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D Nuovo modello di dirigenza del SSN cercasi. Quale carrieraper il medico veterinario?

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Numero 2/2015

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Nuovo modello di dirigenza

del SSN cercasi. Quale carriera per il medico veterinario?

Aldo Grasselli

Ed it or ia le

D

a oltre 15 anni nel SSN è stato introdotto un modello di car- riera verticale basato sull’asse- gnazione discrezionale, da parte delle Aziende sanitarie, di posizioni funzio- nali a tempo determinato collegate e mantenute dopo verifiche periodiche dell’operato del singolo dirigente.

I principi generali di tale tipologia di carriera sono stati normati da una le- gislazione specifica e i Contratti collet- tivi nazionali hanno, successivamente, regolamentato la classificazione tasso- nomica e i profili di responsabilità col- legandoli a graduali aspetti economici.

L’esperienza data dall’applicazione di un tale modello, correlata ai mutamenti economici e politici della “sanità delle Regioni” ha reso evidenti inadeguatezze e penalizzazioni che per un verso hanno depresso l’efficienza del sistema e per altri hanno depresso i dirigenti, fru- strando ogni prospettiva di crescita pro- fessionale, progressione gerarchica, riconoscimento economico.

Il tipo di carriera che è stato privile- giato, ad andamento verticale sia dal punto di vista gerarchico sia econo- mico, ha enfatizzato l’importanza delle posizioni di tipo “gestionale”, in coe- renza al modello di “dirigenza burocra- tico-amministrativa” (ministeri, enti pubblici ecc.), prevalente nella cultura della nostra pubblica Amministrazione.

Tale modello è profondamente diffe- rente da quello di “dirigenza tecnico professionale” (attuato in buona parte

degli Stati dove è operante un SSN pubblico), che è più consono alle spe- cificità professionali della nostra cate- goria e alla specialità giuridica prevista per la peculiare “dirigenza medica e veterinaria”.

Nella maggior parte dei casi le posizioni funzionali assegnate dalle aziende sono state quelle a componente prevalente- mente gestionale. L’individuazione delle

“strutture” si è basata più sulla defini- zione del contenitore che dei contenuti.

Se questo poteva soddisfare i professio- nisti in un periodo di vacche grasse e di ASL piccole, in un quadro generale ben più difficile economicamente e ben più complesso per le nuove dimensioni delle azienda sanitarie si impone una rifles- sione su questi temi che ci consenta di elaborare e generare una ottimale evo- luzione.

L’assegnazione di posizioni funzionali da parte dell’azienda è stata discrezio- nale, basata soprattutto sulla valuta- zione soggettiva del possesso o meno di requisiti di tipo gestionale e/o ammini- strativo, piuttosto che su una valuta- zione meritocratica sulle conoscenze e competenze professionali.

Le verifiche periodiche sono state indi- rizzate dalle aziende prevalentemente sugli aspetti gestionali ed economicistici e pertanto soprattutto sull’efficienza produttiva e sul risparmio economico, piuttosto che sull’efficacia degli atti e sull’ottimizzazione dei rapporti costi- qualità, costi-risparmi, costi-benefici,

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3 ben più consoni alla specificità della no-

stra professione.

L’orientamento delle prospettive indivi- duali di carriera verso il profilo gestio- nale e organizzativo nonché verso modelli operativi di carattere più giuri- dico-burocratico che sanitario e medico ha probabilmente impoverito il poten- ziale della “scienza veterinaria”.

Il numero ridotto di posizioni struttu- rate ha probabilmente generato lunghe stasi e vaste frustrazioni di carriera, ac- centuate dalla progressiva riduzione del numero di strutture e unità operative.

Del pari si è assistito a un progressivo invecchiamento della categoria per il blocco del turn-over o all’aggregazione nei servizi di personale veterinario li- bero professionista incaricato a vario ti- tolo per assicurare le prestazioni, ma in totale assenza di un progetto di stabiliz- zazione, di crescita, di integrazione strutturata nei servizi.

Non trascurabile è anche il tema del- l’accesso: perché dovremmo trasferire atti e attività mediche ai tecnici della prevenzione quando i nostri colleghi ve- terinari laureati - ma non specializzati – attendono, inutili al SSN e disoccupati forse a vita, una prospettiva?

Inoltre, la perdita delle caratteristiche mediche, cliniche, anatomopatologi- che, infettivologiche, etologiche etc.

etc. che la nostra professione ha su- bito, in ossequio a procedure analiti- che, di controllo, di esecuzione di atti formali e burocratici pre e sovra deter- minati, ha generato una progressiva di- saffezione della categoria verso una forma di impiego pubblico - degene- rato in mera esecuzione di attività rou- tinarie - per il quale non eravamo nati né come medici veterinari, né come ve- terinari specializzati che, nonostante tutto, continuano a pretendere di eser- citare una loro autonomia intellettuale e professionale.

Oggi la professione del veterinario pub- blico è piena di responsabilità e rischi estranei alle nostre dirette competenze mediche, è sempre più gravosa sul piano dell’impegno individuale, ma anche meno gratificante sotto il profilo dell’affermazione della qualità profes- sionale, a questo si aggiunga una retri-

buzione ferma da oltre sei anni e una progressiva perdita di riconoscimento sociale.

C’è più di una ragione per non sperare soddisfazione dal prossimo contratto, quando mai arriverà, perciò se il valore che vogliamo ci sia riconosciuto non può essere monetizzato, pretendiamo che almeno ci sia restituita la possibilità di esercitare in scienza e coscienza la nostra professionalità.

Se recupereremo le nostre migliori ener- gie intellettuali e professionali potremo rivendicare e fare un nuovo “contratto sociale” che in un contesto nuovo di or- ganizzazione del lavoro e di articola- zione della dirigenza ci riconosca competenze e valore, spazi di espres- sione e di carriera orizzontale, dignità ed esclusività della funzione del medico veterinario di medicina pubblica.

Il dibattito è aperto!

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