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NON PREOCCUPATEVI DUNQUE DEL DOMANI, PERCHÉ IL DOMANI SI PREOCCUPERÀ DI SE STESSO.

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Academic year: 2022

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È bisogno di tempo!!?!?!

Quante volte sento dire dagli adulti, ma anche dai giovani, perfino dai ragazzi: “don, non ho tempo!”, oppure “ho tante cose da fare”, o ancora “questo poco tempo libero che ho lo uso per me”.

Veramente non c’è più tempo? Siamo davvero e per forza costretti a vivere così?

Personalmente ritengo che si ci sono oggettivamente delle responsabilità che ci costringono ad un certo modo di vivere il tempo, però credo anche fermamente che siamo un po’, o molto, malati di una malattia che chiamerei “frenesia della vita”.

C’è una certa frenesia della vita che abita la nostra società, le nostre relazioni, le nostre famiglie, la nostra stessa persona.

Frenesia che toglie o tenta di togliere la pace, il gusto del bene fatto, la riconoscenza del bene ricevuto, la speranza nel futuro, la gioia del momento presente, la capacità di immaginare una realtà che non dipende soltanto esclusivamente da noi come l’amore, l’amicizia o il regno di Dio.

Spesso la frenesia della vita si maschera da super impegno generoso per le persone che amo (devo fare tutte queste cose, per forza), altre volte da cambiamento per un bene maggior arrivato all’ultimo momento (qual è il bene maggiore che non ti fa essere fedele hai tuoi impegni?), ancora da speranza che quella cosa là sarà la mia felicità (e allora asfalto tutti

e tutto e corro là).

Alla fine ci scopriamo che non c’è felicità, o che abbiamo solo piccoli assaggi.

Quanto importante è SMASCHERARE la frenesia della vita.

Anche Gesù ha messo in guardia i suoi discepoli dalla frenesia della vita, lui la chiama preoccupazione del domani. Ascoltiamo:

(Mt 6,19-34)

«19Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; 20accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. 21Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.

22La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; 23ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!

24Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.

25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque

NON PREOCCUPATEVI DUNQUE DEL DOMANI, PERCHÉ IL DOMANI SI PREOCCUPERÀ

DI SE STESSO.

MT 6,34A QUARESIMA 2020

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dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».

La preoccupazione del domani fa nascere, da prima nella mente ma poi nel cuore dell’uomo, la frenesia della vita.

Il rimedio che possiamo trovare nello stesso vangelo lo abbiamo appena letto. Direi un triplice rimedio: Tenere il cuore la dove è il “tesoro”, avere un occhio semplice e servire l’unico Padrone.

Avere il cuore dove è il tesoro. Per non perdersi nella frenesia ricentrare il cuore, scoprire o riscoprire l’essenziale, ciò che è di valore per la vita, per la mia vita e lì indirizzare il cuore con tutta la suo volontà, speranza, non guardando agli altri tesori.

Quanti tesori abitano le nostre famiglie? Quanti tesori di basso valore ci propone la società? A quanti tesori il nostro cuore va dietro cercando di accumulare?

Un occhio semplice per un corpo luminoso. Per non lasciare che la frenesia della vita ci tolga il nostro vero volto, per impedire che noi diventiamo tenebra. La vita, quando ci facciamo

prendere dalla frenesia, si ingrigisce, sfiduciandosi e diventando paradossalmente monotona, o meglio pur facendo tante cose ci sembra di non fare mai nulla di nuovo e bello e la sentiamo piatta, senza movimento.

Servire un unico padrone. Per non la sciare che la frenesia della vita mandi in frantumi tutto quello che di buono, giusto e vero siamo e stiamo realizzando. Cambiare continuamente “padrone” ci fa male!

Passare da Dio, al Male, all’ego, oppure ad un altro verso il quale abbiamo una grandissima attenzione ci fa male!

Nella nostra vita, nella vita di ogni uomo alla fine ci sono solo due padroni: Dio o la ricchezza.

Io chi servo? L’autore della vita, origine dell’Amore che mantiene ciò che promette? Oppure l’illusore della felicità personale a scapito del fratello, il ladro della gioia che non mantiene ciò che promette?

Dio, l’amore mantiene sempre la sua promessa di vita piena , di

felicità, di libertà. La Ricchezza, l’egoismo, il male, mai mantiene la sua promessa falsa di gioia.

Il cammino quaresimale che ha noi cristiani viene riproposto ogni anno è il tempo propizio per lasciarci liberare dalle preoccupazioni del domani.

