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Sviluppo ed evoluzione di sprofondamenti in rocce solubili: un confronto tra il carso coperto del Bacino dell’Ebro (Spagna)e la Penisola Salentina (Italia)

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RIASSUNTO- Sprofondamenti (sinkholes) di diversa tipologia e meccanismi d’innesco si verificano in tutto il mondo in rocce solubili, e rappresentano una delle peculiarità dei ter- ritori carsici. La loro analisi può essere affrontata da diversi punti di vista, a seconda dell’età del fenomeno, delle rocce coinvolte, della relazione con cavità naturali accessibili al- l’uomo, o con cavità antropiche, e così via. A prescindere dall’approccio, l’analisi degli sprofondamenti necessita di una dettagliata conoscenza dell’assetto geologico, che consenta di individuare le condizioni più probabilmente all’origine degli stessi. Il confronto di diverse aree di indagine può essere estremamente utile per l’individuazione dei principali fattori predisponenti e scatenanti; questi dati saranno poi utili per qualsiasi altro lavoro finalizzato alla definizione della suscet- tibilità e del rischio da sprofondamenti. Con questo scopo, sono state prese in considerazione due aree: la piana alluvio- nale del Fiume Ebro in Spagna, e la Penisola Salentina in Pu- glia, in Italia meridionale. Le due aree sono interessate da una frequente occorrenza di eventi di sprofondamento, sebbene in litologie diverse: evaporiti mioceniche in Spagna, e calca- reniti plio-pleistoceniche in Italia.

L’area di indagine in Spagna è ubicata nella porzione cen- trale del Bacino dell’Ebro, dove conglomerati alluvionali del Quaternario poggiano sulle evaporiti mioceniche (gesso e sali più solubili). La dissoluzione dei livelli del Terziario ha pro- vocato la genesi di sprofondamenti da collasso della coper- tura e da suffosione. Sin dal 1970, quando estese aree carsiche sono state inglobate nell’area urbana, sono stati re- gistrati costantemente ingenti danni, con perdite economiche

conseguenti. Una caratteristica sorprendente in quest’area è la presenza di paleosinkholes verificatisi nel Pleistocene, che indicano processi carsici attivi in un contesto naturale, senza alcuna interferenza antropica.

Il Salento è la porzione più meridionale della Puglia, il tacco dello stivale italiano, ed è un’area interamente carsica.

Le calcareniti recenti, che poggiano sul substrato locale rap- presentato dai calcari del Cretaceo e dai calcari marnosi del Miocene, sono interessate da molti fenomeni di sprofon- damento, prevalentemente da collasso, collasso della coper- tura e da suffosione. Inoltre, diversi casi sono stati documentati negli ultimi anni, attribuiti ad attività estrattiva, con pesanti conseguenze in termini di perdite economiche per la società.

Partendo dalla profonda conoscenza acquisita negli ul- timi decenni, riguardo l’assetto geologico e geomorfologico delle due aree di indagine, presentiamo in questo lavoro un primo confronto dell’occorrenza degli sprofondamenti, con particolare riguardo alla frequenza e distribuzione, ai caratteri morfometrici, e alle relazioni con l’ambiente antropico. Que- st’ultimo aspetto è di peculiare importanza, essendo stretta- mente connesso alla definizione del rischio totale.

Sprofondamenti antichi e attuali sono analizzati e messi a confronto, in modo tale da definire gli eventuali cambiamenti nelle dimensioni dei fenomeni osservati, possibilmente legati ai cambiamenti climatici e/o alle interferenze umane.

PAROLE CHIAVE: sprofondamenti, evaporiti, carbonati, peri- colosità, carso coperto

Sviluppo ed evoluzione di sprofondamenti in rocce solubili:

un confronto tra il carso coperto del Bacino dell’Ebro (Spagna) e la Penisola Salentina (Italia)

Development and evolution of sinkholes in soluble rocks: a comparison between the mantled karst of the Ebro Basin (Spain) and the Salento Peninsula (Italy)

GIL H. (*), PEPE M. (**), SORIANO M.A. (*), PARISE M. (**), POCOVÍ A. (*), LUZÓN A. (*), PÉREZ A. (*), BASSO A. (**)

(*) Dpto. Ciencias de la Tierra, Universidad de Zaragoza, Pedro Cerbuna 12, 50009 Zaragoza, Spagna; hecgilgarbi@gmail.com, asuncion@unizar.es, apocovi@unizar.es , aluzon@unizar.es , anperez@unizar.es

(**) CNR-IRPI, Via Amendola 122-I, 70126 Bari, Italia; mari.pepe81@gmail.com, m.parise@ba.irpi.cnr.it, a.basso@ba.irpi.cnr.it

