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Discrimen » Autorità indipendenti e norma penale. La crisi del principio di legalità nello Stato policentrico

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Academic year: 2022

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Collana diretta da

Giovanni Fiandaca - Enzo Musco - Tullio Padovani - Francesco Palazzo

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minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitari- stica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-crimi- nale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alterna- tive che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale”

che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interro- garsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevolezza

di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto penale,

si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche ad ap-

procci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di fondo,

la sezione Monografie accoglie quei contributi che guardano alla

trama degli itinerari del diritto penale con un più largo giro

d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza pro-

spettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione Saggi

accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni necessaria-

mente contenute, su momenti attuali o incroci particolari degli

itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative spezza-

ture, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione il ri-

corrente trascorrere del “penale”.

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AUTORITÀ INDIPENDENTI E NORMA PENALE

LA CRISI DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ NELLO STATO POLICENTRICO

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

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http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-0954-9

Volume pubblicato con il contributo del

Dipartimento di Diritto pubblico dell’Università di Pisa.

Composizione: Compograf - Torino Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fa- scicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.

Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non su- periore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02-80.95.06, e-mail: aidro@iol.it

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gnamenti che mi hanno voluto impartire e che hanno guidato la mia for- mazione di giovane studioso. Senza di loro questo libro non sarebbe sta- to concepito né sarebbe giunto a compimento. A loro devo perciò la mia più sentita riconoscenza.

Ringrazio altresì il prof. Alberto di Martino per i consigli elargiti nella stesura finale di questo libro. E certo non posso e non voglio dimentica- re i proff. Giovannangelo De Francesco, Alberto Gargani, Adriano Marti- ni e la dott.ssa Emma Venafro per il generoso aiuto da loro offerto alla pubblicazione di questo volume.

Mi sia infine consentito rivolgere un pensiero affettuoso ai miei geni- tori, a Laura e al piccolo Lorenzo, ai quali dedico le fatiche spese per com- pletare quest’opera.

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33 36 41 43 INTRODUZIONE

1. Scopo dell’indagine e piano della trattazione

CAPITOLOI

L’EROMPERE DELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI 1. La crisi del modello democratico-rappresentativo dello Stato

e l’avvento delle autorità indipendenti

2. I fattori “esogeni”. L’emersione dei “settori sensibili” nell’or- dinamento

2.1. L’influenza della normativa comunitaria sulla nascita dei “settori sensibili” e sulla delegittimazione degli orga- ni politici

3. I fattori “endogeni”. La crisi dell’istituzione parlamentare.

L’inadeguatezza della p.a. e degli organi giurisdizionali di fron- te ai nuovi bisogni di tutela

4. Un paradigma del nuovo modello: la “credibilità” delle auto- rità indipendenti

5. La frantumazione del sistema delle fonti. Il fenomeno della delegificazione

5.1. La “specializzazione” delle fonti secondarie. I regola- menti delle autorità indipendenti

5.2. Hard law e soft law. Verso uno Stato “pluricentrico”

CAPITOLOII

INTORNO AD UN MODELLO DI AUTORITÀ INDIPENDENTE 1. La nozione di “indipendenza” tra “neutralità”, “tecnicità”,

“terzietà” ed “irresponsabilità” politica

1.1. Indipendenza e discrezionalità. La “politicità” dell’azio- ne dei garanti

2. “Indipendenza”, “autonomia” ed “imparzialità”

3. Le obiezioni contro la configurazione di un modello di auto- rità indipendente

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101 4. L’irriducibilità dei garanti ai tradizionali poteri dello Stato

4.1. La mancata costituzionalizzazione dei garanti. Le auto- rità indipendenti come “contropoteri” istituzionali?

CAPITOLOIII

PRIME CONCLUSIONI: GARANZIA VERSUS EFFICIENZA 1. Per una rimeditazione dei rapporti tra i poteri dell’ordina-

mento

2. Storicità ed a-storicità dei principi. Il delinearsi di una con- trapposizione tra “efficienza” e assetto democratico-rappre- sentativo dello Stato

CAPITOLOIV

FONDAMENTI E LIMITI DEL PRINCIPIO DI STRETTA LEGALITÀ

1. Il fondamento del principio di legalità in materia penale 2. Le “ragioni” della riserva di legge nell’attuale contesto istitu-

zionale

2.1. “Criticità” della riserva di legge nell’attuale contesto isti- tuzionale

3. Segnali di “crisi” della riserva di legge

CAPITOLOV

RISERVA DI LEGGE ED ETERO-INTEGRAZIONE DELLA FATTISPECIE PENALE

1. Riserva “assoluta” o “relativa”: ridimensionamento della que- stione

2. L’estensione del concetto di “legge”. Per una diversificazione dei modi di esercizio della potestà normativa in materia pe- nale

3. L’integrazione della fattispecie penale ad opera di fonti se- condarie. Dalla concezione “sanzionatoria” del diritto penale alla Costituzione repubblicana

4. Le fattispecie integrate da fonti secondarie o da atti ammini- strativi: la Costituzione repubblicana e il “dogma” di assolu- tezza della riserva di legge

5. I limiti d’intervento delle fonti secondarie in materia penale.

La riserva di legge come modo di disciplina e come delinea- zione del tipo di reato

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151 153 6. Alla ricerca di limiti quantitativi all’intervento di fonti secon-

darie. Primi pronunciamenti della Corte costituzionale 7. “Quantità” e “qualità” dell’“etero-integrazione”. L’interposi-

zione della “legalità amministrativa” nel richiamo di provve- dimenti integrativi del reato

7.1. La distinzione tra la natura generale e astratta o indivi- duale e concreta del provvedimento amministrativo, ac- colta (o quasi) dalla Corte costituzionale

8. La riserva alla legge delle “scelte caratterizzanti” l’illecito pe- nale. I rapporti con il principio di determinatezza e tassati- vità del precetto e le ripercussioni sulla legittimazione delle modalità d’integrazione della fattispecie

9. La tecnica c.d. “ingiunzionale”. Importazione di un modello normativo

10. Conclusioni. Riserva di legge e bilanciamento d’interessi

CAPITOLOVI

INTRODUZIONE ALL’ESAME DELLE FATTISPECIE CHE INTERFERISCONO CON I POTERI

DELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI 1. Metodo della trattazione

CAPITOLOVII

LEGALITÀ E RISERVA DI LEGGE TRA REATO ED ILLECITO AMMINISTRATIVO

1. La scelta tra illecito amministrativo e reato. La circolare del- la Presidenza del Consiglio del 19 dicembre 1983

1.1. Prime linee d’indirizzo nella definizione degli illeciti collegati al ruolo delle autorità indipendenti

2. La riserva di legge tra illecito amministrativo e reato

CAPITOLOVIII

L’APPROCCIO “PANPENALISTICO”

1. Il modello tendenzialmente “panpenalistico”. La protezione della gestione dei dati personali a tutela della privacy, secon- do la legge 31 dicembre 1996, n. 675

