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“aperto” a tutte le variabili di apprendimento linguistico. Nel

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Premessa

La glottodidattica si interessa di tutte le questioni teoriche e pratiche legate all'insegnamento della lingua, sia essa lingua madre, lingua straniera, lingua etnica o lingua classica. Il suo obiettivo riguarda l'elaborazione di approcci, metodi e tecniche didattiche che facilitino l'apprendimento linguistico.

Il termine glottodidattica si riferisce alle attività di ricerca che hanno lo scopo di analizzare le modalità in cui viene appresa una lingua straniera e quindi i metodi risultanti idonei per facilitare il processo di apprendimento.

Negli anni Settanta 1 si mostrava una preferenza per un tipo di insegnamento linguistico basato su nozioni e formule prestabilite. Si trattava quindi di un metodo “chiuso”, in cui non vi era la necessità di apportare cambiamenti utili ad un migliore apprendimento. Con il passare degli anni, l'insegnamento delle lingue si trasformò in un sistema

“aperto” a tutte le variabili di apprendimento linguistico. Nel

1



Danesi, Marcel , Il cervello in aula- Neurolinguistica e Didattica delle lingue, Perugia,

Guerra Edizioni 2005 p.14

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volume di Serra Borneto “C'era una volta il metodo” (1998) l’autore si pone l'obiettivo di illustrare le numerose tendenze della metodologia glottodidattica, in particolar modo quelle che si sono distinte per solidità e per l'influenza che hanno esercitato e continuano ad esercitare sulla pratica dell'insegnamento. Con una panoramica storica sull'evoluzione dei metodi si mette in evidenza come lo sviluppo di metodi/approcci centrati sul ruolo guida dell'insegnante stia andando verso forme più aperte e flessibili, in cui l'insegnante si mette al servizio del discente e delle sue conoscenze.

Già fin dagl' ultimi anni dell'Ottocento, la ricerca di un metodo per attivare il sistema naturale d’apprendimento fu di grande interesse tra gli studiosi. Il metodo proposto aveva come obiettivo primario quello di insegnare le lingue moderne presentando le regole della grammatica in maniera funzionale ai compiti di traduzione che lo studente doveva svolgere. Questa visione dell'insegnamento portò alla nascita del metodo diretto, secondo cui l'apprendimento della lingua straniera era identico a quello della lingua madre.

La glottodidattica oggi è scienza meta disciplinare nel senso

che i numerosi spunti teorici e le continue intersezioni

tematiche tra l'interno e l'esterno e tra le discipline ad essa

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afferenti (pedagogia, psicologia dell'età evolutiva, neurolinguistica ad esempio) contribuiscono a caratterizzarla 2 come una scienza che riflette su se stessa e sui propri principi, si trasforma e si plasma in continuazione , arricchendosi in funzione di un unico e stabile obiettivo principale: l'insegnamento (perché vi sia apprendimento) di una lingua/cultura a un determinato apprendente in un preciso contesto/socio educativo.

Negli ultimi dieci anni è stato introdotto il termine linguistica educativa, ripreso dall'inglese educational linguistics, dove il punto di partenza e di ritorno di ogni ricerca è la persona che apprende, una persona che vive e cresce in un contesto sempre più pluri e interculturale.

Ricordiamo alcune affermazioni riportate sul sito di PensieriParole del compianto Prof. De Mauro sulla cultura e la lingua: “La cultura è una bussola per orientarsi nel mondo della diversità che ci aspetta”, ed ancora, “ la cultura non è ciò che sappiamo ma ciò che siamo”. Anche Ferreri nel suo lavoro “Linguistica Educativa ed Educazione linguistica: tra acquisizione ed apprendimento” (2012) pone in stretta relazione i due poli dell'insegnamento e dell'apprendimento:

il docente-allievo: “l'educazione linguistica inverte il modello

2



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014

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di comunicazione scolastica tradizionale e dell'azione didattica; non solo dall'insegnante all'alunno, bensì l'allievo, con le sue conoscenze linguistiche anche distanti dalla lingua ufficiale contribuisce alla didattica della lingua obiettivo”, ed ancora, “riconoscere nell'allievo uno spessore e una capacità di uso linguistico ed instaurare un rapporto cooperativo ed interattivo in cui co-costruiscono le nuove conoscenze”.

La preoccupazione di formare al plurilinguismo e alla pluri- interculturalità diventa un obiettivo strategico della Comunità Europea 3 : prima con il Quadro di Riferimento per le lingue (2002); con il documento di sintesi del 2006 Plurilingual Education in Europe, 50 years of international co- operation, seguito dalla Guida per lo sviluppo e l'attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale (Bèacco et al, 2010) mettono a tema la necessità di sviluppare, nel cittadino europeo, una competenza comunicativa plurilingue e interculturale.

Anche il recente workshop su “Diversità linguistica e Cultura al Plurale” svoltosi in Dicembre 2015, presso l'Ateneo di Pisa, nell'ambito del progetto “Struttura, mutamento e acquisizione del linguaggio: principi teorici e dati empirici” ha rimarcato la globalità e l'interdipendenza

3



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014

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linguistica e la necessità di una multicompetenza non solo linguistica da valorizzare per l'individuo.

Ricordiamo anche il documento CE (2008) “Una sfida

salutare” dove viene messa l'enfasi sulla sfida ormai

apertamente riconosciuta dell'esigenza di formare alla

multiculturalità ed al plurilinguismo. La necessità di

rispettare la nostra diversità è il riconoscimento di una realtà

culturale prodotta dalla storia. L'Europa si interroga oggi

sulla sua identità e sulla possibilità di definirla mantenendo la

sua apertura al mondo. Per l'Europa è indispensabile

incoraggiare la diversità delle espressioni culturali vista la

sua storia, ma altrettanto indispensabile rimane affermare

l'universalità dei valori essenziali come l'integrazione europea

ed il dialogo tra culture. In questa prospettiva l'Unione

Europea si farebbe promotrice dell'idea di una lingua

personale adottiva: una seconda lingua in qualche modo

simile ad una seconda lingua materna. Quindi si definirebbe

il ruolo dell'inglese come lingua di comunicazione

internazionale, mentre la lingua personale adottiva verrebbe

scelta in base a motivi affettivi, di storia personale in maniera

ampia e libera. Ad esempio J. Conrad, che aveva il polacco

come lingua materna, il francese come lingua di

comunicazione internazionale, ha trovato nell'inglese la sua

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massima espressione e viene universalmente riconosciuto come scrittore della letteratura in lingua inglese.

Il gruppo di lavoro della CE si è centrato sullo sviluppo bilaterale di coppie di lingue cercando metodi efficaci che favoriscano lo sviluppo delle competenze linguistiche.

Crediamo fermamente che la glottodidattica ludica, oggetto di questa tesi possa essere uno dei metodi più efficaci per perseguire gli scopi illustrati nel documento.

Il primo capitolo di questo progetto di ricerca riguarda i fondamenti teorici tradizionali e generali della glottodidattica con particolare riferimento alla neurolinguistica, all'acquisizione vs apprendimento, agli approcci affettivi e comunicativi e i metodi che ne sono derivati, alcuni ancora in uso in contesti scolastici italiani.

Il secondo capitolo, invece, si centra sulla glottodidattica ludica ed i suoi fondamenti e metodi fino all'evoluzione digitale e virtuale degli stessi.

