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LA SPIRITUALITÀ EDUCATIVA DI SUOR TERESA VALSÈ PANTELLINI

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LA SPIRITUALITÀ EDUCATIVA

DI SUOR

TERESA VALSÈ PANTELLINI

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PIERA RUFFINATTO

Premessa

Nella prefazione alla prima biografia scritta su suor Teresa Valsè Pantelli- ni, l’autore Ferdinando Maccono, ri- volgendosi al lettore così lo interpel- lava: «Che cosa cerchi in questa vita? La sorpresa dei miracoli e del- le estasi, oppure sei nel numero di chi pensa che la perfezione consiste nel fare la volontà di Dio?». Se sei tra questi, allora, la piccola Teresa ti in- segnerà che «anche un luogo o un umile lavoro può essere la terra san- ta dove dare gloria a Dio attraverso il compimento del proprio dovere e fare straordinariamente bene le cose ordinarie».2Questa provocazione ri- sale a quasi cento anni fa, eppure, giunge a noi in tutta la sua freschez- za ed attualità riportandoci alle sor- genti della vita cristiana.

Ci lasciamo dunque “ammaestrare”

da una giovane Figlia di Maria Ausi- liatrice3che ha consumato la vita nel breve spazio di ventinove anni (1878- 1907), che non ha compiuto opere straordinarie e non ha svolto incari- chi importanti, ma al contrario, ha de- ciso di “passare inosservata” na- scondendo tutto quello che avrebbe potuto darle gloria, come la sua agia- tezza e le doti di intelligenza e di cul- tura di cui era ricca.

Perché la vita di Teresa Valsè risuo- na così attuale e provocante? Ella è certamente nel numero di quelle persone veramente “spirituali”, gui- date cioè dallo Spirito Santo e aiuta- te dalla grazia preveniente a racco- gliere la loro esistenza attorno ad un’unica aspirazione, un solo ideale, un unico amore e ad esso rimango-

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“segno” dell’oltre e non lasciar man- care ai giovani di oggi il “vino nuovo”

del Sistema Preventivo.

Il breve itinerario che propongo si ar- ticola secondo un criterio storico-spi- rituale. Cerchiamo cioè di avvicinare la spiritualità di suor Teresa Valsè a partire dalle sue origini, individuando negli anni della sua infanzia e fanciul- lezza l’agire preventivo della grazia di Dio che la prepara attraverso le me- diazioni. Ci soffermiamo poi sulla sua risposta vocazionale per coglier- ne il dinamismo profondo ed intimo che sgorga dalla sua docilità allo Spi- rito Santo. Accostiamo, inoltre, la sua breve esistenza come Figlia di Maria Ausiliatrice, contemplando come in trasparenza il motivo profon- do del suo agire apostolico a favore delle consorelle e delle giovani. Infi- ne, la guardiamo nell’ultimo tratto del- la sua esistenza, quello che la prepa- ra alla glorificazione.

1. La formazione all’umiltà e alla dolcezza

Sin dall’eternità Dio Padre ha un uni- co progetto nei confronti dell’umanità, quello di ricapitolare tutto in Cristo Gesù suo Figlio. Egli pensa alle sue creature con amore e per ciascuno ha progetti di salvezza che si realizzano nella figliolanza divina. La volontà di elezione di Dio nei nostri confronti è il principio che fonda la nostra dignità.

La persona vale non per ciò che pos- siede o per quello che realizza, ma per questa sua identità profonda che la segna prima ancora che essa ven- ga all’esistenza: creata a immagine di Dio e predestinata ad essere sua fi- glia in Cristo Gesù.

no fedeli in un crescendo continuo di fiducia e di abbandono fino a giun- gere ad immedesimarsi totalmente in Gesù Cristo, Colui che è stato elet- to ad essere l’alfa e l’omega della propria esistenza.

L’esistenza di Teresa ci interpella nel suo essere “segno”, nel suo riman- dare all’oltre e all’Altro e in questo obiettivo raggiunto ella compie con perfezione l’ideale della vita consa- crata salesiana chiamata oggi come ieri ad essere “segno ed espressio- ne dell’amore preveniente di Dio” tra le giovani e tra la gente.4

La vita consacrata, afferma Marko Rupnik, si trova ad una svolta epoca- le: «C’è attesa di qualcuno che viven- do il primato di Dio nello stile della di- vino-umanità di Cristo e nella comu- nione della Trinità, attesti con la sua consacrazione che Egli è il primo. C’è urgenza di persone che dimostrino che non è possibile nessuna com- prensione di Dio senza l’umanità concreta e storica, senza il primato dello Spirito Santo».5Urge, cioè «la te- stimonianza di essere salvati, di ave- re una ricca esperienza di salvezza, e perciò una forte volontà e un desi- derio ardente di rispondere con l’a- more all’amore […]. La testimonian- za che ci è richiesta riguarda la qua- lità della vita nello Spirito Santo, l’in- tegrazione e l’inculturazione di una vita in Cristo e la nostra capacità di comunione nel segno del triduo pa- squale».6 Teresa Valsè è appunto una testimone di questa realtà. Per questo, riflettere sul suo messaggio, a cento anni dalla morte, ci interpel- la ad una rinnovata e consapevole se- quela di Cristo per essere anche noi

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RIASSUNTO

Attraverso un breve itinerario stori- co-spirituale si presenta la spiritua- lità educativa di suor Teresa Valsè Pantellini. In particolare, partendo dagli anni dell’infanzia e della fan- ciullezza si individua in essi l’agire preventivo della grazia di Dio nella sua vita. Successivamente ci si sof- ferma sulla sua risposta vocaziona- le per coglierne il dinamismo profondo ed intimo che sgorga dal- la sua docilità allo Spirito Santo. Si accosta, inoltre, la sua breve esi- stenza come Figlia di Maria Ausilia- trice, contemplando come in tra- sparenza il motivo profondo del suo agire apostolico a favore delle consorelle e delle giovani. Infine, la si presenta nell’ultimo tratto della sua esistenza, quello che la prepa- ra alla glorificazione.

SUMMARY

This article presents the education- al spirituality of Sr. Theresa Valsé Pantellini by means of a brief his- torical-spiritual itinerary. Specifical- ly, starting with her infancy and childhood, one can observe God’s foreseeing grace working in her life.

The article then focuses on her vo- cational response showing the pro- found and intimate dynamism gushing forth from her docility to the Holy Spirit. Her brief life as a Daughter of Mary Help of Chri- stians transpires her profound moti- vation for the apostolate among the Sisters and youth. The article con- cludes with a view of her last days, a preparation for her glorification.