1.1. Le ipotesi meno problematiche di coinvolgimento del Garante

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203 205 211 1.2. Le ipotesi più problematiche d’interferenza del Garan-

te. Il trattamento illecito di dati personali

1.3. L’omessa predisposizione di misure minime di sicurezza 1.4. L’inosservanza dei provvedimenti del Garante

1.5. Rilievi conclusivi

2. La protezione della gestione dei dati personali secondo il d.lgs.

30 giugno 2003, n. 196

2.1. Persistenti questioni in tema di trattamento illecito dei dati personali

2.2. Le ipotesi più problematiche di etero-integrazione del- le fattispecie

2.3. L’omessa predisposizione di misure di sicurezza 2.4. L’inosservanza dei provvedimenti in costanza di segna-

lazione, reclamo o ricorso 2.5. Considerazioni conclusive

CAPITOLOIX

L’APPROCCIO “EXTRA-PENALE”

1. Il modello punitivo amministrativo. La tutela della concor- renza

1.1. L’interferenza dell’autorità antitrust nella qualificazio- ne degli illeciti

1.2. La discrezionalità dell’Antitrust nell’irrogazione delle sanzioni

2. Una soluzione non più in controtendenza: divieto e repres- sione della pubblicità ingannevole o comparativa

3. Ancora sul modello d’illecito amministrativo. Le fattispecie a tutela della vigilanza sui lavori pubblici

4. Gli illeciti concernenti le autorità per i servizi di pubblica uti- lità. L’autorità per l’energia elettrica e il gas

5. Poteri e sanzioni della Commissione di garanzia sullo sciope- ro nei s.p. essenziali

CAPITOLOX

I SISTEMI DI TUTELA A CARATTERE “MISTO”

1. Il settore delle telecomunicazioni. L’assetto per la legge 6 agosto 1990, n. 223

1.1. L’Autorità per le telecomunicazioni e la legge 31 luglio 1997, n. 249

2. La par condicio in campagna elettorale; il Codice per le co- municazioni elettroniche

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214 219 223 225 228 234 235 238 243 249 251 253 257 261 266 269 270 271 281

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294 299 303 3. Il Testo unico della radiotelevisione. Poteri dell’Agcom su in-

tese, concentrazioni e costituzione di posizioni dominanti 4. La regolazione del conflitto d’interessi in ambito politico 5. La tutela dell’esercizio del credito e della vigilanza sulle banche

5.1. L’esercizio abusivo dell’attività di credito

5.2. Le modifiche alle fattispecie a tutela della vigilanza del- la Banca d’Italia ed i riflessi in tema di legalità penale 6. Il sistema di intermediazione finanziaria.

6.1. L’esercizio abusivo delle attività di intermediazione fi- nanziaria

6.2. Le fattispecie a tutela delle determinazioni della Consob 6.3. Due possibili norme penali in bianco: gli artt. 167 e 168

T.u.i.f.

6.4. Gli illeciti amministrativi. Direttrici politico-criminali nel settore

7. La vigilanza sui fondi pensione. Il d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 7.1. L’assetto secondo il d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 8. La vigilanza sul mercato assicurativo. La legge 12 agosto

1982, n. 576

8.1. Il nuovo codice delle assicurazioni. L’esercizio abusivo dell’attività

8.2. Gli illeciti amministrativi e il coinvolgimento dell’Isti- tuto di vigilanza

8.3. Rilievi conclusivi. Novità politico-criminali

9. Conclusioni. La tutela dei poteri delle autorità indipendenti tra reato ed illecito amministrativo

9.1. L’art. 2638 c.c. e la tutela del risparmio: tendenze e con- trotendenze in atto

9.2. Le più recenti linee evolutive. Spunti de iure condendo

CAPITOLOXI

INTEGRAZIONE DELLE FATTISPECIE ED AUTORITÀ INDIPENDENTI. INDICAZIONI

DI POLITICA CRIMINALE

1. Riepilogo delle modalità di coinvolgimento delle autorità in- dipendenti nell’integrazione della fattispecie. La specificazio- ne di elementi “tecnici”

2. L’autorizzazione allo svolgimento di attività qualificate 3. Prescrizioni individuali e concrete o «di carattere particola-

re» delle autorità indipendenti e attività presidiate da sanzio- ni penali (o amministrative)

3.1. L’integrazione mediante prescrizioni generali e astratte 4. L’inosservanza delle “ingiunzioni” delle autorità

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359 5. La scelta del modello penale e l’opzione per l’illecito ammini-

strativo. Le tendenze nelle fattispecie che interessano auto- rità indipendenti

CAPITOLOXII

PER UN MODELLO D’ILLECITO IN TEMA DI AUTORITÀ INDIPENDENTI

1. La costruzione di un modello di tutela “legale” per le autorità indipendenti. Le indicazioni derivanti dalla natura degli inte- ressi protetti

2. Modelli d’illecito per le autorità indipendenti. Richiamo ai caratteri degli enti

2.1. Autorità di garanzia ed autorità di regolazione

3. I limiti dei criteri legati a presunte “tipologie” di autorità indi- pendenti

3.1. Relatività delle distinzioni ed “ibridismo” dei modelli di autorità

4. Plausibilità di un’articolazione dei modelli d’illecito in senso

“trasversale” alle funzioni delle autorità

4.1. (segue) Per un’indagine trasversale ai poteri delle auto- rità indipendenti interferenti con illeciti. Riscontri poli- tico-criminali

5. Modelli criminosi per le funzioni di vigilanza

5.1. Le false comunicazioni alle autorità di vigilanza 5.2. L’ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza 5.3. L’abilitazione allo svolgimento di attività protette: cen-

ni e rinvio

6. Modelli criminosi per le funzioni di regolazione 7. Modelli criminosi per le funzioni di garanzia

8. Considerazioni conclusive. Peculiarità del coinvolgimento delle autorità indipendenti nella definizione delle fattispecie incriminatrici

8.1. Legalità (penale) ed accountability delle autorità indi- pendenti: accorgimenti de iure condendo per l’emana- zione di atti interferenti con fattispecie di reato

BIBLIOGRAFIA

pag.

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1Il nome proviene dalla Commissione Piga del 1985: v. Relazione sulla riforma dell’amministrazione centrale, 85 s.; ma è mutuato dall’esperienza francese: v. PE-

REZ, Autorità indipendenti e tutela dei diritti, 120.

2DURET, Le Autorità indipendenti, 198; CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, 8; CARETTI, Introduzione, XI s.; MERUSI, Sentieri interrotti della legalità, 15. Sui fondamenti dello Stato di diritto democratico-pluralistico, v.

BALDASSARRE, Costituzione e teoria dei valori, 651 ss.

3La prima delle a.i. riconosciute, in ordine cronologico, è la Banca d’Italia la cui fisionomia di ente sezionale risale al r.d. n. 375/1936 (e poi al d.lgs. n. 385/1993), ma la cui natura di organo di garanzia è stata oggetto di dubbi: v. MATTARELLA, Il pote- re normativo della Banca d’Italia, 228; CAIANIELLO, Il difficile equilibrio delle autorità, 250. Ne riafferma il carattere di autorità indipendente RAGANELLI, Un’autorità rego- latrice, 207 s. Con il Trattato di Maastricht è divenuta organo di vigilanza europea, assorbita nel sistema della BCE: v. CAPRIGLIONE, Banca d’Italia, 244 e 250.

SOMMARIO: 1. Scopo dell’indagine e piano della trattazione.

