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LE MUMMIE

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Academic year: 2021

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Premessa

A Borgo Cerreto, frazione di Cerreto di Spoleto (Perugia) in Valnerina, a metà degli anni Sessanta del secolo scorso, furono rinvenuti, nella cripta nord della chiesa dedicata ai “Santi Gesù e Maria” (XVI secolo) alcuni corpi mummificati e tre crani isolati. Questi resti umani costituiscono l’oggetto di questo studio. Nel 1989, dopo anni di abbandono ed incuria, fu possibile iniziare un’opera di ricognizione scientifica e documentazione preliminare dei resti umani. In considerazione dell’importanza dei reperti per l’Antropologia, la Storia della Medicina e la Storia del Costume, fu avviato un piano di recupero curato dal Servizio di Bioarcheologia del Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” di Roma, in collaborazione con la Soprintentendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici Storici dell’Umbria, il Comune di Cerreto di Spoleto e la Pro Loco. Nel 2001 è iniziata la

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collaborazione con la Divisione di Paleopatologia, Storia della Medicina e Bioetica dell’Università di Pisa per lo studio antropologico e paleopatologico dei materiali.

La tesi è articolata in tre parti: la prima comprende una trattazione introduttiva sulla mummificazione e sui principali complessi di mummie nel mondo ed in Italia; la seconda comprende le mummie della Valnerina: Ferentillo e Borgo Cerreto; la terza parte comprende la schedatura antropologica e lo studio paleopatologico delle mummie e dei reperti anatomici di Borgo Cerreto.

Lo scopo di questa tesi è quello di presentare i risultati ottenu ti dallo studio dei resti umani di Borgo Cerreto per la ricostruzione biologica globale della piccola comunità rurale umbra nei secoli XVIII e XIX al fine di determinarne la Patocenosi, cioè l’insieme l'insieme delle malattie presenti in una popolazione in un determinato periodo e in una determinata epoca.

Figura 1: Panorama di Borgo Cerreto in una cartolina d’epoca

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PARTE I

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LE MUMMIE

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Introduzione

Al recente “5th International Congress "Science and Technology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin”, tenutosi ad Istanbul nel Novembre 2011, è stato ribadito che le mummie sono un bene culturale a tutti gli effetti e come tale devono essere tutelate. Lo studio dei resti umani mummificati può compensare i vuoti di conoscenza che altre discipline, come le fonti letterarie o la stessa archeologia, non possono colmare. Le mummie rappresentano, infatti, un unicum, una fonte d’indagine dalla quale poter attingere molte informazioni sul passato, sullo stile di vita, sugli usi e costumi e sulle malattie di civiltà scomparse.

La mummia e’ “realmente un uomo, non si tratta di una copia o di una statua”1. Nel vocabolario questo termine è indicato come sostantivo femminile, derivante dal latino medievale “mumia” ed indica “qualsiasi corpo, umano o animale, che non sia scheletrizzato dopo la morte, ma che abbia conservato in buono stato la cute, il tessuto connettivo, le fasce muscolari e molto spesso, anche gli organi interni.

L’etimo di questa parola è molto antico, risale al persiano mum (cera o bitume)2; era il termine col il quale si indicava una sostanza petrolifera, estratta in Persia, ed importata dagli arabi d’Egitto e chiamata da quest’ultimi mummiyya. In epoca tarda il vocabolo assunse una accezione più vasta ed indicava l’insieme delle pratiche di imbalsamazione dei cadaveri. I primi viaggiatori greci giunti in Egitto attribuirono, infine, il termine ai cadaveri cosparsi con questo materiale bituminoso; quest’ultima

1 Reid H. 2001.

2 http://www.treccani.it/enciclopedia/mummia/

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accezione rimase poi anche nel latino e quindi nelle lingue moderne.3 Probabilmente gli antichi greci ritenevano il bitume l’elemento di conservazione fondamentale nel processo di mummificazione, mentre i recenti studi condotti sulle mummie egizie hanno dimostrato che in nessuna mummia egiziana studiata è stato usato del bitume, se non in epoca tarda.

Nel XIX secolo l’accezione del termine divenne più vasta fino ad indicare non solo la mummia vera e propria, ma anche il sarcofago antropoide che la conteneva oppure l’associazione di due soggetti.4

Per la gente comune il termine mummia è legato alla volontà di voler conservare il corpo e quindi all’intenzionalità, ma in realtà la maggior parte delle mummie ritrovate, comprese quelle oggetto di questo studio, sono il frutto di un processo naturale dovuto a particolari condizioni climatiche e microclimatiche; ne sono testimonianza i tanti ritrovamenti di corpi mummificati di epoca precedente all’inizio delle pratiche di mummificazione.5

I corpi mummificati, risalenti ai più diversi periodi storici e attribuibili a differenti etnie e culture, sono distribuiti nelle più disparate aree geografiche del nostro pianeta.6

3 Einaudi S. Le mummie, www.egyptbook.it/articoli/mummie/.html.

4 Del Francia P. R. 2001 p 6.

5 Reid H. 2001, p. 8.

6 Baggieri G. 2009, cit., p. 355.

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La sepoltura

L’uomo ha manifestato, da sempre, una tendenza “religiosa” per quanto riguarda la morte e la cura che ha riservato ai defunti ne è la dimostrazione più evidente. Già in epoche antichissime, quando l’uomo, per le sue scarse conoscenze, si confondeva ancora con il resto del mondo animale, i cadaveri venivano sepolti o nascosti in caverne. Malgrado ciò, senza l’intervento umano dell’imbalsamazione, i corpi dei defunti erano destinati a disfarsi.7 I ritrovamenti di mummie, che si sono succeduti nel corso dei secoli, sembrano però contraddire questo concetto.

La sepoltura poteva essere effettuata in tre diversi modi: l’inumazione, l’incinerazione e la mummificazione.

L’inumazione è la pratica più antica e consiste nell’interrare il corpo del defunto con o senza bara. Questa pratica segue il naturale processo biologico del corpo che non termina con la morte dell’individuo, ma continua attraverso la decomposizione dello stesso e la proliferazione di altri esseri viventi. 8L’incinerazione trasforma, invece, con l’ausilio del fuoco, il cadavere in cenere. In origine questa pratica rappresentava probabilmente sia una sorta di purificazione dell’individuo, sia la glorificazione dello stesso per mezzo di un simbolo forte come quello del fuoco.9 Le prime testimonianze in Europa della cremazione risalgono all’epoca neolitica per poi diffondersi nell’Età del Bronzo e del Ferro; in Grecia era diffusa nel periodo pre-ellenico e nel mondo romano fino al IV secolo a. C.. Con la nascita del Cristianesimo la cremazione venne

7 Favetti C. & Pennacchi A. M. 1992.

8 Mallegni & Rubini 1994 p.153.

9 Mallegni & Rubini 1994 p.153.

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abbandonata a favore dell’inumazione.10 Attualmente questa pratica funebre è largamente utilizzata per profilassi igienica e per l’ottimizzazione degli spazi cimiteriali.

