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S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA XVII (già IX) SEZIONE CIVILE

in persona del giudice unico dott. Giuseppe Russo ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 32350 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2013, vertente

tra

Alessandro, elettivamente domiciliato in Roma alla piazza A. Mancini n. 4, presso lo studio dell’Avv. Gaia D’Elia che lo rappresenta e difende in forza di procura in atti

attore S.p.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla piazza di S.

Andrea della Valle n. 6, presso lo studio *******

, che la rappresenta e difende in forza di procura in atti

convenuta oggetto: contratti bancari

conclusioni: come in atti e verbali di causa

FATTO E DIRITTO

Alessandro ++++++++ ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma ++++++ S.p.A. lamentando l’illegittimo addebito di competenze non dovute in relazione al conto corrente contrassegnato con il n. 92-53 intrattenuto con la banca convenuta. L’attore ha denunciato l’applicazione di condizioni economiche non concordate in forma scritta ed in particolare ha dedotto: 1) l’illegittima capitalizzazione trimestrale degli

Sentenza n. ++++/2019 pubbl. il 02/05/2019

RG n. 3+++2013

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interessi passivi e la nullità della relativa previsione contrattuale in violazione del divieto previsto dall’art. 1283 c.c.; 2) l’illegittima applicazione di interessi ultralegali non pattuiti in forma scritta e comunque indeterminati in violazione degli artt. 1284 c.c. e 117 TUB; 3) l’illegittima modifica unilaterale delle condizioni economiche operata dalla banca in senso sfavorevole al correntista senza specifica approvazione della clausola relativa allo ius variandi e senza preventiva comunicazione delle variazioni in violazione di quanto previsto dall’art. 118 TUB; 4) l’illegittima applicazione di interessi anatocistici anche nel periodo successivo all’entrata in vigore della delibera CICR del 9.02.2000 in mancanza di specifica approvazione per iscritto della clausola modificativa in peius; 5) l’illegittimo addebito della commissione di massimo scoperto non pattuita e comunque priva di alcuna giustificazione causale oltre che indeterminata nei criteri di computo; 6) l’illegittima antergazione e postergazione delle valute in senso sfavorevole al correntista; 7) l’illegittima applicazione di interessi usurari in violazione della legge n. 108 del 1996.

Il sig. ****** ha concluso chiedendo di accertare le nullità contrattuali denunciate e di rideterminare il saldo dare/avere tra le parti, condannando la banca convenuta alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre al risarcimento dei danni morali e patrimoniali conseguenti al reato di usura.

Si è costituita in giudizio ******* S.p.A., la quale in via pregiudiziale ha eccepito la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza e genericità assoluta delle domande in relazione al petitum e alla causa petendi. La convenuta ha contestato anche nel merito la fondatezza di tutte le domande avversarie, sollevando altresì l’eccezione preliminare di prescrizione delle pretese creditorie di controparte in relazione al periodo anteriore al decennio precedente la notifica dell’atto di citazione.

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La causa è stata istruita attraverso l’acquisizione di documenti e l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio di natura contabile.

All’udienza del 10/10/2018, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione del termine di giorni sessanta per il deposito di comparse conclusionali e di ulteriori giorni venti per le repliche.

**********

Anzitutto va respinta l’eccezione pregiudiziale di nullità dell’atto di citazione per violazione dell’art. 163 nn. 3 e 4 c.p.c., ipotesi che postula la totale omissione dei fatti posti a fondamento della domanda e l’assoluta incertezza del bene della vita di cui si domanda il riconoscimento. Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta, le domande proposte dall’attore sono sufficientemente determinate sia nel petitum (costituito dalle richieste di accertamento di alcune competenze indebite e dalle pretese restitutorie e risarcitorie formulate nelle conclusioni dell’atto introduttivo), che nella causa petendi (integrata dagli asseriti illegittimi addebiti e dalle nullità riferite al rapporto contrattuale di conto corrente precisamente individuato), ponendo, in tal modo, la parte convenuta nella condizione di formulare in via immediata ed esauriente le proprie difese (cfr. Cass. 4.06.2001 n. 7507), come in effetti è avvenuto.

