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Conclusioni e prospettive future

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Academic year: 2021

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Conclusioni e prospettive future

Siamo così giunti al termine di un’analisi che è cominciata analizzando la struttura del porto in quanto tale, l’importanza fondamentale e strategica per l’economia e gli scambi commerciali, passando per l’altrettanto imprescindibile tutela della salute umana che si realizza attraverso l’esigenza securitaria, per arrivare alla ambiziosa tutela ambientale. Alla luce di tutto questo, si può ricavare come il porto, alla stregua di molti altri settori, rappresenti il luogo che può contribuire attivamente a migliorare la nostra vita ed il nostro benessere. Fin dall’origine ha rappresentano un punto di collegamento e di unione tra le persone, ha favorito lo sviluppo dei rapporti sociali, ha implementato gli scambi commerciali, l’economia e ha favorito il progresso tecnologico.

Il mio interesse per questo luogo, nasce dalla curiosità verso un qualche cosa che a prima vista, per la sua ampiezza e vastità “fisica”, appare immenso e così vitale, ma la cui importanza è data molto spesso per scontata. Ne è testimonianza la mia ricerca in cui è stato sempre complesso cercare di equilibrare la disciplina normativa di altri settori con quella specifica dei porti. Infatti, ho potuto constatare come in molti aspetti come quello della sicurezza sui luoghi di lavoro e sullo sviluppo sostenibile, non ci sia stata una grande attenzione da parte del legislatore italiano e nemmeno ci siano state

iniziative internazionali ed europee mirate a tal proposito

.

A questo punto, sarebbe utile, mettere in risalto un luogo di imprescindibile rilevanza, implementando al massimo l’attenzione di tutti gli operatori, in primis i governanti, specialmente in Italia che proprio per la sua fragilità territoriale necessita di incentivare e favorire le infrastrutture portuali, sfruttando, nei limiti del possibile la risorsa mare (visto che ci troviamo per tre lati circondati dall’acqua) e tutto quello che ne deriva. Sicuramente negli anni passati, vi era questa consapevolezza; ne troviamo traccia, come abbiamo visto nel primo capitolo, nell’istituzione nel 1994 delle Autorità portuali (diventate poi Autorità di sistema portuale) e dei relativi organi che hanno messo in luce l’importanza di avere un’organizzazione che permettesse di superare la frammentarietà che caratterizzò la prima gestione dei porti, prima ancora che si sviluppasse la necessità di bilanciare il porto con la realtà economico e geografica che lo circondava.

Fondamentale è stata l’idea di gestione imprenditoriale del porto, unitamente alla responsabilità che ne derivava.

Ma ancor più importante è stata l’ultima evoluzione delle Autorità, che ha permesso di realizzare una pianificazione ed una strategia a livello nazionale che mirasse a creare un unico sistema portuale in grado di accentuare il rapporto ormai sempre più stretto tra porto e città. La base da cui partire è proprio quella che ha caratterizzato l’ultima riforma del 2016, la pianificazione infrastrutturale strategica che è l’unico valore indispensabile per garantire l’importante compito dei porti per l’economia del paese, di cui abbiamo parlato nello specifico al capitolo secondo.

Alla luce di questi due capitoli, possiamo facilmente desumere, come i tentativi di incentivare i porti nella sfida al rilancio dello sviluppo economico siano stati fatti,

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certamente hanno portato a buoni risultati, soprattutto grazie alla spinta comunitaria che ha spronato progressivamente gli stati a superare le forti resistenze che facevano da muro e che avevano causato inefficienze al sistema portuale.

Dopo la nuova riforma si sperava di risolvere tale difficoltà, ma a distanza di più di quattro anni, i buoni propositi verso una maggiore strategia portuale ed un aumento dei relativi traffici, sono lungi dall’essere raggiunti. Le autorità di sistema sono ancora alle prese con la difficoltà di riuscire ad impiegare le risorse finanziarie che gli sono state destinate; ci sono ancora molti ostacoli di natura tecnico-amministrativa che incidono rallentandone l’operato; a ciò si aggiunge una forte ingerenza degli organi politici, in particolare dei ministeri, specialmente quello delle infrastrutture e trasporti, ai quali spetta persino la possibilità di revocare il presidente delle stesse Autorità. Come se non bastasse, ad aggravare il tutto è il dato di fatto che tutti gli organi e strutture deputate a sostenere le Autorità sono state lasciate sole, prive di una guida e di obiettivi concreti da raggiungere.

Il quadro che emerge è abbastanza desolante, nonostante la riforma sia nata per limitare le inefficienze amministrative, ancora non si vedono risultanti incoraggianti su tale fronte, vige ancora una sorta di immobilismo.