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ABSTRACT- Sinkholes of different types and mechanisms occur worldwide in soluble rocks, and represent one of the most typical features of karst settings. Their analysis may start from several standpoints, depending on age of the sink- hole, involved rocks, relation with underground caves ex- plorable by man, connection with voids of anthropogenic origin, and so on. Whether the approach, study of sinkholes has necessarily to begin with a detailed research about the geological setting, in order to identify the most likely condi- tions leading to sinkhole occurrence. Comparison of differ- ent study areas may be extremely useful for a definition of the main factors acting in both the predisposition of terrains to sinkholes, and their trigger as well; such data will be useful for any further work addressed to definition of the sinkhole susceptibility and hazard. With this aim, two areas have been here considered: the alluvial plain of the Ebro River in Spain, and the Salento peninsula of Apulia, in southern Italy. The two areas are characterized by frequent occurrence of sink- holes, even though involved rock masses are different:

Miocene evaporites in Spain, and Pliocene-Pleistocene cal- carenites in Italy.

The Spanish test site is located in the central Ebro Basin where Quaternary coarse detrital deposits overlie Miocene evaporites (gypsum and more soluble salts). The dissolution of Tertiary beds has caused the generation of cover collapse and suffusion sinkholes. Since 1970, wide karst areas were ur- banized and important damages, with subsequent economic losses, have been constantly recorded. A striking feature in the area is the existence of palaeosinkholes generated during the Pleistocene indicating that karstification developed by en- vironmental conditions without any human influence.

Salento is the terminal portion of Apulia, the heel of the Italian boot, and is an entirely karst land. Recent cal- carenites, overlying the local bedrock represented by Cre- taceous limestones and Miocene marly carbonates, are affected by a number of sinkhole phenomena, mainly cov- ering the typology of collapse, cover collapse and suffu- sion sinkholes. In addition, several cases have been recorded in the last years as related to underground quar- ries, with heavy consequences in terms of economic losses for the society.

Starting from a deep knowledge acquired in the last decades about the geological and morphological setting of the two study areas, we present in this work a first compar- ison of the sinkhole occurrence, with particular regard to frequency and distribution of sinkholes, morphometric fea- tures, and relation with the anthropogenic environment.

The latter topic is of particular importance, as a matter of fact, being strictly linked to definition of the total risk. Old and recent sinkholes are analyzed and compared, in order to define likely changes in size of the observed phenomena, possibly linked to climatic changes and/or human interfer- ences.

KEY WORDS: sinkholes, evaporites, carbonates, hazard, cov- ered karst

1. - INTRODUZIONE

In estrema sintesi, lo sviluppo della carsifica- zione dipende dalla presenza di rocce solubili, dalla disponibilità di acqua e da un gradiente idraulico (WHITE, 1988). Esistono poi altri fattori che in- fluenzano l’efficacia del processo di dissoluzione;

tra questi, lo spessore della roccia carsificabile, l’e- sistenza di intercalazioni di materiale non solubile, la presenza e distribuzione di fratture, la composi- zione chimica dell’acqua sotterranea, la profondità o variazione del livello freatico (JASSIMet alii, 1997;

YAORU & COOPER, 1997; PAUKŠTYS & COOPER, 1999; COOPER, 2002; SALVATI& SASOWSKY, 2002;

DELLE ROSE et alii, 2004; CLOSSON et alii, 2007;

FORD& WILLIAMS, 2007; YILMAZ, 2007; MANCINI

et alii, 2009). Quando le rocce solubili sono rico- perte da altre rocce o da una copertura detritica non consolidata è necessario inoltre considerare le caratteristiche di tali materiali (spessore della co- pertura, comportamento geomeccanico della stessa, composizione, contenuto in acqua, ecc.), come indicato, ad esempio, dai lavori di LAMONT- BLACKet alii (2002), ZHOU& BECK(2008, 2011) e PARISE& LOLLINO(2011). Infine, nel processo di carsificazione bisogna anche considerare la azione antropica che può modificare le condizioni am- bientali naturali (CLOSSON& ABOUKARAKI, 2009;

SORIANOet alii, 2012). L’importanza di tutti questi fattori varia in funzione delle zone considerate.

Ai fini della valutazione della suscettibilità a eventi di sinkhole, risulta pertanto importante esa- minare contesti diversificati, nell’ambito dei quali si siano sviluppati in passato e/o avvengano attual- mente sprofondamenti. Ciò in particolare riferi- mento, ad esempio, ai caratteri geologico-strutturali che possono fortemente influenzare lo sviluppo di sinkhole.

