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Scrittori italiani e stranieri

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Academic year: 2022

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Scrittori italiani e stranieri

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Giovanna Giordano

Il profumo della libertà

romanzo

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Il profumo della libertà di Giovanna Giordano Collezione Scrittori italiani e stranieri

ISBN 978-88-04-74134-3

© 2021 Mondadori Libri S.p.A., Milano

© 2021 Giovanna Giordano I edizione ottobre 2021

librimondadori.it

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A mia figlia Antonia

Il profumo della libertà

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La mia casa è piccola ma le sue finestre si aprono su un mondo infinito.

CONFUCIO

O bona libertas, pretio pretiosior omni.

O dolce libertà, preziosa più di qualsiasi tesoro.

MARCELLUS PALINGENIUS STELLATUS

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I

La casa sulla collina a Gesso

Una volta c’era e ancora c’è una casa in collina in Sicilia a Ges- so, davanti al mare delle isole Eolie, e lì viveva nel 1923 un ra- gazzo candido di nome Antonio Grillo.

Aveva una cavalla bella e saggia di nome Aurora, due oche bianche a cui era affezionato e la passione per la libertà.

Bello a chi piaceva, con due imperdibili occhi blu, di paro- le corte, non si arrabbiava mai, odiava la guerra e guardava con tenerezza il mondo. Amava le donne, la taverna e il gioco.

Evitava le risse come la peste e appena ne vedeva una in pae- se scappava al galoppo al mare con la sua cavalla, e molti di- cevano che parlava agli animali.

Se qualcuno ha letto fin qua e ora pensa: “Antonio Grillo da Gesso è un personaggio delle favole”, può smettere di leggere il libro e aprirne un altro. Chi invece ama la storia di un ragazzo di vent’anni di animo semplice, allora può continuare. È stato scritto per uomini e donne così, come lui. Di grande aiuto poi sono state anche certe antiche carte di famiglia, custodite den- tro una cassettiera in legno di ciliegio, sedici cassetti di lettere, documenti e fotografie ancora sempre là, nella casa di campa- gna davanti al mare. Antonio Grillo era il fratello di mio non- no Placido, di loro so molto e altro immagino.

Ora il racconto può iniziare.

Era il primo giorno di primavera, il 21 marzo del 1923, e An- tonio compiva vent’anni. Sulla terrazza della casa in collina

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nel villaggio Gesso era riunita la famiglia e quel pomeriggio nell’aria c’era vento caldo di scirocco, Stromboli fumava e una nuvola di uccelli volava nel frutteto sul mandorlo e anche sui ruderi del castello bizantino che si sgretola ancora oggi, ogni giorno un po’.

Le isole Eolie calme sull’acqua.

Allora Antonio, che aveva imperdibili occhi blu, si rivolse a suo padre.

«Padre mio, oggi, 21 marzo, compio vent’anni e tra poco- partirò per sempre» disse davanti al mare.

«Lasci il villaggio Gesso e la Sicilia per dove, figlio mio?»

chiese suo padre, Lio Grillo, pieno di spavento.

«America.»

«Queste parole sono colpi di pugnali al petto per un padre.

Perché vuoi andare via?»

«Per un sogno che si chiama libertà.»

«E poi?»

«Vado a caccia di meraviglie nel mondo.»

«Cos’è la libertà?»

«Qualcosa di molto dolce, mi sembra, come avere un grap- polo di stelle nella pancia. Chi ha la libertà è una balena blu nel mare e chi non ce l’ha è una rana dentro uno stagno bol- lente» disse allora Antonio.

«Partire? Per sempre?»

«Sì, me ne vado in America per sempre» disse Antonio.

Il padre chiuse gli occhi e si accasciò sulla sedia di vimini in silenzio.

Un raggio di sole colpì sul tavolo porcellane e cucchiai d’ar- gento, in aria luce e suoni di cavalli e uccelli e sulle teste tralci di vite ancora senza foglie e uva, tre ragni tessevano ragnatele e un merlo volava al nido sull’albero di fichi bianchi.

Antonio guardava le nuvole.

Il padre guardava il niente.

La moglie del padre raccoglieva l’uncinetto caduto a terra, mentre i gatti già giocavano con matasse di cotone e il fratel- lo Placido aveva un pugno di ciliegie rosse in mano e un pu- gno di ricordi in testa.