La mummificazione è un processo che può essere naturale o artificiale (imbalsamazione). Nel linguaggio comune non viene fatta alcuna distinzione tra un corpo mummificato e un corpo imbalsamato11 anche se, dal punto di vista scientifico, esiste una notevole differenza.

Per “mummificazione” s’intende un fenomeno tanatologico tardivo dovuto principalmente all’essiccamento. In particolari condizioni climatiche e microclimatiche, che favoriscono una rapida eliminazione dei liquidi, i cadaveri non vanno incontro a disfacimento poiché non si crea il grado di umidità necessario allo sviluppo dei microorganismi responsabili della putrefazione. L’ambiente idoneo al processo di mummificazione è quello secco e ventilato, sia caldo, come le sabbie dei deserti o i terreni porosi, sia freddo come i territori a clima continentale o alpino12. Nell’uno e nell’altro caso la temperatura ambientale ritarda o blocca completamente l’attività dei microrganismi idrovori, responsabili della decomposizione dei cadaveri, e l’aria secca disidrata completamente i tessuti che si mantengono in ottimo stato.13 Si definisce quindi “mummia naturale” un corpo che si è conservato naturalmente, senza alcuna manipolazione da parte dell’uomo.

10 Canci A. & Minozzi S. 2005 p. 213.

11 http://www.treccani.it/enciclopedia/mummia/

12 Mallegni & Rubini 1994, pp. 152-153.

13 Amedei A. 1997, p. 15.

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In alcune aree desertiche dell’Egitto, sono stati ritrovati alcuni corpi mummificatisi naturalmente, di epoca predinastica (anteriore al 3000 a.C.). I corpi, posti in posizione rannicchiata, venivano avvolti in un sudario, che poteva essere di pelli di animali, oppure si utilizzavano stuoie o teli di lino ed infine erano deposti in fosse scavate nella sabbia. Vicino al corpo del defunto erano posti gli oggetti personali; il tutto era coperto con ciottoli o sabbia fino a formare un piccolo tumulo, unico segno evidente che indicava un luogo di sepoltura14. Solitamente in queste antiche mummie naturali la cute è ben preservata e sembra poggiare direttamente sulle ossa; spesso i capelli, i peli e le unghie rimangono inalterati15.

Un esempio di questo genere di mummie è quella ritrovata nel deserto egiziano, nei pressi di Gebelein, alla fine del XIX secolo ed esposta al British Museum di Londra.

La mummia, deposta in posizione fetale, e risalente al tardo periodo pre-dinastco (3400 a. C.), apparteneva ad un maschio adulto alto 163 cm16.

Figura 2: Mummia naturale di epoca predinastica. 17

14 Giuffra V Ciranni R . Fornaciari G. 2001, p. 48; Grilletto R. 1996, p. 76.

15 Amadei 1997, p. 15.

16 Dawson Warren R & Gray P H K, 1968.

17 Dunand F. & Lichtenberg R. 1997.

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All’inizio della I dinastia, le pratiche funerarie mutarono ed i defunti iniziarono ad essere deposti in fosse più grandi; mancando il contatto diretto con la sabbia i corpi iniziarono a deteriorarsi e si rese quindi necessario cercare metodi artificiali che permettessero la conservazione del corpo. Furono necessari diversi anni e molti tentativi, ma dalla IV dinastia, gli Egizi iniziarono a praticare l’arte dell’imbalsamazione; abbandonarono la posizione fetale, le braccia furono disposte lungo i fianchi e le mani appoggiate al lato esterno delle cosce.18

Per mummificazione artificiale o imbalsamazione s’intende ”un'operazione intesa a conservare inalterato, dopo la morte, il corpo dell'uomo e degli animali”. Tale pratica consta sostanzialmente di due operazioni: la prima è quella di sottrarre la maggior quantità possibile di acqua al cadavere, la seconda è quella di impedire o, per lo meno, ritardare il più possibile la putrefazione.”19 Nell’imbalsamazione gli Egizi furono maestri e di questa arte ne sono testimoni le numerose mummie umane ed animali giunte fino a noi e conservate nei più importanti musei del mondo20. Secondo la religione egizia, infatti, il corpo dopo la morte doveva ricongiungersi a Ka, la forza vitale, per continuare a vivere nell’aldilà e gli imbalsamatori riuscirono nell’intento di rendere i corpi immortali21.

Le conoscenze attuali sull’imbalsamazione egizia derivano sia dai papiri egizi (Manuali d’imbalsamazione e Libro dei Morti), sia da testi greci. Lo storico Erodoto di Alicarnasso tratta dell’imbalsamazione nelle sue Storie, a proposito di un viaggio

18 AA. VV. 2006.

19 Enciclopedia Treccani.

20 Silvano F. 2001, pp. 11-12.

21 Silvano F. 2001, cit., p. 10.

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compiuto in Egitto nel 448 a.C. circa22 e Diodoro Siculo tratta l’argomento nella sua Biblioteca storica.23

Dallo studio comparato delle testimonianze si evince che la pratica dell’imbalsamazione era molto lunga e laboriosa.

Gli imbalsamatori iniziavano il trattamento mettendo il corpo su un tavolo di pietra inclinato e scanalato ai bordi per favorire il drenaggio dei liquidi. Poi, dopo averlo accuratamente lavato e rasato, si procedeva all’ablazione del cervello con uncini metallici che, penetrando attraverso le narici e perforando l’etmoide, giungevano al cervello rimuovendolo pezzo per pezzo.24

Figura 3: La mummificazione e le cerimonie funerarie nel sarcofago di Gedbastetiuefanech25.

22 http://www.treccani.it

23 Grilletto R. 1996, p. 77.

24 Silvano F. 2001, p. 13.

25 Silvano F. 2001, p. 11.

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Talvolta venivano rimossi anche i globi oculari e la lingua. La fase successiva era l’eviscerazione. Gli imbalsamatori avevano capito che l’intestino era il centro dell’attività batterica da cui si generava la putrefazione. Gli organi interni, una volta rimossi, venivano anch’essi disseccati e messi vasi detti canopi che sarebbero poi stati deposti accanto al defunto. All’eviscerazione succedeva la disidratazione che si otteneva cospargendo il cadavere con uno spesso strato di natron (Na2CO3•10H2O), un minerale costituito da carbonato di sodio idrato, facilmente reperibile in natura in Egitto26, che scioglieva il grasso ed eliminava i liquidi dai tessuti. Il corpo lasciato riposare per 40 giorni veniva quindi ripulito dal sale, cosparso con oli e balsami profumati ed infine ricoperto per intero con bende di lino finissimo.27

Figura 4: Mummia artificiale egizia di epoca dinastica28.

