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PROTOTIPO DI STAMPANTE 3D E ADDITIVE MANUFACTURING 3D PRINTER PROTOYPE AND ADDITIVE MANUFACTURING

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Academic year: 2022

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UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTA’ DI INGEGNERIA

Corso di Laurea triennale/magistrale IN INGEGNERIA MECCANICA

PROTOTIPO DI STAMPANTE 3D E ADDITIVE MANUFACTURING

3D PRINTER PROTOYPE AND ADDITIVE MANUFACTURING

Relatore: Chiar.mo/a Tesi di Laurea di:

Prof. MANDORLI FERRUCCIO ROMANI ALFREDO

A.A. 2020/2021

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A mia sorella Giulia, il mio angelo custode.

Grazie per tutto ciò che hai fatto per me.

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio innanzitutto il Prof. Mandorli per avermi seguito attivamente in tutto il lavoro di tesi con estrema competenza e serietà, condividendo la sua esperienza e conoscenza.

Ringrazio tutta la mia famiglia, soprattutto mia madre, per avermi dato la possibilità di

intraprendere questo percorso di studio e Roberto per aver creduto in me fin dal primo giorno.

Ringrazio i miei amici, per avermi accompagnato durante questa esperienza, condividendo momenti indimenticabili, positivi o negativi che siano, arricchendo con loro il mio bagaglio di vita.

Ringrazio i miei coinquilini con i quali ho vissuto durante tutto il mio percorso, sostenendomi e sostenendoci a vicenda.

Ringrazio Lorenzo ed Emanuele, amici da sempre, per aver camminato a fianco a me durante questa esperienza e non solo.

Ringrazio Zia Emilia, la mia seconda madre, perché lei c’è e ci sarà sempre.

Ringrazio Chiara per avermi sopportato con pazienza.

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Sommario

INTRODUZIONE ... 6

CAPITOLO 1 ... 8

STATO DELL’ARTE ... 8

1.1 Additive manufacturing ... 8

1.1.1 Panoramica generale ... 8

1.1.2 Confronto dell’ AM con i processi convenzionali ... 9

1.1.3 Campi di applicazione e prospettive per il futuro ... 10

1.1.4 Tecnologie e materiali dell’AM ... 12

1.1.5 Fattori che influenzano la qualità dell’FDM ... 15

1.2 Generica catena di processo dell’AM ... 15

1.2.1 Concettualizzazione e CAD ... 16

1.2.2 Conversione in STL/AMF ... 17

1.2.3 Trasferimento e manipolazione del file STL/AMF ... 18

1.2.4 Setup della macchina ... 18

1.2.5 Deposizione ... 19

1.2.6 Pulizia del prodotto ... 19

1.2.7 Post-processo della parte ... 19

1.2.8 Applicazione ... 20

1.3 Controllo della macchina AM ... 20

1.3.1 Algoritmo di generazione del codice di comando G-code della macchina AM ... 20

1.3.2 Software per il controllo della stampante ... 23

1.4 Traiettorie di deposizione ... 24

1.4.1 Pattern di riempimento ... 24

1.4.2 Tecniche di slicing ... 26

1.5 Ottimizzazione della traiettoria di deposizione ... 27

1.5.1 Determinazione dell’inclinazione ... 29

1.5.2 Collegamento ottimale dei sotto-percorsi ... 32

CAPITOLO 2 ... 34

STAMPA FDM E TECNOLOGIA SLA ... 34

2.1 I parametri di stampa FDM ... 34

2.2 Trattamenti post-stampa ... 37

2.3 La tecnologia SLA ... 39

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2.3.1 SLA diretta e SLA inversa ... 40

2.3.2 Proiettori DLP ... 40

2.3.3 Trattamenti Post-Stampa ... 41

2.3.4 Ambiti di applicazione della stampa SLA ... 42

CAPITOLO 3 ... 44

LA TECNOLOGIA SLS ... 44

3.1 Panoramica generale della tecnologia SLS ... 44

3.1.1 Funzionamento della stampante SLS... 45

3.1.2 Caratteristiche di stampa ... 46

3.1.3 Adesione ... 46

3.1.4 Restringimento e deformazione ... 46

3.2 Fenomeno di oversintering ... 47

3.2.1 Linee guide per progettazione parti SLS ... 47

3.3 Trattamenti Post-stampa ... 49

3.3.1 Materiali SLS ... 51

CAPITOLO 4 ... 53

SVILUPPO SPERIMENTALE ED INGEGNERIZZAZIONE DI UNA STAMPANTE 3D DA UFFICIO CON CARTERATURA PORTANTE ... 53

4.1 Fasi di lavoro ... 54

4.1.1 Ricerca dello stato dell’arte ... 54

4.1.2 Progettazione del concept di prodotto ... 54

4.1.3 Progettazione dei sottosistemi ... 54

4.1.4 Realizzazione dei prototipi virtuali ... 59

4.2 Descrizione dei risultati ... 59

CONCLUSIONI ... 61

Bibliografia ... 63

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INTRODUZIONE

La manifattura additiva (o stampa in 3D) è una modalità produttiva che, utilizzando tecnologie anche molto diverse tra loro, consente la realizzazione di oggetti (parti componenti, semilavorati o prodotti finiti) generando e sommando strati successivi di materiale; ciò contrasta con quanto accade in molte tecniche della produzione tradizionale in cui si procede per sottrazione dal pieno (tornitura, fresatura, ecc.).Negli ultimi anni lo sviluppo della tecnologia a stampa 3D ha fatto passi da gigante, cambiando completamente le modalità di lavoro in alcuni settori. Dal punto di vista tecnologico non si tratta di un’innovazione recente, poiché la stampa 3D si utilizza da metà anni 80 nella prototipazione rapida (RP), ma negli ultimi anni le opportunità di utilizzo di questa tecnologia si sono notevolmente ampliate grazie alla possibilità di “stampare” oggetti di maggiori dimensioni in una gamma assai più ampia di materiali (in plastica, metallo, ceramica, cera, gesso, materiali compositi, elastomeri, fotopolimeri, ecc.) con tempi di produzione assai ridotti rispetto al passato.

Anche il costo delle macchine si è ridotto e l’insieme di questi fattori ha permesso uno sviluppo molto importante di questa tecnologia nella produzione di componenti per uso finale.

Proprio per questo motivo, in seguito al tirocinio tenuto insieme ad un team di progettisti meccanici della Redorangesrl, abbiamo progettato una stampante 3D che lavora con la più comune tecnica di modellazione a deposizione fusa (FDM).

La stampante in questione, come già detto, lavora con la tecnica FDM con le seguenti caratteristiche: camera chiusa, per permettere la stampa di materiali sensibili alla variazione di temperatura come l’ABS (uno dei materiali più comunemente utilizzati grazie alla sua buona versatilità e alla sua resistenza meccanica); piano riscaldato, gestito da software per permettere la gestione della temperatura non solo del piano stesso ma anche dell’ambiente interno alla stampante;

singolo estrusore, con tip facilmente intercambiabile.

Nel capitolo 1 viene presentata una panoramica generale sui processi Additive Manufacturing, illustrando le traiettorie di deposizione tipiche dell’ FDM, confrontandola con i processi

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convenzionali, per poi spiegare le aspettative riguardanti il futuro, i vari materiali e tecnologie usate.

Nel capitolo 2 vengono invece trattati i parametri di stampa FDM, i vari trattamenti post stampa, il set della stampante e si parla della tecnologia SLA.

Nel capitolo 3 invece viene esposta la tecnologia SLS, i trattamenti post stampa riguardanti questa tecnologia, i materiali possibili da usare e i suoi vantaggi.

Nel capitolo 4 infine viene presentato uno sviluppo sperimentale ed ingegnerizzazione di una stampante 3D da ufficio con carteratura portante, progettata durante il periodo di tirocinio.

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CAPITOLO 1

STATO DELL’ARTE

In questo capitolo viene trattata una panoramica generale sui processi Additive Manufacturing, illustrando le traiettorie di deposizione tipiche dell’ FDM, confrontandola con i processi convenzionali, per poi spiegare le aspettative riguardanti il futuro, i vari materiali e tecnologie usate.

