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CAMERA DEI DEPUTATI

Doc. XVII n. 12

DOCUMENTO APPROVATO

DALLA IX COMMISSIONE PERMANENTE (TRASPORTI, POSTE E

TELECOMUNICAZIONI)

nella seduta del 21 maggio 2015

A CONCLUSIONE DELL’INDAGINE CONOSCITIVA deliberata nella seduta del 30 aprile 2014

SUL SISTEMA DEI SERVIZI DI MEDIA AUDIOVISIVI E RADIOFONICI

(Articolo 144, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati)

STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

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S O M M A R I O

1. Finalità e svolgimento ... Pag. 5

2. Quadro normativo ... » 6 2.1 La normativa dell’Unione europea ... » 6 2.2 La normativa nazionale ... » 8

3. Gli elementi emersi nell’indagine: il contesto tecnologico, le iniziative de jure condendo dell’Unione europea e il

settore dei media audiovisivi in Italia ... » 11 3.1 Il processo di convergenza ... » 11 3.2. Le risposte all’evoluzione tecnologica: la fase de jure

condendo dell’Unione europea ... » 13 3.3. Il mercato audiovisivo in Italia ... » 14

4. Gli elementi emersi dall’indagine: profili problematici .... » 15 4.1 Le conseguenze della « rivoluzione tecnologica »: re-

golamentazione degli OTT; neutralità della rete e

tutela del diritto d’autore on line ... » 16 4.2 La regolamentazione dei contenuti audiovisivi ... » 19 4.3 La concessionaria del servizio pubblico radiotelevi-

sivo ... » 20 4.4 La gestione delle frequenze ... » 21 4.5 L’emittenza locale e la numerazione automatica dei

canali (LCN) ... » 23 4.6 La radio digitale ... » 25

5. Conclusioni ... » 25 5.1 Ripensare il quadro normativo complessivo del set-

tore radiotelevisivo ... » 26

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5.2 Parità di regole in un mercato unico ... » 27

5.3 Un quadro normativo semplice e di principio ... » 27

5.4 Affrontare a livello di Unione europea alcune que- stioni fondamentali ... » 28

5.5 Specifiche questioni del settore radiotelevisivo da affrontare a livello legislativo e amministrativo ... » 30

5.6 L’assegnazione delle frequenze ... » 31

5.7 L’emittenza televisiva locale ... » 32

5.8 L’emittenza radiofonica ... » 32

5.9 Il servizio pubblico radiotelevisivo ... » 32

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1. Finalità e svolgimento.

L’indagine conoscitiva sul sistema dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici è stata deliberata dalla IX Commissione Trasporti nella seduta del 30 aprile 2014.

L’indagine si è proposta di verificare l’efficacia dell’attuale quadro normativo nel settore, a distanza di oltre tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 44 del 2010, che ha modificato il testo unico di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, facendo riferimento non più al sistema radiotelevisivo, ma al sistema dei media audiovisivi e radiofonici. In parti- colare, la IX Commissione ha inteso riflet- tere sull’idoneità dell’attuale normativa ad affrontare l’attuale rivoluzione tecnologica, per effetto della quale i contenuti audio- visivi e radiofonici possono essere tra- smessi attraverso una molteplicità di stru- menti e di modalità sconosciuta fino ad un recente passato.

Ciò anche alla luce delle iniziative in materia dell’Unione europea: la Commis- sione europea ha sottoposto a consulta- zione pubblica, nell’aprile 2013, il libro verde Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori (la consultazione si è conclusa nel mese di agosto 2013). La consulta- zione pubblica promossa dalla Commis- sione europea ha avuto per oggetto aspetti importanti della regolazione del settore, quali l’individuazione di nuovi modelli di allocazione e condivisione delle frequenze per offrire opportunità di sviluppo alla radiodiffusione, alla banda

larga mobile e ad altre applicazioni vei- colate nelle stesse bande di frequenza;

le eventuali distorsioni provocate dalla differenza di regolamentazione tra servizi lineari e non lineari; l’opportunità di adat- tare la definizione di servizi di media audiovisivi e il campo di applica- zione della direttiva sui servizi di media audiovisivi per assoggettare a tutti o a parte dei suoi obblighi coloro che adesso ne sono esclusi. Gli esiti della consulta- zione pubblica sono confluiti nella comu- nicazione della Commissione europea Una strategia per il mercato unico digitale eu- ropeo del 6 maggio 2015 (COM(2015)192).

In questo quadro si è inteso inoltre verificare quale incidenza il passaggio al digitale terrestre in Italia abbia avuto nel- l’assegnazione agli operatori della capacità trasmissiva e prendere in considerazione gli sviluppi che potranno verificarsi per quanto attiene sia alla ripartizione e al- l’utilizzo delle frequenze sia alla regola- zione delle modalità di trasmissione me- diante Internet.

Nell’indagine sono stati coinvolti soggetti istituzionali (ministeri ed autorità di rego- lazione), imprese ed operatori del settore, centri di ricerca ed esperti della materia.

Nel corso dell’indagine si sono svolte in particolare le audizioni dei rappresentanti di Confindustria Radio Televisioni; Sky Ita- lia; Mediaset; RAI; MTV; Aeranti-Corallo;

CNT – Terzo polo digitale; ANICA; rap- presentanti delle associazioni datoriali e professionali (sceneggiatori e registi; gio- vani produttori; autori cinematografici;

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industrie cinematografiche e affini; pro- duttori televisivi; produttori di documen- tari; piccole e medie imprese audiovisive);

Associazione dei provider indipendenti; Fe- derazione industria musicale italiana; Di- scovery Italia; SIAE; Persidera; Google Italy; Confindustria digitale; ALPI Radio TV; Gruppo editoriale L’Espresso; Associa- zione produttori televisivi; rappresentanti di SLC-CGIL, FISTel-CISL, UILCOM-UIL e UGL Telecomunicazioni; rappresentanti di FAPAV e CONNA; Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito indicata come AGCOM), Fastweb, Vodafone, Tele- com Italia. Il ciclo di audizioni è stato concluso con l’intervento del Sottosegreta- rio di Stato al Ministero dello sviluppo economico con delega alle telecomunica- zioni. È stata altresì acquisita una memo- ria di IT-Media Consulting.

Le audizioni programmate nell’ambito dell’indagine conoscitiva sono state avviate il 3 luglio 2014 e si sono concluse il 25 marzo 2015.

2. Quadro normativo.

L’indagine conoscitiva ha consentito in primo luogo di operare una ricognizione dell’attuale assetto normativo del settore dei media audiovisivi. Tale assetto risulta determinato dalla disciplina dell’Unione europea e dalla legislazione nazionale.

2.1. La normativa dell’Unione europea.

Il fondamento dell’interesse dell’Unione per la materia audiovisiva risiede in una sentenza della Corte di giustizia delle Co- munità europee del 1974 (sentenza del 30 aprile 1974 nella causa C-155/73, cd. « sen- tenza Sacchi »): questa sentenza qualificò infatti le attività radiotelevisive come ser- vizi assoggettabili al principio della libera circolazione dei servizi previsto dal Trat- tato CEE; rispetto a tali servizi si poneva pertanto l’esigenza di un’armonizzazione normativa a livello comunitario.

Il primo significativo risultato del- l’opera di armonizzazione comunitaria nel settore fu rappresentato dalla direttiva 89/

552/CEE (cd. « TV senza frontiere »).

L’aspetto transfrontaliero delle trasmis- sioni televisive (presupposto tra l’altro per legittimare un intervento comunitario in materia) era risolto facendo ricorso al principio del paese di origine (secondo il criterio dello stabilimento, articolato sulla base di una molteplicità di parametri che indicassero l’effettivo stabilimento del- l’emittente) e su quello del mutuo ricono- scimento, in base al quale, una volta ar- monizzata la disciplina a livello comuni- tario, ciascun Paese membro doveva con- sentire la ritrasmissione sul proprio territorio di un contenuto legittimamente operante in altro Stato membro.

La direttiva 89/552/CEE è stata succes- sivamente oggetto di varie modifiche, tra cui particolare rilievo hanno assunto quelle apportate dalla direttiva 97/36/CE e dalla direttiva 2007/65/CE. Infine la diret- tiva 2010/13/UE, indicata comunemente come « direttiva sui servizi di media au- diovisivi » (direttiva SMAV), ha riunito e coordinato in un unico testo codificato la disciplina dettata a livello di Unione eu- ropea in materia di fornitura di servizi di media audiovisivi.

Come segnalato nel corso dell’indagine dall’AGCOM e dall’Accademia italiana per il codice di Internet, i servizi di media audiovisivi sono definiti dal diritto UE, come servizi sotto la responsabilità edito- riale di un fornitore di servizi e il cui obiettivo principale è la fornitura di pro- grammi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico attraverso reti di comunicazione elettoniche. Il servizio deve consistere in immagini in movimento e può essere offerto in modalità lineare (quindi televisione analogica e digitale, la trasmissione televisiva su Internet quale il webcasting e il near video on demand) o non lineare (servizi a richiesta).

