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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E FARMACEUTICHE

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Academic year: 2023

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA SCUOLA DI SCIENZE MEDICHE E

FARMACEUTICHE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili (DINOGMI)

Accuratezza della FDG-PET nel MCI a corpi di Lewy, dall’analisi visiva a quella semiquantitativa”

Relatore:

Prof. Flavio Mariano Nobili

Correlatore: Candidato:

Dott. Federico Massa Lorenzo Lombardo

Anno accademico 2020/2021

(2)

INDICE

1. INTRODUZIONE ... 4

1.1. Mild Cognitive Impairment (MCI) ... 4

1.1.1. Correlazioni Eziologiche ... 5

1.1.2. Diagnostica ... 6

1.2. MCI-LB ... 11

1.2.1. Presentazione Clinica ... 12

1.2.2. Caratteristiche Cliniche Fondamentali (Core Clinical Features – CCF) ... 14

1.2.3. Biomarcatori proposti ... 17

1.2.4. Biomarcatori Potenziali ... 18

1.3. MCI-AD ... 20

1.3.1. Presentazione Clinica ... 20

1.3.2. Biomarcatori ... 23

1.4. Tomografia ad Emissione di Positroni ... 25

1.4.1. Caratteristiche 18F-FDG-PET in DLB. ... 26

1.4.2. Caratteristiche 18F-FDG-PET in AD ... 27

1.4.3. Uso della 18F-FDG-PET nel differenziare AD da DLB ... 28

1.5. Analisi Semiquantitativa e Automatica ... 29

1.6. Scopo Dello Studio ... 31

2. MATERIALI E METODI ... 32

2.1. Pazienti ... 32

2.2. 18F-FDG PET ... 34

2.2.1. Protocollo e pre-processing 18F-FDG PET ... 34

2.2.2. Valutazione 18F-FDG PET ... 34

2.2.3. 18F-FDG PET voxel-based single-subject analysis (VBA) ... 35

2.2.4. Analisi VROI 18F-FDG PET ... 36

2.3. Analisi statistica ... 37

3. RISULTATI ... 38

3.1. Analisi quantitativa (di gruppo) 18F-FDG PET ... 38

3.2. Valutazione diagnostica ... 40

4. DISCUSSIONE ... 44

(3)

5. TABELLE SUPPLEMENTARI ... 52 Bibliografia ... 58

(4)

1. INTRODUZIONE

1.1. Mild Cognitive Impairment (MCI)

La definizione “Mild cognitive Impairment” identifica una condizione clinico–

neuropsicologica che costituisce una sorta di “ponte”, o stadio intermedio, fra la normale funzione cognitiva e la Demenza. Il termine venne per la prima volta introdotto in letteratura da Reisberg e colleghi nel 1988 come stadio 3 della Global Deteriation Scale (GDS) (1). Quest’ultima è una scala di valutazione per la funzione cognitiva che ne descrive il declino dividendolo in 7 stadi di cui i primi tre rappresentano la fase di “pre-demenza”. Più precisamente, il terzo stadio GDS si interpone tra lo stadio di demenza lieve (stadio 4) e di un disturbo cognitivo molto lieve o declino mnesico associato all’età (stadio 2) e include deficit in più di un’area cognitiva, fra cui quello mnesico è messo in luce esclusivamente da un’intervista approfondita.

I criteri di definizione di MCI sono cambiati nel corso del tempo: nel 2003 venne riunito il Key Symposium (2), il quale portò alla riformulazione della definizione di MCI, distinguendone i seguenti fenotipi clinici (3): Amnestico (aMCI); Non amnestico (naMCI). Entrambi comprendono i sottotipi: Singolo dominio; Multi dominio.

Per la diagnosi di MCI è necessaria la presenza di tutti i seguenti (4):

- Preoccupazione da parte del paziente, dell’informatore o del clinico riguardo al declino cognitivo.

- Evidenza oggettiva di deterioramento in 1 o più domini cognitivi. Il deterioramento cognitivo può includere ogni dominio, o incidere maggiormente su un determinato aspetto, definendo le categorie suddette di MCI (aMCI e naMCI).

- Performance preservate o minimamente alterate dell’autonomia nelle abilità funzionali precedentemente raggiunta, che non soddisfano i criteri di demenza.

L’evidenza oggettiva di deterioramento cognitivo è definita da punteggi alle valutazioni neuropsicologiche di 1 fino a 1.5 Deviazioni standard al di sotto della media in soggetti di pari età ed educazione, ma può essere anche dimostrato da un declino significativo in valutazioni seriate o da un declino dal livello delle abilità stimate precedentemente (4).

Dal punto di vista epidemiologico la prevalenza stimata di MCI è contenuta fra il 16 e il 20% nei soggetti di età superiore a 60 anni. Il dato dell’incidenza risulta più

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grossolano, venendo compreso fra 5.1 e 168 ogni 1000 persone/anno, a causa di un numero più limitato di studi disponibili. Il tasso di progressione a Demenza è del 20- 40% (10-15%/anno), quello di “reversion” è circa del 20% dei soggetti. Quest’ultimo dato è sicuramente interessante: testimonia un comportamento “ondulante” della condizione MCI, fra normale e patologico, e di come condizioni anche temporanee e reversibili possano confondersi con un disturbo cognitivo progressivo (5).

1.1.1. Correlazioni Eziologiche

La condizione di MCI acquista oggigiorno sempre più importanza nell’ambito della ricerca clinica e farmacologica, con l’obbiettivo di intercettare i pazienti in uno stadio relativamente precoce del decadimento cognitivo e migliorarne il management. La sfida più impegnativa che riguarda questa condizione è riconoscerne la corretta base eziologica: con i criteri internazionali sviluppati sulla spinta del Key Symposium del 2003 (3) l’MCI diventa un costrutto più ampio che fa riferimento ad una sindrome clinica a multipli fenotipi che può sottendere diversi processi causativi (Figura 1).

Questa nuova definizione rivoluziona il concetto di MCI, relegando l’obbiettivo iniziale con cui era stato concepito, ossia quello di identificare specificamente uno stadio precoce della Malattia di Alzheimer, ad un sottotipo ristretto: quello amnestico (6). L’obbiettivo è quello di classificare correttamente l’eziopatogenesi di un MCI in base alle sue caratteristiche cliniche di presentazione (amnestico, non amnestico;

singolo-dominio, multidominio). Ponendo, come esempio, una diagnosi differenziale esclusiva tra le due cause più frequenti di deterioramento cognitivo neurodegenerativo (Malattia di Alzheimer e Demenza a Corpi di Lewy), un MCI non amnestico, singolo o multi – dominio, presenta un tasso di evoluzione a DLB probabile di 10 volte quello di un MCI amnestico, con un tasso annuo del 20%, mentre soltanto l’1.6%/anno svilupperà una AD clinicamente probabile. Completamente opposti sono i dati relativi al MCI amnestico: il rischio per questi pazienti di sviluppare una AD clinicamente probabile è 10 volte quella di un naMCI, con un tasso annuo di 17% per AD clinicamente probabile e 1,5% per DLB (7). Tuttavia la clinica non si è dimostrata di per sé sufficientemente specifica per discernere tra le condizioni causative che sottendono il deterioramento cognitivo, soprattutto in una fase così precoce di malattia e viste la molteplici possibilità eziologiche dell’MCI (6). Da qui la necessità di ampliare ulteriormente il concetto di MCI con l’introduzione dei biomarcatori, ossia

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marcatori “in vivo” di patologia che permettono un inquadramento eziologico più accurato, migliorando la confidenza diagnostica dei criteri clinici puri, già inseriti nel 2011 nella classificazione della patologia Alzheimer correlata (8) (4). In questo nuovo panorama nascono le raccomandazioni italiane per la diagnosi eziologica basata sui biomarkers nel Mild Cognitive Impairment del 2019 (figura 2), stilate tramite un Delphi consensus tra cinque società italiane: l’Associazione Italiana di Medicina Nucleare, l’Associazione Italiana di Neuroradiologia, l’Associazione Italiana di Psicogeriatria, la Società Italiana di Biochimica Clinica e la Società Italiana di Neurologia per le Demenze (9). Le stesse società scientifiche, specifiche per le singole patologie, hanno redatto dei criteri che cercano di categorizzare i soggetti dal punto di vista eziologico, già in una fase così precoce di malattia includendo un percorso guidato da biomarcatori, e alcune nuove entità sono state meglio categorizzate: MCI- AD (8); MCI-LB (4).