Nel tentativo di approfondire tale tematica, il presente lavoro prende in esame due zone caratte- rizzate da presenza di sinkhole, cercando di evi- denziare, a partire da studi geologici, morfologici e strutturali, quali sono i principali fattori condi- zionanti la formazione e l’evoluzione dei fenomeni in esame. Le due aree di studio, rispettivamente ubicate in Spagna (Bacino dell’Ebro, nei dintorni di Saragozza) e in Italia (zona di Barbarano del

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Capo, Salento meridionale, Puglia), pur differendo per estensione areale e litologie coinvolte, sono senza dubbio di interesse per la disamina degli ele- menti su richiamati. Si tratta di settori a carso co- perto, con la differenza che nell’area di studio spagnola le evaporiti sono presenti al di sotto di una copertura alluvionale, mentre in quella italiana il substrato calcareo del Cretaceo è ricoperto da depositi più recenti, anch’essi di natura carbonatica e, come tali, soggetti a fenomeni di carsismo e/o paracarsismo (ANELLI, 1963, 1964).

2. - L’AREA DI STUDIO IN SPAGNA: IL BACINO DELL’EBRO

2.1. - INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOLOGICO

Nei dintorni della città di Saragozza, nel settore centrale della Valle dell’Ebro, si è prodotta carsifi- cazione per tutto il Quaternario, a causa della dis- soluzione dei materiali evaporitici del Neogene presenti al di sotto della copertura alluvionale qua- ternaria depositata dal fiume Ebro e dai suoi af- fluenti. In tale copertura, le paleodoline e i condotti carsici risultano abbondanti (fig. 1 A, B e C; GUTIÉRREZ et alii, 2008; LUZÓN et alii, 2008, 2011; SIMÓN et alii, 2008; SORIANO et alii, 2010, 2012). In realtà, la dissoluzione genera numerose doline alluvionali, già oggetto di studio da diversi autori (VANZUIDAM, 1976; GUTIÉRREZet alii, 1985;

SORIANO, 1992; SORIANO& SIMÓN, 1995; GUTIÉRREZ

et alii, 2005). Il loro sviluppo produce problemi e perdite economiche in zone agricole e urbane, sti- mate in vari milioni di euro per anno (GUERRERO

et alii, 2004; SIMÓNet alii, 2008; GALVEet alii, 2009).

Questi problemi aumentarono a partire dal 1970, quando si produsse la espansione urbana e delle aree industriali intorno alla città di Saragozza (fig.

1 D, E e F).

Vari autori hanno analizzato i fattori che inter- vengono nella genesi di doline in questa zona (spessore della copertura alluvionale, percentuale di lutiti della copertura alluvionale, posizione del contatto alluvioni-substrato, variazioni piezometri- che, gradiente piezometrico, uso del suolo, geo- morfologia, concentrazione di solfati nell’acqua,

ecc.) dando luogo a differenti modelli di suscetti- bilità di formazione di doline cosí come alla clas- sificazione di zone di rischio (SIMÓNet alii, 1991, 1998; SORIANO& SIMÓN, 1995; GUTIÉRREZet alii, 2007; LAMELAS et alii, 2008; GALVE et alii, 2009).

Alcuni tra questi autori segnalano che l’importanza di ciascun fattore è differente a seconda della scala (regionale o di dettaglio) considerata. Anche la frat- turazione del substrato terziario è considerata con- dizionante nello sviluppo delle doline nella zona (SORIANO, 1992; GUTIÉRREZet alii, 2007). Infine, è necessario considerare l’azione antropica special- mente riguardo alla attività agricola, la quale incre- menta l’entrata di acqua nell’acquifero in entità di almeno 20 volte superiore a quella apportata dalla ricarica naturale per precipitazione (SORIANOet alii, 2012).

La zona di studio è ubicata nei dintorni di Sa- ragozza, nel settore centrale del Bacino dell’Ebro, nella Penisola Iberica nord-orientale. Il clima è di tipo continentale semiarido con temperatura media annua di 15°C e precipitazioni di circa 350 mm/anno. Le escursioni termiche sono elevate, con massimi prossimi ai 40°C e minime di -10°C.

Le piogge sono concentrate in primavera e au- tunno.

Geologicamente la valle dell’Ebro è una zona di avampaese in relazione alla evoluzione dell’oro- geno pirenaico, di cui costituisce il margine setten- trionale (fig. 2). La sua forma è triangolare, limitata dalla Cordillera Costiera Catalana ad est e da quella Iberica a sud. Mentre nel corso di gran parte del Terziario questo bacino fu connesso all’Oceano Atlantico, a partire dall’Eocene superiore si confi- gura come un solco endoreico nel quale si svilup- parono sistemi alluvionali provenienti dai margini, con la deposizione di materiali detritici, che giun- sero in contatto nel centro del bacino con sistemi lacustri carbonatici o evaporitici (MUÑOZ et alii, 2002; PARDOet alii, 2004). A partire dal Miocene medio-superiore (GARCÍA-CASTELLANOS et alii, 2003), il bacino divenne esoreico e si collegò al mare Mediterraneo verso sud-est. A partire da questo momento si va a configurare progressiva- mente la rete di drenaggio attuale.