1.1 Additive manufacturing

La tecnologia additive manufacturing1 (AM)è nata, inizialmente sotto il nome di rapid prototyping (RP), con lo scopo di realizzare in breve tempo un prototipo destinato a fornire un riscontro pratico nel corso delle fasi di progettazione, con finitura non sufficiente per produzioni di alto livello [1]. Grazie all’aumento della qualità di fabbricazione, è stato possibile realizzare componenti con caratteristiche paragonabili a prodotti finiti, passando quindi dalla fabbricazione di prototipo del RP al processo più accurato mediante AM.

1.1.1 Panoramica generale

L’ AM consente di realizzare prodotti finiti partendo solo dal modello 3D CAD2, anche molto elaborato, senza dover passare da un’accurata e complessa analisi geometrica per determinare il piano di produzione (l’ordine di realizzazione delle varie caratteristiche, gli utensili e le lavorazioni da eseguire…) come è richiesto dalle tecniche più convenzionali.

Bisogna conoscere soltanto pochi dettagli dimensionali, i materiali usati ed avere alcune nozioni fondamentali sul processo AM.

L’idea di base in questi processi è realizzare il componente mediante la deposizione di materiale in più strati, detti layers. Ogni layer è una sezione finita, molto sottile dell’oggetto rappresentato nel file 3D CAD. L’oggetto ottenuto è quindi un’approssimazione più o meno vicina al pezzo ideale in funzione dello spessore realizzabile dei vari layers. Tutte le stampanti commerciali sfruttano questo approccio di slicing (ovvero di “affettare” il modello 3D CAD in più layers), differenziandosi principalmente nei materiali utilizzati, nella strategia di creazione dei layers, e la loro interconnessione. Queste caratteristiche

1Terminologia adottata recentemente dalla commissione tecnica F42 dell’ASTM International

2 Three-dimensional Computer-Aided Design

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influenzano l’accuratezza, le proprietà del materiale e meccaniche, la velocità di realizzazione ed il costo del processo di realizzazione.

1.1.2 Confronto dell’ AM con i processi convenzionali

A differenza dei processi convenzionali, l’Additive Manufacturing presenta capacità uniche, qui di seguito presentate [2]:

Flessibilità nel design La caratteristica fondamentale dei processi AM è l’approccio di deposizione per layers, che consente la creazione di quasi la totalità delle più complesse forme geometriche, con un ridotto numero di vincoli per il disegnatore. Permette inoltre la realizzazione di parti in multi-materiale, dove è richiesta una determinata funzionalità dell’oggetto progettato. Le tecnologie più tradizionali, quali asportazione di materiale e stampaggio ad iniezione, hanno un approccio totalmente differente, limitando la libertà del disegnatore con un numero considerevole di vincoli intrinseci della tecnologia quali: ordine delle lavorazioni, difficoltà dell’utensile di raggiungere zone nascoste in geometrie complesse senza collidere con il componente, limitazioni sulla geometria. Un altro vantaggio dell’AM riguarda la capacità di realizzare strutture topologicamente ottimizzate per la riduzione di materiale utilizzato e massa.

Costo della complessità geometrica Le attuali tecnologie AM forniscono maggiore libertà al disegnatore nella realizzazione di forme complesse. Quando si utilizzano queste tecnologie, la complessità non implica nessun costo aggiuntivo poiché non è richiesta nessuna lavorazione addizionale ne operatori con esperienza specifica. Mentre per quanto riguarda le tecnologie tradizionali (come ad esempio nello stampaggio ad iniezione), esiste una relazione diretta tra complessità geometrica e costo della lavorazione.

Accuratezza dimensionale L’accuratezza dimensionale, ovvero la tolleranza di stampa, si stabilisce confrontando il prodotto finito con il modello digitale. Nel sistema di lavorazione tradizionale, esistono delle normative standard necessarie per assicurare la qualità richiesta.

Molte macchine AM sono usate per costruire componenti della dimensione di diversi centimetri, con una tolleranza inferiore al centesimo di millimetro. Con le attuali aspettative nelle tecnologie AM, che si stanno evolvendo nella produzione di componenti finiti, sta crescendo la necessità di normative standard sull’accuratezza dimensionale in ambiente industriale.

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Necessità di assemblaggio I processi AM consentono la produzione di forme geometriche che necessiterebbero l’assemblaggio di più parti se ottenute con processi tradizionali. Inoltre è possibile utilizzare le tecniche AM per ottenere assiemi stampati come un'unica parte, costituiti anche da meccanismi integrati. Le parti ed i giunti sono deposti in posizione e sospesi da materiale di supporto, o polvere non sinterizzata, che sarà poi rimosso in post- produzione, introducendo una possibile fonte di inaccuratezza geometrica.

Tempo ed efficienza dei costi nel ciclo produttivo Alcuni processi convenzionali, come lo stampaggio ad iniezione, sono molto efficienti per quanto riguarda costi e tempi per la produzione di massa indipendentemente dall’elevato investimento iniziale di setup. Per quanto riguarda i processi AM, sebbene molto lenti, sono adatti alla produzione di piccole quantità poiché non è richiesto alcun costo fisso di avvio produzione. Inoltre, per fabbricazioni su richiesta in loco, la produzione AM ha un costo di inventario inferiore, quindi può potenzialmente ridurre i costi associati alla consegna e alla catena di fornitura.

La combinazione di un design migliorato e la riduzione dei costi associati alla consegna e alla distribuzione consentono l’impiego dell’ AM in una grande varietà di applicazioni.

1.1.3 Campi di applicazione e prospettive per il futuro

Esistono numerosi campi di applicazione per l’AM. Inizialmente l’unico campo di impiego era limitato alla creazione di modelli visivi non funzionali, più di carattere intuitivo per presentare concetti e design da affiancare alle classiche rappresentazioni bidimensionali.

Con l’evolversi della tecnica per quanto riguarda materiali, accuratezza e qualità globale del prodotto ottenuto, è stato possibile applicare questo processo a componenti destinati all’assemblaggio con una determinata funzionalità. In conseguenza a tutto ciò è cambiata la mentalità degli utenti medi per lo sfruttamento di queste tecniche in campi nuovi o nella sostituzione di processi già convenzionali.

Comparando queste tecnologie con quelle ad asportazione di materiale, le AM sono particolarmente adatte alle produzioni di piccoli volumi, in particolare per componenti con geometria complessa, oppure personalizzati [3]. I principali campi di impiego sono aerospaziale, automotive, biomedico ed in campo energetico.

I traguardi raggiunti dall’AM nel corso degli anni possono essere esemplificati mediante l’esempio di tre industrie chiave [4]:

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• I produttori di automotive sfruttano questa tecnologia per velocizzare l’immissione sul mercato di nuovi prodotti. Un esempio di applicazione è l’utilizzo dell’AM come processo temporaneo, per produrre rapidamente alcune parti prima che sia disponibile l’utensile per la loro produzione. I produttori di un volume ridotto di automobili sfruttano l’AM come tecnologia preferenziale per alcune parti, in quanto risulta la scelta economicamente più vantaggiosa. Al giorno d’oggi l’AM è quindi una delle tecnologie centrali nello sviluppo dell’industria automotive.

• Le compagnie aerospaziali sono interessate a queste tecnologie perché consentono la realizzazione di prodotti molto complessi con elevate prestazioni. Permettono di integrare funzionalità meccaniche, eliminare l’assemblaggio ed introdurre lavorazioni interne (come canali di raffreddamento, strutture interne a nido d’ape, ecc..), ottenendo quindi strutture molto leggere con funzionalità complesse.

• Le industrie mediche investono nelle tecnologie AM in quanto è possibile personalizzare i dispositivi medici realizzati, soddisfando le necessità dei singoli pazienti. Queste applicazioni tuttavia non hanno preso piede come previsto, probabilmente poiché è difficile stabilire un modello di costo, date le numerose variabili legate agli aspetti medici.

Le maggiori limitazioni di queste tecnologie sono la velocità, l’accuratezza, la non linearità (legata alla differente risoluzione per gli assi XYZ), le proprietà dei materiali ed il costo del sistema. Lo sviluppo dei materiali è incentrato sui compositi, per accrescere le proprietà meccaniche del prodotto finito. Per quanto riguarda i costi, essi sono associati principalmente al processo.