Figura 1 Criteri del Key Symposium, associati alle possibili eziologie dei sottotipi MCI. Tratta da Petersen RC (10)

1.1.2. Diagnostica

1.1.2.1. Valutazione Generale

Il primo approccio di un paziente con MCI è sicuramente un momento fondamentale che inizia già con la visita del medico di medicina generale (MMG), a cui sovente il soggetto denuncia per la prima volta il suo iniziale deficit cognitivo che lo indirizzerà ad una valutazione presso una struttura specialistica. Una volta afferito ad una Memory Clinic, il paziente sarà valutato nel suo insieme e verranno prescritti o integrati degli esami laboratoristici che valutino la presenza di encefalopatie metaboliche croniche che entrino in diagnosi differenziale con il processo neurodegenerativo (11):

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emocromo completo; TSH; Elettroliti, con particolare riguardo per l’iponatriemia;

Calcemia con particolare riguardo per l’ipercalcemia; Glicemia a digiuno; Vitamina B12; Valutazione dei livelli ematici di acido folico o folati, riservata a pazienti celiaci, con alimentazione inadeguata o altre condizioni che impediscono l’assunzione di cereali; studio di funzione renale ed epatica. Ciascuno di questi valori può associarsi a patologie (come l’ipotiroidismo, manifestazioni paraneoplastiche) che possono accompagnarsi ad un decadimento cognitivo più o meno evidente. La correzione della causa primaria si accompagna così ad una risoluzione del quadro neurologico, ed è testimone della sua reversibilità, a differenza di un franco quadro neurodegenerativo.

La prima visita neurologica/geriatrica in un centro dedicato deve associarsi ad un’attenta e approfondita valutazione clinica, riassunta in Tabella 1. Il colloquio deve essere condotto con il paziente ed il caregiver, con il paziente da solo e si consiglia anche esclusivamente con il caregiver, previa raccolta del consenso del paziente, per rilevare eventuali discrepanze (9).

Figura 2 Algoritmo diagnostico per la diagnosi eziologica di MCI nelle memory clinics italiane. Tratta da Boccardi M et al. (9).

È necessaria una ricerca accurata di segni e sintomi che possano costituire indicazioni cliniche dell’eziologia del substrato neurodegenerativo e indirizzare la scelta dei biomarkers da utilizzare oltre che una valutazione di fattori confondenti o aggravanti il quadro clinico quali le patologie psichiatriche (depressione e ansietà) con scale di valutazione (Hamilton Depression Rating Scale e Hamilton Anxiety Rating Scale).

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Non di minore importanza è un attento esame neurologico, con attenzione sia ai disturbi di movimento e della deambulazione che richiamino all’attenzione patologie ad eziologia differente associate a disturbi cognitivi, quali idrocefalo normoteso, parkinsonismo (DLB, PSP, CBD) o malattia cerebrovascolare (9).

Storia Clinica Educazione, sviluppo, storia medica e farmacologica, background lavorativo Storia Familiare Con particolare attenzione a disturbi mnesici con costruzione di un albero

genealogico, annotando età dei parenti viventi o età di morte

Storia Cognitiva Multidominio, focalizzazione sui sintomi es. perdita oggetti; perdita della capacità organizzativa; problemi espressivi; prosopoagnosia; difficoltà nel vestirsi.

Cambiamenti nella

personalità e

comportamento

Di supporto, es. FTD (perdità di empatia, comportamento inappropriato in pubblico, comportamenti ossessivi e rigidità mentale, cambiamento nella preferenza del cibo, sintomi somatici, comportamenti ritualistici, alterazione della sensibilità).

Instrumental abilities

of daily living Difficoltà nella guida, cambiamento nei ruoli familiari.

Performance cognitiva

globale Utilizzo di tests di buona validità

Esame fisico Pressione arteriosa (clinostasi e ortostasi a 3’), BPM ed esame obbiettivo generale.

Esame obbiettivo neurologico

Completo, inclusa la valutazione dei movimenti oculari e del campo visivo, riflessi di rilascio frontale, parkinsonismo, tono muscolare, ricerca di fascicolazioni e riflessi facciali.

Farmaci Attenta valutazione dei farmaci assunti e del relativo dosaggio.

Tabella 1 Valutazione Clinica, adattata da Boccardi M et al. (9)

1.1.2.2. Valutazione cognitiva

Partendo dal concetto che l’MCI rappresenta un costrutto clinico, è necessaria, in primo luogo, un’indagine approfondita del paziente sul fronte cognitivo che possa oggettivare tale condizione. Secondo le nuove raccomandazioni (9), lo strumento di prima scelta per una prima valutazione cognitiva è rappresentato dal MoCA (Montreal Cognitive Assessment). In seconda linea, in caso di non applicabilità del MoCA, può essere somministrato il MMSE (Mini-Mental State Examination) che possiede una minore sensibilità per MCI e Demenza, non valuta le funzioni esecutive e soffre di

“floor and ceiling effects”, ossia una bassa sensibilità per soggetti con alto livello educazionale e una bassa specificità per soggetti con basso livello educazionale (12).

In questo caso è utile integrare il MMSE con tests che indaghino le funzioni esecutive e la memoria, quali: clock drawing test; the go-no-go test; three-objects-three-places

(9)

test. Per completare un correto inquadramento del versante cognitivo, e formalizzare la diagnosi, sarà necessaria l’applicazione di una batteria di test neuropsicologici validati che ricoprano le funzioni cognitive principali: attentive, visuospaziali, mnesiche, esecutive e di linguaggio (6) (9). Per marcare la differenza principale fra demenza ed MCI, è necessaria inoltre l’indagine delle capacità funzionali, che risultano conservate nel soggetto con Mild Cognitive Impairment: questo aspetto viene approfondito con il paziente stesso o con un informatore, solitamente rappresentato da un parente stretto o dal facente funzione di caregiver, tramite delle scale di attività quotidiana (ADL) e di attività strumentali di vita quotidiana (IADL).

1.1.2.3. Diagnosi basata su Biomarker

L’utilizzo dell’imaging morfologico fa ancora parte del “Baseline assesment” per l’identificazione dell’eziologia di un disturbo cognitivo, sia per scopi inclusivi (neurodegenerazione e atrofia, danno vascolare) che esclusivi. Lo strumento di elezione è senza dubbio, la Risonanza Magnetica (RMN), mentre la Tomografia Computerizzata (TC) riveste il ruolo di seconda scelta per via di una minore sensibilità (9).

L’algoritmo che ci indirizza nella scelta del biomarker da utilizzare in base ai risultati ottenuti dall’intervista clinica generale ed approfondita del paziente, e alla sua categorizzazione all’interno dei sottotipi MCI (amnestico e non amnestico), è esemplificato in Figura 2 e riassunto in Figura 3.

Figura 3 Scelta Biomarker in base al sospetto clinico, basata su Boccardi M. et al. (9)

(10)

La correlazione fra imaging morfologico e clinica nel sospetto di AD è un elemento essenziale: in caso sussista tale correlazione sarà sufficiente l’esecuzione di un solo esame fra analisi dei biomarcatori nel liquor cefalorachidiano (CSF) e PET- amiloide per giungere ad una diagnosi definita. Se il soggetto ha, al momento della valutazione, un’età inferiore ai 75 anni è indicata l’esecuzione dell’analisi CSF. Con un’età compresa fra i 75 e 85 anni l’esecuzione di questi esami deve essere presa in considerazione in base al possibile impatto clinico, mentre è sconsigliato l’approfondimento diagnostico in soggetti di età superiore a 85 anni in quanto poco informativo. Per sviluppare un criterio di scelta fra le due metodiche in grado di evidenziare l’amiloidopatia cerebrale (PET-amiloide e CSF), in Tabella 2 ne sono riassunte le principali differenze (13).

