cataloghi EFTD
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WEISSENHOFSIEDLUNG STOCCARDA
1 9 2 7 - 2 0 1 7 . APPROFONDIMENTI E INTERPRETAZIONI
Redazione:
Michela Ceracchi, Diana Giaisa Rinaldi, Carlo Severati, Mariia Zolotova
Immagine di copertina, progetto di:
Sara Bomben, Roberta Colonna, Anna Montesi, Angela Testa, Irma Zappoli Corso di Laurea Magistrale in Design Comunicazione Visiva e Multimediale Sapienza Università di Roma
Impaginazione:
Michela Ceracchi, Diana Giaisa Rinaldi, Mariia Zolotova
Progetto grafico:
Mariia Zolotova
Questo volume è stato stampato con il contributo di:
Dipartimento PDTA Sapienza Università di Roma,
Dipartimento di Architettura Università degli Studi Roma Tre
ADOLFO F.L. BARATTA, ROSE BRÖCKEL, MICHELA CERACCHI, FEDERICA DAL FALCO, MILENA FARINA, ANNA KORYAKINA, GIOVANNI LONGOBARDI, SABRINA LUCIBELLO, ANTONIO MAGAR , DIANA
GIAISA RINALDI, CARLA SCURA, CARLO SEVERATI, GIOVANNA SPADAFORA, MARIIA ZOLOTOVA
Copyright © 2018 WriteUp Site www.writeupsite.com
[email protected] via Michele di Lando, 106 00162 Roma
ISBN
I diritti di traduzione, di memorizzazzione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto degli Autori.
I edizione: aprile 2019
INDICE
ABITARE LA WEISSENHOFSIEDLUNG INTRODUZIONE
KUNSTRAUM LA MOSTRA
ARCHITETTURA
DESIGN E COMUNICAZIONE VISIVA ARTE E MESTIERI
CASA E CITTÀ NEL CINEMA TEDESCO DEGLI ANNI VENTI IMPRESSIONI SULLA MOSTRA di Rose Bröckel
SAGGI
Adolfo F.L. Baratta, Antonio Magarò
LA CASA E LA COSTRUZIONE RAZIONALE. TECNOLOGIA E MATERIA NELL’EDIFICIO DI MIES VAN DER ROHE A STOCCARDA
Federica Dal Falco
WEISSENHOFSIEDLUNG 1927. LA QUESTIONE TECNOLOGICA DELLA MODERNITÀ TRA ARCHITETTURA E DESIGN
Milena Farina, Giovanni Longobardi
MIES VAN DER ROHE AL WEISSENHOF
Anna Koriakina, Mariia Zolotova
LA CUCINA RAZIONALE IN GERMANIA E IN RUSSIA:
FULCRO SOCIALE DI NUOVI STILI DI VITA
Sabrina Lucibello
WEISSENHOF E DESIGN: LA NASCITA DELLA CUCINA MODERNA
Diana Giaisa Rinaldi
LA FORMA OLTRE LA FUNZIONE
Carla Scura
DAL CINEMA ESPRESSIONISTA ALL’INTEGRAZIONE DELLA ENTARTETE ARCHITEKTUR NELL’ESTETICA DOMINANTE
Giovanna Spadafora, Michela Ceracchi
LA HAUS 1-4. TRASCRIZIONI GRAFICHE
APPENDICE Carlo Severati
1 2 3
8 2030 4850
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64
84 96
104 115 125
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INTRODUZIONE
La mostra, organizzata con il contributo del Goethe-Institut, da Embrice2030, dal Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre e dal Dipartimento di Pianificazione Design Tecnologia dell’Architettura di Sapienza Università di Roma, è stata curata da Milena Farina, Giovanni Longobardi, Giovanna Spadafora e Giuliano Valeri per Roma Tre; da Federica Dal Falco e Sabrina Lucibello per l’Università Sapienza; da Vittorio Giusepponi, Diana Giaisa Rinaldi e Carla Scura per Embrice2030.
I materiali esposti costituiscono i risultati del Workshop tenutosi nell’ottobre 2017 presso la sede del Goethe-Institut al quale hanno partecipato studenti di architettura di Roma Tre e dottorandi e studenti di Design della Sapienza insieme a ricercatori e giovani artisti facenti capo alla APS Embrice2030.
La mostra presenta un lavoro di approfondimento e interpretazione, coordinato da Carlo Severati e Alberto Giuliani, di alcuni aspetti della Weissenhofsiedlung di Stoccarda: un piccolo quartiere sperimentale costruito ad opera di alcuni fra i maggiori architetti europei del ’900 sotto la direzione di Ludwig Mies van der Rohe. Il quartiere faceva parte di una grande Esposizione programmata per il 1927, da luglio a settembre, dal Deutscher Werkbund, anche come risposta alla celebre Exposition des Arts décoratifs et industriels modernes svoltasi a Parigi nel 1925. Gli alloggi erano in tutto 60, nella maggior parte diversi uno dall’altro, con l’eccezione di quelli progettati dagli architetti olandesi Oud e Stam. Solo 11 dei 21 edifici di abitazione sono sopravvissuti nelle loro forme originali.
Il quartiere, e l’intera Esposizione, sono stati il punto di incontro degli artisti fortschrittliche, progressisti, tedeschi ed europei, dopo la dolorosa fase di
“stabilizzazione” post-bellica culminata con la stesura della Costituzione della Repubblica di Weimar nel 1919. In uno degli edifici superstiti, quello di Le Corbusier e Pierre Jeanneret (Haus 14-15) inserito nella lista World Heritage dell’UNESCO, è stato aperto un Museo dedicato.
Al di là dei valori architettonici e artistici, il quartiere racchiude, nei nomi delle strade – assegnati già nel 1927 e mantenuti fino ad oggi – la storia della Germania politica, imprenditoriale e artistica tra il 1919 e il 1927: Friedrich Ebert, Presidente della Repubblica dal 1919 al 1925; Walther Rathenau, eroe nazionale; Peter Bruckmann, principale organizzatore dell’evento; Adolf Hölzel, per molti anni direttore della Scuola d’Arte di Stoccarda, nella quale forma la nuova generazione, da Itten a Schlemmer; Bernhard Pankok, fra i fondatori del Werkbund e direttore della Scuola di Arti Applicate di Stoccarda, una delle sedi di rinnovamento del disegno industriale europeo nel XX secolo.
IL WORKSHOP
è stato impostato sullo studio di alcuni fra gli edifici storici residui nei loro aspetti organizzativi, materiali ed estetici.Non tutti gli 11 edifici superstiti della originale Weissenhofsiedlung sono stati oggetto di approfondimenti e interpretazioni, e non solo di edifici si è trattato: gli aspetti architettonici sono stati letti sulle Haus 1-4 progettate e realizzate da Mies van der Rohe; quelli relativi al design e alla comunicazione su un più ampio numero di edifici mentre per gli aspetti artistici sono state prese in esame le due personalità maggiormente presenti sul campo – Willi Baumeister e Richard Lisker.
en.wikiarquitectura.com
di Stoccarda
WEISSENHOFSIEDLUNG
Abitare la
1927-2017
MOSTRA
GOETHE INSTITUT ROM
VIA SAVOIA 15, ROMA
en.wikiarquitectura.com
APPROFONDIMENTI E INTERPRETAZIONI
9 MAGGIO -17 GIUGNO 2018
KUNSTRAUM
IT
All’interno del Goethe Institut Rom, nell’edificio progettato alla metà degli anni ‘60 dall’architetto Sadewasser, la recente trasformazione del foyer dell’Auditorium in Kunstraum (Spazio mostre), realizzata da Alberto Giuliani, è caratterizzata da un sistema di telai sospesi contenenti pannellature modulari leggere. Rifinite a intonaco bianco e indipendenti dalle superfici murarie esistenti, queste delimitano geometricamente le zone espositive e abbassano l’altezza dell’area di manovra a m 2.40 consentendo montaggi e allestimenti in sicurezza.
Meccanismi a cerniera permettono l’apertura di pannellature supplementari poste a 90° rispetto alle pareti. Un oscuramento automatico, a rullo, delle vetrate permette di modulare l’afflusso della luce naturale mentre una specifica area per proiezioni video è identificata da un pannello bianco, a parete, di forma quadrata. Un impianto di illuminazione del tipo wall wash corre lungo le pareti perimetrali e 6 proiettori a sospensione illuminano la scala di accesso.