La regolazione più consistente ed arti- colata riguarda le norme esclusivamente applicabili alle trasmissioni televisive li- neari. Vengono disciplinati aspetti come il regime degli eventi di particolare rilevanza

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(che devono essere trasmessi su canali li- beralmente accessibili); le quote di inve- stimento e promozione di opere europee e di produzioni indipendenti; il regime della pubblicità televisiva (interruzioni e affol- lamenti); presidi a tutela dei minori; il regime relativo al diritto di rettifica.

Per i servizi a richiesta, invece, la di- rettiva 2007/65/CE ha previsto una rego- lazione meno intrusiva in quanto, come ribadito dal considerando 58 della direttiva 2010/13/UE (che riproduce il considerando 42 della direttiva 2007/65/CE), « i servizi di media audiovisivi a richiesta si differen- ziano dalle emissioni televisive per quanto riguarda la possibilità di scelta e di con- trollo che l’utente può esercitare nonché in relazione all’impatto che hanno sulla so- cietà ». Per i media non lineari sono co- munque previste norme minime in materia di tutela dei minori, di prevenzione del- l’odio razziale, di divieto della pubblicità occulta.

In realtà, alla luce dell’evoluzione tec- nologica, la disciplina dei media audiovisivi costituisce solo uno dei tre pilastri chia- mati a regolamentare, in ambito UE, la circolazione dei contenuti audiovisivi in ambito digitale.

Un secondo pilastro è rappresentato dalla disciplina dei « mezzi tecnici » vale a dire la connessione e i servizi correlati ad essa: si tratta della materia delle reti di comunicazione elettronica, la cui disciplina è ora recata del pacchetto di direttive del 2002 (direttive 2002/19/CE, « direttiva ac- cesso »; 2002/20/CE, « direttiva autorizza- zioni », 2002/21/CE, « direttiva quadro », 2002/22/CE, « direttiva servizio univer- sale », 2002/77/CE « direttiva concor- renza »), come successivamente integrato dalla direttiva 2009/140/CE. La disciplina dell’Unione si è caratterizzata in materia per il superamento dei tradizionali mono- poli pubblici nei servizi di telecomunica- zione ma, dal 2002, si estende a tutte le reti e i sistemi utilizzati per la circolazione dei contenuti digitali. Finalità della disciplina risulta quella di garantire un adeguato livello competitivo dei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, a

fianco di quella di garantire un accesso universale alle reti.

L’articolo 2, primo paragrafo, lettera a) della direttiva quadro definisce reti di co- municazione elettronica tutti i sistemi di trasmissione che consentono di trasmet- tere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettroma- gnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse (a commutazione di circuito o a commutazione di pacchetto, compresa Internet), le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato (principio di neutralità tecnologica).

Caposaldo delle direttive del 2002 è la previsione di un’autorizzazione generale, in luogo di una concessione, per lo svol- gimento dell’attività di operatore di rete (direttiva autorizzazioni). È stato inoltre stabilito (direttiva accesso) l’obbligo per i gestori di rete (in particolare per quelli che detengono un significativo potere di mer- cato) di offrire ad altre imprese l’accesso e l’interconnessione alla propria rete, rispet- tando parametri e condizioni imposte dalle autorità di regolamentazione nazionali.

Con la direttiva servizio universale, infine, il legislatore dell’Unione europea ha posto alle imprese fornitrici di reti o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico l’obbligo di garantire al pubblico stesso, in tutti gli Stati membri, servizi di comunicazione elettronica di buona qua- lità, sulla base dei parametri individuati dalla medesima direttiva o stabiliti dalle autorità di regolamentazione nazionali.

Un terzo pilastro è rappresentato dalla disciplina di alcune attività che si svolgono in Internet e che trovano (direttiva 2000/

31/CE) una disciplina armonizzata a livello europeo: si tratta della disciplina del

« commercio elettronico » che in realtà si applica a tutti i servizi della società del- l’informazione, come definiti dalla diret- tiva: che realizzino scambi di beni e servizi dietro corrispettivo, che siano prestati a

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distanza, che avvengano su reti elettroni- che, e siano forniti a richiesta.

Per i servizi della società dell’informa- zione non è prevista un’autorizzazione per l’esercizio dell’attività, sono previsti alcuni requisiti per la disciplina dei contenuti (trasparenza del fornitore, trasparenza e correttezza, pubblicità) ed un regime di generale irresponsabilità per le informa- zioni fornite da terzi e meramente tra- sportate o memorizzate dagli intermediari (Internet service provider).

2.2. La normativa nazionale.

Nel recepire la disciplina dell’Unione eu- ropea, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005 (di seguito indi- cato come TUSMAR), come modificato dal decreto legislativo n. 44 del 2010, suddivide i soggetti della comunicazione in: 1) « ope- ratori di rete », cioè titolari del diritto di installazione, esercizio e fornitura di una rete di comunicazione elettronica su fre- quenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite, e di impianti di messa in onda; 2) « fornitori dei servizi di media », cioè i soggetti (persone fisiche o giuridiche) cui è riconducibile la responsabilità edito- riale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e che ne determinano le modalità di organizzazione.

L’attività tanto di operatore di rete quanto di fornitore di servizi, compresi quelli a richiesta, è soggetta a un regime autorizzatorio e non più concessorio, come avveniva precedentemente al Testo unico.

Le autorizzazioni sono rilasciate a livello nazionale dal Ministero per lo sviluppo economico sulla base dei criteri stabiliti dall’AGCOM e a livello regionale e locale dai competenti organi delle regioni e delle province; si tratta, ai sensi dell’articolo 15 (per gli operatori di rete) e 16 (per i fornitori di servizi) del TUSMAR, di auto- rizzazioni generali, che si esplicitano in procedure di silenzio assenso, analoghe a quelle previste per gli operatori nel settore delle comunicazioni elettroniche, ai sensi dell’articolo 25 del codice delle comunica-

zioni elettroniche, di cui al decreto legi- slativo n. 259 del 2003. Le autorizzazioni generali previste dall’articolo 15 hanno du- rata non superiore a venti anni e non inferiore a dodici.

Per i detentori delle autorizzazioni ge- nerali, i diritti d’uso delle frequenze elet- tromagnetiche vengono assegnate dal Mi- nistero dello sviluppo economico secondo criteri che il Testo unico (articolo 42) definisce pubblici, obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. Ciò avviene sulla base del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, predisposto dal Ministero e aggiornato ogni cinque anni, e del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale, predisposto dall’AGCOM sentito il parere delle regioni.

Il quadro legislativo italiano in mate- ria audiovisiva è stato chiamato nello scorso decennio a disciplinare il passag- gio, concluso nel luglio 2012, dalla tec- nologia analogica alla tecnologia del di- gitale terrestre. In base alla tecnologia del digitale terrestre, il segnale radiote- levisivo, una volta digitalizzato (ossia tra- sformato in una sequenza numerica), può essere trasmesso « compresso » sulle fre- quenze terrestri: la compressione del se- gnale audiovisivo permette di moltiplicare il numero di canali trasmessi contempo- raneamente da un’unica frequenza; con- seguentemente, ogni singola frequenza (o multiplex) può trasportare un numero elevato di canali televisivi.

Pertanto, il passaggio alla tecnologia del digitale terrestre ha determinato un « di- videndo digitale esterno » e un « dividendo digitale interno ».

Il « dividendo digitale esterno » è rap- presentato dalle frequenze in tecnica ana- logica liberate dal passaggio delle trasmis- sioni televisive alla tecnica digitale. I commi da 8 a 13 dell’articolo 1 della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) hanno destinato le frequenze nella banda da 790 a 862 Mhz (cd. « banda 800 Mhz ») alla telefonia mobile. La gara, conclusasi il 29 settembre 2011, ha fatto registrare un incasso complessivo per l’Erario di quasi 4 miliardi di euro (3.945.295.100 euro).

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Il « dividendo digitale interno » è invece rappresentato dalle frequenze in tecnica digitale terrestre disponibili per le trasmis- sioni televisive, in quanto non già assegnate agli operatori nazionali esistenti. L’articolo 3-quinquies del decreto-legge n. 16 del 2012 ha previsto che le frequenze siano assegnate mediante gara pubblica onerosa.

Le procedure per l’espletamento della gara sono state disciplinate dall’AGCOM con la delibera 277/13/Cons dell’11 aprile 2013.

La gara si è svolta nel giugno 2014 con l’assegnazione di uno dei tre lotti per un importo di poco più di 31 milioni di euro (31.626.000 euro).

