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LA PEDISSEQUA APPLICAZIONE DEGLI STUDI DI SETTORE NON GIOVA ALLA PRETESA DEL FISCO

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Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della Legge 633/1941 e pertanto perseguibile penalmente

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LA PEDISSEQUA APPLICAZIONE

DEGLI STUDI DI SETTORE NON GIOVA ALLA PRETESA DEL FISCO

a cura Mariagabriella Corbi

Lo studio di settore costituisce un utile parametro per l'accertamento del maggior reddito ma solo in concorso con la dimostrazione di grave incongruenza.

Tale assunto è stato statuito dalla Commissione Tributaria provinciale Salerno, sez. VIII, con la sentenza del 5 novembre 2008, n. 226.

In particolare, l’iter logico giuridico adottato da tale pronuncia ha denotato i seguenti capisaldi:

 il contenuto dell'articolo 62 sexies comma 3 del D.L. 331/93 che dispone

"gli accertamenti di cui all'art. 39 del D.P.R. 600/73 possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze ... e quelli fondamentalmente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'art. 62/bis del presente decreto"; - gli articoli 39 e 42 del D.P.R. 600/73 che disciplinano il ricorso al metodo induttivo o sintetico con richiesta di specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che lo giustificano.

 Si ritiene quindi, in tale contesto, che non è sufficiente il solo riferimento ai dati che scaturiscono dagli studi di settore, per rendere sussistenti presunzioni gravi, precise e concordanti.

 La cassazione tributaria, intervenendo in merito, ha chiaramente affermato che per poter applicare il disposto dell'art. 39 1comma lettera d del D.P.R.

600/73 non è sufficiente il ricorso all'applicazione automatica delle risultanze dello studio di settore, ma occorre che tali elementi siano confortati da altri indizi che supportano lo scostamento. Ancora, sempre la cassazione tributaria ha affermato che, pur volendo utilizzare gli studi di settore come strumento per la ricostruzione del reddito, occorre che l'ufficio dimostri come sia stato preventivamente accertato che esistano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta. Solo ricorrendo tali condizioni è legittimo l'accertamento induttivo dei ricavi e quindi dei redditi ai sensi dell'art. 39.

 In sostanza la dimostrazione dello scostamento tra redditi dichiarati e redditi accertati non può trovare fondamento in dati presuntivi, ma deve essere riferita ad ogni singola realtà.

 Fermo il principio che la normativa tributaria deve essere applicata in conformità ai principi costituzionali, non vi è dubbio che spetta all'ufficio l'onere della prova della capacità contributiva anche in forza dello stesso statuto del contribuente. Pertanto, lo studio di settore costituisce un utile parametro per l'accertamento del maggior reddito ma solo in concorso con la dimostrazione di grave incongruenza che rappresenta la ragione per cui si ricorre allo studio stesso. Di tale ulteriore dimostrazione rispetto al puro dato aritmetico desunto dall'applicazione dello studio di settore non vi è traccia nel presente giudizio e nell'accertamento.

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2 Riflessioni

L’ordinamento tributario accorda all’Amministrazione finanziaria strumenti differenti al fine dell’esercizio del potere di accertamento delle imposte. Il ricorso al metodo induttivo di ricostruzione della base imponibile e l’utilizzo delle risultanze degli studi di settore non sono semplicemente soggetti alla verifica dei presupposti normativi ai fini della relativa applicazione ma, al pari delle altre metodologie di accertamento, sottoposti al vaglio giurisdizionale circa la fondatezza della pretesa tributaria fatta valere.

Ciò per la considerazione che l’accertamento induttivo basato sugli studi mai può comportare una presunzione iuris et de iure della validità dell’accertamento medesimo né osta al contribuente di provare l’insussistenza dei fatti costitutivi del debito d’imposta imputato in virtù della situazione economico asseritamene eterodossa rispetto a quella considerata come statisticamente prevalente dagli studi di settore (Sent. n. 26204 dell’8 ottobre 2008 dep. il 30 ottobre 2008 della Corte Cass. Sez. tributaria).