PET-amiloide CSF

Costo Relativamente alto Relativamente basso

Sensibilità per patologia

amiloide 91-98% 80-96%

Specificità per patologia

amiloide 87-100% 77-82%

Estensione della patologia amiloide

Possibile, stadiazione

dell’amiloidosi Non possibile

Localizzazione della

patologia amiloide Possibile Non possibile

Misurazione degli effetti

terapeutici Possibile

Possibile con la misura di altri indicatori oltre Aβ42 come la proteinaprecursore

dell’amiloide(APP) Informazioni riguardo

biomarcatori tau Non disponibili Possibile con richiesta di tau

fosforilata

Tabella 2 Principali differenze fra PET-amiloide e analisi dei biomarcatori nel CSF (13)

La PET-amiloide offre il vantaggio di essere meno invasiva, di fornire uno staging dell’amiloidopatia e di seguirla nel tempo in base a sede ed estensione, a discapito di un costo maggiore. Nel caso in cui queste indagini non risultassero conclusive o permanga un certo grado di incertezza o allorquando la Risonanza Magnetica risultasse poco o non informativa è indicata l’esecuzione di FDG-PET (9) (13). Gli aspetti informativi della FDG-PET, infatti, sono: un’alta sensibilità della metodica per il

(11)

processo neurodegenerativo, anche in una fase molto precoce dove non sussiste un correlato morfologico; un importante Valore Predittivo Negativo conseguente, utile nell’esclusione di neurodegenerazione in condizioni quali depressione, malattie sistemiche, effetto o abuso di farmaci, che possono clinicamente manifestarsi come MCI; la capacità di descrivere la localizzazione e l’estensione della disfunzione neuronale (14). Il pattern ipometabolico, inoltre, rappresenta un valore aggiunto importante per la definizione eziologica (15), ma soprattutto quando negativa la FDG- PET permette di meglio identificare i pazienti clinicamente stabili, sebbene con PET- amiloide positiva, da quelli potenzialmente evolutivi (16).

Le presentazioni amnestiche multidominio o non amnestiche, accompagnate da disturbi del movimento, richiedono un approccio che indaghi la possibile presenza di alfa-sinucleinopatia. In questo caso la scelta si pone fra DAT-SPECT e Scintigrafia miocardica con Metaiodio-Benzilguanidina (MIBG), biomarcatori indicativi di Demenza a Corpi di Lewy e proposti come biomarcatori anche nella fase MCI (17) (4). Anche in questo caso, in presenza di risultati equivoci o non utili per una diagnosi definitiva, può essere proposto l’uso della FDG-PET, la quale riveste ancora un ruolo di biomarcatore “potenziale” nella fase MCI-LB.

In ultima istanza, queste stesse presentazioni (naMCI o aMCI multidominio) in assenza di disturbi del movimento pongono indicazione all’impiego precoce della FDG-PET, che può essere integrata da indagini per beta-amiloidopatia (PET-amiloide o CSF) in caso di pattern metabolico non specifico o di possibile presentazione atipica di AD (13).

1.2. MCI-LB

La Demenza a Corpi di Lewy rappresenta la più frequente demenza neurodegenerativa dopo quella di Alzheimer con una prevalenza media negli studi clinici del 7,5% delle forme dementigene dell’anziano (18). Trae la sua denominazione dall’evidenza di inclusioni diffuse, sferiche, eosinofile ed argirofile, simili a quelle che si osservano nella sostanza nera di soggetti affetti da parkinsonismo, chiamate Corpi di Lewy, nel tessuto corticale di soggetti malati con grave declino cognitivo. I Corpi di Lewy, il cui principale costituente è rappresentato da alfa-sinucleina iperubiquitinata, non costituiscono però un reperto esclusivo della Demenza a corpi di Lewy, ma di diverse

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malattie di natura neurodegenerativa con cui la DLB condivide alcuni aspetti clinici (Malattia di Parkinson, Atrofia Multisistemica che rientrano nel gruppo delle alfa- sinucleinopatie). Possono essere riscontrati sia in strutture subcorticali, quali i nuclei locus coeruleus e della sostanza nera, sia corticali: nella DLB la componente corticale è prominente rispetto a quanto accade nella malattia di Parkinson (PD), e ciò si correla maggiormente con la manifestazione cognitiva della patologia. A conferma di ciò, è nota l’esistenza di forme di PD con sottotipo cognitivo che presentano un più alto carico di Corpi di Lewy corticali, frutto dell’espansione caudo-rostrale della patologia secondo gli stadi proposti da Braak (19). Come criterio di distinzione fra questa

“Demenza associata alla Malattia di Parkinson” (PDD) e la DLB viene considerato valido, con un certo grado di arbitrarietà, un intervallo massimo di un anno fra l’inizio dei disturbi cognitivi e quello dei disturbi motori. Pur con questa doverosa distinzione, le forti analogie, sia cliniche che anatomopatologiche, fra queste due condizioni suggeriscono di considerarle come espressione di continuum patologico comune, piuttosto che come due entità distinte (20).

1.2.1. Presentazione Clinica

La fase prodromica della demenza a corpi di Lewy è un momento complesso della patologia e può manifestarsi con 3 diversi fenotipi clinici: 1. Mild Cognitive Impairment, 2. Delirium Onset e 3. Psychiatric-Onset presentation. Mentre, per il primo caso, sono disponibili dal 2020 degli specifici criteri di diagnosi (Tabella 5), per gli ultimi due il ruolo diagnostico deve ancora essere stabilito, in attesa dello sviluppo di biomarkers applicabili routinariamente per la distinzione fra pazienti con una sottostante patologia LB da quelli francamente deliranti e psichiatrici (4).

- Delirum – onset DLB: una delle più precoci manifestazioni cliniche della DLB è, certamente, la fluttuazione cognitiva. Tuttavia alcuni case reports hanno descritto la comparsa di delirium come presentazione clinica di DLB. Le caratteristice principali sono riassunte nella Tabella 3 (4).

- Psychiatric – onset DLB: si presenta con un quadro in cui un disturbo depressivo maggiore o un disturbo psichiatrico a comparsa tardiva possono rappresentare una forma di presentazione di DLB, talvolta così grave da determinare l’ospedalizzazione del paziente. Le principali caratteristiche sono riassunte nella Tabella 4 (4).

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Un elemento di non poco conto è la perdita, sia nel Delirium – onset DLB che nel psychiatric – onset DLB, di peso diagnostico delle Core Clinical Features, caratteristiche cliniche distintive sia del MCI-LB sia di DLB ed incluse nei rispettivi criteri diagnostici. Questo succede in quanto i quadri classici sia di Delirium sia di patologie psichiatriche quali la Depressione Maggiore, non correlati ad un processo neurodegenerativo, possono corredarsi di sintomi clinici caratteristici di MCI-LB e DLB. Un esempio su tutti: la bradicinesia, la quale può essere associata al trattamento per il delirium o per le manifestazioni psicotiche, o rappresentare un’espressione clinica del Disturbo Depressivo Maggiore (4).

Tabella 3 Caratteristiche cliniche della delirium-onset DLB. Tratta da McKeith et al. (4)

Tabella 4 Caratteristiche cliniche della psychiatric-onset DLB. Tratta da McKeith et al. (4)

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Le funzioni cognitive maggiormente interessate dal processo patologico sono le attentive/esecutive e quelle visuo-spaziali, con, in genere, una relativa conservazione di quelle mnesiche (21), espressione di un MCI non amnestico, singolo o multi – dominio. Il deficit di memoria verbale, talvolta riscontrato in questi pazienti, potrebbe essere riferibile ad una disfunzione della memoria di lavoro e di recupero, tipica dei deficit attentivo – esecutivi. La preservazione relativa delle strutture ippocampali nei pazienti MCI – LB rispetto ai MCI – AD potrebbe, invece, spiegare la conservazione degli aspetti semantici della memoria (22). Il deficit delle funzioni esecutive (working memory, attenzione selettiva, flessibilità mentale) e visuospaziali rappresenta, d’altro canto, un elemento caratteristico dei quadri non amnesici di MCI prodromici di DLB (21). In particolare, soprattutto nell’ottica di differenziare una precoce presentazione di AD da una di DLB, la preservazione delle funzioni visuspaziali rende meno probabile la diagnosi di DLB, anche in maniera più significativa rispetto l’assenza di allucinazioni visive e parkinsonismo (23). A sottolineare l’importanza di questa caratteristica della neuropsicologia della DLB, un difetto marcato e precoce delle funzioni visuospaziali, oltre ad avere un consistente ruolo nel predirre l’evoluzione ad un quadro conclamato di DLB, anticipa in maniera significativa lo sviluppo delle Allucinazioni Visive (VH) (24). Nonostante i criteri per DLB pongano un accento sulla non necessaria occorrenza di deficit mnesici negli stadi precoci, una piccola percentuale di pazienti mostrava disturbi della memoria (7). Una possibile spiegazione della prevalenza di disturbi mnesici nella popolazione LB potrebbe essere la seguente:

un coesistente processo neuropatologico AD-associato che contribuisca ad un aggravamento e una più rapida evoluzione della presentazione clinica (25) (26) (27).