Nel tempo della quaresima la preghiera diventa la giusta azione che mi aiuta a trovare o a ritrovare il “tesoro” di grande valore della mia vita. Soprattutto l’ascolto della parola di Dio, dei vangeli domenicali, e la contemplazione degli ultimi momenti della vita di Gesù (consiglio di leggere in queste settimane i vangeli della passione, partecipando anche alle Via Crucis) possono aiutarci nel faticoso discernimento della verità del nostro cuore; solo la parola di Dio e la vita di Gesù possono gettare una luce autentica e nuova su di noi, una luce che non annulla o piega la nostra libertà ma che la apre alla speranza.

Il tempo della quaresima diventa allora attraverso il digiuno o la rinuncia occasione opportuna per operare delle scegliete semplici e piccole ma consapevoli, liberamente scelte, e prolungate, nella fedeltà, per liberare il corpo dalle tenebre e diventare luminosi. Concretamente, una buona confessione che consegni tutto di noi al Signore e poi la privazione di una realtà, una cosa, un tempo che riteniamo indispensabile per noi a favore del povero, bisognoso, ma anche dell’amico, del figlio, della moglie per recuperare una luminosità che ci fa sentire pieni di colore, fiduciosi nel futuro e vivaci nelle scelte di vita.

La quaresima è il tempo giusto per servire l’Amore e non lasciare che la frenesia divida e frantumi il nostro cuore.

Attraverso le opere di carità, anche l’elemosina, noi ci sbilanciamo concretamente e totalmente verso un padrone. L’amore chiede tutto o è niente. Scegliamo di impegnare la nostra vita dapprima all’interno della nostra famiglia, ma poi anche nel luogo di lavoro, con gli amici, e anche con i poveri, ammalati e bisognosi, con gesti di carità (opere di misericordia corporali e spirituali), che non vuol dire chiudere gli occhi e dire “si, ok” ossia mettere in atto un buonismo esteriore per questo tempo, ma vuol dire il faticare della carità fatta con verità. C’è una fatica da fare su se stessi e una pazienza da esercitare con gli altri. Allora serviremo l’unico padrone che scopriremo essere per noi un Padre e le cose da fare saranno occasioni di carità.

Buon cammino quaresimale a tutti!

Don Paolo Salatin

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Lo scorso … è venuto a mancare all’affetto di molto don Giacomo Racanelli.

Abbiamo pensato di ricordarlo chiedendo ad alcune persone di condividere la loro e esperienza e il loro ricordo di don Giacomo.

Quando arrivava il momento di iniziare la Scuola media (così si chiamava quando la frequentavo io), accanto ai sentimenti di curiosità, attesa e trepidazione per il passaggio alla nuova scuola, c’erano anche quelli di preoccupazione e timore perché molti di noi, avrebbero iniziato il catechismo con don Giacomo!

Don Giacomo rappresentava il rigore, la “buona educazione”, l’autorità, la cultura.

In effetti, dal punto di vista di noi ragazzini, ciò che ci ricordava il suo essere prete era “solo” la sua immancabile tonaca nera, perfetta, senza sgualciture e il modo in cui dovevamo salutarlo: “Sia lodato Gesù Cristo”!

Ci dovevamo sistemare rigorosamente in fila e in silenzio.

In silenzio entravamo in una delle anguste e scure stanze al pianterreno della canonica (gli anni del restauro avrebbero ridato luce e splendore a quelle fredde stanze!), sederci evitando ogni possibile rumore nello spostare le sedie. In caso contrario, don Giacomo avrebbe provveduto a impartirci una lezione di buone maniere.

Una volta seduti, iniziava l’appello: i nomi venivano letti da uno di noi, al quale don Giacomo aveva consegnato il “Registro del catechista”. Questo registro doveva essere compilato senza errori e in bella calligrafia, riportando anche l’argomento della lezione che il reverendo puntualmente e con certosina precisione di termini, dettava all’inizio della lezione. Chi aveva il registro, era scelto da don Giacomo periodicamente (e io sono stata purtroppo una di questi per diverse volte!), e questo significava molto per chi lo riceveva: doveva essere un/una ragazzino/a silenzioso, bravo a scrivere e a leggere, attento e sempre preparato! Più che sentirti gratificato, ti prendeva l’ansia per tutto il tempo! Quando iniziava la lezione, ogni chiacchiericcio cessava e le reazioni di ognuno di noi, ovviamente, erano diverse: sguardi insofferenti, altri annoiati, altri impauriti, altri quasi affascinati dalla capacità narrativa del don e dal fatto che sapesse sempre rispondere ad ogni nostra domanda. Don Giacomo non semplificava mai il suo modo di comunicare: ricordo come insistentemente affermasse che ciò che non poteva “fare” il nostro cervello, lo avrebbe fatto lo Spirito Santo. Ho capito solo negli anni a venire la profondità di questo suo modo di fare, allora questo suo modo mi intimoriva e alimentava il mio senso di inadeguatezza: sarei mai stata in grado di capire, di studiare, di sapere? Don Giacomo esigeva che imparassimo con correttezza tutte le preghiere del cristiano, che conoscessimo tutte le parti della messa e ovviamente rispondessimo in modo preciso senza sbavature; ci portava in chiesa e ci faceva ripetere innumerevoli volte i gesti: segno della croce, genuflessione, saluto … e il luogo preciso in cui farli in chiesa! In chiesa poi ci insegnava i nomi di ogni arredo, il valore di ogni opera d’arte e il suo significato. Ci raccontava degli artisti che hanno abbellito le pareti, i soffitti, le cappelle…

