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nel giudizio di responsabilità iscritto al n del registro di segreteria ad istanza della Procura Regionale per le Marche contro i Signori

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CORTE DEI CONTI MARCHE SENTENZA 30 DICEMBRE 2016, N. 79 DATA UDIENZA 16 MARZO 2016

INTEGRALE

PROCEDURA ESPROPRIATIVA - GESTIONE ILLECITA - DANNO ERARIALE - PRETESA RISARCITORIA - PRESUPPOSTI - QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ

COSTITUZIONALE DELL'ART. 1, COMMA 2, LEGGE N. 20/1994 E DELL'ART. 2935 C.C. PER VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 3, 24 E 111 COST. E 6 CEDU - INFONDATEZZA - ECCEZIONE DI PRESCRIZIONE DEL CREDITO - RIGETTO -

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

La Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale per le Marche

composta dai seguenti magistrati:

Dott.ssa Anna Maria Giorgione Presidente

Dott. Gaetano Berretta Consigliere relatore

Dott. Federico Lorenzini Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 21846 del registro di segreteria ad istanza della Procura Regionale per le Marche contro i Signori

Na. Ca. Ma., nato ad (omissis) (c.f. (omissis)), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lo. Do. e Pa. Ro., con domicilio eletto in Ancona, Via (...), presso lo Studio Legale dell'Avv. Se. Bo.;

Ca. Al., nata ad (omissis) (c.f. (omissis)), rappresentata e difesa dall'Avv. Pa. Ma., con domicilio eletto in Ascoli Piceno, Via (...), presso lo Studio Legale del difensore;

Pa. St. Ma., nata ad (omissis)(c.f. (omissis)), rappresentata e difesa dall'Avv. Ro. Ca., con domicilio eletto in Ascoli Piceno, Via (...), presso lo Studio Legale del difensore;

Visto l'atto introduttivo del giudizio.

Letti gli atti e i documenti di causa.

Uditi, nella pubblica udienza del 16 marzo 2016, con l'assistenza del segretario d'udienza, dott.ssa Milena Posanzini, il Consigliere relatore dott.

Gaetano Berretta, gli Avv.ti Pa. Ro. e Lo. Do. per il convenuto Na., l'Avv. Pa. Ma. per la convenuta Ca., l'Avv. Ro. Ca. per la convenuta Pa. e il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Antonio Palazzo.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione depositato in segreteria il 28.9.2015, la Procura Regionale per le Marche ha convenuto in giudizio i Sig.ri Na. Ca. Ma. (Sindaco del Comune di Ascoli Piceno dal Giugno 1990 al Dicembre 1992), Ca. Al. (Funzionario Avvocato del Comune di Ascoli Piceno a far data dall'Aprile 1990) e Pa. St. (Istruttore Direttivo assegnato all'Ufficio Espropri del Comune di Ascoli Piceno a far data dal Maggio 1984), per sentirli condannare, pro quota, al risarcimento del pregiudizio erariale, quantificato nella somma di euro 275.091,39, assertivamente cagionato all'amministrazione territoriale di appartenenza per effetto della gestione illecita di una procedura espropriativa dalla quale scaturiva un contenzioso giurisdizionale conclusosi con la condanna risarcitoria dell'ente.

La Procura Regionale riferiva di aver appreso la notizia di danno a seguito della trasmissione, disposta dal Comune di Ascoli Piceno ex art. 23, comma 5, Legge n. 289/2002, della Deliberazione del Consiglio Comunale n. 80/2006 di riconoscimento di un debito fuori bilancio, pari a

complessivi euro 461.207,12, derivato dalla soccombenza nel giudizio civile attivato dalla Sig.ra Ra. Od. per ottenere il ristoro del pregiudizio subito per effetto dell'illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione, da parte dell'ente territoriale, di un proprio terreno nell'ambito della procedura espropriativa correlata alla realizzazione di un'opera pubblica (sentenza definitiva del Tribunale di Ascoli Piceno n. 232 del 14.3.2005) e dava conto di aver proceduto alla ricostruzione dei fatti e all'individuazione delle responsabilità amministrativo - contabili tramite l'espletamento di apposita attività istruttoria direttamente presso il Comune di Ascoli Piceno.

L'organo requirente procedeva all'analitica ricostruzione della vicenda amministrativa dalla quale era derivato il danno erariale e specificava le ragioni a sostegno della contestazione di responsabilità nei confronti dei convenuti. In sintesi.

1) Sulla base del Piano per l'Edilizia Economica e Popolare vigente presso il Comune di Ascoli Piceno, la Giunta Comunale - sulla base delle precedenti Deliberazioni del Consiglio Comunale n. 115/1981 e della stessa Giunta Comunale n. 930/1985 - procedeva all'approvazione di un progetto esecutivo per la realizzazione di un programma costruttivo di edilizia agevolata a cura dell'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Ascoli Piceno (Deliberazione G.C. n. 295 del 20.2.1989). In tale provvedimento, dal quale derivava la dichiarazione di pubblica utilità delle opere da realizzare, veniva dichiarata l'urgenza ed indifferibilità dei lavori ed ordinata l'occupazione d'urgenza, per un periodo di tre anni, delle aree private interessate dall'intervento pubblico.

2) Con provvedimento del 25.2.1989, il Sindaco di Ascoli Piceno Ciccanti Amedeo (in carica dall'Ottobre 1987 sino al Giugno 1990), in esecuzione della predetta Deliberazione G.C. n. 295/1989, ordinava l'occupazione d'urgenza, preordinata all'espropriazione, delle aree private necessarie per l'attivazione dei lavori di costruzione dell'opera pubblica. Tra queste, un'area di mq. 385 inserita all'interno della c.d. "Vi. Ra.", di proprietà della Sig.ra Ra. Od.. L'immissione in possesso interveniva in data 10.3.1989 e veniva certificata dal verbale relativo allo stato di consistenza dell'immobile oggetto di occupazione temporanea.

3) Con Deliberazione n. 164 del 6.2.1990, la Giunta Comunale di Ascoli Piceno fissava l'indennità provvisoria di esproprio dell'area di proprietà della Sig.ra Ra. in £.11.315.000 (£.30.000 per metro quadrato), con riserva di successiva quantificazione dell'indennità di occupazione temporanea. La stima veniva notificata con ordinanza sindacale n. 38 del 30.3.1990.

4) L'indennità provvisoria di esproprio non veniva accettata dalla parte ablata. Conseguentemente il Comune di Ascoli Piceno attivava le procedure per la determinazione dell'indennità definitiva presso i competenti uffici della Regione Marche. La Commissione Provinciale Espropri della Regione Marche, con nota del 4.7.1991, comunicava al Comune di Ascoli Piceno che l'indennità definitiva d'esproprio era stata fissata in £.26.950.000 (£.70.000 per metro quadrato) e che l'indennità di occupazione temporanea risultava pari a £.2.432.150.