In realtà la presenza di amiloidosi nei pazienti con DLB sembra essere un rilievo comune (28).

Nell’ottica di formulare la classificazione di MCI-LB, nel lavoro di McKeith et al. vengono sottolineate due categorie di criteri: le “Core Clinical Features” e i

“Proposed Biomarkers”, necessarie per la diagnosi di Probabile o Possibile MCI-LB.

1.2.2. Caratteristiche Cliniche Fondamentali (Core Clinical Features – CCF) Questo gruppo di criteri include aspetti clinici che possono precedere, coincidere o seguire il decadimento cognitivo (4). Come riportato in Tabella 5, in questo gruppo

(15)

compaiono: le Fluttuazioni cognitive, le allucinazioni visive, i disturbi comportamentali del sonno REM (RBD) e il Parkinsonismo.

Le fluttuazioni cognitive sono alterazioni dell’attenzione ed arousal e rappresentano una delle più frequenti CCF di DLB presenti nello stadio MCI (21). Per rendere più standardizzata l’indagine sulle fluttuazioni cognitive e facilitarne il riconoscimento, oltre che la diagnosi differenziale fra DLB ed altre forme di demenza, sono stati formulati alcuni questionari che ne valutino gli elementi caratteristici, tra cui la “Dementia Cognitive Fluctuation Scale” (29).

Allucinazioni visive: compaiono in più dell’80% dei pazienti con DLB e si caratterizzano spesso come immagini vivide, colorate, tridimensionali e fanno riferimento ad oggetti animati muti, persone, bambini o animali (20) (17). Sebbene molto frequenti, le allucinazioni visive tendono ad essere meno prevalenti rispetto a Parkinsonismo e fluttuazioni cognitive (21).

RBD: sono di frequente riscontro all’interno del gruppo delle sinucleinopatie, possono precedere la malattia anche di diversi anni e quindi caratterizzare la presentazione clinica di un MCI-LB. Si manifestano con sogni vividi e terrificanti associati a fenomeni motori semplici o complessi come vocalizzazioni o comportamenti violenti, correlati all’assenza della normale atonia muscolare che caratterizza le fasi di sonno REM (20) (30). Case series hanno dimostrato che fino al 94 % dei disordini neurodegenerativi associati a RBD sono sinucleinopatie e questo vale maggiormente per quei casi in cui il RBD anticipa le altre manifestazioni cliniche della sindrome neurodegenerativa: tipicamente l’esordio è precoce, con una media fra i 50 e gli 80 anni (31), tuttavia circa il 25% dei soggetti affetti da DLB non lamenta la presenza di RBD (32). La sintomatologia che compare nei soggetti che soffrono di RBD può essere confusa con altre condizioni come OSAS o parasonnie NREM; per questo motivo la diagnosi necessita di un’adeguata valutazione anamnestico-obiettiva e l’uso della video Polisonnografia (33). La storia clinica è spesso ottenuta dal racconto del paziente stesso, il quale riferisce cadute dal letto e ferite di origine apparentemente inspiegabile, ma di fondamentale importanza rimane, senza ombra di dubbio, la testimonianza del “bedpartner”. Come per le allucinazioni visive, anche la frequenza di comparsa di RBD risulta essere minore nel MCI-LB rispetto al parkinsonismo e alle fluttuazioni cognitive (21).

Parkinsonismo: rappresenta una delle CCF più significative e frequenti di MCI-LB (21). La maggior parte dei pazienti con MCI-LB e DLB non soddisfa tutti e

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tre i criteri clinici della malattia di Parkinson (Bradicinesia, rigidità e tremore a riposo), ma la presenza di anche uno solo è valido come Core Clinical Feature (Tabella 5).

Tabella 5 Criteri per la diagnosi clinica di probabile e possibile DLB. Tratta da McKeith et al. (4)

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1.2.3. Biomarcatori proposti

I criteri classificativi di McKeith del 2017 individuano una serie di biomarcatori essenziali per la diagnosi di probabile o possibile Demenza a Corpi di Lewy, distinti in indicativi e supportivi (questi ultimi aiutano la diagnosi di DLB, ma peccano di minore specificità) (17). Nei nuovi criteri classificativi focalizzati sulla fase prodromica della DLB (MCI-LB), vengono riproposti gli stessi biomarcatori già implementati per la fase di Demenza, ma con risultati diagnostici differenti. Fra questi, i più significativi per la diagnosi dello stadio precoce di DLB sono risultati essere la riduzione dell’uptake di dopamina (DAT) nei gangli della base dimostrata da SPECT o PET, la conferma Polisonnografica di “REM sleep without atonia” e la riduzione dell’uptake di MIBG alla scintigrafia miocardica (4).

Il razionale per l’impiego della tecnica DAT-SPECT è il progressivo processo neurodegenerativo che coinvolge il sistema dopaminergico dei neuroni della substantia nigra mesencefalica e delle rispettive proiezioni nigrostriatali, con conseguente riduzione della densità dei recettori presinaptici per il trasporto della dopamina (DAT) a livello di putamen e nucleo caudato (34). Nella DLB e nei Parkinsonismi atipici la riduzione di attività dopaminergica è più simmetrica rispetto che nella PD e più omogenea, con un precoce coinvolgimento del nucleo caudato (35).

La letteratura riconosce a questa metodica una specificità dell’89% per MCI-LB, supportando quindi il suo potere di discriminare un MCI-LB da un MCI-AD. D’altra parte la sensibilità, vista la “giovinezza” del processo neuropatologico, si dimostra più bassa (54%) rispetto allo stadio conclamato di demenza (80%), ma comunque con un dato di accuratezza diagnostica del 66,6% (36).

La polisonnografia è un esame che si basa sul monitoraggio continuo di parametri neurofisiologici e cardiorespiratori per lo studio del sonno, il cui risultato è un tracciato o Polisonnogramma (PSG). Le funzioni corporee che vengono analizzate includono: l’attività cerebrale (EEG), i movimenti oculari (EOG), l’attività cardiaca (ECG), l’attività muscolare (EMG) e la pulsossimetria; il tutto corredato da materiale video per l’analisi degli aspetti comportamentali del sonno (20).

Per quanto concerne la scintigrafia miocardica con 123I MIBG nell’ambito della forma prodromica della Demenza a corpi di Lewy (MCI-LB), c’è una scarsità di dati longitudinali e ulteriori studi sono necessari per definire se tale esame possa sostenere una diagnosi di DLB prodromica (4). Il razionale per l’utilizzo di questa metodica è la

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degenerazione delle strutture postgangliari del sistema ortosimpatico, caratteristico della malattia da corpi di Lewy (LBD), della malattia di Parkinson e della DLB (37) che ha permesso di includere questa metodica come biomarker suggestivo per la diagnosi di DLB (17) e di MCI-LB (4). Le evidenze sottolineano una correlazione fra un ridotto uptake di 123I MIBG e disordini psichiatrici late onset con RBD PSG confermato: questo risultato potrebbe, ancora una volta, confermare lo stretto legame con la patologia da alfa-sinucleina e in particolare, quella a corpi di Lewy (38). In realtà questo non è valido per tutte le alfa-sinucleinopatie: nelle Atrofie Multiple Sistemiche (MSA), dove il danno è prevalentemente oligodendrocitario e quindi il deficit vegetativo pre-gangliare, questo esame darà un risultato negativo nella maggior parte dei casi, anche se può verificarsi una positivizzazione nelle fasi tardive (39).