Per noi ragazzini erano “ore” senza fine di catechismo: pedagogicamente mi rendo conto di quanto fosse difficile apprezzarlo!

Sarà il tempo a riconciliarmi con il “prete” don Giacomo: un prete che sembrava dire a noi ragazzini vivaci e intemperanti, che solo la conoscenza, il rigore, l’osservanza dei precetti fossero importanti per crescere “buoni cristiani”. Oggi che sperimento la “flessibilità” delle regole, l’incertezza dei legami, la difficoltà di confrontarsi con pacatezza sulle “cose” di Dio, la conoscenza approssimativa della Parola di Dio, la debolezza nel decidersi a scelte impegnative per la propria vita come il seguire Gesù, mi ritornano in mente le parole di quel burbero prete, il cui senso più o meno era: “Quel che non farà il tuo cervello, farà lo Spirito Santo”. Ecco io sostituirei il “cervello” con il cuore, ma per il resto come non riconoscere un “uomo di fede” in queste parole? Un uomo che evadeva con la sua arte per poi “chiudersi” nel mondo protetto della casa di riposo, per mettersi al servizio degli ultimi dei nostri tempi moderni, in nome di Dio.

Angela Cancian

Don Giacomo

Quando, negli anni ’90, ho iniziato a fare catechismo, ho il ricordo di Don Giacomo come di una figura preziosa tra i catechisti.

La maggior parte delle volte, quando arrivavo, lui era già lì immobile e composto sull’atrio, sopra le gradinate dell’allora scuola materna parrocchiale, pronto ad iniziare la sua ora di catechismo. Di solito aveva il compito di preparare i bambini di 4^elementare, che si accostavano al Sacramento dell’Eucaristia. Li metteva in fila in modo disciplinato e si avviava verso l’aula solo quando tutto il gruppo era ordinato e in silenzio. Ciò a cui lui teneva particolarmente era il saluto, che non doveva essere un semplice

“Buongiorno”, bensì gli brillavano gli occhi quando lo si salutava dicendo “Sia lodato Gesù Cristo”, al quale lui prontamente rispondeva quasi sillabando “Sempre sia lodato”.

GRAZIE DON GIACOMO

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Ho ricordi di lui anche da ragazzina. Mia mamma ha lavorato per molti anni nella Casa di Riposo S. Pio X° e mi metteva sempre al corrente delle gite che erano in programma, alle quali più volte ho partecipato. Era lo stesso Don Giacomo ad organizzarle e a farvi da guida, con la sua grande passione e conoscenza della pittura e dell’arte in generale, era un’enciclopedia umana e noi partecipanti, a bocca aperta, ascoltavamo le sue spiegazioni. Mi ricordo inoltre, di quando mia mamma, fatto di cui ancora mi parla, lo ha accompagnato a Spilimbergo con il camioncino di mio papà, un FIAT 1100 per l’esattezza, a prendere i vari pezzi che avrebbero in seguito composto il mosaico che si può ammirare all’entrata della Casa. Lei se lo ricorda come una persona molto garbata e rispettosa.

Simonetta Sonego

Don Giacomo ….. un amico speciale…..

