita istituzionale e politica dal 1992 al 1994: scelte relative alla

Rappresenta sul quaderno le coppie di frazioni espresse in parole, scrivile in frazione numerica e confrontale.. Segui le indicazioni di esempio per impostare