L’interpretazione della scintigrafia miocardica deve essere attentamente valutata dal clinico nell’ottica di distinguere un’ipocaptazione DLB correlata da altre patologie (infarto ischemico cardiaco, scompenso cardiaco, diabete mellito, neuropatie periferiche) (17) e farmaci che possono ridurre l’uptake catecolaminergico come il labetalolo, reserpina, TCA, bloccanti del canale del calcio e antiaritmici (soprattutto amiodarone) (40).

1.2.4. Biomarcatori Potenziali

Includono alcuni biomarkers già inclusi come supportivi nei criteri per la diagnosi di DLB, ma per i quali l’evidenza scientifica non ha ancora mostrato dei valori di sensibilità e specificità sufficienti per glistadi prodromici (4). Tra questi un primo candidato è l’elettroencefalogramma (EEG), strumento poco costoso e invasivo che sta avendo sempre maggiore fortuna nello studio dei disturbi cognitivi e demenze tanto da rientrare come biomarker supportivo per la diagnosi di DLB (17). Gli aspetti peculiari dell’EEG nella DLB mostrano un’attività lenta prevalente nelle derivazioni posteriori (5.6-7.9 Hz) definita come pre-alpha o “fast-theta”, interrotta da patterns di attività alpha/theta/delta. Il ritmo alfa corrisponde alla frequenza registrata in veglia rilasciata ad occhi chiusi, prevalente nelle derivazioni occipitali e parietali, che copre la banda di frequenza 8-13 Hz. Il ritmo theta, solitamente poco rappresentato nell’adulto sano, contraddistingue l’EEG infantile, dell’addormentamento e delle transizioni fra le fasi REM (41). Dall’evidenza di riduzione relativa della prevalenza di banda alfa e aumento della banda theta nei soggetti DLB rispetto ai soggetti AD e

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controlli sani nasce un indicatore composito e quantitativo: il α/θ ratio (42). Uno studio ha dimostrato una riduzione di questo valore (parametro di quantificazione utilizzato in aggiunta alla sola analisi visiva dell’EEG) nei soggetti MCI-LB rispetto ai controlli sani, significativo sia di una riduzione dell’attività alpha, ma anche di un aumento di quella theta nelle regioni centro-parietale, temporale e temporo-occipitale. Inoltre, soggetti MCI-LB mostrano un rallentamento dell’attività di fondo più marcato rispetto ai MCI-AD e questo aspetto potrebbe rappresentare una linea guida importante nell’utilizzare il qEEG per aiutare la distinzione delle due malattie in uno stadio di pre- demenza (43)

Sempre in base a quanto già previsto dai criteri per la DLB del 2017, altri potenziali biomarkers sono: la relativa preservazione delle strutture del lobo temporale mediale all’imaging strutturale, la cui atrofia è notoriamente un reperto di pazienti affetti da AD (44) mentre risulta essere di rara individuazione in soggetti DLB, eccezion fatta per i casi di coesistenza di neuropatologia AD e DLB dove rappresenta un elemento prognosticamente sfavorevole dal punto di vista cognitivo (45);

l’assottigliamento insulare con la perdita di volume della materia grigia prevalentemente in strutture frontomesiali e cingolato anteriore: un precoce interessamento di quest’area potrebbe essere alla base della sintomatologia clinico - comportamentale dei pazienti in MCI-LB (46). Questo rilievo potrebbe permettere di distinguere forme prodromiche di DLB da soggetti sani, ma anche da AD prodromiche che manifestano una perdita di sostanza grigia prevalente nelle regioni temporali, frontali e parietali (4). In ultimo, ma non per importanza, la FDG-PET, le cui caratteristiche in DLB sono descritte nel capitolo “Tomografia ad Emissione di Positroni – Caratteristiche FDG-PET in DLB”.

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1.3. MCI-AD

Il termine Malattia di Alzheimer (AD) è spesso utilizzato erroneamente, per indicare uno spettro clinico sindromico di demenza. L’AD, più correttamente, esprime un ben definito processo patologico prototipo di una beta-amiloidopatia associata ad una taupatia in cui le lesioni istopatologiche sono rappresentate dalle placche senili o amiloidi extracellulari e i depositi neurofibrillari intraneuronali. Le placche senili sono composte dall’accumulo extracellulare di una proteina, a probabile derivazione citoscheletrica neuronale, organizzata a beta foglietto antiparallelo (47). Può caratterizzarsi clinicamente come una forma di demenza riconosciuta come “Demenza di Alzheimer”, indicativa di un deficit neurocognitivo multiplo che esordisce spesso con una compromissione della sfera mnesica che può rientrare nel costrutto MCI. Data questa eterogeneità di presentazione il National Institute on Aging and Alzheimer’s Association (NIA-AA) ha stilato dei criteri classificativi per “AD dementia” (Tabella 6) (48) e dei criteri specifici per la fase MCI (Tabella 7) (8). Un ulteriore passo in avanti nella classificazione della AD è avvenuto nel 2018 con la formalizzazione di un

“research framework”, ossia una serie di raccomandazioni utili per la ricerca, non da intendere come linea guida o criterio diagnostico applicabile nella pratica clinica. Pur con questa limitazione, questo documento offre una visione di concerto del cosiddetto

“Alzheimer Continuum Spectrum”, concetto che in qualche modo era insito, ma non chiaramente espresso nei criteri del 2011 (49). Il research framework chiarisce come la “Malattia di Alzheimer” sia un processo patologico definito che nella persona vivente può essere dimostrato da specifici Biomarkers. Questo documento inserisce l’entità MCI-AD in un “cognitive continuum”, classificando la gravità del solo deterioramento cognitivo con il “Syndromal staging of cognitive continuum” (Tabella 7), che mantiene la distinzione nelle tre categorie tradizionali (Cognitive Unimpaired, MCI e Dementia divisa in mild, moderate e severe) (49).

1.3.1. Presentazione Clinica

Il soggetto con una forma precoce di AD si presenta alla valutazione clinica lamentando uno scadimento delle performance cognitive, soggettivo, testimoniato o meno dal partner o dalle persone lui vicine, passibile di una valutazione oggettiva con

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test neuropsicologici. Nella maggioranza dei casi è la sfera mnesica ad essere primariamente compromessa: i soggetti lamentano difficoltà nell’ apprendere ed immagazzinare nuove informazioni, appuntamenti e date. Può, inoltre, essere lievemente compromessa la capacità di svolgere attività complesse, non tale da interferire significativamente con le attività quotidiane e soddisfare i criteri di demenza (Tabella 6) (gestione delle finanze, utilizzo di devices, ecc…), configurando un quadro di MCI amnestico multidominio (8). Studi retrospettivi hanno evidenziato come alcuni sintomi della sfera psichiatrica possano essere presenti già prima o accompagnare la diagnosi formale di MCI: variazione dell’umore, depressione, apatia e ideazione suicidaria possono comparire già due anni prima della diagnosi di demenza AD e quindi permeare lo stato MCI; allucinazioni, paranoia possono accompagnare la fase di demenza AD, in cui sono prevalenti, nel 45% dei casi (50). In ultimo, come anche i criteri del 2011 riportano, si sottolinea come esistano delle presentazioni atipiche di AD come la variante visiva e quella logopenica (chiamata anche afasia logopenica) (8). La variante visiva rappresenta un problema in ottica di diagnosi differenziale con forme di MCI-LB: il processo neurodegenerativo si concentra nei lobi più posteriori dell’encefalo, conducendo a marcata atrofia parieto-occipitale e ad una sintomatologia visiva polimorfa. I soggetti affetti da PCA presentano una compromissione della sfera visuo – spaziale e lamentano difficoltà nella lettura, nella guida autombilistica, nel calcolo delle distanze, ma anche fenomeni visivi più complessi come distorsione delle immagini e affollamento visivo che possono essere erroneamente diagnosticati come lievi prodromi allucinatori. La variante logopenica si caratterizza per difficoltà nel reperimento delle parole, esitazione, fluenza del parlato e aspetti della costruzione grammaticale del linguaggio (51) (52).