In parziale copertura al di sopra di questi mate- riali terziari si rinvengono depositi quaternari cos-

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Fig. 1 - A, B, C) Esempi di paleodoline e condotti carsici in depositi detritici del Pleistocene inferiore del Fiume Ebro. D) Fratture in un condominio. E) Edificio industriale interessato da subsidenza. Si noti la deformazione delle finestre e il cambio di tonalità della zona superiore della facciata a causa delle riparazioni

realizzate. F) Fratture e deformazioni nel suolo e avvallamento in un’area di parcheggio.

- A, B,C) Examples of palaeo-dolines and karst conduits in Lower Pleistocene detrital deposits of the Ebro River. D) Cracks in a building. E) Industrial building affected by subsidence.

Note deformations of the windows and the different colour in the upper portion of the façade, due to the many repairing phases. F) Cracks and deformations at the ground in a parking lot.

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tituiti, principalmente, da terrazzi del fiume Ebro e dei suoi affluenti come depositi di glacis (fig. 2).

Tutti gli accumuli quaternari sono in discordanza angolare sulle rocce terziarie. In generale, i depositi quaternari di terrazzo, nei quali è ubicata la mag- gior parte della zona di studio, sono costituiti da materiali detritici a granulometria variabile, che si depositarono in un mezzo fluviale del tipo braided (LUZÓNet alii, 2008). Al di sopra dei sedimenti qua- ternari si formano le doline alluvionali, che risul- tano più numerose sui livelli più recenti di terrazzi del fiume Ebro (T1, T2 e T3; SORIANO, 1990) di età Pleistocene medio-superiore (fig. 2).

Da un punto di vista strutturale, i materiali ter- ziari di questa zona sono interessati da faglie nor- mali di scala da metrica a chilometrica e da una densa e pervasiva rete di diaclasi (ARLEGUI &

SIMÓN, 2000). Si riconoscono due sistemi a dire- zioni dominanti da N-S e NW-SE a WNW-ESE che caratterizzano la fratturazione sia delle faglie che delle diaclasi (ARLEGUI, 1996). Le diaclasi e fa- glie N-S sono state interpretate all’interno di un campo di sforzi compressivi che evolve progressi- vamente verso una distensione triassiale (HAN-

COCK, 1991; ARLEGUI & SIMÓN, 1993; ARLEGUI, 1996). Ciò è spiegabile per la convergenza tra Eu-

Fig. 2 - Carta geologica della zona di studio in Spagna (area centrale della valle dell’Ebro nei pressi di Saragozza).

- Geological map of the study area in Spain (central area of the Ebro valley near Zaragoza).

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ropa, Iberia e Africa. Su questo campo di sforzi si sovrappone un campo estensivo relazionato all’a- pertura del solco di Valencia (SIMÓN, 1986), verso est. D’altra parte, il sistema di fratture NW-SE co- rrisponde a faglie normali di rigetto metrico.

Anche in affioramento si riconoscono piccole fa- glie e diaclasi con la stessa orientazione. Questo sistema di fratturazione è legato un campo di sforzi distensivi approssimatamente perpendicolare alla Cordillera Pirenaica.

Tutta questa rete di fratture interessa non solo i materiali terziari ma anche, sebbene in misura mi- nore, i depositi quaternari. Diversi autori (SIMÓN

& SORIANO, 1985; ARLEGUI & SORIANO, 1996, 1998; ARLEGUI& SIMÓN, 2000) hanno analizzato la fratturazione nei materiali quaternari indivi- duando tre o quattro famiglie importanti di frat- ture: N-S, NW-SE, NE-SW e E-W (fig. 3), la cui importanza risulta variabile da sito a sito (fig. 4).

2.2. - METODOLOGIA

Ai fini della realizzazione del presente studio, sono state utilizzate cartografie di dettaglio delle do- line, alla scala 1:5000, elaborate per il Piano Urban- istico di Saragozza (SIMÓN et alii, 1998), che

Fig. 3 - Diagrammi a rosa delle principali direzioni di fratture quaternarie nell’area di studio: A) Faglie normali (40 faglie; da ARLEGUÌ& SIMON, 2000); B) Fratture senza rigetto (1238; da ARLEGUÌ& SIMON, 2000); C) Faglie e fratture (da SIMON& SORIANO, 1985).