ENG
Located inside the Goethe Institut Rom, a building designed by the architect Sadewasser in the mid-1960’s, the foyer to the Auditorium has recently been transformed in Kunstraum (exhibition room) after the redesign of Alberto Giuliani, with a system of suspended frames with light modular panels. Finished in white plaster and arranged separately from the extant masonry surfaces, the panels delimit the exhibition areas geometrically and lower the manoeuvring space height to 2.40 m, allowing for safe assembly and installation. Hinged mechanisms enable to open additional panels that are placed at 90° with respect to the walls.
An automatic roller blind system adds modulation to natural light, while a square, white wall panel identifies a specific area for video projection. A wall-wash type lighting system runs along the perimeter walls, while the access stairs are lighted by six suspended floodlights.
DE
Das im Inneren des Goethe Institut Rom ansässige Foyer des Auditoriums, geplant von dem Architekten
Sadewasser Mitte der 1960er Jahre, wurde kürzlich mittels eines Systems von aufgehängten Rahmen mit leichten modularen Paneelen in den Ausstellungsraum “Kunstraum Goethe”, von Alberto Giuliani, umgewandelt.
Die Paneele, weiß verputzt und vom Mauerwerk getrennt angeordnet, begrenzen die Ausstellungsfläche geometrisch und und minimieren die Raumhöhe auf 2,40m. Somit ermöglichen sie eine sichere Montage und Installation. Scharniermechanismen erlauben das Öffnen zusätzlicher Paneele, die in einem Winkel von 90°
zu den Wänden angeordnet sind. Ein automatisch betriebenes Rollosystem ermöglicht die Modulation des natürlich einfallenden Lichtes und ein quadratisches, weißes Wandpaneel stellt einen Bereich für die
Videoprojektion zur Verfügung.
Entlang der Umfassungswände verläuft ein Wandfluter - Beleuchtungssystem und sechs hängende Scheinwerfer beleuchten die Zugangstreppen.
LA MOSTRA
LA MOSTRA
Il percorso è suddiviso in 4 sezioni:
1. Sezione Architettura, Università Roma Tre, Dipartimento di Architettura 2. Sezione Product Design, Design Comunicazione Visiva e Multimediale, Sapienza Università di Roma, Dipartimento Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura
3. Sezione Arte e Mestieri, Embrice 2030 4. Casa e città nel cinema tedesco degli
L’esposizione: sezioni Architettura, Design, Arte e Mestieri
Foto di Adrienn Sasvári,
L’esposizione: sezioni Arte e Mestieri, Architettura, La città e l’abitare nel cinema tedesco degli anni Venti
Sulla pagina sinistra Disegni e plastico di studio Sulla pagina destra
Vista d’insieme della sezione della mostra dedicata all’Architettura
IL PROGETTO
Il workshop ha avuto lo scopo di approfondire la conoscenza dell’edificio in linea progettato da Ludwig Mies van der Rohe, prototipo della casa “flessibile” tra i più iconici nella storia dell’architettura moderna.Guidati da docenti di progettazione architettonica, disegno e tecnologia, gli studenti del Dipartimento di Architettura di Roma Tre, iscritti sia alla Laurea Triennale sia alla Laurea Magistrale, hanno studiato l’edificio mettendo in evidenza la relazione tra gli aspetti distributivi e l’immagine architettonica rappresentata dall’organizzazione delle facciate. Questo lavoro ha consentito agli studenti di scoprire e indagare il carattere estremamente flessibile del progetto, restituito attraverso una serie plastici che hanno evidenziato la varietà delle soluzioni adottate nell’allestimento degli appartamenti dagli architetti coinvolti da Mies. La progettazione di otto alloggi per abitanti contemporanei ha infine dimostrato l’attualità dell’edificio costruito nel 1927.
Università degli Studi Roma Tre
ARCHITETTURA
1. Haus 1-4, Foto della Haus 1-4 appena realizzata
2. Mies van der Rohe, Haus 1-4, Prospetto est con gli ingressi
2. 4.
1. 3.
3. Haus 1-4, Foto del quartiere appena realizzato con la Haus 1-4 sullo sfondo 4. Mies van der Rohe, Haus 1-4, Prospetto ovest
DISEGNI DI STUDIO
La lettura del progetto della Haus 1-4 è avvenuta attraverso una serie di disegni a mano libera che hanno messo in evidenza, in pianta, il passo strutturale correlandolo alla distribuzione interna.
Il colore ha consentito di rendere immediatamente visibili le funzioni e le proporzioni degli spazi ad esse destinati in ciascun appartamento. Queste sono state successivamente riportate sui prospetti rivelando la varietà delle soluzioni interne non percepibile dalla serialità che caratterizza le facciate.
1.
4.
5.
2.
3. 6. 8.
7.
1. Mies van der Rohe, Haus 1-4, Prospetti 2. Chiara Cappelluti, Alessandro D’Accolti, Studio delle bucature nei prospetti
3. Alessandro D’Aquino, Augusto D’Aquino, Studio dei solai e delle pareti divisorie interne in relazione ai prospetti
4. Marzia Chimenti Marini, Emanuel Jicmon Vladut, Ilaria Mattioli, Angelo Mizzon, Studio dei moduli e sovrapposizione, sui prospetti, delle funzioni individuate in pianta
5. Marzia Chimenti Marini, Emanuel Jicmon Vladut, Ilaria Mattioli, Angelo Mizzon, Studio delle funzioni
6. Marzia Chimenti Marini, Emanuel Jicmon Vladut, Ilaria Mattioli, Angelo Mizzon, Individuazione dei diversi tagli di appartamenti
7. Claudia Belliscioni, Rebecca Brock, Giovanni Campagna, Silvia Fazio Pellacchio, Studio dell’organizzazione degli ambienti domestici
8. Chiara Mastrilli, Michela Schiaroli, Studio dell’organizzazione degli ambienti domestici
tutor: Michela Ceracchi
2 1 4 3 6 5
8 7 10 9 12 11
14 13 16 15 18 17
20 19 22 21
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8
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9 10 18
19 20
10 10
In alto. Mies van der Rohe, Haus 1-4.
Dal basso verso l’alto: piante del piano rialzato, primo, secondo e terzo con i punti di vista delle foto degli interni (vedi pp.
16-17)
GLI INTERNI DELLA HAUS 1-4
Una analisi attenta delle immagini d’epoca disponibili (pagine successive) ha permesso di collegare univocamente le foto degli allestimenti interni alle piante degli alloggi ai vari piani, consentendone l’attribuzione agli autori noti, relazione che non sempre emerge con chiarezza nel catalogo dell’esposizione edito nel 1927.
FONTI DELLE FOTOGRAFIE
1) Antonio Alfani, Giovanni Carbonara, Franca Pinci, Carlo Severati (a cura di), Costruire Abitare. Gli edifici e gli arredi per la Weissenhofsiedlung di Stoccarda.
«Bau und Wohnung» e «Innenräume» (1927-28), Kappa, Roma 1992; ed.
originale Bau und Wohnung, Wedekind & Co., Stuttgart 1927
2) da http://www.uncubemagazine.com/blog/15011347 (© Archiv Marzona) 3) AA. VV., Neue Baukunst. Architektur der Moderne in Bild und Buch, Kerber Verlag, Berlin 2013
4) da https://www.lempertz.com/it/cataloghi/lot/1098-1/30-dr-lossen-co-dr- otto-lossen.html
2.
1.
1. 2. Marzia Chimenti Marini, Plastico di studio in scala 1:20 dell’appartamento n.
10 allestito da Mies van der Rohe
1. 2.
3.
4. 5. 6. 7.
8. 9.
11.
10.
12. 13.
FOTO D’EPOCA
Il numero tra parentesi indica il riferimento alla fonte (p. 15).