Venendo al merito le domande proposte dall’attore sono fondate e devono essere accolte nei limiti di seguito precisati.

Per come pacificamente ammesso dalle parti in causa Alessandro Ferranti ha intrattenuto con la banca convenuta il rapporto di conto corrente originariamente aperto presso la Cassa di Risparmio di Roma (ora U++++++ S.p.A.) contrassegnato dal n. 92-53. Il conto corrente risulta acceso in data 19.11.1985 attraverso apposito contratto che è stato allegato in copia agli atti di causa. Lo svolgimento del rapporto è comprovato dagli estratti conto versati in atti da parte attrice che coprono l’intero arco temporale compreso tra il 31.12.1987 e il 7.07.2004 ad eccezione

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dei seguenti periodi: dal 5.8.1991 al 9.9.1991, I trimestre 1997, I e II trimestre 2000, III trimestre 2001, II trimestre 2003. Per quanto risulta dall’ultimo estratto conto allegato in atti il conto è stato estinto in data 7.07.2004 con un saldo finale pari a zero.

L’attore lamenta anzitutto la mancata pattuizione in forma scritta delle competenze applicate dalla banca nel corso del rapporto ed in particolare degli interessi eccedenti la misura legale, delle commissioni di massimo scoperto, delle variazioni di valuta e delle altre spese in violazione degli artt. 117 TUB e 1284 e 1346 c.c..

In effetti il contratto di apertura di conto corrente datato 19.11.1985 non riporta alcuna indicazione dei tassi di interesse e delle altre condizioni economiche da applicare al rapporto. Nel medesimo contratto si rinviene una clausola che per la determinazione degli interessi rinvia alle “condizioni praticate usualmente dalle Aziende di Credito sulla piazza”. Detta clausola di rinvio agli usi piazza, sebbene pattuita in data anteriore all’entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge sulla trasparenza bancaria (legge 17 febbraio 1992, n. 154, poi trasfusa nel testo unico 1 settembre 1993, n. 385), deve ritenersi nulla in quanto è priva del carattere della sufficiente univocità, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale (cfr. in tal senso Cass. 28.03.2002 n. 4490).

Anche per il periodo successivo all’entrata in vigore della legge n. 154 del 1992, che ha introdotto l’obbligo della forma scritta per i contratti bancari, l’assunto di parte attrice, secondo cui sul conto corrente in esame sarebbero stati applicati interessi ultralegali ed altre competenze non pattuite nella forma prescritta dalla legge, non è stato smentito da +++++++ S.p.A.

che non ha prodotto alcuna convenzione conclusa per iscritto tra le parti.

Pertanto, in mancanza di valide pattuizioni in forma scritta, si deve ritenere illegittima qualunque competenza applicata dalla

Sentenza n. +++/2019 pubbl. il 02/05/2019

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banca convenuta al conto corrente oggetto di causa. Analogamente deve essere dichiarata l’illegittimità dell’antergazione e della postergazione delle valute in senso sfavorevole al correntista in assenza di specifiche previsioni negoziali.

E’, quindi, necessario eliminare le c.m.s. e le altre spese e sostituire i tassi di interesse convenzionali applicati dalla banca con il tasso legale per la parte del rapporto svoltosi fino al 9.07.1992 (data di entrata in vigore dell’art. 4 della legge n.

154 del 1992 poi sostituito dall’art. 117 TUB) e con il tasso determinato ai sensi dell’art. 117 co. 7 TUB per la parte del rapporto successiva al 9.07.1992; occorre poi considerare le date delle valute delle singole operazioni senza alcuna variazione.

Quanto all’applicazione di interessi anatocistici contra legem lamentata da parte attrice si deve, anzitutto, rilevare la nullità, per violazione del divieto di anatocismo di cui all’art.

1283 c.c., della clausola contenuta nel contratto datato 19.11.1985 che prevedeva la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi in regime asimmetrico rispetto alla capitalizzazione annuale di quelli attivi: ciò in adesione all’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U. 4/11/2004 n. 21095). Di conseguenza devono ritenersi illegittimi gli interessi anatocistici applicati a carico del sig.