Nel terzo capitolo ancora la glottodidattica ludica del terzo

millennio si concretizza nell'osservazione di tre gruppi

sperimentali, confrontati con altrettanti gruppi di controllo in

cui vengono applicati i principi precedentemente esposti,

attraverso pratiche più tradizionali della glottodidattica ludica

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fino all'utilizzo di tecnologie ludiche sperimentali, in ambienti virtuali e di social network.

La ricerca mira a sostenere la tesi dell'uso consapevole della

metodologia ludica e della tecnologia per migliorare

l'apprendimento linguistico, e cerca di mettere in luce quale o

quali intelligenze, secondo il modello di Gardner, vengono

sviluppate grazie alla glottodidattica ludica.

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CAPITOLO 1

APPRENDERE LE LINGUE: IPOTESI TEORICHE E METODOLOGIE DIDATTICHE

1.1 Acquisizione ed apprendimento di una lingua

Per prima cosa una precisazione terminologica: i termini acquisizione 4 (linguistica) ed apprendimento (linguistico) vengono usati talora sinonimicamente, altre volte con accezioni diverse. L'acquisizione di una lingua materna (L1) rappresenta un' esperienza condivisa da tutti gli esseri umani, normalmente inseriti fin dalla nascita in un contesto interazionale che utilizza tale strumento di comunicazione. Il processo di acquisizione accade da sé, apparentemente, a una certa età, senza particolare sforzo, in modo omogeneo e con buon successo.

L'opinione comune invece concorda che l'apprendimento di altre lingue (L2) richieda uno sforzo e conduca a esiti diversificati e meno soddisfacenti dal punto di vista della padronanza. L'apprendimento di L2 è infine detto spontaneo 5

4



Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009

5

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qualora avvenga in un contesto in cui la L2 viene utilizzata normalmente nell'interazione sociale; si parla invece di apprendimento linguistico guidato in un “contesto istituzionale” dove il contatto con la L2 si ha solo in classe, in corsi di lingua, sotto la guida di un docente; se la lingua appresa in tale contesto non è la lingua del contesto esterno si parla propriamente di lingua straniera (LS). Quando la L2 viene appresa sia nell'interazione sociale che in corsi di lingua si parla di apprendimento misto.

Anche svolgendosi in condizioni ambientali, psicologiche e neurologiche diverse sia la L1 che la L2 hanno dei tratti in comune; entrambi i processi si basano sul bisogno dell'essere umano di essere “sociale”, di interagire. La lingua in questo caso è strumento di comunicazione all'interno di un certo gruppo sociale ed utilizza le risorse cognitive ed articolatorie tipiche della specie umana, cioè la sua “natura”. Nonostante gli sforzi nessun tipo di animale è mai riuscito ad utilizzare un codice comunicativo arbitrario così complesso e potente come una lingua naturale. Inoltre sia la L1 che la L2 evidenziano fasi di sviluppo ricorrenti ed in parte comuni: ad esempio la ricorrenza di forme devianti dal “target” (errori



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014

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evolutivi 6 ) che rivelano l'applicazione di strategie simili nell'impadronirsi del nuovo sistema linguistico.

Inoltre si nota come tanto in L1 che L2 alcune difficoltà acquisizionali siano legate alla struttura della lingua d'arrivo che esibiscono tratti di marcatezza, ossia tratti rari e/o complessi, fra i primi ad essere persi in situazioni critiche, ad esempio in caso di afasia, nel logorio linguistico, durante il cambiamento linguistico. Contrariamente a quanto enfatizzato durante gli anni Settanta con l'ipotesi dell'identità 7 (Dulay, Burt, 1974), sempre più oggi vengono evidenziate divergenze per cui i due processi sono qualitativamente e/o quantivamente diversi.

Una prima differenza è costituita dal fatto che per la L1 l'acquisizione linguistica è parallela e concomitante con lo sviluppo cognitivo, con la prima socializzazione e la progressiva conoscenza e categorizzazione del mondo, mentre per la L2 essa può poggiare su uno sviluppo cognitivo più avanzato, se non addirittura completo (vedi il caso di un apprendente adulto) e su una conoscenza del mondo più ampia.

6



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg66-69

7



Per approfondimento vedi Dulay, Burt, Krashen, 1985, cap. VII

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Un'ulteriore differenza sta nel fatto che in L2 il peso delle differenze individuali, siano esse legate ad attitudine, motivazione, personalità sembra maggiore che in L1. Anche lo stadio finale raggiunto é diverso: in L1 “nativo”, mentre in L2 si possono avere anche casi di “fossilizzazione 8 ” a stadi elementari.

L'apprendimento della lingua materna può inoltre fruire di alcuni punti di forza 9 che spiegano almeno in parte il suo maggiore successo rispetto a quello di lingue seconde: per la L1 è più forte ed intimo il legame tra lingua ed identità personale e di gruppo che la L2. Spesso quest'ultima è considerata estranea al proprio io, nonostante ciò una L2 praticata intensamente e a lungo può penetrare nel vissuto e nell'identità personale arricchendola. Per la L1 l'input linguistico è più calibrato ed abbondante che nel caso della L2 in cui l'input è molto limitato poiché a volte solo presente nella realtà del corso di lingua. Anche dal punto di vista qualitativo l'input a cui è esposto il bambino (baby talk) 10 è

8



L'input non diventa più intake, l'apprendente smette di progredire prima di arrivare alla lingua target

9



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg51-52

10



Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009 pg101

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più favorevole all'apprendimento, essendovi maggiormente presente un'interazione che favorisce e supporta gli interventi dell'apprendente (scaffolding) ed essendo l'input più sintonizzato su i suoi bisogni ed esperienze, e ciò lo rende maggiormente comprensibile ed utile all'acquisizione. Per la L1 sembra che il ruolo principale durante il processo di acquisizione sia giocato dall'apprendimento implicito, supportato da teorie come quella di Tomasello (2003), ad esempio, “attraverso la comprensione delle intenzioni altrui, dall’imitazione, dalle attività di attenzione congiunta, scaturisce il linguaggio umano”; mentre in L2 uno dei ruoli principali è giocato dall'apprendimento esplicito, supportato ad esempio dalle teorie comportamentiste, “dove la presentazione del materiale didattico avviene a piccoli passi, programmando le pause in modo tale che sia possibile controllare che lo studente capisca e si stimoli la partecipazione attiva di tutti gli studenti. (B. Rosenshine, 1986).

1.2 Il periodo critico

Alla base di molte differenze fra L1 e L2 vi sono infine diversità neurobiologiche fra i due processi e le condizioni

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cerebrali in cui si svolgono normalmente, in quanto l'acquisizione di L1 e L2 si collocano generalmente in età 11 diverse. A livello neurobiologico l'apprendimento di L1 si configura come una graduale organizzazione di un'architettura neurale inizialmente non specifica, mentre per la L2 si tratta di riorganizzare l'architettura neurale legata alla L1. Quanto alle aree cerebrali coinvolte , generalmente é dominante l'emisfero sinistro sia per L1 che per L2 (mentre l'emisfero destro contribuisce alla percezione del linguaggio e alla pragmatica) e pare che chi impari tardi la L2 attivi aree aggiuntive rispetto a chi impara la L1 , almeno fino a che non raggiunge un certo grado di fluenza.