1. Collettivo svizzero, appartamento n. 23.
Wohn – Raum / La zona pranzo con il passa- vivande della cucina (1) 2. Collettivo svizzero, appartamento n. 21. Wohn – Raum / La zona pranzo con l’angolo dell‘ingresso e il passa- vivande della cucina (1) 3. Collettivo svizzero, appartamento n. 21. Schlaf – Raum / Una delle camere da letto doppie (1) 4. Collettivo svizzero, appartamento n. 21. Wohn – Raum / Un angolo del salotto (1) 5. Collettivo svizzero, apparta- mento n. 20. Wohn – Raum / La zona cucina – pranzo del soggiorno (1) 6. Collettivo svizzero, appartamento n. 19. Wohn – Raum / Il salotto (1) 7. Collettivo svizzero, appartamento n. 19.
Schlaf – Raum / Una delle camera da letto dop- pie (1) 8. Fratelli Rasch, appartamento n. 18 (per uno scapolo). Wohn – Raum / La zona pranzo e salotto (2) 9. Camille Graeser, appartamento n. 14. Wohn – Raum / La zona pranzo (1) 10.
Ferninand Kramer, Kinderzimmer – einrichtung / Arredamento della camera per bambini (3) 11.
Mies van der Rohe, appartamento n. 12. Wohn – Raum / Le tre pareti che articolano lo spazio (1) 12. Mies van der Rohe, appartamento n. 12.
Wohn – Raum / Il soggiorno (1) 13. Mies van der Rohe, appartamento n. 10. Wohn – Raum / Il soggiorno con il salotto e la zona pranzo (1) 14. Mies van der Rohe, appartamento n.
10. Arbeits – Raum / Lo studio con la libreria (1) 15. Mies van der Rohe, appartamento n.
10. Arbeits – Raum / Lo studio con la libreria visto dal soggiorno (1) 16. Mies van der Rohe, appartamento n. 10. Küche / La cucina (1) 17.
Mies van der Rohe, appartamento n. 10. Schlaf – Raum / La camera da letto matrimoniale (1) 18.
Lilly Reich, appartamento n. 8. Wohn – Raum / Il soggiorno (1) 19. Lilly Reich, appartamento n. 8.
Il soggiorno visto dall’ingresso (1) 20. Lilly Reich, appartamento n. 8. Schlaf – Raum / La camera da letto con il salottino privato visto dall’alcova del letto (1) 21. Appartamento per la donna che lavora, con letto a scomparsa (4) 22. Schlaf – Raum / Camera da letto (1) 23. Schlaf – Raum / Camera da letto (1)
14. 15. 16.
17. 18.
19. 20. 21.
22. 23.
Università degli Studi Roma Tre
PLASTICO DI STUDIO
La costruzione di un plastico in scala 1:50 di un piano tipo propone l’interpretazione dell’edificio di Mies come una sorta di contenitore in grado di ospitare scenografie mutevoli in base ai diversi stili di vita.
Questo “contenitore” si dimostra adattabile anche alle esigenze del vivere contemporaneo con il progetto di otto nuovi appartamenti.
SEZIONE TERRA-TETTO
È stata elaborata un’ipotesi di sezione terra-tetto basata sullo studio della manualistica dell’epoca e della tradizione costruttiva contaminata dalle innovazioni introdotte dal movimento moderno. All’impiego dell’intelaiatura metallica annegata nel calcestruzzo corrispondevano sovente tamponature leggere in forati di laterizio rivestite da contropareti montate a secco demandate ad assolvere alle diverse prestazioni. I sistemi multiprestazionali a pannelli montati meccanicamente aprono la strada alla prefabbricazione moderna.
1. Massetto in gesso, 15 cm 2. Getto in calcestruzzo, 15 cm 3. Vespaio non areato 4. Plinto in calcestruzzo armato 5. Bicchiere in acciaio per alloggiamento del pilastro, annegato nel calcestruzzo e ancorato al plinto mediante tirafondi, piastra e contropiastra 6. Pannelli di trucioli di legno compressi del tipo “Tekton”, 3 cm 7. Travetto NP80 in acciaio zincato, 2 cm 8. Lamiera grecata in acciaio zincato, 2 mm 9. Getto in calcestruzzo, 4 cm 10. Mattoni in laterizio posati di coltello, 12x25x5,5 cm 11. Serramento in legno 12. Massetto in gesso per posa della pavimentazione in linoleum, 4 cm 13. Blocchi in laterizio, 12x6x25 cm
14. Lastra di cartongesso, 1,5 cm 15. Intonaco civile per esterni, 2,5 cm 16. Davanzale in materiale lapideo, 3 cm 17. Massetto di pendenza in calcestruzzo, 5 cm 18. Strato impermeabilizzante bituminoso del tipo
“Bihen”, 1 cm 19. Massetto in sabbia, 3-8 cm 20. Strato di supporto in legno di abete, 4 cm 21. Rivestimento del coperchio del pozzetto ispezionabile in lamiera di acciaio, 2 mm 22. Pavimentazione in piastrelle di materiale lapideo, 3 cm 23. Doppio strato impermeabilizzante in pannelli di polietilene rivestito di catrame tipo “Ruberoid”, 2 cm 24. Scossalina in alluminio verniciato bianco
In basso. Noemi Obinu, Edoardo Valenti, Sezione costruttiva in scala 1:50 tutor: Antonio Magarò
1. Antonio Paoletti, Camilla Peraino, Ricostruzione del piano tipo e progetto di otto appartamenti per la Haus 1-4 2. Claudia Belliscioni, Giovanni Campa- gna, Marzia Chimenti Marini, Alessandro D’Accolti, Silvia Fazio Pellacchio, Federico Fenni, Ricostruzione degli appartamenti allestiti nei tre piani dell’edificio tutor: Giuliano Valeri
2.
1.
1.
2.
4. 5.
3.
1. Copertina del catalogo della fabbrica tedesca di cucina Gruco - Kuchen, 1934 ca.
2. E. Meyer, Der neue Haushalt, Stoccarda, 1926
3. W. Baumeister, die wohnung / werkbund austellung, 1927
4. Le Courbusier e P. Jeanneret, interno, Weissenhofsiedlung, 1927
5. W. Baumeister, poster, Werkbund, Weissenhofsiedlung, 1927
DESIGN DEL PRODOTTO, DESIGN, COMUNICAZIONE VISIVA E MULTIMEDIALE
Sapienza Università di Roma
IL PROGETTO
didattico e di ricerca proposto è sotteso da una concezione del design che considera il mondo degli oggetti, materiali e immateriali, quale risultato di un’evoluzione dinamica. In tal senso, gli artefatti del passato fanno parte di un patrimonio di forme e di idee programmatiche in continua trasformazione proiettato nella contemporaneità e nel prossimo futuro. Il Weissenhofsiedlung di Stoccarda rappresenta uno dei fondamenti dell’industrial design, quello relativo al progetto di tipi per l’industria secondo una moderna concezione dell’oggetto la cui unificazione ha come obiettivo la produzione di massa. Lo studio delle tipologie realizzate per il Weissenhofsiedlung consente non solo di conoscere la loro portata innovativa in relazione allo Zeitgeist dei primi decenni del secolo breve, ma anche di comprendere le modalità con cui, nel tempo, avvengono continue rivisitazioni di forme e caratteri tipologici che reinterpretano idee, forme, programmi progettuali in chiave contemporanea.1.
1. Foto di Adrienn Sasvári, mostra, sezione Design del Prodotto, Design, Comunicazione Visiva e Multimediale
1. Meyer E. (1927). La Cucina. In Alfani A., Carbonara G., Pinci F. & Severati C. (1992). Costruire Abitare. Gli edifici e gli arredi per la Weissenhofsiedlung di Stoccarda. “Bau Und Wohnung” e
“Innenräume” (1927-28) (pp. 380 - 381).
Roma: Edizioni Kappa.
2. 3. Meyer E. (1927). La Cucina. In Alfani A., Carbonara G., Pinci F. & Severati C. (1992). Costruire Abitare. Gli edifici e gli arredi per la Weissenhofsiedlung di Stoccarda. “Bau Und Wohnung” e
“Innenräume” (1927-28) (pp. 381 - 383).
Roma: Edizioni Kappa.
RICERCA
LA CUCINA INSTALLATA CUCINA PER CUCINARE
«Negli ultimi anni ha guadagnato un’importanza sempre maggiore. [...]