Ferranti sino al 30.06.2000 allorquando la banca si è adeguata al criterio di reciprocità introdotto dalla delibera emanata dal CICR in data 9.2.2000 in attuazione della nuova disciplina contenuta nell’art. 120 TUB così come modificato dall’art. 25 del D.lgs.

4.8.1999 n. 342. Tale adeguamento è stato regolarmente comunicato dalla banca attraverso la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (cfr. doc. 2 del fascicolo di parte convenuta). Il nuovo regime deve ritenersi astrattamente più favorevole per il correntista (il quale beneficia della capitalizzazione trimestrale anche per gli interessi creditori prima capitalizzati annualmente), sicché non è necessaria la specifica approvazione per iscritto richiesta dall’art. 7 della delibera CICR del 9.2.2000 per le nuove

Sentenza n. ++++/2019 pubbl. il 02/05/2019

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condizioni contrattuali che comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate.

Pertanto, gli interessi anatocistici contabilizzati fino al 30.06.2000 a debito per il sig. +++++++ in regime asimmetrico rispetto agli interessi attivi devono essere espunti senza operare alcuna capitalizzazione in conformità a quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. S.U. n.

24418/2010). Deve, invece, ritenersi legittima la capitalizzazione trimestrale operata dal 1° luglio 2000, in conformità alle prescrizioni della delibera CICR del 9.2.2000 che ha dato attuazione alla nuova disciplina contenuta nell’art. 120 TUB.

Quanto alla presunta applicazione di interessi usurari si deve in primo luogo rilevare la genericità della censura così come formulata nell’atto di citazione senza alcuna indicazione in ordine ai periodi di riferimento, ai tassi rilevati e ai limiti superati.

In ogni caso la doglianza è infondata, avendo il consulente d’ufficio accertato il mancato superamento dei tassi soglia.

A questo punto, prima di procedere ad una nuova determinazione del saldo del c/c oggetto di causa, occorre esaminare l’eccezione preliminare di prescrizione sollevata dalla banca convenuta.

L’eccezione di prescrizione appare fondata nei limiti di seguito precisati.

Al riguardo è bene premettere che l'azione di ripetizione di indebito è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale per la cui decorrenza si deve richiamare il principio espresso con la sentenza sopra menzionata n. 24418 del 2010 dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, superando il precedente orientamento giurisprudenziale (che, senza distinzione alcuna, rinviava esclusivamente al termine del rapporto la decorrenza della prescrizione proprio in considerazione dell’unitarietà del rapporto), da rilevanza all’autonomia delle singole operazioni individuando un diverso termine di decorrenza della prescrizione a seconda della natura solutoria o ripristinatoria della rimessa.

Per la Suprema Corte nel caso di contratto di conto corrente

Sentenza n. ++++/2019 pubbl. il 02/05/2019

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accompagnato da un’apertura di credito il termine di prescrizione decennale, cui l’azione di ripetizione è soggetta, “decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati".

Qualora, invece, i versamenti debbano essere considerati alla stregua di pagamenti, in quanto eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o perché destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'accreditamento (c.d. "scoperto"), la prescrizione decennale del diritto di ripetizione decorre dalla data di ciascun versamento avente natura solutoria.

Ora, contrariamente a quanto sostenuto da parte attrice si deve escludere che la banca, convenuta in ripetizione, sia onerata dell'allegazione specifica delle rimesse solutorie, e dunque dell'indicazione degli importi con cui il correntista abbia provveduto a ripianare esposizioni debitorie che si collocavano oltre il limite dell'affidamento (cfr. in tal senso Cass.

ordinanza n. 4372 del 22.02.2018). Un tale incombente è estraneo alla disciplina positiva dell'eccezione di prescrizione che è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l'inerzia del titolare, e manifestato la volontà di avvalersene (per tutte: Cass. 29 luglio 2016, n.

15790). D'altro canto, ai fini della valida proposizione della domanda di ripetizione non si richiede che il correntista specifichi una ad una le rimesse, da lui eseguite, che, in quanto solutorie, si siano tradotte in pagamenti indebiti a norma dell'art. 2033 c.c. A fronte della comprovata esistenza di un contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti emerge dagli estratti conto che il correntista, attore nell'azione di ripetizione, ha l'onere di produrre in giudizio. La prova degli elementi utili ai fini dell'applicazione dell'eccepita prescrizione è, dunque, nella disponibilità del giudice che deve

Sentenza n. ++++/2019 pubbl. il 02/05/2019

RG n. ++++2013

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decidere la questione eventualmente avvalendosi di un consulente contabile.

