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Il volume è a cura di Erika Guada
gnin, dottoranda in Scienze Archeo
logiche, Storiche e StoricoArtistiche (Università degli Studi di Torino);
Franca Varallo, professoressa as
sociata di museologia e critica arti
stica e del restauro presso l’Univer
sità degli Studi di Torino; Maurizio Vivarelli, professore ordinario di Bi
bliografia e Biblioteconomia pres
so l’Università degli Studi di Torino.
€ 26,00
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Galleria
a cura diE.Guadagnin,
F.Varallo,
M.Vivar elli
Il volume raccoglie gli interventi pre- sentati durante il convegno internazio- nale “Reimmaginare la Grande Galle- ria. Forme del sapere tra età moderna e culture digitali”, promosso dal Dipar- timento di Studi Storici dell’Università di Torino, che si è svolto in modalità online tra 1 e 9 dicembre 2020.
Con questa opera viene dunque ad arricchirsi ulteriormente il rinnovato profilo di ricerche dedicate alla Gran- de Galleria dei duchi di Savoia, inau- gurata nel 1608 da Carlo Emanuele I, portando a compimento il progetto del Theatrum omnium disciplinarum av- viato nella seconda metà del Cinque- cento da Emanuele Filiberto.
Il convegno ha preso in esame alcu- ni elementi significativi della Grande Galleria e dei suoi molteplici contesti, accostandosi ad essi da qualificati punti di vista spiccatamente interdisciplinari, aperti dunque ai campi ed agli appor- ti interpretativi della storia, della storia dell’arte, della bibliografia, dell’archi- tettura, delle culture digitali.
L’interdisciplinarità del convegno, e del volume che ne raccoglie ed elabora i contributi, è testimoniata dalla plura- lità degli argomenti trattati, e dalla va- rietà dei punti di vista secondo cui gli ar- gomenti sono stati elaborati e discussi.
A partire da queste premesse, dunque, sono stati presi in esame, nelle diverse sessioni, i modelli concettuali e materia- li delle biblioteche della prima età mo- derna; i modelli coevi di circolazione e lettura del libro, e la sua organizzazione concettuale; le prospettive di studio e valorizzazione delle biblioteche stori- che; ed infine i progetti di conoscenza e comunicazione della Grande Galleria.
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PROSPETTIVE STORICHE
Studi e ricerche
collana diretta da
Gianluca Cuniberti
comitato scientifico
Filippo Carlà-Uhink, Jean Yves Frétigné, Jean-Louis Gaulin, Anna Guarducci, Girolamo Imbruglia, Manuela Mari, Michel Perrin, Luca Peyronel, Claude Pouzadoux,
Margarita Pérez Pulido, Serena Romano
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2020Reimmaginare la Grande Galleria.
Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
© 2022
Accademia University Press via Carlo Alberto 55 I-10123 Torino
prima edizione febbraio 2022 isbn 9791280136688
edizione digitale www.aAccademia.it/grandegalleria book design boffetta.com
Indice
La pubblicazione del presente volume è stata realizzata
con il contributo del Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, all’interno del progetto “Documenti per lo studio delle collezioni
dei duchi di Savoia e della Grande Galleria”
Immagine di copertina elaborata da:
Ascanio Vitozzi, Progetto della facciata della terrazza della Grande Galleria realizzata sul fronte verso l’esterno della città, 1584-1610,
Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, Ris. 59.24, disegno 50, Ministero della Cultura, Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, divieto di riproduzione.
V
Indice Introduzione Erika Guadagnin, Franca Varallo, Maurizio Vivarelli VII
Parte prima
Le biblioteche in Europa nella prima età moderna Reimmaginare la Grande Galleria,
o l’intuizione di un progetto Blythe Alice Raviola 3 Lo spazio della biblioteca in una
prospettiva storica (XV-XVII secolo) Andrea De Pasquale 8 Tra inventio e imitatio: il giardino ideale
di Agostino Del Riccio come materializzazione
della machina memorialis Koji Kuwakino 17
La Biblioteca del Monasterio de El Escorial y su relación con la Grande Galleria
de Turín Almudema Pérez de Tudela 35
Da una piccola ad una grande galleria:
riportare la biblioteca imperiale a Vienna
fra XVI e XVII secolo Paola Molino 52
Parte seconda
Le parti e il tutto. Modelli di circolazione del libro, esperienze di ricezione e pratiche di lettura Du studiolo au musée: la bibliothèque d’étude
à l’époque moderne Raphaële Mouren 79
L’“ombra d’Argo”: Dante, Borghini e l’eredità fiorentina nella Grande Galleria
di Federico Zuccari Massimiliano Rossi 89
L’Ambrosiana a Milano. La biblioteca
di un principe ecclesiastico Marzia Giuliani 104 Emanuele Tesauro e Gottfried Wilhelm Leibniz:
Omnis in unum Horst Bredekamp 124
Parte terza
Biblioteche storiche: modelli, prospettive, valorizzazione L’importanza di reimmaginare
le biblioteche storiche Fiammetta Sabba 141 Ludovic Demoulin de Rochefort:
appunti su vita, lettere, libri Antonio Olivieri 146 Il progetto della Grande Galleria Giovanni Durbiano tra possibilità e realtà Federico Cesareo
Andrea Alberto Dutto 167
Reimmaginare la Grande Galleria.
Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
VI
Indice A partire dalla Grande Galleria: modelli di analisi ed ipotesi di rappresentazione in ambiente digitale
delle collezioni dei duchi di Savoia Maurizio Vivarelli 188
Parte quarta
Dentro la Grande Galleria: prospettive di ricerca L’intreccio dei saperi nella Grande Galleria:
attualità di una prospettiva storica Franca Varallo 217 Astri, libri, immagini: ipotesi
di una struttura Gabriella Olivero 228
Tra i libri della Grande Galleria: la collezione
di manoscritti greci Rosa Maria Piccione 244 Dentro la Grande Galleria: il progetto di “edizione”
della guardarobba Philosophia Erika Guadagnin 257 La biblioteca giuridica nella prima età moderna:
con un’analisi della Iurisprudentia
nella Grande Galleria Alessandra Panzanelli 281 Tra amministrazione, storia e genealogia. Prime riflessioni
sul Seicento archivistico sabaudo Leonardo Mineo 309
Indice dei nomi 341
Reimmaginare la Grande Galleria.
Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
1. La storia degli archivi sabaudi: alcuni snodi 309
La storia degli archivi sabaudi trova una sistematica e com- plessiva trattazione a metà Ottocento nell’utilissimo e do- cumentato manoscritto Cenno storico sui Regi archivi di Corte di Giuseppe Fea1. Portato a compimento nel 1850, il Cenno storico fu redatto a consuntivo di una lunga fase in cui gli Archivi di Corte, la principale istituzione archivistica del Regno di Sardegna, avevano vissuto profondi cambiamenti, non senza travagli. Restaurati come arsenali di autorità al ritorno dei Savoia a Torino dopo l’esilio di età napoleonica, i Regi archivi, a partire dagli anni Venti, cominciarono a essere rivendicati come laboratorio per la storia2, secondo un moto che, in modo asincrono anche nel resto della peni- sola e, più in generale, in tutta Europa, avrebbe portato alla progressiva apertura agli studi storici degli archivi gover-
1. Su Fea si veda R. Binaghi Picciotto, Fea, Giuseppe Carlo Maria, in Dizionario Biografico degli Italiani (DBI), vol. 45 (1995), pp. 531-533. Sull’attuale collocazione del manoscritto e la sua recente edizione si veda infra la nota 11.