1. Scopo dell’indagine e piano della trattazione

Tra i fenomeni che hanno accompagnato l’adeguamento dello Sta- to alla realtà culturale, sociale ed economica del Paese, quello delle au- torità amministrative indipendenti1occupa certamente un posto di ri- lievo. Non solo perché lo stesso si è dipanato per decenni. Esso si di- stingue per le implicazioni nei rapporti sociali e perché, risalendo al- l’essenza dello Stato di diritto, ne mette in crisi il dogma fondamenta- le della tripartizione dei poteri2.

L’individuazione dei caratteri delle autorità indipendenti (a.i.), la cognizione del loro impatto sull’assetto istituzionale e la percezione delle scelte di valore ad esse sottese, sono complicate dalla (almeno ap- parente) assenza di un disegno legislativo3. I nuovi enti rappresentano la risposta ad esigenze maturate in tempi diversi, secondo prospettive politiche non sempre coincidenti. Se poi si concentra l’attenzione sul- la fisionomia dei modelli applicativi, sulle loro funzioni e sui poteri ad

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essi attribuiti, emerge un quadro “frastagliato” che indurrebbe a pen- sare che gli stessi siano il risultato di scelte legislative contingenti, de- stinate a costituire “eccezioni” in un sistema confermato nei suoi fon- damenti. Eppure le autorità indipendenti costituiscono la “spina dor- sale” di un rinnovamento ben più profondo di quanto possa sembrare e ricco di implicazioni.

L’indagine riguarda una di queste “implicazioni”. Essa si propone di verificare se le fattispecie che subordinano la sanzione (penale o amministrativa) all’emanazione di regolamenti, di provvedimenti o di atti delle autorità di garanzia introducano frizioni o rotture con il prin- cipio di legalità in materia punitiva. Nello stesso frangente è inevitabi- le domandarsi se quelle fattispecie riproducano modelli d’incrimina- zione già sperimentati per consentire la partecipazione della p.a. alla definizione del precetto. Da questo punto di vista, l’indagine corre dun- que sul filo della comparazione tra i poteri degli enti di garanzia in rapporto a quelli degli apparati dell’esecutivo.

Nel valutare l’incidenza dei poteri dei garanti sull’integrazione del- le fattispecie d’illecito, l’indagine non può d’altronde trascurare l’even- tualità che si debba viceversa “rivedere” significato e portata del vin- colo di legalità onde adeguarne le applicazioni alle esigenze emergenti nella società.

Secondariamente, poi, sarà necessario verificare se, per assicurare le determinazioni delle autorità indipendenti possano dimostrarsi utili talune tecniche d’incriminazione piuttosto che altre: queste e quelle va- lutate alla luce della loro capacità di adeguarsi al vincolo posto dall’art.

25, comma 2, Cost. E sarà necessario interrogarsi se, per converso, non sia meglio differenziare la risposta punitiva a seconda delle situazioni illecite che presuppongono il coinvolgimento dei garanti, ripiegando per talune ipotesi sull’illecito amministrativo in luogo dello strumento penale, nell’eventualità che il primo sia soggetto ad un vincolo di riser- va di legge meno stringente di quello operante per il secondo.

Per l’esame di tali questioni si deve muovere dalla ricognizione dei fattori che stanno dietro alla proliferazione dei nuovi enti. Occorre pon- derare importanza e qualità delle esigenze di tutela alle quali dare ri- sposta con la predisposizione di rimedi sanzionatori che, tramite l’in- terferenza dei poteri normativi o di provvedimento delle autorità di ga- ranzia, appaiono suscettibili di mettere in discussione il principio di le- galità sotto il profilo della riserva di legge e/o della determinatezza del precetto. L’analisi sollecita in parallelo un’indagine sul tipo di protezio- ne che a tali esigenze intendano fornire le nuove autorità nel contesto degli assetti istituzionali che definiscono l’organizzazione dello Stato.

Solo una volta tracciato il panorama nel quale sono chiamate ad

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agire le autorità indipendenti, potranno essere ricapitolate e vagliate le ragioni (anch’esse “di tutela” di valori ed interessi di rilievo per l’ordi- namento) che sostengono il vincolo di riserva di legge nella materia pe- nale. Sarà così possibile misurare nei contesti attinti dagli enti di ga- ranzia la persistenza (e l’opportunità) dello spiegamento (dei corollari) del principio di legalità, non senza tener conto delle più attuali conce- zioni dei rapporti tra singolo, collettività e autorità e delle relazioni che legano la norma ai suoi destinatari.

In conclusione, tenendo conto della capacità dei meccanismi nor- mativi di adeguarsi al principio di riserva di legge e delle esigenze po- litico-criminali sollecitate dalle fattispecie, si cercherà di profilare un possibile sistema di articolazione dei rimedi sanzionatori appannaggio delle autorità indipendenti: da un lato distinguendo tipologia e fisio- nomia dello schema afflittivo in ragione della categoria penale o am- ministrativa dell’illecito e in ragione del grado e del modo d’incidenza delle determinazioni degli enti sulla fisionomia della fattispecie; dal- l’altro considerando l’esigenza di garantire diritti e libertà del destina- tario del precetto penale, che per scelta “democratica” delimitano l’esercizio della potestà punitiva.

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1GUARINI, Contributo allo studio della regolazione, 8 ss.

2SILVA, in RORDORF(a cura di), Le autorità amministrative indipendenti, 408.

3PICCIOLI, Contributo all’individuazione del fondamento costituzionale della nor- mativa a tutela della concorrenza, 31 ss.; MERUSI, Democrazia e autorità indipenden- ti, passim.

L’EROMPERE DELLE AUTORITÀ INDIPENDENTI

SOMMARIO: 1. La crisi del modello democratico-rappresentativo dello Stato e l’av- vento delle autorità indipendenti. – 2. I fattori “esogeni”. L’emersione dei “set- tori sensibili” nell’ordinamento. – 2.1. L’influenza della normativa comunitaria sulla nascita dei “settori sensibili” e sulla delegittimazione degli organi politi- ci. – 3. I fattori “endogeni”. La crisi dell’istituzione parlamentare. L’inadegua- tezza della p.a. e degli organi giurisdizionali di fronte ai nuovi bisogni di tute- la. – 4. Un paradigma del nuovo modello: la “credibilità” delle autorità indi- pendenti. – 5. La frantumazione del sistema delle fonti. Il fenomeno della de- legificazione. – 5.1. La “specializzazione” delle fonti secondarie. I regolamenti delle autorità indipendenti. – 5.2. Hard law e soft law. Verso un assetto di Sta- to “pluricentrico”.

1. La crisi del modello democratico-rappresentativo dello Stato e l’av- vento delle autorità indipendenti

La proliferazione delle autorità indipendenti viene ricondotta ad un complesso di fattori, giuridici, sociali ed economici1. Si sottolinea ta- lora l’incapacità del Parlamento e del Governo nell’assumere in taluni ambiti decisioni sapienti a beneficio della comunità. In altri casi si ac- cenna all’affermazione (dietro alle direttive comunitarie)2del “merca- to” come insieme di regole da introdurre in certi settori e di cui garan- tire l’osservanza e addirittura come superiore meta-valore3capace di sollecitare nuove forme di regolazione pubblica. Altre volte, infine, l’avvento delle autorità indipendenti è ricollegato alla categoria degli interessi diffusi, la quale sfuggirebbe ad un inquadramento nelle tradi-

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4AINIS, in AA.VV. ISLE, Disciplina generale, 923 s.; ARCIDIACONO, Governo, auto- rità indipendenti, 35.