5) A seguito del pronunciamento regionale il Comune di Ascoli Piceno valutava la possibilità di impugnare la stima (nota dell'Assessore Ba. Gi. del 30.8.1991), ma l'opposizione non veniva concretamente attivata (l'organo requirente allegava, sul punto, la nota in data 28.9.1991 a firma dell'Avv.

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Ca. Al. con la quale veniva manifestata l'inopportunità di un'opposizione alla stima e suggerito di addivenire ad una definizione bonaria delle indennità dovute).

6) In data 15.4.1992, il Responsabile dell'Ufficio Espropri, Dott.ssa Pa. St., comunicava al Dirigente dell'Ufficio Ragioneria (che con precedente nota del 23.1.1992 aveva rappresentato la mancanza di disponibilità finanziarie per il pagamento delle indennità espropriative) di aver reperito i fondi necessari per dare corso alla procedura. Conseguentemente, con Deliberazione n. 965 del 18.5.1992, la Giunta Comunale faceva propria la stima definitiva dell'indennità espropriativa e di occupazione temporanea e autorizzava il Sindaco al deposito delle relative somme presso la Cassa Depositi e Prestiti.

7) L'opera pubblica veniva ultimata in data 26.6.1990 (collaudo del 5.4.1991). Il triennio di occupazione d'urgenza veniva a scadere il 25.2.1992 senza che la procedura espropriativa fosse stata definita.

8) In data 23.7.1992, la Sig.ra Ra. Od. adiva il Tribunale Civile di Ascoli Piceno per ottenere il risarcimento dei danni derivati dall'irreversibile trasformazione delle aree di cui era proprietaria a fronte di un'occupazione temporanea che si sarebbe indebitamente protratta oltre il termine triennale fissato nella Deliberazione G.C. n. 295 del 20.2.1989, senza l'adozione del decreto di esproprio. In pari data, il Sindaco del Comune di Ascoli Piceno Na. Ca. Ma., su proposta della Responsabile dell'Ufficio Espropri, Dott.ssa Pa. St., disponeva, seppure in via retroattiva, la proroga del termine di occupazione.

9) Il procedimento espropriativo trovava definizione soltanto in data 6.3.1995, con l'adozione, da parte del Sindaco pro tempore Ca. Na. nel frattempo subentrato, del decreto di esproprio.

10) Il Comune di Ascoli Piceno si costituiva nel giudizio civile con il patrocinio del legale interno Avv. Ca. Al.. La difesa del Comune contestava la domanda attorea facendo leva sulla circostanza che la realizzazione dell'opera pubblica avrebbe determinato il perfezionamento di una c.d. accessione invertita, con automatica acquisizione dell'area al patrimonio comunale.

11) Con sentenza non definitiva n. 287/2000, il Tribunale di Ascoli Piceno, Sez. Stralcio, accertava la responsabilità extra contrattuale del Comune di Ascoli Piceno nei confronti della Sig.ra Ra. Od. e, con separata ordinanza, rimetteva la controversia in istruttoria per la determinazione del quantum debeatur. La sentenza non veniva appellata, né veniva interposta riserva d'appello.

12) Con la successiva sentenza n. 232/2005, la medesima autorità giudiziaria, sulla base di apposita consulenza tecnica d'ufficio, quantificava il danno subito dalla Sig.ra Ra. Od.:

a) Euro 26.996,20 a titolo di ristoro per l'irreversibile trasformazione del suolo.

b) Euro 1.754,76 a titolo di indennità di occupazione legittima dall'immissione in possesso (11.3.1989) sino alla data di irreversibile trasformazione del suolo (26.6.1990).

c) Euro 14.915,71 a titolo di rivalutazione monetaria sulle poste di cui ai punti a) e b) sino al 31.10.2002.

d) Euro 44.882,31 a titolo di interessi legali sulle poste di cui ai punti a) e b), annualmente rivalutate, sino al 31.10.2002.

e) Euro 92.962,25 a titolo di danno conseguente alla perdita di valore della restante proprietà.

f) Euro 58.390,00 a titolo di rivalutazione monetaria sulla posta di cui al punto e), sino al 31.10.2002.

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g) Euro 171.251,40 a titolo di interessi legali sulla posta di cui al punto e), annualmente rivalutata, sino al 31.10.2002.

h) Euro 9.238,25 a titolo di spese legali oltre accessori di legge.

Per un complessivo ammontare risarcitorio pari ad euro 435.125,08.

13) Il Comune di Ascoli Piceno prestava acquiescenza al pronunciamento giurisdizionale e dava corso al pagamento delle somme dovute in favore degli eredi della Sig.ra Ra., nel frattempo deceduta (plurimi mandati di pagamento in data 5.5.2010, che andavano ad aggiungersi a quelli con i quali erano stati ordinati, in data 20.10.2005, i pagamenti delle spese legali liquidate dopo la pubblicazione della sentenza definitiva).

La Procura Regionale qualificava il complessivo ammontare delle somme liquidate in favore degli eredi della Sig.ra Ra. Od. quale danno erariale indiretto e lo addebitava ad un comportamento negligente sia dell'apparato amministrativo (Sindaco Na. Ca. Ma. ed Assessore al ramo Br. Gi., non convenibile perché deceduto), sia dell'apparato burocratico (Segretario Comunale De. Me. Al., non convenibile perché deceduto, Istruttore Direttivo dell'Ufficio Espropri Pa. St. e Avvocato interno dell'ente Ca. Al.).

Ad avviso dell'organo requirente sarebbero state omesse, nella gestione della procedura espropriativa, le necessarie attività amministrative a salvaguardia degli interessi dell'amministrazione comunale; in particolare sarebbe stato indebitamente ritardata la definizione della procedura e si sarebbe omesso di formalizzare, entro la scadenza del termine triennale fissato dalla Giunta Comunale, la proroga dell'occupazione temporanea dell'area destinata alla realizzazione dell'opera pubblica, consentendo in tal modo alla parte ablata di far valere in giudizio un danno ingiusto da accessione invertita, a cui avrebbe fatto seguito - anche per l'inerzia, sia amministrativa, sia processuale, nella ricerca di una soluzione transattiva - l'ingente esposizione a cui sarebbe andato incontro il Comune. Il pregiudizio erariale sarebbe stato inoltre acuito dalla mancata efficace difesa processuale dell'ente e dal fatto che le evidenti incongruenze del pronunciamento del Tribunale di Ascoli Piceno, soprattutto per ciò che concerne il calcolo degli interessi legali, non avrebbero formato oggetto di adeguata analisi nell'ottica di un'impugnazione della sentenza in grado d'appello.