Core Clinical Criteria for all-cause dementia. Dementia is diagnosed when there are cognitive or behavioral (neuropsychiatric) symptoms that:

1. Interfere with the ability to function at work or at usual activities 2. Represent a decline from previous levels of functioning and performing

3. Are not explained by delirium or major psychiatric disorder

4. Cognitive impairment is detected and diagnosed through a combination of a. History-taking from the patient and a knowledgeable informant

b. An objective cognitive assessment, either a bedside mental status examination or neuropsychological testing. Neuropsychological testing should be performed when the

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routine history and bedside mental status examination cannot provide a confident diagnosis

5. The cognitive or behavioral impairment involves a minimum of two of the following domains a. Impaired ability to acquire and remember new information . Symptoms include: repetitive

questions or conversations, misplacing personal belongings, forgetting events or appointments, getting lost on a familiar route

b. Impaired reasoning and handling of complex tasks, poor judgment. Symptoms include:

poor understanding of safety risks, inability to manage finances, poor decision-making ability, inability to plan complex or sequential activities.

c. Impaired visuospatial abilities. Symptoms include: inability to recognize faces or common objects or to find objects in direct view despite good acuity, inability to operate simple implements or orient clothing to the body

d. Impaired language functions (speaking, reading, writing). Symptoms include: difficulty thinking of common words while speaking, hesitations; speech, spelling, and writing errors

e. Changes in personality, behavior, or comportment

Symptoms include: uncharacteristic mood fluctuations, such as agitation, impaired motivation, initiative, apathy, loss of drive, social withdrawal, decreased interest in previous activities, loss of empathy, compulsive or obsessive behaviors, socially unacceptable behaviors .

Tabella 6 Adattata da McKhann GM et al. (48)

Syndromal staging of cognitive continuum: Definizioni di MCI e Demenza

Mild cognitive impairment

Cognitive performance below expected range for that individual based on all available information. This may be based on clinical judgment and/ or on cognitive test performance (which may or may not be based on comparison to normative data with or without adjustments for age, education, occupation, sex, etc.).

Cognitive performance is usually in the impaired/abnormal range based on population norms, but this is not required as long as the performance is below the range expected for that individual.

In addition to evidence of cognitive impairment, evidence of decline in cognitive performance from baseline must also be present. This may be reported by the individual or by an observer (e.g., study partner) or observed by change on longitudinal cognitive testing/behavioral assessments or by a combination of these.

May be characterized by cognitive presentations that are not primarily amnestic*.

Although cognitive impairment is the core clinical criteria, neurobehavioral disturbance may be a prominent feature of the clinical presentation.

Performs daily life activities independently, but cognitive difficulty may result in detectable but mild functional impact on the more complex activities of daily life, either self-reported or corroborated by a study partner.

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Dementia

Substantial progressive cognitive impairment that affects several domains and/or neurobehavioral symptoms. May be reported by the individual or by an observer (e.g., study partner) or observed by change on longitudinal cognitive testing.

Cognitive impairment and/or neurobehavioral symptoms result in clearly evident functional impact on daily life. No longer fully independent/requires assistance with daily life activities. This is the primary feature differentiating dementia from MCI.

May be subdivided into mild, moderate, and severe

Abbreviation: MCI, mild cognitive impairment.

*For MCI and dementia: Cognitive impairment may be characterized by presentations that are not primarily amnestic.

Tor MCI and dementia: Although cognition is the core feature, neurobehavioral changes—for example, changes in mood, anxiety, or motivation— commonly coexist and may be a prominent part of the presentation.

Tabella 7 Adattata da Jack CR et al. (49)

1.3.2. Biomarcatori

Il research framework ha cercato di migliorare i sistemi di classificazione dei biomarkers, dando una visione di insieme del loro significato lungo tutto lo spettro della patologia.

I principali biomarkers (Tabella 8) utilizzati in AD vengono classificati in 3 categorie basate sulle informazioni della fisiopatologia fornite da ognuno (53).

A: biomarkers indicativi di placche Abeta. Il frammento Abeta42 rappresenta il più propenso alla aggregazione, in quanto maggiormente idrofobico: questa sua peculiarità determina una ridotta circolazione di Ab42 misurabile nel liquor cerebrospinale (CSF). I livelli di Ab40 permettono di tarare la diminuzione di Ab42 sulle effettive capacità produttive di beta amiloide del singolo paziente, distinguendo i soggetti in alti e bassi escretori. Da questo se ne deduce che la diminuzione del singolo valore di Ab42 sia un parametro meno accurato che la riduzione del rapporto Ab42/Ab40. L’accumulo di beta-amiloide cerebrale, e la sua entità, è studiabile con l’utilizzo di indagini PET che sfruttano traccianti altamente specifici per la beta- amiloide: fra questi il primo è stato il PIB (Pittsburgh compound B) (54). Dei traccianti fluorinati che sono stati sviluppati come specifici per l’amiloide, solo ¹⁸F-florbetapir,

¹⁸F-florbetaben, e ¹⁸F-flutemetamol hanno raggiunto l’approvazione clinica e la distribuzione commerciale.

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T: la categoria “T” all’interno della classificazione AT(N) (53) identifica i biomarker di Tau fibrillare che si basano su due strumenti diagnostici che sono, analogamente alla amiloidopatia, l’analisi del CSF e la tau-PET; quest’ultima è una grossa innovazione che rappresenta un’ulteriore introduzione del “research framework” (49) rispetto ai criteri del 2011 (8) (48). Per quanto riguarda i markers di proteina Tau nel CSF, questi si suddividono in proteina Tau totale (tTau) e proteina Tau fosforillata (pTau). Tra i due la Tau fosforilata a livello della treonina 181 (p- Tau181 o p-Tau) ha dimostrato una maggiore specificità per AD ed è il vero marker di taupatia, in quanto un suo aumento correla maggiormente con il numero di NFT neocorticali e con il Braak Stage ed in maniera direttamente proporzionale alla severità di accumulo (55), mentre la tTau è esclusivamente un marcatore di neurodegenerazione.

(N): tTau nel CSF, RMN volumetrica/morfologica e FDG PET. In questa categoria vengono inclusi quei biomarcatori di danno neuronale aspecifico che può sottendere cause differenti. La combinazione di questi biomarcatori con quelli specifici per amiloidopatia (A) fornisce una perdizione migliore della prognosi cognitiva del singolo paziente (49).

Tabella 8 Tipologie di biomarcatori secondo AT(N) (49)

Dalla combinazione delle possibili “Biomarker categories” con il “Syndromal staging”

otteniamo una visione omnicomprensiva delle possibilità clinico-patologiche che possono presentarsi (figura 4), con particolare riferimento allo spettro di condizioni che possono sottendere al costrutto MCI (49).

A: Aggregated Ab or associated pathologic state - CSF Ab42, or Ab42/Ab40 ratio - Amyloid PET

T: Aggregated tau (neurofibrillary tangles) or associated pathologic state - CSF phosphorylated tau

- Tau PET

(N): Neurodegeneration or neuronal injury - Anatomic MRI

- FDG PET - CSF total tau

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Figura 4 Nomenclatura descrittiva: Syndromal cognitive staging combinato con i biomarcatori (33)

1.4. Tomografia ad Emissione di Positroni

La Tomografia ad Emissione di Positroni, o PET, è una metodica che sfrutta l’impiego di composti organici marcati con radioisotopi emittenti positroni, ossia particelle che possiedono una massa uguale a quella dell’elettrone, ma una carica elettrica opposta (positiva). 18F-FDG PET ha la peculiarità di stimare il tasso di consumo di glucosio di ciascuna area cerebrale, fornendo quindi informazioni circa la disfunzione sinaptica e la distribuzione della morte neuronale in vivo (56). Il 18F-fluorodesossiglucosio (FDG) è un analogo del glucosio e, come tale, viene captato in grande quantità dalle cellule metabolicamente più attive, come quelle dell’unità funzionale sinapsi-astrocita, nelle quali viene fosforilato in modo da non poterne più uscire. La sua particolarità risiede nella presenza del fluoro-18 (18F), un radioisotopo in grado di emettere positroni che possono essere letti dal tomografo PET. La presenza del 18F, inoltre, causa un ingombro sterico che impedisce al 18F-FDG di essere sottoposto a glicolisi, al contrario del glucosio. Pertanto, finché la molecola rimane radioattiva è bloccata all’interno della cellula, emettendo un segnale “visibile” dal tomografo. In tale modo è possibile valutare la distribuzione del tracciante nelle diverse aree cerebrali, che saranno tanto meno metabolicamente attive (e quindi ipocaptanti) quanto meno integre e funzionanti dal punto di vista sinaptico, e viceversa, ottenendo così dei pattern che possono orientare verso la diagnosi corretta. Quest’ultimo aspetto spiega la migliore sensibilità della PET rispetto alle classiche indagini morfostrutturali (RMN), soprattutto nelle fasi precoci di un processo neurodegenerativo, quali le fasi di MCI, ed un conseguente alto valore predittivo negativo (14).