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lo sulle isole Eolie e sul mare colore del vino. Così si usa in Si- cilia, dopo una rivelazione o silenzio o tragedia.

Loro quella notte zitti.

Ognuno con pensieri diversi.

La luna sottile si affacciava.

La notte tenera scese sulla campagna.

Sempre tenera è la notte.

Un gufo già cantava sul mandorlo gigante.

Quella notte nel paese di Gesso, come ogni notte, l’orologio della chiesa batteva le ore, suonava la campana, gli asini ra- gliavano, piangevano i neonati e poi tutto si fermò.

Antonio non riusciva a dormire sotto le lenzuola di lino quel- la notte, si arrotolava dentro un magma di gioia allegria speran- za paura matta che avvolge chi parte per il viaggio della vita.

Come un vulcano di emozioni senza fine che bruciava.

Allora spalancò gli occhi sulla valle, quegli imperdibili occhi blu che cambiavano a seconda di cosa lui guardava.

Blu davanti al mare.

Azzurri davanti al cielo.

Verde notte la notte.

Grigi se era disperato.

Trasparenti se era pieno di meraviglia.

La meraviglia era il suo mondo preferito, più del mondo stesso.

Spalancò dunque gli occhi sulla valle.

Le colline erano bagnate dalla luna e i paesi vicini lì aggrap- pati come granchi, un mondo di rane negli stagni e il torren- te Gallo lungo fino al mare si arrotolava come una biscia che desidera scappare. Sull’Etna lontana c’era una crosta di lava e una punta di neve, da un vecchio castello suonava una trom- ba, c’erano odore di fresco e di stalla e campane e campanel- li di pecore e capre.

Le oche starnazzavano alle stelle, la cavalla scalciava nella stalla e un assiolo cantava il suo chiù chiù.

Nella notte alcuni hanno sogni.

Nella notte alcuni hanno incubi.

Ma la notte passa sempre, bella o brutta, e la famiglia si ri- trovò la mattina dopo, riunita in terrazza davanti al latte di

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capra appena munto e a una ciambella spruzzata di cannel- la. Il cielo rosato, le isole tranquille, ma lo stesso non si pote- va dire degli uomini.

«Che bisogno c’è di andare così lontano?» chiese il padre, mentre si tirava i baffi bianchi in giù.

«Andare lontano mi emoziona» disse Antonio.

«Si vede che hai vent’anni, figlio mio» disse il padre.

Sospirò, guardò le albicocche ancora acerbe, nidi di rondi- ni, navi in rada e una pioggia di barche bianche che spazzo- lavano il mare.

La moglie del padre, Tina Oliva, si aggiustò reliquia al collo e colletto ricamato e parlò dura dura com’era lei, mai un sorri- so o una benevolenza, e disse: «Se non hai più voglia di Gesso e della tua famiglia dillo, e se proprio questa voglia ti è passa- ta te ne puoi andare a Messina Lipari Siracusa e fino a Paler- mo, ma che c’è bisogno di andare così lontano?».

«Le aquile vanno lontano, i vermi vanno vicino» disse An- tonio, e non la guardò più perché non le voleva bene.

Non era lei sua madre ma solo la moglie del padre. La sua vera madre era morta di parto nel 1903 mentre lui nasceva, sen- za neppure un bacio o una poppata. Il padre si era risposato in fretta per tirare su quel bambino un po’ robusto con gli occhi blu e dopo un anno era nato un altro figlio, Placido. La Oliva tirò su i due bambini a latte biscotti e rimproveri, suo figlio lo accarezzava molto e l’altro mai.

Aveva una fame di carezze, Antonio, più di pane e fichi.

Lei quella mattina era più cupa di sempre, come i gatti neri che le giravano attorno, mentre le case bianche del paese sta- vano sulla collina come chi sta fermo in attesa degli eventi.

In Sicilia c’è sempre qualcuno che sta fermo in attesa degli eventi ma gli eventi non aspettano nessuno e quella partenza era vicina, molto vicina.

«Quando? Quando… quando parti?» diceva il padre come un orologio rotto.

«Un mese, forse un mese e vado via per sempre e voglio vi- vere in America una vita lunga…»

«La vita non deve essere lunga ma larga» disse il padre.

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