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Risoluzione in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero.

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Risoluzione in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero.

(Risoluzione del 21 luglio 2009)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 21 luglio 2009, ha adottato la seguente risoluzione:

Risoluzione in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero.

1. Premessa.

Con deliberazione del 12 luglio 2007 il Consiglio superiore della magistratura, sulla scorta di una sintetica rassegna degli interventi normativi e paranormativi riguardanti l’assetto organizzativo del pubblico ministero, ha dettato una prima risoluzione individuando alcune linee guida e di indirizzo per gli uffici di Procura, che costituiscono soltanto “alcune” e prime linee guida in punto di assegnazione dei procedimenti e al compimento di atti singoli, di poteri del Procuratore di impartire direttive e criteri ai sostituti, di revoca dell’assegnazione e, più in generale, in tema di passaggi e modalità procedurali attinenti alla formazione dei progetti organizzativi, atti a garantire una partecipata e consapevole presenza dei sostituti, una corretta analisi dei flussi e delle pendenze ed una ragionata costituzione di gruppi di lavoro che valga ad ottimizzare esperienze e specializzazioni nel lavoro d’indagine.

Nella fase normativa ancora imperfetta e magmatica che favorì il varo della risoluzione - mentre era in corso l’iter parlamentare del disegno di legge predisposto dal Governo in tema di ordinamento giudiziario, sfociato soltanto a fine luglio nella legge n. 111 - non poteva dunque che avere luogo un’iniziale ed urgente posizione del Consiglio sul tema dell’organizzazione delle Procure, rinviando a momenti di futura e più stabile situazione ordinamentale “un più articolato intervento” in grado di saturare l’elaborazione dei temi sui quali l’assetto costituzionale vigente esige e giustifica, anche per gli uffici di Procura, un ruolo d’indirizzo del Consiglio superiore della magistratura quale organo di vertice dell’organizzazione di tutti gli uffici giudiziari.

Peraltro, nel solco del rinnovato assetto organizzativo del pubblico ministero, la legge 30 luglio 2007 n. 111, recante modificazioni alle norme sull’Ordinamento giudiziario, ha inciso ancora in maniera significativa su alcuni tratti fisionomici dell’organo d’accusa, coinvolgendo il ruolo del pubblico ministero nel meccanismo della temporaneità di funzioni.

Nello specifico, il riferimento è al nuovo art. 19 del D.lgs n. 106 del 20 febbraio 2006, introdotto dal comma 5 dell’art. 2 della legge n. 111, il quale limita la permanenza dei magistrati del pubblico ministero all’interno dei gruppi di lavoro ad un periodo massimo compreso tra i cinque e i dieci anni, che il Consiglio ha già, con proprio regolamento del 13 marzo 2008, individuato nel decennio.

L’innovazione comporta, pertanto, consequenziali proiezioni sul piano organizzativo così che il dirigente di ogni Procura, nell’assetto che intenderà dare al proprio ufficio, dovrà necessariamente tenerne conto, assicurando che, alla scadenza del decennio di permanenza in un gruppo di lavoro, venga operata la migrazione del magistrato interessato con le forme e nei termini dettati dal comma 2-bis dell’art. 19 del D.lgs n. 160 o, se del caso, dalla disciplina transitoria di cui all’art. 5 del Regolamento sui termini massimi di permanenza negli incarichi. La fonte normativa primaria da cui siffatti adempimenti promanano ed il conseguente dovere per il Procuratore della Repubblica di ottemperarvi comportano che al Consiglio superiore della magistratura debba riconoscersi un corrispondente potere di verifica e di eventuale indirizzo adeguativo, laddove i

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termini organizzativi adottati non appaiano conformi ai precetti di legge. Controllo che si pone peraltro in modo esattamente sintonico a quanto rilevato nella risoluzione del luglio 2007 laddove si è affermata l’attribuzione in capo al Consiglio di poteri di indirizzo sui progetti organizzativi delle Procure allorché siano in gioco - come senz’altro può ritenersi nella specie, con riferimento agli artt.

104, 107 e 112 della Costituzione - “attribuzioni che concorrono ad assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali”.