Ricoprire un corpo di bende era un procedimento piuttosto lungo e minuzioso; poteva durare anche 15 giorni e particolare cura era posta nell’effettuare il bendaggio della testa, effettuato con un intreccio di 8 bende, affinché i lineamenti rimanessero il più possibile inalterati.29

26 http://www.treccani.it/enciclopedia/mummia/

27 Baggieri G. 2009, p. 363.

28 Ciocca F. 2004, Tesi di laurea.

29 http://www.treccani.it/enciclopedia/mummia/

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Dopo aver svolto le diverse fasi gli imbalsamatori ponevano la mummia nel sarcofago ed il corpo era quindi pronto per essere inumato.

L’imbalsamazione all’inizio aveva un costo significativo per cui questa pratica era riservata solo al faraone e ai membri della sua famiglia; con il tempo si diffuse fra tutte le classi sociali comprese quelle inferiori, ma in questi casi il procedimento era approssimativo ed affrettato.30

30 Amadei A. 1997, cit., p. 49.

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Le mummie nel mondo

Anche se, nell’immaginario collettivo, il termine mummia è indissolubilmente legato alla cultura egizia, resti umani mummificati sono stati trovati casualmente nelle più disparate zone del pianeta.

Nella tabella seguente sono riportati i luoghi dei principali ritrovamenti.

AMERICA: Canada, Cile, Perù.

ASIA: Cina, Giappone.

EUROPA: Italia, Danimarca, Canarie.

AFRICA: Egitto, Marocco, Libia.

OCEANIA: Melanesia.

Tabella 1: I principali luoghi di ritrovamento delle mummie.

Figura 5: planisfero con evidenziate le aree di ritrovamento delle mummie.

In base al meccanismo di mummificazione dei corpi, siano essi umani od animali, è possibile distinguere le mummie in naturali ed artificiali.

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Mummie Naturali

Si definiscono mummie naturali, quelle formatesi a seguito di particolari condizioni climatiche e microclimatiche31. La mummificazione naturale può avvenire per essiccamento, ventilazione fredda, congelamento e deposizione nelle torbiere come riportato nella seguente tabella.

Tabella 2– Mummificazione naturale

Essiccamento

L’essiccamento dei corpi è dovuto quasi sempre alla giacitura in ambienti caldi, aridi e salati come i deserti. La sabbia, infatti, assorbe i liquidi, disidratando il corpo e lasciando intatta la pelle ed i tessuti. I principali complessi di mummie di questo tipo sono stati ritrovati in Egitto32, Perù, Messico e Cina.

Ventilazione fredda

I rinvenimenti di mummie in ambienti freddi o polari, costituiscono una rarità; non solo perché sono localizzate in zone inospitali e difficili da raggiungere, ma soprattutto perché il permafrost non permette le sepolture invernali e scoraggia le

31 Dunand F. & Lichtenberg R. 1997.

32 Dunand F. & Lichtenberg R. 1997.

MUMMIE NATURALI

Essiccamento

Ventilazione fredda

Congelamento Torbiere

Egizi predinastici (> 3000 a. C.) Peruviani preincaici (> 1400 a. C.) Basket Makers ( 100-700 d.C.)

Inuit Groenlandia (XI-XVI sec. d. C.) Incas (XIV-XV sec. d. C.)

Uomo del Similaun (3300 a. C.) Nord Europa (I mill. a.C. -V sec. d.C.)

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quelle estive.33 I cicli di congelamento e scioglimento della neve tendono, inoltre, a far riemergere le sepolture estive in superficie, esponendo i corpi all’aria e agli animali e quindi alla loro dispersione.

I ritrovamenti dei corpi mummificati di bambini, in diversi siti della Cordigliera delle Ande, le mummie Inuit della Groenlandia ed la mummia congelata più antica, nota come “l’uomo del Similaun” costituiscono gli esempi più significativi.

Figura 6: Mummia Inuit di bambino di sei mesi34.

Congelamento

Il ritrovamento più straordinario, avvenuto casualmente nel 1991 sul ghiacciaio del Similaun in Val Senales, è la mummia naturale nota come Uomo del Similaun.

All’inizio si pensava fosse il corpo di uno dei tanti alpinisti dispersi nelle Alpi, ma ad un esame più accurato degli indumenti che indossava e dei diversi utensili sparsi attorno al corpo, si comprese che doveva trattarsi di un individuo vissuto molti secoli prima. Gli studi hanno accertato che si trattava di un maschio adulto d’età superiore a

33 Zimmerman M. R. 1998, cit., p. 152.

34 Aufderheide A. C 2002, p. 188.

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40 anni e vissuto agli inizi dell’ Età del Rame, tra il 3100 e 3350 a.C.35. Il corpo è integro e si possono apprezzare la riduzione delle masse muscolari e l’avvallamento della cavità addominale per la disidratazione dei tessuti.

Gli organi interni si sono conservati e sono oggetto di studio. Sulla pelle sono visibili dei tatuaggi geometrici (linee e croci) eseguiti mediante l’immissione sottocutanea di polvere di carbone. Recenti indagini radiologiche e tomografiche hanno evidenziato una punta di freccia nella spalla sinistra, probabile causa della morte del soggetto36. La mummificazione in questo caso è il risultato di due processi diversi e consecutivi:

l’essiccazione naturale ed il congelamento. Il corpo è stato sottoposto prima ad una essicazione naturale, durata probabilmente qualche settimana, e dovuta probabilmente all’azione di un vento caldo secco noto come fohn, durante questo processo i liquidi e i grassi si sono parzialmente prosciugati, ed il processo di putrefazione è stato interrotto; a questa prima fase è seguito il congelamento.

Figura 7: L’Uomo del Similaun37.

35Kutschera W & Werner R 2000, Pages 12-22.

36 http://bolzano.net/otzi-museoarcheologico.html

37 http://web.tiscalinet.it/mummie/otzi.gif

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Torbiere

I “Bog bodies” letteralmente i corpi delle paludi sono un particolare tipo di mummie del Nord Europa che in antico era un’area paludosa. Esistono tre tipi di paludi: le torbiere alte (acide), le paludi (calcaree) e i tipi di transizione38, ma solo nelle torbiere alte il corpo si conserva, mentre nelle altre va incontro a scheletrizzazione.