- Rose diagrams of the strike of the main Quaternary fractures in the study area: A) Normal faults (40 faults; after ARLEGUÌ& SIMON, 2000); B) Fractures without offset (1238;

after ARLEGUÌ& SIMON, 2000); C) Faults and fractures (after SIMON& SORIANO, 1985)..

Fig. 4 - Principali lineamenti strutturali nella regione centrale della valle dell’Ebro (modificato da ARLEGUÌ& SORIANO, 1996).

- Main structural lineaments in the central region of the Ebro valley (modified after ARLEGUÌ& SORIANO, 1996).

A B C

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comprendono 4 sotto-zone nell’ambito del territorio comunale. Per determinare i parametri morfometrici più importanti delle doline (area, orientazione del- l’asse maggiore, percentuale di superficie con doline, ecc.) è stato utilizzato il software ImageJ, con il quale si è proceduto alla digitalizzazione e analisi delle stesse. ImageJ è un programma gratuito di proces- samento di immagini digitali programmato in Java, inizialmente sviluppato per l’analisi cellulare, ma che risulta molto versatile anche per uno studio tipo quello qui presentato.

Per conoscere le principali direzioni di debolezza nella zona centrale del bacino, oltre ad utilizzare dati derivanti da studi precedenti condotti nella regione (SORIANO, 1986; LUZÓNet alii, 2008), è stato posto in essere uno studio esaustivo di fratture e faglie, sia nei materiali terziari che in quelli quaternari (fig. 2), con susseguente analisi strutturale. Successivamente, si è proceduto al confronto dei dati ottenuti dal- l’analisi morfometrica e strutturale per determinare le possibili relazioni e valutare l’influenza che la frat- turazione ha esercitato nello sviluppo della carsifi- cazione attuale e delle forme risultanti. Con la stessa finalità, sono anche stati confrontati gli andamenti strutturali con le direzioni di fratturazione individ- uate in relazione alle paleo-doline sviluppatesi du- rante il Pleistocene.

2.3. - RISULTATI

Si espongono nel seguito i risultati ottenuti a partire dall’analisi morfometrica delle doline e della fratturazione.

2.3.1. - Morfometria delle doline

Quattro zone appartenenti al comune di Sara- gozza (Autovía de Logroño, Casetas, Garrapinillos e Miralbueno) sono state selezionate per l’analisi, sulla base della grande frequenza di doline (fig. 5), dello sviluppo urbano attuale e della ulteriore pos- sibile urbanizzazione nel prossimo futuro.

I parametri morfometrici analizzati sono i se- guenti: i) Numero di doline, ii) Densità di doline (rapporto tra numero di doline e superficie dell’area analizzata in km2), iii) Area minima e massima delle doline, iv) Superficie con doline (somma della su-

perficie di tutte le doline), v) Proporzione dell’area a doline (percentuale tra la superficie interessata da doline e l’area totale analizzata), vi) Orientazione preferenziale dell’asse maggiore delle doline, vii) Rapporto asse maggiore (a)/ asse minore (b).

A partire dalle aree analizzate si osserva che il settore nel quale il numero totale, la densità e per- centuale di area con doline è maggiore è quello della Autovía di Logroño, con, rispettivamente, 125 do- line, 11,87 doline/km2e 18,99%. D’altra parte, si tratta di una delle zone di questo territorio che è stata maggiormente presa in considerazione da studi precedenti (SORIANO& SIMÓN, 2002; SIMÓNet alii, 2008) a causa dei numerosi problemi associati allo sviluppo del carsismo nel corso degli ultimi trenta anni. Prendendo in considerazione tutti i quattro settori analizzati il numero di doline risulta molto elevato (261) e la superficie occupata corrisponde al 12,65% della superficie totale analizzata (tab. 1). Per quanto riguarda la orientazione dell’asse maggiore delle doline, le direzioni preferenziali sono NW-SE, E-W, NE-SW e N-S, elencate a partire da quelle con maggiore frequenza (fig. 6). Le doline con rapporto a/b>2 presentano un andamento delle direzioni molto simile al totale delle doline (fig. 6), con dire- zioni preferenziali NW-SE, E-W, NE-SW e N-S. Il rapporto tra gli assi delle doline risulta molto simile in quelle di minori dimensioni (< 200 m; fig. 7). Nel complesso, il rapporto asse maggiore (a) / asse mi- nore (b) nell’area di studio è pari a 1,95, anche se l’asse massimo delle doline di maggiori dimensioni può arrivare a essere sino a 8 volte maggiore rispetto all’asse minore.