A tali considerazioni si collega l'ipotesi detta del periodo critico, proposta dapprima da Lenneberg (1971) e poi ripresa e modificata da altri (De Keyser, 2000 12 ), secondo la quale, anche per l'acquisizione della lingua pare esservi un limitato periodo favorevole, una “finestra” entro cui essa deve avvenire (entro la pubertà secondo Lenneberg, secondo altri entro i primi cinque anni di vita) poiché in tale periodo il

11



Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009 pg108

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Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009

pg 110

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cervello é particolarmente pronto ad “elaborare” in maniera automatica una lingua a partire da una semplice esposizione all'input. Inoltre la plasticità neuronale, che favorisce la possibilità di nuove connessioni e sinapsi fra i neuroni (cioè il correlato neurofisiologico dell'apprendimento) decresce con l'età, soprattutto dopo il periodo critico, con il progredire della lateralizzazione del linguaggio nell'emisfero sinistro. La generalizzazione più nota è il principio “older is faster, but younger is better”; apprendenti di età più matura sarebbero più veloci nella fase iniziale dell'apprendimento, soprattutto nel settore morfosintanttico e nell'apprendimento consapevole, esplicito, ma alla lunga verrebbero superati dagli apprendenti che vengano esposti alla L2 in età più precoce, che otterebbero risultati migliori a livello fonologico e morfologico.

Una versione rivista dell'ipotesi del periodo critico parla piuttosto di più periodi scaglionati nel tempo (Long,1990):

dalla nascita ai 4-7 anni : favorevole all'acquisizione fonologica e di certe abilità lessicali

dalla nascita ai 15-16 anni: favorevole per l'acquisizione

della morfologia e della sintassi.

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Trascorsi tali periodi sarebbe molto raro, anche se non impossibile , raggiungere in L2 un livello nativo nei suddetti ambiti.

1.3 Approcci teorici all'acquisizione di L1

Il bambino, ancora prima di parlare, riesce a farsi capire correttamente dall'adulto in modi diversi, realizzando pienamente il suo desiderio di comunicazione. Infatti le prime forme di comunicazione con i caretakers 13 , all'interno dei formati 14 d'interazione, immergono il bambino nella lingua che sta acquisendo. Il formato diventa quindi un mondo a sé stante con ruoli definiti, in continua evoluzione poiché in costante confronto con gli adulti e la realtà che lo circonda.

Le prime interazioni hanno uno schema praticamente fisso (ad esempio si pensi agli scambi comunicativi tra genitore e figlio) in cui le sequenze sono simili ed in forma di frasi; nei formati di gioco, di riferimento, di richiesta e di saluto in cui la figura dell'adulto fornisce l'intelaiatura interazionale, si

13



Colui, colei che si prende cura, interagisce principalmente con il bambino 14



Coppola, Daria, Dal formato didattico allo scenario,Interagire e comunicare in lingue

altre, Edizioni ETS, 2006, cap.1

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accompagna il bambino nel suo percorso di scoperta delle parole; man a mano egli sostituisce le sole vocalizzazioni o il linguaggio corporeo con enunciati di natura sempre più complessa.

I formati di gioco permettono al bambino di supportare i suoi bisogni di ludicità, di capire i meccanismi che regolano la comunicazione, in un contesto divertente, rilassato, familiare.

I formati di gioco sottostanno a regole, prevedono ruoli ed il

rispetto di turni, insomma proiettano il bambino all'interno

del mondo della comunicazione. I formati di riferimento

permettono al bambino in modo poco rigido, focalizzato sugli

atti comunicativi, di sostituire forme preverbali in forme

appropriate e complesse. Qui l'adulto non rappresenta un

mero riferimento linguistico ma anche culturale poiché con le

sue correzioni non solo indica ciò che sia appropriato dal

punto di vista linguistico ma anche come la lingua viene

utilizzata all'interno della società. I formati di richiesta si

evolvono dalla mimica all'uso adeguato di forme linguistiche

(rule of politeness and manner) in cui l'adulto cerca di

rappresentare un modello di correttezza soprattutto ai fini del

successo della comunicazione.

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Nei formati il bambino impara che la lingua può essere usata non solo per soddisfare bisogni primari ma anche altri di livello superiore come quelli comunicativi e cognitivi.

Negli ultimi decenni l'interesse teorico per l'acquisizione L1 è molto cresciuto, come campo per testare numerosi assunti della linguistica teorica.

Fino agli anni Cinquanta, in un contesto dominato dalla psicologia comportamentista 15 l'acquisizione della lingua veniva considerata come “il formarsi di abitudini linguistiche dovute a meccanismi di ripetizione, imitazione e rinforzo”

(Lado 1957; Skinner 1957) Questo approccio si centrava sul processo di acquisizione dei suoni e del lessico ma poco chiaro sugli aspetti di acquisizione grammaticale.

Chiaramente non tutto quello che produce il bambino è imitazione di quello che sente dal genitore, anzi sembra egli stesso obbedire a delle regole interne elaborate liberamente.

Un primo passo in avanti dalla visione comportamentista è stata la sua discussione ad opera di Chomsky , iniziatore della linguistica generativo-trasformazionale. Nel 1957 Chomsky pubblica il volume “Syntactic structures” che contiene la sua teoria rivoluzionaria dove sostiene che “il

15



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg

55-69

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bambino acquisisce grazie ad un processo creativo di apprendimento di regole, basato sulla facoltà di linguaggio innata”. Tra il 1965 ed il 1966 escono due opere “Aspects of theory of syntax” e “Cartesian linguistics” e nel 1968

“Language and mind” in cui il pensiero di Chomsky viene ulteriormente precisato e discusso. A partire dagli anni Settanta quindi, sull'onda dell'innatismo di Chomsky si sono sviluppati parallelamente tre filoni di teorie acquisizionali :

teoria innatista, può essere definito simbolico, nel senso che rappresenta la conoscenza linguistica come un insieme di simboli e regole;

teoria cognitivista: con enfasi sulle basi cognitiviste e meccanismi di processazione del linguaggio, riconoscono un certo ruolo all'ambiente e alla funzionalità comunicativa, negli ultimi anni sono numerosi gli approcci connessionisti, che spiegano la conoscenza come pattern di attivazione in reti neurali;

teorie ambientalistiche, enfatizzano gli aspetti socializzazione, il ruolo dell'input materno ed il ruolo del contesto.

Tutte queste teorie sono ancora in discussione per la loro

validità; ancora gli studiosi non hanno trovato una teoria

condivisa sulla L1.

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Analizzando in dettaglio le teorie innatiste tutte partono dal principio che l'essere umano apprende la lingua in modo naturale, anche di fronte ad un input povero, ossia non grammaticale e non completo. I bambini imparano senza un insegnamento esplicito e con rare correzioni, a volte anch'esse trascurate. Quindi il bambino acquisisce la lingua attraverso un dispositivo di acquisizione linguistica innato (LAD Language Acquisition Device) o meglio ancora grazie alla Grammatica Universale (un sistema di principi, elementi e proprietà di tutte le lingue umane). La GU contenendo principi universalmente validi e parametri determinerebbe l'insieme di tutte le lingue umane possibili. Il bambino grazie ad un trigger fisserebbe i parametri di GU sulla posizione specifica alla lingua a cui viene esposto.

Questa teoria ha subito molto attacchi, specialmente perchè non è stata ancora provata con evidenze cognitive e neurobiologiche, emerse da studi recenti, la sua validità.