5G. TESAURO-TODINO, Autorità garante della concorrenza e del mercato, 115.

6CASSESE, Oltre lo Stato, 51.

7CHELI, La legalità penale negli equilibri del sistema, 60. Diversamente CLARICH, Le autorità indipendenti nello “spazio regolatorio”, 1043, distingue i fattori in “strut- turali” e “contingenti”.

8RUOTOLO, Crisi della legalità, 162.

zionali classificazioni pubblicistiche e invocherebbe strumenti di tute- la trasversali e “tutori” all’interno della società.

Ai nuovi bisogni non sarebbero più in grado di rispondere: a) né gli organi del “circuito politico”, dominati da logiche partitiche; b) né la pubblica amministrazione, gravata da inadeguatezze tecnico-profes- sionali; c) né la magistratura, soffocata da procedure lente e non sem- pre attrezzata per intervenire in materie che richiedono prontezza e assiduità d’intervento ed attendono all’occorrenza sfumate indicazioni di “opportunità”. L’emersione di pratiche di corruttela all’interno degli apparati dello Stato, poi, non poteva che accentuare una tendenza (co- munque in atto da tempo) alla «fuga verso fonti “oracolari” del dirit- to»4, sorrette da un rapporto fiduciario con gli organi titolari della so- vranità.

In definitiva, l’avvento delle autorità indipendenti è imputato ad una crisi del modello democratico-rappresentativo dello Stato di dirit- to e ad una perdita di “credibilità”5delle sue istituzioni. Viene messo in discussione il principio per cui le decisioni della collettività spetta- no ai suoi rappresentanti democraticamente eletti. Ma tramonta anche l’idea dello “Stato amministrativo” a connotazione verticistica ed ac- centratrice ed al suo posto si delinea un ordinamento dalla struttura

“policentrica” e composita delle sedi decisionali6.

Le ragioni di siffatto mutamento possono essere ricondotte, in par- te, a condizionamenti dalla provenienza “esogena”, rispetto al funzio- namento dell’ordinamento, e, in parte, a fattori “endogeni” allo stes- so7. Queste cause agiscono sulla “tenuta” democratica del principio di legalità e sul mantenimento di un assetto tripartito dello Stato di di- ritto8.

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9MERUSI, La posizione costituzionale della Banca d’Italia, 1089 s.; TITOMANLIO, Autonomia e indipendenza delle authorities, 29 ss.; BRUNETTI, Dagli “ordinamenti se- zionali” alle “autorità indipendenti”, 343; VARANI, Diritto alla privacy, 1771.

10LABRIOLA, Le autorità indipendenti (note preliminari), 35.

11CAPORILLI, Il principio del pluralismo ideologico, 61.

12G. GRASSO, Le autorità amministrative indipendenti, 122.

13MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, 498 ss., 517 e 541.

14ALPA, Interessi diffusi, 610; FERRARA, Interessi collettivi e diffusi, 487.

15BRICOLA, Partecipazione e giustizia penale, 33; DONINI, Teoria del reato, 140 nt. 53.

2. I fattori “esogeni”. L’emersione dei “settori sensibili” nell’ordina- mento

Tra le ragioni esogene merita primaria attenzione l’emersione di settori c.d. “sensibili” per la problematicità della tutela che invocano:

settori che sottendono valori di (più o meno provato) rilievo costitu- zionale9, per alcuni10addirittura insuscettibili di revisione. Vi rientra- no: a) il diritto all’autodeterminazione dell’individuo dietro la corretta gestione dei propri dati personali (art. 2 Cost.); b) il diritto all’accesso ai mezzi d’informazione di massa ed al loro utilizzo in forme tali da non pregiudicare il pluralismo delle idee (art. 21 Cost.)11; c) la garan- zia di una copertura previdenziale per i cittadini e i lavoratori (art. 38 Cost.); d) la garanzia di esercizio dello sciopero nei servizi pubblici es- senziali (art. 40 Cost.); e) l’esercizio dell’iniziativa privata imprendito- riale all’interno di un libero “mercato” (art. 41 Cost.); f) la tutela del ri- sparmio in tutte le sue forme (art. 47 Cost.).

Non solo il rango dei beni sollecita l’esigenza di una loro cura tra- mite affidamento ad organi di garanzia. Il radicamento costituzionale dei valori sottesi ai settori sensibili, se non controverso in dottrina, non appare immediato12e risulta meno vigoroso di quello di altri interessi o beni per il momento ignorati dal fenomeno delle autorità di garan- zia13. La spiegazione dell’erezione delle autorità garanti è piuttosto collegata ad altre ragioni: a) alla propensione dei valori evocati a coin- volgere nella loro dimensione ulteriori interessi, esigenze ed istanze che ne impediscono una piena estrinsecazione (c.d. “conflittualità” dei valori in gioco); b) al connotato “tecnico” di quei settori, che richiede cognizioni adeguate e doti di equilibrio in chi deve gestirli; c) all’esi- genza di provvedere alla loro tutela in maniera tempestiva e senza for- malità; d) alla natura “diffusa” degli interessi di cui sarebbero titolari collettività distese trasversalmente all’interno della società14e sottrat- te alla logica della rappresentanza per categorie15. Tutti aspetti che

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16PEDRAZZI, L’evoluzione del diritto penale economico, 621.

17MICOSSI, in KOSTORISPADOASCHIOPPA(a cura di), Le autorità indipendenti e il buon funzionamento dei mercati, 8; PASSARO, Le amministrazioni indipendenti, 237;

BOITANI, Costi e benefici dei diversi modelli di regolazione, 385 ss.; CLARICH, Le auto- rità indipendenti nello “spazio regolatorio”, 1039; PEPE, Il processo di istituzionaliz- zazione delle autorità indipendenti, 80 s.

18GIUFFRÈ, Declino del Parlamento, 190.

19GARGANI, Il danno qualificato dal pericolo, 144.

sollecitano nuove forme d’intervento pubblico regolativo e insieme di garanzia.

In particolare, la propensione dei valori al bilanciamento ed il pro- filo tecnico delle soluzioni da predisporre sono invocati a legittimare l’investitura di organi strutturati per intervenire agilmente nell’ade- guare la normativa alle dinamiche di certi ambiti16. La capacità d’in- tervento regolativo deve, allo stesso tempo, affrancarsi dalle logiche politiche condizionate dalla ricerca di un consenso elettorale e sogget- te alle oscillazioni delle contingenti maggioranze al governo17. Si chie- de cioè che in siffatti ambiti sussista uno «scarto» «tra i cicli istituzio- nali dell’indirizzo e della responsabilità politica», da un lato, «e gli in- dirizzi di lungo periodo», rimessi al governo delle autorità di settore18. Sottrazione all’influenza dei cicli elettorali del circuito politico e radi- camento nei principi che governano il profilo tecnico dei diversi ambi- ti sono evocati, tra l’altro, quando si afferma che le autorità indipen- denti operano in sedi “altamente qualificate”. A-politicità, tecnicità ed autorevolezza dell’ente sono pertanto caratteristiche saldate nelle nuo- ve figure istituzionali.