Con riguardo alla posizione del Sindaco Na. veniva evidenziato che pur essendo stata l'occupazione d'urgenza disposta dalla precedente amministrazione, era suo dovere prendere cognizione delle procedure in corso, vigilare sul loro regolare svolgimento ed impartire all'organo burocratico le necessarie direttive. Ciò in ragione del fatto che la competenza gestionale, all'epoca dei fatti, era ancora radicata nella componente politica. Sul punto l'organo requirente ha dato conto del fatto che se è vero che nell'anno 1992, quando si svolsero i fatti oggetto di contestazione, risultava già entrata in vigore la Legge n. 142/1990 che aveva introdotto specifiche attribuzioni gestionali alla dirigenza, è altrettanto vero che il Comune di Ascoli Piceno non aveva dato corso al necessario recepimento delle novità normative con atti interni e che la divaricazione funzionale tra le prerogative di indirizzo politico della componente politica e i poteri di gestione dell'apparato burocratico sarebbe stata invero tracciata

definitivamente ed in generale soltanto successivamente, con l'introduzione della Legge n. 127/1997.

Il comportamento negligente del Sindaco Na. risulterebbe inoltre confermato dall'inutile adozione, nel Luglio 1992 (in concomitanza con l'attivazione della controversia giudiziaria), del provvedimento di proroga del triennio di occupazione, quando ormai il termine era scaduto e l'irreversibile trasformazione del terreno della Sig.ra Ra. già compiuta.

Con riguardo alla posizione della Dott.ssa Pa., l'organo requirente osservava che nella sua qualità di Istruttore Direttivo dell'Ufficio Espropri avrebbe dovuto diligentemente seguire l'iter amministrativo della procedura e - sulla base dei poteri gestionali derivanti dal suo ruolo gestionale presso il plesso dell'amministrazione, come specificamente previsti per il suo profilo professionale dal contratto di lavoro - segnalare per tempo al Sindaco e all'Assessore ai Lavori Pubblici che si rendeva necessario adottare tempestivamente un provvedimento di proroga del periodo di occupazione d'urgenza delle aree irreversibilmente trasformate.

Con riguardo alla posizione dell'Avv. Ca., la Procura Regionale contestava in primo luogo che da parte sua sarebbe difettato il doveroso supporto all'organo amministrativo in merito alle criticità della procedura in corso. Criticità di cui l'Avv. Ca. risultava a conoscenza per essere stata investita

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dall'Assessore ai Lavori Pubblici in merito alle problematiche legate alla stima dell'immobile effettuata in sede regionale. In secondo luogo veniva contestata una gestione del contenzioso non improntato ai canoni della diligenza, atteso che dopo la costituzione in giudizio non sarebbero stati depositati atti difensivi intermedi e finali a sostegno delle ragioni dell'ente, non sarebbero state adeguatamente contestate le valutazioni peritali d'ufficio e non sarebbe stato in particolare rilevato che il computo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali dovuti sulle poste risarcitorie sarebbe stato fondato su una base di calcolo annuale maggiorata non soltanto della rivalutazione monetaria accumulata medio tempore sulla sorte capitale, ma anche degli interessi legali, in violazione del divieto di anatocismo operante nel caso di specie. Tale errato calcolo avrebbe determinato un esborso non dovuto per euro 85.554,21.

La Procura Regionale dava conto di aver fatto precedere il deposito dell'atto di citazione dalla notificazione dell'invito a fornire deduzioni e procedeva a confutare le deduzioni difensive - in particolare l'eccezione di prescrizione del credito erariale azionato - dispiegate dagli odierni convenuti nella fase preprocessuale.

L'organo requirente quantificava il danno erariale concretamente addebitabile nella somma di euro 435.125,08 (non venivano tenute in conto le somme liquidate in favore degli eredi della Sig.ra Ra. a titolo di ritardato pagamento successivamente al passaggio in giudicato della sentenza definitiva di condanna), alla quale veniva sottratta la somma di euro 17.784,71 (pari a quanto sarebbe stato pagato in favore della parte ablata se il procedimento di esproprio si fosse concluso regolarmente) e la somma di euro 24.352,69 (ammontare dei pagamenti disposti nell'Ottobre 2005 successivamente al deposito della sentenza definitiva del Tribunale di Ascoli Piceno n. 232/2005, per i quali l'organo requirente ha ritenuto essere maturata la prescrizione dell'azione di responsabilità). Per un ammontare complessivo pari ad euro 392.987,70.

Il pregiudizio veniva addebitato causalmente ai convenuti in misura pari al 70% (euro 275.091,39) - atteso che avrebbero rilevato, nella vicenda dannosa, le concorrenti responsabilità sia dell'Assessore ai Lavori Pubblici, sia del Segretario Comunale (deceduti) - e formava oggetto della seguente ripartizione.

1) Na. Ca. Ma.: 40% dell'intero danno erariale per euro 157.195,08.

2) Ca. Al.: 20% dell'intero danno erariale per euro 78.597,54.

3) Pa. St.: 10% dell'intero danno erariale per euro 39.298,77.

In conclusione la Procura Regionale domandava la condanna dei convenuti al risarcimento del danno erariale cagionato al Comune di Ascoli Piceno - ad essi addebitabile secondo la suesposta ripartizione - oltre al pagamento della rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio.

Con Decreto del 20.10.2015, il giudizio veniva chiamato per l'odierna udienza di discussione.

Con memoria depositata il 24.2.2016 si costituiva in giudizio il Sig. Na. Ca. Ma., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lo. Do.e Pa. Ro..

Il convenuto riepilogava analiticamente i fatti controversi e riproponeva le medesime difese già elaborate nella fase preprocessuale.

In via preliminare veniva eccepita la prescrizione dell'azione di responsabilità.

Il convenuto evidenziava, in primo luogo, che l'esordio del decorso prescrizionale diritto di credito azionato in giudizio dovrebbe essere ancorato alla data in cui il pregiudizio erariale aveva acquistato il connotato dell'irreversibilità e, conseguentemente, alla data di passaggio in giudicato della sentenza definitiva del Tribunale di Ascoli Piceno n. 232/2005 con la quale era stato quantificato l'ammontare del risarcimento del danno subito dalla Sig.ra Ra.. Sul punto il Sig. Na. dava conto del fatto che secondo i più recenti orientamenti delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, sarebbe prevalsa la tesi secondo la quale in caso di danno erariale indiretto legato ad una sentenza di condanna dell'amministrazione, il dies a quo del termine