Mancano infatti, molte prove neurobiologiche per la GU, che

evidenziano conquiste tardive come nella sintassi complessa,

nel lessico e nella pragmatica. Studiosi come Tomasello

(2003) hanno mostrato che “alcune regole grammaticali che

si supponevano innate possono emergere da capacità

cognitive generali e da processi di grammaticalizzazione

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legati all'uso frequente.” (Usage-based Theory) 16 . Negli ultimi anni l'idea del paradigma generativo è accettata al di fuori del suo riferimento a GU, alcuni ritengono innati i meccanismi responsabili per l'acquisizione e uso della lingua, che non sarebbero di natura strettamente linguistica, questo filone viene chiamato innatismo generale (O'Grady 1999).

Le teorie cognitivo funzionali fanno riferimento alla visione della “cognizione come un fenomeno che emerge a partire da processi semplici e da capacità cognitive generali”. Esse pongono particolare attenzione alle procedure della mente per analizzare, comprendere ed acquisire strutture linguistiche, fino ai più recenti studi basati sulla neurobiologia dell'apprendimento. La prima corrente di ricerca va collegata a Piaget (1955). In particolare fino ai 18 mesi, la prima fase linguistica olofrasica sarebbe da mettere in relazione con lo sviluppo dell'intelligenza sensomotoria; in quanto la capacità di nominare oggetti dipenderebbe dal collegamento tra gli oggetti ed il gesto, tipica dell'ultima fase dello stadio sensomotorio. In seguito Slobin (1976) mise particolare enfasi sulla base cognitiva dello sviluppo linguistico. Egli ritiene che ”l'ordine di acquisizione di nozioni semantiche

16



Tomasello, Michael, Constructing a Language, A Usage-based Theory of Language

Acquisition ,Harward University Press, 2003

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segua lo stesso schema in tutte le lingue, indipendentemente da come vengano espresse, in quanto dettato dallo sviluppo cognitivo.” Durante un'indagine su L1 anche non indoeuropee Slobin evidenzia comun principi operativi che sarebbero alla base della costruzione del linguaggio (Operating Principles 1985-97) insieme ad una costanza nell'ordine di sviluppo di nozioni semantiche espresse linguisticamente. Questi principi “guiderebbero l'apprendente nella percezione, segmentazione e analisi dell'input linguistico e conseguente costruzione della grammatica.”

In questo filone teorico ci sono anche studiosi che enfatizzano il ruolo della funzionalità comunicativa 17 dell'acquisizione: “il bambino impara le forme linguistiche in base alle funzioni comunicative” (ad esempio domandare). Il bambino si lascerebbe guidare da indizi affidabili e coerenti.

“Nella produzione il bambino inizierebbe con lo stabilire le categorie pragmatico semantiche di base come topic- comment, scegliendo le loro codificazioni tramite gli elementi superficiali (accordi, ordine delle parole, casi) più salienti e coerenti nella sua L1.”

17



Coppola, Daria, Dal formato didattico allo scenario,Interagire e comunicare in lingue

altre, Edizioni ETS, 2006, cap.3

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Un altro modello combina gli elementi cognitivi con una teoria applicata anche a settori diversi dal'apprendimento (mutamento linguistico, disturbi e afasie), la teoria della naturalezza (Dressler et al, 1987; Dressler, Karpf,1995)

“Sarebbero più precoci nell'apprendimento e preferite da chi impara una lingua le strutture fonologiche e grammaticali più naturali, quelle più facilmente elaborabili, più trasparenti, più diffuse nelle lingue del mondo e più coerenti con il tipo di lingua in questione (es: riccamente flessivo, come per il tedesco e il latino, privo di morfologica per il cinese) e con le sue caratteristiche intrinseche.”

La teoria dei prototipi, sviluppata da Rosch negli anni Settanta è stata ripresa dalla linguistica cognitiva. Secondo tale teoria “la categorizzazione sarebbe basata su membri prototipici, centrali di categorie, cosa che varrebbe pure per la categorizzazione linguistica” (Taylor, 2003), così l'acquisizione delle categorie linguistiche partirebbe spesso riconoscendo un significato prototipico, di base di certe forme (fonemi,morfemi etc) ed estendendolo gradualmente.

Studi recenti evidenziano la stretta connessione tra grammatica e cognizione e mettono parzialmente in dubbio l'idea di un assoluta universalità dello sviluppo linguistico.

Infatti nel filone cognitivo-funzionale non vengono postulate

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categorie o regole linguistiche innate, bensì viene sottolineato il ricorso dei bambini ad un apprendimento distribuzionale, attento ai pattern di co-occorenza di certi tratti semantici o morfo-sintattici e formali.

Una prospettiva promettente è quella basata sull'uso di Tomasello che mostra come “in L1 i bambini imparino le strutture linguistiche a partire da singole parole (olofrasi) seguite da brevi costruzioni frasali organizzate intorno a specifiche parole chiamate isole verbali.” Prima di sviluppare regole linguistiche i bambini elaborerebbero schemi legati a singoli elementi concreti, talora prototipici, su base di indizi chiari e frequenti. “Grazie alla capacità di leggere nelle intenzioni altrui (theory of mind) e da attività di attenzione congiunta fra bambino ed interlocutore, l'essere umano acquisisce le strutture della sua lingua.”

In ultimo l'approccio costruttivista 18 interpreta l'acquisizione linguistica come un “passaggio graduale da singole unità concrete a costruzioni linguistiche astratte”, è la cosidetta Costruction Grammar. In L1 si imparerebbero prima routines, poi modelli a bassa generalizzabilità ed infine costruzioni astratte. La costruzione della conoscenza avviene

18



Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009

pg 104

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grazie alla comunicazione interpersonale e si attua attraverso particolari forme di negoziazione e collaborazione tra pari.

L'azione collaborativa fornisce il supporto per svolgere compiti che non riesce a svolgere individualmente, consentendo la transizione verso l'autonomia cognitiva. Il sostegno dialogico dei membri della società, orienta in maniera appropriata il bambino.

Le teorie ambientaliste sottolineano “il ruolo di fattori esterni al bambino, in particolare le dinamiche di socializzazione che mediano l'acquisizione del linguaggio e l'effetto dell'input linguistico degli adulti”. Questo filone accetta teorie che correlano l'acquisizione linguistica alla mente ed all'esperienza. Quindi è necessario un coinvolgimento del bambino in attività sociali significative per sviluppare la L1.

Infatti i bambini usano alcune forme grammaticali complesse di fronte alla necessità di produrre atti linguistici 19 .

Gli approcci ambientalisti presentano alcuni punti problematici accanto ad alcuni interessanti. Per esempio il ricorso al baby talk o child directed speech non sembra un requisito indispensabile all'acquisizione di L1. Bambini della

19



Studi su bambini samoani hanno mostrato che il verbo portare (aumai) viene prodotto

prima del verbo venire ( sau), pur presente nel loro input in maniera maggiore e meno complesso

del primo: il loro status personale sociale basso ofrre loro infatti poche possibilità di utlilzzare il

verbo “ venire”, magari usato dagli adulti come comando, mentre lo status infantile da più

possibilità al bambino di usare il secondo per richieste.