La gestione tecnica a-politica s’impone anche per la natura “diffu- sa” degli interessi: valori sociali o personali dei quali non si discute l’esigenza di apprestare uniformità di tutela, stante la loro valenza in certo qual modo “assoluta”, oggettiva e stabile per la comunità. Si par- la, infatti, di interessi attinenti «direttamente alla società civile, a col- lettività indeterminate di cittadini, assurgendo a situazioni giuridiche sovra-individuali […] i cui tratti essenziali sono dati, appunto, dalla natura generale, indivisibile e dalla non rivalità nel consumo, alla pari dei c.d. beni pubblici puri, dai quali però, si distinguono per la natura umana ed essenzialmente omogenea del bisogno primario che tendo- no a soddisfare»19. Perciò la loro salvaguardia non può dipendere da- gli indirizzi di governo del Paese.

In discussione, semmai, è il modo di garantire un livello di “effi- ciente” funzionamento del sistema cui ineriscono gli interessi diffusi.

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20NICCOLAI, I poteri garanti della Costituzione, 19 ss.; D’ALBERTI, Le autorità indi- pendenti, 161s. e 167 ss.

21SGUBBI, Tutela penale di «interessi diffusi», 441 e 457; BRICOLA, op. cit., 34; AL-

BAMONTE, Gli interessi collettivi, 435; MARCONI, La tutela degli interessi collettivi, 1066.

22Contra, GUARINI, op. cit., 250 s.

23PEDRAZZI, Interessi economici e tutela penale, 299; ID., Profili problematici del diritto penale d’impresa, 131.

24KOSTORISPADOASCHIOPPA, in EAD. (a cura di), op. cit., 23.

25Contra, CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, 24.

26GIUFFRÈ, op. cit., 184 s.

27ALBAMONTE, op. cit., 435 s.; MARCONI, op. cit., 1054 ss. PRESTI, in RORDORF(a cu- ra di), Le autorità, cit., 411: «Il legislatore pone le regole e poi è il giudice che ne as- sicura il rispetto; ma manca qualcosa in mezzo. La legge tende ad arrivare in ritar- do, è astratta, è spesso tributaria di interessi e logiche politiche. Il giudice effettua

Svariati fattori possono infatti condizionarne l’andamento: a) la conti- guità degli interessi principali con l’esercizio di altre facoltà di rilievo sociale, economico e giuridico; b) l’eventualità che gruppi di pressione pubblici o privati alterino la soluzione più rispondente ai postulati co- stituzionali20. L’emersione degli interessi diffusi nell’ordinamento è del resto avvenuta in tendenziale contrapposizione all’esercizio di atti- vità produttive appannaggio di poteri “forti” nel contesto sociale21: condizione cui si ricollega la debolezza delle situazioni soggettive in ragione dei rimedi azionabili dai loro titolari22. Alla qualità della rego- lazione devono giovare gli organi deputati alla tutela degli interessi dif- fusi.

Poiché tali interessi coinvolgono i cittadini in maniera indifferen- ziata23, appare incongruo affidare la loro tutela a meccanismi ispirati al principio di rappresentatività democratica, i quali, viceversa, sup- pongono l’esistenza di una contrapposizione tra istanze sociali24circa l’opportunità stessa di offrire una tutela. Più congruo si ritiene investi- re enti capaci di presidiare l’interesse diffuso sulla base di un consen- so “di lungo periodo” espresso dagli organi rappresentativi25. Poiché si tratta di assicurare «una costante attività di regolazione e aggiudica- zione che, nel panorama dei rapidissimi mutamenti indotti dal pro- gresso scientifico o tecnologico e dal confronto delle economie inte- grate, sia in grado di mantenere le diversità costituzionali in un equili- brio dinamico»26, appaiono inadatti al ruolo tanto il Parlamento, in- capace di adeguare tempestivamente la normativa all’evoluzione “tec- nica” del settore, quanto la p.a., che patisce gli inconvenienti di una di- pendenza da organi che risentono del circuito politico e del condizio- namento elettorale27.

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un controllo ex post, con una barriera di accesso alta: bisogna avere un interesse forte per rivolgersi al giudice e ottenere una sentenza […]. Le Autorità nascono co- me reazione a tutto questo, perché per quei settori sensibili c’è bisogno di un anel- lo intermedio che sia in grado, da un lato, di completare la legislazione, da un al- tro, di vigilare sull’osservanza sia della legge sia delle norme poste a complemento di essa e, da un altro lato ancora, di assicurare il rispetto di queste norme irrogan- do sanzioni o proponendone ad altri l’applicazione».

28Cfr. DEVITA, cit. da GARGANI, op. cit., 145.

29DELMASMARTY, Dal codice penale ai diritti dell’uomo, 198 s.

30LOMBARDI, Autorità amministrative indipendenti, 632. Nello stesso senso LAZ-

ZARO, Le autorità indipendenti, 87.

Meno scontato è spiegare l’accantonamento del magistrato – orga- no a-politico per eccellenza – nella cura dei predetti settori sensibili.

Difficilmente possono convincere le resistenze a rinvenire nella magi- stratura un interlocutore capace di operare in nome e per conto di in- teressi pubblici non facenti capo allo Stato-apparato. Semmai, la com- plessità della cognizioni richieste da ambiti prettamente tecnici e l’im- possibilità per i magistrati di disporre di poteri d’intervento agili han- no spinto a delegare ad altri la protezione dei settori sensibili.

Da questo punto di vista, v’è invece corrispondenza tra ruolo istitu- zionale delle autorità indipendenti ed ambiti di tutela loro affidati. Al- la vitalità di interessi (diffusi) che risalgono alla “società civile”

(espressione della comunità intermedia tra Stato e cittadini) e della quale costituiscono «il tessuto connettivo», «il sistema dei “bisogni co- muni”»28, si attagliano le autorità indipendenti che – non appartenen- do né al potere legislativo, né al potere giurisdizionale e neppure alla p.a. sottoposta al controllo gerarchico del potere esecutivo – assumono il ruolo di soggetti “scambiatori” fra Stato e società civile29. Coglie tut- tavia nel segno chi sottolinea come «lo sviluppo equilibrato di settori particolarmente “sensibles”» – proprio perché germinante negli “inter- stizi” lasciati liberi dall’ordinamento imperniato sulla tradizionale tri- partizione di funzioni – conduca ad attribuire agli organi di garanzia

«una serie ampia di poteri» non limitata al controllo e alla sanzione, ma comprensiva di quelli regolamentari, conoscitivi e ordinatori30.

2.1. L’influenza della normativa comunitaria sulla nascita dei “settori sensibili” e sulla delegittimazione degli organi politici

In connessione con l’emersione dei “settori sensibili” il processo d’integrazione europea agisce quale fattore di stimolo “esogeno” alla

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31CARDI, La Consob, 99 s.; CAVAZZUTI, La riforma delle autorità indipendenti, 572 ss.; PIAZZA, Nuovi orientamenti in materia di autorità amministrative indipendenti, 13.

32AMATO, Il mercato nella Costituzione, 12.

33AMATO, op. cit., 16.