Non sono dunque condivisibili le conclusioni cui giunge l'Agenzia, secondo cui lo studio di settore avrebbe in sé una sua piena valenza probatoria non necessitante di alcun supporto esterno ed ulteriore ed invertirebbe l'onere della prova a carico del contribuente (Sent. n. 158 del 2 ottobre 2008 dep. il 3 ottobre 2008 della comm. trib. prov. di Reggio nell'Emilia, Sez. I); infatti, gli accertamenti operati in base agli studi di settore hanno le caratteristiche delle semplici presunzioni, per cui non possono da soli giustificare la discordanza tra ricavi dichiarati ed accertati, ma occorre che tale metodologia sia confortata da altri elementi che possono giustificare lo scostamento del reddito (Commissione Tributaria Provinciale di Roma sez. 21 sentenza n. 205 del 25 giugno 2008). Nell’esercizio del potere di accertamento l’Amministrazione finanziaria non può limitarsi a determinare induttivamente il reddito imponibile del contribuente sulla mera scorta della pedissequa applicazione degli studi di settore senza attivarsi per la verifica di elementi di fatto sulla reale ed obiettiva capacità reddituale del soggetto accertato. L’ordinamento tributario è informato al principio costituzionale di capacità contributiva il quale osta a qualsiasi ricostruzione della materia tassabile fondata esclusivamente su criterî statistici e valutazioni automatiche (Sent. n. 33 dell’8 luglio 2008 dep. il 25 settembre 2008 della comm. trib. reg. di Torino, Sez. XXXIV). L’ordinamento tributario è informato al principio di capacità contributiva e, dunque, non è ammissibile la determinazione automatica del reddito imponibile del contribuente sull’applicazione di elementi matematico-statistici inidonei a fondare l’avviso di accertamento e la relativa pretesa impositiva.

Conseguentemente, l’incongruenza fra i dati dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore deve, nell’ambito del principio dell’onere della prova, essere supportata dall’analisi ed esame della realtà economica del soggetto verificato(Sent. n. 17 del 5 marzo 2008 (dep. il 19 marzo 2008 della comm. trib. reg.

di Palermo, Sez. XIX ; Sent. n. 28 del 12 maggio 2008 dep. il 19 maggio 2008 della comm. trib. reg. di Torino, Sez. XII). La ricostruzione induttiva effettuata in applicazione degli studi di settore non è sufficiente se non corredata di adeguato vaglio caso per caso circa l’eventuale discordanza fra i dati dello studio e quelli

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3 dichiarati dal contribuente (Sent. n. 86 del 26 febbraio 2008 dep. il 4 marzo 2008 della comm. trib. reg. di Roma, Sez. I).

Lo studio di settore costituisce uno strumento a disposizione dell’Amministrazione finanziaria al fine di ricostruire il reale reddito imponibile del contribuente. Peraltro, esso non costituisce circostanza ex sé sufficiente in punto di motivazione dell’avviso di accertamento necessitando dell’esame di circostanza, dati elementi obiettivi od indiziari dai quali desumere lo scostamento fra i valori dichiarati e la materia imponibile realmente conseguita. L’adozione di strumenti di determinazione forfetaria od induttiva del reddito non autorizza l’Amministrazione finanziaria a desumere dall’ordinamento tributario alcun principio di produzione costante del reddito da parte del contribuente, dovendosi l’accertamento necessariamente incardinare nel contesto temporale del periodo d’imposta i ‘dati ed elementi comunque raccolti funzionali alla dimostrazione della legittimità della pretesa erariale (Sent. n. 10 del 16 gennaio 2008 dep. il 20 febbraio 2008 della comm. trib. prov. di Chieti, Sez. V).

Invero l’Amministrazione Finanziaria ai sensi dell’art. 39, primo comma, del DPR 600/73, può procedere a rettifica della dichiarazione dei redditi d’impresa del contribuente anche in presenza di una contabilità regolare, dimostrando l’inesattezza od incompletezza di una o più poste, avvalendosi degli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero anche di presunzioni dotate dei requisiti di cui al[’art. 2729 c.c. La sostanziale inattendibilità dei dati relativi ai ricavi può essere evidenziata attraverso la comparazione con dati extracontabili o, con presunzioni semplici gravi, precise e concordanti desunte da dati di comune esperienza, anche secondo le regole fondamentali di buon senso e ragionevolezza, oltre che da concreti elementi offerti da singoli casi, senza che l’analiticità dell’accertamento venga meno in relazione al metodo induttivo utilizzato nella valutazione delle singole poste.