Come motivo principale di questo fatto si può supporre:
1. La sua straordinaria utilità per un’economia domestica veramente ordinata; i mobili a muro, correttamente ideati e ben disposti, garantiscono dall’inizio e nel migliore dei modi una guida razionale del governo della cucina.
2. Le obiezioni da parte degli inquilini contro i mobili a muro sono minimi rispetto alla cucina. Infatti anche quelli che possedevano già un arredamento per la cucina ci possono soltanto guadagnare, visto che la cucina installata permette loro molte agevolazioni, e i mobili eventualmente disponibili non sono carichi di grande valore affettivo né, del resto, così pretenziosi da non decidersi con una certa facilità a rinunciarvi.
3. La cucina installata permette all’architetto di sacrificare pochissima superficie, inoltre, di ottenere una struttura complessiva più utile, in confronto a quando è costretto a tener conto di mobili da cucina sconosciuti per i quali deve prevedere lunghe pareti da attrezzare [...]». 1
LA CUCINA ANGOLO COTTURA
«L’angolo cottura può così occupare una piccola superficie senza che la persona che ci lavora stia stretta come lo sarebbe nella cucina per cucinare degli alloggi piccoli. Nonostante la dimensione ridotta, se si toglie l’armadio delle stoviglie e lo si colloca nel soggiorno, l’angolo cottura potrà essere arredato opportunamente con tutto il necessario. [...]» 2
LA CUCINA COMPONIBILE
«Gli armadi componibili [...] offrono, oltre al vantaggio dell’acquisto graduale, la possibilità di arredare qualunque ambiente con questi elementi componibili e divisibili, in modo tale che il lavoro quotidiano non venga ostacolato da questi - come accadeva in passato per via delle grandi e severe credenze – ma anzi favorito.
Molti movimenti inutili vengono così eliminati. La loro forma essenziale (porte lisce di compensato) e la sistemazione pratica all’interno consentono inoltre, come nelle cucine installate, una collocazione a portata di mano e antipolvere di tutti gli oggetti, cosicché dopo il disbrigo del lavoro mattutino tutto scompare nell’armadio e non rimane più nulla in giro». 3
6. Lisker R. (1927). Sulla tappezzeria e sulla stoffa in casa. In Alfani A. et al.
(1992). Costruire Abitare. Gli edifici e gli arredi per la Weissenhofsiedlung di Stoccarda. “Bau Und Wohnung” e
“Innenräume” (1927-28) (pp. 376-379).
Roma: Edizioni Kappa.
4. Bayer E. (1928). Tipografia e grafica pubblicitaria. In Wingler H. M. (1972).
Bauhaus. Weimer Dessau Berlino 1919- 1933. Milano: Feltrinelli,
5. Alfani A.(1992). Weissenhof, strade del moderno, la casa e l’architettura.
In Alfani A.et al. (1992). Costruire Abitare. Gli edifici e gli arredi per la Weissenhofsiedlung di Stoccarda. “Bau Und Wohnung” e “Innenräume” (1927-28) (pp. 31-32). Roma: Edizioni Kappa.
CARTA DA PARATI?
«Negli ultimi vent’anni si è potuta osservare una crescente avversione nei confronti della decorazione. [...] Siamo finalmente arrivati alla parete bianca.
La conseguenza di questa evoluzione mostra che si tratta di un sostanziale cambiamento nei fondamentali concetti architettonico-artistici; ed è necessario rendersi chiaramente conto di questo nuovo atteggiamento verso il problema architettonico per poi trarre le conclusioni per il trattamento di tappezzeria e stoffa.
[...] Non si può negare, però, che questo mezzo d’espressione, per sua natura, è limitato e rappresenta solo una frazione delle possibilità che offre la superficie come mezzo di espressione e come mezzo di creazione spaziale». 6
LA PARETE
«Tetto piano, finestre a nastro, volumi stereometrici e muri bianco sporco saranno gli elementi di identificazione di quello che Philip Johnson chiamerà
“International Style”, ma è la pianta libera l’elemento che trasforma radicalmente lo spazio della casa e lo rende totalmente altro rispetto alla casa storica. Gli ambienti che prima erano “naturalmente”
divisi dalla struttura muraria portante, possono adesso costituire un unico spazio continuo.
Pareti mobili lo renderanno divisibile per i diversi ambienti a secondo delle necessità degli utenti». 5
LA GRAFICA NEL MODERNO
«Niente quindi estetismi alla moda nel senso della “grafica di consumo”, ma un lavoro ispirato alla conoscenza della finalità e di un migliore sfruttamento del materiale tipografico, che finora era impigliato in una tradizione antiquata. Il programma della tipografia elementare, elaborato dapprima dai costruttivisti, ha senza dubbio indicato alla concezione del lavoro tipografico vie sostanzialmente nuove. Esso ha indotto, innanzitutto, a costruire sulla base delle qualità del materiale a disposizione e a sviluppare da ciò una forma legata alla tecnica della composizione. L’appello alla chiarezza, alla precisione, alla nitidezza e all’astrattezza della forma (anche nella stampa) trovò un terreno fertile soprattutto in Germania, forse per il fatto che l’utilizzazione di forme visivamente semplici e di colori primari è vicina a un’opinione generale del carattere primitivo della pubblicità. L’esigenza di evitare confusioni è una richiesta importante [...]». 4
pp. 20, 22-23 Studi e ricerche di Zoe Balmas, Anna Koryakina, Marta Laureti, Valentina Nebolini, Xu Li, Mariia Zolotova, Dottorato di Ricerca in Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura, curriculum Design del Prodotto, Dipartimento PDTA
1.
COMUNICAZIONE VISIVA PROGETTO 1
Lo studio del marchio e la struttura compositiva, traggono ispirazione dall’analisi delle facciate degli edifici di Mies van der Rohe e di Le Corbusier per il Weissenhofsiedlung, mentre il layout è liberamente ispirato alla struttura interna dell’edificio.
In particolare come guida delle linee compositive del marchio, sono stati osservati ed “estrapolati” passi e distribuzione degli elementi principali che compongono le facciate: pilastri, solai, coperture e ritmo delle aperture.
All’interno di queste linee compositive, è stato inserito il logotipo che, insieme al marchio, forma un unico blocco. La font utilizzata è il Baron Neue, un carattere lineare senza grazie e in linea con lo
“stile” del Bauhaus, fatto di equilibrio compositivo.
1. Sara Bomben, Roberta Colonna, Anna Montesi, Angela Testa, Irma Zappoli, poster
2. Riccardo La Leggia, poster
2.
COMUNICAZIONE VISIVA PROGETTO 2
Lo studio del logo e la struttura compositiva, traggono ispirazione dall’edificio disegnato da Mies Van Der Rohe per il Weissenhofsiedlung.
In particolare la struttura geometrica e modulare del logo sono una interpretazione, in veste grafica, delle forme pure e fortemente razionaliste dell’architettura. Da qui, infatti, vengono astratte le finestre, che divengono semplici rettangoli regolari e simmetrici e definiscono il campo entro cui sviluppare l’immagine coordinata. Per quanto concerne la scelta dei colori, alla iniziale linea progettuale “di contrasto”, – una reinterpretazione in chiave contemporanea dei colori originali presenti nel progetto di Stoccarda – è prevalsa una linea basata su contrasti cromatici basati sui colori del tempo, rilevati nei dipinti di Josef Albers.
Risultati del workshop di ricerca e progetto
Design Riccardo La Leggia
la casa come nuovo bene
di consumo
7 ottobre 2017 ore 10.00 Goethe Institut Via Savoia 15, Roma
Sapienza Università di Roma
1.
2.
4.
3.
1. 2. Silvia Cosentino, Manuel Muccillo, Elisa Pecci, Micaela Vernuccio, La Cucina Wireframe
DESIGN DEL PRODOTTO LA CUCINA WIREFRAME
La cucina è stata sviluppata a partire dall’analisi dei due modelli realizzati in uno degli edifici di Mies van der Rohe realizzato per la Weissenhofsiedlung, risalenti al 1927, ovvero la versione minima e quella abitabile.
Il concept proposto, pur essendo stato pensato con logica ed estetica contemporanea, richiama le tendenze estetico-formali del periodo storico del Weissenhof, ed in particolare il concetto di wireframe (grazie all’utilizzo di ganci e aste per appendere), ma anche quello più noto del “Less is more”, evidente nella presenza di cassetti e maniglie caratterizzati da linee leggere e minimali.