34Di «rivolta dell’economia contro l’indirizzo governativo» parla MERUSI, Con- siderazioni generali, 156; ID., Mercato e amministrazioni indipendenti, 171 s. Cfr. an- che NAPOLITANO, Autorità indipendenti, 14 ss.

35CASSESE, Dalle regole del gioco al gioco con le regole, 265 ss.

36MERUSI, Democrazia e autorità cit., 17; ID., La redazione del testo unico banca- rio, 31 ss. Cfr. altresì PERA, Autorità di regolazione, 97 ss.

37AMATO, op. cit., 19.

creazione di autorità indipendenti. Molti degli interessi per i quali si è ritenuto opportuno introdurre autorità garanti si sono infatti imposti su sollecitazione dell’Unione31.

Emblematici, da questo punto di vista, gli sviluppi che hanno inte- ressato l’art. 41 Cost., il quale, concepito in posizione “compromisso- ria” «tra neocorporativismo e larvato dirigismo»32, ha visto provenire

«d’oltralpe indirizzi, divieti e vincoli sintonizzati su una lunghezza d’onda totalmente diversa, quella del mercato e della sua difesa, del- l’intervento pubblico volto non a interferire con esso, ma a dettare le regole per salvaguardarne la concorrenzialità e per ottenere, per que- sta strada, efficienza economica»33.

L’evoluzione che ha portato ad individuare nel “mercato” un valore riproducibile nei diversi settori in cui si concentrino rilevanti interessi economici ha costituito spunto determinante per l’avvio delle “priva- tizzazioni” e per il superamento della politica di dirigismo statale34. L’abbandono del dirigismo come modello d’intervento pubblico in eco- nomia assume un significato paradigmatico nel descrivere l’“allonta- namento” dello Stato dai settori per i quali si è creato poi il bisogno di nuove regole e di nuove istituzioni etero-imposte35. Se è vero che i

«concorrenti, lasciati a se stessi, tendono a distruggere la concorrenza, a creare monopoli ed oligopoli, a stabilire intese anticoncorrenziali, ad approfittare delle diversità di dimensioni e delle asimmetrie informati- ve per non concorrere ad armi pari»36, lo Stato post-dirigista non po- teva disinteressarsi della loro sorte, riproponendo superati canoni di laissez faire. Vi sono poi «valori e interessi non realizzabili partendo dal mercato e bisognosi, anzi, di essere difesi dall’espansione delle sue regole: dignità della persona, salute […], ambiente hanno bisogno di essere imposti come vincoli al gioco del mercato»37. Di qui l’idea del

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38GUARINI, op. cit., 78.

39LABRIOLA, Le decisioni delle autorità amministrative indipendenti, 365 ss.; MAIA, Le autoritès administrative indèpendantes, 147.

40MERUSI, La redazione del testo unico bancario, cit., 37; BILANCIA, La crisi dell’or- dinamento giuridico, 110. Contra MICOSSI, Il conflitto d’interessi tra governanti e go- vernati, 61 ss.; G. GRASSO, op. cit., 98.

41Sui rapporti tra l’ordinamento UE e quello italiano, CARTABIA-WEILER, L’Italia in Europa, 163 ss. e 191 ss.; ORSELLO, Ordinamento comunitario, 766 ss. Sui modi d’influenza della normativa UE su quella nazionale in materia penale v. BERNARDI,

“Europeizzazione” del diritto penale commerciale?, 149 ss.; ID., Profili di incidenza del diritto comunitario, 1997, 145 ss.; ID., I tre volti del “diritto penale comunitario”, 58 ss.; RIONDATO, Competenza penale della Comunità europea, 123 ss.; ID., Profili di rap- porti tra diritto comunitario e diritto penale dell’economia, 1135 ss.; BERNASCONI, L’influenza del diritto comunitario sulle tecniche di costruzione della fattispecie pena- le, 451 ss.; DIMARTINO, La sequenza infranta, 84 ss.; TIEDEMANN, L’europeizzazione del diritto penale, 3 ss.; SAMMARCO, Interessi comunitari e tecniche di tutela penale, 137 ss.; SOTIS, Obblighi comunitari di tutela, 188 ss.; POERIO, Diritto comunitario e prin- cipio di legalità in materia penale, 608 ss.

42GUARINI, op. cit., 206 s.

43G. GRASSO, op. cit., 100 s.

mercato quale “luogo di competizione ad armi pari”, bisognoso di es- sere presidiato da regole38.

Lo Stato moderno ha dovuto così “inventarsi” una funzione di “re- golazione” (intermedia tra dirigismo e liberismo tout court) riecheg- giante modelli sperimentati nei paesi anglosassoni (negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna), ma più originale per Francia, Spagna e Italia39. La penetrazione dell’idea concorrenziale nel nostro ordinamento per ef- fetto delle determinazioni comunitarie, per taluni40, è stata anzi così potente da imporsi addirittura come fattore di per sé legittimante l’in- troduzione delle autorità indipendenti.

L’esistenza di un canale “comunitario” che influenza le scelte del- l’ordinamento non è in discussione. Indici normativi (artt. 11 e 117 Cost.) ne sorreggono l’operatività41. Nondimeno, non deve enfatizzarsi la di- mensione europea delle autorità indipendenti.

Anzitutto, v’è chi contesta che «sarebbe stata la spinta comunitaria a costituire l’esclusiva ragione del proliferare di autorità indipenden- ti». Si fa osservare che, se Oltralpe sono stati additati ambiti di tutela cui far fronte, non è stata anche patrocinata l’adozione di un partico- lare modello organizzativo di intervento pubblico implicante la crea- zione di organismi indipendenti dal circuito politico42. Sicuramente, poi, molte autorità di garanzia in Italia non derivano da un corrispon- dente modello comunitario43.

E ancora, alcune ambiguità si annidano nella propensione a richia-

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44CARTABIA, Principi inviolabili e integrazione europea, 215; SAMMARCO, op. cit., 120 ss.; FLICK, Globalizzazione dei mercati, 591 ss.

45PALAZZO, Legge penale, 351; ID., Introduzione ai principi del diritto penale, 242.

46CARLASSARE, Legalità (principio di), 2.

47BILANCIA, op. cit., 105.

48CUNIBERTI, Autorità indipendenti e libertà costituzionali (2007), 481.

49BILANCIA, Attività normativa delle autorità indipendenti, 156.

mare il processo di armonizzazione europea come fattore di diffusio- ne delle autorità indipendenti.

L’arretramento della “sovranità”44dello Stato in favore dell’ordina- mento UE privilegia istituzioni affette da un noto “deficit di democra- ticità”45, le stesse non rivestendo crismi di rappresentatività elettiva ta- li da legittimare un’ingerenza in materie coperte da riserva di legge46. L’operare dei garanti si espone allora al paradosso per cui organi ad in- vestitura “fiduciaria” sono creati per rispondere a sollecitazioni (so- vranazionali) a loro volta sostenute da un tenue legame con coloro che pur sono titolari degli interessi da gestire. Si paventa anzi l’eventua- lità47che l’esigenza di adeguamento alle norme comunitarie sia stru- mentalizzata dalle autorità nazionali quale “alibi” per giustificare poli- tiche invise ai cittadini. La de-responsabilizzazione degli organi depu- tati a compiere scelte in ambito nazionale celerebbe in quei casi un’erosione del principio di sovranità popolare. Si tratta di valutare se un tal fenomeno incontri limiti quando investa ambiti garantiti da una riserva assoluta di legge.