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La realizzazione di tale figliolanza da un lato è già compiuta nel Battesimo, dall’altro ha bisogno di tempo e spa- zio per concretizzarsi nella storia. La vita è appunto il dono che Dio ci fa per rendere attuale la nostra figliolan- za. La crescita della vita spirituale, in- fatti, segue la stessa logica di quel- la naturale. È volta all’espansione e alla crescita, ma non attraverso un processo lineare e senza interruzio- ni. Essa è piuttosto un percorso

«contrassegnato da un inizio, da una meta, ma anche da cambiamenti, da possibilità e rischi, difficoltà o crisi in relazione a certi eventi, e soprattut- to da maturazioni successive e gra- duali. La realizzazione e il compimen- to della chiamata si attuano proprio in questo continuo movimento di di- scernimento e di conversione para- gonabile non tanto ad un percorso in salita, quanto al movimento di una spirale che, mentre avanza verso una meta superiore, ritorna sui suoi passi e ritrova, ad un livello più alto di maturazione, quei valori e proble- mi che aveva incontrato - e forse su- perato – precedentemente».7 Questa dinamica ben si addice al per- corso umano e spirituale compiuto da Teresa Valsè Pantellini. La sua infan- zia e fanciullezza, infatti, sono per- meate dalla presenza di Dio che, at- traverso mediazioni sapienti, la forma e la prepara alla futura vocazione di FMA ed educatrice delle giovani.

Teresa fu favorita dalla natura di pre- ziose doti. Intelligente e creativa, possedeva “mente equilibrata, paro- la facile e pronta, carattere risoluto e risentito”. Finemente educata nei più prestigiosi collegi del suo tempo,

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affinare il proprio carattere, renderlo gradevole, paziente e condiscen- dente, non si comprende se non nell’orizzonte della mistica, cioè nel dinamismo di conformazione al Cuo- re di Gesù, mite ed umile, “segno” per eccellenza della bontà misericordio- sa di Dio verso tutti i suoi figli, in par- ticolare i più piccoli e poveri.

Per coloro che ricevono la chiamata a vivere il carisma salesiano, inizia perciò un lungo tirocinio che richie- de volontà e determinazione, insieme al coraggio dell’impegno costante. Le grandi mete, infatti, non si raggiungo- no con gli entusiasmi momentanei, ma richiedono la perseveranza dei piccoli passi.

Si tratta di accettare di camminare nel- la fede, dando fiducia a colui che chia- ma anche quando chiede cose appa- rentemente contrarie alla propria na- tura. Come a Giovanni Bosco ed alla giovane Maria Domenica Mazzarello di Mornese, anche a Teresa, viene chiesto di percorrere un itinerario tut- to in salita. Nel sogno dei nove anni, infatti, al piccolo Giovanni, dotato di carattere impetuoso, ma anche spa- ventato ed intimorito dall’ordine di

“cambiare i lupi in agnelli”,10 viene chiesto di usare la dolcezza al posto della violenza, la pazienza invece della intolleranza. Trasformare, cioè, la propria natura ardente e impulsiva, attraverso la bontà calma e serena, la mansuetudine mite e arrendevole.

Imparare a sopportare con amore e per amore, i sacrifici che la nobile mis- sione comporta. Anche a Maria Do- menica Mazzarello, giovane leader delle ragazze di Mornese, viene pro- posto un simile itinerario formativo at-

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giovane colta, ben presto avviata a frequentare le persone appartenenti all’alta società.

L’educazione dei genitori fu determi- nante in ordine alla sua crescita so- prattutto per quanto riguarda la for- mazione del carattere. La madre, donna operosa e devota, era anche risoluta e ferma di fronte al caratte- re fiero e resistente della figlioletta.

Con lei, dunque, ella si mostrava al contempo severa e tenera. A fonda- mento dell’educazione impartita a Teresa vi era il senso del dovere e il timor di Dio e come principio guida quello di non soddisfare tutte le sue voglie o capricci ma, al contra- rio, abituarla al sacrificio, dare co- mandi giusti ed opportuni e poi esi- gere che questi venissero osserva- ti. Insegnare la buona educazione ed avere rispetto per se stessa e per gli altri. Da lei, madre affettuosa, ma se- vera e senza debolezza, Teresa im- parò non senza fatica a vincere e dominare se stessa.8

Dal padre, uomo di straordinaria sen- sibilità e dolcezza, Teresa comprese cosa significa la compassione e l’a- more verso i poveri: «Ogni volta che uscivano a passeggio, egli riempiva loro il borsellino di denaro e diceva:

“Questo è per i poveri; lo distribuire- te ai poveri: datelo tutto”».9

L’azione formativa dei genitori, igna- ri di ciò che il futuro riservava alla loro figlia, la preparava ad entrare nell’or- bita della spiritualità salesiana che si distingue appunto per l’amore e la dolcezza.

Ora, l’ascesi che questo cammino comporta, fatto di sforzi e fatica per

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traverso la guida spirituale don Dome- nico Pestarino. Il suo carattere fiero e sicuro di sé deve piegarsi con dolcez- za al dialogo e all’accondiscendenza verso gli altri. Questa, infatti, è la vera fortezza dell’anima, quella che rende padroni del proprio cuore e perciò an- che del cuore dei giovani.

Buona parte del cammino spirituale di Teresa Valsè si compie sulla stes- sa linea e, se lo guardiamo con atten- zione, riusciamo a coglierne le tappe di evoluzione.

Secondo le affermazioni dei consul- tori che hanno vagliato l’eroicità del- le virtù di suor Teresa ella fu dagli al- bori della sua vita razionale innamo- rata di Dio e tesa alla santità. Dunque, sin dall’inizio della sua esistenza è chiaro in lei il suo orientamento a Dio.

Tuttavia, vi è un momento particolar- mente significativo che determina il suo progresso spirituale. Infatti, l’idea- le della verginità, affermato con voto nella prima Comunione, è rivelatore di per se stesso: fu questa decisione, presa sugli 11 anni, che orientò total- mente la sua vita successiva renden- dola matura, seria, ferma.11

Gli studiosi, riflettendo su questi fat- ti rimangono pensosi perché non è possibile giungere a esperienze spi- rituali così profonde, specie negli anni della preadolescenza, senza un dono interiore di grazia al di sopra del comune; ora, essi affermano, tale esperienza o è effetto di un tocco mi- sterioso del Signore, o è effetto di una già consolidata corrispondenza alla grazia preveniente.12 Noi vogliamo pensare che sia un po’ tutte e due le realtà: Teresa, infatti, sin dalla nasci-

ta fu amata con predilezione da Dio che le preparava un futuro fecondo, ma nello stesso tempo, come il gio- vane Samuele, “non lasciò andare a vuoto nessuna delle parole del Signo- re”,13corrispondendo giorno per gior- no ai suoi appelli d’amore. Dunque, quando all’età di 12 anni, è iscritta al Conservatorio della SS. Annunziata di Poggio Imperiale, Teresa dimostra di aver già compiuto un notevole cam- mino. Le compagne, infatti, sono at- tratte ed affascinate da lei, sia per la gentilezza di modi, e sia per il tratto dolce, ma fermo e risoluto nel bene.14 Poi, dopo la morte del babbo, avve- nuta il 27 ottobre 1890, Teresa si fa sempre più riflessiva e giudiziosa dando prova della maturazione pro- gressiva che sta avvenendo in lei. Tut- to questo non senza lasciar traspari- re la lotta e la fatica di tale impegno.