La diffusione delle tecniche AM porterà inevitabilmente alla sua diffusione in differenti aree.

Alcune di queste aree (incluse automotive, aerospaziale e medicale) hanno criticità nella sicurezza e nelle prestazioni, necessitando quindi di attenzione nel controllo e nel monitoraggio del processo per garantire elevate qualità.

Di seguito sono riportati alcuni possibili scenari per quale sarà il futuro per le tecnologie AM:

• Se la velocità di fabbricazione dovesse aumentare significativamente, i componenti potrebbero venir realizzati in minuti piuttosto che in ore. Le stampanti 3D potrebbero essere utilizzate in negozi, dove i consumatori ordinerebbero il proprio componente ritirandolo nell’immediato. Certamente sarà necessario migliorare il processo di design ed i materiali per far fronte a questo cambiamento.

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• L’AM può essere automatizzato ed utilizzato insieme ad altri processi. Questa tecnologia ibrida additiva/esportativa di materiale non sarà immediata come l’attuale AM, sarà più costosa ma permetterà la realizzazione di pezzi di maggiore complessità.

• Un numero già elevato di macchina AM è in grado di manipolare un’ampia gamma di materiale. È lecito aspettarsi un’evoluzione in questa direzione, sebbene sia un obiettivo relativamente difficile da raggiungere, ma che può portare alla realizzazione di prodotti estremamente complessi da ottenere con le tecnologie tradizionali.

• Un’area di applicazione completamente nuova che sembra svilupparsi è quella riguardante l’ingegneria dei tessuti, dove l’approccio AM è utilizzato per generare strutture utilizzabili in impianti medicali. Questi ultimi conterranno cellule che potranno combinarsi tra loro per formare tessuti umani. L’AM è la chiave per questa grande innovazione, che per giungere all’obiettivo finale necessita di nuovi strumenti biochimici. Attualmente esiste un grande numero di sistemi sperimentali disponibili per la ricerca, al fine di esplorare la moltitudine di differenti opzioni disponibili.

1.1.4 Tecnologie e materiali dell’AM

Diverse compagnie industriali introdussero nel mercato, a partire dagli anni ottanta, numerosi processi AM, classificabili tramite differenti criteri [3]. In questa trattazione verranno suddivisi in base allo stato e forma iniziale dei materiali impiegati per la lavorazione, fornendo una panoramica generale sul processo. Nelle sezioni successive verrà trattata e richiamata prevalentemente la tecnologia FDM ai fini del lavoro di tesi.

Filo La tecnologia più diffusa è la Fused Deposition Modeling (FDM), che fu sviluppata alla fine degli anni ottanta. Questo processo deposita un filo di materiale fuso, solitamente plastico, sfruttando una testa mobile. Il materiale viene quindi portato ad una temperatura appena superiore alla fusione all’interno della testa, per poi essere estruso attraverso un ugello su un substrato e successivamente raffreddato, ottenendo la geometria del layer richiesta. Si sono compiuti dei progressi nella ricerca con dei sistemi ad ugelli multipli, che consentono di depositare contemporaneamente materiali differenti per la realizzazione di oggetti con proprietà innovative.

Differente tecnica è la Robocasting, che estrude paste ceramiche acquose con un processo layer su layer. Il materiale ceramico viene estruso attraverso un ugello e depositato su un substrato, formando quindi un layer. Al termine, la testa di estrusione si solleva per

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rideporre il layer successivo fino al completamento del componente. È necessario il controllo delle proprietà della pasta per il corretto evolversi del processo: il materiale passa dallo stato liquido in solido in circa 10-15 secondi, consentendo la deposizione del layer successivo. La pasta deve avvere un opportuno spessore, viscosità e consistenza per poter generare una sezione deposta con buona approssimazione rettangolare.

Infine a Freeze-form Extrusion Fabrication (FEB) è simile al Robocasting, ma ciascun layer è solidificato congelando la pasta ceramica depositata. Questo processo ha molti vantaggi unici, tra cui: riduzione del legante organico, eco-compatibile, basso costo di impianto e la possibilità di stampare oggetti funzionali multimateriali.

Polvere Questa categoria di processo AM sfrutta, per costruire ciascun layer, la fusione selettiva e la successiva risolidificazione di polveri mediante una sorgente di calore concentrata. Verranno qui elencate le varie tecniche di processo:

Selective Laser Sintering (SLS) è un processo AM che utilizza un fascio laser per fondere e sinterizzare selettivamente un letto di polveri, scansionandone sezioni trasversali ed ottenendo l’oggetto finale layer su layer. Esiste una grande varietà di materiali disponibili per questa tecnologia, tra cui cera, polimeri, metallo, ceramiche, compositi di vetro e polimeri. In post-produzione avviene la sinterizzazione completa della parte, e la rimozione del legante polimerico contenuto nelle polveri. Questa tecnica non necessita, a differenza di molte altre, di strutture di supporto, in quanto l’oggetto durante il processo è immerso nella polvere non sinterizzato.

Selective Laser Melting (SLM) è un processo derivato dall’SLS. La polvere metallica viene completamente fusa da un potente fascio laser collimato per formare un componente metallico denso, che non necessita di trattamenti di post-produzione. Le proprietà meccaniche sono comparabili alla lamiere laminate. Lo svantaggio di questa tecnica è legato alle elevate potenze in gioco necessarie alla fusione delle particelle, e difficili da controllare.

I materiali utilizzati sono l’acciaio inox, titanio, leghe cobalto-cromo, nichel-cromo.

Electron Beam Melting (EBM) è una tecnologia recente , simile all’SML, che sfrutta un fascio di elettroni come sorgente di calore. Gli oggetti cosi ottenuti hanno elevate proprietà meccaniche, grazie alla superiore densità energetica della fonte di calore.

Laser Metal Deposition (LMD), conosciuta anche come laser cladding, è una tecnologia che sfrutta lo stesso principio dell’SLM. A differenza di quest’ ultimo, la polvere viene depositata localmente prima della fusione, non ricoprendo interamente tutta la superficie del layer da deporre. Questa differenza consente la realizzazione di muri molto sottili, in quanto

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la propagazione del calore è meno invasiva. Può inoltre essere utilizzata per la riparazione e la ricopertura di componenti usurate o corrose.

Three-dimensional Printing (3DP) è un processo AM che lavora sempre in un letto di polvere. La costruzione della parte non avviene tramite fusione e risolidificazione, ma spruzzando un liquido legante attraverso una testa simile al getto d’inchiostro. La gamma dei materiali sfruttati è alquanto ampia, ed è sufficiente che la combinazione polvere-legante sia abbastanza viscosa: plastica, ceramica, metallo e compositi di questi. È necessaria una fase di sinterizzazione e/o di infiltrazione in post-processo per ottenere parti funzionali.

Liquido La prima tecnologia AM commercialmente disponibile è stata la Stereolithography (SLA). Il processo consiste nella conversione layer per layer di una resina liquida fotosensibile in stato solido, grazie all’esposizione selettiva ad una lampada ultravioletta che scansiona tutto lo strato ricoperto dalla resina. Per velocizzare il processo, i ricercatori hanno sviluppato il Digital Micromirror Device (DMD), un generatore di maschere digitale per esporre tutto il layer contemporaneamente al fascio UV.

Multi-Jet Modeling (MJM) è un processo AM simile alla stampa ad inchiostro. La testa è costituita da multipli ugelli, allineati ed orientati nella stessa direzione. Ogni singolo ugello distribuisce quando richiesto polimeri o cere fotosensibili alle radiazioni UV. La testa si sposta avanti ed indietro per costruire ogni singolo layer, seguita da una lampada UV che lampeggia per trattare il materiale deposto.

Rapid Freeze Prototyping (RFP) è un processo non ancora commercializzato, che costruisce parti ghiacciate posizionando e congelando selettivamente acqua layer per layer.

Per quanto riguarda la solidificazione, l’ambiente di deposizione è mantenuto ad una temperatura sotto ero, e lo strato precedente aiuta il raffreddamento per conduzione.