La presente risoluzione si pone, dunque, da un lato, come un secondo momento di riflessione - rispetto alla prima risoluzione del luglio 2007 - dal carattere ugualmente orientativo in punto di organizzazione degli uffici del pubblico ministero; dall’altro, ne costituisce un’integrazione anche quale necessario portato di una lettura complessiva delle nuove norme sul tema in oggetto, alla luce dei principi posti a presidio dell’autonomia e dell’indipendenza del singolo magistrato (art.

101 Cost.) e del trasparente e buon funzionamento degli uffici requirenti medesimi (art. 97 Cost.).

E’ proprio alla luce dei ricordati principi costituzionali ed in coerente progressione d’intenti con il primo intervento consiliare in tema di organizzazione degli uffici del pubblico ministero che il Consiglio offre queste ulteriori “linee guida” ai rispettivi dirigenti come atto di mero orientamento, ferma restando in capo ad essi, comunque, la potestà di organizzare le strutture da loro dirette secondo le modalità ritenute più opportune, purché conformi alle prescrizioni di legge ed in vista del conseguimento dei risultati che la legge stessa impone, nonché di quegli altri ritenuti meritevoli di attenzione nello specifico dei singoli uffici. In altri termini, il C.S.M., nello sforzo di individuare e diffondere l’adozione di buone prassi organizzative e traendo spunto dalla risoluzione di quesiti formulati da singoli sostituti nonché, soprattutto, dai suggerimenti avanzati dai Procuratori in occasione dell’incontro tenutosi nei giorni 27 e 28 giugno 2008 a cura della VII Commissione proprio in vista dell’adozione della presente delibera, si limita qui a proporre ulteriori linee guida che concorrano al raggiungimento di quell’obiettivo di omogeneizzazione già caldeggiato nella delibera del luglio 2007. Ben si comprende, invero, come un’eccessiva frammentazione ed una incontrollata disomogeneità dei moduli organizzativi degli uffici requirenti rischierebbe di incidere sul principio costituzionale di buona amministrazione, con effetti diretti sulla durata ragionevole del processo prevista dall’art. 111 della Costituzione.

2. “Linee guida” e profili organizzativi.

La nuova architettura normativa, di rango sia costituzionale sia primario, che disciplina il sistema organizzativo degli uffici requirenti, impone ai Procuratori della Repubblica il rispetto del principio di autonomia del sostituto procuratore (art. 112 Cost.) e, nella loro veste di titolari esclusivi dell’azione penale, il raggiungimento di tre fondamentali obiettivi, destinati ad avere ricadute essenziali in punto di organizzazione ed il raggiungimento dei quali rientra nella loro piena responsabilità:

1. ragionevole durata del processo

per il cui raggiungimento i dirigenti degli uffici requirenti:

- compiono un’attenta, costante e particolareggiata analisi dei flussi e delle pendenze dei procedimenti, eventualmente avvalendosi anche delle Commissioni Flussi istituite presso i Consigli giudiziari;

- nel rispetto del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, sentiti i Presidenti dei Tribunali per i profili organizzativi attinenti alla fase processuale, elaborano possibili criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti

2. corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale nel rispetto delle norme sul giusto processo

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per il cui raggiungimento i dirigenti degli uffici requirenti:

- assicurano la più equa e funzionale distribuzione degli affari tra i magistrati dell’ufficio e curano la costituzione di gruppi di lavoro (indicativamente nelle materie del diritto penale dell’economia, dei reati commessi contro soggetti deboli, dei reati in materia ambientale e di tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro) compatibilmente con le dimensioni del singolo ufficio ed in maniera tale da garantire il rispetto del “Regolamento in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio” deliberato il 13 marzo 2008;

- affidano il coordinamento di ciascun gruppo di lavoro ad un Procuratore aggiunto, che può essere designato anche per più gruppi di lavoro, allo scopo di assicurare lo scambio di esperienze e favorire l’omogeneità degli indirizzi;

- provvedono, con l’ausilio dei Procuratori aggiunti, all’efficace coordinamento dei gruppi di lavoro nonché all’eventuale elaborazione di protocolli d’indagine;