All’interno delle torbiere alte, si viene a creare un microecosistema ambientale che impedisce ai batteri della decomposizione di agire sui resti umani.39 Inoltre l’assenza di ossigeno, la presenza di composti a carattere “antibiotico”, la bassa temperatura e l’alto grado di acidità, consentono la crescita di un muschio speciale (Sphagnum) che ha la capacità di assorbire l’acqua; per questo i corpi che si trovano all’interno delle torbiere si conservano perfettamente. Tutti gli individui ritrovati nelle torbiere, siano essi donne, uomini o più raramente bambini, hanno subito una morte violenta. La mummia più conosciuta e meglio conservata è quella di Tollund40, rinvenuta eccezionalmente nel 1950 in Danimarca, vicino a Silkeborg, appartenente ad un uomo vissuto nel IV secolo a. C., durante l’Età del Ferro41. Lo stato di conservazione dell’individuo è tale da sembrare morto di recente. L'uomo fu molto probabilmente ucciso come sacrificio a divinità legate alla fertilità e poi sepolto nella palude ad una distanza di 50 metri dalla terra ferma. Il corpo fu deposto in posizione fetale e seppellito sotto circa 2 metri di torba. La mummia indossava un cappuccio di pelle trattenuto da una cinghia annodata sotto il mento e una piccola corda che gli cingeva

38 C. Fisher, 1998, 237-262.

39 Baggieri 2009, pp. 363-364.

40 Grilletto R. 1996, pp. 96-97.

41 Lewis S. K. 2006.

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la vita cinta; tranne questo, il corpo era nudo. Al collo vi era un cappio con il nodo scorsoio rivolto dietro le spalle, probabile causa della morte. Gli studi antropologici hanno rivelato la mummia apparteneva ad un individuo alto 161 cm morto intorno ai 40 anni42.

Figura 8: L'uomo di Tollund. 43

42 Barber P. & Glob P.V., 2004, p. 304.

43 http://www.tiscalinet.it/mummie/danimarca.gif

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Le mummie in Italia

L’Italia è in Europa uno dei paesi che vanta il maggior numero di ritrovamenti di mummie in un arco temporale che si estende dalla fine del Medioevo all’Età Contemporanea. A favorire la mummificazione hanno contribuito sia le caratteristiche climatiche della penisola sia le pratiche funebri. I complessi di mummie, cioè un numero imprecisato di corpi che si sono mummificati nello stesso ambiente, possono essere di tre tipi, in base al processo di mummificazione. Le mummie del primo tipo sono le cosiddette “naturali”, cioè quei corpi che si sono conservati nel tempo senza nessuna manipolazione finalizzata alla conservazione. A questa categoria appartengono i complessi di mummie conosciuti fin dal XIX secolo:

Venzone (Friuli), Ferentillo (Umbria) e Urbania (Marche) Scoperte più di più recente sono le serie mummiologiche di Arezzo, quelle abruzzesi di Navelli, Goriano Valli e Popoli e quelle di Borgo Cerreto (Umbria) oltre agli insiemi meno noti di Rocca di Papa (Lazio) e di Altavilla Irpina (Campania).44 Nei casi sopraelencati sicuramente le condizioni microclimatiche degli ambienti ipogei in cui le salme erano deposte sono le principali responsabili della rapida perdita dei liquidi e del disseccamento dei tessuti molli. Queste mummie sono state definite dal grande studioso inglese Aufderheide “catacomb mummies”.45 La diffusione del fenomeno non aveva mancato di colpire l’attenzione anche degli studiosi ottocenteschi, che avevano riconosciuto in una fungina, l’Hypha bombicina pers, la principale causa della conservazione come

44 Fornaciari A. & Giuffra V. 2007.

45 Aufderheide A. C 2002, p. 188.

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riportato nel testo di Di Colo46 sull’imbalsamazione umana del 1910. Sudi recenti hanno però dimostrato sono solo le condizioni climatiche degli ambienti ipogei ad aver favorito la mummificazione. Le mummie del secondo tipo sono le cosiddette

“artificiali”, cioè quei corpi che si sono conservati nel tempo a seguito di un intervento intenzionale sul cadavere, che può andare dall’eviscerazione parziale o totale fino alla scarnificazione e comprendere anche l’asportazione della massa cerebrale tramite craniotomia. Un trattamento del genere era piuttosto laborioso e costoso e poteva quindi essere richiesto dai membri delle classi sociali più elevate, come confermato dai ritrovamenti di complessi di mummie rinascimentali. La creazione della terza categoria nasce invece dalla necessità di inquadrare le mummie siciliane della tarda Età Moderna che non rientrano nelle due tipologie sopradescritte.

Il fenomeno della mummificazione in Sicilia possedeva caratteristiche peculiari rispetto a quanto avveniva nel resto d’Italia 47; non si praticava l’eviscerazione del cadavere o altre manipolazioni di tipo invasivo, ma la mummificazione era ottenuta con la permanenza delle salme, per alcuni mesi, in ambienti appositamente allestiti, chiamati “colatoi”. I cadaveri, distesi su una griglia, perdevano lentamente i liquidi per semplice scolamento attraverso il derma; la ventilazione, assicurata in questi ambienti da una serie di prese d’aria e la temperatura costante dall’ambiente ipogeo, garantivano l’essiccazione dei tessuti e di conseguenza la loro conservazione. Una volta mummificato il corpo era quindi rivestito ed esposto nelle cripte o nelle “chiese dei morti” dove i corpi potevano essere “visitati” da parenti ed estranei.

46 Di Colo 1910.

47 Fornaciari A. & Giuffra V. 2007.

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22 Figura 9 - Distribuzione delle mummie in Italia48.

LOCALITA’ NUMEROSITA’ TIPO SECOLO

Venzone 15 Naturali XIV-XVIII

Urbania 18 Naturali XVII-XIX

Mausoleo Medici (Firenze) 39 Naturali e artificiali XVI-XVIII

Ferentillo 16 Naturali XVIII-XIX

Navelli centinaia Naturali XVII-XIX

Mausoleo Aragonese (Napoli) 31 Naturali e artificiali XV-XIX

Altavilla Irpina centinaia Naturali XVII-XIX

Savoca (Sicilia) decine Naturali XVII-XIX

Comiso (Sicilia) 50 Naturali XVIII-XIX

Catacombe Cappuccini (Palermo) migliaia Naturali XVI-XX

Tabella 3 - Collezioni di mummie in Italia49.