Esempio di una stampante tramite FDM Pezzo prodotto tramite la tecnica SLS

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Solido Nella tecnica Laminated Object Manufacturing (LOM), il materiale solido è fornito sottoforma di lamina. Il processo prevede che il materiale sia tagliato con il profilo di un layer mediante un fascio laser, ed incollato allo strato precedente. Quest’ultima fase viene eseguita da un rullo riscaldato che comprime la lamina, ed attiva un adesivo termosensibile, unendo le due parti. I materiali impiegati in questo processo possono essere fogli di carta, plastica, o metallo laminato ricoperto di adesivo. Il vantaggio di questo tipo di fabbricazione risiede nell’elevata velocità di produzione, raggiunta grazie al ridotto peso del laser. La qualità e la finitura dell’oggetto dipendono dallo spessore della lamina di materiale.

1.1.5 Fattori che influenzano la qualità dell’FDM

Esistono diversi fattori che influenzano la qualità superficiale, la resistenza meccanica e l’accuratezza dimensionale delle parti stampate [5]. In generale un componente funzionale necessita di caratteristiche ed esigenze superiori rispetto a modelli visivi. È lecito sottolineare che i difetti nei layers sono impossibili da correggere o compensare in post- produzione. Di conseguenza la qualità e la fattura del layer ricopre un ruolo di fondamentale importanza durante la costruzione della parte, soprattutto per fini strutturali.

I fattori che influenzano la rugosità superficiale sono lo spessore dei layers, l’orientamento della parte deposta, le proprietà del materiale, la temperatura, la dimensione dell’ugello ed altri parametri di processo. Per quanto riguarda la resistenza meccanica, giocano ruolo cardine il pattern di riempimento e la sua inclinazione, il profilo di temperatura e le caratteristiche del materiale. Infine, l’accuratezza dimensionale è caratterizzabile dalla differenza tra la parte disegnata e quella realizzata, e dipende dall’eccesso (overfill) o dalla carenza (underfill) di materiale deposto.

1.2 Generica catena di processo dell’AM

Ogni sviluppo produttivo che coinvolge una macchina AM necessita l’esecuzione di una serie di compiti dall’operatore [1]. In questa sezione si analizzerà ogni passo che costituisce qualsiasi oggetto realizzato con questa tecnologia, con l’obiettivo di comprendere ogni singolo compito e come valorizzarlo per beneficiare di un risultato di qualità superiore.

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Gli otto compiti appena menzionati, in ordine di processo, sono:

• Concettualizzazione e CAD

• Conversione in STL/AMF

• Trasferimento e manipolazione del file STF/AMF nella macchina AM

• Setup della macchina

• Deposizione

• Rimozione delle parti e pulizia

• Post-processo della parte

• Applicazione

Ci possono essere delle variazioni a questa sequenza, dipendenti dalla tecnologia AM impiegata, e dal design del particolare oggetto. Alcuni step possono essere essenziali per alcune macchine o inutili per altre.

1.2.1 Concettualizzazione e CAD

Il primo passo nello sviluppo produttivo di qualsiasi prodotto risiede nella realizzazione di un’idea, per quanto riguarda aspetto e funzionalità, in forma digitale, così da poter poi essere riprodotta con l’AM. Sia per quanto riguarda la realizzazione di prototipi che prodotti finiti sono presenti diversi stadi nel processo produttivo dove sono necessari modelli digitali.

La tecnologia AM non esisterebbe senza il 3D CAD, poiché è necessario rappresentare gli oggetti in forma digitale prima di riuscire fisicamente a riprodurli. L’AM può quindi essere descritto come un processo CAD/CAM (Computer Aided Design to Computer Aided Manufacturing). A differenza degli altri processi di questo tipo, le operazioni tra la fase di disegno e quella realizzativa sono quasi assenti.

La realizzazione 3D CAM dell’oggetto può essere ottenuta attraverso diverse strade: creata da un disegnatore esperto mediante software specifico, generata automaticamente da un

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algoritmo di ottimizzazione, acquisita da una scansione 3D di un oggetto già esistente, oppure una combinazione di queste.

1.2.2 Conversione in STL/AMF

Quasi ogni tecnologia AM usa il formato di file STL. Il termine STL è derivato da

STereoLitography, la primatecnologia AM commericale. Questa forma di dati, considerata di fatto uno standard, riesce a descrivere in modo semplice la sola geometria del modello.

Viene rimossa ogni informazione per quanto riguarda la costruzione, lo storico delle modifiche, ecc…, ed approssima la superficie del solido con una serie di facce triangolari.

La dimensione minima di questi triangoli può essere impostata direttamente, nella magior parte dei software, dal modellatore CAD, e ne determina la risoluzione. Una regola base nel scegliere questa dimensione risiede nel verificare che la risoluzione ottenuta con

l’approssimazione STL sia superiore a quella ottenibile dalla macchina. La conversione CAD-STL è un processo automatico, che può incombere in errori, rilevabili e migliorabili mediante altri software specifici.

(Esempio di file STL).

I file STL sono formati da un elenco disordinato di vertici di triangoli e vettori normali alle superfici, non contengonounità si misura, colori, materiali, o altre caratteristiche. Queste limitazioni hanno portato alla nascita del formato “AMF”, riconosciuto come uno standard ASTM/ISO, che stende il formato STL includendo le caratteristiche mancanti.

All’interno del file STL, i rispettivi triangoli rappresentanti la superficie devono essere correttamente orientati: è quindi presente un vversore normale alla superficie, il cui verso identifica la faccia esterna da quella interna. Geometrie complesse ed altamente discontinue possono portare i triangoli ad avere vertici non allineati correttamente causando vuoti nella

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superficie desiderata. Per evitare il problema, alcune macchine processano il file STL prima della deposizione, coprendo questi buchi depositando del materiale in eccesso. Non sempre però il software è autonomo nella correzione degli errori: con geometrie molto complesse evidenzia dove sono i problemi e lascia la possibilità all’utente di correggerli nel modo più opportuno.

1.2.3 Trasferimento e manipolazione del file STL/AMF

Una volta ottenuto e riparato il file STL, può essere inviato alla macchina AM, ed

idealmente stampato direttamente. Non è quasimai così semplice, ma sono necessari altri passaggi per costruire l’oggetto.

Il primo passaggio è verificare che la parte sia corretta. I software AM dispongono di un’interfaccia grafica che mostra l’oggetto, e ne consente la manipolazione. L’utente potrà riposizionare o cambiare l’orientamento della parte manualmente. È molto comune stampare più copie dello stesso oggetto contemporaneamente con la stessa macchina: sarà necessario duplicare l’oggetto, oppure sostituire completamente il file STL. I file STL sono facilmente ridimensionabili linearmente, funzione utile per alcuni processi che subiscono contrazione o successiva ricopertuta del pezzo. Esistono software che stampano scritte o indicazioni sulle aprti, utili quando le si debbano riconoscere. In alcune situazioni è richiesta la

segmentazione dell’oggetto da stampare, oppure l’unione di più file STL. Non tutte le macchine AM hanno queste funzioni, ma sono disponibili numerosi software per la manipolazione di files STL, anche gratuiti.

1.2.4 Setup della macchina

Tutte le macchine AM hanno dei parametri di setup da definire specifici del processo o della stampante. Alcune macchine sono pensate per funzionare con pochi materiali, necessitando quindi di poche impostazioni definite dall’utente tra una stampa e la successiva. Altri macchinari sono studiati appositamente per funzionare con una grande varietà di materiali, ed avranno di conseguenza molti più parametri da ottimizzare per garantire la corretta realizzazione della stampa in un breve tempo. Nei casi complessi si salvano le impostazioni per velocizzare ogni successivo processo dello stesso tipo, ed evitare errori. Solitamente, una procedura di setup non corretta causa una qualità non accettabile dell’oggetto realizzato.

Prima della stampa, oltre alle impostazioni del software, molte macchine richiedono una preparazione fisica. L’operatore deve verificare che ci sia sufficiente materiale caricato per la deposizione. Nelle macchine a polvere, il materiale viene setacciato prima del

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caricamento. Per i processi che utilizzano una lastra di costruzione, quest’ultima va inserita e posizionata all’altezza corretta, rispettando gli assi della macchina.