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Al giorno d’oggi le raccomandazioni più moderne riguardo l’uso della 18F- FDG-PET nei disordini neurocognitivi e demenze su base neurodegenerativa, sono quelle proposte dalla European Association of Nuclear Medicine (EANM) e dalla European Accademy of Neurology (EAN). Sulla base di questo lavoro, la 18F-FDG- PET viene raccomandata come “add-on” alla valutazione clinica e neuropsicologica nella diagnosi di disordini neurodegenerativi, sia nello stadio MCI che di demenza (14).

1.4.1. Caratteristiche 18F-FDG-PET in DLB.

Il disturbo cognitivo associato a parkinsonismo è un’entità clinica spesso difficile da inquadrare correttamente, specie nelle fasi precoci di esordio. Dal punto di vista topografico metabolico la DLB presenta alcuni pattern di presentazione:

un’ipometabolismo delle regioni associative frontali (in particolare anche l’area supplementare motoria SMA, correlata ad un aumentato output inibitorio del globo pallido mediale) e, soprattutto, parieto-occipitali. L’ipometabolismo del lobo occipitale è un elemento distintivo (sostanzialmente più marcato) della DLB (57) nonché correlato con una delle sue CCF: le allucinazioni visive (VH) (58), per le quali le vie patogenetiche non sono ancora chiare. La DLB assume tuttavia alcuni pattern metabolici più specifici che ci aiutano anche nella diagnosi differenziale con AD, spesso alquanto difficile sulle basi della sola clinica e soprattutto nelle fasi precoci di malattia. Oltre ad un più marcato coinvolgimento della corteccia occipitale laterale, la DLB esprime un minor interessamento del lobo temporale mediale (apprezzabile in realtà già con l’imaging morfostrutturale (RMN) e concorde con un risparmio relativo delle funzioni di memoria episodica) (59), ma soprattutto, la preservazione del cingolato posteriore, il cosiddetto “Cingulate Island Sign” (CIS) (14). Il significato clinico di questo rilevamento è stato chiarito solo qualche anno dopo: il “Cingulate Island Sign”, così definito in quanto rappresenta un risparmio della porzione del cingolo posteriore relativamente alle aree corticali circostanti del cuneo e precuneo, si è dimostrato un rilievo altamente specifico (100%) per DLB, seppur dotato di una sensibilità variabile (62-82%). L’ipometabolismo della regione occipitale mediale, è anch’esso altamente specifico, ma dotato di minore sensibilità rispetto al CIS.

Sensibilità che è maggiore, invece, per l’ipometabolismo della corteccia occipitale laterale, che però dimostra una specificità minore in quanto coinvolta in disturbi

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neurodegenerativi diversi da DLB, come ad esempio la variante “Posterior Cortical Atrophy” dell’AD (60).

Sulla base di questi elementi, Nobili et al. raccomandano l’uso della 18F-FDG- PET per supportare la diagnosi di DLB in MCI. Il DaT-SPECT, 18F-DOPA PET e la scintigrafia miocardica con 123I-MIBG rappresentano delle metodiche più informative nella fase di demenza, mentre i dati sono più limitati per la fase prodromica (14) (36).

I dati raccolti da McKeith per i più recenti criteri di diagnosi del 2017 evidenziavano una sensibilità e specificità rispettivamente del 70 % e 74 %, non tali da permettere di classificare la 18F-FDG-PET come biomarker indicativo, ma solo supportivo di DLB (17).

1.4.2. Caratteristiche 18F-FDG-PET in AD

Le regioni corticali che più frequentemente sono associate ad un pattern ipometabolico in soggetti aMCI sospetto per malattia di Alzheimer sono rappresentate da: corteccia cingolata posteriore; il precuneo; la corteccia laterale parietale, temporale laterale e laterale frontale. È quindi evidente come la disfunzione corticale coinvolga aree cerebrali a prevalente funzione associativa. L’interessamento frontale è classicamente inquadrato come rilievo tardivo, tuttavia alcune evidenze ne hanno testimoniato una precoce comparsa (61) (62). Un dato interessante è rappresentato dal comportamento metabolico della corteccia cingolata posteriore (PCC): l’ipometabolismo in questa regione, in parallelo a quella del precuneo, tende a manifestarsi precocemente e si mantiene tale nel decorso della malattia (63). La fisiopatogenesi di questo rilievo potrebbe rivelarsi duplice, dipendentemente dallo stadio in cui si trova la malattia:

durante la fase più precoce (MCI), l’ipometabolismo della PCC e del precuneo sarebbero l’epifenomeno della disconnessione (diaschisi) tra queste regioni e l’ippocampo (64). La 18F-FDG-PET denota un’altra peculiarità nelle fasi precoci di malattia (MCI): il deficit metabolico corticale, all’esordio dei primi sintomi, è spesso asimmetrico e ciò ben si correla con la presentazione clinica. Un disturbo del linguaggio sarà principalmente associato ad un ipometabolismo dell’emisfero sinistro, un esordio con alterazione delle funzioni visuospaziali ad un ipometabolismo destro (61).

In definitiva i vantaggi dell’utilizzo della 18F-FDG-PET in uno stadio precoce di malattia sono notevoli e le linee guida EANM ed EAN (14) raccomandano questa

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metodica nella diagnosi di AD in soggetti con MCI con le seguenti motivazioni:

garantisce una migliore prognosi a breve termine per la conversione ad AD rispetto ai biomarkers di amiloidosi e può identificare pattern di neurodegenerazione non- Alzheimer in una fase precoce di malattia.

1.4.3. Uso della 18F-FDG-PET nel differenziare AD da DLB

Secondo le raccomandazioni EANM ed EAN la 18F-FDG-PET può essere raccomandata per differenziare i soggetti affetti da AD da quelli affetti da DLB nella fase di demenza. I profili maggiormente specifici per DLB, come già detto, sono risultati essere l’ipometabolismo occipitale della corteccia visiva e il CIS (14) (15).

Gli studi in questo senso relativi alla fase MCI sono pochi e la 18F-FDG-PET è stata inclusa solo come biomarcatore potenziale nei nuovi criteri per la diagnosi di MCI-LB (4) (65) (66) (67). Inoltre, i diversi pattern metabolici su cui si basa la diagnosi differenziale 18F-FDG-PET mediata, nella DLB vengono influenzati sia dal punteggio di MMSE (dove il valore incrementale del CIS sulla specificità della 18F-FDG-PET è migliore negli stadi lievi di deterioramento cognitivo) (68), sia da variabili non correlate alla patologia, quali età e livello educazionale. L’età tende ad essere un fattore correlato negativamente con il metabolismo del cingolo posteriore; al contrario, l’educazione correla negativamente con il metabolismo del precuneo bilaterale, mettendo così in risalto quello conservato dell’area cingolata posteriore (69). Il CIS subisce anche l’influenza di una patologia Alzheimer coesistente che ne riduce la sua espressione (70). Il risparmio del metabolismo, correlato alla minore atrofia all’imaging volumetrico/morfologico, del lobo temporale mediale (MTL) nei soggetti affetti da DLB rispetto agli AD sembra essere, invece, poco influenzato dalla severità del disturbo cognitivo e può aumentare la specificità della 18F-FDG-PET nella diagnosi differenziale fra queste due condizioni, anche allo stadio di MCI (68) (67). Anche l’ipometabolismo occipitale si comporta in maniera differente in base al grado di avanzamento della DLB, possedendo una buona accuratezza nelle fasi avanzate della malattia, ma perdendo in termini di performance nelle fasi più lievi (60) (71) (72).