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Samoa occidentale, Papua Nuova Guinea, afroamericani della Carolina del Sud non sono esposti al CDS, imparano la L1 senza problemi. Inoltre “ambiente, meccanismi cognitivi, predisposizioni innate sono in continua interazione e il loro ruolo può cambiare nel tempo”( Long, 1996).

1.4 Approcci teorici all'apprendimento di L2

In un contesto naturale chi apprende una seconda lingua (L2) tende a ripercorre il cammino familiare usato durante l'acquisizione della L1. Sostanzialmente la sequenza che viene riprodotta è pragmatica-semantica-sintassi 20 . La necessità di farsi capire è lo scopo primo ed ultimo della comunicazione: gli enunciati debbono essere corretti dal punto di vista dell'intonazione, della pronuncia, questi tratti veicolano un significato specifico a cui solo secondariamente si accosta la struttura formale, il suo valore grammaticale. Gli studi nel campo della linguistica acquisizionale 21 aiutano a confermare questa progressione, dividendo l'acquisizione in tre varietà pre-basica, basica e post-basica. La prima

20



Coppola, Daria, Dal formato didattico allo scenario,Interagire e comunicare in lingue

altre, Edizioni ETS, 2006, cap.1

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La disciplina che studia principi e fattori dell'acquisizione della L2

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essenzialmente pragmatica, la seconda già arricchita di elementi lessicali e l'ultima che si focalizza sulle strutture profonde della morfologia e sintassi.

Anche le strategie di interazione, i cosiddetti formati di interazione si possono ritrovare nella progressione spontanea dell'apprendimento. Durante la comunicazione l'importanza del contesto, l'uso della gestualità, l'input semplificato, le correzioni e l'atteggiamento sono molto simili a quelli usati durante la progressione nell'acquisizione L1. Il cosiddetto formato didattico, la comunicazione tra alunno e docente è analogo come formato a quello della comunicazione asimmetrica spontanea. All'inizio presenta uno schema fisso, è ripetitivo e familiare, sensibile al contesto, si evolve con il progredire della competenza linguistico-comunicativa, è reciproco nonché richiede un'azione costante di supporto da parte dell'insegnante. Le teorie formulate sull'apprendimento della L2 possono essere ricondotte con alcune differenze ai filoni teorici della L1 22 . Quindi:

1. Modelli innatisti

2. Modeli cognitivo-funzionali

3. Modelli ambientalisti

22



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg

70-81

(27)

4. Modelli integrati.

Per i modelli innatisti “l'acquisizione di una L2 è dovuta ad un dispositivo innato e ad una GU.” Uno dei modelli che ha avuto maggiore successo è quello di Krashen (1985) in cui in cinque ipotesi 23 egli cerca di riassumere il suo modello secondo il quale “l'acquisizione di L2 risentirebbe sia di fattori ambientali, esterni, sia di fattori interni (personalità, età ed L1) e, sarebbe attuata attraverso tre operatori mentali, (filtro, organizzatore, monitor), responsabili dell'elaborazione dell'input in L2 e dell'organizzazione della nuova competenza linguistica. Sulla base di tale competenza verrebbe prodotto l'output in L2. I primi due operatori, filtro ed organizzatore, sarebbero subcoscienti, il terzo, il monitor cosciente.”

Per gli innatisti apprendere una L2 significherebbe riposizionare i parametri di GU secondo i valori che essi assumono in L2. Sul ruolo di GU in L2 molti pareri di studiosi non sono concordi, le indagini scientifiche empiriche portano risultati contradditori. I principi paiono accessibili, mentre l'accessibilità dei parametri è stata lungamente

23



Ipotesi acquisizione-apprendimento; ipotesi dell'ordine naturale, ipotesi del monitor,

ipotesi dell'input comprensibile, ipotesi del filtro affettivo.

(28)

discussa. Chi esclude del tutto per la L2 come Bley-Vroman, si parla di “differenza fondamentale” tra la L1 e la L2; chi ritiene che l'accesso sia parziale (ad esempio limitato per alcuni parametri od indiretto (Schachter, 1988), ; chi invece lo ritiene pieno “Full Access” (Schwarts, Sprouse 1996).

Addirittura tra gli innatisti c'é chi nega l'accesso a GU. Questi studiosi ritengono che “per apprendere L2 si ricorra in realtà ad abilità generali di risoluzione di problemi, a principi funzionali e/o pragmatici.” Qui si parla di innatismo generale (O'Grady).

In conclusione a livello empirico gli studiosi innatisti si interessano soprattutto dell'acquisizione della sintassi in L2, non toccando i livelli semantico, pragmatico e discorsivo e trascurando fattori psicologici e sociali.

I modelli cognitivo-funzionali 24 trattano l'apprendimento linguistico come quello di altri tipi di conoscenza: “esso viene conseguito tramite strategie e operazioni cognitive non specificatamente linguistiche e senza ricorrere a conoscenze linguistiche astratte innate.” (Per un approfondimento delle teorie innovative si rimanda al paragarafo 2.)

24



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg 73

(29)

Anche la teoria dell'interlingua 25 può essere considerata nel filone cognitivo, in quanto l'acquisizione di L2 viene considerata un processo di costruzione di regole, tramite formulazione e verifica di ipotesi. Il termine interlingua 26 è stato introdotto da Selinker (1972) per indicare “la competenza transitoria di chi apprende una L2.” Dietro le produzioni poco articolate e devianti di coloro che stanno imparando una nuova lingua , esiste un sistema strutturato, governato da principi provvisori, dotato di dinamismo a complessità crescente. “La ristrutturazione dell'interlingua è dovuta alla graduale trasformazione del sistema dellla L1, trasferito sulla L2, segnalato da errori di transfer, mentre la ricreazione è connessa alla formulazione di ipotesi sul funzionamento della lingua di arrivo ed è provata dalla presenza di errori di sviluppo.”

Parallelamente al cognitivismo vengono proposti modelli ispirati alle visioni construttiviste dell'acquisizione, secondo tali modelli “i meccanismi acquisizionali a base percettiva, motoria e cognitiva basterebbero per “costruire” complesse rappresentazioni linguistiche.” Per quanto riguarda

25



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg

66-69 26



Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009

pg 96

(30)

l'approccio connessionista simulazioni di reti neurali hanno mostrato come “la regolarità di associazioni fra forme e funzioni basti per imparare regole grammaticali di L2 su pura base distribuzionale, senza regole.” Negli studi sulla Construction Grammar per L2 si riprende l'idea, per altro già difffusa negli anni Settanta che “l'apprendimento faccia leva su “formule” blocchi, sequenze più o meno fisse e frequenti nell'input in L2, per poi analizzarle e usarle con elementi in parte diversi, e infine procedere ad apprendere costruzioni più astratte e generali.”

L’ipotesi socio-interazionista 27 considera “l'acquisizione della lingua come il risultato degli sforzi collaborativi tra l'apprendente ed i suoi interlocutori e della relazione dinamica che si stabilisce tra i fattori esterni ed i meccanismi interni all'individuo.” Bruner sostiene che è “la cooperazione adulto-bambino che rende possibile lo sviluppo della competenza linguistica ed influisce sul grado e la rapidità di apprendimento.” Il dispositivo per l'acquisizione del linguaggio non potrebbe essere infatti attivato senza il contributo dell'adulto, che modella e struttura l'input rendendo possibile la comunicazione, cioè fornisce un

27



Diadori, Troncarelli, Palermo, Manuale di Didattica dell'Italiano, Guerra Edizioni, 2009

pg100

(31)

sistema di. supporto definito da Bruner LASS (Language Acquisition Support System) . Nell'apprendimento di una lingua straniera nel momento dell'interazione tra nativo e non nativo, i due interlocutori si sforzano di superare congiuntamente le difficoltà dovute alle limitate risorse linguistiche del'apprendente, questa negoziazione dei significati origina un input comprensibile che permette di promuovere l'apprendimento linguistico. Quindi l'interazione favorisce l'attenzione sulle forme linguistiche e la riformulazione degli enunciati più vicini alla norma di L2.