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di prescrizione del conseguente credito erariale decorrerebbe dalla data dell'effettivo pagamento, ma procedeva a criticare l'approdo giurisprudenziale evidenziando in particolare che le motivazioni a sostegno di tale tesi - legate alla necessità di assicurare una più celere definizione dei processi ed evitare il rischio di proliferazione di giudizi (in caso di giudicato risarcitorio non seguito dall'effettivo pagamento) - risulterebbero irragionevoli, atteso che proprio lo slittamento temporale dell'esordio prescrizionale poteva essere, paradossalmente, causa di lungaggini nella definizione della posizione del soggetto potenzialmente destinatario dell'azione di responsabilità. Il Sig. Na. evidenziava inoltre che tale interpretazione della norma regolatrice del termine prescrizionale dell'azione di responsabilità (art. 1, comma 2, Legge n. 20/1994) porterebbe ad un'ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti potenzialmente responsabili del danno erariale indiretto, i quali, pur vertendo nella medesima situazione di fatto e di diritto, si troverebbero a poter dispiegare in tempi ragionevoli le proprie difese davanti al Giudice Contabile in caso di pagamenti risarcitori tempestivi da parte dell'amministrazione e si troverebbero per contro a correre il rischio di un prolungamento oltremodo eccessivo della situazione di incertezza in ordine alla propria posizione in caso di pagamenti successivi al passaggio in giudicato della sentenza di condanna risarcitoria. Sul punto il convenuto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, Legge n. 20/1994 e/o dell'art. 2935 c.c., come interpretati dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti nelle ipotesi di danno erariale indiretto derivante da sentenza di condanna irrevocabile a carico dell'amministrazione, per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost. e 6 CEDU.

In subordine il convenuto eccepiva che qualora si ritenesse che il dies a quo del termine prescrizionale fosse decorso non già dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna bensì dall'effettivo pagamento, in tal caso il termine dovrebbe essere comunque fissato all'ottobre del 2005, quando venne erogata la prima tranche di pagamenti. Secondo il convenuto, che ha richiamato plurimi pronunciamenti in tema di illegittimi inquadramenti di personale, il credito erariale dovrebbe essere infatti ritenuto definitivamente accertato per l'intero a seguito dell'attivazione dei pagamenti in favore del soggetto danneggiato, con conseguente possibilità di poterlo far valere, parimenti per l'intero, nei confronti dei soggetti responsabili. In caso di diversa interpretazione delle norme regolatrici della prescrizione è stata parimenti sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, Legge n. 20/1994 e/o dell'art. 2935 c.c. per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, atteso che si verificherebbe in tale ipotesi una irragionevole disparità di trattamento tra i soggetti potenzialmente responsabili del danno erariale a seconda che l'amministrazione pubblica abbia liquidato in un'unica tranche il pagamento risarcitorio ovvero, come nel caso di specie, abbia liquidato ad una certa data una porzione del debito risarcitorio e poi abbia lasciato trascorrere un ampio lasso temporale prima di concludere la liquidazione complessiva del dovuto.

In ulteriore subordine l'azione erariale dovrebbe essere ritenuta prescritta, secondo la difesa del convenuto anche se si dovesse ritenere che il dies a quo del termine prescrizionale sia decorso dalla data del pagamento finale dell'importo risarcitorio, intervenuto nel 2010 (mandati di pagamento del 5.5.2010, adottati a distanza di quasi cinque anni dal primo atto di costituzione in mora, coincidente con la notificazione, in data 4.5.2010 dell'invito a dedurre), atteso che il dies a quo del termine prescrizionale sarebbe dovuto decorrere non già dalla data di adozione del mandato di pagamento, bensì dalla antecedente data di adozione dell'atto di liquidazione dell'importo risarcitorio. Con conseguente evidente decorso temporale ultraquinquennale.

Nel merito il Sig. Na. sviluppava un'ampia ed articolata difesa della propria posizione, evidenziando in primo luogo che sulla base della ricostruzione dell'assetto della materia delle espropriazioni per pubblica utilità, non potrebbe in alcun modo radicarsi, alla data di scadenza del termine di occupazione temporanea, l'evento dal quale sarebbe generato l'obbligo risarcitorio aquiliano nei confronti della Sig.ra Ra., atteso che la procedura espropriativa risultava viziata ab origine per non essere stati previsti, all'atto della dichiarazione di pubblica utilità dell'intervento pubblico (Deliberazione G.M. n. 295/1989, adottata quando il convenuto Na. non era ancora Sindaco del Comune di Ascoli Piceno), i tradizionali "quattro termini" (inizio e fine lavori, inizio e fine espropriazione) previsti dall'art. 13, Legge n. 2359/1865. Con la conseguenza che il pronunciamento del Tribunale di Ascoli Piceno di condanna dell'amministrazione comunale, ancorchè basato sul fatto che l'illiceità della procedura espropriativa derivava dalla scadenza dei termini di occupazione temporanea, avrebbe invero riguardato un fattispecie illecita che si era perfezionata già prima

dell'assunzione di cariche pubbliche da parte del convenuto. Difetterebbe pertanto il nesso di causalità tra il pregiudizio sopportato dal Comune di Ascoli Piceno e il comportamento posto in essere.

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In ogni caso difetterebbe, secondo il Sig. Na., la possibilità di ricondurre l'evento dannoso sopportato dall'ente territoriale ad un proprio

comportamento gravemente colposo, avuto riguardo alla circostanza che dallo svolgimento dei fatti, così come esposti dall'organo requirente e come risultanti dalle sequenze procedimentali allegate al fascicolo processuale, emergerebbe esclusivamente un suo ragionevole interessamento in merito alla positiva definizione della vicenda sulla base delle determinazioni gestionali in carico all'Ufficio Espropri. Con la conseguenza che l'ipotizzata colpa grave per non aver orientato l'amministrazione ad adottare il provvedimento di proroga dell'occupazione d'urgenza - alla luce dello svolgimento dei fatti ed in considerazione della estrema problematicità della materia - risulterebbe esorbitante rispetto ai comuni canoni di valutazione del corretto agire amministrativo.

In via subordinata il Sindaco Na. contestava la quantificazione del pregiudizio erariale, atteso che l'ammontare risarcitorio imputato pro quota alla propria responsabilità conterrebbe partite risarcitorie sulle quali in nessun caso potrebbe essere ipotizzato un proprio concorso causale. Segnatamente le poste contabili per interessi legali e rivalutazione monetaria sul capitale risarcitorio maturate successivamente alla data in cui sarebbe cessato dalla carica di Sindaco.

In via parimenti subordinata il convenuto eccepiva che nella quantificazione del pregiudizio erariale per il ritardato pagamento del debito di valore derivato all'illecito espropriativo, non si sarebbe tenuto conto del fatto che l'ente avrebbe comunque goduto della disponibilità del capitale non erogato. Ed in ogni caso l'intervenuta decurtazione della sorte capitale dall'ammontare risarcitorio oggetto di contestazione (per euro 17.784,71) avrebbe dovuto essere maggiorata degli interessi almeno sino alla data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna, con conseguente riquantificazione in euro 31.170,74.