L’articolo 3-quinquies del decreto-legge n. 16 del 2012 prevede inoltre l’approva- zione, con decreto del Ministro dello svi- luppo economico, sulla base dei criteri stabiliti dall’AGCOM, di un nuovo sistema di contribuzione per i diritti d’uso delle frequenze televisive, da applicare progres- sivamente a partire dal 1o gennaio 2013, superando il precedente sistema previsto dalla legge n. 488 del 1999 basato su un versamento annuale legato al fatturato del- l’operatore. I criteri in questione sono stati definiti dall’AGCOM con la delibera 494/

14/Cons.

Come segnalato dall’AGCOM nella de- libera 277/13/Cons, i criteri di assegna- zione e remunerazione delle frequenze ri- sultano rilevanti per l’esito della procedura di infrazione dell’Unione europea n. 2005/

2086, ancora aperta nei confronti dell’Ita- lia ed avente ad oggetto l’incompatibilità di alcune disposizioni della legge n. 112 del 2004 (« Norme di principio in materia di riassetto radiotelevisivo ») e del TUSMAR con la direttiva 2002/21/CE (« direttiva quadro »), la direttiva 2002/20/CE (« diret- tiva autorizzazioni ») e con la direttiva 2002/77/UE (« direttiva concorrenza »). Al riguardo la delibera ricorda che « nel pa- rere motivato del luglio 2007 la Commis- sione europea ha ritenuto la normativa nazionale in contrasto con il diritto comu- nitario nella misura in cui garantiva agli operatori già attivi in tecnica analogica una chiara e sostanziale protezione dalla con- correnza nel mercato radiotelevisivo digi- tale terrestre, escludendo la possibilità di

accesso al mercato delle trasmissioni in tecnica digitale ad imprese che non fossero già operanti in analogico e concedendo agli operatori già attivi in tecnica analogica le frequenze per le trasmissioni in tecnica digitale senza procedure obiettive, propor- zionate e non discriminatorie ».

In materia di assetto dello spettro fre- quenziale italiano sono inoltre recente- mente intervenute specifiche disposizioni del decreto-legge n. 145 del 2013 (cd. « DL destinazione Italia ») e della legge di sta- bilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

In particolare, i commi 8, 9 e 9-bis dell’articolo 6 del decreto-legge n. 145 del 2013, come modificati da ultimo dai commi da 146 a 148 dell’articolo unico della legge di stabilità 2015, prevedono l’esclusione da parte di AGCOM dalla pia- nificazione ed il rilascio, entro il 30 aprile 2015, delle frequenze del servizio digitale terrestre che abbiano causato situazioni di interferenza con i Paesi confinanti (comma 8), nonché un indennizzo per gli operatori interessati (comma 9) e l’obbligo dei tito- lari di diritti d’uso delle frequenze radio televisive locali di cedere almeno un pro- gramma agli operatori locali che abbiano volontariamente rilasciato le frequenze o a cui sia stato revocato il diritto d’uso (comma 9-bis).

I commi 144 e 145 dell’articolo unico della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) prevedono inoltre l’avvio da parte di AGCOM delle procedure per l’as- segnazione di diritti d’uso di frequenze radioelettriche della banda 1452-1492 MHz (cd. « banda L »), banda da destinare ai servizi di comunicazione elettronica mo- bili per applicazioni Supplemental Down Link (cioè le tecnologie che consentono agli operatori di aumentare la velocità di download su rete mobile; attualmente la

« banda L » è destinata per la TV su piat- taforma mobile senza tuttavia che gli ope- ratori la utilizzino in concreto per tale servizio).

Il TUSMAR prevede anche una disci- plina anticoncentrazione (articolo 43).

Questa individua limiti al cumulo dei pro- grammi ed alla raccolta delle risorse, que- sti ultimi calcolati innovativamente in rap-

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porto ai ricavi dei settori che compongono il « sistema integrato delle comunicazioni » (SIC, ossia settore economico che com- prende la stampa quotidiana e periodica, l’editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet, radio e televi- sione, cinema, pubblicità esterna, iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni). In particolare, la legge prevede che un medesimo fornitore di con- tenuti, anche attraverso società controllate o collegate, non possa essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffon- dere più del 20% del totale dei programmi (rispettivamente, televisivi o radiofonici), irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale, mediante le reti previste dal piano nazionale di assegnazione delle fre- quenze in tecnica digitale. Si prevede inol- tre che il limite alla raccolta delle risorse del sistema integrato delle comunicazioni sia individuato nel 20% dei ricavi comples- sivi e che gli organismi di telecomunica- zioni i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni siano superiori al 40%

dei ricavi complessivi di quel mercato non possano conseguire ricavi superiori al 10%

dei ricavi del settore integrato delle comu- nicazioni. Merita segnalare che da ultimo il decreto-legge n. 63 del 2012 ha incluso nei ricavi rilevanti anche quelli derivanti dalla pubblicità on line e sulle diverse piattaforme anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione, e dalla utilizzazione delle opere cinemato- grafiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico. È fatto infine divieto ai sog- getti che esercitano l’attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piatta- forma, i quali conseguono ricavi superiori all’8% del SIC, e alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che de- tengono una quota superiore al 40% dei ricavi di detto settore, di acquisire parte- cipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove im- prese editrici di quotidiani, esclusi i quoti- diani diffusi unicamente in modalità elet- tronica. Tale divieto, inizialmente previsto sino al 31 dicembre 2010, è stato da ultimo

prorogato al 31 dicembre 2015 dall’articolo 3 del decreto-legge n. 192 del 2014.

Il TUSMAR ha anche rivisto la disci- plina del servizio pubblico radiotelevisivo (articoli 45-49). Il TUSMAR (articolo 49) ha confermato l’affidamento di tale servi- zio mediante concessione fino al 6 maggio 2016 alla società RAI SpA (a totale azio- nariato pubblico: 99,56% Ministero del- l’economia; parte rimanente SIAE). L’arti- colo 49 non fornisce peraltro indicazioni sulle modalità di rinnovo della concessione per il periodo successivo al 2016. I rapporti tra Stato e RAI per l’erogazione del ser- vizio pubblico sono regolati da contratti di servizio pubblico di durata triennale. Il contratto di servizio pubblico radiotelevi- sivo per il periodo 2013-2015 (atto n. 31) è stato esaminato dalla Commissione par- lamentare per l’indirizzo generale e la vi- gilanza sui servizi radiotelevisivi, che ne ha concluso l’esame il 7 maggio 2014.

In materia, il TUSMAR ha poi intro- dotto l’obbligo per la società concessiona- ria di destinare i ricavi derivanti dal gettito del canone ai soli oneri sostenuti per la fornitura del servizio pubblico, preve- dendo, a tale scopo, la tenuta di una con- tabilità separata, soggetta al controllo di una società di revisione in posizione di indipendenza.

Il TUSMAR è anche intervenuto in ma- teria di organizzazione e amministrazione della società RAI, con la modifica della composizione e della procedura di nomina dei membri del consiglio di amministra- zione e del collegio sindacale, nonché della procedura di nomina del presidente, pre- vedendo meccanismi di tutela delle mino- ranze. Il consiglio di amministrazione è composto da nove membri; la Commis- sione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi in- dica sette membri eleggendoli con il voto limitato a uno; i restanti due membri, tra cui il presidente, sono invece indicati dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il presidente del consiglio di amministra- zione è nominato previo parere favorevole espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti della Commissione.

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Le previsioni in materia di disciplina dei servizi di media audiovisivi recate, a livello di Unione europea, dalla direttiva 2007/65/CE, sono state recepite nell’ordi- namento nazionale con il decreto legisla- tivo n. 44 del 2010, che ha ampiamente modificato il TUSMAR.

In particolare, il decreto legislativo ha previsto quote di riserva a favore della diffusione di opere europee indipendenti degli ultimi cinque anni (10% degli introiti netti annui per le emittenti televisive pri- vate, compresa la pay per view, e 15% per la RAI).

Il decreto legislativo n. 44 del 2010 ha anche previsto la predisposizione da parte di AGCOM di un piano di numerazione automatica dei canali della televisione di- gitale terrestre. In materia, al termine di un lungo contenzioso, la sentenza n. 4541/

2014 dell’8 settembre 2014 del Consiglio di Stato, rigettando anche i ricorsi per revo- cazione, ha definitivamente confermato l’annullamento del piano approvato da AGCOM con la delibera n. 366/10/Cons, che era stato disposto con la sentenza n. 4660/2012 del 31 agosto 2012. Alla pre- disposizione del piano dovrà ora procedere un commissario « ad acta », nominato dallo stesso Consiglio di Stato, in sede di ottem- peranza, con la sentenza n. 6021/2013 del 16 dicembre 2013.

Il decreto legislativo n. 44 del 2010 ha infine previsto l’imposizione ai servizi di media audiovisivi del rispetto dei diritti di autore nonché l’attribuzione all’ AGCOM del potere di emanare disposizioni regola- mentari in materia. In attuazione di tale disposizione l’AGCOM ha adottato, con la delibera 680/13/Cons del 12 dicembre 2013, il regolamento per la tutela del diritto d’au- tore sulle reti di comunicazione elettronica, entrato in vigore il 1oaprile 2014.