2. Si riprende la nota distinzione fra «arsenals de l’autorité» e «laboratoires de l’hi- stoire» espressa da Robert Henri Bautier in La phase cruciale de l’histoire des archives: la constitution des dépôts des archives et la naissance de l’archivistique, XVIe-debut du XIXe siecle,
«Archivum», XVIII (1968), pp. 139-149.
Tra amministrazione, storia e genealogia.
Prime riflessioni sul Seicento archivistico sabaudo Leonardo Mineo
Reimmaginare la Grande Galleria.
Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
310
Tra amministrazione, storia e
genealogia
nativi, fino a quel momento segreti per definizione e come tali gelosamente custoditi dai loro conservatori3.
In quel periodo, tuttavia, non maturò soltanto una di- verso uso sociale degli Archivi di Corte: se la loro chiu- sura ne aveva favorito per lungo tempo una gestione
“privatistica”4, la loro apertura pose anche il problema della ridefinizione del loro status, della loro collocazione e della loro alterità rispetto a biblioteche e altre istituzio- ni culturali, tradizionalmente più inclini agli studi e dove anche collezioni documentarie di ogni foggia, consistenza e provenienza si assiepavano in gran copia. I confini fra queste istituzioni e le loro raccolte – che erano corsi fino a quel momento soprattutto lungo il crinale della dicotomia segreto/palese – ora dovevano essere ridefiniti in base a nuovi specialismi e a nuovi parametri quali, per esempio, la natura estrinseca degli oggetti raccolti nelle collezioni. Fin dai primi atti di Carlo Alberto apparve infatti evidente che la diversificazione e la specializzazione delle istituzioni cul- turali torinesi, create o rilanciate in quel periodo, andarono a incidere in parte anche sulle tradizionali prerogative dei Regi archivi5. Biblioteca reale, Armeria reale, Medagliere reale, Accademia albertina e Reale galleria, infatti, trassero alimento anche dalle raccolte degli Archivi di Corte, limi- tandone il tradizionale ruolo di deposito non solo docu- mentario in senso stretto, ma anche delle antichità di storia patria di varia specie e natura, quali medaglie, cartoni e
3. Su tale processo L. Mineo, Dai Regi archivi di Corte all’Archivio di Stato. Strategie archi- vistiche e contesto politico-culturale a Torino (1831-1870), in A. Giorgi et al. (a cura di), Erudi- zione cittadina e fonti documentarie. Archivi e ricerca storica nell’Ottocento italiano (1840-1880), Florence University Press, Firenze 2019, vol. I, pp. 223-257.
4. In generale, sulla natura eminentemente segreta e pratica dell’archivio, rispetto per esempio alle biblioteche, lungo almeno tutta l’età moderna si veda M. Rosa, I depositi del sapere: biblioteche, accademie, archivi, in P. Rossi (a cura di), La memoria del sapere. For- me di conservazione e strutture organizzative dall’antichità a oggi, Laterza, Roma-Bari 1990, pp. 165-209, in particolare pp. 182-183.
5. Per esempio, l’istituzione della Giunta di antichità e belle arti nel 1832, per la quale venne esclusa dal sovrano la partecipazione di un rappresentante dei Regi Archivi, fu percepita dal personale di quest’ultimi come un vulnus al proprio ruolo. Sulla Giunta si vedano G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale nel Piemonte di Carlo Alberto, De- putazione subalpina di storia patria, Torino 1985, pp. 16-26 e le annotazioni del regio archivista, Luigi Nomis di Cossilla, nel Giornale di quanto accade nei Regi archivi di Corte in Archivio di Stato di Torino (d’ora in avanti ASTo), Archivio dell’Archivio di Stato, reg.
41, vol. I, pp. 274-275 (1832 dicembre 21); reg. 42, vol. II, p. 3 (1833 gennaio 12) e p. 5 (1833 gennaio 20).
Tra amministrazione, storia e
genealogia
311 disegni, cimeli, manoscritti e materiale librario che vi erano giunti anche a seguito delle ben note e risalenti vicissitudini patite dalle raccolte ducali6.
Il Cenno storico di Fea risente fortemente del clima cul- turale di quel torno di anni e costituisce una sorta di au- torappresentazione dell’istituto e degli archivisti di Corte, impegnati a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento in una vasta operazione di riordinamento, che assunse i contorni di una vera e propria costruzione archivistica, progettata in stretta continuità ideale (e ideologica) col remoto passato delle origini, a ribadire (e rivendicare) la continuità (e così l’auto-legittimazione) del loro ruolo al servizio della dina- stia che, oltre che armigera, fu consegnata così alla storia, potremmo dire, anche come “archivigera”7. Da un punto di vista sostanziale, tuttavia, l’operazione condotta sulle carte degli Archivi di Corte trovò ispirazione pratica nell’approc- cio culturale alla storia e alle fonti che era venuto maturan- do in quel periodo. In un vicendevole traffico di influenze, la configurazione che le serie degli Archivi di Corte assun- sero risentì senz’altro delle domande storiografiche poste dagli storici sabaudisti di prima e seconda generazione8, configurazione che a sua volta avrebbe finito per condizio- nare, in prospettiva, percorsi e interessi di ricerca di quel- le, come delle successive, leve di studiosi. E in tal senso è significativo che nel 1884, a mezzo secolo dalla creazione della Deputazione di storia patria, la Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, opera di Vincenzo Promis e
6. Su tale processo si veda L. Mineo, Dai Regi archivi di Corte all’Archivio di Stato cit., pp. 228-229, nonché A. Calzolari, L. Gentile, La collezione sfragistica del Medagliere Reale di Torino, in A. Guerrini (a cura di), Il Medagliere del Palazzo Reale di Torino. Storia e restauro della sala e delle collezioni, vol. speciale «Bollettino d’Arte», serie VII, De Luca, Roma 2013, pp. 75-83, in particolare pp. 77 e 83.
7. Su strategie, criteri e metodologie adottati nell’intenso ventennio di lavori condotti a partire dai primi anni Trenta dell’Ottocento sugli Archivi di Corte si veda L. Mineo, Dai Regi archivi di Corte all’Archivio di Stato cit., pp. 233-243.
8. Sulle leve degli storici “sabaudisti” si vedano G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale cit. e Id., «Fortemente moderati». Intellettuali subalpini fra Sette e Ottocento, Edizioni dell’orso, Alessandria 1999. Per una valutazione da altra prospettiva delle dina- miche interne a tale gruppo si veda U. Levra, Gli storici “sabaudisti” nel Piemonte dell’Ot- tocento: personaggi, istituzioni, carriere, reti di relazioni, in L. Lo Basso (a cura di), Politica e cultura nel Risorgimento italiano. Genova 1857 e la fondazione della Società Ligure di Storia Patria, atti del convegno (Genova, 4-6 febbraio 2008), Società ligure di storia patria, Genova 2008, pp. 113-125.
Reimmaginare la Grande Galleria.
Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
312
Tra amministrazione, storia e
genealogia
di Antonio Manno, riproducesse «la metafora complicata dell’Archivio di Corte» e della sua algebra ordinamentale9.
Compendiata e data alle stampe nel calendario generale del Regno nel 185310, la versione integrale dell’opera di Fea per lungo tempo è stata il livre de chevet delle diverse leve di archivisti torinesi, tanto da essere data alle stampe nel 200611. Della storia dei Regi archivi di Corte, e più in generale di quelli sabaudi, l’opera di Fea scandisce le tappe principali che, nel corso della seconda metà del Novecento, hanno attirato l’attenzione della storiografia non solo d’am- bito documentario. Vale la pena ripercorrere brevemente la sequenza di quelle principali.