Tuttavia il legislatore non si è accontentato che le gravi incongruenze siano, semplicemente, desumibili dagli studi di settore, ma richiede, specificatamente, che lo siano fondatamente vale a dire il legislatore vuole che le gravi incongruenze conseguano alla comparazione non tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli stessi, ma condiziona la legittimità degli accertamenti al fatto che quanto accertato abbia scarsa probabilità di errore. Per esplicare la loro efficacia le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti e devono avere il conforto di altri semplici ma necessari elementi presuntivi o probatori che tengono conto delle caratteristiche e delle condizioni reali di esercizio della professione, nonché di dati desunti da indagini contabili, bancarie o documentali (Commissione Tributaria Regionale di Roma sez. 36 sentenza n.

107 del 20 ottobre 2008).

Mariagabriella Corbi 27 Novembre 2008

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4 ALLEGATI

1) Commissione Tributaria provinciale Salerno, sez. VIII, sent. 5 novembre 2008, n.

226

Fatto e diritto

Il sig. A.M., rappresentato e difeso dal dott. A.S., presenta ricorso avverso avviso di accertamento ... emesso dall'Agenzia delle Entrate di Salerno e notificato in data 21 dicembre 2005.

L'ufficio determina, con la metodologia degli studi di settore, per l'anno d'imposta 2003, maggiori ricavi e di conseguenza rettifica il reddito dichiarato, la base imponibile Irap ed il volume d'affari I.V.A..

I1 ricorrente, con il ricorso presentato, chiede l’annullamento dell'atto impugnato ritenuto illegittimo in quanto emesso in violazione degli articoli 39 e 42 del D.P.R.

600/73, dell'art. 62 sexies del D.L. 331/93 nonché dell'art. 3 della legge 241/90.

L'ufficio, con proprie controdeduzioni, chiede il rigetto del ricorso con condanna alle spese di giudizio in quanto l'accertamento è stato redatto nel rispetto delle disposizioni vigenti e sono stati utilizzati gli elementi di presunzione, scaturenti dall'applicazione del procedimento dello studio di settore, in conformità alle norme di legge che consentono di procedere alla rettifica del reddito d'impresa sulla base di presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti.

I1 collegio letti gli atti, osserva: - il contenuto dell'articolo 62 sexies comma 3 del D.L.

331/93 che dispone "gli accertamenti di cui all'art. 39 del D.P.R. 600/73 possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze ... e quelli fondamentalmente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'art. 62/bis del presente decreto"; - gli articoli 39 e 42 del D.P.R. 600/73 che disciplinano il ricorso al metodo induttivo o sintetico con richiesta di specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che lo giustificano.

Si ritiene quindi, in tale contesto, che non è sufficiente il solo riferimento ai dati che scaturiscono dagli studi di settore, per rendere sussistenti presunzioni gravi, precise e concordanti.

La cassazione tributaria, intervenendo in merito, ha chiaramente affermato che per poter applicare il disposto dell'art. 39/1 lettera d del D.P.R. 600/73 non è sufficiente il ricorso all'applicazione automatica delle risultanze dello studio di settore ma occorre che tali elementi siano confortati da altri indizi che supportano lo scostamento.

Ancora, sempre la cassazione tributaria ha affermato che, pur volendo utilizzare gli studi di settore come strumento per la ricostruzione del reddito, occorre che l'ufficio dimostri come sia stato preventivamente accertato che esistano gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell'attività svolta.

Solo ricorrendo tali condizioni è legittimo l'accertamento induttivo dei ricavi e quindi dei redditi ai sensi dell'art. 39.

In sostanza la dimostrazione dello scostamento tra redditi dichiarati e redditi accertati non può trovare fondamento in dati presuntivi ma deve essere riferita ad ogni singola realtà ed ancora che si rilevino, in modo certo, le evidenze di grave incongruenza.

Fermo il principio che la normativa tributaria deve essere applicata in conformità ai principi costituzionali, non vi è dubbio che spetta all'ufficio l'onere della prova della capacità contributiva anche in forza dello stesso statuto del contribuente.

Pertanto, lo studio di settore costituisce un utile parametro per l'accertamento del maggior reddito ma solo in concorso con la dimostrazione di grave incongruenza che rappresenta la ragione per cui si ricorre allo studio stesso.

Di tale ulteriore dimostrazione rispetto al puro dato aritmetico desunto dall'applicazione dello studio di settore non vi è traccia nel presente giudizio e nell'accertamento.

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5 In presenza di tali risultanze istruttorie la commissione ritiene il ricorso fondato e da accogliere; dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio sussistendone i motivi

P.Q.M.

La Commissione accoglie il ricorso. Compensa le spese.