Infatti, quando tra il 1893 e il 1897 fre- quenta l’Istituto delle Dame del Sacro Cuore a Firenze, ella dimostra la sua indole vivace, facile al risentimento, la sua tenacia nelle idee, l’essere porta- ta all’orgoglio, ma anche il lavorio in- teriore che deve fare per non cedere a tutto questo. Per questo motivo, Te- resa è molto amata dalle compagne per la bontà, pazienza e dolcezza.15 In questa prima parte della vita di Te- resa, si individuano i temi portanti che costituiranno la sua spiritualità: la fede amorosa in Dio Padre, la centralità dell’Eucarestia e la donazione totale a Cristo sposo con il voto di verginità, l’impegno ad affinare il proprio carat- tere per renderlo dolce e buono, cammino realizzato attraverso un iti- nerario di umiltà che decentra la sua attenzione da se stessa, le proprie

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idee e progetti, verso l’ascolto di Dio mediato dalla docilità ai genitori, i for- matori, le compagne; la passione per il servizio agli altri svolto in modo discreto e disinvolto.

Senza saperlo, guidata dallo Spirito Santo, Teresa vive ante litteram la spi- ritualità del Sistema Preventivo che consiste nel camminare gioiosamen- te alla presenza di Dio facendo tutto per lui, compiendone la volontà anche nelle più piccole cose; nel donarsi alla gioventù amata e servita generosa- mente e col sorriso, per portarla ad amare e servire il Signore in letizia.16

2. La determinazione nella scelta vocazionale

Il cammino di Teresa, come abbiamo potuto notare, è caratterizzato da apertura continua e disponibilità to- tale alle ispirazioni dello Spirito San- to. Per questo, anche il suo proces- so vocazionale è interiormente linea- re e semplice anche se, per la sua ef- fettiva realizzazione, ella deve supe- rare molti ostacoli e attraversare dif- ficili prove che le provengono dal contesto familiare e dagli stessi diret- tori spirituali.

Nell’esplicitare la motivazione che la spinge alla scelta della consacrazio- ne religiosa, Teresa dimostra sin dal- l’inizio la sua volontà di dono totale al Signore che la chiama. Cerca uno stato di vita nel quale il suo amore ar- dente ed assoluto per Gesù trovi la strada più breve per realizzarsi. Il de- siderio che la muove nel discernimen- to vocazionale è sicuramente puro e autentico, ed ella dimostra di aver ben compreso l’essenza della vita religio-

sa la quale anzitutto consiste nella scelta della “parte migliore” che è l’u- nione sponsale con Gesù Cristo, il di- venire intime a Lui in una consegna d’amore totalizzante che armonizza ed unifica tutti i dinamismi della per- sona: il cuore, la mente, la volontà e la libertà. Prima che un “fare”, la vita consacrata, è un “essere”, cioè un appartenere a Dio nella totalità della propria esistenza per essere segni di ciò che verrà, di quella vita che è “na- scosta in Dio”. Teresa è cosciente di ciò e sicura di essere chiamata dal Si- gnore a vivere tale vocazione. A con- ferma di tale chiarezza, sta, non solo il desiderio di consacrarsi, ma anche la scelta della Congregazione nella quale realizzare tale vocazione. Suor Maria Genta, sua maestra di novizia- to e poi direttrice, testimonia:

«Interrogata da me stessa perché avesse scelto la nostra Congregazio- ne povera e non un altro Istituto, ad esempio il Sacro Cuore ove era cre- sciuta, mi diede questa precisa rispo- sta: “Che cosa allora avrei offerto al Signore?” Volendo appunto significa- re che aveva scelto la parte che im- portava maggiore sacrificio e quindi maggiore fortezza».17

Continua la teste:

«La Superiora [dell’Istituto del Sacro Cuore a Roma] poi mi disse che la Serva di Dio non aveva voluto rima- nere presso di loro, perché conoscen- done il casato distintissimo e nobile, temeva che avessero potuto averle dei riguardi speciali, cosa che asso- lutamente non voleva».18

Dunque, Teresa sceglie le FMA anche perché non avendo l’Istituto le suo-

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re “converse” lei non rischierà di ave- re delle persone al suo servizio. Nel- la sua decisione, quindi, emerge la scelta di una radicale povertà. Povertà come scelta di conformazione a Gesù il quale “da ricco che era si fece po- vero”,19 volontà di mettersi alla sua scuola per imparare da Lui l’umiltà, l’obbedienza e l’amore per tutti, ma in particolare i più piccoli, le classi popo- lari, le giovani povere fino a realizza- re il sogno di essere un giorno missio- naria. Gloria del mondo, beni, ricchez- ze, posizione sociale, sono tutte realtà a cui Teresa rinuncia consapevol- mente e definitivamente, senza mai tornare sui suoi passi, senza cedere, in seguito, alla tentazione di “farsi poi un mondo in Congregazione”.20 La scelta della povertà, inoltre, in Te- resa ha pure il significato di un vero cambiamento di vita, una “conversio- ne” radicale che si esprime anche esteriormente. La sua consapevole decisione di lasciare beni e ricchez- ze presenta in lei lo stesso fascino di quello dei grandi santi della storia, in- fatti, questa da sempre è stata con- siderata un segno di autenticità del- la vocazione religiosa e come la pro- messa radiosa di una vita spesa per il Signore senza tentennamenti né pentimenti. Ed in effetti, i fatti che ac- compagnano la vocazione di Teresa dimostrano di quale tempra sia colei che realizza tale ideale.

Ella dimostra anzitutto una straordina- ria determinazione, seguita da fortez- za d’animo di fronte alle difficoltà ed agli ostacoli che va incontrando. È nota la lettera scritta da Teresa il 16 novem- bre 1900 al fratello Italo. Di fronte alle sue perplessità risponde decisa:

«Tu potrai mettermi davanti qualunque obiezione, qualunque difficoltà: ma io ti avviso che non mi saranno nuove, perché io le ho tutte misurate e pon- derate nella calma più reale della mente, nell’assoluta e perfetta indif- ferenza della volontà, solo per vede- re e conoscere quale fosse il volere di Dio e non per contentare me stessa.

E la conclusione è stata l’irrevocabi- le decisione che ho presa».21

Queste righe, vergate con mano sicu- ra, rivelano che la risoluzione di Tere- sa non è frutto di un colpo di testa, né di un capriccio della sua natura testar- da bensì del lavorio lento e profondo compiuto in lei dalla grazia di Dio, azione che l’ha resa straordinariamen- te forte, ma anche trasparente nelle motivazioni che orientano il suo agi- re. Da queste emerge la volontà di dare gloria a Dio e di servirlo entran- do pienamente nel suo progetto d’a- more, di farsi cioè “povera e umile” tra i poveri e gli umili del Signore. L’irre- vocabilità di tale scelta ci riporta alla ferma decisione di un’altra grande santa, appassionata di Dio e del suo Regno: Teresa d’Avila la quale, per esprimere la forza che spinge l’inna- morato a scegliere il suo Dio parla di

“determinata determinazione”, for- zando così la stessa lingua e piegan- dola a ripetere con un aggettivo lo stesso significato del sostantivo per rafforzarlo ulteriormente.