L'ipotesi socio-interazionista ha portato ad approfondire le funzioni del linguaggio utilizzato dagli adulti per rivolgersi ai bambini (motherese), come anche quella impiegata dal nativo verso gli stranieri (foreign talk), nonché sulla comunicazione didattica.

Altre teorie di stampo ambientalista, sottolineano il ruolo dell'ambiente e dei fattori psicosociali. Secondo il modello dell'acculturazione di Schumann (1978) di impronta socio- psicologica, “sul processo di acculturazione soggiacente all'apprendimento di L2 inciderebbero, negativamente, la distanza sociale 28 e la distanza psicologica 29 dell'apprendente

28



La distanza sociale si correla con il grado di chiusura o coesione della

comunitàimmigrata ( o del gruppo di apprendenti), con i rapporti sociali, di dominazione, di

(32)

nei confronti della lingua e dei suoi parlanti, della loro cultura.” Sia gli approcci sociolinguistici che etnografici sottolineano l'influsso di “variabili socioanagrafiche dell'identità sociale, dell'autostima, della gestione di problemi di “faccia” nell'apprendimento di L2, invitando a considerare il carattere sociale del percorso di apprendimento.” Da segnalare l'approccio interazionista di Long (1996) in cui si sviluppa l'ipotesi dell'input di Krashen, che “deve essere comprensibile, utile all'apprendimento e comprende modifiche linguistiche e interazionali di diverso genere”

(domanda di chiarimento, parafrasi, ripetizioni...) . Nel 2007, in un'ottica più cognitiva l'autore tende a focalizzarsi sui fattori interni all'apprendente (capacità di elaborazione, attenzione alle forme) e di fattori esterni, come la correzione ad esempio.

Tra i modelli integrati 30 si possono ricordare il modello multidimensionale di Clahsen, Meisel, Pienemann (1983) che “fonde principi e processi cognitivi, strategie universali

subordinazione fra immigrati e società ospitante Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di

Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg 79

29



“ La distanza psicologica rimanda allo shock linguistico e culturale subito

dall'apprendente nell'incontro con la comunità che lo ospita, al tipo di motivazioni, alla variabile della permeabilità dell'ego diversa secondo l'età( nell'infanzia è alta così si riduce la distanza psicologica” Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg 79

30



Chini, Marina, Bosisio Cristina, Fondamenti di Glottodidattica, Carocci Editore ,2014 pg

80-81

(33)

di elaborazione linguistica e fattori socio-contestuali, che permettono all'apprendente di integrarsi più rapidamente nella società d'arrivo e capirne i suoi usi ed abitudini.” Il modello di Gass (1997) considera vari fattori, innati e non, esterni ed interni, che incidono sull'apprendimento, proponendo “quattro fasi progressive dell'elaborazione di L2 (dalla percezione, alla comprensione, all'accettazione per finire con l'integrazione dell' intake).” Durante queste fasi l'apprendente metterebbe alla prova le sue ipotesi sulla L2, paragonando le sue produzioni con quelle dei nativi. Il modello di Towell e Hawkins (1994) infine, è complesso poiché “combina aspetti della GU con l'apporto della memoria e di altri meccanismi e fattori cognitivi, oltre che conoscenze già presenti nell'apprendente.”

Un ulteriore modello è quello di Howard Gardner, eminente

psicologo della Harward University, il quale indica nella sua

teoria delle Intelligenze Multiple, un cambiamento nella

concezione delle potenzialità umane. La teoria in questione si

fonda sulla considerazione che “la mente umana non è più

identificabile con una sola Intelligenza,” quella

tradizionalmente definita in termini di Quoziente Intellettivo

(quantificato in base a test incentrati soprattutto su abilità

logiche e verbali). La pratica è stata molto diffusa nel passato

(34)

per discriminare gli studenti più dotati (e quindi destinati ad

una istruzione elitaria) da altri ritenuti più idonei a tipologie

di formazione più pratica. Gardner evidenzia i limiti di questa

misurazione ed afferma invece che “tutti gli apprendenti,

nelle loro diversità, troverebbero risposte alle proprie

esigenze formative in un panorama molto più ampio e

diversificato.” Nel suo testo “Frames of mind” (1993), lo

studioso delinea le caratteristiche della sua teoria, seconda la

quale “ogni individuo è dotato di sette tipi di intelligenza” (in

seguito allargate ad otto, con l'aggiunta di quella naturalistica

e poi aprendo le possibilità per una nona, definita

esistenzialista). Per lui, le menti umane non solo possiedono

diversi tipi di rappresentazioni e linguaggi mentali, ma

differiscono anche nel modo in cui questi ultimi possono

essere modificati e nelle loro caratteristiche. Il fatto che le

intelligenze siano presenti in tutti gli esseri umani in modalità

ed associazioni differenti, si manifestano in specifiche abilità

ed orientamenti personali. Le applicazioni della teoria di

Gardner permettono quindi di superare numerosi preconcetti

legati alla limitatezza di alcuni soggetti e alla necessità di

attivare percorsi di recupero e/o sostegno nei confronti della

difficoltà manifestata da certi apprendenti. L'innovazione

consiste soprattutto nel fatto che tutti gli esseri umani

(35)

possono sviluppare le proprie intelligenze ad un adeguato livello di prestazione se sottoposti ad opportuno stimolo, coinvolgimento ed input.

Gli studenti considerati “deboli” in tradizionali contesti di apprendimento, possono invece ricevere risposte diverse all'interno di percorsi differenziati che si adattano alle esigenze di un determinato tipo di intelligenza. Le strategie adottate per una didattica efficace favoriscono lo spostamento della gestione dell'apprendimento dal docente all'apprendente, riservando a quest'ultimo la possibilità di scegliere il modo in cui apprendere e quindi dimostrare il raggiungimento di determinate competenze.

In quest'ottica l'approccio ludico 31 assume una notevole importanza in quanto offre al docente di lingua la possibilità di proporre attività didattiche diversificate che possano stimolare una o più intelligenze, tenendo conto della varietà e delle differenze che caratterizzano il gruppo classe.

1.5 Come funziona il cervello

31



Caon, Fabio, Rutka, Sonia, La lingua in gioco. Attività ludiche per l'insegnamento

dell'italiano L2, Perugia, Guerra Edizioni, 2004

(36)

Con il termine neurobiologia 32 si intende quel ramo della biologia avente per oggetto di studio la morfologia e la fisiologia del sistema nervoso e degli elementi che lo compongono.

Nel corso del XX secolo, in particolare negli ultimi trenta anni si è registrato un forte interesse verso la struttura ed il funzionamento cerebrale negli esseri umani; questo permise di fornire una spiegazione scientifica a numerosi aspetti del comportamento umano, anche durante l'apprendimento linguistico, al fine di comprendere i processi mentali del discente e, di conseguenza, elaborare percorsi didattici modellati sui meccanismi neuropsicologici dello studente.