2)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA SEZIONE 36

riunita con l’intervento dei Signori:

P. AVV. C. Presidente P. RAG. A. Relatore P. AVV. M. Giudice

ha emesso la seguente SENTENZA

- sull’appello n. ……/08 depositato il ../../2008

- avverso la sentenza N. …/../….

emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di ROMA contra AGENZIA ENTRATE UFFICIO ROMA 8

proposto dal ricorrente:

M. G.

VIA……….NETTUNO RM difeso da:

RAG. C. R.

VIA ………NETTUNO RM Atti impugnati:

AVVISO DI ACCERTAMENTO n………. IVA+IRPEF+IRAP 2001 AVVISO Dl ACCERTAMENTO n………. ADDIZ.REGIONALE 2001 AVVISO DI ACCERTAMENTO n………. ASSENTE 2001 CONTR. INPS

SVOLGIMENTODEL. PROCESSO

Il contribuente M. G., residente a Nettuno, rappresentato e difeso come da mandato in calce al ricorso introduttivo, presentava ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso l’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate di Roma ai sensi dell’art. 62 sexies del D.L. 3331/93, n°331 convertito con modificazioni dalla legge 427/93, per rettificare i ricavi dichiararli nell’anno 2001 da £ ……….. a £ ………..

determinati induttivamente sulla base degli studi di settore e venendosi così a determinare maggiori imposte IRPEF, IVA, Addiz. Reg, IRAP e Contributi Inps.

Nei motivi del ricorso la parte sosteneva l’illegittimità del metodo accertativo basato esclusivamente sugli studi di settore per cui ne chiedeva la disapplicazione evidenziando il fatto che sono stati continuamente monitorati e modificati con la conseguente dimostrazione della loro imprecisione ed arbitrarietà. Nel merito il contribuente affermava la non ammissibilià di una applicazione automatica degli studi di settore ma occorrono altri indizi per cui l’onere della prova compete all’ufficio e nello specifico asseriva che nella determinazione dei ricavi di riferimento si doveva tener conto di una serie di

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6 circostanze che hanno causato la ridotta dimensione dell’azienda a seguito, in particolare della concorrenza delle grandi catene di distribuzione. Concludeva la parte con la richiesta di applicazione di un’unica sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 12 del D.

Lgs 472/97 e l’annullamento dell’atto impugnato per motivi di legittimità e di merito ed in via subordinata la riduzione dei ricavi accertati.

Si costituiva in giudizio l’ufficio che chiedeva la reiezione del ricorso facendo rilevare la legittimità e congruità degli studi di settore e la possibilità da parte del contribuente di fornire prova contraria in sede di contraddittorio sottolineando altresì la esauriente motivazione dell’avviso di accertamento. La Commissione adita con la sentenza n° …/../..

rigettava il ricorso e condannava la parte al pagamento delle spese di giudizio con la motivazione della legittimità degli studi di settore come riconosciuto dalla giurisprudenza e dalla Corte Costituzionale e sottolineando che compete al contribuente dimostrare l’inapplicabilità dei parametri degli studi di settore.

Contro la sentenza propone appello il contribuente assumendo di ritenere completamente errata la sentenza in quanto i giudici sarebbero partiti da un assunto errato che li ha condotti all’emissione di una sentenza priva di fondamento e valida motivazione. Nel merito si riporta a quanto sostenuto nel ricorso introduttivo rilevando in particolare che gli studi di settore devono necessariamente essere supportati da altri elementi che ne confermino le risultanze per cui conclude in via principale con la richiesta che venga dichiarata la nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione e sempre in via principale che venga dichiarato illegittimo in quanto carente delle gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli accertatati con gli studi di settore.

Controdeduce l’ufficio che in via preliminare chiede la riunione del presente appello con gli altri appelli proposti dal medesimo contribuente ed aventi ad oggetto lo stesso tipo di controversia; resiste alle conclusioni dell’appellante, ripropone la legittimità degli studi di settore e della loro applicabilità per cui conclude con il rigetto dell’appello di parte resistente.

La vertenza è venuta in decisione in data 24 Settembre 2008, previa discussione in pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appellante contribuente con il primo motivo censura la sentenza impugnata e si oppone all’avviso di accertamento denunciando la falsa applicazione dell’art. 62 sexies del D.L.

331/93, convertito, con modificazioni, dalla legge n° 427/93, con cui l’ufficio, sulla base degli studi di settore, ha accertato maggiori ricavi non dichiarati per cui si duole della nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione e del mancato riscontro obiettivo ai fini del giudizio di congruità tra i redditi dichiarati e i redditi desunti presuntivamente dall’ufficio.