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1.5. Analisi Semiquantitativa e Automatica

L’approccio base all’interpretazione dell’immagine metabolica PET, così come nell’ambito di altre tecniche di imaging, si basa sulla valutazione visiva da parte di un lettore, caratterizzato da un certo grado di expertise maturata nel tempo. Gli esperti e le Associazioni internazionali si sono poste però un quesito innovativo, ovvero se affiancare al metodo tradizionale un sistema automatizzato per la semiquantificazione delle immagini PET, e di come questo possa influenzare il processo e la confidenza diagnostica, anche dei lettori più esperti (14) (73). La maggior parte degli studi si sono concentrati nello studio del pattern ipometabolico dell’AD, principalmente nelle sue manifestazioni precoci e molto precoci di malattia (aMCI) (74). L’esperienza dei lettori influisce sull’accuratezza diagnostica delle immagini PET e quest’ultima è minore nelle fasi più precoci del decadimento cognitivo, dove possono essere presenti solo minime alterazioni del metabolismo corticale. Studi su gruppi di pazienti MCI- AD hanno evidenziato un’accuratezza della 18F-FDG-PET dell’89,2 % per i lettori più esperti e dell’82,3% per i moderatamente esperti (74).

Una prima criticità è la varietà di strumenti disponibili, sia gratuiti che commerciali, e tra i più frequentemente utilizzati troviamo ROI, PALZ, SPM e 3D- SSP. Questi softwares differiscono principalmente nella scelta della regione di riferimento per la normalizzazione, le strategie di analisi (voxels o volume-of-interest), la composizione del gruppo di controllo e la scelta della soglia di significatività statistica. Tra questi, il Statistical Parametric Mapping (SPM) è il più noto, è gratuito ed è stato validato sia per il controllo fra gruppi che fra singolo e gruppo (73) (72).

Una delle analisi applicabili con SPM è un t-test a due campioni, che mette a confonto un soggetto o un gruppo di soggetti con un gruppo di controllo, per ogni voxel dell’immagine PET e costruisce così una mappa parametrica in cui si mettano in evidenza quei voxel dove la diminuzione relativa del metabolismo del glucosio sia statisticamente significativa (sulla base di una soglia pre-impostata, Voxel-Based Analisys - VBA) (72). Il confronto fra i due campioni può essere evidenziato non solo al livello del singol voxel, ma anche di clusters che comprendano gruppi di voxels contigui statisticamente significativi. Oltre alla mappa VBA, SPM permette un’ulteriore tipo di elaborazione: la VROI. Questa consiste nella selezione a priori di una regione dell’immagine della quale se ne vogliano studiare le caratteristiche.

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Questa selezione può essere effettuata tramite atlanti presenti nel programma che ripartiscono l’immagine in regioni anatomiche distinte o attraverso una “spherical ROI analysis” in cui una sfera di selezione di un dato diametro viene centrata in coordinate stabilite. La stessa regione può essere anche derivata a posteriori a seguito di un confronto fra gruppi, per analizzarne poi il comportamento nel singolo. Con tale metodica si rende possibile l’estrazione di valori che esprimono il metabolismo della VROI e che devono poi essere normalizzati in ciascun soggetto in base al metabolismo dell’intero cervello (whole brain, WB) o di altre regioni che vengono prese come riferimento (es. cervelletto).

Il valore aggiunto di queste metodiche consta nel miglioramento della specificità dell’interpretazione delle immagini rispetto alla sola analisi visiva, principalmente se riferita a lettori con esperienza moderata o bassa, mentre non dimostrano dei valori di sensibilità significativamente migliori, in particolare rispetto al lettore esperto. Questo comportamento può essere spiegato da una migliore capacità del lettore esperto di distinguere minime diminuzioni del metabolismo corticale in aree specifiche, soprattutto sulla base di un’analisi dell’assimmetria inter-emisferica: è possibile che queste differenze siano rilevanti per l’occhio umano, ma non tali da superare la soglia della significatività statistica. Proprio a questo riguardo, il lettore esperto basa la sua metodica di lettura e di training principalmente sulla valutazione della simmetria/asimmetria interemisferica (74). Contrariamente, la presenza di un ipometabolismo simmetrico nelle strutture paramediane, che normalmente risultano ipermetaboliche rispetto alle porzioni di corteccia circostante (es. giro del cingolo), può sfuggire all’analisi visiva, ma può essere messo in evidenza con l’analisi semiquantitativa (73). Da queste evidenze, un sistema automatizzato rappresenterebbe un valido aiuto per lettori la cui esperienza diagnostica sia considerata “moderata”, i quali tendono a enfatizzare minime variazioni che fanno parte della diversità interindividuale della funzione cerebrale (aumentando il numero di falsi positivi), grazie all’incremento della specificità diagnostica nel riconoscimento di un pattern fenotipico di AD, e dovrebbe essere considerato “mandatorio” per lettori con esperienza ancora inferiore (74). In ambito MCI, SPM ha permesso di riconoscere con maggiore confidenza i pattern ipometabolici sottostanti e predittivi di evoluzione a diverse forme di demenza, ma anche di identificare primariamente i casi di MCI ad evoluzione risolutiva nel corso del follow-up, negativi all’analisi SPM (72). Altri studi sono invece concordi nel non ritenere significativamente efficaci strumenti come 3D-

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SSP per il miglioramento significativo dell’accuratezza diagnostica già alta dei lettori

“expert” per AD (74) (75) (76).

Ma è possibile affidare completamente il compito interpretativo e diagnostico delle immagini 18F-FDG-PET a questi sistemi automatizzati? Questi strumenti, in realtà, forniscono dati poco informativi della eziopatologia sottostante il deficit metabolico corticale e le immagini fornite, costituite dalla distribuzione dei voxel in cui l’ipometabolismo è risultato statisticamente significativo, devono comunque essere analizzate da un professionista dell’ambito del neuroimaging (73). Un esempio pratico: il PALZ score include come parte del pattern ipometabolico AD aree contenute nel lobo frontale, le quali sarebbero ritenute significative da un lettore esperto solo se accoppiate ad un ipometabolismo temporoparietale (azione non contemplata dal programma) (74). È inoltre mandatoria la conoscenza di questi softwares nell’ottica di ottenere dati corretti dal punto di vista qualitativo (73). Un esempio di applicazione pratica dell’analisi automatizzata è fornito da Atsushi K.

Kono et al. i quali hanno sperimentato un sistema di diagnosi automatizzata, basato su 3D-SSP, capace di distinguere fra forme lievi di DLB e di AD con un’accuratezza diagnostica paragonabile all’analisi visiva convenzionale dei lettori esperti. Da questi risultati, gli Autori concludono che questa metodica possa rientrare nella valutazione diagnostica di routine dei casi di DLB lieve, dove i criteri clinici soffrono di bassa sensibilità, e che possa essere di aiuto nel miglioramento dell’accuratezza diagnostica per i lettori meno esperti (77). Risultati simili sono stati riscontrati anche da altri autori rispetto alla sola valutazione visiva da parte di lettori esperti (72) (71), tuttavia alcuni lavori mostrano dati contrastanti (60), rendendo l’evidenza nella DLB ancora controversa.

1.6. Scopo Dello Studio

Lo studio in questione si concentra sul ruolo della 18F-FDG-PET, uno strumento che è incluso nei criteri classificativi della maggior parte delle patologie neurodegenerative e negli algoritmi diagnostici dell’inquadramento precoce del paziente con MCI, nella diagnosi differenziale fra Mild Cognitive Impairment sostenuto da Malattia di Alzheimer e da Malattia a Corpi di Lewy. Oltre ad analizzare quali siano le performance diagnostiche di questo esame, variabili in base alla diversa

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