2.3.2. - Fratturazione

La fratturazione è stata esaminata in 10 affiora- menti, 6 dei quali nei materiali quaternari, corris- pondenti a differenti livelli di terrazzi del fiume Ebro, e 4 nei depositi terziari (fig. 2), per un nu- mero totale di fratture pari a 1317 negli affiora- menti quaternari e a 386 in quelli terziari.

I materiali terziari sono principalmente interes- sati da fratture senza rigetto, molte delle quali risul- tano aperte e parzialmente carsificate, specialmente quelle nei materiali gessosi. Negli affioramenti stu- diati si riconoscono due famiglie di fratturazione

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ben diversificate, la principale NE-SW e la secon- daria NW-SE.

La fratturazione nei materiali quaternari (faglie normali e inverse e fratture senza rigetto; fig. 8C) mostra una considerevole dispersione nelle dire- zioni anche se si possono distinguere quattro fa- miglie, le tre principali NW-SE, NNE-SSW e SSE-NNW, con l’aggiunta della secondaria E-W.

Queste fratture si rinvengono sia isolate che asso- ciate a paleo-collassi (morfologie sinformi con de- formazioni interne e materiale de-strutturato;

figura 8 A e B e figura 1 A, B e C). Non si notano differenze sostanziali tra le direzioni di frattura degli affioramenti non associati a paleo-doline e di quelli a queste associati (fig. 9). Analogamente non si osservano differenze significative nella direzione delle fratture tra i diversi affioramenti di età distinta nè tra quelli appartenenti a diversi terrazzi.

2.3.3. - Confronto delle fratture e assi massimi delle doline Il confronto tra le direzioni degli assi massimi delle doline con le fratture individuate nei diversi

affioramenti terziari e quaternari mostra che tutte le direzioni principali di allungamento osservate nelle doline (NW-SE, E-W, NE-SW e N-S), corris- pondono a direzioni di fratturazione, sia identifi- cate in questo studio che in lavori precedenti (fig.

10). Lo stesso avviene per la orientazione delle fratture e faglie associate a paleo-doline sviluppa- tesi durante il Pleistocene. In generale, non si os- serva una corrispondenza tra il numero di doline che presentano un asse di allungamento con una direzione determinata e la importanza di questa di- rezione di fratturazione. Per esempio, l’asse domi- nante nelle doline NW-SE è la direzione principale di fratture nel Quaternario e nelle lineazioni ma non nel Terziario o nelle fratture analizzate da ARLEGUÌ&

SIMÓN(2000) a nord della valle dell’Ebro. D’altra parte, la direzione N-S, molto importante nella fratturazione dei materiali quaternari, e anche os- servata in diversi elementi del paesaggio come la direzione di svariati affluenti dell’Ebro e valli di pianura (ARLEGUÌ& SORIANO, 1996), è quella che ha minore importanza per lo sviluppo dell’asse massimo delle doline.

Settore autostrada

di Logroño Settore Casetas Settore

Garrapinillos Settore

Miralbueno Totale delle aree studiate Superficie totale di studio 10,53 km2 3,95 km2 6,74 km2 5,33 km2 26,55 km2

Numero di doline 125 32 49 55 261

Superficie minima di dolina 0.000294 km² 0.000114 km² 0.001562 km² 8.086e-005 8.086e-005 Superficie massima di dolina 0,16 km2 0,08 km2 0,66 km2 0,19 km2 0,66 km2

Densità di doline 11,87 Doline/km2 8,10 Doline/km2 7,27 Doline/km2 10,31

Doline/km2 9,83

Doline/km2

Area con doline 2 km2 0,57 km2 0,66 km2 0,19 km2 3,36 km2

Percentuale di superficie

con doline 18.99% 14.43% 9.79% 3.59% 12.65%

Orientamento asse maggiore N005-015E N045- 065E N080-095E

N115-130E

N040-060E N115- 125E N130-140E

N010-025E N040- 060E N095-115E N130-150E N160-

180E

N025-040E N050-070E N110-125E N170-180E

N045-065E N080-100E N110-125E N160-180E Rapporto asse maggiore

(a) / asse minore (b) 2.09 1.99 2.03 1.51 1.95

Tab. 1 – Valori morfometrici principali dei settori analizzati nel Bacino dell’Ebro, e dell’area totale.

- Main morphometric parameters of the analyzed sectors in the Ebro Basin, and of the overall area.

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Fig. 5 - Ubicazione e dettagli delle aree analizzate, in scala 1:5.000 (1: Autovia de Logroño, 2: Casetas, 3: Garrapinillos, 4: Miralbueno).

- Location and details of the studied areas, at scale 1:5,000 (1: Autovía de Logroño, 2: Casetas, 3: Garrapinillos, 4: Miralbueno).