Le radici della nostra amicizia affondano in anni ormai lontani, quando ancora bambina, mi dava lezioni di latino e ... anche qualcosa di greco… perché, diceva, “Altrimenti come fai ad usare in modo corretto gli accenti tonici delle parole…..”. Lo faceva con dedizione e coinvolgimento tale da rendere, queste materie altrimenti aride e fredde, una lingua viva, capace di emozionare, tanto che col passare degli anni, leggevo e commentavo con lui i classici della letteratura latina, in lingua originale, senza aiuto di traduzioni o dizionario. E’ stato un uomo attento e perspicace, capace di cogliere in me, ragazzina spensierata, i primi acerbi segni di propensione verso le varie forme d’arte e di alimentarli, piano piano, con delicatezza, come con oggetto fragile e delicato, affinando le mie ancora scarne conoscenze di estetica, di musica, di storia dell’arte e di letteratura. Ricordo ancora con emozione il giorno del mio 18°compleanno, un giorno tra arte e cultura, voleva che fosse ben augurale, il preludio di una vita di conoscenza e di viaggi…. con ancora in mano il pasticcino che mi aveva comperato, abbiamo preso di corsa il primo treno per Venezia, c’era un’infinità di cose da visitare, la Biennale d’Arte, le gallerie e tantissimi monumenti!!! E per tante estati è stato così, finché la salute glielo ha permesso, io, lui e mia cugina Laura, dopo la messa del mattino, il giovedì, si partiva per la Biennale o altre mostre o musei importanti, dove lui ci avrebbe poi fatto da guida ineguagliabile. Mentre camminavamo tra le calli o lungo le strade, ci recitava i padri della Letteratura, gli si poteva chiede qualsiasi informazione, non c’era cosa che non conoscesse…. Ricordo ancora le battute, le risate, le corse folli per prendere l’ultimo treno la sera, per rincasare prima del buio!!! Sembrava incapace di scherzare, di essere allegro, invece, dietro quella dura corazza, nascondeva un cuore tenero, capace di commuoversi, di emozionarsi fino alle lacrime. Negli anni dell’Università, tante volte mi ha prestato i suoi libri, da integrare con quelli che già avevo da studiare per gli esami, dicendomi “Così farai un figurone, vedrai...” Ricordo quando ormai grande, lo andavo a trovare, il mio mentore era ambizioso dei miei studi, mi vedeva sempre con emozione, teneva strette strette le mie mani tra le sue, poi prendeva dalla sua immensa biblioteca un testo di filosofia, di letteratura, di estetica o di arte, ne leggeva delle parti e lo commentavamo insieme, aveva sempre un sacco di cose su cui confrontarsi, era come fare un tuffo nella conoscenza più pura…. Quanti libri c’erano in casa sua, ovunque… mi aveva raccontato ridendo di aver ammucchiato tutta la biancheria in un cassetto per far spazio ai libri nell’armadio!! Ringrazio il cielo per avermi donato un amico così speciale, perché quello che sono è anche merito suo, mi mancherà tantissimo. Il giorno del suo funerale gli ho detto solo arrivederci, perché vorrei fosse solo così!

Marta Giust

Public chiamo di seguito questa lettera testimonianza di Silvano Betto che ormai conosciamo da anni. Riteniamo possa aiutarci a considerare in modo diverso la nostra vita.

Accompagniamo con la preghiera la sua presenza in Sud Sudan.

Cari amici,

sono a Juba da due settimane e vi mando qualche notizia, per farvi partecipi di quanto sto vivendo. In particolare tra ieri e oggi le notizie si susseguono riguardo al processo di pace. A Roma, presso la comunità di Sant’Egidio, rappre- sentanti delle parti in guerra stanno cercando di accordarsi sui numerosi punti di scontro: notizia positiva che almeno provino a parlarsi e non a spararsi contro. Uno dei motivi di disaccordo è la suddivisione del Sud Sudan in “regio- ni-territori” in cui dominano l’una o l’altra delle due prin-

NUOVE NOTIZIE DA JUBA

UNA REALTÀ CHE CI FA’ RIFLETTERE

cipali tribù (Dinka e Nuèr). I Dinka e l’attuale presidente vorrebbero dividere il Paese in 32 o più regioni, i Nuer e l’opposizione vorrebbero mantenere le attuali 10 regioni.

Ieri pomeriggio un comunicato del presidente dice che per venire incontro al processo di pace accetterà la suddivisio- ne in 10 regioni: bella notizia! Forse si accorderanno…. Ma vuol mantenere sotto il suo controllo tre territori (guar- da caso quelli coi pozzi di petrolio): brutta notizia. Andrà avanti questo processo di pace? Noi comunque siamo in all’erta. Nel pomeriggio sentiamo canti, musica, tamburi:

sarà la gente che festeggia o manifesta? No, forse è solo un matrimonio. Oggi pomeriggio, altro comunicato: il leader dell’opposizione non accetta la decisione del presiden- te. Pessima notizia: quando uno fa un passo verso l’altro, quello gliela fa pagare. E’ chiaro che io sto semplificando e chissà quali altri interessi e risvolti si devono considerare,

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Ai primi di settembre del 1641, Paolin De Pol, conducente di carrozze di Ponte della Muda, si recò a Modena per ricondurvi il capitano Francesco Rangoni, dei signori di Cordignano, venuto qui a far visita alla figlia Lodovica.