In quanto al primo motivo la doglianza non ha pregio e va disattesa. Al riguardo il Collegio osserva che nel caso di non esauriente motivazione dell’avviso di accertamento il rilievo del vizio è il mezzo di introduzione del giudizio sulla obbligazione tributaria ed il modo in cui l’atto è motivato assume rilevanza all’interno del processo tributario relativamente al problema della distribuzione dell’onere probatorio tra le parti, di modo che l’esistenza di una motivazione sommaria comporta per l’ufficio l’onere specificatamente di indicare in giudizio le ragioni della propria pretesa e di fornire i necessari elementi di prova sui fatti che ne rappresentano il fondamento giustificativo.

Riteniamo che quanto premesso non è raffigurabile nel caso in specie in quanto l’ufficio basandosi su coefficienti presuntivi di reddito ha determinato induttivamente il reddito imponibile. Nel merito per quanto riguarda il secondo motivo 1’ appello è fondato e va accolto.

Invero l’Amministrazione Finanziaria ai sensi dell’art. 39, primo comma, del DPR 600/73, può procedere a rettifica della dichiarazione dei redditi d’impresa del

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7 contribuente anche in presenza i una contabilità regolare, dimostrando l’inesattezza od incompletezza di una o più poste, avvalendosi degli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero anche di presunzioni dotate dei requisiti di cui al[’art. 2729 c.c.. La sostanziale inattendibilità dei dati relativi ai ricavi può essere evidenziata attraverso la comparazione con dati extracontabili o, con presunzioni semplici gravi, precise e concordanti desunte da dati di comune esperienza, anche secondo le regole fondamentali di buon senso e ragionevolezza, oltre che da concreti elementi offerti da singoli casi, senza che l’analiticità dell’accertamento venga meno in relazione al metodo induttivo utilizzato nella valutazione delle singole poste. Tuttavia il legislatore non si è accontentato che le gravi incongruenze siano, semplicemente, desumibili dagli studi di settore ma richiede, specificatamente, che lo siano fondatamente vale a dire il legislatore vuole che le gravi incongruenze conseguano alla comparazione non tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dagli stessi, ma condiziona la legittimità degli accertamenti al fatto che quanto accertato abbia scarsa probabilità di errore. In base a quanto premesso l’appello del contribuente è fondato.

Si osserva al riguardo che l’accertamento impugnato è consistito nella mera ed acritica trasposizione di un calcolo in base agli studi di settore senza ulteriore ricerca probatoria dell’effettiva capacità contributiva del contribuente. La rettifica del reddito d’impresa non è riconducibile a nessuna delle tipologie previste dal predetto art. 39, nel senso che le gravi incongruenze devono essere desunte dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. Per esplicare la loro efficacia le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti e devono avere il conforto di altri semplici ma necessari elementi presuntivi o probatori che tengono conto delle caratteristiche e delle condizioni reali di esercizio della professione, nonché di dati desunti da indagini contabili, bancarie o documentali per cui l’accertamento in esame appare del tutto carente. Né tantomeno possono condividersi le conclusioni a cui giunge l’Agenzia, secondo cui lo studio di settore avrebbe in sé una piena valenza probatoria non necessitante di alcun supporto esterno ed ulteriore ed invertirebbe l’onere della prova a carico del contribuente. Si rileva nel caso che l’accertamento non è basato su concreti elementi di maggior redditività riscontrati in capo al contribuente, ma unicamente su presunzioni, peraltro demolite e confutate dalla difesa. Il contribuente ammette infatti, come peraltro motivato nella sentenza di primo grado, che grosse catene di distribuzione situate nel medesimo Comune hanno ridotto la sua attività ed eroso in maniera non trascurabile i suoi guadagni ed ha elencato un congruo numero di aziende che esercitano la sua stessa attività. In base a quanto premesso ne consegue che, basandosi l’accertamento impugnato sulla semplice risultanza dello studio di settore, senza l’apporto di altri elementi che rendano fondata la stessa, l’avviso su questo punto deve essere dichiarato illegittimo ed in riforma della sentenza di primo grado deve essere annullato. Ricorrono tuttavia giusti motivi perché le spese processuali relative al giudizio siano compensate tra le parti.

PQM

Accoglie l’appello del contribuente. Spese compensate.

IL RELATORE IL PRESIDENTE Così deciso in Roma il ………

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