Nella versione minima - grazie a tubolari che permettono agli oggetti appesi di essere “a vista” - è stato sviluppato il concetto dell’appendere e quello della personalizzazione degli spazi, puntando sulla possibilità di spostare i vari mobili a seconda delle esigenze del fruitore, liberando il piano di lavoro dal top unificatore.
La versione abitabile, invece, prevede il top, ma piuttosto che l’esposizione a vista degli oggetti, abbraccia l’idea di celare questi ultimi grazie alla presenza di pannelli, sia flessibili (tende a soffietto) che rigidi.
PARETI/PARATI
TEXTURE «TRATTI E LINEE»
Carta da parati dalla grafica minimale progettata su maglia modulare, pensata in particolar modo per l’ambiente cucina.
Nel design del pattern svolge un ruolo fondamentale la distanza di osservazione.
Infatti, solo avvicinandosi, si percepiscono i tratti grafici essenziali, difficilmente riconoscibili da lontano.
I materiali impiegati sono per la per la base il TNT (tessuto non tessuto), che conferisce maggiore stabilità e robustezza, mentre per il tratto a stampa è proposto il vinile maggiormente resistente all’acqua e all’umidità.
TEXTURE «GEOMETRICA»
Il modulo base per la realizzazione di questo concept, parte dall’analisi degli elementi principali della facciata della
“Casa in linea” di Mies van der Rohe da cui vengono dedotti e rielaborati, gli elementi geometrici che compongono il pattern. Riprendendo le geometrie dell’epoca e analizzandone proporzioni, moduli e ritmo già impiegati nel settore tessile, artistico e in quello architettonico del periodo del Bauhaus, è stato proposto un concept di carta da parati in linea con il gusto dell’epoca e insieme vicino a quello contemporaneo.
La palette cromatica si ispira invece agli interni pastello delle “House 14 e 15” di Le Corbusier e di Pierre Jeanneret, sempre realizzate per il Weissenhoff.
3. Lucia Mafodda, Simona Semerano, Federica Rossi, carta da parati, proposta 1
“Tratti e Linee“
4. Lucia Mafodda, Simona Semerano, Federica Rossi, carta da parati, proposta 2
“Geometrica“
VIDEO
WEISSENHOFSUPPE
Il contenuto multimediale Weissenhof- suppe, una breve clip dalla regia e dal linguaggio semplice e teatrale stile anni Trenta, indaga in modo ironico su come sia cambiata la concezione dell’arredo domestico, ma soprattutto sui cambiamenti delle abitudini di chi ne fruisce. Celebrare i novant’anni del Weissenhof di Stoccarda ha permesso di riflettere sulla percezione e gestione degli spazi abitativi di ieri e di oggi. Proprio da questo divario generazionale trae spunto questo prodotto video. Si gioca sostanzialmente sull’incontro/scontro tra il vecchio e il nuovo, inteso non solo come espressione materiale dell’arredo domestico, ma soprattutto della cultura sociale che esso rappresenta. Si immaginano le bizzarre conseguenze che risulterebbero se una casalinga dell’epoca stereotipata venisse all’improvviso in contatto con arredi e strumenti di nuova generazione, espressione di nuovi bisogni e modi di vivere. Una casalinga, intenta ad amministrare la sua cucina, in un’ironica coreografia, si trova spiazzata davanti ad effetti di cui ignora la funzione. Chiude la scena il grottesco incontro tra il vecchio (la casalinga) e il nuovo (un ragazzo che consuma il suo pasto in piedi).
1. Stefania Carlotti, Gaetano Corvino video frames
1.
Sapienza Università di Roma
ARTE E MESTIERI
L’identità visiva della Weissenhofsiedlung è riconoscibile nella chiarezza espressi- va della parete bianca o monocolore, «ma questo mezzo», scrive Richard Lisker, artista e artigiano, «è in sé limitato, in quanto rappresenta solo una frazione delle possibilità che offre la superficie animata». L’uomo di oggi ha bisogno da una parte di massima quiete e dall’altra di forti emozioni, afferma Willi Baumeister.
A novanta anni dalla esposizione di Stoccarda, un gruppo di giovani artisti inter- preta lo spirito e le opere di queste due voci fuori dal coro, attraverso la creazio- ne di un linguaggio espressivo dall’evoluzione potenzialmente infinita.
«Aprirsi alla conoscenza del Fare, immergersi in forme, odori, suoni, sapori.
Diventare mani che pensano insieme:
una grande e contagiosa intelligenza collettiva».
Embrice 2030
Embrice 2030
Embrice 2030
OPERE
p. 32 Costume in patchwork, Vítor Saraiva, Alessandra Sperati, Julian Warde-Jones; ph. Adrienn Sasvári p. 33 Mauerbild, Diana Giaisa Rinaldi; ph. Adrienn Sasvári
pp. 34-35 Carte calcografate a secco, Adrienn Sasvári; scultura in cemento e rame, Vittorio Giusepponi; ph. Adrienn Sasvári.
pp. 36-37 Studio del modulo, Beatrice Marchitelli, Adrienn Sasvári; ph. Adrienn Sasvári.
pp. 38-39 Tessuto arazzo, Jennifer Balsamo; tarsia in legno, Beatrice Marchitelli; ph. Adrienn Sasvári.
pp. 40-41 Elaborazioni, Vittorio Giusepponi, Beatrice Marchitelli, Eugenio Marini, Diana Giaisa Rinaldi, Adrienn Sasvári;
ph. Adrienn Sasvári.
pp. 42-43 Tessuto arazzo, Jennifer Balsamo; ph. Adrienn Sasvári.
p. 44 Tappeto a nodi, Irene Caretti, ph. Vaòeria Michetti.
p. 45 Costume in patchwork, Vítor Saraiva, Alessandra Sperati, Julian Warde-Jones; ph. Adrienn Sasvári.
p. 46 Bassorilievo in gesso, Eugenio Marini; ph. Enrico Manfredi Frattarelli, Flavia de Rubertis.
p. 47 Cuscino serigrafato, Eugenio Marini; ph. Enrico Manfredi Frattarelli, Flavia de Rubertis.
1. Mies van der Rohe, edificio in linea, Haus 1-4, 1927, trasformato in ospedale pediatrico. Kriegschronik Film 25/II, 1942 2. La strada dei sogni dell’uomo borghese nel film ad essa intitolato, 1923
3. Gli operai scendono nelle profondità della città inferiore con gli edifici in
Embrice 2030
CASA E CITTÀ NEL CINEMA TEDESCO DEGLI ANNI VENTI
prospettiva sullo sfondo, sequenza ottenuta mediante il processo Schüfftan, Metropolis, 1927
4. La strada della città moderna, Berlino – Sinfonia della grande città, 1927
5. Gli stilemi espressionisti convivono con l’impianto essenzialmente realistico del
Blaue Engel (L’angelo azzurro) di Josef von Sternberg del 1930
6-7. Gli interni cavernosi e la cucina tradizionale in Scala di servizio, 1921
1.
6.
5.
2. 3. 4.
7.
IMPRESSIONI SULLA MOSTRA
Rose Bröckel, Stoccarda
IT
Nascendo e andando a scuola a Stoccarda, sono entrata in contatto con la Weissenhofsiedlung in tenera età. Già allora ero affascinata e stupita di come l’insediamento avesse avuto e abbia ancora una così grande influenza sul mondo moderno dell’architettura, dell’arte e del design.
Dopo la guerra non è rimasto molto dei vecchi monumenti culturali della città, motivo per cui la Weissenhofsiedlung è ancora più speciale per Stoccarda e per i suoi abitanti. Quando ho saputo della pianificazione della mostra al Goethe-Institut sono stata ancora più entusiasta, ero felice e molto grata di dare il mio contributo alla mostra.
Ho trovato di particolare interesse il lavoro di reinterpretazione delle opere di Willi Baumeister. Le sezioni della mostra puntano l’attenzione su nuovi aspetti e modelli di pensiero e portano avanti gli ideali del Bauhaus in modo contemporaneo. Spero che la mostra sia l’inizio di un’ulteriore collaborazione e mi auguro che altri progetti di questo tipo possano emergere in futuro.