Gli ordinamenti dell’archivio ducale del XV secolo, in particolare quello condotto da Henri de Clairvaux e dal suo aiutante Jean d’Avenières fra 1441 e 1445, sono stati studia- ti negli anni Settanta del secolo scorso dal diplomatista Peter Rück12, tornando recentemente di nuovo al centro delle ri- flessioni13. La laboriosissima fabbrica settecentesca dei Regi archivi di Corte, archivistica e architettonica, è stata messa in relazione ai coevi cambiamenti politici, istituzionali e cul- turali del Regno di Sardegna dagli sguardi convergenti che,
9. Tale nesso significativo è colto in G. Ricuperati, I volti della pubblica felicità. Storiografia e politica nel Piemonte settecentesco, Albert Meynier, Torino 1989, p. 19.
10. G. Stefani (a cura di), Archivi Generali del Regno, in Calendario generale del Regno del 1853 con appendice di notizie storico statistiche, Tipografia Sociale degli Artisti, Torino 1853, vol. 30, pp. iii-xxxv.
11. G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi di Corte (1850), a cura degli archivisti dell’Archivio di Stato di Torino, Archivio di Stato di Torino, Torino 2006. L’opera di Fea, significativa- mente, fu data alle stampe a consuntivo ideale di una intensa ed esaltante stagione vissu- ta dall’Archivio di Stato di Torino, in occasione del commiato dalla direzione di Isabella Massabò Ricci. Il manoscritto dell’opera è conservato in ASTo, Archivio dell’Archivio di Stato, b. 1228, reg. 4284.
12. P. Rück, L’ordinamento degli archivi ducali di Savoia sotto Amedeo VIII (1398-1451), tra- duzione di S. D’Andreamatteo, prefazione di I. Soffietti, [Ministero per i beni culturali e ambientali], Roma 1977 (Quaderni della Rassegna degli Archivi di Stato, 48) [ed. orig.
Die Ordnung der herzoglich savoyischen Archive unter Amadeus VIII (1398-1451), «Archivali- sche Zeitschrift», 67 (1971), pp. 11-101].
13. B. Andenmatten, G. Castelnuovo, Produzione e conservazione documentarie nel princi- pato sabaudo, XIII-XV secolo, «Bullettino dell’Istituto italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», 110 (2008), n. 1, pp. 279-348, in particolare pp. 334-343; R.C. Head, Spaces in the Archive, Spaces of the Archive: Material, Topographical and Indexical Articulations of Space in Early Modern Chancery Collections, in K. Friedrich (a cura di), Die Erschließung des Raumes. Konstruktion, Imagination und Darstellung von Räumen und Grenzen im Barockzei- talter, Harrasowitz, Wiesbaden 2014, vol. II, pp. 505-519, in particolare pp. 512-513 e Id., Making Archives In Early Modern Europe. Proof, Information, and Political Record-Keeping, 1400-1700, Cambridge University Press, Cambridge 2019, pp. 186-189.
Tra amministrazione, storia e
genealogia
313 a partire dalla fine degli stessi anni Settanta, furono posti sul tema da una prolifica generazione di storici dell’età mo- derna e dall’attivissimo stato maggiore dell’Archivio di Stato di Torino14. L’Ottocento dei Regi archivi è stato poi indaga- to soprattutto in relazione al rapporto fra ricerca storica e archivi nel Piemonte, dapprima per l’età carloalbertina da Gian Paolo Romagnani nel corso degli anni Ottanta e poi, dal decennio successivo, da parte di diversi studiosi che hanno mostrato uno specifico interesse nei confronti del tema del controllo della memoria documentaria15.
Al di fuori di questi snodi, una minore attenzione è stata dedicata al periodo che va dagli anni Trenta del Cinque- cento alla fine del Seicento. Nell’annalistica ricostruzione di Fea, il periodo appare una sorta di età di mezzo degli archivi sabaudi, nella quale figurano tutti i topoi negativi della storia di ogni archivio che si rispetti: spostamenti pre- cipitosi per guerre, disordine, disinteresse nei confronti del lavoro degli archivi e degli archivisti, loro scarsa sollecitudi- ne, fenomeni quest’ultimi entrambi letti da Fea in un’ottica attualizzante16. Il tutto a patente contrasto fra i fasti quat- trocenteschi e la rinascita che ha inizio col secolo dei lumi, vere e proprie età dell’oro degli archivi sabaudi, nel solco
14. In generale, su tale periodo si vedano G.P. Romagnani, Riflessioni di uno storico su una straordinaria stagione di studi e A. Merlotti, Gli studi su corte e dinastia: una riflessione sul rapporto fra storia e politica in Piemonte alla fine del Novecento, in B.A. Raviola, C. Rosso e F. Varallo (a cura di), Gli spazi sabaudi. Percorsi e prospettive della storiografia, Carocci, Roma 2018, rispettivamente alle pp. 125-137 e 161-186. In riferimento alle attività dell’Archi- vio di Stato si veda ivi, L. Gentile, La medievistica degli spazi sabaudi e le fonti archivistiche, pp. 33-47, in particolare pp. 43-44.
15. G.P. Romagnani, Storiografia e politica culturale cit.; U. Levra, Fare gli italiani. Memoria e celebrazioni del Risorgimento, Comitato di Torino dell’Istituto per la storia del Risorgimen- to, Torino 1992; A. Merlotti, Negli archivi del Re. La lettura negata delle opere di Giannone nel Piemonte sabaudo (1748-1848), «Rivista Storica Italiana», CVII (1995), n. 2, pp. 331-386;
P. Caroli, L’Archivio Casa reale: itinerari e dispersioni delle carte “segrete”, «Il Risorgimento», LVIII (2001), n. 1, pp. 59-82; P. Gentile, Le carte dei re d’Italia tra dispersioni, epurazioni, oc- cultamenti e (parziali) ritrovamenti, «Passato e Presente», 106 (2019), n. 2, pp. 73-89 nonché P. Caroli, Il fondo Casa di sua maestà all’Archivio di Stato di Torino. Storie di vuoti, di assenze, di dispersioni: il caso dell’Archivio dell’Intendenza generale della Casa di Eugenio di Savoia Carigna- no (1834-1888), in Trous d’archives, trous de mémoire?, Actes du 9e colloque des archivistes de l’Arc alpin occidental (Vaucluse, 17-19 ottobre 2019), pp. 87-101 (edizione on-line https://archives.vaucluse.fr/).
16. G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., pp. 56-65. Sui contrasti che animarono all’e- poca di Fea il contesto lavorativo dei Regi Archivi di Corte, ove non sempre tutto il personale si dimostrò particolarmente attivo, si veda per esempio G.P. Romagnani, Sto- riografia e politica culturale cit., p. 48.
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Tra amministrazione, storia e
genealogia
delle quali Fea e i suoi colleghi si posero esplicitamente. La lettura che emerge di quasi due secoli di storia degli archivi sabaudi e, in particolare, del Seicento è dunque sostanzial- mente negativa, pur con le attenuanti che derivano da un periodo oggettivamente travagliato per gli archivi, punteg- giato da occupazioni, discontinuità dinastiche, guerre civili, traslochi di centri di comando, pestilenze17.