Il Sindaco contestava infine il criterio utilizzato dalla Procura Regionale per la ripartizione dell'addebito tra i convenuti in giudizio e concludeva domandando in via preliminare la dichiarazione di intervenuta prescrizione del credito erariale azionato ovvero della non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità sollevate, nel merito il rigetto della domanda attorea perché infondata. In via subordinata veniva domandata la riduzione del danno erariale in ragione della limitata partecipazione causale ascrivibile ad un proprio comportamento. In ogni caso con vittoria delle spese ed onorari del giudizio.

Con memoria depositata il 24.2.2016 si costituiva in giudizio la Sig.ra Pa. St., rappresentata dall'Avv. Ro. Ca..

La convenuta dava analitico conto del contenuto dell'atto di citazione formulato dalla Procura Regionale ed eccepiva preliminarmente la nullità dell'atto introduttivo perché l'istruttoria attivata dall'organo requirente sarebbe stata intrapresa in assenza di una notizia di danno specifica e concreta, in violazione dell'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009, definitivamente convertito in Legge n. 141/2009. Ad avviso della convenuta, infatti, la mera trasmissione della Deliberazione del Consiglio Comunale di Ascoli Piceno di riconoscimento di debito fuori bilancio n. 80/2006, disposta in applicazione della previsione contenuta nell'art. 23, comma 5, Legge n. 289/2002, non avrebbe determinato l'acquisizione di alcuna notizia di danno erariale, atteso che il contenuto del provvedimento sarebbe risultato del tutto asettico e privo di riferimenti ad ipotetici profili di responsabilità amministrativo - contabile.

In via parimenti preliminare veniva eccepita la nullità dell'atto di citazione per intervenuta mutatio libelli rispetto alle contestazioni formulate nell'invito a fornire deduzioni. Secondo la Dott.ssa Pa. l'organo requirente, che aveva originariamente contestato l'ipotesi di responsabilità sulla base di un asserito proprio ruolo di Responsabile dell'Ufficio Espropri, avrebbe radicalmente modificato - sulla base delle deduzioni difensive acquisite nella fase preprocessuale - il presupposto della responsabilità, che veniva concentrato non più sul ruolo di responsabile di servizio, bensì su quello di responsabile del procedimento. Tale modificazione della causa petendi avrebbe determinato la nullità dell'atto introduttivo del giudizio.

In via preliminare la convenuta ha inoltre eccepito l'intervenuta maturazione dei termini prescrizionali dell'azione di responsabilità.

Premesso che risulterebbe pacifico che i mandati di pagamento delle somme oggetto di contestazione in questa sede sarebbero stati adottati in data 5.5.2010, che pertanto il danno erariale si sarebbe perfezionato in tale data e che in tale medesima data sarebbe conseguentemente esordito il decorso

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prescrizionale quinquennale dell'azione di responsabilità, non potrebbero sorgere dubbi in merito al fatto che la prescrizione sia maturata, atteso che il primo atto interruttivo del decorso prescrizionale sarebbe intervenuto soltanto in data 8.5.2015 (notificazione dell'invito a fornire deduzioni), quando ormai il quinquennio prescrizionale era irreversibilmente trascorso.

Sul punto la Dott.ssa Pa. ha diffusamente argomentato in ordine all'impossibilità di ammettere in tali ipotesi la possibilità di ritenere che la notificazione dell'invito a fornire deduzioni si potesse ritenere perfezionata ad una data precedente rispetto a quella della effettiva ricezione dell'atto preprocessuale. In particolare è stato escluso che si possa ritenere operante, nel caso di specie, l'istituto della c.d. scissione degli effetti della notificazione e consentirne la rilevanza alla data di presentazione del provvedimento da notificare all'Ufficiale Giudiziario, atteso che l'invito a dedurre non rivestirebbe natura di atto processuale e che pertanto dovrebbe ritenersi operante - sulla base della giurisprudenza tradizionale nella subiecta materia ed anche alla luce del recente pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 24822/2015 - l'ordinaria regola sostanziale civilistica secondo la quale gli atti unilaterali recettizi si perfezionano quando sono portati a conoscenza del destinatario.

Nel merito la Dott.ssa Pa. svolgeva la difesa della propria posizione evidenziando che la responsabilità gestionale del procedimento espropriativo risultava concentrata, secondo quanto previsto dall'ordinamento vigente all'epoca dei fatti - nella componente politica e che, in ogni caso, nell'ambito delle funzioni svolte in qualità di Istruttore Direttivo assegnato all'Ufficio Espropri - ricompreso nel Servizio Amministrativo (assegnato al

funzionario Ze. Fa. Em.) del Dipartimento Gestione del Territorio (assegnato al Dirigente Ta. Al.) - si era limitata alla redazione di atti amministrativi senza alcuna autonomia decisionale e senza l'assunzione di specifiche responsabilità di procedimento. Difetterebbe pertanto, nell'ottica difensiva, la legittimazione passiva in ordine alle contestazioni di danno erariale e la domanda sarebbe in ogni caso infondata per insussistenza dei presupposti necessari per la sua affermazione.

In conclusione la convenuta richiamava le eccezioni di rito formulate e, nel merito, domandava il rigetto della domanda attorea. Con vittoria di spese e compenso di giudizio.

Con memoria depositata il 24.2.2016, si costituiva in giudizio l'Avv. Ca. Al., rappresentata e difesa dall'Avv. Pa. Ma..

La convenuta procedeva a riepilogare i fatti di causa e le contestazioni avanzate dall'organo requirente nei propri confronti e proponendo le medesime argomentazioni difensive della Dott.ssa Pa., eccepiva preliminarmente:

1) La nullità dell'atto introduttivo in ragione del fatto che l'istruttoria attivata dall'organo requirente sarebbe stata intrapresa in assenza di una notizia di danno specifica e concreta, in violazione dell'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009, definitivamente convertito in Legge n. 141/2009.

2) L'intervenuta maturazione della prescrizione dell'azione di responsabilità erariale, atteso che il dies a quo del termine prescrizionale sarebbe da fissare alla data di adozione dei mandati di pagamento delle somme risarcitorie (5.5.2010) e che il primo atto interruttivo del decorso prescrizionale sarebbe intervenuto in data 8.5.2015 (notificazione dell'invito a dedurre nelle forme di cui all'art. 140 c.p.c., perfezionatasi con il ricevimento della raccomandata di avviso).

Nel merito l'Avv. Ca. evidenziava in primo luogo che la vicenda dannosa derivava dall'intervenuto svolgimento di un procedimento amministrativo che non la avrebbe in alcun modo vista coinvolta dal lato gestionale (sul punto è stato rilevato che la corrispondenza intercorsa nel 1991 con l'Assessore ai Lavori Pubblici in merito alla congruità della stima del bene effettuata dalla Commissione Provinciale Espropri non avrebbe in alcun modo rilevato nell'ambito della procedura), con la conseguenza che nessuna responsabilità per omessa vigilanza sullo stato del procedimento espropriativo potrebbe essergli attribuita.