ENG
Born in Stuttgart and going to school there, I came into contact with the Weissenhofsiedlung at an early age.
Already at that time I was fascinated and amazed at how the settlement had and still has such a great influence on the modern world of architecture, art, and design. After the war, there was not much left of the city’s former cultural monuments, which is why the Weissenhofsiedlung is all the more special for Stuttgart and its inhabitants.
I was even more enthusiastic when I heard about the planning of the exhibition at the Goethe Institut. I was happy and very grateful to be able to make a small contribution to the exhibition.
The new interpretations of Willi Baumeister’s works were particularly interesting for me. The exhibits raise new aspects and models of thought and carry on the Bauhaus idea in a contemporary way.
I hope that the exhibition will be the beginning of a further collaboration and I wish that more projects of this kind can emerge in the future.
DE
In Stuttgart geboren und zur Schule gegangen, bin ich schon früh in Kontakt mit der Weissenhofsiedlung gekommen.
Schon damals war ich fasziniert und erstaunt darüber, wie die Siedlung einen so großen Einfluss auf die moderne Architektur-, Kunst- und Designwelt hatte und immer noch hat. Nach dem Krieg ist nicht viel übrig geblieben von den einstigen Kulturdenkmälern der Stadt, deshalb ist die Weissenhofsiedlung umso besonderer für Stuttgart und ihre Bewohner. Ich denke, dass der internationale Austausch in Design und Architektur unter Studierenden immens wichtig ist. Umso begeisterter war ich, als ich von der Planung der Ausstellung im Goethe Institut hörte und war froh und sehr dankbar darüber, selbst einen kleinen Teil zu der Ausstellung beitragen zu dürfen. Besonders interessant waren für mich die Neuinterpretationen zu den Werken von Willi Baumeister. Die entstandenen Exponate werfen neue Aspekte und Denkmodelle auf und führen den Bauhaus Gedanken auf eine zeitgenössische Art und Weise weiter.
Ich hoffe, die Ausstellung ist ein Anfang zu einer weiteren Zusammenarbeit und wünsche mir, dass in Zukunft
noch weitere Projekte dieser Art entstehen können.
Sulla pagina sinistra
WEISSENHOFSIEDLUNG
L’area originale destinata alla Siedlung nel contesto della città attuale.
Edifici in forme diverse dagli originali
Edifici originali modificati
Edifici originali restauratiSAGGI
IT
«Non è del tutto inutile oggi mettere esplicitamente l’accento sul fatto che il problema della nuova abitazione è un problema architettonico, nonostante gli aspetti tecnici ed economici. È un problema complesso che si può risolvere soltanto con energia creativa, non con metodi matematici od organizzativi.
Seguendo questa mia convinzione ho ritenuto necessario, nonostante tutti i validi slogan di moda oggi, come
‘razionalizzazione’ e ‘tipizzazione’, sottrarre le proposte fatte a Stoccarda ad un’atmosfera unilaterale e
dottrinaria. Ho cercato di esaminare il problema da vari punti di vista e ho quindi invitato i rappresentati più significativi del Movimento moderno a prendere posizione sul problema dell’abitazione. Per garantire a ciascuno di loro la massima libertà nella realizzazione delle proprie idee, ho rinunciato ad imporre direttive ed obblighi programmatici. Per me era anche importante, nella presentazione del mio piano di urbanizzazione, evitare ogni schematismo ed eliminare ogni impedimento ad un lavoro spontaneo».
ENG
«Pointing out that the problem of new housing is an architectural problem, beyond the technical and financial aspects, is not entirely useless today.
It is an overarching problem, that can only be solved by way of creative energy, and not computational or organizational methods. On the wake of this persuasion of mine, and in spite of the slogans currently in fashion, such as ‘rationalization’ and ‘typification’, I believed it necessary to lift the veil of doctrinarian and univocal atmosphere from the assignments carried out in Stuttgart. I tried to examine the problem from various points of view and, therefore, I invited the most outstanding representatives of Modern architecture to take a stance on the housing problem.
I gave up directives and programmatic commitments to guarantee all of them maximum freedom in the implementation of their ideas. For me, in the presentation of my urban development plan, it was equally important to avoid all schematization and get rid of anything that could hamper spontaneous work».
DE
«Es ist nicht ganz zwecklos, heute ausdrücklich hervorzuheben, dass das Problem der neuen Wohnung ein baukünstlerisches Problem ist, trotz seiner technischen und wirtschaftlichen Seite. Es ist ein komplexives Problem und deshalb nur durch schöpferische Kräfte, nicht aber mit rechnerischen oder organisatorischen Mitteln zu lösen. Aus diesem Glauben heraus habe ich trotz aller heute gültigen Schlagworte wie ‘Rationalisierung’ und
‘Typisierung’ es für notwendig gehalten, die in Stuttgart gestellten Aufgaben aus der Atmosphäre des Einseitigen und Doktrinären herauszuheben. Ich war bemüht, das Problem umfassend zu beleuchten und habe darum die charakteristischen Vertreter der modernen Bewegung aufgefordert, zu dem
Wohnproblem Stellung zu nehmen. Um jeden Einzelnen möglichste Freiheit für die Durchführung seiner Ideen zu geben, habe ich darauf verzichtet, Richtlinien aufzustellen und programmatische Bindungen zu geben. Auch war es mir bei Aufstellung meines Bebauungsplanes wichtig, alles Schematische zu vermeiden und auch hier jede Behinderung einer freien Arbeit auszuschalten».
Ludwig Mies van Der Rohe
“Prefazione”, Bau und Wohnung, 1927
Ludwig Mies van Der Rohe
“Foreword”, Bau und Wohnung, 1927
Ludwig Mies van Der Rohe
“Vorwort”, Bau und Wohnung, 1927
ABSTRACT
Sabrina Lucibello
IT
Il Weissenhof segna una data importante non solo per quanto riguarda la nuova poetica in campo architettonico, ma anche per l’industria del mobile e per il design. Nasce in questi anni, infatti, il concetto di arredo
‘moderno’, in serie, standardizzato e funzionale, realizzato con materiali all’avanguardia, che lasciano ampio spazio alla sperimentazione di nuovi usi e funzioni, soprattutto nell’ambiente cucina. Qui gli arredi, non più progettati artigianalmente bensì industrialmente per essere più funzionali e meno ingombranti, venivano direttamente consegnati agli utenti insieme alla casa, fornendo il primo modello di cucina modulare e componibile secondo un meccanismo coerente e logico delle parti, ognuna subordinata all’altra e posizionata per ottenere il massimo rendimento. Archetipo delle odierne cucine componibili – in cui ogni spazio ed elemento veniva collocato secondo una logica funzionale – la cucina che dal Weissenhof prende le mosse è ispirata al design delle automobili, con le sue superfici lucide, le ante in lamiera smaltata, le gambe nascoste da uno zoccolo e nella sua estrema funzionalità, e si trasforma ben presto nella cucina componibile che oggi tutti conosciamo.
ENG
The Weissenhof marks an important date as regards not only the new poetics in the architectural field, but also the furniture and design industry.
Those years saw the appearance of the concept of ‘modern’ - in series, standardized, and functional - furniture, made with cutting-edge materials and open to experimenting with new uses and functions, especially in the kitchen.
Here the furnishings, no longer handcrafted but industrially designed to be more functional and less cumbersome, were delivered directly to users along with the house, and also providing the earliest model of modular kitchen. This was fitted according to a coherent and logical mechanism affecting all parts, each subordinated to the other and positioned to achieve maximum performance. The archetype of today’s modular kitchens – in which every space and element was placed according to a functional logic – the kitchen developed at the Weissenhof was inspired by car design, with its shiny surfaces, doors in enamelled sheet, legs hidden by a base and, in its extreme functionality, soon turned into the modular kitchen that we all know today.
DE
Die Weissenhofsiedlung war nicht nur bedeutsam im Hinblick auf die neue Poetik im architektonischen Bereich, sondern auch für die Möbel- und Designindustrie ein wichtiges Datum. So wurde in diesen Jahren das Konzept der “modernen”
Möbel in Serie, standardisiert und funktional, mit modernsten Materialien hergestellt. Es war offen für Experimente mit neuen Anwendungen und Funktionen, insbesondere in der Küche.