Le obiezioni e gli ostacoli alla realiz- zazione della sua vocazione nell’Isti- tuto delle FMA, però, non provengo- no soltanto dalla famiglia! Il padre Fe- derico Tedeschi,22suo primo diretto- re spirituale, nel timore che la salute di Teresa non resista alla vita sacrifi-

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cata delle FMA, le indica nelle Mar- celline di Milano o nelle Dame del Sa- cro Cuore le Congregazioni a lei più adatte, ma Teresa risponde che le Suore di Maria Ausiliatrice hanno per lei un fascino e un’attrattiva par- ticolare. E, dopo l’elenco delle prove che incontrerà qualora entrasse in questa Congregazione risponde: «Pa- dre, tutto quanto avvi nella vita delle Figlie di D. Bosco, tutto è bello, per- ché qui e non altrove Gesù mi vuole, e fra le Figlie di D. Bosco so che so- lamente accontenterò il mio Gesù!».23 In seguito, presi i primi accordi con la direttrice della casa delle FMA situa- ta in Via Marghera, Teresa ha un col- loquio con don Giovanni Marenco, Procuratore Generale dei Salesia- ni.24Egli, nell’interesse della giovane, cerca di metterle di fronte le difficoltà a cui andrà incontro nella scelta di questo Istituto: l’estrema povertà delle suore, il lavoro sacrificato al qua- le forse la sua debole salute non re- sisterà, il dovere della continua pre- senza tra le giovani, secondo lo sti- le del Sistema Preventivo di don Bo- sco, l’affrontare la scarsa corrispon- denza essendo ragazze povere e ignoranti. Afferma il Marenco: «Con- tinuai a metterle davanti altre difficoltà, ma più io notavo dei sacrifici, e più essa si mostrava ferma e pronta ad abbracciarli».25La risposta di Teresa muove infine il superiore a convincer- si che la giovane può essere accet- tata e che la sua è davvero una vo- cazione “non comune”.

La determinazione di Teresa di fron- te alla sua vocazione ci fa pensare a quella di Giovanni Bosco. Anche lui, quantunque per motivi diversi, dovet-

te lottare per realizzare ciò che sape- va essere il progetto di Dio e vi restò fedele anche quando le situazioni sembravano essergli contrarie.

Il riflettere su questa dinamica credo abbia molto da dire anche a noi oggi.

Immersi in un mondo secolarizzato, dove la vocazione religiosa non rap- presenta più uno status sociale eleva- to, ed assillati dal preoccupante calo vocazionale, si rischia a volte di la- sciarsi condizionare dai bisogni e di non essere per le giovani in ricerca delle guide sapienti e prudenti. Per ti- more di perdere queste giovani, infat- ti, si “addolciscono” le esigenze del- la vita consacrata, indorandone la realtà. Dietro le buone intenzioni, però, può nascondersi anche una mentalità che fa ragionare da “uomo vecchio”, cioè rende timorosi di fron- te alle esigenze della sequela Christi, e alla croce, proprio come successe a Pietro, recalcitrante di fronte alla pro- spettiva di un Gesù perdente e croci- fisso. Al contrario, la chiarezza e la ra- dicalità evangelica che incontrò la gio- vane e ricca Teresa di fronte alla sua richiesta di entrare nell’Istituto delle FMA, è stata per lei come un tram- polino che le permise di spiccare il volo verso la santità. Nella prova la vo- cazione si fortifica e diventa feconda, rivelando la sua autenticità.

L’autenticità della vocazione di Tere- sa, oltre ad essere convalidata dalla fortezza e dal coraggio che l’hanno spinta a realizzarla, trova conferma di veridicità anche dai frutti che ne sca- turiscono. Sin dal suo ingresso al no- viziato di Bosco Parrasio, infatti, si nota in lei il crescere progressivo di una gioia profonda unita ad una ca-

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pacità di lavoro e di sacrificio non co- muni. Gli ostacoli che le erano stati posti dinnanzi prima della scelta, ora si concretizzano in una vita di estre- ma povertà e di grande lavoro, ma Te- resa non sembra stupirsene, anzi! Le testimonianze sono concordi nell’af- fermare che lei non si mostrò mai sfi- duciata o stupita di trovare tante dif- ficoltà nel realizzare la sua missione tra le giovani. Un’exallieva afferma:

«Non vidi mai la serva di Dio pentita di quanto doveva fare per noi, e sì che noi le davamo mille occasioni colla ir- requietezza e indisciplina di ritenere vane tutte le sue sollecitudini per noi.

Ella aveva fiducia in Dio e non in sé stessa. Anche allora era serena e tranquilla sebbene manifestasse la pena e sofferenza nel viso che si ac- cendeva o impallidiva, ma era cosa momentanea».26

Così, senza avere un compito ufficia- le nell’Istituto, Teresa comincia ad adempierli un po’ tutti divenendo il braccio destro e anche il sinistro della superiora. Tiene i conti, fa le conferenze alle ragazze, il catechismo alle fanciulle, si occupa della “casa operaia” che raccoglie le lavandaie, le cucitrici e le stiratrici, non disde- gnando di coadiuvarle nelle ordinarie attività. Testimonia suor Maria Genta:

«Si occupava poi specialmente di musica, in cui era assai competente, preparava i canti, poesie, organizza- va le accademie, era insomma tutta a tutto. Non so come facesse a svol- gere tante attività, essendo gracilis- sima di salute».27

Il realismo spirituale col quale Teresa vive il suo periodo formativo, dedican-

dosi da subito alla missione attraver- so un servizio diligente e sacrificato, ci conferma allora la purezza e la ret- titudine delle motivazioni che l’hanno spinta alla decisione vocazionale.

Si apre ora, davanti ai nostri occhi uno scenario significativo e commoven- te. Sono i pochi anni nei quali Tere- sa ha consumato la sua vocazione in un olocausto d’amore fatto di mille piccoli gesti.