2. L’opera degli archivisti ducali
e l’Histoire généalogique de la Maison de Savoie
Il giudizio negativo di Fea si appunta, in particolare, sull’at- tività dell’archivista Cesare Felice Rocca che, assurto alla carica di consigliere, archivista, chiavaro e custode dell’ar- chivio del Castello nel novembre 165718, diede alla luce nel 1660 un «Inventario generale delle scritture del Reggio Archivio»19.
Il sistema di conservazione e ordinamento delle scritture utilizzato da Rocca si basò sul rispecchiamento tra spazi fisi- ci – le ventidue guardarobe contraddistinte da numerazio- ne romana – e concettuali20. Tale logica «ideale-topografica»
era la medesima alla base delle operazioni di inventaria- zione condotte da Clairvaux a Chambéry a metà Quattro- cento21, che era stata, tuttavia, applicata in quel contesto su un corpus documentario ben più ampio dal punto di vista
17. Su tale periodo C. Rosso, Uomini e poteri nella Torino barocca (1630-1675), in Storia di Torino, IV: G. Ricuperati (a cura di), La città fra crisi e ripresa (1630-1730), Einaudi, Tori- no 2002, pp. 7-195. In generale, sul consolidamento dell’interesse della storiografia sul Seicento sabaudo si veda C. Rosso, Il Seicento ritrovato: società, istituzioni, economia nel secolo barocco, in B.A. Raviola, C. Rosso e F. Varallo (a cura di), Gli spazi sabaudi cit., pp. 113-123 e la ricca bibliografia citata.
18. Avvocato, Rocca sarebbe rimasto in carica fino alla sua morte, avvenuta il 27 ottobre 1702 (G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., pp. 56 e 64).
19. L’inventario è oggi conservato in ASTo, Archivio dell’Archivio di Stato, b. 1080, reg.
3809.
20. Per la struttura ordinamentale adottata da Rocca si veda Appendice documentaria doc. 1.
21. Sul perdurante influsso della logica adottata da Clairvaux anche negli ordinamenti successivamente condotti sugli Archivi di Corte si veda P. Rück, L’ordinamento degli archivi ducali cit., pp. 27-28. Più in generale, sull’applicazione di un simile criterio, per esempio nel caso degli interventi condotti sull’archivio della città svizzera di Lucerna o sull’ar- chivio segreto vescovile di Trento, si vedano rispettivamente R.C. Head, Knowing like a state: the transformation of political knowledge in Swiss archive inventories, 1470-1770, «Journal of Modern History, 75 (2003), n. 4, pp. 745-782, in particolare pp. 755-759 e R. Ioppi, L’archivio del Principato vescovile di Trento: strutture burocratiche e prassi di produzione, conserva- zione e tradizione documentaria (secc. XIV-XX), tesi di dottorato di ricerca in «Culture d’Eu-
Tra amministrazione, storia e
genealogia
315 quantitativo, ma dalla natura tipologica più limitata e con una sensibilità tecnico-giuridica ormai ampiamente supe- rata. L’ordinamento archivistico che traspare dall’inventa- rio di Rocca si basa sulla collocazione fisica delle scritture raggruppate per materia e tipologia, in base a un criterio prima di tutto politico-feudale, con le prime guardarobe occupate dalla documentazione relativa ai rapporti con Papato, Impero, Francia, a trattati con altri stati e alle po- litiche matrimoniali dei duchi di Savoia. Il secondo crite- rio adottato è quello topografico-amministrativo, in base al quale si susseguono titoli e atti relativi alle terre soggette, di qua e di là dalle Alpi, e a quelle non più ricomprese nei domini sabaudi. Compare, infine, rispetto al paradigma Clairvaux, la documentazione dal più marcato carattere di
“sedimento”, ma non meno importante dal punto di vista informativo, tanto da essere tesaurizzata nella porzione più rilevante dell’archivio ducale: i protocolli dei segretari du- cali, una sezione di «Historie della Real Casa di Savoia», gli atti relativi al cerimoniale, un cospicuo nucleo di carteggi, diplomatici e non solo, atti relativi a “materie” economiche.
Chiude l’inventario, a mo’ di aggregato, la documentazione relativa al ramo Savoia-Acaia, estinto nel 141822, e alla tito- larità del Regno di Cipro.
Dal punto di vista descrittivo, lo strumento registra sotto forma di stringatissimi regesti la documentazione sciolta, della quale si indica la tipologia, o le altre unità documenta- rie (libri, libretti, registri, mazzi ecc.), riportandone in maniera sintetica il contenuto e collocandole all’interno di ciascuna partizione secondo un criterio cronologico, senz’altra se- gnatura. L’inventario, redatto “in pulito” da Rocca, dall’a- spetto semplice ma solenne, fu da questi dedicato al duca Carlo Emanuele II, non reca segni di aggiornamento e ra- rissime sono le tracce di utilizzo corrente23.
ropa. Ambiente, spazi, storie, arti, idee», Università degli studi di Trento, Dipartimento di Lettere e filosofia, ciclo XXXII, relatore E. Curzel, a.a. 2018-19, pp. 161-166.
22. Su tale nucleo si veda il recente P. Buffo, La documentazione dei principi di Savoia-Acaia.
Prassi e fisionomia di una burocrazia notarile in costruzione, Deputazione subalpina di storia patria, Torino 2017, pp. 309-321 e la bibliografia ivi citata.
23. Per esempio, a margine della descrizione dei documenti relativi all’Abbadia di San Ramberto, una mano del secolo XVIII ha annotato: «les intitulation des contracts de l’Abbaye de St. Rambert ne sont pas justes on les a reparées dans le noveau sommaire qu’on en fait» (ASTo, Archivio dell’Archivio di Stato, b. 1228, reg. 4284, p. 41).
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Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
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Tra amministrazione, storia e
genealogia
L’inventario, secondo Fea, si sarebbe in realtà collocato a valle dell’opera iniziata dal predecessore di Rocca, Gio- vanni Giacomo Laggerio, cui Rocca non avrebbe ricono- sciuto alcun merito24. Ma soprattutto, rispetto agli inven- tari Clairvaux, vero e proprio paradigma archivistico per Fea25, l’inventario Rocca risultava parziale, latore infatti di un «un ordine affatto diverso da quello che scorgesi negli antichi inventarii»26, noncurante del canone dell’unità fra
“ordinamento logico” e “ordinamento fisico” delle scritture nella successione delle guardarobe, oltre che estremamente sintetico nelle descrizioni: «il contenuto di ciascuna scrittura era poi generalmente molto più circostanziato negli antichi inventarii che non in quello scritto dal Rocca, nel quale sovente le carte vedonsi, dirò così, solo accennate senza far parola del loro contenuto»27.
È d’uopo, tuttavia, sia in ossequio a un consolidato filo- ne di studi d’ambito archivistico tutto italiano, sia a quello più recente che ha visto coinvolti fianco a fianco storici e archivisti di vari paesi e che ha fatto parlare di un vero e proprio archival turn negli studi storici28, cercare di leggere la storia degli archivi e, in particolare, di questo passaggio delle vicende di quelli sabaudi, svincolandole dalle «logiche di una ricostruzione tutta interna alla pura e semplice “sto- ria delle carte”» e di rapportarle invece, più in generale, a
«quella degli assetti di potere e delle istituzioni politiche, amministrative e culturali»29, così da rendere più intelligibili
24. G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., pp. 56-57. Si segnala che le fonti indicano diverse varianti del cognome dell’archivista ducale: oltre a Laggerio, Lageri, Légery.