Tornando al caso in esame per l’individuazione delle rimesse solutorie si deve preliminarmente osservare che il conto corrente per cui è causa è stato assistito da affidamenti concessi in favore del correntista, sig. Ferranti. Ciò si ricava non soltanto dal contratto del 19.11.1985, nel quale si fa espresso riferimento all’apertura di un “fido” (sia pure non precisato nel suo importo massimo), ma anche dagli estratti conto e dalle comunicazioni contabili allegati in atti, dai quali risulta l’applicazione di un tasso entro fido e di un tasso fuori fido. Il consulente d’ufficio nella relazione integrativa depositata in data 24.10.2016 ha precisato che dal 25 ottobre 1988 il fido è “ben evidente sia dallo scalare che dal riepilogo competenze”. Lo stesso consulente ha, quindi, accertato la natura solutoria di tutte le rimesse effettuate sino al 24.10.1988 e la natura ripristinatoria di quelle effettuate dal 25 ottobre 1988, essendo tutte entro fido ad eccezione delle seguenti da ritenere, invece, solutorie: rimessa del 16/09/1992 per lire 1.141.356; rimessa del 12/10/1992 per lire 24.562.607; rimessa del 03/11/1992 per lire 1.063.647; rimessa del 20/11/1992 per lire 30.985.000; rimessa del 20/11/1992 per lire 9.978.164; rimessa del 23/11/1992 per lire 6.384.164; rimessa del 08/01/1993 per lire 6.867.773; rimessa del 10/03/1993 per lire 18.762.597.

A questo punto si deve procedere ad una nuova determinazione del saldo del conto corrente oggetto di causa e, a tal fine, occorre anzitutto far riferimento al primo elaborato peritale depositato in data 1.10.2015, nel quale il CTU, in applicazione dei criteri sopra delineati, ha depurato il conto dalle competenze illegittime ed in particolare: ha eliminato le c.m.s. e le altre spese non pattuite; ha preso in considerazione le date delle valute indicate negli estratti conto senza modificarle; ha sostituito ai tassi convenzionali applicati dalla banca il tasso legale fino al 9.07.1992 e i tassi ex art. 117 TUB per il periodo successivo; ha adottato il regime della capitalizzazione semplice fino al

Sentenza n. +++/2019 pubbl. il 02/05/2019

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30.06.2000, conservando la capitalizzazione trimestrale per il periodo successivo. Nel predetto elaborato il CTU è così pervenuto alla data di chiusura del conto (7.07.2004) ad un saldo di euro 235.290,39 a credito per il correntista in luogo del saldo 0 indicato dalla banca.

Tuttavia, occorre tener conto della prescrizione maturata fino al 2 maggio 2003 (dieci anni prima della notifica della citazione) ed abbattere il saldo di euro 235.290,39 sopra accertato detraendo le competenze prescritte che, nella relazione integrativa depositata in data 24.10.2016 sono state quantificate dal CTU nella somma complessiva di euro 45.543,93. Quindi, al netto delle somme prescritte il saldo creditorio dell’attore ammonta ad euro 189.746,46.

Le risultanze contabili sopra riportate devono essere condivise e fatte proprie da questo Tribunale in ragione della correttezza dei conteggi effettuati e della conformità dei criteri di computo rispetto ai quesiti formulati. Al contrario vanno disattese le osservazioni critiche del consulente di parte convenuta.

In primo luogo non può essere condivisa la censura con la quale è stata messa in discussione la ricostruzione contabile eseguita dal CTU in mancanza di alcuni estratti conto.