Risulta importante, dunque, analizzare le strutture cerebrali coinvolte nell'attività verbale, principalmente come il linguaggio è organizzato ed elaborato nel cervello. Il segnale linguistico è prodotto e percepito a livello del sistema nervoso, che è al tempo stesso la sede del pensiero e rete di controllo delle funzioni di ricezione ed elaborazione degli stimoli; collega inoltre le varie parti dell'organismo, coordinandone le attività; interviene nella regolazione delle funzioni dei singoli organi e mette l'organismo in grado di

32

 Http://www.treccani.it/enciclopedia/ neurobiologia/ visitato febbraio 2017

(37)

ricevere stimoli dal mondo esterno, permettendogli così di reagire.

Diverse indagini nel campo della neurolinguistica hanno evidenziato “l'esistenza di quattro moduli neuro-funzionali 33 interdipendenti, ma allo stesso tempo autonomi” i quali, durante l'acquisizione della lingua materna, controllerebbero distintamente:

la competenza linguistica, ovvero una serie di sub- sistemi modulari destinati all'elaborazione morfosintattica, lessicale e fonologica; le competenze svolte da questo modulo interessano i magazzini della memoria implicita, che consente l'apprendimento di procedure e sequenze di azioni;

la competenza metalinguistica, intesa come conoscenza delle regole di funzionamento della lingua; in questo modulo risiedono nozioni sulla lingua, che coinvolgono i magazzini semantici della memoria esplicita, la quale viene attivata per la memorizzazione e rielaborazione di concetti e di nozioni;

la pragmatica, localizzata nelle aree corticali dell'emisfero destro; opera in sinergia con il modulo della

33



Daloisio, Michele, I fondamenti neuropsicologici dell'educazione linguistica, Venezia,

Libreria Editrice Cafoscarina,2009, pp 27-28

(38)

competenza linguistica, in quanto ne influenza le scelte di elaborazione linguistica;

le dinamiche emotive e motivazionali, che costituiscono il centro di controllo e di valutazione emotiva dell'input.

Nell'essere umano il cervello 34 è completamente ricoperto da una struttura corticale, la corteccia cerebrale. Proprio grazie alla complessità di questa struttura si devono le nostre capacità sensoriali, motorie e percettive, la memoria e le definizioni superiori, quali il linguaggio, la coscienza, la capacità logica, la previsione delle conseguenze delle azioni, la creatività....

“Ogni azione del comportamento umano, il processo di memorizzazione o il pensiero stesso si basano sull'attività combinata di tre blocchi 35 ”, ciascuno dei quali svolge un compito ben preciso:

1. il primo blocco assicura lo stato di veglia e rende possibile l'attuazione di determinate attività;

34



Http:// www.enciclopediamedica.com visitato febbraio 2016 35



Danesi, Marcel , Il cervello in aula- Neurolinguistica e Didattica delle lingue, Perugia,

Guerra Edizioni 2005 p.45

(39)

2. il secondo blocco assicura la ricezione, la rielaborazione e la conservazione delle informazioni;

3. il terzo blocco invece assicura la programmazione ed il controllo delle attività in corso.

Il cervello, equivalente al telencefalo 36 , è costituito da due masse a simmetria bilaterale, i cosiddetti emisferi cerebrali:

emisfero destro e sinistro. Entrambi presentano significative differenze funzionali: l'emisfero sinistro è specializzato nelle funzioni del linguaggio, sia parlato che scritto, della lettura, della formulazione delle parole, nel controllo della mano dominante destra e nell'organizzazione della motilità volontaria. L'emisfero destro prevale nella cognizione dello spazio e nella regolazione dell'emotività; è specializzato nelle funzioni di memoria visiva, di comunicazione gestuale e di disegno. Lo stile cognitivo dell'emisfero sinistro è sostanzialmente analitico, verbale e locale, mentre quello destro è spaziale, sintetico e globale. Ciascun emisfero è diviso in quattro parti funzionalmente distinte, dette lobi 37 : il lobo frontale, il lobo parietale, il lobo occipitale, il lobo temporale.

36



Http:// www.enciclopediamedica.com visitato febbraio 2017 37



Http:// www.enciclopediamedica.com visitato febbraio 2017

(40)

Il lobo frontale costituisce la parte anteriore del cervello e contiene l'area corticale motoria e la corteccia premotoria.

Qui, inoltre, vengono elaborati i pensieri e le idee, ossia le attività psichiche superiori. Il lobo frontale partecipa ai processi di apprendimento e memoria, mentre nella parte sinistra, l'area di Broca, si formano e si controllano le parole.

Pertanto nella parte anteriore del lobo frontale (corteccia prefrontale) si svolgono funzioni cognitive superiori, mentre nella parte posteriore si comandano e si modificano i movimenti.

Il lobo parietale, invece, è localizzato nella parte superiore

del cervello e contiene l'area somestesica primaria a cui

afferiscono gli stimoli tattili, dolorifici, pressori e termici. La

parte sinistra è dominante e controlla la comprensione del

linguaggio, sia quello parlato che quello scritto, la memoria

delle parole e le capacità matematiche. Al contrario, il lobo

parietale destro controlla le attività non verbali come la

ricostruzione visiva e la capacità di orientarla nello spazio e

di farla ruotare, la percezione della traiettoria di un oggetto in

movimento e della posizione delle varie parti del corpo. Il

lobo occipitale è situato nella parte posteriore del cervello e

la sua attività principale è quella di elaborare la visione. Qui

risiedono moltissimi neuroni specializzati nel riconoscimento

(41)

e nell'elaborazione dei particolari di un'immagine. Nel lobo occipitale vengono integrate tutte le informazioni visive, comprese quelle che influenzano la postura e l'equilibrio. Il lobo temporale è situato nella parte inferiore degli emisferi cerebrali ed è sede dell'area acustica. Inoltre elabora l'affettività, la vita di relazione, le reazioni ed i comportamenti istintivi, il riconoscimento visivo, la percezione uditiva e la memoria. Il lobo temporale sinistro comprende il linguaggio parlato e sceglie le parole (area di Wernicke), mentre il lobo temporale destro permette di comprendere l'intonazione del discorso e la sequenza dei suoni.

Fa parte del lobo temporale il sistema limbico, il quale si occupa del controllo dell'istinto, delle attività comportamentali ed emozionali; controlla altresì la motivazione, lo stato di ansia e stress, le reazioni di paura ed aggressione, l'apprendimento, l'attenzione, la memoria. Ha il compito di regolare sia i comportamenti stereotipati (o istintivi), sia le funzioni e i ritmi biologici vitali. Esso deve il suo nome (dal lat. Limbus” fascia”) alla posizione anatomica di confine tra il marginale mediale degli emisferi e del diencefalo 38 .