25. Sul modello rappresentato dagli inventari Clairvaux per la successiva tradizione ar- chivistica sabauda si veda B. Andenmatten, G. Castelnuovo, Produzione e conservazione documentarie cit.
26. G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., p. 60.
27. Si vedano le considerazioni di Fea sull’inventario di Rocca ivi, pp. 59-63. La citazione è a p. 61.
28. Su tale intensa stagione di studi si vedano F. De Vivo, A. Guidi, A. Silvestri, Introdu- zione ad un percorso di studio, in Iid. (a cura di), Archivi e archivisti in Italia tra medioevo ed età moderna, Viella, Roma 2015, pp. 9-39 e O. Poncet, Archives et histoire: dépasser les tournants,
«Annales. Histoire, Sciences Sociales», LXXIV (2019), n. 3, pp. 711-743.
29. Così in S. Vitali, Conoscere per trasformare: riforme amministrative e ambivalenze archivi- stiche nella Toscana di Pietro Leopoldo, «Ricerche Storiche», XXXII (2002), n. 1, pp. 101- 125, in particolare p. 101. Ci si è di recente soffermati sulla necessità di coniugare lo studio degli archivi con quello della storia delle forme documentarie e della storia delle istituzioni «pour apprécier correctement la nature, les motivations et la transmission du matériel écrit que nous ont livré hommes et institutions du passé» in O. Poncet, Entre pa-
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genealogia
317 le molteplici dimensioni del fenomeno. Tale approccio ha confermato la centralità dei personaggi (e delle loro carte, laddove disponibili) che operarono nella gestione degli ar- chivi. È così possibile ricostruire la storia di un determinato archivio anche, se non soprattutto, attraverso le biografie di coloro che vi lavorarono30.
L’opera di inventariazione di Clairvaux – elevata a cano- ne da Fea – aveva rappresentato la piena espressione del modello archivistico tardo-medievale, un modello al con- tempo di tesaurizzazione della parte più preziosa dell’archi- vio ducale conservato a Chambéry e di sua rappresentazio- ne ideale, che si poneva in continuità con le operazioni di allestimento dei libri iurium e dei cartulari di età bassome- dievale, tanto da assumere successivamente più le vesti di documento/monumento essa stessa, che non uno strumento di reperimento31. L’evoluzione del sistema istituzionale e documentario del Ducato – come in linea di principio di ogni altra realtà europea alle soglie della prima età moder- na – avrebbe però reso del tutto insufficienti le strutture fisiche (cassiae, coffina, capsae, scrinia ecc.) a contenere32, i modelli ideali a rappresentare e le tecniche notarili a descri- vere un sedimento documentario sempre più ampio, fluido e continuamente plasmato dalle mutevoli esigenze di appa- rati statuali, a loro volta sempre più complessi33. Influenzata dalla natura bicipite del ducato, dalle lunghe e reiterate vicissitudini belliche, con annessi esilî della corte ed esodi affrettati verso luoghi più sicuri delle carte più preziose, la geografia conservativa sabauda della prima età moderna
trimoine privé, érudition et État: les vicissitudes des papiers des ministres de la monarchie française (XIVe-XVIIe siècle), in M.d.L. Rosa et al. (coords.), Recovered voices, newfound questions: family archives and historical research, Imprensa da Universidade de Coimbra, Coimbra 2019, pp. 35-51, in particolare pp. 36-38.
30. F. De Vivo, A. Guidi, A. Silvestri, Introduzione ad un percorso di studio cit.
31. Tanto da divenire fonte della redazione di «copiari-inventari» nel corso del XVI se- colo (P. Rück, L’ordinamento degli archivi ducali cit., pp. 136-139 e B. Andenmatten, G. Ca- stelnuovo, Produzione e conservazione documentarie cit., p. 337).
32. Sulle strutture conservative sabaude si veda P. Rück, L’ordinamento degli archivi ducali cit., pp. 145-148. Più in generale, sull’evoluzione delle infrastrutture archivistiche si veda P. Delsalle, L’archivistique sous l’Ancien Régime, le Trésor, l’Arsenal, et l’Histoire, «Histoire, Éco- nomie et Société», XII (1993), n. 4, pp. 447-472, in particolare pp. 450-452, poi ripreso in Id., Une histoire de l’archivistique, Université du Québec, Quebec 1998, pp. 102-106.
33. Ci è soffermati sul rapporto fra evoluzione degli assetti istituzionali e della natura degli strumenti inventariali in R.C. Head, Mirroring governance cit., pp. 321-324.
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era venuta caratterizzandosi per un marcato policentrismo, che aveva declinato di qua e di là dai monti la tendenza alle riunioni archivistiche tipica di quel periodo. Nel corso del XVII secolo i principali nuclei del patrimonio archivistico ducale erano rappresentati dalle carte radunate a Torino nel «Castello», oggetto dell’inventariazione di Rocca, dagli archivi camerali di Torino e da quelli di Chambéry, dalle disiecta membra ricoverate sull’onda di varie emergenze nei castelli di Bard e Nizza o in altri rifugi temporanei come Vercelli e Montmélian34. A tali nuclei occorre poi aggiunge- re la gran parte delle carte dei gabinetti dei singoli principi, regnanti o non regnanti, come anche i loro carteggi di ca- rattere personale e confidenziale, che giacevano per periodi di tempo più o meno lunghi nei loro appartamenti e nelle loro private “librerie”35.
Il contesto generale nel quale matura la redazione dell’inventario portato a compimento dall’archivista Rocca è questo ed è il medesimo nel quale matura, per esempio, quello della biblioteca ducale redatto da Giulio Torrini nello stesso torno di anni36. Entrambi i complessi documentari
34. Oltre a G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., si veda l’efficace ricostruzione dei
“movimenti” dei nuclei archivistici ducali, di qua e di là dalle Alpi, in L. Gentile, I fondi archivistici dell’Archivio di Corte, memoria di uno Stato sovraregionale, in M. Gattullo (a cura di), Archivi sul confine. Cessioni territoriali e trasferimenti documentari a 70 anni dal Trattato di Parigi del 1947, atti del convegno internazionale (Torino, Archivio di Stato, 6-7 dicembre 2017), pp. 89-105, in particolare pp. 89-92, 104-105.
35. Su tale dinamica, rilevabile in generale negli archivi dinastici, si veda F. Valenti, Profilo storico dell’Archivio segreto estense, in Id., Scritti e lezioni di archivistica, diplomatica e storia istituzionale, a cura di D. Grana, Ministero per i beni e le attività culturali, Roma 2000, pp. 343-383, in particolare pp. 356-357 [ed. or. Introduzione, in Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense. Sezione Casa e Stato: inventario, Ministero dell’interno, Roma 1953, pp. vii-li (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, XIII)]. Per rimanere al caso sabaudo, Samuel Guichenon, sul quale torneremo più avanti, per la sua storia genealo- gica di casa Savoia si era messo in contatto col protomedico ducale e bibliotecario Pierre Boursier alla ricerca di alcuni carteggi della seconda metà del Cinquecento e del regno di Vittorio Amedeo I. L’episodio è citato in V. Castronovo, Samuel Guichenon e la storiogra- fia del Seicento, Giappichelli, Torino 1965, pp. 119-120. Sull’uso di destinare gli epistolari di alti dignitari e uomini di governo alla Biblioteca reale nella Francia della prima mo- dernità si veda E. Chapron, The «Supplement to All Archives»: the Bibliothèque Royale of Paris in the Eighteenth-Century, «Storia della Storiografia», 68, 2015, n. 2, pp. 53-68.