3. Una spiritualità educativa incentrata sull’amore

Se si elencassero le virtù che Teresa visse nel breve spazio della sua vita religiosa (1904-1907), si potrebbe dipingere un quadro di rara bellezza:

umiltà, obbedienza, dolcezza, dispo- nibilità, unione con Dio, sacrificio sereno e continuo. Ma questo anco- ra non ci restituirebbe del tutto la vera Teresa. Tutte queste virtù, infatti, possono essere paragonate ai frutti di un albero rigoglioso, del quale ammiriamo la straordinaria fecon- dità, ma di cui non riusciamo a com- prendere le dinamiche profonde che lo rendono tale. Per giungere al cuo- re della spiritualità di Teresa, allora, dobbiamo rifarci a san Paolo quando, nella lettera ai Corinti afferma:

«Se anche parlassi le lingue degli uo- mini e degli angeli, ma non avessi l’a- more, sono come un bronzo che ri- suona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e co- noscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza del- la fede così da trasportare le monta- gne, ma non avessi l’amore, non sa- rei nulla. E se anche distribuissi tut-

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te le mie sostanze e dessi il mio cor- po per esser bruciato, ma non aves- si l’amore, niente mi gioverebbe».28 Questa è la via “migliore di tutte” in- segnata dall’apostolo, che poi è la sintesi del Vangelo di Gesù ed il di- stintivo del suo vero discepolo. È l’a- more il vero dinamismo della vita spi- rituale di Teresa Valsè, l’amore vissu- to nella scia di Giovanni Bosco e Ma- ria Domenica Mazzarello che quindi diventa esperienza di carità aposto- lica vissuta in comunità e con le gio- vani.29 Senza questa convinzione profonda il Sistema Preventivo di don Bosco perde la sua natura profonda e viene privato del suo centro. A chi chiedeva al santo pie- montese in che cosa consistesse il suo sistema, egli rispondeva laconi- co: «Il mio sistema? La carità!».30In- dicando, con questo, il motivo che regge tutta la sua spiritualità salesia- na. Nell’Opuscolo sul Sistema Pre- ventivo scritto nel 1877 egli poi riba- diva: «La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di S.

Paolo che dice: Charitas benigna est, patiens est … Omnia suffert, om- nia sperat, omnia sustinet»(1Cor 13,4- 7).31«L’amore è paziente, è benigno l’amore; non è invidioso l’amore, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto soppor- ta. L’amore non avrà mai fine».

È dunque l’amore divino il centro del- la vita spirituale di Teresa. Senza l’a- more la sua radicalità, la determina- zione, la scelta della povertà, l’umile

obbedienza vissuta fino all’eroismo perderebbero il loro significato profon- do o potrebbero addirittura essere fraintesi come ascetismi ormai supe- rati, eredità di una spiritualità volon- taristica troppo centrata sulla propria perfezione. L’amore, al contrario, motiva e dona senso profondo ad ogni suo più piccolo gesto. L’amore, cioè, è la via maestra che fa entrare Teresa nel mistero pasquale di Gesù e la rende testimone credibile del Van- gelo, autentico “segno” della bontà di Dio per le giovani. Teresa, pervasa di amore di Dio, trabocca di carità ver- so il prossimo. Il suo è un “amore in atto”, umile, sacrificato, disponibile.

Esso si esprime anzitutto in un dono di speciale predilezione per le giova- ni. La sua maestra suor Maria Genta capì presto che suor Teresa sapeva prendere per il loro verso le ragazze difficili e impertinenti del Trastevere ro- mano. Sapeva tenere la disciplina passando sopra a inciviltà e vere sgarbatezze: «Si trovava volentieri in mezzo alle fanciulle e si occupava di loro con affetto. Le fanciulle, attirate dai suoi modi, tanto belli e gentili, cor- revano a lei, ascoltandola volentieri, anche quando si rivolgeva loro con correzioni ed avvisi, ed ella otteneva di essere ubbidita favorendo la loro crescita».32E poi, divenuta FMA, alla Lungara per quattro anni visse com- pletamente dedita all’oratorio allo sti- le di don Bosco e delle prime tradizio- ni salesiane: catechismo, esperienza di preghiera incentrate specialmente sull’amore all’Eucarestia e alla Madon- na, e tanta allegria, espressa con i mezzi del tempo (recite, musiche, ri- creazioni) che l’impegnarono in una

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esistenza di assoluta dedicazione alla gioventù. Secondo la linea “asce- tica” tipica che esigeva di vivere con le giovani e in mezzo alle giovani sen- za “tempi liberi”, suor Teresa non co- nobbe riposo o sollievo al di fuori di quello di amare e di fare amare il Si- gnore e la sua Madre, dimostrando sempre nella gioia più aperta e con- vinta, la felicità di potersi consumare per Dio al servizio delle anime.33 La sua era una carità veramente

“educativa”, tutta permeata, cioè, dal desiderio e dall’impegno per la crescita integrale delle giovani. Nei suoi gesti e nelle scelte di ogni gior- no, risplendono perciò quei caratte- ri tipici che fanno del Sistema Preven- tivo vissuto una vera e propria spiri- tualità, cioè un cammino di santità. In- carnando con originalità la “sollecitu- dine materna” di Maria, suor Teresa dimostrava di amare tutte le giovani, ma in particolare quelle più bisogno- se. Testimonia un’ex-oratoriana:

«Suor Teresa amava tutti coloro che si trovavano in qualche necessità spirituale o materiale, verso i quali ella sentiva come una preferenza, perché i più infelici erano i più cari al Cuore di Gesù. Per noi giovanette aveva una sollecitudine come di madre. Viveva per farci del bene sia per la vita ter- rena, e ancora più per la nostra sal- vezza eterna. Si vedeva, sia nel suo zelo per noi, come dalle sue parole e sacrifici, che pensava alla nostra anima, come alla sua. La nostra vita all’Oratorio, era cagione per lei di mol- te pene, poiché specialmente noi della classe delle mezzane eravamo in gran parte indisciplinate, vivacissi- me, irrequiete, ed anche, per effetto

di ammirazione della sua bontà, ci studiavamo talvolta di fare delle scappatelle per ottenere da lei i suoi amorevoli consigli, ammonimenti, coi quali ci attestava amore congiunto a una pazienza straordinaria abbellita da fortezza e dolcezza. Mai ci am- monì con ira, mai sdegnata, mai una parola che fosse sconveniente. Ed è questo suo agire, nonostante il suo naturale pronto, che conquistò i no- stri cuori, da addolcire il nostro carat- tere e farci più disciplinate, quasi al- trettanti agnelli. Bastava un suo cen- no, un invito il più semplice per farci correre ad adempiere ogni dovere. I suoi catechismi, consigli, esempi, sempre erano allo scopo di migliorar- ci, portarci alla pietà e anche conver- tire dal male quelle che vi giacevano».

E conclude: “Tanta carità la fece di- ventare regina dei nostri cuori”».34 A tanta sollecitudine, Teresa univa la pazienza a tutta prova, attitudine educativa che non può mancare nel- lo stile di una vera FMA. A chi si la- mentava con lei della maleducazione delle ragazze, lei rispondeva: «Biso- gna compatirle, sono povere ragaz- ze abbandonate da tutti ed esposte a tanti pericoli! Ringraziamo il Signo- re che vengano all’Oratorio, e vedrai che col tempo si faranno buone!».35 E questa sua pazienza non era soltan- to frutto di autocontrollo, esercizio del quale, peraltro, dopo lungo tirocinio, era diventata esperta, ma scaturiva dalla sua fiducia nelle giovani che sa- peva essere amate da Dio e create a sua immagine. In esse, voleva che tornasse a risplendere tale somi- glianza e per questo lavorava dimo- strando una fede irremovibile. Rima-

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nere alla Lungara, infatti, non era sem- plice e le suore passarono momenti difficili nei quali erano tentate di so- spendere tutto e chiudere l’oratorio.