1.2.5 Deposizione

La stampa 3D è costituita da una serie di passaggi semiautomatici, che richiedono

l’intervento dell’uomo sia manualmente che concettualmente. Una volta completati questi passaggi, il controllo è affidato interamente alla macchina. Tutte le stampanti 3D hanno un processo di stratificazione similare. Dispongono di una testa o un paio dideposizione mobili verticalmente, un meccanismo per deporre il materiale, ed un criterio di costruzione dei layer. Alcune macchine combinano la deposizione del materiale con la formazione del layer, altre separano le due fasi. In assenza di errori, le stampanti 3D ripetono il processo di

stratificazione layer per layer fino al termine della lavorazione della parte.

1.2.6 Pulizia del prodotto

Idealmente i prodotti dell’AM dovrebbero essere pronti all’uso con un intervento manuale minimo. Tuttavia in alcune circostanze è necessario una significativa manipolazione in post- produzione. In qualsiasi caso, l’oggetto vva sempre separato dalla base di costruzione, sopra la quale si sono deposti tutti i layer per formare l’oggetto. Alcuni processi AM utilizzano del materiale di supporto, per sostenere la struttura ed evitarne il collasso o la deformazione durante la costruzione, quando necessario. È importante sottolineare come queste lavorazioni, più o meno semplici e rapide in funzione del materiale, richiedano in post- produzione una certa manualità ed un equipaggiamento opportuno. Differenti processi AM richiedono altrettanti trattamenti di pulizia.

1.2.7 Post-processo della parte

La fase di Post-processo, solitamente manuale, corrisponde a tutte quelle operazioni di finitura dell’oggetto stampato, funzionali alle specifiche applicazioni. Questa fase può comprendere ad esempio, la lucidatura, la ricopertura, trattamenti termici o chimici per ottenere le caratteristiche meccaniche richieste alla parte. Esistono applicazioni in cui è richiesto un alto grado di finitura e precisione, ed è quindi richiesta una lavorazione ad asportazione per ottenere le dimensioni finali opportune. Alcune tecniche AM producono

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componenti relativamente fragili, necessitando quindi di trattamenti di infiltrazione e/o ricopertura per aumentare la resistenza meccanica.

1.2.8 Applicazione

Dopo il post-processo i componenti sono pronti per l’utilizzo. Gli oggetti cosi ottenuti possono essere composti da materiali simili a quelli disponibili in altre tecnologie, come la fusione e la formatura,ma non rispettano le stesse caratteristiche meccaniche. Il processo AM crea intrinsecamente oggetti con riempimento parziale, ma con piccoli vuoti contenuti al suo interno, possibili sorgenti di rottura del componente in condizioni di stress. Inoltre, durante la deposizione, il materiale può non legarsi al restante o cristallizzarsi

completamente. Per molti processi AM metallici, il rapido raffreddamento porta alla formazione di differenti microstrutture, a differenza delle tecnologie tradizionali. Tutto ciò porta spesso ad anisotropia, da considerare durante la concettualizzazione ed il disegno della parte.

1.3 Controllo della macchina AM

Le macchine AM necessitano di uno speciale algoritmo per stampare oggetti, richiesto per creare le istruzioni comprensibili dal computer numerical control (CNC) [6]. Lo slicing del file STL e l’algoritmo di deposizione dei layers costituiscono aspetti critici per quetsa tecnologia. Esistono specifici software proprietari o open source per adempire a questi passaggi, illustrati nei paragrafi seguenti.

1.3.1 Algoritmo di generazione del codice di comando G-code della macchina AM

Come già presentato nella sezione 1.2, ilc uore del processo risiede in alcuni passaggi fondamentali: la conversione del solido CAD nel formato STL, lo slicing di quest’ultimo e la generazione del percorso di deposizione dell’utensile, ed infine la scrittura delle istruzione in comando in G-Code, linguaggio comprensibile dal CNC. Il Computer Numerical Control, partendo da questo codice ha la possibilità di comandare ogni azione della macchina.

Di seguito sono presentati i passaggi che compongono l’algoritmo di estrapolazione del codice macchina partendo dal modello CAD del solido da realizzare.

Ricerca dei punti di intersezione: La prima parte dell’algoritmo individua i punti di intersezione degli spigoli delle facce esterne con un piano, equidistante tra due piani di

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slicing contigui tra loro. Quando si imposta un layer ad una determinata quota, l’algoritmo deve verificare che ogni faccia del file STL intersechi il piano in esame. Esiste una casistica piuttosto varia di intersezioni, dipendente dalle varie relazioni tra il piano di slicing e le correspettive facce.

Creazione del poligono: Ottenuti i punti di intersezione corretti, il successivo algoritmo è in grado di generare un poligono bidimensionale (2-D) : costituito quindi da linee rette, connesse tra loro e chiuse su se stesse ad una determinata quota (altezza del layer). La generazione di questa curva èmolto importante quando è richiesto il miglioramento della qualità superficiale.

Nel passaggio precedente si sono ottenute coppie di vertici, ma l’obiettivo è quello di definire il poligono che dà forma allayer, ovvero il profilo medio tra due piani di taglio. La soluzione è unire le coppie di vvertici, ottenendo diverse linee rette che verranno intersecate con il piano medio. L’algoritmo genera da queste intersezioni il bordo esterno del layer in questione.

Si ottengono quindi poligoni che rappresentano i vari layer. Ai fini del riempimento interno, per evitare di depositare materiale al di fuori del profilo così generato, si riduce la

dimensione del poligono tenendo conto quindi della larghezza del filo di materiale deposto.

Questoprocesso si ottiene spostando internamente i vertici sopra descritti, ottenendo un nuovo poligono, costituito da linee parallele a quelle del precedente.

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Esempio di un G-Code per un cubo di 10 mm.

Generazione del percorso di deposizione: Una volta ottenuti i layer dagli algoritmi precedenti, è necessario sviluppare un percorso di riempimento interno. Il modello di riempimento e di percorso scelto influenzano il tempo e la qualità di produzione. Nella sezione 1.4.1 questo passaggio sarà maggiormente approfondito.

Creazione della base di deposizione: La base di deposizione (raft) è una tecnica utilizzata per prevenire la deformazione dell’oggetto realizzato. Invece di deporre direttamente il materiale sul piano della stampante, gli oggetti vengono realizzati sopra unabase di materiale che verrà rimossa dal pezzo in un secondo momento. La base è più grande dell’oggetto, ed avrà quindi più adesione di questo. L’algoritmo consentirà tuttavia di scegliere la dimensione e la strategia di riempimento della base appena descritta.

Esempio di stampa FDM con base di deposizione (raft)

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Generazione del G-CODE: Il G-Code è un codice classificato come linguaggio del CNC.

Questi codici sono formati da comandi che gestiscono la stampante 3D, ed ogni codice ha una funzione distinta. Al suo interno sono presente altri codici, quali M-Code che

controllano altri aspetti delle stampanti, ed F-Code che controllano la velocità dell’estrusore.

Le variabili X, Y e Z rappresentano la posizione sugli assi.

1.3.2 Software per il controllo della stampante

Esiste una grande varietà di software per lo slicing, ciascuno con i propri setup e parametri di stampa, ed è quindi importante conoscere la terminologia adottata dallo slicer prescelto [7] [8]. Di seguito vengono presentati alcuni dei software open source attualmente più diffusi:

Skeinforge®: è lo slicer più datato, costituito da una serie di script scritti in pyton e rilasciati sotto una GPL3. È il principale motore di slicing di molti altri software per la stampa 3D, tra cui ReplicatorG® , MakeWare® e RepetierHost® . Lo svantaggio di questo software sta nell’interfaccia utente non intuitiva e nella complessità delle impostazioni.

Slic3r® : motore di slicing moderno, completo ed attivamente sviluppato. E am- ` piamente supportato dai produttori di stampanti e fornito come opzione primaria in Repetier-Host® . I parametri legati alla stampa sono ben organizzati, e permettendo quindi maggior chiarezza all’utente finale.

KISSlicer® : Grazie alla semplice interfaccia grafica `e un software adatto a chi si avvicina per la prima volta a questa tecnologia. Esiste inoltre una versione “pro” che consente di gestire estrusori ed oggetti multipli.