- garantiscono lo svolgimento di riunioni periodiche tra i magistrati dell’ufficio ovvero dei singoli gruppi di lavoro, al fine di assicurare lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali e le innovazioni legislative nonché di verificare l’andamento del servizio;

- disciplinano l’attività dei vice procuratori onorari, nel rispetto dei limiti posti dalle norme di ordinamento giudiziario e delle direttive consiliari;

- procedono all’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, secondo procedure trasparenti, valorizzando le specifiche attitudini dei sostituti e perseguendo l’obiettivo di garantire una formazione professionale completa degli stessi, resa possibile anche dalla rotazione periodica dei sostituti, in modo da assicurare l’acquisizione di una professionalità comune a tutti i magistrati dell’ufficio, modulando i tempi della rotazione sulla base delle esigenze di funzionalità dell’ufficio.

3. efficienza nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’uso delle risorse tecnologiche e nella utilizzazione delle risorse finanziarie

per il cui raggiungimento i dirigenti degli uffici requirenti:

- provvedono a programmare la gestione delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio coerentemente con l’analisi dei carichi di lavoro e con i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti eventualmente fissati, collaborando, nel rispetto dei ruoli e delle competenze stabilite ex lege, con la dirigenza amministrativa;

- promuovono la diffusione delle innovazioni informatiche.

I dirigenti degli uffici requirenti possono organizzare le strutture da loro dirette secondo le modalità ritenute più opportune, conformemente alle prescrizioni di legge e motivando in maniera chiara e completa le loro scelte anche in relazione alla migliore utilizzazione del personale amministrativo, al fine del conseguimento degli indicati risultati ed in vista dello scrutinio finale che il Consiglio superiore della magistratura è chiamato ad effettuare sul loro operato in sede di valutazioni di professionalità, di conferma nell’incarico direttivo e ad ogni altro fine, così come già affermato dal CSM nella risoluzione del 12 luglio 2007.

Nel privilegiare, in ogni programma organizzativo, scelte di gestione improntate al raggiungimento degli indicati obiettivi, i dirigenti sono inoltre chiamati per legge a stabilire i criteri per l’assegnazione degli affari ai magistrati, ivi compresi i Procuratori aggiunti (indicando le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica) e ad adottare indicazioni generali relative all’esercizio delle prerogative proprie del Procuratore in materia di misure cautelari. Anche su tali aspetti, in aderenza all’art. 107 Cost., vanno favoriti preventivi momenti di coinvolgimento e partecipazione dei sostituti in funzione di

“…un’azione trasparente ed efficiente” a presidio e garanzia del miglior funzionamento dell’ufficio.

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Nel ribadire, poi, sul delicato tema della revoca dell’assegnazione, quanto il Consiglio superiore della magistratura ha già affermato nella più volte citata risoluzione del luglio 2007, si ritiene in questa sede utile indicare, in termini del tutto sintetici ed in linea di logica continuità con quanto già deliberato, le modalità attraverso le quali il sostituto può sollecitare il C.S.M. ad intervenire per verificare “l’esistenza, la ragionevolezza e la congruità della motivazione” della decisione di revoca adottata dal Procuratore. In tale prospettiva, entro dieci giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può per legge presentare osservazioni scritte al Procuratore della Repubblica che le trasmette senza ritardo, unitamente all’atto di revoca e ad eventuali controdeduzioni, al Consiglio superiore della magistratura per la verifica della congruità della motivazione ai fini propri delle competenze consiliari. Il Procuratore della Repubblica, nel caso in cui ritenga che la trasmissione senza ritardo degli atti sopra indicati pregiudichi le esigenze di segretezza delle indagini, provvede al relativo inoltro non appena le stesse siano venute meno.

Il sostituto assegnatario o coassegnatario del procedimento, in caso di dissenso col Procuratore in ordine alle modalità di trattazione o all’esercizio dell’azione penale, qualora il Procuratore non abbia esercitato il potere di revoca, può avanzare - come già indicato nella risoluzione del luglio 2007 - richiesta motivata di esonero dalla trattazione dell’affare sul quale si è registrato il contrasto e il Procuratore provvede alla sua sostituzione.