Assolto l’incarico, De Pol passò nel castello che la famiglia possedeva, e possiede tuttora, nel vicino centro di Spilamberto, e nelle due settimane che vi rimase si recò ogni mattina a servire messa nella chiesetta della Madonna del Carmine, sulla strada per Vignola. Al momento del congedo, ricevette dal cappellano officiante, fra’ Silvestro, una piccola immagine a stampo su tela di lino riproducente i tratti di un dipinto della Madonna del Carmine posto sull’altare maggiore, con l’assicurazione che essa lo avrebbe abbondantemente ripagato del servizio reso.

Una volta a casa, i ricordi di viaggio, delle persone incontrate e della promessa del frate fecero il giro del paese, con quelle prevedibili aggiunte di colore che assumono i fatti quando passano di bocca in bocca. Ne venne a conoscenza il meriga Gio. Maria Agostinetto, che da qualche tempo era affetto da una malattia che non gli consentiva di ingerire alcun cibo, né panadella né altro, e mandò a rincurare in casa De Pol, che si presentò con la sua immaginetta. Dopo averla baciata con fervore e aver recitato cinque Pater e cinque Ave, il meriga si sentì meglio, tanto che si alzò dal letto e volle mangiare alcuni gamberi di fiume (notoriamente indigesti) che De Pol aveva non casualmente portato in tasca. La voce della guarigione del capo-villaggio dovette determinare ulteriori richieste di aiuto, che indussero De Pol ad esporre l’immagine nella nicchia di un muro lungo la strada di Cormanè (attuale via Redipuglia) all’incirca nel punto dove ora si trova il sacello-ricordo. Il posto era in vista, dato che quella strada costituiva un tratto dell’antica Via Magna, a quel tempo Strada Regia, su cui passava gran parte del traffico internazionale tra Roma, Venezia, Udine

LA MADONNA DEL CARMINE DI PONTE DELLA MUDA

UNA IMMAGINE CHE È CONSERVATA NELLA GRANDE CAPPELLA DESTRA DEDI- CATA ALLA MADONNA DELLA CHIESA ARCIPRETALE DI CORDIGNANO

eVienna. L’immagine vi rimase cinque mesi senza che succedesse alcunché. A fugare ogni dubbio sui poteri taumaturgici dell’immagine, nel carnevale del 1642 vi fu la guarigione da non ben precisabili cattari nella vita della stessa moglie di De Pol, Angiola, cui nell’estate seguì quella di Marieta, moglie dell’oste Domenego Pasin, di Sarone, che era in cattivo stato et era persa le gambe ed un brazo che non si poteva muovere, e poi quella di tante altre persone che si erano recate lì a invocare la Madonna:

storpi, ciechi, catarrosi, gottosi e pazzi indemoniati. Così, di guarigione in guarigione e di offerta in offerta, crebbe la fama della devozione e crebbero anche gli introiti, tanto da far intervenire le autorità locali: il pievano di San Cassiano, don Gerolamo Anguissola, che era preoccupato per la gestione delle elemosine, e il governatore feudale di Cordignano, Gabriele Gabrieli, che lo era altrettanto per i disordini et inconvenienti che potevano nascere in quel clima di eccitazione religiosa e fra tanti sconosciuti.

Intanto, a ridosso del muro dove stava l’immagine, era stata fatta una tettoia, sotto la quale ardevano ceri, si pregava, si salmodiava e si ammassavano ex voto e offerte, custodite in una cassetta di cui non si sa chi tenesse le chiavi.

Intervenne il patriarca di Aquileia, Marco Gradenigo, che con lettera del 31 luglio 1642 datata da Udine diede incarico all’arciprete di Sacile e suo vicario foraneo, mons.

Pietro Businelli, di istruire un processo canonico al fine di accertare la natura dei fatti e le forme della devozione, che non assumessero risvolti superstiziosi o ereticali. Letti gli atti del processo, celebrato nella sagrestia della chiesa di San Cassiano, il patriarca deliberò che l’immagine restasse lì dov’era, ma che le offerte, ammontanti a ben tremila ducati (la paga annua di 60 operai qualificati di allora), fossero gestite dal pievano e non da chicchessia, che altri ma sembra che non ci sia modo e volontà di trovare so-

luzioni. Spesso i nostri lavoratori seguono le vicende per radio e anche loro non capiscono… Intanto la gente fatica ad avere di che vivere, la svalutazione della moneta locale è galoppante, e le persone sono sfiduciate, oltre che affamate.