36. Sull’inventariazione della Biblioteca ducale condotta da Giulio Torrini si veda M. Al- benga, Inventario della Biblioteca ducale del protomedico e bibliotecario Giulio Torrini (1659), tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore M.
Guglielminetti, a.a. 1990-1991, disponibile all’indirizzo http://archiviodistatoditorino.
beniculturali.it/larchivio/la-biblioteca-asto/la-biblioteca-antica/torrini. Più in generale, sulla biblioteca ducale si vedano i numerosi contributi apparsi nei recenti M. Carassi, I.
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319 erano stati ereditati da Rocca e Torrini dopo una lunghis- sima gerenza di chi li aveva preceduti in carica37, in en- trambi i casi la mancanza di strumenti complessivi di con- trollo intellettuale aveva con ogni probabilità aggravato la percezione di trascuratezza e disorganizzazione nella quale versavano, caratteri questi peraltro spesso, più in generale, assai ricorrenti negli stilemi retorici che giustificavano la messa in cantiere di simili interventi di riordinamento38.
Allargare lo sguardo a ciò che sta intorno all’attività di Rocca e del suo predecessore Laggerio aiuta molto a com- prendere ragioni e origine della loro opera, contestualiz- zandola39. Poco si comprenderebbe infatti dell’inventario del 1660 – se non i limiti già rilevati da Fea – qualora ci limitassimo a valutare il tenore della breve introduzione e lo schema ordinamentale o le tecniche descrittive adottate.
La redazione dell’inventario Rocca – parziale e limitato al
«Reggio Archivio», ovvero «l’Archivio de’ titoli e scritture concernenti le ragioni» del patrimonio ducale conservato nel Castello40 – si inserisce infatti in un preciso contesto, ca- ratterizzato da alcuni elementi di cui tener necessariamente conto. Prima di tutto, l’attività degli archivisti ducali era in quel periodo più che dalle attività di descrizione e re- pertoriazione delle carte, interamente assorbita dall’attività di reperimento, organizzazione e allestimento delle prove documentarie a corredo storico-giuridico della miriade di interminabili controversie giurisdizionali, patrimoniali, di-
Massabò Ricci, S. Pettenati (a cura di), Il tea tro di tutte le scienze e le arti. Raccogliere libri per coltivare idee in una capitale di età moderna. Torino 1559-1861, catalogo della mostra, mibac, Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Piemonte, Consiglio regionale del Piemonte-Centro studi Piemontesi, Torino 2011 e F. Varallo, M. Vivarelli (a cura di), La Grande Galleria. Spazio del sapere e rappresentazione del mondo nell’età di Carlo Emanuele I di Savoia, Carocci, Roma 2019.
37. L’avvocato Giovanni Giacomo Laggerio era stato archivista dal 1626 al 1657, il pro- tomedico Pietro Ludovico Boursier, bibliotecario dal 1633 al 1659.
38. Si veda, per esempio, O. Filippini, Memoria della Chiesa, memoria dello Stato. Carlo Cartari e l’Archivio di Castel Sant’Angelo, il Mulino, Bologna 2010, pp. 99-100.
39. In generale, sulla stretta connessione fra strumenti di corredo archivistici e il più generale contesto che li produsse si vedano le considerazioni svolte in P. Benigni, Dall’e- rudizione alla cultura di governo: cenni su alcuni strumenti di corredo tra i secoli XVI e XVIII,
«Le Carte e la Storia», IV (1998), n. 1, pp. 22-33 nonché, con riferimento ad altri casi europei, R.C. Head, Mirroring governance: archives, inventories and political knowledge in early modern Switzerland and Europe, «Archival Science», 7 (2007), pp. 317-329.
40. Rocca era stato designato responsabile di tale nucleo documentario (G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., p. 56).
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plomatiche, fiscali e di altra natura che vedevano coinvolto il potere ducale in ragione della particolare natura della statualità di antico regime e, in particolare, di quella seicen- tesca41. Attività oscure, che non solo non dovevano lascia- re molto tempo ai nostri archivisti, ma che non dovevano avere un gran riscontro in termini di riconoscimento del loro lavoro se nel 1656 Laggerio aveva lamentato in una lettera al marchese di San Tommaso, Guglielmo Francesco Carron, primo segretario e consigliere di stato di S.A.R., di non ricevere lo stipendio da più di quattro anni42.
Ben altra visibilità agli occhi dei loro superiori garantì invece la celerità con la quale gli archivisti ducali fornirono il supporto documentario all’opera dello storiografo di cor- te, cavaliere dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, Samuel Guichenon, incaricato sul finire degli anni Quaranta del Seicento della compilazione di una storia genealogica di casa Savoia43, che sarebbe stata data alle stampe a Lione nel 166044. L’incarico al Guichenon si inseriva in una tendenza più generale, quella dell’indagine genealogica e dell’auto- rappresentazione dinastica45, dalla quale scaturirono esiti
41. Se ne vedano molti esempi nei carteggi d’ufficio del Rocca in ASTo, Regi Archivi, cat. I, b. 1 bis e ivi, Lettere particolari, R, b. 41, fasc. Rocca Cesare Felice. Si richiama questo aspetto, tipico del ruolo degli archivisti di antico regime, a proposito di Ludovico Antonio Muratori in F. Valenti, Profilo storico dell’Archivio segreto cit., pp. 366-367. Più in generale, sulla natura “giurisdizionale” della statualità di antico regime si vedano L.
Mannori, Per una “preistoria” della funzione amministrativa. Cultura giuridica e attività dei pub- blici apparati nell’età del tardo diritto comune, «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», 19 (1990), pp. 323-504 e Id., B. Sordi, Storia del diritto amministrati- vo, Laterza, Roma-Bari 2001.
42. G. Fea, Cenno storico sui Regi archivi cit., p. 57 e ASTo, Lettere particolari, L, b. 2, fasc.
Lageri, 1656 agosto 1° e 1656 agosto 14.
43. Assai ampia è la bibliografia sullo storico bressano, nato nel 1607 e morto nel 1664, e sulla sua opera “piemontese”. Si rammentino V. Castronovo, Samuel Guichenon cit.;
G. Ricuperati, Fra corte e Stato: la storia di casa Savoia da Guichenon a Lama, in Id., Le av- venture di uno «Stato ben amministrato». Rappresentazioni e realtà nello spazio sabaudo fra antico Regime e Rivoluzione, Tirrenia, Torino 1994, pp. 19-56; C. Rosso, Samuel Guichenon…
Histoire Généalogique, scheda n. 312, in M. Carassi, I. Massabò Ricci, S. Pettenati (a cura di), Il Tea tro di tutte le scienze e le arti cit., pp. 317-318; G. Noma di Nomaglio, Un crocevia della storiografia sabauda: Samuele Guichenon e la sua Histoire généalogique, in F. Porticelli, A. Merlotti, G. Mola di Nomaglio (a cura di), Piemonte bonnes nouvelles. Testimonianze di storia sabauda nei fondi della Biblioteca nazionale universitaria di Torino nel 600° anniversario del Ducato di Savoia, Centro Studi Piemontesi, Torino 2016, pp. 12-20.
44. S. Guichenon, Histoire généalogique de la Maison de Savoie, Barbier, Lyon 1660, voll. 4, poi ristampata come Briolo, Torino, 1778-1780, voll. 4.