Del resto, prima di loro altri Istituti Re- ligiosi avevano dovuto abbandonare il campo. Ebbene, secondo le testi- monianze di suor Genta, fu proprio suor Teresa ad animare ed incorag- giare tutte: «Ci ricordava l’esempio del Ven. don Bosco il quale nelle stesse critiche circostanze ebbe a trovarsi e non si scoraggiò mai confidando ne- gli aiuti della Divina Provvidenza».36 Il suo era un amore imparziale, sia che dovesse trattare con le ragazze del- l’oratorio o con le operaie del labora- torio. Ad esso univa il dono del discer- nimento e la sapienza della guida spi- rituale. Le testimoni affermano: «Ave- va il dono di saper consigliare oppor- tunamente e prudentemente. La sua pietà e cultura facevano sì che ci ri- volgessimo a lei per consigli anche di cose decisive per la vita e volentieri ci conformavamo ai suoi suggerimen- ti. Condivideva sinceramente le pene che veniva a conoscere e ci confor- tava con parole ispirate a carità».37In particolare, suor Teresa seguiva le giovani più adulte e le operaie sapen- do che queste incontravano maggio- ri difficoltà. Suor Genta ricorda che quando suor Teresa morì, nella lette- ra a lei indirizzata dalle operaie per esprimere le loro condoglianze, si leg- ge fra l’altro: «Noi la possiamo chia- mare la nostra salvatrice».38

Nella carità di suor Teresa risplende- va la bellezza e la potenza delle virtù teologali. Non si può infatti vivere la carità senza la fede e la speranza. La fede era il suo faro, la stella lumino-

sa che la guidava ed il bisogno di diffonderla l’aveva spinta ad insegna- re il catechismo fin da piccola.39La di- mensione catechistica, era una com- ponente fondamentale del suo agire educativo. Come Giovannino Bosco, che nel sogno dei nove anni aveva ri- cevuto dalla Madonna il comando di

“istruire i giovani sulla bruttezza del peccato e sulla bellezza della virtù”, così suor Teresa metteva in atto la di- mensione preventiva dell’educazione alla fede: da un lato, mediante la ca- techesi lasciava trapelare la sua fede viva e la sua testimonianza di grande fiducia nel Signore; dall’altro, cono- scendo l’ignoranza religiosa e i rischi in cui facilmente incorrevano le ragaz- ze, organizzava recite, canti, giochi istruttivi con il fine di impedire diver- timenti pericolosi o diseducativi.40 La speranza, infine, donava a questa giovane religiosa fortezza e coraggio nelle difficoltà quotidiane: incorrispon- denza delle giovani, problemi econo- mici, fragilità della salute, ogni fatica era vissuta con disarmante fiducia. Di tale speranza erano testimoni le stes- se giovani. Una di loro attesterà:

«La speranza e la fiducia erano così radicate in lei che non ebbi mai a no- tare un senso di sfiducia o di trepida- zione, anche in circostanze difficili sia per la sua infermità o per la casa. Ri- cordo che eravamo oltre duecento ra- dunate in una stanza ben piccola, quando si era ancora a Bosco Parra- sio, e là ci istruiva nel catechismo, canto ecc. Suor Genta, la superiora, si dimostrava preoccupata di tale si- tuazione ed esclamava: “Come fac- ciamo? Come facciamo?” Suor Tere- sa, tutta calma rispondeva: “Il Signo-

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re ci penserà e ci darà una casa mi- gliore di questa e più grande” e con- tinuava nelle sue occupazioni».41 La profondità della fede, la forza della speranza, la pienezza dell’amo- re sono l’ossatura portante della per- sonalità di Teresa Valsè, realtà che, tradotta nel linguaggio della spiritua- lità educativa dell’Istituto possiamo identificare nell’ardore apostolico del da mihi animas, concretizzato in una vita completamente spesa per amo- re delle giovani più povere e bisogno- se, e animata da grande fortezza di spirito e dolcezza di modi.

L’accessibilità e l’originalità del mes- saggio di Teresa consistono nella sua vita battesimale trascorsa in pie- nezza per cui l’azione della grazia pre- veniente e santificante ha potuto agire ed espandersi in lei. La vita re- ligiosa salesiana, trova qui la sua espressione più autentica facendosi trasparenza dell’azione di Dio e si tra- duce in messaggio facilmente com- prensibile per i giovani perché media- to dalla testimonianza e dalla condi- visione piena, in stile familiare, di que- sti valori che rendono “bella la vita”.

Ammirando in quest’ultimo quadro suor Teresa, come in filigrana, voglia- mo tratteggiare il suo profilo spiritua- le alla luce dello spirito salesiano vis- suto in modo esemplare dalle prime sorelle di Mornese, in particolare da Maria Domenica Mazzarello.

4. L’attualità del messaggio di suor Teresa Valsè

Nel 1927, a vent’anni dalla morte di suor Valsè, il Rettor Maggiore don Fi-

lippo Rinaldi, parlando della santità di Maria Domenica Mazzarello, e del suo modo originale di incarnare la spiri- tualità di don Giovanni Bosco acco- stava ad essa la figura di suor Tere- sa Valsè.42 Sin da allora, dunque, il messaggio evangelico di questa gio- vane religiosa non era passato inos- servato.

Concludendo la nostra riflessione possiamo guardare a suor Valsè come ad una FMA che ha compreso appieno lo spirito salesiano, che ha saputo viverlo con radicalità e tradur- lo creativamente, come Maria Dome- nica Mazzarello. Teresa è perciò una degna figlia di così grande madre! In lei, come nelle prime sorelle che hanno vissuto lo spirito di Mornese, risplende un alto grado di unione con Dio. Sin dalla fondazione dell’Istituto, il raggiungere l’unione con Dio nella vita salesiana fu uno degli obiettivi pri- mari. Don Bosco sentiva, infatti, che per le religiose educatrici, continua- mente immerse nel lavoro apostolico e formativo, il mantenersi alla presen- za di Dio, abbandonandosi alla sua

“dolce Provvidenza”,43era la condi- zione per garantire senso e vitalità alla propria vocazione. Teresa, appunto, fece dell’unione con Dio il fulcro che gradualmente unificò la sua vita. In lei, affermano i testimoni al Processo, tale dinamismo la rese progressivamen- te semplice. Infatti, quanto più l’unio- ne con Dio è piena, tanto più si rive- ste delle caratteristiche della sempli- cità di Dio stesso. Egli, rivelandosi ai piccoli e comunicandosi ad essi con la forza del suo Spirito, normalmente li avvolge di umiltà e di semplicità. Ciò si manifestò in modo assai nitido nel-

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l’esperienza spirituale di Teresa. Que- sto è evidente soprattutto nell’ultima malattia durante la quale ella dimostrò un abbandono pieno alla volontà di Dio, unito al disinteresse di sé e del- le sue condizioni fisiche e ad uno spi- rito di serenità, alimentata dalla con- tinua preghiera, e dalla gratitudine per i più piccoli servizi che riceveva.44 Come fu detto di Maria Domenica Mazzarello, anche in lei risplendono la semplicità, l’umiltà e l’esemplarità come Figlia di Maria. Di confidenza e amore alla Madonna, infatti, è ricolma la sua vita. Ogni tappa del suo cam- mino formativo è scandito dalla pre- senza di Maria. Lo testimonia la sua appartenenza al gruppo delle Figlie di Maria prima di entrare in Congregazio- ne, e poi le scelte operate nei giorni della Vestizione e della Professione re- ligiosa, quando Teresa aveva voluto stampare sull’immagine-ricordo i pri- mi versetti del Magnificat.45Da allora, la sua azione educativa era tutta ispi- rata all’agire sollecito e premuroso del- la Madonna e all’amore per Maria orientava continuamente le giovani.