In secondo luogo l'Avv. Ca. osservava che nell'ambito dell'attività di patrocinio legale svolta nell'interesse dell'ente avrebbe asseverato i necessari adempimenti processuali previsti dall'ordinamento senza che possa esserle addebitato l'esito sfavorevole della lite, che sarebbe invero derivato da una

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decisione del Tribunale di Ascoli Piceno basata, da un lato, sulla ricostruzione giuridica delle vicenda, dall'altro lato, sulla quantificazione del quantumrisarcitorio, fissata a seguito dell'acquisizione di apposita consulenza tecnica d'ufficio.

La convenuta eccepiva di aver comunicato puntualmente gli sviluppi processuali all'amministrazione che le aveva conferito il mandato processuale e rilevava che le decisioni gestionali in ordine alle conseguenze derivanti dagli esiti dei giudizi (in particolare la decisione se appellare o meno le sentenze di primo grado) non erano di sua competenza. Con specifico riguardo alla contestazione relativa al mancato rilievo dell'erronea

quantificazione degli interessi e rivalutazione monetaria sulla sorte capitale risarcitoria, la convenuta eccepiva che tali accessori avrebbero costituito un aggravio del pregiudizio patrimoniale conseguente a fattori esterni non dominabili dal presunto responsabile, come da giurisprudenza della Corte dei conti, puntualmente richiamata.

L'Avv. Ca. domandava inoltre l'autorizzazione all'estensione del contraddittorio nei confronti di due compagnie assicurative - segnatamente la Ao.

He. Ri. & Co. s.r.l. e la Ar. In. Co. (Eu.) Limited - per essere garantita e manlevata da ogni eventuale conseguenza pregiudizievole del presente giudizio.

In conclusione la convenuta richiamava le eccezioni di rito formulate e, nel merito, domandava il rigetto della domanda attorea. Con vittoria di spese e compenso di giudizio.

All'odierna udienza le parti hanno insistito nelle domande ed eccezioni formulate ed hanno concluso in conformità agli atti depositati in giudizio.

Al termine della discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare deve essere analizzata la richiesta di chiamata in causa di terzi, formulata dall'Avv. Ca. Al., per essere garantita in caso di soccombenza.

La domanda non può essere accolta.

In linea con la pacifica giurisprudenza riscontrabile nella materia (cfr. Corte dei conti, Sez. Calabria, n. 116/2015; id., Sez. Lazio, n. 384/2014, id., Sez., Sicilia, n. 325/2015; id., Sez. Lombardia, n. 324/2003; id. Sez. Lazio, n. 92/2003) il Collegio ritiene che la giurisdizione della Corte dei conti non possa estendersi al rapporto di garanzia esistente tra i soggetti convenuti in giudizio e le società di assicurazione, atteso che l'ambito dei giudizi celebrati davanti al Giudice Contabile è finalizzato all'accertamento della responsabilità amministrativo - contabile dei soggetti legati

all'amministrazione danneggiata da un rapporto di servizio e che le vicende negoziali concernenti i rapporti di garanzia tra i medesimi soggetti e le compagnie assicurative esulano da questo specifico ambito, dovendo essere conseguentemente conosciute dal Giudice Ordinario.

2. In via parimenti preliminare deve essere vagliata l'eccezione di nullità dell'atto di citazione, formulata dalle difese Pa. e Ca., per violazione dell'art.

17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009, definitivamente convertito in Legge n. 141/2009, atteso che l'istruttoria attivata dall'organo requirente sarebbe stata intrapresa in assenza di una notizia di danno specifica e concreta.

L'eccezione è infondata.

L'art. 17, comma 30 ter, D.L. n. 78/2009 e s.m.i, nel prevedere espressamente che l'attività istruttoria delle Procure Erariali debba essere preceduta dall'acquisizione di una notizia di danno erariale specifica e concreta, ha tradotto in norma di legge un principio che risulta costantemente enunciato dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 104/1989, n. 209/1994, n. 100/1995 e n. 337/2005), secondo il quale, se da un lato il Procuratore Regionale della Corte dei Conti vede attribuito un ampio potere discrezionale nell'esercizio delle sue funzioni, dall'altro lato tale potere discrezionale "...deve

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essere esercitato in presenza di fatti o di notizie che facciano presumere comportamenti di pubblici funzionari ipoteticamente configuranti illeciti produttivi di danno erariale e deve essere diretto ad acquisire atti o documenti precisamente individuabili, di modo che l'attività del Procuratore cui tali richieste ineriscono non possa essere considerata come un'impropria attività di controllo generalizzata e permanente" (Corte Cost., n. 100/1995). I requisiti di specificità e concretezza della notizia di danno devono essere valutati tenendo in conto la duplice esigenza di assicurare che l'attività requirente non trovi origine in mere supposizioni di danno non ragionevolmente individuate e che si traduca pertanto in una non ammissibile indiscriminata attività di controllo e monitoraggio dell'attività amministrativa e, d'altro lato, di garantire effettività all'attività requirente, che risulterebbe invero impropriamente compromessa se la notizia di danno dovesse avere una precisione tale da contenere tutti gli elementi necessari per dare corso all'azione di responsabilità amministrativo - contabile e rendere quindi superflua l'attività istruttoria (cfr., sul punto Corte dei conti, Sez.

Riunite, n. 12/2011/QM).

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale appena richiamato, deve ritenersi, nel caso di specie, che l'attività istruttoria della Procura Regionale sia stata legittimamente iniziata.

Si osserva sul punto che la Procura Regionale ha attivato l'attività istruttoria sulla base della trasmissione della Deliberazione del Consiglio Comunale di Ascoli Piceno n. 80/2006, disposta in applicazione della previsione contenuta nell'art. 23, comma 5, Legge n. 289/2002, con la quale è stato riconosciuto un debito fuori bilancio (euro 461.207,12) derivante dalla soccombenza in un giudizio risarcitorio concernente un illegittimo procedimento espropriativo. La notizia ha riguardato una fattispecie chiara e precisa di danno erariale c.d. "indiretto" e legittimava pienamente l'organo requirente ad approfondire la vicenda amministrativa allo scopo di accertare la sussistenza o meno di responsabilità individuali.

3. In via preliminare deve essere analizzata inoltre l'eccezione, formulata dalla convenuta Pa., di asserita "mutatio libelli" tra la contestazione formalizzata nell'invito a dedurre e quella oggetto dell'atto di citazione. Secondo la convenuta, infatti, il Procuratore Regionale avrebbe dapprima fondato l'addebito di responsabilità erariale sul fatto che la convenuta risultava Responsabile dell'Ufficio Espropri e, successivamente alle deduzioni offerte a seguito della notificazione dell'invito a dedurre, avrebbe modificato la causa petendi concentrandola sul fatto che la convenuta avrebbe rivestito la responsabilità del procedimento. Con conseguente stravolgimento, non consentito dall'ordinamento, della contestazione originaria.