45. R. Bizzocchi, Genealogie incredibili. Scritti di storia nell’Europa moderna, il Mulino, Bolo- gna, 20092.
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321 archivistici comuni a molte realtà. Affidate a veri e propri professionisti della materia46, queste opere si intrecciavano spesso con attività di censimento, spoglio, copia, ordina- mento e inventariazione degli archivi delle dinastie e delle casate nobiliari, delle quali volevano indagarsi le origini su basi documentarie47. Tali operazioni, di natura prettamente archivistica, erano talora condotte in prima persona dagli stessi eruditi48, o comunque in stretta connessione con essi49. È proprio questo il caso di Samuel Guichenon, grazie ai
46. Si vedano in tal senso i contributi apparsi nel recente J. Eickmeyer, M. Friedrich, V. Bauer (a cura di), Genealogical Knowledge in the Making. Tools, Practices, and Evidence in Early Modern Europe, De Gruyter Oldenbourg, Berlin 2019 e, in particolare, M. Fried- rich, How an Early Modern Genealogist got his Information. Jacob Wilhelm Imhoff and the respublica genealogica, pp. 66-98 e O. Poncet, The Genealogist at Work. André Duchesne (1584-1640), pp. 199-220.
47. Sullo stretto nesso fra “prospettiva genealogica” e riorganizzazione degli archivi gen- tilizi nel corso dell’età moderna si vedano i contributi editi in M.d.L. Rosa (org.), Arquivos de família, séculos XIII-XX: que presente, que futuro?, HEM, Instituto de estudos Medievais- CHAM, Centro de historia de Além-Mar- Caminhos romanos, Lisboa 2011. Per una sintesi si veda ivi Ead., Apresentação Arquivos de família: para um roteiro de temas e problemas, pp. 15-29 e, in relazione al caso del patriziato toscano, E. Insabato, Identità civica e strate- gie conservative negli archivi del patriziato toscano (secoli XVII-XIX), pp. 559-580, in particola- re pp. 566-573. Il tema è affrontato anche in Ead., Un momento fondamentale per gli archivi di famiglia: il Settecento, in Il futuro della memoria, atti del convegno internazionale di studi sugli archivi di famiglie e di persone (Capri, 9-13 settembre 1991), Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma, 1997, vol. I, pp. 289-310. Per un interessante caso di studio si veda E. Mori, L’Archivio Orsini. La famiglia, la storia, l’inventario, Viella-Archivio storico Capitolino, Roma 2016, pp. 171-178.
48. È il caso, per esempio, di Giacomo Daino, cancelliere dell’Archivio piccolo ducale a Mantova nei decenni centrali del Cinquecento. Daino compilò sulla scorta dei documen- ti da lui ordinati, inventariati e compendiati la Series chronologica capitaneorum, marchio- num ac ducum Mantuae usque ad annum 1550, ove ricostruì la genealogia di casa Gonzaga.
Su Daino e la sua opera si vedano P. Torelli, L’archivio Gonzaga di Mantova, Mondadori, Ostiglia 1920, pp. xxxv-xxxvii e A. Luzio, L’archivio Gonzaga di Mantova. La corrispondenza familiare, amministrativa e diplomatica dei Gonzaga, A. Mondadori, Verona 1922, p. 12; più in generale, R. Comaschi, Daino, Giacomo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 31 (1985), pp. 698-699. A Firenze, Cosimo Della Rena, fu il responsabile dell’archivio della Segreteria vecchia medicea fra il 1660 e il 1682: pur non lasciando il segno sull’ordina- mento delle carte, ne utilizzò l’imponente massa per le sue ricerche storico erudite quale genealogista di numerose famiglie gentilizie. In merito si veda S. Baggio, P. Marchi (a cura di), Miscellanea medicea I (1-200), Ministero per i beni e le attività culturali, Roma 2002, pp. 7-8.
49. È il caso del gesuita Domenico Gamberti, i cui lavori presso la corte estense di Mo- dena furono facilitati dal lavoro del bibliotecario ducale Ludovico Tagliavini, dal 1662 addetto all’Archivio segreto ducale affinché completasse il grande repertorio archivisti- co avviato dal predecessore, Niccolò Susari. Su tale opera si veda L. Turchi, Matrimoni e memoria genealogica fra tardo medioevo ed età moderna (genealogie estensi, secc. XV-XVII), pp. 801-827, in particolare pp. 818-820; più in generale su Gamberti, E. Ripari, Do- menico Gamberti: il «prencipe et eroe christiano» tra cultura gesuitica e assolutismo europeo, in S. Cavicchioli (a cura di), L’“Occidente degli eroi”. Il pantheon degli Estensi in Sant’Agostino a
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Forme del sapere tra età moderna e culture digitali
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Tra amministrazione, storia e
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carteggi del quale, oggi conservati in buona parte a Parigi presso la Biblioteca dell’Institut de France e utilizzati da Valerio Castronovo50, possiamo ricostruire la rete, sia pure a maglie larghe, dei rapporti intessuti fra lo storico bressano e gli archivisti ducali, in particolare Rocca51. Da tale corri- spondenza si ricava, prima, una conferma del contributo di Laggerio nel reperimento dei documenti, contributo che i carteggi conservati a Torino lasciano soltanto intuire in alcuni rapidi passaggi52. Oltre a sollecitare il reperimento e l’invio in copia di documentazione, Guichenon fu in con- tatto con Laggerio nell’impostazione del lavoro sull’archi- vio ducale53, grazie anche all’esperienza maturata durante le sue lunghe peregrinazioni a caccia di documenti che lo avevano portato, perfino, a condurre in prima persona l’or- dinamento dell’archivio municipale di Bourg, nel corso dei suoi studi sulla Bresse54. Tali itinera lo avevano condotto a confrontarsi nella sua lunga carriera di storiografo coi più importanti fondi archivistici e librari di area transalpina e
Modena (1662-1663) e la cultura barocca, atti del convegno (Modena, 25-26 ottobre 2018), pp. 21-38.
50. Per una rassegna della corrispondenza di Guichenon oggi disponibile presso diversi istituti di conservazione si veda V. Castronovo, Samuel Guichenon cit., pp. 26-27, nota 43.
51. Le lettere spedite da Rocca a Guichenon sono oggi conservate presso la Bibliothèque de l’Institut de France (d’ora in avanti BIF), ms 646, pièce 722 e Ms 645, pièces 450- 476 (http://www.calames.abes.fr/pub/institut.aspx#details?id=IF2A11828). Colgo l’occa- sione per ringraziare la dott.ssa Luisa Gentile per l’aiuto fornitomi nel recupero delle riproduzioni digitali di tali lettere.
52. Si veda, per esempio, la supplica inviata a S.A.R. da Laggerio il 14 maggio 1656 con la quale richiedeva una maggiore sollecitudine nella corresponsione dei suoi emolumen- ti, dovuti «per la custodia, cura et fatiche grandi, ch’io di continuo faccio attorno la visio- ne et ordine delle scritture dell’Archivio de’ titoli di S.A.R., principal erario di sua real corona». «So’ che della mia mia servitù», aggiungeva Laggerio, «l’A.V.R. ne resta da più parti certificata et che n’hebbe anco piena informatione da monsignor di Guichenon»
(ASTo, Lettere particolari, L, b. 2, fasc. Lageri). In una lettera dell’anno successivo a mada- ma reale, la reggente Cristina di Borbone-Francia, Guichenon, si stupiva della mancata risposta di Laggerio, evidentemente invece sempre molto sollecito, alla sua richiesta di copie di documenti (ivi, Storia della Real casa, cat. II, b. 10, fasc. 2, 1657 agosto 8).