La questione è stata da ultimo rimessa alla Corte costituzionale dal TAR del Lazio con due diverse ordinanze pubblicate il 26 settembre 2014, nell’ambito di ricorsi con i quali veniva chiesto l’annullamento dello stesso regolamento. Il TAR, pur giudicando infondate nel merito le censure rivolte ai poteri dell’AGCOM in esso previsti, in par- ticolare gli strumenti amministrativi di ra-

pido intervento per le violazioni su Inter- net, ha tuttavia rimesso alla Corte costi- tuzionale la questione di legittimità in re- lazione ad alcuni articoli del decreto legislativo n. 70 del 2003 (decreto sul

« commercio elettronico ») e del TUSMAR sulla base delle quali è stato emanato il regolamento. Il TAR nelle ordinanze ri- tiene tra le altre cose che la legislazione vigente attribuisca ad AGCOM, in veste di amministrazione vigilante come previsto dalla legge, il potere di adottare provvedi- menti recanti l’ordine di rimozione dei contenuti del web o di oscuramento dei siti immediatamente precettivi nei confronti degli operatori della rete. Le ordinanze segnalano tuttavia la tendenziale non coin- cidenza, rispetto ai soggetti che hanno ef- fettivamente violato il diritto d’autore, dei soggetti destinatari del gravoso ordine am- ministrativo di rimozione dei contenuti dalla rete o di oscuramento dei siti (gli operatori e gli utenti del web), con il coin- volgimento di altri diritti costituzional- mente protetti, quale la libertà di manife- stazione del pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione. In altre parole, secondo la valutazione del TAR in sede di rimes- sione alla Corte costituzionale, la legisla- zione vigente non consentirebbe un’ade- guata ponderazione fra i diversi interessi costituzionalmente protetti, risultando la norma imperniata solo sulla necessità di adeguatezza e tempestività dell’intervento.

3. Gli elementi emersi nell’indagine: il con- testo tecnologico, le iniziative de jure condendo dell’Unione europea e il settore dei media audiovisivi in Italia.

3.1. Il processo di convergenza.

Il quadro normativo che si è fin qui ricostruito appare, questa è la valutazione unanime dei soggetti auditi nel corso del- l’indagine, fortemente messo in discussione dagli sviluppi della tecnologia del settore, sviluppi che appaiono caratterizzati dal fenomeno della convergenza.

La consultazione bandita dalla Com- missione europea, sopra richiamata, defi-

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nisce la convergenza come la fusione progressiva tra i servizi tradizionali di emittenza televisiva e Internet, da cui emergono molteplici possibilità di visione:

dai televisori a cui è aggiunta la con- nettività a Internet (entro il 2016 la maggioranza delle famiglie che vivono nell’Unione europea, secondo le indica- zioni contenute nello stesso libro verde, sarà in possesso di un televisore dotato di connettività) alla fruizione dei conte- nuti audiovisivi mediante computer fissi e portatili, tablet, smartphone e altri dispo- sitivi mobili.

L’indagine conoscitiva in corso da parte di AGCOM in vista della redazione di un libro bianco sulla Televisione 2.0 nell’era della convergenza rileva come nel 2013 oltre il 30% degli apparecchi televisivi di- stribuiti in tutto il mondo appartenga alla categoria delle smart tv. Si tratta cioè di apparecchi con funzioni che ne rendono possibile la connessione immediata, tra- mite collegamento wi-fi o ethernet, a una rete a banda larga, oltre che alle reti broadcasting tradizionali. Le smart tv met- tono quindi sostanzialmente sullo stesso livello la fruizione di servizi on line e di quelli televisivi tradizionali. Ciò avviene attraverso standard tecnologici, come l’MHP (Multimedia Home Platform) e l’HB- BTV (Hybrid-Broadband-Broadcasting TV) che consentono la diffusione di entrambe le tipologie di contenuti (on line e broa- dcasting).

In Italia, nel 2013, il 17% della popo- lazione risulta in possesso di una smart tv;

valori analoghi si registrano nel Regno Unito (17%), in Spagna (16%) e in Germa- nia (19%), mentre più bassa risulta la diffusione di queste apparecchiature in Francia (12%) e negli USA (12%).

Per quanto riguarda l’utilizzo, sempre sulla base dei dati AGCOM relativi al 2013, si registra peraltro che l’85% degli utenti seguono i programmi televisivi mediante apparecchi tradizionali, il 35% utilizza la TV satellitare, il 20% dichiara di guardare la TV utilizzando un computer (fisso o portatile), mentre guardano la TV utiliz- zando le possibilità di connessione ad In- ternet delle smart tv soltanto l’8% degli

utenti e usano lo smartphone o il tablet rispettivamente il 7% e il 6% degli utenti.

Questi ultimi dati dimostrano, come rile- vato dall’AGCOM, che un’ampia fetta di utenti, pur essendo in possesso di appa- recchiature all’avanguardia, come è il caso delle smart tv, non usano o usano assai raramente le caratteristiche specifiche di tali strumenti.

Inoltre, come segnalato nel corso del- l’indagine da Fastweb, si registra un’asim- metria di sviluppo tra USA ed Europa occidentale: se negli USA il traffico video rappresenta il 78% del traffico Internet totale (con il 49% per il traffico video in alta definizione), in Europa occidentale la percentuale del traffico video scende al 59% e quella del traffico video in alta definizione è al 37%. In Italia la percen- tuale di traffico video in alta definizione su Internet scende al 16%.

Il processo tecnologico di convergenza ha dato vita, osserva l’indagine AGCOM, a diverse piattaforme idonee a veicolare sia contenuti on line sia broadcasting. In particolare, Internet Protocol Television (IPTV) è il termine usato per il segnale televisivo e/o audiovisivo che viene distri- buito ai sottoscrittori/utenti usando il protocollo Internet. La IPTV è trasmessa su una rete a banda larga che, control- lata direttamente dal service provider (operatore delle telecomunicazioni o ope- ratore televisivo), opera sulla base di livelli garantiti (almeno a livello minimo) di qualità del servizio.

Dalla IPTV si distingue la Web TV che infatti è trasmessa direttamente sulla rete Internet e non può essere quindi control- lata direttamente da un service provider.

Una fattispecie ancora diversa è rap- presentata dagli Over The Top television (OTT). Con questa espressione si fa rife- rimento a quelle piattaforme televisive o audiovisive gestite da società i cui servizi sono primariamente veicolati attraverso infrastrutture di rete di terzi e che in tal senso agiscono al di sopra (over the top) delle reti.

A livello internazionale sono proprio gli OTT ad apparire in grande espansione, come segnalato dalla continua crescita

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di piattaforme come Youtube (acquistata nel 2006 da Google), per la condivisione di filmati, Netflix, per la fornitura in strea- ming di film e altro materiale audiovisivo, Google Play, come servizio di video on demand. A questi operatori si devono ag- giungere operatori over the top ibridi, come Apple, Amazon, Microsoft, Samsung, che provengono da altre attività (come la pro- duzione di hardware o di software), ma che conseguono quote crescenti di profitto dalla diffusione di contenuti audiovisivi on line. Si tratta di un’espansione che testi- monia l’affermazione di modelli di busi- ness sempre più content-oriented e volti anche allo sfruttamento dei big data e delle nuove tecniche di profilazione dell’au- dience, che è consentita dall’evoluzione tec- nologica e dalla struttura verticalmente integrata di molte società che operano nel settore, assommando funzioni di motore di ricerca e di prestazione di servizi di diversa natura (ad esempio Google). La fornitura dei medesimi servizi su dispositivi mobili rende ancora più agevole la profilatura dell’utente.

3.2. Le risposte all’evoluzione tecnologica:

la fase de jure condendo dell’Unione europea.

Come emerso nell’indagine, l’evoluzione tecnologica in corso risulta centrale nelle proposte legislative attualmente all’esame delle istituzioni UE.

Come già si è accennato, il recente libro verde sui media audiovisivi prospetta in- terventi di assoluta rilevanza come l’adat- tamento della definizione dei fornitori di servizi di media audiovisivi in modo da includervi i soggetti (come gli OTT) attual- mente esclusi. Il Libro verde prospetta anche l’attribuzione di un significativo spa- zio, nella disciplina della materia, all’au- toregolamentazione e alla coregolamenta- zione. Il Libro verde invita inoltre ad ap- profondire se non sia opportuno un inter- vento delle autorità pubbliche sui meccanismi di filtraggio predefiniti, per esempio nei motori di ricerca, per evitare l’eventuale interferenza dei fornitori delle

piattaforme web con le scelte degli utenti.