Sulla scorta della teoria di “controlimiti” all’espansione della nor- mativa comunitaria in ambito nazionale, si fa osservare che l’even- tuale derivazione europea di autorità indipendenti «non può essere invocata puramente e semplicemente per legittimare un’abnorme estensione dei relativi poteri, e soprattutto non può essere utilizzata per sostenere una generale esenzione delle autorità dal rispetto dei principi costituzionali, e in particolare della riserva di legge e del prin- cipio di legalità»48. La normativa comunitaria non potrebbe insomma valicare l’argine opposto dalla riserva di legge sancita dall’art. 25, comma 2, Cost., consentendo, ad es., ad autorità indipendenti di re- golare materie sino al punto di condizionare le fattispecie che costi- tuiscono reato49.

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50ZANAROLI, Aspetti del ruolo istituzionale del Garante per l’editoria, 225.

51In prospettiva costituzionale, RIDOLA, La rappresentanza parlamentare, 450;

DEMARCO, Valore attuale del principio della divisione dei poteri, 431 ss. In prospetti- va amministrativa: GRASSINI, Introduzione, 5 ss.; CARETTI, op. cit., XII; SEVERI, Am- ministrazioni indipendenti, 114. In prospettiva penale, PALAZZO, Ancora sulla lega- lità, 67.

52GUARINI, op. cit., 130. Sul ruolo storico dei partiti, CHABOD, L’Italia contempo- ranea, 41 s.

53FERRAJOLI, Democrazia plebiscitaria, 332 ss.

54RUOTOLO, op. cit., 157.

55RUOTOLO, op. loc. cit.

3. I fattori “endogeni”. La crisi dell’istituzione parlamentare. L’inade- guatezza della p.a. e degli organi giurisdizionali di fronte ai nuovi bisogni di tutela

Tra i fattori “endogeni”, propedeutici alla proliferazione di autorità indipendenti, si annovera la sfiducia dell’opinione pubblica nei con- fronti del Parlamento come sede di assunzione delle scelte collettive. È un aspetto centrale del tema: all’inadeguatezza dell’istituzione rappre- sentativa50, infatti, si ricollega un allentamento del vincolo di legalità anche in materie coperte da riserva assoluta di legge.

La crisi dell’istituzione assembleare è imputata all’invadenza dei partiti nella conduzione del dibattito democratico51. La loro interpo- sizione nelle decisioni assunte dal Parlamento spezza il legame che dovrebbe mantenersi tra elettori e politici affinché le norme di legge siano espressione del corpo sovrano (art. 1 Cost.). I partiti avrebbero perso la funzione di convogliare le istanze dei gruppi sociali nelle se- di rappresentative, finendo col divenire centri di potere autoreferen- ziali52. L’introduzione del sistema bi-polare, appiattendo il dibattito politico nei cardini di una contrapposizione tra le parti al Governo e quelle all’opposizione53ha accentuato l’incapacità del Parlamento di porsi come luogo d’incontro delle istanze sociali. Il nuovo assetto par- titico «consolida infatti la propensione del sistema politico verso il modello della democrazia come metodo per la scelta dei governan- ti»54. Tale processo va a scapito della possibilità di confermare la va- lenza democratica delle decisioni nelle materie di pertinenza legislati- va: inevitabile parlare di «crisi della rappresentanza» ed invocare nuo- ve forme di regolazione pubblica55.

L’inadeguatezza dell’organo legislativo non è però dovuta solo ad una patologica invadenza dei partiti nella formazione degli indirizzi

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56G. GRASSO, op. cit., 134; GUARINI, op. cit., 131 ss.

57RUOTOLO, op. cit., 158.

58Sull’efficienza come fattore di erosione della legalità e delle istanze democra- tiche, v. RUOTOLO, op. cit., 150.

59PREDIERI, Le norme tecniche, 1441 ss.; CECCHETTI, Note introduttive, 150.

politici. Si obietta che, lasciare pieno campo all’istituzione parlamen- tare in ambiti che richiedono riflessioni tecniche a base di soluzioni condivise, finirebbe col rendere “politic” l’esito delle discussioni dei te- mi. Le soluzioni sarebbero esposte a calcoli utilitaristici; sarebbe favo- rita l’assunzione di decisioni instabili nel tempo in ambiti che richie- dono invece indirizzo costante56. A tale inconveniente dovrebbero por- re rimedio le autorità indipendenti, “depoliticizzando” certi settori.

«Proprio le autorità indipendenti diventano, infatti, le istituzioni più direttamente avvantaggiate dalla riduzione dei poteri politici statali», proponendosi come espressione dell’autonomia dei soggetti sociali di cui incarnano le esigenze. «Rilevanti poteri di decisione politica con- fluiscono, così, su soggetti privi della tradizionale legittimazione de- mocratica»57.

La crisi parlamentare si ricollega poi ai fenomeni “esogeni” esami- nati.

Si è detto dell’incidenza del processo di armonizzazione europea e della sottrazione di sfere di decisione ai Parlamenti nazionali. I princi- pi cui s’informa la normativa comunitaria rispondono a logiche di “ef- ficienza” e di “raggiungimento di obiettivi” che s’impongono sulle esi- genze di rappresentatività e di condivisione delle scelte normative58.

Anche la delimitazione dei settori “sensibili” spiega l’emarginazione del Parlamento. La vocazione tecnica e complessa di tali ambiti indu- ce a sottrarre quei settori ai calcoli politici e a rimetterli alle regole che li governano. L’esigenza di rispettarne la logica interna, guidata da principi di conoscenza, consiglierebbe di privare il circuito politico-de- mocratico del potere di definire le regole vigenti in certi ambiti. Alla legge il compito di esprimere la “scelta” di investire organismi tecnici e indipendenti, tracciando il quadro di riferimento e le finalità degli enti. Per il resto la regolazione dovrebbe spettare ai “tecnocrati”. L’ar- retramento del raggio di operatività della legge formale costituirebbe esito fisiologico dell’incremento delle conoscenze; nondimeno esso po- ne interrogativi circa l’estrazione elitaria di coloro che sono legittima- ti ad influire sulla disciplina che sovraintende ai rispettivi ambiti.

La valenza tecnica della materia si oppone all’intervento del legisla- tore59anche sotto altro punto di vista.

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60CERULLIIRELLI, Aspetti costituzionali e giuridici delle autorità, 49.

61GHETTI, Autorità amministrative indipendenti, 443 s.; ARCIDIACONO, op. cit., 83 ss.

62CUNIBERTI, Autorità amministrative, cit., 13.

63D’ATENA, Autorità di garanzia e qualità della legalità costituzionale, 121.

La lentezza delle procedure parlamentari non consentirebbe di ge- stire quelle situazioni che, legate all’uso delle migliori conoscenze scientifiche e tecnologiche, sono esposte a continui e rapidi cambia- menti. Anche da questo punto di vista, le autorità indipendenti fareb- bero al caso, poiché in grado d’intervenire, secondo procedimenti snel- li, salvo l’onere di rendere conto all’opinione pubblica delle decisioni assunte. In questo senso, i garanti sarebbero capaci di perseguire obiettivi di efficiente funzionamento del settore.