38

(42)

In questo sistema limbico si trovano:

1.

l'ippocampo, il quale svolge un ruolo fondamentale nei meccanismi di apprendimento,nell'immagazzinamento delle informazioni nel cervello nei processi di memorizzazione esplicita 39 . Tale struttura cerebrale è infatti implicata nella formazione delle tracce di memoria a lungo termine e nell'orientamento spaziale tramite mappe cognitive. Nel caso di malattie complesse, come il morbo di Alzheimer, l'ippocampo è una delle prime regioni del cervello ad essere colpito con conseguenti perdite di memoria e di disorientamento. Danni estesi all'ippocampo possono comportare amnesia e cioè l'incapacità di formare e mantenere i ricordi;

2.

l'amigdala, coinvolta nei processi di formazione della memoria, nel comportamento aggressivo, nell'elaborazione delle informazioni olfattive e nelle reazioni di paura, ansia e stress. Mentre l'ippocampo rammenta fenomeni, l'amigdala ne conferisce il giusto significato emozionale, dunque fornisce ad ogni stimolo un adeguato livello di attenzione, arricchendolo di emozioni ed immagazzinandolo sotto forma di ricordo; è implicata nella segnalazione alla corteccia di



Http://www.treccani.it/enciclopedia/ neurobiologia/ visitato febbraio 2016 39



Danesi, Marcel , Il cervello in aula- Neurolinguistica e Didattica delle lingue,

Perugia, Guerra Edizioni 2005 pp.40-46

(43)

stimoli motivazionali associati a reazioni di paura, a reazioni emotive, come per esempio l'attrazione sessuale;

3.

l'ipotalamo, il quale controlla il sistema endocrino e la termoregolazione; è sede del centro della fame e della sazietà.

Inoltre regola i rapporti tra ambiente ed organismo, producendo delle risposte automatiche a determinati stimoli, controllando gli istinti naturali (autodifesa, aggressione).

Inoltre presiede sia al controllo sul sistema nervoso autonomo e sulle vie neuroendocrine, sia alle reazioni emozionali che di paura.

Nelle neuroscienze e nella psicologia cognitiva, la memoria 40 viene definita come “la capacità del cervello di conservare informazioni a breve, medio e lungo termine. Costituisce perciò il fatto di ricordare, l'atto e il modo con cui la mente ritiene o rievoca singole e determinate immagini, sensazioni, nozioni, persone ed avvenimenti. Rappresenta la funzione di riprodurre nella mente stati di coscienza passati, di poterli riconoscere come tali e di localizzarli nello spazio e nel tempo.”

Esistono diverse tipologie di memoria:

40



Daloisio, Michele, I fondamenti neuropsicologici dell'educazione linguistica, Venezia,

Libreria Editrice Cafoscarina,2009, pp 65-75

(44)

la memoria sensoriale: quando si è in presenza di un processo in grado di memorizzare informazioni sensoriali (uditive, tattili, visive, olfattive e gustative) per un periodi di tempo brevissimo; alcune delle informazioni presenti nella memoria sensoriale, possono passare, opportunamente codificate nella memoria a breve termine, che può conservarle fino a pochi minuti. Alcune delle informazioni contenute nella memoria a breve termine possono passare alla memoria a lungo termine, che può conservarle per giorni o per tutta la vita;

la memoria a breve termine: è detta memoria di lavoro, si riferisce sia all'informazione contenuta nel deposito a breve termine, sia alla capacità della mente di tenerla entro questo comparto; il termine memoria di lavoro sottolinea che tale deposito è la sede principale dell'elaborazione mentale delle informazioni. Tra le sue altre funzioni, si ritiene che la memoria di lavoro sia anche la sede del pensiero conscio, ovvero di tutte le percezioni, dei sentimenti, dei confronti, dei calcoli, dei ragionamenti;

la memoria a lungo termine : è il comparto che meglio

corrisponde alla nozione di memoria; la memoria a lungo

termine è duratura (alcuni dei suoi contenuti vengono

mantenuti per tutta la vita) mentre quella a breve termine é di

(45)

breve durata (se non sono elaborati dal pensiero, i suoi contenuti decadono nell'arco di qualche secondo). Il deposito a lungo termine ha una capacità praticamente illimitata (contiene tutte le conoscenze durature), quella a breve termine, invece, limitata (contiene solo i pensieri presenti).

La memoria a lungo termine può essere definita come:

1.

memoria a lungo termine esplicita : riguarda le informazioni apprese in maniera cosciente. Consente anche di immagazzinare esperienze o episodi di vita (memoria episodica), oppure di comprendere informazioni, nozioni concrete o astratte, significati di parole (memoria semantica 41 );

2.

memoria a lungo termine implicita: consiste nell'insieme dei ricordi non espliciti; si definisce come la memoria in cui l'informazione precedentemente acquisita arriva ad influenzare il comportamento o il pensiero senza però raggiungere un livello di coscienza.

1.6 Bimodalità e Direzionalità

41



Ibidem, p 70

(46)

Secondo il concetto di bimodalità 42 , l'acquisizione del linguaggio è “un processo bilaterale, ossia che coinvolge entrambi gli emisferi cerebrali, sia destro che sinistro, e cioè come un dialogo costante tra gli stessi.”

L'acquisizione di una lingua procede quindi attivando entrambi gli emisferi. Secondo il principio della direzionalità 43 , strettamente connesso a quello di bimodalità,

“il cervello opera secondo due modalità diverse a seconda dell'emisfero; nel processo di apprendimento il cervello procede dall'emisfero destro, coinvolto in modo globale, (globalità, visualizzazione, contestualizzazione, analogia, simultaneità), al sinistro, invece coinvolto in modo analitico per sistematizzare le conoscenze in modo razionale (analisi, verbalizzazione, logica, sequenzialità).” Questi due principi sono alla base dei metodi di tipo induttivo (come la Glottodidattica Ludica), i quali prevedono una fase iniziale di motivazione e coinvolgimento affettivo e globale dell'allievo (globalità), una fase successiva di analisi del materiale linguistico acquisito (analisi), ed infine un ulteriore riflessione sulla lingua (riflessione). Lo scopo è

42



Danesi, Marcel , Il cervello in aula- Neurolinguistica e Didattica delle lingue, Perugia, Guerra Edizioni 2005 p. 65 43



Caon, Fabio, Rutka, Sonia, La lingua in gioco. Attività ludiche per l'insegnamento

dell'italiano L2, Perugia, Guerra Edizioni, 2004

(47)

quello di portare l'allievo a sistematizzare le nuove

informazioni e a confrontarle con le conoscenze

precedentemente acquisite, per un apprendimento che sia il

più possibile naturale. Ormai superato il concetto di stretta

bimodalità, i recenti studi neurolinguistici si sono

diversificati in modelli teorici di stampo cognitivo-

psicologico, che fanno riferimento alla “differenza tra

conoscenza esplicita ed implicita, tra conoscenza dichiarativa

(sapere qualcosa know that) procedurale (saper praticare una

conoscenza know how).” Per il modello ACT (Adaptive

Control of Thought) di Anderson (1985) “l'acquisizione

avverrebbe tramite automatizzazione e ristrutturazione delle

conoscenze esplicite, grazie ad una pratica frequente, e

sarebbe fortemente condizionata dalle capacità di

elaborazione mentale.” La conoscenza esplicita di regole di

L2 per alcuni fungerebbe da facilitatore acquisizionale. Tale

ipotesi ha chiara rilevanza didattica suggerendo di utilizzare

nell'insegnamento pure strategie di attenzione alla forma

linguistica di L2, in modo contestualizzato. Altri modelli si

focalizzano sull'automatizzazione, cioè “le conoscenze

automatizzate sarebbero spostate nella memoria a lungo

termine, liberando la memoria a breve termine e

consentendole di applicarsi a compiti sempre più complessi.”

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