Per ciò che riguarda la semplicità, possiamo applicare alla sua figura le parole pronunciate da Pio XI per Maria D. Mazzarello: «Una semplice, semplicissima figura; ma d’una sem- plicità propria dei corpi più semplici, come ad esempio, l’oro; semplice, ma ricca di tante specialissime preroga- tive, qualità e doti».46

E poi l’umiltà, sua caratteristica mol- to spiccata. A suor Genta, che l’as- sisteva nell’ultima malattia e che le chiedeva un ricordo per le novizie di- ceva: «Dica che siano umili», e la su-

periora: «e anche obbedienti», ma lei, dolcemente, ribatteva: «Stia tran- quilla, se saranno umili, saranno pure obbedienti».47

L’umiltà ricolma di carità è il segreto della sua santità perché, riprenden- do ancora le parole di Pio XI, in un’anima umile Dio vede «una luce, una forma, una delineazione dinanzi alla quale Egli non può resistere, poiché Gli raffigura, nella sua bellez- za più sapiente e nelle linee più fon- damentali e costruttive, la fisionomia del Diletto suo Figlio unigenito».48 L’umiltà di suor Teresa maturò nel si- lenzio, nel distacco, nel sorriso, nell’ac- coglienza generosa di ogni impegno, con lo sforzo di scomparire. Ella ci è dunque maestra di quella “ferialità del- l’amore” che quando abita le nostre comunità si trasforma senza sforzo nel fascino del “vieni e vedi” e le rende un messaggio ancora attraente e signifi- cativo per il mondo di oggi.

Ella insegna che cosa significa il progressivo quotidiano perfeziona- mento della propria vita, non solo per le persone consacrate, ma anche e soprattutto per i laici. Fu proprio “nel mondo”, infatti, che Teresa, «benché di condizione agiata, istruita, e corteg- giata da un nobile e blasonato ufficia- le di cavalleria, impegnò se stessa nell’ascesi alle più alte vette della per- fezione, obbligandosi, con l’aiuto della grazia, ad inquadrare lo sforzo costante e tenace della sua volontà fino al traguardo dell’eroismo».49La sua santità consiste appunto non nel- la realizzazione di opere straordina- rie, ma nella continua e ininterrotta fe- deltà a Dio e ai consigli evangelici,

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con una eroicità relativa al proprio am- biente e alla propria condizione.

Infine, suor Teresa è maestra perché, con sapienza educativa, ci insegna che nel cammino spirituale ciò che conta non è il bruciare le tappe, o l’an- dare a strattoni, alternando entusia- smi momentanei a periodi di medio- crità, bensì è la continua e pronta adesione amorosa alla volontà di Dio accolta e compiuta senza scos- se, in una linea di fedeltà possibile solo quando si è raggiunto un grado elevato di unione con Dio.50

La limpida testimonianza di suor Te- resa Valsè Pantellini ci raggiunge anche oggi e ci offre un esempio di come, nella semplice quotidianità di una vocazione vissuta in pienezza, si può diventare per gli altri umile segno della bontà materna di Maria e della carità di Cristo buon Pastore.51

NOTE

1Conferenza tenuta il 4 settembre 2007 in oc- casione del Centenario della morte di suor Te- resa Valsè Pantellini. Roma, Via Marghera, 59.

La sede scelta per la commemorazione è par- ticolarmente significativa in quanto casa pro- vinciale che accolse la giovane Teresa Valsè all’entrata nell’Istituto delle Figlie di Maria Au- siliatrice come postulante il 2 febbraio 1901.

2MACCONOFerdinando, Un fiore di umiltà suor Teresa Valsè-Pantellini delle Figlie di Maria Au- siliatrice istituite dal Ven. Giovanni Bosco, To- rino, S.A.I.D. Buona stampa 1919, 8. Teresa Valsé Pantellini nasce a Milano il 10 ottobre 1878 da una famiglia agiata. Il padre Giusep- pe Valsé, uomo intraprendente e di grande fede gestisce diversi alberghi in Egitto. Nel 1883 la famiglia si trasferisce a Firenze per gli studi del primogenito Italo. Fino all’età di 12 anni Teresa è educata in famiglia, nel 1890, anno della morte del padre, Teresa studia al Collegio di Poggio Imperiale e poi in quello del- le Dame del Sacro Cuore. Nel 1897 la famiglia si trasferisce a Roma nei pressi della stazio- ne Termini. Qui frequenta la Chiesa del Sacro Cuore, conosce don Federico Bedeschi, suo futuro direttore spirituale, e le Figlie di Maria Ausiliatrice che poco distante, in Via Marghe- ra 59, hanno la sede provinciale. Dopo un ma- turo discernimento Teresa decide di entrare nell’Istituto e il 3 agosto 1903 emette i voti re- ligiosi nella casa madre della Congregazione a Nizza Monferrato. In seguito, Teresa si pro- diga con instancabile energia a Roma nel no- viziato di Via della Lungara. È assistente e maestra di canto alle novizie, collabora in Par- rocchia nella catechesi, segue con sollecita cura educativa le oratoriane e le operaie del laboratorio, stireria e lavanderia. Nel 1906 si ammala di tubercolosi e chiede alla madre ge- nerale Caterina Daghero di poter anticipare la professione perpetua. Il 3 settembre 1907 suor Teresa muore a Torino. Manca poco più di un mese al suo ventinovesimo compleanno. Le sue spoglie mortali si conservano nella cap- pella interna dell’Istituto “Nostra Signora del- le Grazie” di Nizza Monferrato (cf GIUDICIMa- ria Pia, Teresa Valsè Pantellini. Il coraggio del- l’umile amore, Leumann [Torino] Elledici 2006;

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per la bibliografia su suor Teresa Valsè Pan- tellini cf ivi 180-182).

3D’ora in poi FMA.

4Cf Costituzioni e Regolamenti, Roma, Istitu- to Figlie di Maria Ausiliatrice 1982, art. 2.