Altri temi all’attenzione del legislatore eu- ropeo attengono alle modalità per garan- tire l’accesso, in un ambiente tecnologico

« convergente », ai contenuti di interesse generale e per garantire un’adeguata tutela delle opere indipendenti europee.

Alla materia audiovisiva si collegano poi le proposte legislative già in itinere conte- nute nel pacchetto « Continente connesso ».

In particolare, la proposta di regolamento che stabilisce misure riguardanti il mer- cato unico europeo delle comunicazioni elettroniche (articolo 23) da un lato fissa il diritto di tutti gli utenti ad un accesso aperto ad Internet, dall’altro prevede la possibilità per gli operatori di differenziare l’offerta con servizi di qualità superiore rispetto all’Internet access (paid prioritiza- tion) ma a patto che questo non pregiu- dichi la normale qualità di quei servizi di accesso di base. Per il traffic management, si fissa il principio dell’eguale trattamento di tutto il traffico ma al contempo si ammette la possibilità di misure ragione- voli di gestione del traffico, subordinandole però ad alcune circostanze di carattere specifico ed eccezionale. Si tratta di pro- poste che hanno suscitato un ampio dibat- tito, in particolare per quanto riguarda l’esigenza di garantire la neutralità della rete.

Il tema della neutralità della rete è affrontato dal legislatore dell’Unione euro- pea in connessione con quello della rego- lamentazione degli OTT. Il ruolo attivo delle istituzioni UE a tutela di una rete aperta, libera e non discriminatoria è in- fatti giustificato anche dall’esigenza di evi- tare che eventuali accordi diretti tra ope- ratori e OTT creino barriere finanziarie per i nuovi entranti, a detrimento dell’in- novazione che è all’origine dello sviluppo di Internet.

Da ultimo, la Commissione europea, in data 6 maggio 2015, ha adottato la comu- nicazione Strategia per un mercato unico digitale in Europa, con cui si annuncia la presentazione di una riforma della diret- tiva sui servizi dei media audiovisivi in modo da prevedere, per tutti gli operatori del mercato audiovisivo (con una specifica

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attenzione ai nuovi modelli di diffusione dei contenuti), un unico quadro regolato- rio, in particolare per quanto concerne la promozione delle opere europee, la prote- zione dei minori e la pubblicità.

La strategia annuncia anche, entro la fine del 2015, la pubblicazione di un’analisi dettagliata sul ruolo delle piattaforme on line (quali motori di ricerca, social media, app store); tale analisi affronterà, tra gli altri aspetti, anche quelli relativi alla man- canza di trasparenza dei risultati di ricerca e delle politiche in materia di prezzi e alle relazioni tra piattaforme e fornitori.

3.3. Il mercato audiovisivo in Italia.

Nel contesto italiano, l’evoluzione tec- nologica in atto si è andata a sovrapporre con la transizione della trasmissione tele- visiva alla tecnologia del digitale terrestre.

L’indagine conoscitiva ha consentito di

« fotografare » l’assetto del sistema audio- visivo all’esito di questo processo.

In base ai dati forniti alla Commissione da Confindustria Radio TV, il settore ra- diotelevisivo esprime (anno 2012) un valore economico pari a 9,5 miliardi di fatturato, dà lavoro a 30.000 addetti diretti, oltre a circa 90.000 nell’indotto. Ammontano ad oltre 2 miliardi gli investimenti della TV nella produzione indipendente negli ultimi quattro anni. Sono 192 i canali/servizi na- zionali. Nelle TV nazionali un dipendente su dieci è giornalista professionista, mentre nelle TV locali lo è uno su tre.

Ulteriori dati sono stati forniti da AGCOM. Sulle dimensioni economiche complessive del settore la pubblicità rac- colta attraverso i media audiovisivi e ra- diofonici tradizionali rappresenta ancora la quota assolutamente preponderante, mentre risulta in crescita la raccolta pub- blicitaria on line (8% del totale delle ri- sorse). Di poco inferiore è l’incidenza delle offerte a pagamento, mentre il peso del canone televisivo incide per il 20%.

La raccolta pubblicitaria nel suo com- plesso incide per il 40%. Come rilevato dall’indagine conoscitiva svolta dall’Auto-

rità nel 2012 il settore registra un elevato livello di concentrazione nella raccolta pubblicitaria per l’esistenza di un sistema di relazioni triangolari tra inserzionisti, centri media e broadcaster, che incide ne- gativamente sul funzionamento del mer- cato.

Più in generale, l’AGCOM ha segnalato l’elevato grado di concentrazione nel set- tore audiovisivo italiano. Oltre il 90% di tutti i ricavi televisivi risulta detenuto da tre soggetti: Sky, con una posizione di assoluta leadership nella televisione a pa- gamento (con una quota di mercato di oltre il 75% nella TV a pagamento), RAI e Mediaset (con una quota di mercato di oltre l’85% nella TV free). Altri operatori nuovi entranti nella TV digitale terrestre come il gruppo Cairo (La7 e La7d) e Di- scovery raggiungono comunque quote di ascolti non marginali, a testimonianza di un ampliamento dell’offerta conseguente all’introduzione del digitale terrestre.

L’AGCOM ha anche segnalato alla Com- missione come la televisione in chiaro si configuri ancora come l’unico mezzo in grado di raggiungere tutte le fasce della popolazione, indipendentemente dalla loro connotazione sociale, economica, culturale e geografica.

Nel panorama italiano, il mezzo televi- sivo classico rimane lo strumento ancora prevalente di intrattenimento e comunica- zione mentre Internet si candida ormai a diventare il secondo mezzo di intratteni- mento (scavalcando la radio) e di infor- mazione (scavalcando i giornali), in una situazione caratterizzata in particolare dalla crisi della comunicazione a stampa.

Come già si è accennato le smart tv occupano in Italia allo stato solo il 17% del mercato (e solo il 16% del traffico Internet è rappresentato da contenuti video in alta definizione). In Italia, infatti, i tradizionali fornitori di contenuti audiovisivi, sempre in base alle risultanze dell’indagine AGCOM, appaiono ancora occupare una posizione prevalente nel panorama com- plessivo dell’offerta di contenuti audiovi- sivi. I medesimi fornitori hanno peraltro avviato iniziative nel settore delle nuove tecnologie. Attraverso IPTV Mediaset ha

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lanciato l’offerta « Infinity », svincolata dal- l’offerta pay-tv tradizionale e utilizzabile da qualsiasi terminale connesso ad Inter- net. Sky ha la propria offerta on demand e anche Telecom Italia opera mediante IPTV. Tuttavia l’offerta di IPTV in Italia appare ostacolata dalla forte offerta di televisione generalista e di televisione sa- tellitare pay. Un riscontro di queste diffi- coltà può essere individuato nel fatto che nella gara indetta dalla Lega Calcio per i diritti in esclusiva relativi alla trasmissione mediante Internet delle partite del cam- pionato per gli anni 2015-2018 non sono pervenute manifestazioni di interesse, neanche da parte degli OTT.

4. Gli elementi emersi dall’indagine: profili problematici.

Da quanto si è fin qui esposto, emerge chiaramente come il processo di evolu- zione tecnologica in atto vada nella dire- zione di un superamento della distinzione tra comunicazioni elettroniche e media audiovisivi, distinzione sulla quale si è in- vece fin qui fondato l’assetto normativo.

L’indagine conoscitiva ha fatto chiara- mente emergere i delicati problemi di re- golazione del settore che questa evoluzione pone, in coerenza con le valutazioni delle istituzioni dell’Unione europea in materia.

In generale, il Parlamento europeo nel suo rapporto The Challenges of connected TV (2013) ha indicato questi principali

« temi regolamentari »: tutela della privacy (in relazione alla data retention, alla tutela dei minori, alla diffamazione, al diritto di replica e al diritto all’oblio); profili anti- trust (possibili abusi di posizione domi- nante o di discriminazione di prezzo de- rivanti dall’integrazione verticale di forni- tori di contenuti o dall’aspirazione al con- solidamento sul mercato, attraverso la distribuzione di contenuti premium, dei player OTT); tutela delle produzioni comu- nitarie (ruolo delle produzioni originali dei player OTT non europei e capacità dei player tradizionali di investire nei conte- nuti alla luce della crescita del consumo

non lineare); accesso e visibilità dei con- tenuti (listing dei contenuti e posiziona- mento possono influenzare, specie sui mo- tori di ricerca, l’accesso ai contenuti da parte degli utenti finali); standard tecnici ed interoperabilità (l’alta frammentazione degli standard e delle soluzioni tecnologi- che potrebbe comportare problemi di in- teroperabilità per le smart tv).

Con riferimento più specifico ai temi oggetto dell’indagine, i problemi in que- stione sono opportunamente indicati dagli esiti della consultazione pubblica sul Libro verde Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori avviata dalla Commissione euro- pea.