Cura® : `e sviluppato da Ultimaker® con l’intento di rendere la stampa 3D il più semplice possibile. Include tutto ciò che `e necessario per preparare e stampare un file 3D.

Replicator-G® : software sviluppato in Pyton con una buona interfaccia utente, in grado di posizionare facilmente files STL su un piano di simulazione di stampa 3D.

3 GNU General Public License, è una licenza per software libero

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Repetier Host® : software sviluppato in C#4 , in grado di simulare la deposizione di più files per visualizzare il G-code e la sua rappresentazione prima della stampa. Inoltre al suo interno `e presente un software per lo slicing.

Esempio di visualizzazione G-Code tramite Repetier Host®.

1.4 Traiettorie di deposizione

1.4.1 Pattern di riempimento

Esistono due strategie di riempimento sviluppate nei processi AM, che forniscono

caratteristiche diverse di efficienza e qualità: contour-parallel tool-path e direction-parallel tool-path [9]. Una traiettoria di deposizione ottimale `e in grado di migliorare la precisione, qualità superficiale e resistenza del prodotto. Da qui la necessità di uno studio approfondito delle varie tecniche di riempimento disponibili nel mondo industriale e di ricerca.

4 Linguaggio di programmazione orientato agli oggetti sviluppato da Microsoft®

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Contour-parallel tool-path

Il contour-parallel tool-path (CP) sviluppa una serie di offset del profilo di contorno dell’oggetto, sfruttando un approccio a diagrammi Vonoroi per la generazione della geometria di ciascun offset. Questa tecnica depone quindi una serie di profili che corrono parallelamente al bordo del profilo ottenuto dallo slicing, garantendo una buona accuratezza di fabbricazione.

Il problema principale di questa tecnica stanell’algoritmo di offset, il quale è

computazionalmente molto complesso ed impegnativo. Le forme dei layer da deporre mediante AM tendono ad essere molto articolate, soprattutto per strutture multi cavità, e questo complica ulteriormente la generazione della traiettoria. In alcune circostanze questa tecnica può produrre molti tratti di connessione senza deposizione, i cosiddetti “uncut tool paths”, che hanno un impattonegativo sull’efficienza di fabbricazione per il tempo perso nella movimentazione senza lavorazione e sull’accuratezza dovuto alla continua interruzione di materiale uscente dall’ugello.

Direction-parallel tool-path

Il direction-parallel tool-path (DP) sfrutta come tecnica di riempimento di un profilo chiuso una serie di segmenti paralleli ad una direzione orientata. È la tecnica più utilizzata ed oggetto di ricerca al giorno d’oggi grazie alla pratica visualizzazione e alta velocità di deposizione. Dopo aver determinato l’inclinazione della linea di riferimento, per generare la traiettoria di deposizione vengono calcolati una serie di segmenti (paralleli al riferimento) connessi tra loro con piccoli tratti curvilinei.

Questa tecnica è di facile implementazione, ma presenta delle limitazioni come l’impossibilità di deporre delle aree in modo continuo (senza interrompere il flusso di materiale dall’ugello), specialmente per pezzi complessi, avendo la necessità di suddividerle in più settori. Inoltre, un grande numero di piccoli tratti curvilinei può peggiorare la qualità di fabbricazione e in parte l’efficienza: curve molto accentuate necessitano di una velocità relativamente contenuta, richiedendo dei tratti di decelerazione ed accelerazione che si ripercuotono sul degrado qualitativo del prodotto. Un altro problema si riscontra sulla deformazione del materiale costituente l’oggetto, poiché la deposizione nello stesso layer avviene lungo un'unica direzione.

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Traiettoria mista

Per ottimizzare la finitura superficiale, il tempo di deposizione e semplificare

l’implementazione ed il calcolo delle traiettorie dell’utensile la tendenza attuale è quella di ricondursi ad un algoritmo misto. Il bordo esterno viene generato tramite CP, in modo da migliorarne la finitura e per costituire delle pareti che contengano il materiale di

riempimento interno, mentre quest’ultimo viene deposto mediante DP, più rapido e di immediata implementazione e trattazione.

Esempio di Contour-parallel tool-path e Direction-parallel tool-path

1.4.2 Tecniche di slicing

Prima di effettuare lo slicing del componente da deporre è necessario orientare quest’ultimo opportunamente per facilitare la deposizione e ridurre il tempo richiesto per la realizzazione [10] [11]. Viene quindi rilevato il lato più corto dell’oggetto, e scelto come asse verticale di stampa l’asse Z, in riferimento al quale verranno generatitutti i vari layers. La deposizione in layers è la causa dell’effetto scalatura tipico dei processi AM, il quale può essere totalmente rimosso da un componente realizzato con questa tecnica. Poiché i bordi sono a gradino, i layer potrebbero essere completamente all’interno o all’esterno della geometria del modello CAD: questo problema è definito del contenimento (containment problem). Un possibile compromesso risulta essere la generazione del profilo del layer circa a metà altezza dello spessore da deporre. La riduzione dello spessore dei layers migliora la finitura superficiale

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della parte, ma aumenta il tempo richiesto per la deposizione. Questo legame tra la finitura superficiale ed il tempo di lavorazione porta quindi allo sviluppo di diverse tecniche di deposizione.

Inizialmente fu sviluppata una tecnica con spessore dei layers costante, successivamente furono studiati degli algoritmi adattivi per dimensionare opportunamente lo spessore dei vari strati in funzione della geometria del componente da realizzare e delle caratteristiche della stampante. Mantenendo strati di dimensioni maggiori dove ilprofilo si mantiene costante, ed infittendo lo slicing dove è necessario seguire con più precisione il profilo, si può migliorare la finitura superficiale ottimizzando il tempo richiesto alla stampa. Oltre all’agoritmo

adattivo, è possibile variare anche il profilo dei singoli layers nella tecnica FDM, passando quindi da sezioni rettangolari a trapezoidali, ed infine paraboliche. Molti processi AM sono in grado di deporre a spessore variabile, compreso tra un minimo ed un massimo con una certa discretizzazione. Tuttavia molti processi depongono a spessore costante, poiché per farlo variare è necessario nella maggior parte dei casi cambiare fisicamente l’ugello, e quindi l’hardware deve essere in grado di intervenire meccanicamente per far fronte a questa problematica.

Esempio del posizionamento del profilo dei layers rispetto al disegno 3D CAD.

1.5 Ottimizzazione della traiettoria di deposizione

Le varie tecniche di deposizione implementate e studiate nel corso dello sviluppo della stampa 3D mirano a colmare gli svantaggi intrinseci dell’AM rispetto alle tecnologie tradizionali, tra cui l’efficienza di produzione e la qualità di fabbricazione. Per ottimizzare questi due aspetti è necessario sviluppare un modello analitico, che consente lo studio e l’individuazione della traiettoria e dei parametri ottimali.

Come tecnica di deposizione ottimale oggi nella quasi totalità delle applicazioni si sfrutta una traiettoria mista: CP sfruttato sulle superfici esterne per ottenere una buona finitura, e DP per il riempimento interno ad alta efficienza e semplicità di implementazione. Il CP è stato studiato per diverso tempo, e la sua complessità di implementazione non offre la

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possibilità di un ulteriore ottimizzazione, mentre la strategia DP è ancora oggetto di ricerca grazie alla sua volubilità e flessibilità. Verrà quindi di seguito presentata l’ottimizzazione per il solo riempimento interno mediante Direction-Parallel tool-path.

Per quanto riguarda l’efficienza di produzione, non è ragionevole aspettarsi che il tempo teorico di deposizione sia proporzionale alla lunghezza teorica, poiché bisogna considerare degli effetti delle decelerazioni ed accelerazioni durante il processo. In particolare,

deponendo materiale durante la tecnica DP molti piccoli segmenti, la velocità media del materiale deposto è sostanzialmente inferiore rispetto alla velocità desiderata poiché l’ugello deve continuamente accelerare e decelerare nel seguire la traiettoria pianificata a seguito delle curve. Per determinare quindi i parametri di processo opportuni, è necessario un modello di deposizione temporale accurato per stimare il tempo di deposizione e comparare differenti tipi di traiettorie.