Die Möblierung, die nicht mehr von Hand entworfen wurde, sondern industriell, funktionaler und weniger schwerfällig sein sollte, wurde hier zusammen mit dem Haus direkt an die Nutzer geliefert, so dass das erste Modell einer modularen Einbauküche nach einem zusammenhängenden und logischen Mechanismus der Teile entstand.
Diese waren jeweils dem anderen untergeordnet und so positioniert, dass sie maximale Leistung erzielten. Der Archetyp der heutigen Modulküchen – in denen jeder Raum und jedes Element nach einer funktionalen Logik platziert wurde ist die vom Weißenhof ausgehende Küche. Sie ist inspiriert vom Design der Autos mit ihren glänzenden Oberflächen, den Türen aus emailliertem Blech, den versteckten Beinen am Sockel und von extremer Funktionalität. Bald entwickelte sie sich in die Einbauküche, die wir heute alle kennen.
WEISSENHOF E DESIGN:
LA NASCITA DELLA CUCINA MODERNA
GLI IDEALI ARCHITETTONICI DEL WEISSENHOF
Se il 1927 può essere assunto come data d’inizio della sperimentazione progettuale della nuova architettura - è infatti proprio in quegli anni che la storiografia fa nascere il Movimento Moderno - il Weissenhof può essere considerato come luogo simbolo di questa trasformazione irreversibile e vero e proprio “manifesto costruito” di questa nuova poetica che dal campo architettonico, si riversa naturalmente nel campo del design.
La costruzione del quartiere d’abitazione del Weissenhof (1927), i congressi internazionali di architettura moderna (1928–1933) e la pubblicazione di due testi: International Style di Henry-Russell Hitchcock e Philip Johnson (1931) e I Pionieri del Movimento Moderno da William Morris a Walter Gropius di Nikolaus Pevsner (1936), segnano i punti cardine di questa trasformazione.
In particolare il quartiere del Weissenhof, costruito a Stoccarda nel 1927 in occasione della seconda esposizione internazionale del Deutscher Werkbund Die Wohnung, è organizzato in 63 alloggi distribuiti in 21 edifici modello a stigmatizzare varie tipologie. Sedici gli architetti di fama internazionale che, sotto il coordinamento di Mies van der Rohe che ne progetta anche l’impostazione urbanistica, vengono chiamati ad interpretare questa nuova visione, architetti di generazioni diverse, cinque stranieri (Le Corbusier, Oud, Stam, Frank e Bourgeois) e undici tedeschi (Behrens, Döcker, Gropius, Hilberseimer, Mies, Poelzig, Rading, Scharoun, Schneck, Bruno e Max Taut).
Tetto piano, finestre a nastro, volumi stereometrici, muri bianco sporco: questi gli elementi base di un nuovo linguaggio architettonico in cui la casa diviene simbolo dell’impegno sociale dell’architettura per garantire il “diritto alla casa per tutti”. Un impegno volto, per altro, ad individuare il migliore rendimento nella lotta agli sprechi, la maggiore sicurezza del lavoro e il risparmio economico, non si esprimeva solo nel campo dell’architettura ma anche a quello degli arredi tanto che porte, finestre, pavimenti, impianti di riscaldamento, cucine vennero “tipizzati” e montati nel corso della costruzione.
La standardizzazione venne definita come «una razionalizzazione dell’industria fondata su un’alleanza produttiva tra lavoro manuale e lavoro meccanizzato» (Gropius, 1935), aveva sviluppato il concetto di casa-tipo
1prodotta in serie che poteva combinarsi ad altre, al pari della “casa-macchina” di Le Corbusier.
Sabrina Lucibello
Secondo Gropius, gli elementi costruttivi prodotti in officina potevano essere montati e disposti per creare una cellula primaria alla quale era possibile aggiungere, via via nel tempo, altri vani, mantenendo in ogni stadio la sua completa autonomia. Egli sperimentò soluzioni nuove nel campo della prefabbricazione della casa unifamiliare nei due lotti assegnatili, realizzando le cosiddette case 16 e 17 il cui impianto planimetrico non risulta particolarmente innovativo, ma che vennero costruite con componenti prodotti industrialmente e poi montati in sito.
Mies, invece, convinto che in futuro solo le cucine e i bagni sarebbero rimasti fissi e che il resto della casa sarebbe stato libero dai vincoli strutturali, propose, al posto di muri fissi, pareti e arredi mobili che potevano dividere gli ambienti a secondo delle ore della giornata e dei bisogni, esprimendo con chiarezza già in pianta, l’idea di flessibilità della distribuzione interna degli spazi che egli faceva corrispondere alla “volontà spirituale” e individualista dell’uomo moderno a cui garantire, nel minimo spazio e con la minore spesa possibile, tutte le comodità della vita moderna (Savorra, 2015).
Fondamentale in questo, l’utilizzo dei nuovi materiali edili come il cemento, l’acciaio e il vetro, e di quelli utilizzati nell’arredo con preponderanza di strutture in acciaio, lastre di torba compressa, pareti divisorie in lastre di cemento, pomice e celotex, che contribuivano nell’accentuare la volontà di linearità ed
essenzialità delle forme.
BRUNO TAUT E LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DEL PROGETTISTA
Occuparsi dei criteri di progettazione della casa razionale significava anche occuparsi
dell’organizzazione interna degli spazi, considerando non solo le esigenze legate al riposo e alla vita sociale dell’uomo, ma anche alle necessità della donna, il cui lavoro doveva essere agevolato attraverso la semplificazione dei percorsi, la riduzione delle fatiche quotidiane, le migliori condizioni di igiene.
Tra i massimi studiosi dell’organizzazione razionale del lavoro femminile vi è senz’altro Bruno Taut, che, convinto della responsabilità sociale del progettista, riteneva che uno dei suoi compiti più importanti fosse quello di trovare le forme adeguate per gli spazi, forme che egli riteneva nascessero da simmetrie assiali e dalla variazione di un elemento base, dando vita a giochi di ritmo e di contrasti. Con lo stesso principio Taut accostava virtuosamente i materiali da costruzione e i colori (il rosso chiaro, il verde oliva, il blu intenso, il giallo ocra chiaro in aggiunta talvolta a motivi decorativi a forma di rombo e di
ottagono), con l’intento di valorizzare le superfici in relazione alla luce e di sottolinearne le funzioni come ad esempio per le finestre, per i corpi scale, le porte d’ingresso, i telai delle finestre, i soffitti, le pareti (Hartmann, 2002). In particolare Taut si rivolgeva alla donna dicendo: «l’architetto propone, la casalinga dispone», invocandola a liberarsi da ninnoli e orpelli inutili, richiamando così i concetti di abitazione da un lato propri della domus latina e, dall’altro, della casa rustica, contadina e mediterranea e avendo come obiettivo quello di facilitare il lavoro domestico, ad esempio abbreviando i percorsi riguardanti i cicli di lavoro domestico o di determinate funzioni ad appannaggio esclusivo della donna.
Insieme alla definizione di una moderna cucina, si assisteva in quegli stessi anni, ad una migliore utilizzazione degli arredi, alla soppressione dei mobili ritenuti superflui, alla creazione di ripostigli nascosti e di ingegnosi armadi a scomparsa e alla comparsa dei letti pieghevoli. La casa, che non ha più un carattere unico e compresso, deve essere adattabile alle nuove relazioni diffuse ed è “casa individuale”, luogo sacro della libertà e dell’identità che oggi si distingue in individuale e identità legata alla società globale. I locali sono raggruppati per nuclei funzionali omogenei e ricavati tramite la libera disposizione delle pareti indipendenti dai pilastri, le trasparenze si moltiplicano, lo spazio – suddiviso ma non separato – fluisce intorno a due “nuclei”: un blocco di legno che funge da guardaroba e un altro blocco costituito dalla cucina, i servizi e il camino.
Ecco allora che la casa deve essere “su misura”, ovvero misura biologica e sociale di chi la abita e spazio dimensionato, proporzionato e distribuito razionalmente così da sviluppare forme abitative adeguate alle esigenze umane moderne.