In base a tali esiti, in realtà, solo un piccolo numero di autorità pubbliche allo stato risulta favorevole ad una revisione della differenza di regolamentazione pre- vista dalla direttiva per i servizi lineari e non lineari (cosiddetto approccio gra- duato). I favorevoli alla revisione in alcuni casi optano per una liberalizzazione dei servizi lineari (per esempio con l’elimina- zione dei limiti quantitativi alla pubblicità), mentre in altri casi richiedono il livella- mento verso l’alto dei servizi non lineari (per esempio aumentando gli standard di protezione per i minori). Altre autorità pubbliche sostengono l’attuale approccio graduato, non registrando distorsioni del mercato o ritenendo che servizi lineari e non lineari appartengano a mercati sepa- rati. Il settore privato ha opinioni miste, con una tendenza a sostenere l’attuale differenza di regolamentazione. Alcuni soggetti richiedono una regolamentazione più stringente del lineare da applicare sol- tanto a pochi servizi di interesse generale (vedi le news) o a quelli con maggiore audience.

Sull’opportunità di un intervento delle autorità pubbliche sui meccanismi di fil- traggio predefiniti, alcuni fra autorità sta- tali, regolatori e altri soggetti interessati sono favorevoli alla possibilità di un in- tervento pubblico, senza tuttavia specifi- care nel dettaglio a quale livello debba essere condotto. In generale, gli esiti della consultazione propongono di puntare sulla

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trasparenza del meccanismo di funziona- mento del filtraggio. Altri considerano il quadro giuridico attuale sufficiente. Altri ancora vedono in un’azione del genere un potenziale pericolo per la libertà dei media ed il pluralismo e suggeriscono che questi temi siano affrontati dalla comunità dei tecnici e dal mercato.

4.1. Le conseguenze della « rivoluzione tec- nologica »: regolamentazione degli OTT;

neutralità della rete e tutela del diritto d’autore on line.

Tra i temi sopra richiamati, nel corso dell’indagine conoscitiva ha trovato in primo luogo spazio quello della regolamen- tazione degli OTT. Si tratta di un aspetto che peraltro si colloca all’interno della più ampia riflessione sulla tutela dei diritti in Internet, oggetto di riflessione nell’ambito dell’apposita Commissione di studio isti- tuita dalla Presidenza della Camera. Que- sta riflessione ha un’importanza fonda- mentale per gli sviluppi della vita demo- cratica, come testimoniato dalle diverse proposte, presentate su iniziativa parla- mentare, di inserire nella Parte Prima della Costituzione il diritto di accesso gratuito e universale alla rete.

Per quanto attiene agli aspetti oggetto dell’indagine conoscitiva, numerosi soggetti intervenuti nell’indagine (Rai, Mediaset, Sky, Confindustria digitale, Confindustria Radio-TV, Viacom) hanno infatti segnalato come, per quanto la televisione rimanga di gran lunga il principale mezzo di intrat- tenimento e di informazione, operatori OTT quali Google, Amazon, Netflix ed Ap- ple si trovano a competere con i tradizio- nali operatori televisivi da una posizione di vantaggio che attiene anche a specifici aspetti regolamentari. Ciò in un contesto in cui peraltro, come rilevato da AGCOM, le condizioni di offerta mostrano anche se- gnali di aumento della concorrenza tra servizi lineari e non lineari, che offrono sullo stesso schermo lo stesso contenuto allo stesso pubblico. Il quadro complessivo prefigura pertanto un « abbattimento dei confini » tra le diverse modalità di diffu-

sione di contenuti audiovisivi, con la con- seguenza di rendere necessaria una nuova individuazione del « mercato rilevante » sotto il profilo della concorrenza e del pluralismo (su tale punto ha convenuto anche IT-Media Consulting).

In proposito, Wind e Telecom hanno sottolineato come tutti i principali opera- tori del settore audiovisivo si stiano accor- dando con i principali player di telecomu- nicazioni per veicolare offerte cd. « 4-play » (telefonia fissa, mobile, Internet e televi- sione), caratterizzate da contenuti via via crescenti. Esperienze in tal senso sono state citate anche nelle audizioni di Sky (che ha creato l’offerta « Sky on demand ») e di Mediaset (che ha creato « Infinity »).

Una valutazione critica su queste ultime offerte è stata avanzata da Fastweb che ha rilevato il rischio che si tratti di operazioni

« di carattere difensivo », non finalizzate a sviluppare un mercato di video on demand, bensì ad evitare la cannibalizzazione delle proprie offerte principali e a tutelare la fonte principale di ricavo, attraverso of- ferte che risulterebbero spesso « timide o poco pubblicizzate, in ogni caso non fina- lizzate a conquistare ampie fette di pub- blico ma più che altro ad occupare uno spazio di mercato ».

In questo quadro gli operatori OTT non sono vincolati dalle medesime norme pre- viste per i broadcaster tradizionali in tema di autorizzazioni, quote di investimento e produzione, tutela dei minori e tetti pub- blicitari. L’AGCOM ha segnalato, sulla base dei risultati della recente indagine cono- scitiva sul settore dei servizi di Internet e sulla pubblicità on line, la struttura ten- denzialmente oligopolistica dei diversi mercati ove si muovono i maggiori opera- tori del web, sia nei mercati a monte (sistemi operativi, browser, device fissi e mobili) sia nei mercati a valle (search, social, raccolta pubblicitaria on line, e- commerce); si registra inoltre un incessante processo di integrazione verticale che ri- sponde ad una strategia di platform enve- lopment, in cui l’acquisizione dei dati per- sonali degli utenti costituisce sempre più l’asset strategico essenziale. Più in gene- rale, si delinea una tendenza alla creazione

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di « walled garden », di modelli chiusi ba- sati sullo sviluppo di interfacce proprieta- rie, in cui coloro che creano o gestiscono i portali hanno il potere di decidere a monte quali contenuti veicolare e a quali di essi garantire priorità attraverso le fun- zioni di filtraggio e di ricerca.

A questo si collegano, come eviden- ziato nel corso dell’indagine, in partico- lare dal gruppo « L’Espresso », le conse- guenze sul mercato pubblicitario deri- vanti dalla gestione da parte di OTT, come Google o Facebook, dei dati per- sonali degli utenti. Si tratta del program- matic advertising, o « pubblicità automa- tizzata », vale a dire la vendita in tempo reale attraverso aste (Real-Time Bidding) di spazi pubblicitari destinati ad utenti

« profilati » (dei quali cioè si conoscono già, ad esempio attraverso le ricerche svolte dall’utente stesso su motori di ricerca, gusti e preferenze). Per gli in- serzionisti il vantaggio è di pagare solo per il pubblico che vogliono raggiungere, evitando sprechi, con effetti di « spiazza- mento » rispetto al tradizionale mercato pubblicitario sui media audiovisivi.

L’AGCOM ha altresì segnalato come l’operato degli OTT ponga profili proble- matici anche rispetto al principio di ter- ritorialità dei contenuti audiovisivi tra- smessi on line: questi infatti, anche se destinati al mercato UE sono spesso ori- ginati in mercati extra-UE, con la conse- guente possibile elusione di obblighi fiscali e di altra natura.

Al riguardo, Sky ha quindi proposto una nuova complessiva « regolamentazione leggera » che coinvolga sia gli operatori OTT sia i broadcaster tradizionali. Anche Discovery Italia ha rilevato che sia gli ope- ratori tradizionali sia i nuovi entranti si muovono ormai in un unico mercato per il quale è necessario prevedere una nuova normativa unica.

Sull’altro versante, Google Italy nella sua audizione ha concordato sull’esigenza di una nuova « regolamentazione leggera » per tutti i contenuti audiovisivi che si

« muovono » nell’ambiente digitale, richia- mando le valutazioni dell’ex-commissario Kroes sulle opportunità offerte, in un set-

tore caratterizzato dalla rapida evoluzione tecnologica, dagli strumenti di autoregola- mentazione e coregolamentazione (l’im- portanza della coregolamentazione è stata segnalata anche da Confindustria digitale).