Nella organizzazione di ogni ufficio e così pure di quelli requirenti si deve inoltre tenere conto della presenza e delle esigenze dei magistrati donna in gravidanza nonché dei magistrati che provvedano alla cura di figli minori in via esclusiva o prevalente, ad esempio quali genitori affidatari, e fino a tre anni di età degli stessi. Al fine di assicurare l’adeguata valutazione di tali esigenze, il Procuratore della Repubblica deve preventivamente sentire i magistrati interessati. I Procuratori devono adottare misure organizzative tali da rendere compatibile il lavoro dei magistrati dell’ufficio in stato di gravidanza o in maternità e, comunque, con prole di età inferiore ai tre anni di età, con le esigenze familiari e i doveri di assistenza che gravano sul magistrato. In ogni caso, le diverse modalità organizzative del lavoro non potranno comportare una riduzione dello stesso in quanto eventuali esoneri saranno compensati da attività maggiormente compatibili con la condizione del magistrato. Le specifiche modalità con le quali viene data attuazione alle obbligatorie disposizioni che precedono devono essere individuate in relazione al caso concreto (ad es. esenzione dai turni esterni, dai turni per gli affari urgenti ovvero per le udienze di convalida e per le udienze dibattimentali, organizzazione delle udienze in orari compatibili con la condizione del magistrato etc.).

Le disposizioni che precedono vanno necessariamente estese ai magistrati che abbiano documentati motivi di salute che possano impedire lo svolgimento di alcune attività di ufficio nonché a favore dei magistrati che siano genitori di prole con situazione di handicap grave accertata ai sensi della legge n. 104/1992.

3. “Linee guida” e profili procedimentali.

In linea di ideale continuità con la risoluzione del luglio 2007, il sistema normativo originato dal vigore del D.lgs n. 106 - con diverso connotato finalistico e funzionale rispetto all’obbligo, ex comma 7 dell’art. 1, di trasmissione dei provvedimenti organizzativi al Consiglio superiore della magistratura - tende a scorgere e configurare un circuito conoscitivo-informativo c.d. “interno”, in base al quale appare del tutto opportuno che il dirigente, perfezionato il programma organizzativo, ne trasmetta copia al Procuratore generale presso la Corte di appello, cui compete, ai sensi dell’art.

6 D.lgs cit., il potere di verifica, tra l’altro, del “…puntuale esercizio dei poteri di direzione, controllo e organizzazione degli uffici ai quali sono preposti”.

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La previsione secondo cui ogni Procuratore generale di sede distrettuale ha poi obbligo di riferire periodicamente al Procuratore generale presso la Corte di cassazione con una “relazione almeno annuale” sui dati acquisiti dalle singole procure del distretto - previsione anch’essa rinvenibile nel testo dell’art. 6 cit. - risponde all’esigenza di completare il circuito informativo

“interno” al sistema degli uffici requirenti in punto di assetti organizzativi delle procure.

Analoga trasmissione andrà ancora effettuata al locale Consiglio giudiziario al solo fine di consentire a tale organo la possibilità di valutarne il contenuto alla stregua della previsione del paragrafo 3.2 d) della risoluzione anzidetta. La conoscenza del progetto organizzativo degli uffici requirenti del distretto gioverà peraltro al Consiglio giudiziario anche al fine di esprimere il parere previsto dalla legge in occasione di qualunque valutazione successiva del dirigente ed in funzione del generale potere di vigilanza sull’andamento degli uffici periferici ai sensi dell’art. 15 lett. d) D.lgs. n. 25/2006. In ogni caso le valutazioni anzidette non possono essere disgiunte dalla contestuale disamina del risultato di gestione, ad eccezione di previsioni organizzative immediatamente contrarie a disposizioni di legge.

