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La cucina nella letteratura, nella pittura e nel cinema

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Academic year: 2021

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A1 La cucina nella letteratura, nella pittura e nel cinema

La cucina nella letteratura, 1

nella pittura e nel cinema

Cucina Operativa di base -  2014 Cristian Lucisano Editore

Cucinare richiede una tensione verso il raggiungimento del “buono” (e, spesso, anche del bello) che si può paragonare allo sforzo compiuto da un artista per realizzare la sua opera.

Per questo motivo, da sempre, il cibo viene “interpretato” da scrittori e pittori che hanno sapu- to cogliere anche gli aspetti della cucina che si possono definire “spirituali”.

Quelli che seguono sono solo alcuni esempi di quanto l’arte, nel senso più ampio del termine, si sia ispirata, in varia misura, al cibo.

letteratura

Tra cibo e parola esiste una stretta relazione: descrivere un piatto può creare lo stesso incanto che ha la narrazione di una fiaba.

Non è un caso che miti e leggende, fiabe e racconti popolari abbiano spesso trovato ispirazione nel cibo, e che si sia sviluppato, in tempi più recenti, un genere affine a quello letterario basato sulla raccolta e sulla stesura delle ricette.

Già nella Bibbia, nel Nuovo Testamento, si trovano precisi riferimenti al cibo nelle Nozze di Canaa, nella Moltiplicazione dei pani e dei pesci, nella Cena di Emmaus e nell’Ultima cena.

Nella letteratura classica, è famosa la descrizione del banchetto a base di olive, salsicce, prugne, chicchi di melograno, galline ripiene di uova di pavone, riportata in un frammento del Satyri- con (Cena di Trimalcione) dello scrittore latino del I secolo d.C. Petronio Arbitro.

Molti secoli dopo, nel XII canto dell’Inferno, Dante scrive: “Noi andavam con li dece demo- ni, / ahi fiera compagnia, ma in chiesa co’ santi, / in taverna co’ ghiottoni”.

Lo stesso aggettivo “pantagruelico”, a indicare un pasto particolarmente abbondante consu- mato, di solito, in allegra compagnia, fa riferimento al personaggio di Pantagruel, protagoni- sta con Gargantua di cinque libri di racconti scritti da François Rabelais nella prima metà del 1500: la coppia, dopo aver percorso a piedi quasi tutta l’Europa, raccogliendo storie e narra- zioni, di ritorno a Parigi invita gli amici ad ascoltare le esperienze da loro vissute attorno a

mense abbondanti e allegre, fornite di vino e di ogni cibo possibile.

Nell’episodio iniziale di Alla ricerca del tempo perduto, nel libro Dalla parte di Swann, di Marcel Proust, scrittore francese vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il No-

vecento, l’aroma di un tipico dolce suscita intense emozioni: “…Una giornata d’in- verno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di pren- dere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d’avviso.

Ella mandò a prendere uno di quei biscotti pienotti e corti chiamati Petites Ma- deleines, che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d’una conchiglia di

San Giacomo. Ed ecco macchinalmente oppresso dalla giornata grigia e dalla pre- visione d’un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppato un pezzetto di Madeleine. Ma, nel momento stesso che quel sor-

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Marcel Proust.

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so misto a briciole di biscotto toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’a- veva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subi- to rese indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità, la sua brevità illusoria, nel modo stesso in cui agisce l’amore, colmandomi d’un’essenza preziosa…” .

Tomasi di Lampedusa, autore del Gattopardo, da cui è stato tratto l’omonimo film diretto da Luchino Visconti, così descrive il timbal- lo di maccheroni, servito sulla tavola sontuosa illuminata da cande- le, durante la cena nel palazzo nobiliare di Donnafugata: “... L’oro brunito dell’involucro, la fragranza di zucchero e di cannella che ne emanava, non era che il preludio della sensazione di deli-

zia che si sprigionava dall’interno quando il coltello squar- ciava la crosta: ne erompeva dapprima un fumo carico di aromi e si scorgevano poi i fegatini di pollo, le ovette dure, le sfilettature di prosciutto, di pollo e di tartufi nella mas- sa untuosa, caldissima dei maccheroni corti, cui l’estratto di carne conferiva un prezioso color camoscio.”

È invece merito dello scrittore brasiliano Jorge Amado aver fatto conoscere al Vecchio Continente i piatti profumati del- la cucina di Bahia e ingredienti come il latte di cocco e i gamberetti essiccati, mentre è una vera opera d’arte ga- stronomica per dodici persone quella che prepara Babette

Hersant, cuoca francese al servizio di due anziane signorine norvegesi, nel rac- conto Capricci del destino, di Karen Blixen.