48 Fornaciari G. 1998, Italian mummies p. 267 Figura 12.3.

49 Fornaciari G. 1995, Tabella 1 pp. 469.

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Le mummie di Venzone (Friuli-Venezia Giulia)

Venzone, nota in antico con il termine di Aventionum, è una piccola cittadina della provincia di Udine50. Nella cappella, divenuta battistero dedicato a S. Michele, sono custodite un gruppo di quindici mummie perfettamente conservate51. Nel 1338 venne costruita, nel centro del piccolo abitato alpino, la chiesa di Sant’Andrea, che in seguito venne ampliata per assumere il ruolo di cattedrale. Il livello della vecchia chiesa fu quindi utilizzato come piattaforma per la costruzione del pavimento della nuova struttura ecclesiastica e le tombe sottostanti furono riservate agli ecclesiastici e ai membri della loro comunità. Più tardi, un ampliamento ulteriore, fece occupare alle tombe anche la zona dietro la chiesa di Sant’Andrea. Nel 1679, durante ulteriori lavori di costruzione, fu aperta una delle tombe più tarde ed il corpo del defunto venne ritrovato intatto. Dopo questa sorprendente scoperta, furono ritrovati ed identificati fino al 1850, 27 corpi mummificati. La presenza di acqua nelle tombe, a seguito di forti precipitazioni, spinse gli addetti ai lavori a togliere i corpi e a farli asciugare. Questa attenzione ha permesso di conservare fino ad oggi le mummie di 15 individui su 27. I corpi, tutti di individui di sesso maschile, sono stati identificati grazie alle lapidi; lo stato di conservazione è tale da poter ancora ben distinguere i tratti del volto.52

La prima mummia riesumata mostrava una evidente deformità fisica a livello della spina dorsale. Ad un primo esame macroscopico si pensò che il soggetto fosse affetto

50 Amadei A. 1997, p. 39 ; Baggieri G. 2009.

51 Grilletto R. 1996, pp. 118-123.

52 Aufderheide A. C 2002, p. 193.

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dal morbo di Pott (collasso di un corpo vertebrale secondario e distruzione per un ascesso tubercolotico)53, ma in seguito, con il supporto dell’esame radiologico, si comprese che la deformità era semplicemente un evento secondario dovuta alla posizione costretta del corpo in un sarcofago di dimensioni troppo ridotte.

Figura 10: Le mummie di Venzone54.

Nel corso dei secoli sono state avanzate diverse teorie per spiegare il processo di mummificazione e gli abitanti del piccolo villaggio hanno gridato al miracolo, ma la motivazione è molto più terrena. La prima spiegazione al fenomeno è stata quella data da Marcolini ed è di tipo fisico-chimico-biologico, l’Autore parla infatti

53 Aufderheide A. C 2002, p. 193.

54 http://web.tiscalinet.it/mummie/venzonecappella.gif

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dell’azione combinata di arsenico e di gas idrogeno-carbonato- fosforato 55. La seconda, avanzata, nel 1829, da Biasoletto, direttore del Giardino Botanico di Trieste, attribuiva il processo di mummificazione all’azione di una muffa l’Hypha bombicina Pers, un fungo bianco tipico delle grotte, che si nutriva, secondo l’Autore, degli

umori dei cadaveri e di conseguenza li mummificava56, ma la presenza di questa fungina o di altro tipo di fungo non è stata riscontrata né sulle mummie, né sulle bare, nè sul suolo. La terza e più recente spiegazione, ed anche la più plausibile, è quella data nel 1992 da Aufderheide, esperto mondiale in materia, che attribuisce il fenomeno ad una serie di concause. Secondo l’Autore, infatti, alla mummificazione ha contribuito il fatto che le tombe erano prive di piano pavimentale e quindi a contatto diretto con la pietra calcarea particolarmente drenante; oltre a ciò la struttura della cattedrale sovrastante ha certamente contribuito alla preservazione dei corpi dalle intemperie. L’Autore conclude affermando che allo stato attuale delle indagini non è possibile attribuire all’Hypha bombicina Pers o ad altri funghi un ruolo primario nel processo di mummificazione57.

55 Marcolini F.M. 1831.

56 Aufderheide A. C. 2002, pp. 193-194.

57 Aufderheide A. C. 1991 p. 80-83.

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Le mummie di Urbania (Marche)

Urbania è unacittadina in provincia di Pesaro58. A seguito dell’editto di Saint Cloud di Napoleone Bonaparte che istituiva, per questione d’igiene pubblica, i cimiteri extraurbani, furono avviate, nel 1805, le procedure di rimozione dei defunti anche nel piccolo cimitero di Urbania, posto dietro la Chiesa dei Morti. L’edificio sacro era risalente al 138059 ed era appartenuto alla Confraternita dei Morti, dedita alla cura dei morenti. Durante i lavori di rimozione delle salme gli addetti ai lavori scoprirono che alcuni corpi erano ancora intatti. Nel 1836 fu costruita una cappella, denominata “il Cimitero delle mummie”, per conservare ed esporre le mummie.

Ad una delle pareti della cappella fu data forma semicircolare e su di essa furono ricavate diciotto nicchie per contenere le mummie meglio conservate, mentre quelle rimaste nel luogo di sepoltura andarono incontro a totale disfacimento, secondo quanto riportato da Aufderheide, a seguito della sua visita nel 1983.

Figura 11 60- Le mummie di Urbania

58 Baggieri G. 2009; Amadei A. 1997 p. 39.

59Aufderheide A. C. 2002, p. 194.

60 http://web.tiscalinet.it/mummie/urbaniachiesamorti.gif

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Il campione attuale è costituito da undici uomini e sette donne; si tratta di individui adulti d’età compresa tra i venti e gli ottanta anni. In base allo studio della tipologia funeraria e delle vesti, le mummie sono state datate tra il XV e il XVIII secolo, anche se alcune sono più antiche e risalgono al XIV secolo61. Per alcuni individui, i più recenti, è stato possibile effettuare il riconoscimento anagrafico, come nel caso di Maddalena Gatti e Vincenzo Piccini. Ad un esame preliminare, effettuato nel 1982 del professor Fornaciari, è emerso che anche il gruppo di mummie di Urbania è del tipo “catacomb mummies”, dove cioè le particolari condizioni microclimatiche ed il luogo di sepoltura di natura calcarea hanno favorito la mummificazione, solo due individui presentavano uno stato di conservazione non ottimale ed erano state trattate.

Senza effettuare indagini di tipo invasivo Fornaciari ha osservato: una giovane donna con gli esiti di un taglio cesareo sul ventre ed il feto ancora nell’utero ed un giovane uomo con una profonda ferita da arma da taglio62. Dal punto di vista paleopatologico si segnala un caso di mongolismo63 ed uno di rachitismo64.