1

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3

4

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Fig. 7 - Grafico del rapporto asse maggiore (a) / asse minore (b) di tutte le doline analizzate.

- Graph of the ratio between major axis (a) / and minor axis (b) for all the analyzed dolines.

Fig. 6 - Grafico con le orientazioni degli assi maggiori delle doline delle quattro zone esaminate (in azzurro), e doline con rapporto a/b > 2 (in rosso).

- Graph showing the strikes of the major axis of dolines in the four examined areas (in blue), and dolines with ratio a/b > 2 (in red).

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2.4. - DISCUSSIONE

La coincidenza tra la direzione dell’asse mas- simo delle doline e buona parte delle direzioni di fratturazione nei materiali terziari e quaternari e con le lineazioni strutturali NW-SE localizzate in tutto il bacino dell’Ebro (ARLEGUÌ & SORIANO, 1996, 1998), evidenzia il controllo esercitato dalle discontinuità NW-SE nei processi carsici e nella conseguente formazione di doline. Come indicato

da ARLEGUI& SORIANO(1996, 1998) questa dire- zione condiziona gran parte del Quaternario della regione. La stessa valle del fiume Ebro presenta di- rezione N120E, e la evoluzione e arretramento della scarpata settentrionale che la delimita sembra condizionata da questa stessa direzione di frattu- razione (GUTIÉRREZ et alii, 1994); inoltre, c’è una grande quantità di piccole valli che formano la maggior parte della rete di drenaggio con identiche direzioni.

Fig. 8 - A) Paleo-collasso con morfologia sinforme e faglie nel materiale detritico del Pleistocene inferiore. B) Particolare della deformazione e faglie all’interno del paleo-collasso. C) Fratture e faglie nelle arenarie del Pleistocene medio-superiore.

- A) Palaeo-collapse with syncline morphology and faults in the lower Pleistocene debris deposits. B) Close up view of the deformation and faults within the palaeo-collapse. C) Fractures and faults in the middle-upper Pleistocene sandstones.

(12)

La maggiore pervasività e ricorrenza di faglie NW-SE nei materiali evaporitici terziari, che si de- sume dal controllo che questa direzione esercita sulla maggior parte delle forme del paesaggio nella zona centrale del Bacino dell’Ebro, faciliterebbe il suo funzionamento come via preferenziale per la circolazione di acqua e lo sviluppo di un possibile acquifero profondo nei gessi, del quale si hanno indizi per mezzo di sondaggi geognostici. Questa carsificazione condizionata dalle strutture sarebbe all’origine nella copertura alluvionale di collassi e fratture con direzioni NW-SE e doline superficiali allungate in questa direzione.

D’altra parte, è probabile che la gran parte dei fattori implicati nella formazione e sviluppo delle doline (spessore dei depositi quaternari, profon- dità del livello freatico, caratteristiche litologiche e solubilità dei materiali evaporitici terziari, ecc.) mascherino in qualche maniera l’effetto della frat- turazione terziaria nello sviluppo della frattura- zione nei materiali quaternari e la morfologia delle doline superficiali. La validità dei risultati presen- tati va corroborata in futuro con una maggiore

quantità di dati e osservazioni.

La carsificazione dei materiali evaporitici svi- luppata al di sotto della copertura alluvionale dei depositi del fiume Ebro e dei suoi affluenti è stata prodotta nel corso di tutto il Quaternario e conti- nua attualmente causando numerosi problemi e danni economici.

L’analisi della morfologia delle doline e della fratturazione che interessa il Terziario e Quaterna- rio della zona mostra l’esistenza di quattro dire- zioni preferenziali (NW-SE, NE-SW, N-S e E-W).

La direzione principale di allungamento delle do- line è NW-SE, coincide con la famiglia di fratture terziarie e quaternarie e con le lineazioni strutturali più abbondanti presenti nella regione centrale del Bacino dell’Ebro. La presenza di fratture NW-SE molto pervasive e continue favorisce la circola- zione dell’acqua e la carsificazione del substrato evaporitico in questa stessa direzione, provocando la formazione di depressioni nei materiali quater- nari sovrastanti, con una direzione di fratturazione simile, e producendo in superficie doline di coper- tura allungate NW-SE.

Fig. 9 - Confronto tra le direzioni di fratturazione degli affioramenti Quaternari e le fratture associate a paleodoline.

- Comparison between the strike of fractures of the Quaternary outcrops and the fractures associated to palaeo-dolines.