Ci si mette anche il cambiamento climatico. Dicono che la stagione delle piogge è stata particolarmente lunga, ma io non ricordo di aver visto alberi così secchi e spogli. Ci sono alcune piante che, pur spoglie mettono i fiori, altri alberi hanno in contemporanea frutti e fiori, come se non capis- sero più cosa devono produrre. In tutto questo, però c’è la presenza di numerosi volontari che portano avanti davvero molti Progetti: per la salute di base, per la nutrizione, per

la riabilitazione dei bambini con i più vari problemi, per l’inserimento scolastico, per la formazione del personale di varie professioni. Insomma un sacco di attività e grande serietà dei giovani che si impegnano per uno o più anni. Io che sto qui per poco tempo, supporto la loro attività, passo un po’ della mia esperienza, a volte ricostruisco un po’ la storia di qualche progetto passato perché non si perda la continuità. La salute mi assiste, i piccoli acciacchi dell’età (che in Italia richiedevano accertamenti, visite, medicine) qui passano in secondo piano… il confronto con questa realtà fa davvero rivedere l’importanza di ciò che si vive.

Un abbraccio a tutti

Silvana Betto

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non erano se non De Pol o il meriga di Ponte. Intervenne infine lo

stesso doge di Venezia, Francesco Erizzo, che con ducale del 25 marzo 1643 stabilì che la gestione del capitale passasse al Santo Monte di Treviso (il Monte dei Pegni) e che nella chiesa di San Cassiano fosse costruita una cappella con spesa proporzionata al dinaro cavato dall’elemosine.

L’immagine, traslata mercoledì 8 aprile 1643 con grande concorso di popolo e di clero, fu collocata per intanto su un altare, e cinque anni più tardi, ultimata da due anni la nuova cappella (quella circolare di sinistra) fu posta al centro di un grande altare ligneo realizzato dagli intagliatori cenedesi Giambattista e Andrea Ghirlanduzzi.

Inutile dire che a Ponte la presero male: Paolin De Pol, defraudato ed emarginato, si trasferì a Francenigo, paese della moglie, e i suoi compaesani misero sul luogo della devozione, in cima ad un palo, un’altra immagine della Madonna del Carmine,invitando i devoti a fermarsi lì e non a San Cassiano.

Nella nuova sede, la devozione durò a lungo, almeno ottant’anni, e l’8 aprile, anniversario della traslazione nella chiesa, era festa di precetto, con obbligo di astensione dal lavoro e di partecipazione alle funzioni. Poi, col tempo, dei fatti qui narrati e della devozione si perse anche la memoria, tanto che nella seconda metà dell’800 il parroco don Luigi Beretta cambiò titolo alla cappella, dedicandola a San Francesco. Più vicino a noi, nel 1974, in seguito ad un tentativo di furto della cornice dorata che conteneva l’immagine, mons. Candido Martin la fece togliere dall’altare e riporre in canonica, da dove nel 1992 fu nuovamente portata in chiesa, ma nella cappella della Madonna del Rosario (quella di destra) eretta nel 1678 per dare simmetria alla chiesa. E lì, un po’ in ombra, attende pazientemente di essere riportata, questa volta convenientemente protetta, nel posto che ad essa competerebbe.

(A. Cauz, da: Notizie storiche su Cordignano, 1988 e Trasgressione e devozione, 2008)

“Essere mamma e essere papà è una cosa che abbiamo scelto, ma non è certo un compito facile”. Così è iniziato il primo incontro con la dott.ssa Fanny Mion. Sono stati due incontri ricchi di spunti, di quelli che ti fanno andare a casa con un sacco di pensieri in testa, tanti dubbi e tanti buoni propositi …

Nel nostro essere genitori, un “mestiere” che dura tutta la vita, proviamo tante emozioni più o meno belle: orgoglio, felicità, timore, insofferenza; non sempre sono facili da gestire.

È importante che mamma e papà condividano tutte queste esperienze, ognuno con il proprio ruolo e che si prendano cura, nei diversi modi, a seconda dell’età, del figlio, dalle piccole cose di cui può aver bisogno un bambino piccolo, all’ascolto e alla condivisione con i ragazzi più grandi, questo è importante per creare un rapporto di fiducia reciproca.