Considerazioni non dissimili valgono per il Governo e la p.a., la cui affidabilità pure sconta una “crisi”60dinanzi all’opinione pubblica. Ta- li istituzioni dovrebbero assicurare un potenziale d’intervento anche sul piano tecnico negli ambiti di competenza, se non fosse per la ri- scontrata incapacità di adeguare la preparazione professionale alle esi- genze di regolazione. Il legame strutturale della p.a. con il Governo, poi, ha permesso il formarsi di relazioni61che si vorrebbero superare con la creazione di autorità garanti.

L’istituzione di autorità indipendenti, d’altronde, «per molti aspet- ti sembra una soluzione imposta da caratteri strutturali della nostra società e dell’attuale assetto economico». Ai garanti si chiede di man- tenere «un efficace livello di tutela delle situazioni giuridiche e di ri- soluzione dei problemi sottoposti alla loro azione, quanto meno nel- l’assicurare una gestione “morbida” di settori assai delicati della no- stra società, spesso sgravando il potere politico dall’onere di scelte dif- ficili»62.

Un’esigenza di intervento rapido ed efficiente impedisce, infine, di rimettere la tutela dei settori “sensibili” agli organi giurisdizionali. Più volte è stata stigmatizzata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo la lentezza con cui i giudici italiani elargiscono la tutela. I criteri di re- clutamento del personale, d’altronde, non curano la propensione spe- cialistica dei magistrati ad occuparsi di ambiti esasperatamente tecni- ci. E in ogni caso, gli organi giurisdizionali, proprio per la loro matri- ce istituzionale e per le oggettive difficoltà che incontrano a ricondur- re alla logica del sillogismo una legalità plurale e conflittuale63, non possono assumere quella particolare posizione nell’ordinamento, che è di garanzia e di regolazione allo stesso tempo e che (implicando una

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64NICCOLAI, Le autorità indipendenti nel progetto, 220 ss.

65LASPINA-MAJONE, Lo Stato regolatore, 15 ss.

66RANCI, L’indipendenza e le regole, 116.

67BOITANI, op. cit., 390 s.

68POLO, Le Autorità indipendenti, 374 ss.

potestà di creare le norme e di farne poi applicazione) viene ricono- sciuta alle autorità indipendenti64.

4. Un paradigma del nuovo modello: la “credibilità” delle autorità in- dipendenti

Alcune recenti elaborazioni spostano l’accento sul profilo di “credi- bilità” istituzionale sul quale l’introduzione dei garanti verrebbe ad agire. Tanto le carenze “strutturali” delle istituzioni dello Stato nel- l’adempiere ai rispettivi compiti, quanto l’emersione di complesse esi- genze di regolamentazione e tutela, quanto la comparazione con più

“efficienti” modelli stranieri d’intervento regolativo avrebbero dimo- strato l’inadeguatezza dello Stato “sociale” a farsi carico dei problemi della comunità65. La “sfiducia” nella capacità della politica e dei suoi corpi intermedi di gestire gli interessi della collettività è una minaccia per la “tenuta” della classe dirigente alla guida del Paese. Un’esigenza di stabilità sociale ed istituzionale consiglierebbe di investire nuovi en- ti “di garanzia” del compito di gestire la regolazione dei settori più

“sensibili” ad istanze sociali.

È vero che, quando una materia richiede continui interventi di ade- guamento tecnico, «la credibilità del quadro può essere meglio tutela- ta definendo non le singole norme applicative, ma i criteri generali, e affidandone la traduzione in norme e decisioni specifiche ad un orga- nismo caratterizzato da competenza tecnica, da estraneità agli interes- si economici ed anche alle finalità politiche»66. E sia pure che l’istitu- zione di enti di regolazione implica il «riconoscimento da parte del po- tere politico che in alcune materie è preferibile “legarsi le mani”, con- segnando per legge tutti i poteri di intervento sul punto, all’autorità di settore»67, al fine di conseguire quella stabilità d’indirizzo che il cir- cuito democratico-rappresentativo non è in grado di assicurare a cau- sa della variabilità del ciclo elettorale68.

Il riferimento alla “credibilità” a sostegno delle autorità di garanzia si ricollega, tuttavia, ad un mutamento del quadro dei rapporti tra i

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69CUNIBERTI, Autorità amministrative, cit., 23.

70LASPINA-MAJONE, op. cit., 145.

71V. PEPE, op. cit., 61 s. e 82.

72V. PEPE, op. cit., 60.

73LASPINA-MAJONE, op. cit., 132 ss., richiamano quel criterio di valutazione dell’operato delle a.i. in contrapposizione alle teorie normative-neoclassiche che escludono qualsiasi condizionabilità del regolatore ad opera di gruppi di potere e del ceto politico e a quelle positive-economiche che si preoccupano della condizio- nabilità da parte dei gruppi di interesse. V. anche V. PEPE, op. cit., 48 ss.

consociati ed il potere statuale, per effetto del quale «gli strumenti tra- dizionali della rappresentanza politica, tutti costruiti attorno all’artifi- cio giuridico della riconduzione ad unità della pluralità dei soggetti so- ciali, sono del tutto inadatti a svolgere la loro funzione, e ad essi si so- stituiscono nuovi strumenti di rappresentanza che valorizzano il ruolo ora delle aggregazioni di interesse e dei gruppi di pressione, ora dei

“tecnici”, ora della c.d. “opinione pubblica”»69.

Al posto della sovranità statuale si liberano le componenti sociali che intessono relazioni i cui orientamenti si affiancano alle direttrici politiche dello Stato. «La crescita dell’interdipendenza economica, fi- nanziaria, ecologica e politica, tanto nella sfera internazionale quan- to in quella interna, spiega perché la credibilità delle politiche è di- ventata oggi così importante»70. Essa è sintesi di efficienza, autore- volezza ed affidabilità del “sistema” dello Stato e sottende l’operati- vità di meccanismi che trascendono il riscontro di una delega di po- tere su di un presupposto di rappresentatività. Con la “credibilità” co- me valore in sé (a fianco di quelli di “efficiente” gestione) ha a che fa- re l’istituzione di enti indipendenti; con i vantaggi, ma anche con i ri- schi, che la sovrapposizione di un valore altamente immateriale com- porta nella valutazione del modello di regolazione ai fini della con- trollabilità del suo operare (c.d. accountability).

Quanto ai vantaggi, il riferimento alla “credibilità” introduce un pa- rametro ad hoc per valutare la carica innovativa delle autorità indipen- denti nella gestione dei “settori sensibili”. La credibilità misura la capa- cità dell’ente regolatore di mantenere una posizione coerente per gli at- tori regolati, fornendo loro indicazioni sui comportamenti da seguire e sulle conseguenze delle trasgressioni71. Tale posizione, favorendo il

“dialogo” tra regolatori e regolati, scongiura rischi (di rigidità) e “costi”

(sociali ed economici) di un eccesso di regolazione72. Lungo un approc- cio “istituzionalistico”73, per misurare la credibilità, si tiene conto della complessità del contesto politico-economico nel quale si situano i nuo-

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