61 Aufderheide A. C. 2002, p. 194

62 Fornaciari G. 1982, pp. 11-12.

63 Grilletto R. 1996, pp. 113- 114.

64 Fornaciari G. 1982, pp. 11-12.

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Le mummie abruzzesi

Le mummie abruzzesi costituiscono una delle più numerose serie italiane di individui che si sono conservati naturalmente. Navelli, Goriano Valli, Popoli e L’Aquila sono i luoghi dei ritrovamenti.

Lo stato di conservazione degli individui di tutti i siti abruzzesi lascia ipotizzare un processo di mummificazione naturale dovuto ad essiccamento rapido dei corpi, compatibile con una sepoltura in ambiente freddo ed asciutto, probabilmente ventilato.

L’analisi paleopatologica delle mummie abruzzesi ha evidenziato la presenza di alcune patologie significative quali: la calcolosi renale, il gozzo tiroideo, l’enfisema polmonare e l’antracosi polmonare; tutte condizioni morbose comuni nei secoli dal XVI al XIX oltre che patologie occasionali quali: tumori, idrocefalia, mongolismo e rachitismo.

Le mummie di Navelli

Navelli è una piccola comunità dell’Italia Centrale situata in provincia de L’Aquila.

Nel 1980, a seguito del collasso di una parte del piano pavimentale della chiesa di San Sebastiano (XIII secolo), furono rinvenute cinque camere sepolcrali, all’interno delle quali vi erano i corpi di 206 individui in parte mummificati ed in parte scheletrizzati. L’imponente complesso di camere sotterranee era probabilmente il luogo di sepoltura principale della piccola comunità abruzzese65. Questi individui costituiscono la serie abruzzese più numerosa e più preziosa perché costituiscono uno

65 Aufderheide A. C. 2002, pp. 199.

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spaccato della comunità rurale di Navelli dal XIII secolo al XIX secolo.66 Su di esse è stato fatto solo uno studio preliminare nel 199167. Nel 2001 e nel 2004 sono state effettuate le prime campagne d’indagine che hanno rivelato uno stato di conservazione dei corpi ottimale; molti individui avevano ancora occhi, orecchie e capelli, questo suggerisce che la disseccazione ha avuto un ruolo preminente nel processo di mummificazione68. Oltre alle mummie sono stati ritrovati anche alcuni animali mummificati e questo testimonia il ruolo fondamentale del microclima dell’ambiente ipogeo nella conservazione dei tessuti69. In base allo studio della tipologia funeraria e delle vesti le mummie sono state datate tra il XVI ed il XIX secolo70.

Figura 12: Mummia infantile della serie di Navelli. 71

Il campione comprende 206 individui, di cui 157 adulti (102 maschi, 42 femmine e 13 indefiniti) e 49 individui in età pre-adolescenziale di cui non è stato appurato il

66 V e nt ur a , e t a l . , 2 0 0 1 .

67 Capasso & Di Tota 1991.

68 A u fd e r he i d e A . C . , 2 0 0 3

69 V e nt ur a , e t a l . 2 0 0 6 .

70 V e nt ur a , e t a l . , 2 0 0 1 ; V e n t ur a , e t a l . , 2 0 0 2 .

71 Ventura et al. 2006, fig. 7 p. 891.

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sesso. I soggetti infantili costituiscono il 23.78 % del campione72. L’indagine paleopatologica ha evidenziato nel campione, in maniera diffusa, la presenza di patologie degenerative delle articolazioni, come l’artrosi, oltre che parodontosi, tumori occasionali, un caso di idrocefalia e gli esiti di fratture. Da segnalare inoltre il caso di ematoma cronico subdurale, studiato di recente, in un neonato di circa 9 mesi, lungo 60 cm, sulla cui ferita al capo resta ancora da chiarire se si tratti di qualcosa di intenzionale o accidentale73. In una mummia di un maschio adulto, morto per cause incerte, sono stati inoltre riscontrate tracce di indagine autoptica74.

Le mummie di Goriano Valli

Goriano Valli è l’unica frazione del comune di Tione degli Abruzzi in provincia de L’Aquila; è situata a 647 m sul livello del mare ed ha attualmente solo181 abitanti75. Le mummie, furono ritrovate negli anni Ottanta del secolo scorso nel convento di San Giorgio degli Osservanti (XVII secolo) e successivamente custodite nel cimitero comunale. Lo studio paleopatologico è iniziato alla fine del 1999 ed ha permesso di individuare molte informazioni di carattere antropologico e sullo stato di salute dei soggetti indagati76. Il campione è costituito da cinque individui. In base allo studio della tipologia funeraria e delle vesti le mummie sono state datate alla seconda metà del XIX secolo. 77 Gli individui sono stati sottoposti a TC (Tomografia

72 V e nt ur a , e t a l . , 2 0 0 5 .

73 Ventura et al. 2006

74 Ibidem pp. 875- 896.

75 Italia.indettaglio.it

76 abruzzonascosto.blogspot.it

77 Ibidem pp. 875-896.

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Computerizzata) e a successivo esame autoptico, con approccio posteriore, al fine di consentire la futura musealizzazione delle stesse. Durante l’indagine autoptica sono stati, inoltre, prelevati campioni degli organi che sono stati reidratati, fissati in formalina e inclusi in paraffina per essere oggetto d’indagini successive.

Anche se il campione è limitato lo studio antropologico e paleopatologico ha dato dei risultati interessanti. L’individuo 01 adulto e di sesso femminile era affetto da antracosi polmonare diffusa, da insufficienza cardiaca congestizia ed aveva, inoltre, una neoplasia ovarica. L’individuo 02, adulto e di sesso maschile, era affetto da artrosi alla colonna e all’anca, gozzo tiroideo, da arteriosclerosi aortica e da cardiopatia ipertensiva. L’’individuo 03, adulto e di sesso femminile, era affetto da antracosi polmonare e da un complesso primario tubercolare del polmone destro.

L’individuo 04, adulto e di sesso maschile, era affetto da antracosi polmonare e da lieve arteriosclerosi; mostrava inoltre diversi ascessi dentali. Infine l’individuo 05, adulto e di sesso maschile, era affetto da osteoartrosi lombosacrale ed al ginocchio oltre che da antracosi polmonare. Le cattive condizioni di conservazione de l’individuo 05 hanno permesso solo uno studio limitato, ma comunque significativo.

Figura 23: Mummia naturale femminile GVSG03 di Goriano Valli. 78

78 Ventura et al. 2006, Fig. 2 p. 878.

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32 Figura 14: Le mummie, in fase di studio, nell’ossario del cimitero di Goriano Valli.