Google Italy ha comunque sottolineato il carattere pluralistico di Internet, per cui il motore di ricerca della società USA rap- presenta comunque solo uno dei possibili strumenti di accesso ai contenuti, in con- correnza con l’accesso diretto ai siti o con le apps. Inoltre, la società ha sottolineato il valore positivo, nell’ottica di promozione del pluralismo, rappresentato dalla mag- giore facilità di accesso alla produzione e diffusione di contenuti audiovisivi che Google, attraverso la sua controllata You- tube, garantisce. Nell’audizione, Google Italy si è anche espressa sulla risoluzione del Parlamento europeo del 27 novembre 2014, che ha segnalato l’esigenza, ai fini di tutelare la concorrenza sulla rete, di una separazione societaria tra l’attività di Goo- gle come motore di ricerca (settore nel quale detiene una posizione dominante) e le altre attività commerciali del gruppo. In proposito, Google Italy, nel segnalare la necessità di attendere comunque le con- clusioni dell’indagine avviata dalla Com- missione europea sul punto (in realtà aperta fin dal 2010), ha rilevato di non ritenere necessario l’applicazione nel set- tore di strumenti antitrust, sostenendo che, in un comparto caratterizzato da un alto tasso di innovazione, sono pressoché ine- sistenti barriere all’ingresso di nuovi ope- ratori. Al riguardo deve essere peraltro segnalato che l’indagine nei confronti di Google ha conosciuto un significativo svi- luppo il 15 aprile 2015 con l’addebito formale, da parte della Commissione eu- ropea alla società, di un presunto abuso di posizione dominante da parte dell’azienda sui mercati dei servizi generali di ricerca on line nello Spazio economico europeo (SEE). Secondo la Commissione, Google favorirebbe sistematicamente il proprio prodotto per gli acquisti comparativi nelle sue pagine generali che mostrano i risultati delle ricerche. La formalizzazione delle

« accuse » nei confronti di Google non pre- giudica comunque l’esito dell’indagine.

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Il tema della regolamentazione degli OTT si collega, come si è visto in prece- denza, a quello della neutralità della rete.

In proposito, l’Accademia italiana del co- dice di Internet ha osservato come, rispetto alla proposta di regolamento UE, un ap- proccio più netto in difesa della neutralità della rete sia stato espresso dalla Federal Communications Commission USA che ha deciso di regolare l’accesso alla banda larga come un servizio di telecomunica- zione sotto il Telecommunication Act del 1934. Questo significa il superamento della precedente regolazione USA, che invece ammetteva la paid prioritization, conside- rata ora contraria alla garanzia di un Internet veloce, equo e aperto per tutti.

Sul tema, tra i soggetti auditi, Wind ha invitato ad un approccio non ideologico, segnalando la necessità di una gestione intelligente del traffico secondo logiche di ottimizzazione, mentre Confindustria digi- tale ha sostenuto che la fornitura attra- verso la rete di livelli specifici di qualità per l’utente finale sulla base di accordi fra i diversi soggetti coinvolti nella fornitura di applicazioni/servizi/contenuti può avvenire liberamente, a condizione però che sia garantito per tutti un livello adeguato di qualità dell’accesso Internet. Assoprovider ha sottolineato invece l’esigenza di una forte difesa della neutralità della rete.

Nell’indagine è chiaramente emersa in- fine la preoccupazione per la tutela del diritto d’autore nel nuovo ambiente tecno- logico determinato dall’« abbattimento dei confini » tra televisione, Internet e telefo- nia.

La crescita di Internet e la convergenza hanno infatti portato con sé un’esplosione della pirateria informatica e del fenomeno, diverso per dimensioni e modalità, ma altrettanto dannoso negli effetti, dello sfruttamento commerciale abusivo tramite Internet di contenuti che dovrebbero in- vece essere protetti sulla base della nor- mativa a tutela della proprietà intellettuale e del diritto d’autore. Si tratta di attività che arrecano danni economici pesantis- simi, in particolare, agli investimenti nella produzione di contenuti, con la conse- guenza di disincentivare l’impegno del set-

tore televisivo nella realizzazione di opere che abbiano rilevanza culturale. In base ai dati forniti alla Commissione dalla FAPAV, i ricavi persi in Italia nel 2011 a causa della pirateria informatica ammontano a 496 milioni di euro, mentre nel 2014 si sono registrate in media ogni giorno in Italia 1.239.000 visioni illecite di contenuti au- diovisivi.

L’AGCOM, sulla base di una specifica disposizione del TUSMAR che affida al- l’Autorità tale compito, ha adottato un regolamento volto a definire una proce- dura amministrativa, che, pur assistita dalle necessarie garanzie, permetta di tu- telare in modo efficace e rapido il diritto d’autore on line, contrastando la pirateria digitale. Per quanto l’iniziativa adottata da AGCOM abbia ricevuto, nel corso dell’in- dagine conoscitiva, numerosi apprezza- menti, molti soggetti auditi (FAPAV, SIAE, FIMI, associazioni datoriali e professionali, Mediaset, Sky, Confindustria Radio-TV, Viacom, CGIL-SLC, Vodafone) hanno invi- tato a porre in essere gli interventi neces- sari perché la protezione del diritto d’au- tore contro ogni forma di utilizzazione abusiva a mezzo Internet possa essere resa ancora più efficace, rapida e veramente tempestiva. Si è infatti osservato che pro- prio sulla base del presupposto per cui le tecnologie di trasmissione devono essere considerate come mezzi alternativi per vei- colare contenuti audiovisivi, occorre, quale che sia la tecnologia utilizzata, tutelare i diritti di esclusiva, a difesa di chi investe nella produzione e acquisizione di tali con- tenuti. Per questo, si è altresì sostenuto, che non possono essere condivise le pretese di limitazione di responsabilità di soggetti che sfruttano, per raccogliere pubblicità, contenuti audiovisivi su Internet, coperti da diritti di esclusiva.

Al tempo stesso, come segnalato tra gli altri da AGCOM, si pone l’esigenza di un adattamento al nuovo contesto tecnologico del concetto di responsabilità editoriale:

nel mondo della rete, infatti, il concetto di responsabilità editoriale tende a « sfu- mare » e tutta una serie di operatori ten- dono ad operare in « un’area grigia ». Nel corso dell’indagine è stata ad esempio evi-

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denziata la difficoltà di qualificare il tipo di responsabilità imputabile ad un motore di ricerca che pur non essendo editorial- mente responsabile in senso tradizionale dei contenuti veicolati attraverso le ricer- che, compie, attraverso i suoi algoritmi di funzionamento, scelte di priorità dei risul- tati della ricerca sempre più rilevanti (si consideri ad esempio la recente decisione di Google, poi ritirata, di non condividere pubblicamente immagini e video sessual- mente espliciti o che mostrano nudità sulla sua piattaforma di blog, Blogger, a meno che il contenuto non risulti di pubblica utilità, in un contesto artistico, didattico, documentario o scientifico).

4.2. La regolamentazione dei contenuti au- diovisivi.

L’indagine ha fatto poi emergere profili problematici specificamente connessi con la disciplina italiana dei contenuti audio- visivi. L’Accademia italiana per il codice di Internet ha sottolineato nella sua audi- zione la necessità di una modifica della disciplina del sistema integrato delle co- municazioni (SIC), in modo da individuare un ambito che contempli tutte le forme di informazioni via Internet (e sopprimere la previsione che sia inclusa nel SIC solo l’editoria elettronica). Anche Confindustria Radio-TV ha segnalato la necessità di un adattamento della normativa sul SIC alle mutate condizioni tecnologiche.

Sky ha inoltre contestato l’attuale di- sciplina dei tetti pubblicitari, che, in base al decreto legislativo n. 44 del 2010 pre- vede, senza che la direttiva 2007/65/CE lo richieda, limiti orari all’affollamento pub- blicitario differenziato per gli operatori a pagamento (12%) rispetto agli altri opera- tori « free » (18%). La proposta di Sky al riguardo è stata quella di allineare i tetti pubblicitari di tutti gli operatori privati, a pagamento e non, al 18% o, in alternativa, di elevarlo, come misura di stimolo, fina- lizzata a recuperare le risorse perdute a causa della crisi, al 20% (il limite massimo consentito dalla direttiva 2007/65/CE).

Altri soggetti intervenuti nell’indagine conoscitiva hanno invece rilevato che la differente disciplina in ordine all’affolla- mento pubblicitario è giustificata dal mo- dello commerciale della televisione a pa- gamento, per la quale l’utente versa un corrispettivo in cambio della fruizione del servizio.

Ad esempio, al contrario di quanto pro- posto da Sky, CGIL-SLC ha segnalato l’op- portunità di più stringenti tetti pubblici- tari, al fine di promuovere la concorrenza nel settore.

Altro profilo oggetto di attenzione nel corso dell’indagine è stato rappresentato dalla quota di investimenti da destinare alle opere europee realizzate da produttori indipendenti. A questo proposito, alcuni soggetti intervenuti in audizione (Confin- dustria Radio-TV, Viacom, editore di MTV Italia, Discovery Italia) hanno rilevato un’asimmetria tra la direttiva 2007/65/CE, che fa riferimento ad una quota del 10%

del bilancio destinato alla programma- zione, e la normativa italiana (articolo 44 del TUSMAR), che prevede invece il vin- colo più stringente del 10% degli introiti netti annui.

Di contro, l’associazione produttori te- levisivi ha rilevato la necessità di un in- cremento del sostegno economico alle pro- duzioni indipendenti. In questa ottica, do- vrebbe ad esempio essere soppressa l’esclu- sione, prevista a legislazione vigente, dal computo degli introiti netti delle somme derivanti da somme televisive a pagamento di programmi di carattere sportivo.