5RUPNIKMarko Ivan, Testimoni memori e sa- pienti dell’amore di Dio, in Consacrazione e Servizio. Atti della 54° Assemblea Nazionale USMI (Roma, 12-14 aprile 2007). La vocazio- ne religiosa tra le vocazioni ecclesiali, 61 (2007) 7/8, 38.

6Ivi 40-41.

7Nei solchi dell’alleanza. Progetto formativo dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Leumann (Torino), Elledici 2000, 43-44.

8Cf MACCONO, Un fiore di umiltà 11-14.

9Ivi 12.

10Cf BOSCOGiovanni, Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855 [1873-75]. Introduzione, note e testo critico a cura di Da Silva Ferreira Antonio, Roma, LAS 1992, 34-37.

11Cf SACRACONGREGATIOPRO CAUSISSANCTO-

RUM. Taurinen, Beatificationis et Canonizatio- nis Servae Dei Teresia Valsè Pantellini Soro- ris Professae Instituti Filiarum Mariae Auxilia- tricis, Positio super virtutibus, Romae, Typis Guerra & Belli 1975. Relatio et vota Congres- sus peculiaris super virtutibus die 15 decem- bris 1981, 14.

12Cf l. cit.

131 Sam 3,19.

14Cf Relatio 25-26.

15Cf MACCONO, Un fiore di umiltà 36.

16Cf Relatio 37.

17Cf SACRACONGREGATIOPRO CAUSISSANCTO-

RUM. Taurinen, Beatificationis et Canonizatio- nis Servae Dei Teresia Valsè Pantellini Soro- ris Professae Instituti Filiarum Mariae Auxilia- tricis, Positio super virtutibus, Romae, Typis Guerra & Belli 1975, 12 § 43.

18Ivi 219 § 820.

19Cf Fil 2, 6-8.

20Tra le raccomandazioni più frequenti della prima Superiora generale dell’Istituto delle FMA, suor Maria Domenica Mazzarello, vi era quella di vigilare sulle proprie scelte per evi- tare di riprendersi, con l’andare del tempo, ciò che con generosità si era donato al Signore nel momento della professione religiosa. Nella conferenza tenuta al termine del 1880, rivol- gendosi alle suore così le esortava: «Abbiamo lasciato il mondo e non dobbiamo perciò vi- vere del mondo, ma del Signore […] Stiamo attente a non portare il mondo in religione, con le nostre parole e con le nostre immortifica- zioni». Poi, confidava alle sorelle i suoi timo- ri: «Temo che la vita comoda indebolisca il fer- vore, e che il desiderio di una vita sempre più comoda entri anche nelle nostre case, e che ciascuna si formi poi un mondo nel proprio cuore, più pericoloso di quello che ha lascia- to […] Per carità sorelle, per carità!» (CAPETTI

Giselda [a cura di], Cronistoria dell’Istituto del- le Figlie di Maria Ausiliatrice III, Roma, Istitu- to FMA 1978, 298).

21Positio. Summarium Additionale 39.

22Federico Bedeschi era nato a Lugo di Ro- magna nel 1865, dopo alcuni decenni di vita religiosa tra i figli di san Giovanni Bosco, pas- sò nel 1921, all’Ordine degli Agostiniani Scal- zi. Morì nel convento San Giuseppe di Ferra- ra il 9 febbraio 1946.

23Memorie del Padre Federico Bedeschi, in Positio. Summarium additionale 24.

24Giovanni Marenco era nato a Ovada (Tori- no) il 27 aprile 1853. Divenuto sacerdote fu re- sponsabile della chiesa di San Giovanni evan- gelista a Torino (1882-1887). Fu poi nomina- to Direttore dell’ospizio San Vincenzo de’ Pao- li a Sampierdarena e poi Ispettore delle case salesiane della Liguria e della Toscana. Nel 1892 fu nominato Vicario Generale per l’Isti- tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e nel 1899 don Michele Rua lo volle a Roma quale Pro- curatore Generale della Pia Società presso la Santa Sede (1899-1909). Nel 1909 avvenne la sua promozione all’episcopato di Massa Car- rara e nel 1917 Benedetto XV lo promosse alla sede arcivescovile di Edessa, e lo nominò In- ternunzio Apostolico presso le Repubbliche del

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Centro America. Morì a Torino il 22 ottobre 1921 (cf Marenco Giovanni, in VALENTINIEuge- nio - RODINÒAmedeo [a cura di], Dizionario bio- grafico dei Salesiani, Torino, Ufficio Stampa Sa- lesiano 1969, 177).

25MACCONO, Un fiore di umiltà 61.

26Testimonianza di Giulia Conciatori, in Posi- tio 152.

27Testimonianza di suor Maria Genta, in ivi 203- 204.

281 Cor 13, 1-3.

29Costituzioni 1982, art. 7.

30LEMOYNEGiovanni Battista, Vita del Venera- bile Servo di Dio Giovanni Bosco Fondatore della Pia Società Salesiana, dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori Sa- lesiani, vol I, Torino, Libreria Editrice Interna- zionale «Buona Stampa», 1911-1913, 290.

31Cf BRAIDOPietro (a cura di), Don Bosco edu- catore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS 1997, 261.

32MACCONO, Un fiore di umiltà 73.

33Cf Relatio 35.

34Testimonianza di Giulia Conciatori, in Posi- tio 153-154.

35MACCONO, Un fiore di umiltà 85.

36Testimonianza di suor Maria Genta, in Po- sitio 11-12.

37Testimonianza di Adalgisa Ghiri, in ivi 108.

38Testimonianza di suor Maria Genta, in ivi 7.

39Testimonianza di Giulia Conciatori, in ivi 149.

40Cf Testimonianza di suor Maria Genta, in ivi 4.

41Testimonianza di Regina Cerrai, in ivi 121.

42Cf RINALDIFilippo, Imitare i Santi, e partico- larmente i Salesiani e le Figlie di Maria Ausi- liatrice che sono morti in fama di santità. Stren- na per il 1927, in DALCERRILina, Un maestro di vita interiore don Filippo Rinaldi, Roma, Ist.

FMA 1990, 87-94.

43Cf BOSCOGiovanni, Costituzioni per l’Istitu- to delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872- 1885). Testi critici a cura di Cecilia Romero,

Roma, LAS 1983, XIII.

44Cf Positio 36.

45La Vestizione religiosa avvenne il 29 settem- bre 1901 nella casa Ispettoriale di Via Marghe- ra nella quale era giunta da poco come supe- riora suor Eulalia Bosco, nipote di don Giovan- ni Bosco. La prima Professione avvenne nel Santuario della Madonna delle Grazie di Niz- za Monferrato il 3 agosto 1903.

46PIOXI, Maria Domenica Mazzarello, eroina delle virtù. Le compiacenze divine nell’umiltà, in BERTETTODomenico (a cura di), Discorsi di Pio XI, III (1934-1939), Torino, SEI 1961, 481.

47MACCONO, Un fiore di umiltà 140.

48PIOXI, Maria Domenica Mazzarello 483.

49Relatio 48-49.

50Cf ivi 36.

51Cf Costituzioni 1982, art. 7.

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