Se il presente ci appare allo stesso tempo complesso e negativo, non lo deve essere il futuro prossimo, vi è ancora la possibilità di poter giungere a liberarci di tutti questi impedimenti procedurali, garantire indipendenza ed autonomia all’operato delle Autorità di sistema e maggiore potere di assumere decisioni strategiche in capo alle stesse, fissare attraverso normative specifiche i principi e gli obiettivi che ogni organo deve perseguire, accompagnando il tutto dalla previsione di procedure snelle che possano favorire soluzioni celeri, da parte degli organi di vertice senza la necessità di vagli o pareri preventivi. Solo così si possono fornire risposte che nel più breve tempo possibile vadano ad integrare alcune lacune del sistema, inefficienze e soluzioni che si adeguino rapidamente alle esigenze che la pianificazione strategica progressivamente impone.

Il tutto può essere facilitato, riferendosi a modelli di altri paesi che possono

rappresentare un esempio utile cui fare affidamento per risolvere le problematiche già evidenziate, senza però dimenticare l’apporto europeo che rimane il nostro punto di riferimento.

La pianificazione non significa solamente sviluppo economico, l’economia è sì fondamentale per la crescita di un paese, ma non si può prescindere dalla vita delle persone. Per questo l’esigenza della sicurezza sul lavoro nei porti appare fondamentale. Su questo tema il nostro ordinamento è a buon punto si registrano ancora alcuni

infortuni o morti, certamente il loro numero è ridottissimo rispetto al passato, ma il futuro è sicuramente positivo, grazie soprattutto all’apporto tecnologico.

Manca però circa il settore portuale una normativa ad hoc che regoli gli obblighi e diritti in capo alle parti del rapporto di lavoro. In qualche modo la disciplina possiamo coordinarla e modellarla con quella generale, ma non è sufficiente per un settore, quello

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portuale, che ha proprie peculiarità, propri rischi e proprie esigenze da tenere in considerazione. La normativa specifica che era stata prevista per i porti dal d.lgs. 272 del 1999 è rimasta tale, a distanza di vent’anni sarebbe ormai auspicabile un

aggiornamento più in linea con le mutate esigenze che inevitabilmente comporta lo sviluppo tecnologico, riducendo anche in questo caso i notevoli iter tecnico- procedurali che attanagliano la specifica materia.

Infine la pianificazione strategica deve passare attraverso l’imprescindibile esigenza di tutelare quello che sta attorno al porto, ovvero l’ambiente da cui direttamente dipende la sopravvivenza di noi stessi. Su questo ambito abbiamo già reso evidente la difficoltà di mettere in atto i principi suggeriti a livello internazionale ed europeo. Da questo punto di vista, la situazione è quella più critica.

Già per il settore delle città e agglomerati urbani è attualmente difficile rispettare tutti i limiti posti dalle normative anti inquinamento. Ancora più complesso lo è in un settore caratterizzato dalla presenza di diverse attività e dall’impiego di diversi mezzi. Manca una seria presa di posizione di quelle che sono le criticità, le necessità, i punti deboli da rafforzare. Di fatti, quando si parla di inquinamento marino si fa riferimento troppo spesso a quello delle navi, ma è solo parte dell’intero problema. Occorre perciò la presa a cuore la tutela ambientale del settore portuale, che non è un ambito astratto e avulso da tutto, ma è strettamente correlato alle città in cui vivono quasi la totalità delle persone

La sfida dello sviluppo sostenibile, è quella in assoluto più complessa, manca infatti una coscienza collettiva; di fatti non si tratta di una problematica la cui soluzione è rimessa in tutto per tutto alle scelte dei governanti. Sì, quest’ultimi attraverso l’adozione di leggi sono fondamentali per indirizzare i comportamenti dei singoli, ma alla fine ciò che conta è che ognuno abbia dentro di sé il senso alla tutela dell’ambiente in cui vive. Per questo la sfida ambientale è la più impegnativa al momento, non solo perché è

relativamente recente, ma soprattutto perché comporta ed impone cambiamenti sociali che ognuno di noi deve essere in grado di porre in essere.

Ciò che ci si augura è che il porto ritorni agli antichi fasti che ne avevano caratterizzato la nascita, avendo chiare quelle che sono le sue potenzialità, la sua importanza e quello che ha rappresentato per tutti noi.

Ancora una volta si deve partire dal diritto, unico regolatore della vita, in grado di indicare la strada maestra da seguire affinché il porto mantenga la sua “fama” di creatore di benessere collettivo, nella sua più ampia accezione.

È bene lasciarci con una frase che evidenzia l’auspicio a non dimenticare il porto come motore della crescita collettiva: “mi è sempre sembrato indecente non andare a vedere ogni cosa nel mondo. Bisognerebbe navigare su tutti gli oceani, scoprire tutti i porti”1.

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