La qualità di fabbricazione risente anch’essa della presenza di curve, sia per la geometria che introduce la curva, sia per gli effetti che apportano le accellerazioni alla deposizione. La variazione di velocità in prossimità delle curve influenza lo spessore del materiale deposto, con conseguente peggioramento della rugosità superficiale.

Illustrazione traiettoria Direction-Parallel tool-path

Schemi che mostrano la traiettoria e la velocità di deposizione durante una curva

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Inoltre, in conseguenza delle curve si hanno aree di overfill e di underfill. È intuibile come le aree di overfill ed underfill aumentino al diminuire dell’angolo compreso tra due segmenti adiacenti, e i loro effetti possono accumularsi tra layer adiacenti. In conclusione, laqualità di fabbricazione sarà superiore per traiettorie con segmenti lunghi e poche curve, quindi con pochi cambi di velocità.

In generale, per ottenere la traiettoria di deposizione ottimale per l’estrusione nell’AM, è necessario soddisfare due obiettivi nel corso della pianificazione:

• Ottenere l’inclinazione ottimale bilanciando la qualità di fabbricazione e l’efficienza di produzione.

• Minimizzare il numero ed ordinare i sotto-percorsi per ridurre il tempo perso negli uncut tool paths e le interruzioni nell’estrusione di materiale.

Variazione di velocità nelle curve

1.5.1 Determinazione dell’inclinazione

Qui si presenterà un approccio trattato da [9] per la determinazione dell’inclinazione di deposizione ottimale, sfruttando la quantità di curve nella traiettoria come parametro di studio. Per la valutazione dell’efficienza e qualità di fabbricazione vengono implementate due strategie qui di seguito illustrate:

Strategia orientata all’efficienza di produzione

Per valutare quantitativamente l’efficienza di produzione è necessario un modello effettivo della deposizione. Poiché la portata di materiale deposto varia lungo il percorso, il profilo di

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estrusione deve considerare le accelerazioni e decelerazioni durante il processo legate alla presenza di curve. La velocità di deposizione del materiale è correlata all’angolo compreso tra due segmenti adiacenti costituenti la traiettoria di deposizione. Facendo riferimento alla figura che rappresenta la variazione di velocità nelle curve qui sopra, la variazione di velocità ∆𝑓 è pari a 2𝑓 ∙ sin (𝛼2), dove f è la portata di materiale sulla curva e α è l’angolo compreso tra i due segmenti adiacenti costituenti la curva. È immediato concludere che una curva con un angolo α ridotto può portare ad una riduzione della velocità costante è

necessario stilare una funzione predittiva, evitando repentine accelerazioni dannose per le macchine utensili. La velocità sostenuta nei tratti curvi è determinata in funzione delle caratteristiche dinamiche e geometriche del sistema di movimentazione, successivamente il profilo di velocità viene generato tenendo conto della strategia di accelerazione e

decelerazione predeterminata grazie al modello.

Per completare la traiettoria di deposizione del riempimento intenro sono necessari anche dei sotoo-percorsi di collegamento dei vari settori. L’inclinazione con questa strategia viene quindi determinata calcolando il tempo chiesto per la deposizione, ricavabile dal modello implementato, per un numero finito di angolazioni. I valori cosi ottenuti verranno interpolati per definire l’andamento del tempo di deposizione in funzione dell’inclinazione α, dal quale è possibile ricavare graficamente la direzione ottimale per un’efficienza di produzione soddisfacente.

Esempio di riempimento DP di una deposizione mista e suo profilo di variazione velocità

Strategia orientata alla qualità di fabbricazione

Similarmente alla strategia precedente, per determinare la qualità di deposizione è

necessario un modello di analisi appropriato. Come già illustrato, le fluttuazioni di velocità possono aumentare la rugosità superficiale ed introdurre asperità nel materiale deposto.

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Inoltre le curve degradano ulteriormente la qualità di fabbricazione per la presenza di aree di overfill ed underfill, correlate tra loro tramite l’angolo θ (supplementare di α). L’equivalenza delle due superfici è dimostrabile dalla simmetria geometrica, calcolabili dalle seguenti equazioni:

dove r è metà larghezza del materiale deposto. Dalla seconda equazione è possibile correlare l’andamento dell’area S al variare dell’angolo θ. Al ridursi dell’angolo corrisponde un aumento considerevole della superficie ad impatto negativo.

Per quanto riguarda l’ottimizzazione è necessario individuare la giusta inclinazione per minimizzare siala quantità di curve della traiettoria sia la superficie complessiva di

overfill/underfill sfruttando la seconda equazione. Analogamente alla strategia appena usata viene considerato il profilo da deporre, e variando finitamente la direzione di deposizione ed interpolandone i valori si rappresenta sullo stesso grafico la quantità di curve e la superficie totale di overfill/underfill.

Esempio di lunghezza percorso e tempo di deposizione dello stessoprofilo al variare dell’angolo di inclinazione.

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Studio delle superfici di overfill e underfill.

Esempio di lunghezza percorso e tempo di deposizione dello stesso profilo al variare dell’angolo di inclinazione.

L’inclinazione ottimale orientata alla qualità di fabbricazione siottiene come compromesso minimizzando il numero di curve presenti nella traiettoria e la superficie totale di

underfill/overfill.

1.5.2 Collegamento ottimale dei sotto-percorsi

Dopo aver identificatol’inclinazione ottimale con opportuna priorità, si procede ad identificare i vari settori e il loro ordine di interconnessione. Innanzitutto si individuano delle sotto-regioni intersecando delle rette parallele alla direzione di deposizione con gli

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offset dei bordi esterni ed interni del profilo da deporre. I punti tangenti a tali curve serviranno a definire le iniziali sotto-regioni.

Poiché è indesiderabile deporre ogni singola sotto-area con una definita traiettoria, si imposta il problema del loro accorpamento al fine di ridurre la frequenza di interruzione dell’estrusione e quindi il numero di uncut-panths. Ogni sotto-area ha potenzialmente quattro punti di partenza ed altrettanti di fine deposizione, i quali vanno sfruttati in tutte le combinazioni per comporre traiettorie DP accorpando un numero più amplio possibile di sotto-aree soddisfacendo i requisiti di continuità tra le varie traiettorie, ed ottenendo così delle superfici definibili come settori.

Per migliorare l’efficienza di produzione è necessario ridurre la lunghezza complessiva degli uncut-paths di interconnessione tra i vari settori. Il problema può essere schematizzato come segue: la testa di estrusione deve muoversi attraverso tutti i potenziali punti di inizio una ed una sola volta, partendo da uno di questi punti e fermandosi sull’ultimo, minimizzando il tempo. In prima analisi è riconducibile al problema del commesso viaggiatore, ma ci sono dei limiti nell’applicabilità di questo algoritmo dovuti alla presenza di due potenziali punti di iniziop per ogni settore. In letteratura si utilizza quindi un algoritmo più complesso, basato sull’algoritmo greedy.

Gli uncut-paths sono connessi reciprocamente con varie traiettorie di deposizione. Per ridurre il deterioramento della qualità di fabbricazione nei punti di passaggio dalla traiettoria di deposizione agli uncut-paths e viceversa, è buonanorma generare queste ultime traiettorie con spline parametriche, imponendo la tangenza geometrica con le traiettorie di deposizione nei punti di inizio e fine, tra loro in comune. In questo modo la velocità di deposizione non deve annullarsi all’inizio ed alla fine dei tratti di deposizione (sebbene si interrompa l’estrusione), riducendo quindi accelerazioni e decelerazioni attorno a questi punti. Questo accorgimento porta ad un significativo miglioramento della qualità di fabbricazione soprattutto ad elevata frequenza di interruzione dell’estrusione.

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CAPITOLO 2

STAMPA FDM E TECNOLOGIA SLA

In questo capitolo verranno trattati i differenti parametri di stampa da tener conto per una stampante 3D FDM. Successivamente verranno citati i trattamenti che sono possibili durante il post-stampa e verrà introdotta la tecnologia SLA.

2.1 I parametri di stampa FDM

I parametri di cui tener conto durante la tecnica FDM (Fused Deposition Modeling) sono qui di seguito elencati:

• Layer height: altezza di ogni strato di materiale depositato dalla stampante (ad altezza di layer bassa corrisponde una stampa lenta ma più precisa, impostando invece un’altezza di layer alta la stampa perderà di precisione ma sarà effettuata in minor tempo).