Noi mamme possiamo insegnare ai figli l’autonomia, a partire dalle piccole cose quotidiane. L’essere autonomi fa crescere nei bambini l’autostima; i papà soprattutto per i piccoli, ma non solo, rappresentano il collegamento con il mondo esterno. A proposito dei papà, la dott.ssa Mion, ci ha ricordato che sono loro che per primi, stando in piedi, prendono in braccio il bambino, subito dopo il parto, tenendolo in quella posizione che sembra dire “figlio, guarda, questo è il mondo”, è un’immagine che mi è piaciuta molto, a cui non avevo mai pensato.

Gli argomenti trattati sono stati davvero tanti.

Le regole, che devono essere poche, ma chiare e condivise da tutti; i NO, sono importanti aiutano a crescere i figli ma anche noi genitori; i conflitti, è normale che ci siano, soprattutto durante l’adolescenza, periodo che mette a dura prova il ruolo di noi genitori.

L’importanza delle relazioni positive dei figli con adulti che non siano i propri genitori. E’ importante far conoscere loro i nostri amici, serve loro a capire di chi si possono fidare, da questo punto di vista i gruppi parrocchiali, con sacerdoti e animatori adulti ci possono essere molto d’aiuto, a questo proposito è bello anche il valore che la nostra fede da alle figure dei padrini e delle madrine.

Abbiamo parlato anche dell’importanza del mantenere l’equilibrio tra le esigenze dei figli e quelle di noi genitori.

Mi piaceva concludere riportando questi due brani che abbiamo letto insieme durante gli incontri, sono tratti da udienze di Papa Francesco sulla famiglia.

Una mamma partecipante

La Famiglia - Madre

Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico. “Individuo” vuol dire “che non si può dividere”. Le madri invece si “dividono”, a partire da quando ospitano un figlio per darlo al mondo e farlo crescere. Una società senza madri sarebbe una società disumana, perché le madri sanno testimoniare sempre, anche nei momenti peggiori, la tenerezza, la dedizione, la forza morale. Le madri trasmettono spesso anche il senso più profondo della pratica religiosa: nelle prime preghiere, nei primi gesti di devozione che un bambino impara, è inscritto il valore della

ESSERE MAMMA, ESSERE PAPÀ

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fede nella vita di un essere umano. E’ un messaggio che le madri credenti sanno trasmettere senza tante spiegazioni:

queste arriveranno dopo, ma il germe della fede sta in quei primi, preziosissimi momenti. Senza le madri, non solo non ci sarebbero nuovi fedeli, ma la fede perderebbe buona parte del suo calore semplice e profondo. 

La Famiglia – Padre

Ogni famiglia ha bisogno del padre. Oggi ci soffermiamo sul valore del suo ruolo, e vorrei partire da alcune espressioni che si trovano nel Libro dei Proverbi, parole che un padre rivolge al proprio figlio, e dice così: «Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà colmo di gioia. Esulterò dentro di me, quando le tue labbra diranno

parole rette» (Pr 23,15-16). Non si potrebbe esprimere meglio l’orgoglio e la commozione di un padre che riconosce di avere trasmesso al figlio quel che conta davvero nella vita, ossia un cuore saggio. Questo padre non dice: “Sono fiero di te perché sei proprio uguale a me, perché ripeti le cose che dico e che faccio io”. No, non  gli dice semplicemente qualcosa. Gli dice qualcosa di ben più importante, che potremmo interpretare così: “Sarò felice ogni volta che ti vedrò agire con saggezza, e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine. Questo è ciò che ho voluto lasciarti, perché diventasse una cosa tua: l’attitudine a sentire e agire, a parlare e giudicare con saggezza e rettitudine. E perché tu potessi essere così, ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi. Ti ho fatto sentire un affetto profondo e insieme discreto, che forse non hai riconosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quando avresti voluto soltanto complicità e protezione. Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla prova della saggezza del cuore, e vigilare sugli eccessi del sentimento e del risentimento, per portare il peso delle inevitabili incomprensioni e trovare le parole giuste per farmi capire. Adesso – continua il padre -, quando vedo che tu cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti, mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre”. È così ciò che dice un padre saggio, un padre maturo.

Tutti i lunedì a Ponte della Muda alle 18,00 Santa Messa.

Tutti i mercoledì a Villa Belvedere alle 18,00 Santa Messa.

DOM.1 DOMENICA I DI QUARESIMA

16,00 Gruppo Famiglia Young in canonica a Cordignano LUN. 2 CAE, Consiglio Affari Economici, a Ponte della Muda.