Ed invero, la mancanza degli estratti conto - peraltro limitata a pochi e circoscritti periodi a fronte di un arco temporale di oltre 16 anni documentato dalle scritture contabili acquisite in atti - non inficia nel complesso la domanda relativa alla ripetizione delle appostazioni indebite effettuate sulla base delle clausole contrattuali ritenute invalide, in quanto la limitata mancanza documentale non impedisce, né rende inattendibile la dimostrazione delle poste contabili a credito e a debito riportate nel conto corrente, né, quindi, rende inattendibile la ricostruzione dei movimenti contabili effettuata dal CTU. La mancanza degli estratti conto di alcuni limitati periodi non pregiudica le ragioni della banca, ma al più va a detrimento del correntista che, onerato di dimostrare quali fossero gli addebiti illegittimi effettuati sulla scorta di

Sentenza n. ***/2019 pubbl. il 02/05/2019

RG n. ****/2013

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pattuizioni invalide, perde la possibilità di recuperare le poste illegittime nei periodi mancanti (ex multis cfr. Cass. Ordinanza n. 24948 del 23/10/2017).

In secondo luogo, contrariamente a quanto eccepito dal consulente di parte convenuta, il saldo da considerare per definire un versamento solutorio o ripristinatorio non è quello rinvenibile dagli e/c bancari, ma è il "saldo ricalcolato", ovvero il saldo depurato dalle competenze bancarie illegittimamente addebitate dalla banca nel corso del rapporto.

Prive di pregio sono anche le censure del consulente di U+++++++ S.p.A. relative al decorso della prescrizione e alla sussistenza di affidamenti accessori al conto corrente oggetto di causa. Al riguardo si deve ribadire che dai documenti contabili provenienti dalla stessa banca convenuta è possibile evincere che il conto corrente era affidato, sicché per individuare il dies a quo della prescrizione occorre distinguere tra i versamenti di natura solutoria e i versamenti ripristinatori della provvista concessa a credito dalla banca.

In conclusione va dichiarata la nullità parziale del contratto relativo al conto corrente n. 9253 intrattenuto da +++++

con +++++++ S.p.A. con riferimento alle condizioni

economiche applicate ed in particolare ai tassi di interesse ultralegali, alle commissioni di massimo scoperto, alle altre spese e alle variazioni di valuta, nonché alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi fino all’entrata in vigore

della delibera CICR del 9 febbraio 2000. Conseguentemente ****** S.p.A. deve essere condannata a restituire al sig. ****** la somma di euro 189.746,46 oltre agli

interessi legali dalla domanda giudiziale fino al soddisfo.

Da ultimo va, invece, respinta la domanda risarcitoria formulata da parte attrice, dovendosi escludere il reato di usura posto a fondamento di detta pretesa creditoria.

In ragione della prevalente soccombenza +++++++++ S.p.A. è tenuta a rifondere al sig. Ferranti le spese di lite nella misura indicata in dispositivo (con distrazione in favore del difensore

Firmato Da: RUSSO GIUSEPPE Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 3f570314075ed608e87f805ebfdc4a0e

Sentenza n. 9137/2019 pubbl. il 02/05/2019

RG n. ***/2013

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dell’attore che si è dichiarato antistatario) e a sostenere in via definitiva le spese di CTU, già liquidate in corso di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe, ogni altra istanza, difesa ed eccezione disattesa, così provvede:

1. dichiara la nullità parziale del contratto relativo al conto corrente n. 9253 intrattenuto da Alessandro ++++++ con + S.p.A. con riferimento alle condizioni economiche

applicate ed in particolare ai tassi di interesse ultralegali, alle commissioni di massimo scoperto, alle altre spese e alle variazioni di valuta, nonché alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi fino all’entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000;

2. condanna *****S.p.A. a restituire ad Alessandro ******

la somma di euro 189.746,46 oltre interessi legali dalla domanda giudiziale fino al soddisfo;

3. condanna ******* S.p.A. a rifondere al sig.******** le

spese di lite, liquidate in complessivi euro 13.888,00 di cui euro 458,00 per esborsi ed euro 13.430,00 per compensi professionali oltre accessori di legge da distrarre in favore del difensore dell’attore;

4. pone le spese di CTU definitivamente a carico della parte convenuta.

Roma, lì 28/3/2019

Il Giudice dott. Giuseppe Russo

Sentenza n. ***/2019 pubbl. il 02/05/2019

RG n. ***/2013

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