• Shell thickness: spessore delle pareti esterne dell’oggetto

• Bottom/Top thickness: spessore delle pareti inferiore e superiore del modello. Si imposta questo valore come un multiplo,corrispondendte al numeri di strati che si vuole ottenere, dell’altezza di layer impostata in precedenza).

• Fill density: riempimento reticolare interno del pezzo. Serve ad aumentarne la solidità strutturale e permette di avere una base d’appoggio al materiale per chiudere le superfici superiori del modello. Il valore viene espresso in percentuale ed è pari al quantitativo di materiale che sarà presente nel riempimento di ogni strato rispetto all’aria. Un alto valore di riempimento permette di ottenere pezzi più solidi ma che tendono a deformarsi di più, per via delle tensioni create dal ritiro del materiale.

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• Print speed: velocità con cui si muove l’hot end ed è espressa in mm/sec. Ad alte velocità si ottengono delle stampe qualitativamente basse ma in tempi rapidi, mentre invece

abbassando la velocità migliora la qualità del pezzo ma aumenta il tempo impegato per la sua realizzazione.

• Printing temperature: temperatura che viene raggiunta dall’hot end per portare il materiale a punto di fusione. Se la temperatura importata è troppo bassa, il materiale non riesce a fluire bene all’interno dell’ugello, se invece è troppo alta il materiale non è in grado di raffreddare adeguatamente tra uno strato e l’altro. Ogni materiale ha una propria temperatura di stampa.

• Bed temperature: temperatura del piatto di stampa. Alcuni materiali possono essere stampati solamente utilizzando un piatto di stampa riscaldato. Inoltre, il piatto riscaldato è utile per prevenire l’effetto warping anche con materiali che non ne hanno bisogno (PLA).

• Supports: basi di appoggio che permettono di ottenere sottosquadri che altrimenti collasserebbero.

Esempio di supporti per realizzare una figura con sottosquadri.

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Plathform adhesion type: questo parametro permette di migliorare l’adesione del pezzo al piatto di stampa tramite 2 modalità (il Brim e il Raft), che verranno poi rimossi a posteriori.

Il Brim permette di creare uno strato di larghezza definibile a partire dalperimetro della base del modello, rimanendo quindi solo laterale ad esso, facendo toccare dunque la base

inferiore del modello con il piatto di stampa.

Il Raft invece crea 2 o più strati di materiale ortogonali sotto la base dell’oggetto prima di partire con la stampa vera e propria delprimo layer dell’oggetto.

Tra le due modalità il Raft lascia più difetti una volta rimosso rispetto al Brim.

Filament diameter: indicare il diametro corretto del filamento che si utilizza è

indispensabile, in modo che la stampante possa calcolare in modo preciso la quantità di materiale da estrudere.

I filamenti si trovano generalmente in due misure: 3 mm o 1.75 mm. Ogni filamento può avere uno scarto rispetto al diametro indicato dal produttore; filamenti di qualità alta hanno un controllo maggiore su questo parametro.

Flow: indica la quantità di materiale che viene estruso. Il 100% è la quantità ottimale calcolata dalla stampante, ma è possibile aumentare o gestire tale quantità in base alle caratteristiche del materiale di stampa.

Nozzle size: la dimensione dell’ugello è un parametro molto importante dato che influisce sia sul numero delle linee perimetrali dello spessore di parete, sia sul riempimento interno del pezzo. Ogni macchina viene fornita con un ugello specifico, tuttavia in altri casi può essere sostituito con altri di diverse dimensioni.

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In base al tipo di materiale di base possono essere eseguite diverse lavorazioni post-stampa per migliorarne le qualità estetiche.

• Carteggiatura: questa tecnica è usata per i materiali compositi, che devono essere

carteggiati per togliere asperità, sbavature, generalmente i supporti, e levigare le superfici.

È buona norma carteggiare per step, partendo da una grana in funzione dello spessore da asportare e aumentandola successivamente per aumentare la precisione. Ad un eventuale materiale rimosso per errore, come ad esempio una cattiva rimozione dei supporti o errore nella deposizione di materiale, si può rimediare usando dello stucco dentale applicandolo con cura con delle pinze ad ago. È consigliato inoltre, di carteggiare ad umido, in modo da non danneggiare la parte generando calore per attrito.

• Immersioni in vapori di acetone: l’acetone ha un potere solvente sull’ABS ed è molto utile per lisciare la superficie di un oggetto.

• Immersione in vapori di Tetraidrofurano (THF) o Metiletilchetone (MEK): la stessa procedura usata con immersione o vapori di acetone, può essere usata anche per il PLA (acido polilattico), ma cambiando il tipo si solvente.

• Saldatura a freddo su ABS: se per motivi dimensionali si volessero unire due parti, per materiali come l’ABS si può usare l’acetone per creare un unione chimica invece che meccanica. Una caratteristica che contraddistingue l’ABS è che a differenza delle colle, una volta asciugato non rilascia macchie sull’oggetto.

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• Colorazione: in generale, tutti i materiali posso essere colorati con colori acrilici dopo l’applicazione di un primer per evitare che il colore scivoli sulla superficie dell’oggetto.

• Rivestimenti in resina: in commercio esistono resine, come ad esempio la XTC-3D, che possono essere applicate direttamente sulla superficie dell’oggetto (PLA e ABS) per diversi scopi: dare trasparenza e/o come rivestimento protettivo.

• Verniciature: tutte le parti stampate possono essere verniciate, per un effetto estetico e/o protettivo. Per esaltare delle caratteristiche al tatto ce ne sono di più particolari effettuate da centri specializzati. Esistono diversi tipi ti verniciatura, tra le quali troviamo quella

semplice, eseguita per finire e rifinire prototipi o parti finali stampate in materiale plastico, metallo o in resina, e la verniciatura gommata soft touch, che permette di conferire alle superfici trattate un effetto gomma, che risulta morbido al tato e con elevate prestazioni contro i fenomeni di usura.

• Rivestimenti: per materiali plastici caricati, additivati con metalli conduttivi, ad esempio il rame o nanotubi di carbonio, si possono eseguire dei trattamenti superficiali per aumentarne la resistenza ad agenti chimici o atmosferici o per dare un effetto metallizzato. Questa tecnica si chiama galvanizzazione e consiste nel ricoprire il componente plastico con un sottile strato metallico, generalmente Cromo. Questa tecnica è usata prevalentemente nel settore sanitario e automotive.

• Trattamenti termici: i trattamenti termici si effettuano spesso per migliorare le

performance termiche del materiale, cioè la resistenza al calore e le proprietà meccaniche.

Solitamente il metodo usato è la ricottura in funzione del tempo e della temperatura a seconda del materiale plastico. I pericoli che si corrono con questi trattamenti sono il rammollimento e deformazione della parte, quindi si devono prendere alcuni

accorgimenti,quali l’introduzione del pezzo in un forno preriscaldato, eseguire determinate rampe di riscaldamento/raffreddamento dettate dalle caratteristiche del materiale,

immersione del pezzo nella sabbia, che ha diverse proprietà benefiche essendo isolante, quindi mantiene il pezzo nel forno più a lungo, e comprime l’oggetto bloccando le sue distorsioni.

2.3 La tecnologia SLA

La stereolitografia è una tecnica che permette di realizzare singoli oggetti tridimensionali a partire direttamente da dati digitali elaborati da un software CAD/CAM impiegando particolari resine fotosensibili solidificate tramite una sorgente UV. Può essere impiegata anche per produrre velocemente pezzi di ricambio, facendosi inviare il file attraverso internet. L'utilizzo per la produzione in serie è ipotizzabile laddove altre tecniche di produzione si rivelino difficili e costose (per esempio con macchine a controllo numerico) ed in genere per produzioni

numericamente molto limitate dove il costo fisso delle attrezzature (gusci, stampi, ecc..) incida eccessivamente. Gli oggetti prodotti sono costituiti interamente da resine speciali e ciò limita la possibilità di fabbricazione di oggetti metallici o di altri materiali. Questa tecnica è stata

brevettata da Chuck Hull nel 1984 e utilizza la fotopolimerizzazione per solidificare una resina

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