MART. 3 10,00 GRUPPO DELLA PAROLA a San Pio X Casa di Riposo.

MERC. 4 CAE a Villa Belvedere.

GIOV. 5 16,00 Santa Messa a Silvella

20,30 Adorazione Eucaristica nella Chiesa di Villa Belvedere.

VEN. 6 PELLEGRINAGGIO FORANIALE

AL SANTUARIO BASILICA MADONNA DEI MIRACOLI

Partenza da Villa ore 13,50 e da Cordignano 14,00 fino a esaurimento posti. 3319687753 don Paolo.

Quota 7 euro da consegnare in Corriera, chiaramente meglio se sono giusti.

18,00 Santa Messa a Santo Stefano

18,30 Via Crucis nella chiesa di Santo Stefano con la presenza dei bambini di I e II elementare.

20,30 Scuola di Preghiera per giovani in Seminario Vittorio Veneto

SAB. 7 Raccolta GENERI ALIMENTARI per PONTE, VILLA e SANTO STEFANO, per l’operazione MATO GROSSO. I giovani dei gruppi dell’Unità Pastorale passeranno per le case a raccogliere generali alimentari a lunga conservazione (nel volantino che riceverete nelle casa c’è scritto cosa) da spedire in Brasile. Siate generosi.

(8)

20,00 Gruppo “Zoveni”, in canonica a Cordignano.

DOM. 8 DOMENICA II DI QUARESIMA

Festa dei Giovani a Jesolo partenza a Cordignano alle 7,20.

LUN. 9 B. Vergine Maria dei Miracoli di Motta di Livenza

MART. 10 10,00 GRUPPO DELLA PAROLA a San Pio X Casa di Riposo.

18,00 Cresimandi in oratorio a Cordignano.

GIOV. 12 16,00 Santa Messa a San Rocco.

20,30 GIOVEDÌ DELL SPIRITO: Gesù Ospite.

VEN. 13 18,30 Via Crucis nella chiesa di Villa Belvedere con la partecipazione dei ragazzi di IV elementare.

“24 ore per il Signore” – chiesa di Santo Stefano - apertura alle 20,30 e chiusura alle 17,30 con il Vespro di sabato sera.

SAB. 14 Raccolta ferro solo per la parrocchia di Santo Stefano. Dalle 13,00 in poi per la parrocchia di santo Stefano passeranno a raccogliere il ferro ma esporre fuori delle case. In caso di mal tempo sarà sabato 21.

DOM. 15 DOMENICA III DI QUARESIMA

Festa dei Ragazzi a Jesolo partenza a Cordignano alle 7,20.

I cresimandi parteciperanno all’evento, ma sono invitati tutti i ragazzi delle medie, ci sono ancora posti, chiamare don Paolo 3319687753.

MART. 17 10,00 GRUPPO DELLA PAROLA a San Pio X Casa di Riposo.

20,30 incontro Genitori di bambini che riceveranno il sacramento della Riconciliazione.

GIOV. 19 SAN GIUSEPPE, SPOSO DELLA BEATA VERGINE MARIA 16,00 Santa Messa a Silvella.

CHIERICHETTI e MINISTRANTI

Incontro Unità Pastorale nella Chiesa di PONTE DELLA MUDA ore 19,00 Santa

VEN. 20 18,30 Via Crucis nella chiesa di Ponte della Muda con la partecipazione dei ragazzi di III elementare.

SAB. 21 Gruppo Fidanzati alle 18,30

DOM. 22 DOMENICA IV DI QUARESIMA LUN. 23 20,30 incontro per il Battesimo.

MART. 24 10,00 GRUPPO DELLA PAROLA a San Pio X Casa di Riposo.

MERC. 25 ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE GIOV. 26 16,00 Santa Messa a San Rocco.

VEN. 27 20,30 Via crucis Foraniale Giovani. Partenza dalla Chiesa della Casa di Riposo San Pio X arrivo alla Chiesa di Villa di Villa.

DOM. 29 DOMENICA V DI QUARESIMA – Rito di Accoglienza

Tutti i bambini di I elementare e le loro famiglie dell’Unità Pastorale partecipano alla Santa Messa delle 10,45 a Cordignano per il secondo incontro Genitori – Bambini.

LUN. 30 20,30 Incontro per il Battesimo.

MART. 31 10,00 GRUPPO DELLA PAROLA a San Pio X Casa di Riposo.

20,30 in sala san Luigi Guanella incontro per i Genitori e i padrini dei ragazzi che riceveranno il sacramento della Confermazione.

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