L'eccezione non è meritevole di accoglimento, atteso che le contestazioni nei confronti della Dott.ssa Pa. hanno invero riguardato lo svolgimento, da parte sua, di specifici ruoli gestionali e, in particolare, la sottoscrizione di atti amministrativi nell'ambito delle funzioni rivestite presso l'Ufficio Espropri. Le questioni relative all'esatto inquadramento funzionale e alle conseguenti limitazioni della sua responsabilità attengono invero al merito della vicenda e le asserite modificazioni dei presupposti a base dell'azione di responsabilità riferite dalla convenuta a sostegno dell'eccezione di nullità non hanno invero modificato la causa petendi, che è rimasta sostanzialmente invariata sia nell'invito a dedurre, sia nell'atto di citazione.

4. In via preliminare devono essere infine esaminate le eccezioni di prescrizione - formulate con diverse ed articolate argomentazioni, da tutti i soggetti convenuti - dell'azione di responsabilità.

Le eccezioni non meritano accoglimento.

Con riguardo alle contestazioni sollevate dal convenuto Na. - secondo il quale l'esordio del decorso prescrizionale andrebbe ancorato al passaggio in giudicato della sentenza di condanna dell'ente, ovvero all'atto di attivazione, nell'anno 2005, del primo dei plurimi pagamenti ed in ogni caso all'atto della liquidazione e non già dell'ordinazione dei pagamenti - si osserva che dopo alcune oscillazioni giurisprudenziali, la questione risulta

definitivamente composta dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti (sentenza n. 14/2011) nel senso che la decorrenza della prescrizione, in ipotesi di danno indiretto, non può identificarsi con il momento nel quale sia sorto il semplice obbligo giuridico di pagare, poiché la diminuzione del patrimonio dell'ente danneggiato - da cui deriva l'evento dannoso - assume i caratteri della concretezza, attualità ed irreversibilità solo con l'effettivo pagamento.

Tale approdo ermeneutico risulta pienamente condivisibile, oltre che per ragioni di economia processuale legate al rischio di una proliferazione di giudizi, per ragioni di stretto diritto positivo, direttamente collegate ai comuni principi che governano le vicende obbligazionarie, risultando ragionevole che l'individuazione del momento in cui un diritto di credito possa essere fatto valere ex art. 2935 c.c. venga ancorato al dato storico del

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depauperamento, risultando il semplice titolo per ottenerlo un dato non ancora stabile ed irreversibile nella realtà giuridica. Le motivazioni a sostegno della conclusione a cui si perviene in questa sede comportano, quale conseguenza, il rigetto delle questioni di costituzionalità sollevate dal convenuto, da ritenere manifestamente infondate.

Con riguardo alle eccezioni sollevate dalle convenute Pa. e Ca. - secondo le quali l'interruzione del termine prescrizionale sarebbe intervenuta tardivamente in ragione del fatto che il dies a quo del decorso prescrizionale andava ancorato alla data di emissione dei mandati di pagamento (5.5.2010) e che l'invito a fornire deduzioni sarebbe stato notificato, per entrambe, soltanto in data 8.5.2015 - si osserva che come giustamente evidenziato dall'organo requirente l'unico strumento a disposizione del Procuratore Regionale per costituire in mora i soggetti responsabili era la notificazione dell'invito a fornire deduzioni, da qualificare atto preprocessuale assimilabile, quanto agli effetti ad esso riconducibili, agli atti processuali. Con la conseguenza che il momento perfezionativo dell'interruzione del termine prescrizionale andava necessariamente individuato all'atto dell'attivazione del procedimento di notificazione con la consegna del plico all'Ufficiale Giudiziario (intervenuto in data 29.4.2015), in linea con le statuizioni, sul punto, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 24822/2015), secondo la quale "La regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicché, in tal caso, la prescrizione è interrotta dall'atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario per la notifica...". Con conseguente tempestività dell'atto interruttivo.

5. In assenza di altre questioni preliminari, può essere affrontato il merito della controversia.

La domanda formulata dalla Procura Regionale può essere accolta esclusivamente nei confronti dell'Avv. Ca. Al. in relazione al pregiudizio erariale derivato dal pagamento eccessivo di somme a titolo di interessi e rivalutazione monetaria sulla sorte capitale risarcitoria.

Premesso che il perfezionamento di un pregiudizio erariale c.d. indiretto a carico del Comune di Ascoli Piceno risulta indiscutibile alla luce dell'intervenuto pagamento delle somme risarcitorie fissate nella sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 232/2005, deve tuttavia rilevarsi che la prospettazione accusatoria ha riunito partite di danno erariale relative all'illegittimo svolgimento del procedimento espropriativo che in larga misura non potevano essere collegate causalmente agli atti e comportamenti posti in essere dagli amministratori e dipendenti del Comune di Ascoli Piceno nell'ambito della procedura ablatoria. Ciò rileva in particolare per le conseguenze finanziarie (interessi e rivalutazione monetaria) derivate

dall'eccessivo prolungamento del processo civile finalizzato all'accertamento del diritto risarcitorio della Sig.ra Ra. ma riguarda, a ben vedere, anche il riconoscimento, in favore della medesima Sig.ra Ra., di maggiori somme a titolo di ristoro per l'ablazione del terreno irreversibilmente trasformato e per il deprezzamento della proprietà residua, che avrebbero potuto essere richieste e riconosciute per via giudiziaria - tramite l'attivazione del giudizio di opposizione alla stima - anche se il procedimento espropriativo si fosse concluso regolarmente.

Con specifico riguardo ai profili di illegittimità della procedura deve inoltre riconoscersi, sulla base dell'analisi degli atti presenti nel fascicolo processuale (in particolare la Deliberazione G.C. n. 295/1989 di approvazione del progetto esecutivo di realizzazione dell'opera pubblica dal quale derivava implicitamente la dichiarazione di pubblica utilità dell'intervento) che l'immissione in possesso nelle aree della parte ablata - come giustamente rilevato dalla difesa Na. - era intervenuta in carenza di potere per non essere stata la dichiarazione di pubblica utilità sorretta dalla necessaria indicazione dei termini di inizio e compimento delle opere e delle espropriazioni (cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. I, n. 13756/2009; Cass.