Buongustai dei giorni nostri sono molti personaggi conosciuti dagli appassionati di “gialli”, come il detective Pepe Carvalho descritto da Manuel Vazquez Montalbàn, il panciuto Nero Wolfe di Rex Stout e l’assiduo frequentatore di trattorie commissario Montalbano di Andrea Camilleri.

Cibo e passione sono al centro di uno dei libri scritti da Isabel Allende: in Afrodita, la scrittrice indica, come in un qualunque libro di cucina, la preparazione, la quantità e il tipo di ingredien- ti da utilizzare e, infine, quasi sempre, lo “scopo amoroso” del piatto.

Poche righe sono sufficienti a James Waller per descrivere nel suo romanzo, da cui è stato trat- to il film I ponti di Madison County, l’atmosfe- ra, il calore di una cucina: “… avviluppava la stanza una sensazione di tranquilla intimità, stimolata in qualche modo da quelle semplici operazioni di cucina… al posto di una sensa- zione di estraneità subentrava l’intimità …”

Ieri e oggi:

venditrice di acarajé, tipiche frittelle brasiliane a base di fagioli.

Immagine dal film “Il pranzo di Babette” tratto dal racconto di Karen Blixen.

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pittura

Fino dalle antichissime raffigurazioni nelle tombe dei Faraoni la pittura ha ripreso soggetti attinenti al cibo.

I Greci riproducevano piatti e vivande delle mense degli eroi sulle ceramiche corinzie e atti- che, mentre negli affreschi ritrovati nelle ville di Pompei i Romani rappresentavano fichi, noci, pere, ciliegie, uva, miele, formaggi, cacciagione, vino.

Nel corso dei secoli successivi non si contano opere ispirate, almeno in parte, al cibo, alla sua cottura, al suo significato. Come le due incisioni su rame dell’artista olandese del XVI secolo Alexander Bruegel, “La cucina magra” e “La cucina grassa”, o i quadri di Vincenzo Campi, che raffigurano La fruttivendola e I mangiatori di ricotta, o quelli di Bernardo Strozzi (La dispensiera).

Scene di mercato sono invece il soggetto delle opere di Joachim Beuckelaer e, più tardi, di Gio- vanni Michele Graneri.

Altri temi attinenti al cibo sono ripresi con Il mangiafagioli di Annibale Carracci, il Bacco di Caravaggio, la Colazione dei canottieri di Renoir o i Mangiatori di patate di Van Gogh, fino ad arrivare a Andy Warhol con Green Coca Cola bottles (1962) e Campbell’s Vegetable Soup (1968).

cucina &

In alto a sinistra: “La colazione dei canottieri” di Pierre Auguste Renoir.

In basso a sinistra: “I mangiatori di patate” di Vincent Van Gogh.

A destra: “Il Bacco” di Caravaggio.

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cinema

Il numero di pellicole che riportano scene o situazioni signi- ficativamente legate al cibo, alle preparazioni, alle atmosfere particolari che caratterizzano la cucina è altissimo.

Quelli che seguono sono solo alcuni dei titoli presenti nella grande varietà della produzione cinematografica, scelti tra i vari generi.

Non si può dimenticare Miseria e nobiltà, con Totò che ar- riva a infilare, per fame e golosità, gli spaghetti anche nelle tasche; Bianca, di Nanni Moretti, con la scena del vaso gi- gantesco di Nutella; La grande abbuffata (di Marco Ferre- ri, regista che nei suoi film ha sempre trovato ispirazione dal cibo), con quattro amici decisi a mangiare a oltranza fino a morirne; 9 settimane e ½, in cui cibo e sensualità formano una miscela perfetta.

L’elenco continua con La vita è bella, premiato con tre Oscar nel 1999, in cui merendine e leccalecca diventano un mez- zo per cercare di nascondere una tragica realtà a un bambi- no; Marie Antoinette, della regista Sofia Coppola, in cui i dol- ci sono esaltati in modo spettacolare nelle forme e nel colore.

Da ricordare sono anche gli spaghetti “alla Mario Ruopolo”, nome del personaggio prin- cipale nel film il Postino, con Massimo Troi- si che, mentre aiuta la zia nella conduzione della sua osteria, trova sempre una metafora adatta per ogni ingrediente.

E, tra le preparazioni, non mancano una de- liziosa insalata gustata di fronte al televiso- re nelle prime scene di Tutto su mia madre, di Pedro Almodovar; i cookie, i tipici dolcetti americani, che cambiano la vita ai protago- nisti del film di Woody Allen Criminali da strapazzo; la deliziosa torta Chabela prepa- rata da Tita per il suo Pedro in Come l’acqua per il cioccolato, di Alfonso Arau.

La scena più famosa del film Miseria e nobiltà.

Locandina del film interpretato da Nino Manfredi nel ruolo di un cameriere a Londra.

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