Le mummie di Popoli

Popoli (Pagus Fabianus in antico) è un comune di 5547 abitanti ed è situato in provincia di Pescara. Nel corso di lavori di ristrutturazione presso la Sagrestia della Santissima Trinità (XVI secolo) è venuto alla luce l’ingresso alla cripta nella quale erano conservate le mummie. Nel 2001 è iniziato lo studio preliminare. Il campione è costituito da otto individui; lo stato di conservazione degli stessi non è omogeneo;

alcuni individui sono infatti mummificati, mentre altri sono scheletrizzati. In base allo studio della tipologia funeraria e delle vesti le mummie sono state datate al XVIII secolo. Il meccanismo di mummificazione è riconducibile all’ambiente asciutto e temperato della cripta, nonché alla ipotesi di una sepoltura durante la stagione estiva.

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33 Figura 35: Mummia naturale maschile della serie di Popoli, nelle fasi di recupero. 79

Una delle mummie meglio conservate appartiene ad un uomo morto tra i 35-40 anni.

L’individuo indossa una veste raffinata; in tasca della giacca è stata ritrovata una medaglietta metallica di tipo devozionale ed alcuni santini di Santa Filomena che hanno consentito di datare la mummia ai primi anni dell’Ottocento. Si può presupporre che il corpo appartenesse ad una persona agiata e ben integrata nella comunità religiosa locale. La mummia è stata sottoposta, dopo un attento esame macroscopico, ad esame radiografico con le tecniche convenzionali, che ha evidenziato la presenza una cattiva salute dentaria (carie e parodontopatia), gli esiti di alcune fratture costali e la presenza di un calcolo renale. La calcolosi renale, in particolare potrebbe aver innescato un processo settico generalizzato responsabile del decesso. L’assenza di alterazioni di tipo artrosico suggerisce uno stile di vita scevro da sforzi, tipico di una persona d’alto rango, come le vesti del soggetto fanno presupporre80

79 Ventura et al. 2006, fig. 5 p. 885.

80 Ventura et al. 2006, fig. 5 p. 885.

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Le mummie de L’Aquila

Le mummie sono state rinvenute nel centro del capoluogo abruzzese nei sotterranei del Castello Cinquecentesco. All’inizio del secolo scorso furono scoperte alcune centinaia di corpi mummificati, ma solo quattro di essi (due femmine adulte e due infanti, un maschio e una femmina) furono salvate dal riseppellimento su disposizione dell'Arcivescovo dell'epoca, tenute per curiosità e conservate nei sotterranei del Castello. L'ambiente secco e ventilato dei sotterranei del castello ha consentito la mummificazione dei corpi. Nel marzo del 1997, si diede inizio al loro restauro e allo studio preliminare. Sulle mummie è stato effettuato l’esame macroscopico con la campionatura di cute, tessuti muscolari ed ossei. Il successivo esame del DNA, ricavato dai campioni, ha evidenziato che due individui su quattro avevano una possibile relazione di parentela nella linea materna in particolare tra una delle donne ed il soggetto infantile di sesso femminile. I fanciulli avevano entrambi un’età di circa 4 anni. L'età alla morte della prima mummia adulta femminile è stata stimata, in base al grado di riassorbimento delle suture craniche tra i 30 ed i 35 anni.

In più è stata riscontrata una lacerazione sul collo causata da una ferita da taglio e quindi la possibile causa di morte.

Sulla seconda mummia adulta è stato possibile stimare l'età alla morte tra i 22 e i 23 anni, sulla base sia dell'usura dentaria sia del grado di maturazione generale dello scheletro. 81

81 AA.VV. 2006.

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Ai fini delle analisi radiometriche sono stati prelevati frammenti di tessuto muscolare dalla sola mummia infantile maschile. La datazione radiometrica indica che il fanciullo in questione visse in un arco cronologico che va dal 1499 al 1617 d.C.

Le mummie di Arezzo

A metà degli anni Novanta del secolo scorso, ad Arezzo82 , è stato scoperto un gruppo di mummie naturali. Nella basilica di San Francesco (XIV secolo), nota al mondo perché conserva gli affreschi di Piero Della Francesca, sono state rinvenute, sotto uno strato di macerie edilizie, durante alcuni lavori di restauro al piano pavimentale, nove mummie naturali, ancora nei loro sarcofagi. La basilica fu costruita nel 1377 sopra una chiesa più antica risalente alla fine del XIII secolo83. In base allo studio della tipologia funeraria e delle vesti le mummie sono state datate alla metà del XVI secolo. Gli individui sono anonimi, ma sicuramente dovevano appartenere alla classe elevata considerata la ricchezza delle vesti e l’importanza del luogo di sepoltura. I corpi si presentano in perfetto stato di conservazione, essendo stati sepolti in un ambiente fresco e asciutto. Nel 1997 è cominciato lo studio antropologico e paleopatologico delle mummie ad opera del professor Fornaciari e della sua equipe. Il campione si compone di: una bambina di circa tre anni, sul cui capo era posata una coroncina di fiori, una donna d’età compresa tra i 20-30 84 anni, con uno chignon

82 Linoli G - Linoli O. 2004.

83 Aufderheide A. C. 2002, cit., p. 199.

84 Aufderheide A. C. 2002, cit., p. 199.

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elaborato, un prelato di circa 35-40 anni85,con i paramenti sacerdotali, ed una donna di 20-30 anni con un abito molto ricco impreziosito da elaborati ricami86.

Quest’ultimo individuo, soprannominato la “lace lady” è stato sottoposto ad attento esame macroscopico a cui è seguita la TC ed l’endoscopia virtuale che hanno evidenziato la presenza di una voluminosa massa uterina di incerta natura.

Successivamente la mummia è stata sottoposta a esame laparoscopico che ha rivelato trattarsi di tessuto muscolare fibroso, tipico della parete di un utero post-gravidico.87 A distanza di oltre quattro secoli 88 è stato quindi possibile definire la causa di morte del soggetto: morte puerperale. Lo studio degli archivi della Basilica ha evidenziato nei registri di sepoltura, inoltre, il seppellimento all’interno della Basilica nel XVI secolo di una donna morta poco tempo dopo il parto che potrebbe essere identificata con la “lace lady”89. Indagini successive hanno inoltre dimostrato che lo stesso soggetto era affetto anche da artrite reumatoide90.

Figura 16: Mummia di donna in stato post-puerperale.91

85 Amadei A. 1998, p. 39.

86 Ciranni R. - Fornaciari G. - Garbini G. F. - Giusti L. - Melai L. - Neri E. 2002, pp. 745-752.

87 Ciranni R. - Caramella D. – Iacconi P. – Fornaciari G. 1998, pp. 4-6.

88 Fornaciari G. - Giuffra V. 2009, pp. 20- 21.

89 Ciranni R et al. 1998, 1999.

90 Ciranni R Garbini F, Neri E, Melai L, Giusti L, Fornaciari G.

91 Ibidem, Fig . 2 p. 27

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Le mummie aragonesi di Napoli

La serie più importante ad essere stata indagata fino ad oggi è quella delle mummie aragonesi della Basilica di S. Domenico Maggiore in Napoli.92 Si tratta di mummie naturali ed artificiali risalenti ai secoli XV e XVI ed appartenenti a membri della dinastia Aragonese e ad alcuni nobili napoletani.