Civ., Sez. I, n. 9370/2011), con la conseguenza che il successivo acquisto della proprietà dell'area irreversibilmente trasformata - invero ormai definitivamente accertato dal Tribunale di Ascoli Piceno in termini di accessione invertita - è stato invero generato - nell'effettiva realtà giuridica, che non può non essere valutato in questa sede di responsabilità erariale - in ragione della rinunzia abdicativa alla restitutio in integrum (ipotesi di c.d.

occupazione usurpativa) da parte della parte ablata. L'evento che ha generato il pregiudizio erariale è conseguentemente intervenuto prima che i comportamenti oggetto di contestazione siano stati posti in essere. Si osserva inoltre che la condanna risarcitoria risultava inevitabile, con la conseguenza che non può essere imputato all'Avv. Ca. di non aver validamente patrocinato, sui profili strettamente sostanziali, l'ente territoriale.

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Il Collegio evidenzia che nel periodo in cui i convenuti Na. e Pa. hanno gestito, ciascuno nel proprio ambito di competenza, la procedura espropriativa, il Comune di Ascoli avrebbe potuto agire in via di autotutela e ripristinare la regolarità amministrativa degli atti, così come avrebbe potuto, anche alla luce del fatto che le aree occupate risultavano già irreversibilmente trasformate, evitare il protrarsi dell'occupazione temporanea oltre il termine di scadenza. Il mancato svolgimento di tali attività non può essere tuttavia imputato a titolo di colpa grave, attesa la problematicità obiettiva del quadro di riferimento normativo e giurisprudenziale. Particolarmente significativo, sul punto, la circostanza che all'epoca dei fatti non era chiaro ed avrebbe invero formato oggetto di contrasti giurisprudenziali la natura stessa delle proroghe dei termini di occupazione temporanea disposte dal Legislatore a più riprese negli anni ottanta e sino alla Legge n. 158/1991, di cui è stata infine riconosciuta l'operatività automatica, a prescindere dall'adozione di uno specifico atto amministrativo (cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. I, n. 12382/1998).

A diversa conclusione deve invece pervenirsi in relazione alla domanda risarcitoria formulata per il mancato rilievo della evidente sovrastima - sia da parte del consulente tecnico d'ufficio, sia successivamente da parte del Tribunale di Ascoli Piceno - degli importi dovuti in favore della parte ablata a titolo di rivalutazione monetaria ed interessi legali. Come giustamente rappresentato dall'organo requirente, l'ammontare di tali partite contabili è stato quantificato attraverso l'applicazione della capitalizzazione annuale degli interessi legali, che risultava pacificamente vietata, come statuito dalla Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. Unite, n. 1712/1995), secondo la quale, in caso di debiti di valore, gli interessi per ritardato pagamento vanno calcolati, anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata nell'arco del ritardo.

Il mancato rilievo dell'errore di quantificazione - puntualmente indicato dalla Procura Regionale in euro 16.518,50 per l'irreversibile trasformazione dell'area occupata ed in euro 69.036,21 per il detrimento dei beni residui, per un ammontare complessivo di euro 85.554,70 (somma invero non contestata dalle parti convenute) - deve essere imputato ad un comportamento gravemente colposo dell'Avv. Ca. Al., che pur avendo patrocinato il Comune nel giudizio risarcitorio, ha omesso di segnalare il macroscopico errore dal quale è derivato un rilevante aggravio risarcitorio a carico dell'amministrazione. La gravità della colpa è direttamente connessa all'evidenza dell'errata quantificazione delle somme dovute a titolo di rivalutazione ed interessi, che avrebbe dovuto formare necessariamente oggetto di segnalazione sia in sede processuale, sia successivamente al deposito della sentenza definitiva, al fine di consentire all'amministrazione di valutare la proposizione di un gravame.

Poiché dal lato causale il mancato rilievo dell'erronea quantificazione risarcitoria deve essere causalmente imputato, oltre che all'Avv. Ca., anche ai vertici dell'apparato burocratico in cui il funzionario - avvocato svolgeva la propria attività, il Collegio ritiene equo limitare l'addebito in misura pari al 50%, per complessivi euro 42.777,35.

In conclusione si ravvisano in capo all'Avv. Ca. Al. pienamente sussistenti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa per il danno erariale arrecato al patrimonio del Comune di Ascoli Piceno, addebitabile a suo carico in misura pari ad euro 42.777,35:

1) il rapporto d'impiego e/o di servizio in ragione del quale si è verificato il comportamento pregiudizievole;

2) il nesso causale tra l'evento e il comportamento posto in essere;

3) l'elemento soggettivo della colpa grave.

La somma risarcitoria, da intendersi già rivalutata, sarà gravata degli interessi legali a far data dalla pubblicazione della presente decisione sino al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Poiché i convenuti Na. e Pa. si sono costituiti in giudizio, per il regolamento delle spese, deve farsi applicazione del combinato disposto di cui all'art.

10 bis comma 10 D.L. n. 203/2005, conv. in L. n. 248/2005 (a mente del quale "le disposizioni dell'art. 3 comma 2 bis del D.L. 23 ottobre 1996 n.

543, convertito dalla legge 20 dicembre 1996 n. 639 e dell'art. 18 comma 1 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67, convertito dalla legge 23 marzo 1997 n.

(13)

135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all'art. 91 del c.p.c., liquida l'ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto....") e dell'art. 3 comma 2 bis del D.L. 543/1996, secondo il quale le spese legali dei soggetti prosciolti sono a carico dell'amministrazione di appartenenza.

Le spese legali vengono liquidate - in misura pari ad euro 1.200,00 + IVA e CPA e rimborso spese, in favore dei Sig.ri Na. e Pa..

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Marche, definitivamente pronunciando,

Dichiara

Manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, Legge n. 20/1994 e dell'art. 2935 c.c. per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost. e 6 CEDU.

Rigetta

L'eccezione di prescrizione del credito erariale azionato dalla Procura Regionale.

Rigetta

La domanda risarcitoria formulata nei confronti dei Sig.ri Na. Ca. Ma. e Pa. St..

Liquida e pone a carico del Comune di Ascoli Piceno la somma di euro 1.200,00 per ciascuna difesa a titolo di spese legali sopportate dai convenuti.

Condanna

L'Avv. Ca. Al., per l'addebito di responsabilità amministrativa di cui all'atto di citazione in epigrafe, al pagamento, in favore del Comune di Ascoli Piceno, della somma di euro 42.777,35. La somma, da intendersi già rivalutata, sarà gravata di interessi legali a far data dalla pubblicazione della presente decisione sino all'effettivo soddisfo.

Condanna, infine, la convenuta al pagamento delle spese di giudizio che vengono liquidate in euro 3.627,67 (tremilaseicentoventisette/67)

Così deciso in Ancona, nelle camere di consiglio del 16.3.2016 e del 29.6.2016.

L'ESTENSORE

F.to (Dott. Gaetano Berretta)

IL PRESIDENTE

F.to (Dott.ssa Anna Maria Giorgione)

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