Sul tema l’AGCOM ha peraltro annun- ciato l’avvio di un’indagine conoscitiva (de- libera 20/2015/Cons) per valutare l’adegua- tezza e la coerenza dell’attuale quadro normativo e regolamentare in materia di

« quote europee », alla luce dello sviluppo delle nuove tecnologie.

Altro aspetto affrontato (in particolare da Fastweb e da Vodafone) è stato quello delle finestre di programmazione, ovvero il meccanismo per cui i diritti relativi a film e serie TV sono resi disponibili in periodi diversi per ciascuna piattaforma distribu- tiva. I diritti per le piattaforme non lineari di video on demand sono messi a disposi-

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zione tre o anche sei mesi dopo l’uscita del film nelle sale, determinando così « un’ar- tificiale » indisponibilità di contenuti che rischia di pregiudicare i risultati economici delle piattaforme video on demand.

In questo ambito di riflessione, alcuni soggetti auditi hanno infine sottolineato l’esigenza di una riforma di Auditel. Sky ha segnalato come la società di rilevazione degli ascolti abbia attualmente una gover- nance ed un assetto proprietario ritenuta eccessivamente squilibrata a vantaggio di Rai e Mediaset e ha, di conseguenza, pro- posto una rappresentanza paritaria, nella società, delle diverse componenti del lato della domanda e dell’offerta. A tal propo- sito si segnala che nel consiglio di ammi- nistrazione del 1o aprile scorso è stato deliberato l’aumento del numero dei con- siglieri e l’ingresso di rappresentanti di Discovery Italia e Sky.

Sul medesimo tema, Sky ha altresì ri- levato i limiti quantitativi delle rilevazioni effettuate da Auditel. Sullo stesso tema, anche Discovery Italia, pur apprezzando la recente decisione di Auditel di triplicare il campione delle famiglie da 5.000 a 15.000, ha osservato che sarebbe opportuno affi- dare il rilevamento degli ascolti ad una società o un ente che siano composti uni- camente da soggetti indipendenti (prospet- tando anche la possibilità di un coinvolgi- mento diretto dell’AGCOM) o, in alterna- tiva, ad una società che veda rappresentati al suo interno tutti gli editori del mercato.

Vodafone ha infine sottolineato l’esigenza di una riforma di Auditel che tenga conto dei dati di ascolto delle piattaforme tec- nologiche non televisive.

4.3. La concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo.

Una specifica attenzione è stata rivolta, nel quadro sopra descritto, alle caratteri- stiche della concessione per il servizio pub- blico radiotelevisivo. In proposito, RAI ha fornito elementi informativi sul processo di trasformazione della società da tradizio- nale broadcaster a media company centrata sui contenuti e presente su tutte le piat-

taforme (TV, radio, web). In questa ottica, si colloca il processo di separazione tra le funzioni della RAI come operatore di rete e quelle come fornitore di contenuti, av- viato con la cessione sul mercato di quote della controllata Rai-way (l’operatore di rete dell’azienda), cessione autorizzata dal- l’articolo 21 del decreto-legge n. 66 del 2014 e disciplinata dal DPCM 2 settembre 2014 (che prevede che comunque almeno il 51% della società rimanga di proprietà RAI). Tale trasformazione ha luogo sulla base di linee di indirizzo gestionali fina- lizzate al controllo dei costi e alla concen- trazione delle risorse nelle aree più stra- tegiche in termini di impatto di servizio pubblico e di competitività di ascolti e di raccolta pubblicitaria.

Altri soggetti auditi sono intervenuti sul tema. L’obiettivo di trasformazione della RAI in media company e la difesa del ruolo specifico del servizio pubblico sono stati evidenziati nell’audizione di Confindustria Radio-TV. Vodafone ha anche sottolineato il ruolo che la RAI potrebbe avere nella promozione dell’Internet TV. Altri soggetti che hanno partecipato all’indagine cono- scitiva hanno invece auspicato modifiche profonde degli assetti della RAI, con par- ticolare riferimento alle modalità di finan- ziamento. Ad esempio, Discovery Italia ha prospettato la necessità di riqualificare la RAI come media company con uno o due canali finanziati solo dal canone e non più di tre o quattro canali di genere tematico, finanziati solo con la pubblicità (in luogo degli attuali undici canali di cui la RAI dispone sulla piattaforma digitale terre- stre). RAI, inoltre, secondo Discovery Italia e i rappresentanti delle associazioni pro- fessionali e datoriali, dovrebbe dotarsi di una governance idonea a sottrarre l’azienda alle pressioni della congiuntura politica.

I rappresentanti delle associazioni da- toriali e professionali hanno anche rilevato come le dimensioni della società RAI ri- sultino in realtà (ad esempio per numero di dipendenti) paragonabili a quelle del servizio pubblico radiotelevisivo francese e più ridotte di quelle del servizio pubblico britannico (BBC e Channel Four hanno il

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doppio dei dipendenti della RAI); si trat- terebbe pertanto di rivedere la mission dell’azienda piuttosto che di intervenire sulle dimensioni della stessa.

4.4. La gestione delle frequenze.

Con riferimento alla gestione delle fre- quenze, una prima questione affrontata nel corso dell’indagine attiene all’eventua- lità della destinazione della banda 700 Mhz, attualmente utilizzata per le fre- quenze radiotelevisive, ai servizi di telefo- nia mobile, in analogia a quanto già av- venuto per la banda 800 Mhz. Si è trattato del cd. « dividendo digitale esterno », vale a dire le frequenze televisive analogiche « li- berate » dal passaggio al digitale, per il quale nel 2011, sulla base di quanto pre- visto dalla legge di stabilità 2011, si è svolta una gara per un totale d’asta di quasi 4 miliardi di euro. Nella sua audizione, l’Ac- cademia italiana per il codice di Internet ha ricordato che nella World Radiocom- munication Conference dell’Unione inter- nazionale delle comunicazioni (ITU) svol- tasi a Ginevra nel febbraio 2012 molti Paesi in via di sviluppo della Regione 1 (della quale fa parte anche l’Europa) e in particolare i Paesi africani ed arabi hanno richiesto che la banda di frequenza 700 Mhz, generalmente assegnata alla televi- sione, venisse assegnata invece alla banda larga mobile.

La richiesta di tali Paesi appare legata al fatto che la banda 700 Mhz non risulta utilizzata negli stessi, a differenza di quanto avviene in Europa, per le trasmis- sioni televisive (essendo maggiormente svi- luppate le trasmissioni satellitari), mentre la banda 800 Mhz (che in Europa è stata destinata alla telefonia mobile di banda larga) è occupata per altri servizi e quindi non utilizzabile. La Conferenza ha quindi deciso che il passaggio di tale banda dalla trasmissione televisiva alla banda larga mobile avvenisse a partire dal 2015, su base facoltativa (utilizzo coprimario della banda). A livello di Unione europea, è prevalso l’orientamento di un passaggio

graduale della banda 700 Mhz ai servizi di telefonia mobile di banda larga, da con- cludersi entro il 2020.

L’AGCOM nella sua audizione ha se- gnalato come l’esigenza di diffusione on line di contenuti audiovisivi ad alta effi- cienza richieda un aumento della lar- ghezza della banda, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea (co- pertura totale della popolazione entro il 2020 con velocità di almeno 30 Mbps e, entro la stessa data, copertura del 50 per cento della popolazione con velocità di almeno 100 Mbps), e un aumento delle frequenze disponibili per la banda larga mobile.

L’Accademia per il codice di Internet ha sottolineato che per l’Italia la destinazione della banda 700 Mhz alla telefonia mobile appare comunque ineludibile, posto che su tale banda persistono numerose situazioni interferenziali con trasmissioni di altri Stati. Pertanto, quando tali Stati decides- sero la destinazione della banda alla tele- fonia mobile, le situazioni interferenziali provocherebbero danni alle trasmissioni degli operatori italiani.

In tal senso, il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, nella sua au- dizione sulle linee programmatiche del Di- castero in materia di poste e telecomuni- cazioni del 3 luglio 2014, ha rilevato l’im- portanza della nuova World Radiocommu- nication Conference che si svolgerà nel novembre 2015 per una definizione più precisa dei tempi di liberazione della banda 700 Mhz. Il rappresentante del Go- verno ha anche sottolineato che per la saturazione dello spettro radioelettrico non risulta allo stato disponibile un nu- mero tale di frequenze libere da destinare ai soggetti che attualmente operano sulla banda 700 Mhz. La necessità del passaggio della banda 700 Mhz alla banda larga di telefonia mobile è stata sostenuta anche da Confindustria digitale. Wind ha peraltro specificato che in realtà l’attuale assegna- zione dello spettro ai gestori di telefonia mobile è sufficiente a soddisfare la do- manda di servizi proveniente dai cittadini, rilevando al tempo stesso che entro cinque anni potrebbe risultare necessaria l’asse-

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