Rispetto al dettato della precedente risoluzione, va ribadita, quindi, l’esigenza di garantire un esame contemporaneo di tali programmi organizzativi e delle tabelle degli uffici giudicanti da parte dei Consigli giudiziari. Tale contemporaneità, lungi dal rappresentarsi in termini di puro e semplice sincronismo fenomenico, deve invece intendersi nel senso che i Consigli giudiziari, chiamati a valutare le previsioni tabellari dei Tribunali e delle Corti, non possano né debbano prescindere dalla coeva conoscenza degli assetti organizzativi che i rispettivi uffici requirenti abbiano adottato, una volta considerato lo stretto rapporto d’interdipendenza tra tali uffici e constatata l’irrinunciabile opportunità di una valutazione che, nell’apprezzamento di ambedue le gestioni, miri a garantire una funzionalità complessiva del servizio nel settore penale. Al riguardo vale ricordare che un altro e succinto intervento consiliare, relativo allo slittamento al triennio dell’intervallo di vigenza delle tabelle degli uffici giudicanti (risoluzione del 10 ottobre 2007), ha tratto occasione per affermare come i progetti organizzativi degli uffici di Procura, pur prescindendo dai confini temporali fissati dalla legge per le tabelle degli uffici giudicanti, debbano però assecondare l’auspicio che gli uni e le altre siano contestualmente conosciuti sia dal Consiglio superiore che, soprattutto e prima ancora, dai Consigli giudiziari, così da “procedere alla disamina in modo organico delle tabelle degli Uffici giudicanti, valutando la funzionalità degli stessi rispetto all’organizzazione degli Uffici requirenti”.

Le considerazioni che precedono costituiscono a loro volta le premesse per un vivo invito che si rivolge ai dirigenti degli uffici requirenti affinché, pur nelle legittime ed autonome scelte di calibrare i loro progetti organizzativi su intervalli di durata ritenuti congrui alle scelte gestionali e agli obiettivi di volta in volta considerati, valutino favorevolmente, tuttavia, la praticabilità di una vigenza triennale - pari, cioè, a quella tabellare - suscettibile di presentarsi oggi come tipologia cronologica standard e nel contempo idonea a favorire fin dove possibile quella contemporaneità di valutazioni sopra indicata e già caldeggiata nelle risoluzioni del luglio e dell’ottobre del 2007.

Resta da considerare adesso il ruolo del Consiglio superiore della magistratura, destinatario finale dei programmi organizzativi degli uffici del pubblico ministero.

Si tenga conto, intanto, che il fatto stesso di avere disancorato per legge l’organizzazione delle Procure dal sistema tabellare e così dalle sue regole in punto di efficacia esecutiva, comporta l’inevitabile corollario che ogni documento organizzativo dei Procuratori abbia immediata esecutività, compresa ogni eventuale modifica apportata. E se, da un lato, tale effetto dà coerente e complementare rilievo all’accentuato principio di autonomia organizzativa del pubblico ministero, esso pone, dall’altro e con più evidenza, il problema del ruolo del Consiglio, cui quei documenti di gestione vanno trasmessi.

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Ancorché precluso per tali progetti un giudizio di tipo approvativo alla stessa stregua del sistema tabellare proprio dei soli uffici giudicanti, deve tuttavia ritenersi pur sempre consentito, coerentemente alla risoluzione del luglio 2007, un vaglio terminale. Sul punto si ritiene che una formula di mera “presa d’atto” con eventuali osservazioni, pur se non vincolante per il dirigente, compete al Consiglio superiore della magistratura al fine di dare un senso effettuale all’obbligo di mera “trasmissione” al CSM dei progetti organizzativi degli uffici requirenti, sancito all’art. 1, comma 7, del D.lgs n. 106/2006.

In tale ottica, il Consiglio superiore della magistratura verifica che il programma organizzativo sia rispondente alle norme dell’ordinamento giudiziario nonché alle indicazioni consiliari relative alla loro applicazione; in caso negativo, formula i suoi rilievi e li trasmette sia al Procuratore, per opportuna conoscenza anche ai fini dei possibili interventi di sua competenza, sia al Procuratore generale della Corte di cassazione e al Procuratore generale presso la Corte d’appello, cui competono i poteri di vigilanza ex art. 6 del più volte citato D.lgs n. 106.

I contenuti della presente risoluzione e di quella adottata il 12 luglio 2007 valgono, in quanto compatibili, anche per le Procure della Repubblica presso i Tribunale per i Minorenni e le Procure generali presso le Corti d’appello.

Il Consiglio

delibera

di trasmettere la presente risoluzione al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al Procuratore nazionale antimafia, ai Procuratori generali presso le Corti d’appello, ai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali, ai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali per i Minorenni e ai Consigli giudiziari.

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