53. «Ai primi del 1656 1’Histoire généalogique era in fase di ormai avanzata composi- zione; venendo a Torino nel gennaio di quell’anno, per il conferimento delle insegne dei santi Maurizio e Lazzaro, il Guichenon si recava ancora presso l’archivio ducale per sollecitare l’inoltro a Bourg delle ultime carte che gli abbisognavano e per prendere ulteriori accordi con il Légery sul riassetto dei fondi moderni» (V. Castronovo, Samuel Guichenon cit., p. 121).
54. Su tale esperienza, ivi, pp. 28, nota 47 e p. 41. Gli esiti di tali scavi archivistici sareb- bero confluiti in S. Guichenon, Histoire de Bresse et du Bugey…, Iean Antoine Huguetan &
Marc Antoine Ravaud, Lyon 1650, 4 voll.
Tra amministrazione, storia e
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323 subalpina, fra i quali possiamo rammentare per esempio il Trésor des Chartes e la Bibliothèque du Roi di Parigi grazie ai buoni uffici di Pierre Dupuy55, oltre a numerosi archivi di enti ecclesiastici e di casate gentilizie di area francese e piemontese, che integrarono i vuoti degli archivi ducali nel corso della compilazione della Histoire généalogique de la Maison de Savoie56.
Dai carteggi dello storico bressano si ricavano però, so- prattutto, preziosi riferimenti, perlopiù assenti nella docu- mentazione torinese, anche al lavoro di inventariazione che Rocca, all’atto del suo insediamento agli inizi del 1658, pa- lesò da subito di voler intraprendere presentandosi a Gui- chenon. Offerta la propria collaborazione, Rocca gli chiese aiuto allo storico bressano, in particolare per la definizione della struttura dell’ordinamento da impostare secondo la geografia storica del ducato57. Rocca tenne informato dello stato di avanzamento dei lavori Guichenon58, con la preghie- ra di segnalargli eventuali inesattezze59. Quest’ultimo non mancò di incoraggiare, consigliare e supportare l’archivista ducale, in particolare nel caso della «divisione» delle scrit- ture relative alle province «al di là dei monti» ormai non più nei domini sabaudi, come la Bresse, della storia delle quali era un profondo conoscitore60. In cambio Rocca conti-
55. V. Castronovo, Samuel Guichenon cit., pp. 33-38. Su Pierre Dupuy (1582-1651), umanista e bibliofilo, consigliere di stato, conservatore della Biblioteca reale e autore di un inventario del Trésor des Chartes, si veda Y. Potin, Trésor, écrits, pouvoirs. Archives et bibliothèques d’État en France à la fin du Moyen Âge, CNRS Éditions, Paris 2020. Più in generale, sulla vasta rete di contatti fra eruditi nella Francia del XVII secolo, con rife- rimento anche a Guichenon, si veda Id., Cercles savants et pratique généalogique en France (fin XVIe siècle-milieu du XVIIe siècle), in O. Rouchon (dir.), L’opération généalogique. Cultures et pratiques européennes, XVe-XVIIIe siècle, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2014, pp. 101-136.
56. V. Castronovo, Samuel Guichenon cit., pp. 103-126.
57. BIF, ms. 646, f. 722r, 1658 gennaio 25 (Appendice documentaria 2). Sull’evoluzione della maglia amministrativa territoriale nel Piemonte sabaudo di antico regime, riflessa in maniera evidente sullo schema ordinamentale degli Archivi di Corte, si veda M.L.
Sturani, Dividere, governare e rappresentare il territorio in uno stato di antico regime. La costru- zione della maglia amministrativa nel Piemonte sabaudo (XVI-XVIII sec.), Edizioni dell’Orso, Alessandria 2021.
58. BIF, ms. 645, c. 462r-v, 1658 settembre 15 (Appendice documentaria 3). Già nell’a- prile 1658, Rocca aveva aggiornato il marchese di San Tommaso dello stato di avanza- mento dei lavori, senza peraltro far cenno ai suoi contatti con Guichenon (ASTo, Lettere particolari, R, b. 41, fasc. Rocca Cesare Felice, 1658 aprile 20).
59. BIF, ms. 645, c. 465r-v, 1659 febbraio 2 (Appendice documentaria 4).
60. Ivi, c. 463r-v, 1658 ottobre 14 (Appendice documentaria 5). A tal proposito si veda
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Tra amministrazione, storia e
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nuò a garantire l’estrazione e l’invio di copie dei documenti necessari alla Histoire généalogique, dopo aver ottenuto dal marchese di Pianezza, Carlo Emanuele Giacinto di Simiana influente consigliere di Madama Reale, l’autorizzazione a procedere senz’altra formalità61. Rocca poteva così presen- tare all’inizio del 1660 il frutto del suo lavoro alle altezze reali «che lo hanno aggradito assai»62, non senza palesare la sua gratitudine al Guichenon i rapporti col quale sono documentati fino alla fine dell’anno63.
Il legame esplicito fra l’attività di ordinamento dell’ar- chivio principiata dal Laggerio, l’inventariazione condotta da Rocca e il lavoro di Guichenon consente dunque di va- lutare al meglio la natura, in particolare, di questo secondo intervento. Come rilevato per altri contesti, l’«Inventario generale delle scritture del Reggio Archivio» del Rocca ap- pare soprattutto come un “catasto”, un elegante censimento dei corpora documentari che facevano parte integrante delle ricostruzioni erudite che ne avevano sollecitato la rassegna, il compendio e l’utilizzo (e talora l’edizione a stampa a ro- busto corredo delle storie genealogiche). È possibile così comprendere la mancanza di attributi di matrice tecnico- descrittiva come le segnature o la parzialità del suo raggio di azione. Una sorta di ritratto di un particolare dell’archi- vio, quello dei titoli più rilevanti, solenne, offerto in dono al duca e poco adatto a rappresentare la mutevole forma degli assetti documentari e a supportarne gli usi correnti e i frequenti aggiornamenti64. L’inventario Rocca, infatti, come molti altri strumenti compilati in situazioni simili nel resto
anche ivi, c. 457r-v, [1658] novembre 30; c. 468r-v, 1659 marzo 19; f. 454v[1659] aprile 18 e c. 467r-v, 1659 aprile 23.
61. Ivi, c. 461r, s.d. ma post 1659 luglio 31. Sugli ostacoli frapposti alla ricerca del Gui- chenon in Savoia da parte di alcuni organi amministrativi si veda V. Castronovo, Samuel Guichenon cit., p. 117.
62. BIF, ms. 645, c. 471r-v, 1660 febbraio 10 (Appendice documentaria 6).
63. Rocca chiese e ottenne da Guichenon di far sapere «al personaggio», presumibil- mente il marchese di Pianezza, la mole di lavoro da lui svolta nella ricerca di documenti utili alla sua Histoire (ivi, f. 475, 1660 novembre 6 e f. 476, 1660 dicembre 6).
64. Presenta caratteri simili, per esempio, l’«Inventario di tutti e’ libri et scritture» della cancelleria fiorentina delle Riformagioni, redatto nel 1545 dall’erudito e letterato tosca- no Gabriello Simeoni e da questi dedicato al duca Cosimo I. Su tale strumento e su Si- meoni si vedano P. Benigni, C. Vivoli, Progetti politici e organizzazione di archivi: storia della documentazione dei Nove conservatori della giurisdizione e dominio fiorentino, «Rassegna degli Archivi di Stato», XLIII (1983), n. 1, pp. 32-82, in particolare pp. 40-41 e P. Benigni, Dall’erudizione alla cultura di governo cit., pp. 23-25.