L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E DEGLI SPAZI DOMESTICI
Risalgono al lontano ‘700 i primi tentativi tesi a migliorare le condizioni della masse, tuttavia è solo in risposta alle consistenti problematiche sociali ottocentesche, complice la lotta per l’equiparazione del ruolo della donna all’interno della società moderna, che riscontriamo le più interessanti esperienze tese all’ottimizzazione del lavoro domestico in merito alla cucina – laboratorio. Nella seconda metà del XIX secolo Catherine Beecher, educatrice americana di orientamento femminista, prendendo a modello le cucine dei battelli a vapore del Missisipi dove tutti gli utensili erano a portata di mano e a distanza non più di uno o due passi, diede alcune indicazioni progettuali per definire i principi per una moderna
Sabrina Lucibello
Sapienza Università di Roma
2. Pianta della cucina di Francoforte (3,44x1.87mt)
1. Christine Frederick, Household Engineering (1913). Confronto tra una cucina mal configurata e una efficiente
cucina: piani di lavoro illuminati, separazione della zona di cottura da quella dedicata al consumo dei pasti, presenza di armadi attrezzati, impianti per lo scarico dei rifiuti e per il deflusso delle acque (Boot, Casciato, 1983). Sempre negli stessi anni Christine Frederick
2, indirizzata dalle analisi svolte dal signor Frederick Winslow Taylor su processi e tempi di lavoro con l’obiettivo di trarre il massimo profitto dagli operai, applicò il taylorismo al lavoro della massaia, analizzando meticolosamente i suoi movimenti e quantificandoli matematicamente (Fig. 1).
Altro passaggio fondamentale nel 1848, anno in cui Stewart inventa di fatto la cucina economica, ovvero un fornello mobile a più fuochi in ghisa che sostituisce il Potager in muratura grazie all’introduzione del carbone in luogo della legna e alla diffusione dell’uso della ghisa, ma è nel 1890 che la cucina economica subisce una modifica sostanziale grazie all’introduzione dell’alimentazione a gas, che da allora in poi rappresentò la fonte primaria di energia domestica fino agli anni Trenta. Il gas rappresentò la prima vera modernizzazione diffusa e, per la prima volta nella storia, era possibile girare una chiave e poter avere il fuoco, l’acqua calda e la luce direttamente a casa propria grazie a prodotti realizzati dall’industria. Nonostante ciò, i mobili restano un prodotto artigianale che non interagisce con l’oggetto industriale che anzi, ne rompe il paesaggio e distinguendosene fortemente perché estremamente
funzionale. Colore, forma ed ingombro sono ora arbitrio dell’anonima fabbrica (Carugati, 1998). Negli anni Venti la corrente di Architettura Razionalista sviluppatasi all’interno del Movimento Moderno propone una rilettura del problema della casa in termini funzionali, la cucina, ambiente di notevole complessità tecnica e funzionale, si presenta come il terreno ideale per una progettazione che mira ora sempre più all’efficienza.. L’ottimizzazione richiedeva, da un lato, una nuova concezione dello spazio domestico e una posizione più funzionale degli arredi in considerazione dei percorsi compiuti dalla massaia; dall’altro, l’uso di elementi di arredo – emblema della nuova estetica – standardizzati, igienici e realizzati in materiali facilmente pulibili; infine doveva considerare l’utilizzo in forma sempre più massiccia, dei più moderni elettrodomestici. Così, per meglio definire tale razionalizzazione, vennero addirittura scientificamente misurate con un podometro, tempi e lunghezza dei percorsi spesi nel lavoro settimanale da 2 donne di uguali capacità (circa 3,5 ore/settimana), osservando che, di fatto, tale lavoro, poteva essere ridotto, come illustrato anche dalla Stuttgarter Kleinküche (Cucina di Stoccarda) e
Sabrina Lucibello
dalla Münchener Küch (Cucina di Monaco), modello di cucina razionale aperta
3più coerente per le nuove famiglie senza domestiche, proposta dall’americana Erna Meyer
4insieme ad Hilde Zimmermann.
LA CUCINA DI FRANCOFORTE
È l’architetto viennese Margarete Schütte-Lihotzky, chiamata nel 1926 da Enrst May a lavorare
all’Ufficio tecnico del Comune di Francoforte, che disegna le prime cucine standardizzate (8mq) per le Siedlungen di Bruchfeldstrasse, Praunheim e Ginnheim. Margarete Schütte-Lihotzky, mette così a punto la celeberrima “Frankfurter Küche” (Cucina di Francoforte)
5, archetipo delle odierne cucine componibili in cui ogni spazio ed elemento veniva collocato secondo una logica funzionale. Qui gli arredi, non più progettati artigianalmente bensì industrialmente per essere più funzionali e meno ingombranti, venivano direttamente consegnati agli utenti insieme alla casa, fornendo il primo modello di cucina modulare e componibile secondo un meccanismo coerente e logico delle parti, ognuna subordinata all’altra e posizionata per ottenere il massimo rendimento.
«La razionalizzazione degli spazi secondo i principi dell’economia domestica, la continuità dei piani d’appoggio dei mobili, che dovevano avere la stessa altezza da terra, la loro distribuzione in pianta secondo uno schema ad “U”, in modo tale che il fruitore degli spazi avesse tutti gli strumenti della cucina a portata di mano, la disposizione del tavolo vicino al davanzale della finestra per ottenere la migliore illuminazione della zona di lavoro della massaia.» (Palladino, 1995)
Il progetto (Fig. 2) richiedeva infatti una soluzione che, con il minimo ingombro, garantisse il massimo sfruttamento della superficie disponibile. Questo fu ottenuto concentrando le funzioni: tutti gli elementi furono collocati secondo due cicli di lavoro, uno destinato alla preparazione e alla cottura dei cibi, l’altro per il governo del locale: lavatura, scolatura, asciugatura e deposito stoviglie.
Questo lo schema definito:
– un armadio sottofinestra per le provviste e con bocchetta di ventilazione all’esterno con funzione di frigorifero;
– le scatole delle spezie accanto al fornello;
– i cassetti per le posate;
– il vasellame sopra lo scolatoio;
– il tavolo metallico e perciò facilmente lavabile;
– l’asse da stiro ribaltabile sull’anta aperta dell’armadio abbinato a un ferro elettrico;
– il lavandino in legno, con due vasche rivestite in zinco e isolate termicamente e con
sgocciolatoio ribaltabile posto ad un’altezza di 80 cm e fornito di due rubinetti orientabili con acqua fredda e calda, concepito in modo che il vasellame sporco potesse essere preso con la mano sinistra e riposto con la destra quando pulito;
– una piattaia fissa in faggio;
– un ripostiglio per scope e immondizia;
– un doppio fornello a gas garantiva una cottura rapida e in contemporanea tra 2 pietanze;
– la porta era scorrevole per non sottrarre spazio all’ambiente e per controllare, se aperta, facilmente i bambini durante il lavoro in cucina;
– la profondità dei pensili standard e calcolata rispettando le dimensioni dei piatti;
– il piano di lavoro, in cui si incassavano i vuoti dei lavandini, prevedeva anche lo spazio per una vaschetta incassata in metallo smaltato, facilmente ispezionabile e svuotabile, utile a raccogliere gli scarti delle verdure;
– i pannelli dei mobili tutti laccati in azzurro, in quanto tale colore poteva funzionare per allontanare le mosche;
– piastrelle nere con battiscopa arrotondato per facilitarne la pulizia;
– cassettini in alluminio e in rovere per la conservazione di alimenti secchi e della farina;
– una lampada “scorrevole”, posta su una guida orizzontale così da illuminare laddove necessario;
– uno o due sgabelli girevoli da utilizzarsi durante la preparazione delle vivande;
– alcuni cassettini serbatoio della credenza per le vivande.
Interessante è notare che molti degli elementi di questo schema, sono tutt’oggi ancora presenti nelle nostre cucine come ad esempio la vaschetta incassata in metallo utile per la pulizia delle verdure e annessa alle vasche del lavandino, così come anche i cassettini serbatoio che, grazie al manico ricurvo e ad il pratico beccuccio, consentivano di dosare le quantità degli ingredienti e di versarli direttamente in
Sabrina Lucibello
Sapienza Università di Roma