All’interno dei sarcofagi vi erano i corpi mummificati e ben conservati di personaggi storici importanti come re Ferrante I e re Ferrante II d’Aragona ed Isabella d’Aragona. Le mummie sono state prima radiografate e poi sottoposte ad esame antropologico ed autoptico. Sono stati esplorati 38 sarcofagi, 8 dei quali sono risultati vuoti, mentre uno conteneva una deposizione doppia. Essendo individui di classe elevata, non desta sorpresa il fatto che la maggior parte fosse stata imbalsamata. Le mummie naturali invece si sono conservate grazie al clima di Napoli e alla posizione elevata del luogo di sepoltura a 5 metri di altezza vicino ai finestroni della sacrestia.

Grazie all’esplorazione dei locali sotterranei della basilica di S. Domenico si è appurato, inoltre, che i corpi sono stati sottoposti a “scolatura”, pratica diffusa nei centri del meridione.93

Lo studio di questa serie di mummie ha permesso di indagare non solo i metodi di imbalsamazione rinascimentali, ma soprattutto di fare la diagnosi di: due casi di

92 Cfr. Fornaciari G. 1995; Fornaciari G. 2005; Amadei A. p. 64; Aufderheide pp. 199-201; Grilletto R. 1996. pp.

124-125; Fornaciari G. 1998, pp. 271-281.

93 Amadei A. 1997, p. 62.

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malattia infettiva (vaiolo e sifilide venerea) e di due casi di patologia neoplastica (epitelioma e adenocarcinoma). 94

Figura 47: Bambino affetto da vaiolo.95

Figura 58: Bambino affetto da vaiolo (particolare del volto). 96

94 Fornaciari G. 1995, p. 470.

95 Fornaciari G., 2008, Fig. 5 .

96 Fornaciari G. 2006, p. 852.

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Le mummie siciliane

La Sicilia è la regione italiana che meglio conserva le tracce di un particolare trattamento dei cadaveri, il cui risultato era la parziale o totale mummificazione dei tessuti molli97. Questo tipo di trattamento dei cadaveri, tipico dell’Italia Meridionale, era riservato alle classi agiate ed al clero e si sviluppò nell’isola tra il XVI ed il XIX secolo. Questa pratica risultava, inoltre, appannaggio pressoché esclusivo dei soli uomini, fatta eccezione per la serie di deposizioni femminili del convento dei Cappuccini di Palermo.

Gli ambienti destinati al trattamento dei cadaveri erano sempre in associazione ai conventi dei Frati Cappuccini, alle confraternite e ai sepolcri destinati ai sacerdoti.

La mummificazione era ottenuta intenzionalmente attraverso un trattamento che prevedeva la permanenza delle salme, per un periodo di alcuni mesi, in ambienti sotterranei appositamente allestiti, chiamati “colatoi”. I cadaveri, distesi su una griglia, perdevano lentamente i liquidi per semplice scolamento attraverso il derma;

la ventilazione, assicurata da prese d’aria, e la temperatura costante, mantenuta dall’ambiente garantivano l’essiccazione dei tessuti e di conseguenza la loro conservazione98. Una volta privato della parte putrescibile, il defunto era stabilizzato e neutralizzato.99 Il corpo mummificato era poi rivestito ed esposto in cripte

97 http/ www.antrocom.it /htm.

98Fornaciari A. & Giuffra, 2006.

99 Fornaciari A. - Giuffra V. - Pezzini F. 2007, cit., p. 35.

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sotterranee o chiese dei morti, dove poteva essere visitato e osservato da parenti e amici. 100

Esistevano di due tipi di colatoi: a sedile e orizzontali. I primi, noti a Napoli come

“cantarelle”, erano degli ambienti in cui nei muri perimetrali erano ricavate alcune nicchie provviste di sedili in muratura con foro centrale per la raccolta dei liquami cadaverici. In genere, Il defunto, senza essere eviscerato o trattato veniva deposto in questi sedili e lasciato colare per alcuni mesi. Una volta che il processo di scolatura era terminato e la putrefazione aveva fatto il proprio corso lasciando le ossa libere dai legamenti, i resti scheletrici venivano spostati nell’ossario ed il cranio, unica testimonianza rimasta dell’individuo, era posizionato sulla mensola. 101 Questa pratica funeraria, analizzata da Francesco Pezzini, si configura come diametralmente opposta a quella della mummificazione. In questo caso non si tratta di favorire la conservazione del corpo, ma di agevolarne e sorvegliarne il disfacimento. In passato, più di un equivoco è stato generato sull’uso dei colatoi a seduta, considerati a più riprese come funzionali alla mummificazione.

Il secondo tipo di colatoi consisteva in una struttura con funzioni analoghe, dotata però non di sedili, ma di una grata di legno fissata al muro al di sotto della quale si apriva un vano di forma rettangolare dotato di un foro di spurgo e connesso con l’esterno. 102

100 Fornaciari A. - Giuffra V. 2006, p.. 927.

101 Fornaciari A. & Giuffra V. 2006.

102 Aufderheide AC. 2002.

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41 Figura 6 - Chiesa dello Spirito Santo in Messina: colatoi a seduta.

Figura 7 - Colatoio orizzontale a Palermo.103

103 Immagine concessa da Fra Calogero Maria Modica e Fra Mario Parrinello.

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Possiamo pertanto concludere che le due pratiche funerarie servivano, una per il disfacimento del corpo e l’altra per la conservazione e l’esposizione della salma.

Esse non appaiono in contrasto, ma risultano entrambe partecipi di un retroterra culturale comune, che prevede di disciplinare il rapporto tra i vivi e i morti e di garantire un passaggio indolore della fase successiva al decesso, coincidente con la putrefazione, corrispondente al periodo del lutto e dell’interiorizzazione del cambiamento.104

Figura 8: Colatoio orizzontale Palermo.

I più importanti complessi di mummie si trovano a Palermo, Savoca, Comiso e Burgio, ma molte altre località isolane conservano resti umani mummificati. Le principali sono: le Chiese Matrici di Novara di Sicilia, Piraino, Galati Mamertino, S.

Lucia del Mela e Militello Rosmarino, come si può osservare nella cartina che segue.

104 Fornaciari A. & Giuffra V. 2006, cit., p. 938.

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