(13)

3. - L’AREA DI STUDIO IN ITALIA: IL SETTORE DI BARBARANO DEL CAPO (SALENTO)

3.1. - INQUADRAMENTOGEOLOGICO

La Penisola Salentina costituisce il settore più meridionale della Puglia e rappresenta, assieme al Gargano e alle Murge, una delle tre principali aree carsiche della regione. L’impalcatura della Penisola Salentina è costituita prevalentemente da depositi carbonatici, in facies che variano da piattaforma interna ad ambiente litorale, in una successione dis- continua di età compresa tra il Cretaceo superiore e il Pleistocene inferiore (fig. 11). I depositi del Cretaceo affiorano prevalentemente lungo strette dorsali orientate NNW-SSE (le Serre Salentine), mentre lembi discontinui di depositi Paleogenici e Neogenici sono rimasti preservati in corrispon- denza dei bassi strutturali. Nella zona di indagine, rappresentata dall’area di Barbarano del Capo (co- mune di Morciano di Leuca, prov. Lecce), le dorsali delle Serre di Montesardo e Serre Falitte portano a giorno i calcari del Cretaceo, mentre nei bassi strutturali affiorano le calcareniti plio-quaternarie,

sulle quali sono impostate le due principali cavità carsiche dell’area, Vora Grande e Vora Piccola. Il termine vora è molto diffuso in Salento per indicare un inghiottitoio o un punto di assorbimento di acqua, in genere l’accesso verticale a cavità, in ma- niera analoga al termine grave nelle Murge e nel Gargano; l’etimologia del termine si fa risalire alla forma latina vorago, ed a quella tardo latina vora, en- trambe da vorâre, che significa divorare, inghiottire (PARISEet alii, 2003).

Dal punto di vista geodinamico, il Salento rap- presenta uno dei più estesi blocchi emersi dell’A- vampaese Apulo, la cui deformazione è legata all’orogenesi appenninica, tra l’Oligocene superiore e il Pleistocene inferiore. Il blando piegamento che ha prodotto le dorsali delle Serre Salentine, por- tando a scala regionale l’avampaese all’attuale assetto antiforme (DOGLIONIet alii, 1994), è associato a fa- glie ad alto angolo prevalentemente distensive e con orientazione appenninica (NW-SE e NNW-SSE) ed anti-appenninica (NE-SW; fig. 12). Queste strutture principali, a cui si sommano sistemi di faglie minori con andamento E-W, hanno registrato le fasi colli- sionale e post-collisionale dell’orogenesi appenni- nica (TOZZI, 1993).

Fig. 10 - Confronto tra la direzione totale delle fratture nei materiali quaternari e terziari, lunghezza totale delle doline analizzate e principali lineazioni. A) Fratture in materiale terziario (386 fratture), diagramma ottenuto da dati degli autori integrati da precedenti studi (SORIANO, 1986; LUZÒNet alii, 2008). B) Fratture nei materiali quaternari (1317 fratture). C) Lunghezza dell’asse massimo delle doline analizzate (261 doline). D) Direzione delle lineazioni nella regione,

da ARLEGUÌ& SORIANO(1996).

- Comparison among the strike of the fractures in the quaternari and tertiary deposits, total length of the analyzed dolines and main lineaments. A) Fractures in tertiary deposits (386 fractures),graph obtained from Authors’own data integrated by previous studies (SORIANO, 1986; LUZÒNet alii, 2008). B) Fractures in the quaternari deposits (1317 fractures). C)

Length of the major axis of the analyzed dolines (261 dolines). D) Lineaments strike in the region, after ARLEGUÌ& SORIANO(1996).

(14)

3.2. - SCOPO DEL LAVORO E METODI

Il presente studio è finalizzato all’analisi dei carat- teri morfometrici delle doline e delle altre forme di origine carsica presenti nell’area di indagine, valutan- done la possibile relazione con le discontinità tet- toniche locali e con le strutture regionali. A tale scopo, è stata redatta una carta idro-geomorfologica,

basata sull’integrazione di osservazioni sul campo e di interpretazione stereoscopica di fotogrammi aerei.

Le foto aeree analizzate si riferiscono a un lasso tem- porale compreso tra il 1955 e il 2001. Questa fase ha permesso di individuare le principali forme superfi- ciali, e di rappresentarle sulla base topografica in scala 1:5.000 (Carta Tecnica Regionale). In particolare, ai fini dell’analisi morfometrica, si è ritenuto opportuno

Fig. 11 – Carta geologica del Salento (da CIARANFIet alii, 1988), con ubicazione dell’area di interesse.

– Geological map of Salento (after CIARANFIet alii, 1988), and location of the study area.

(15)

effettuare una distinzione gerarchica nell’ambito delle forme del paesaggio carsico censite, in funzione es- senzialmente della loro visibilità rispetto al paesaggio circostante, e quindi della estensione e dell’entità del dislivello tra depressione e relativi margini. Con il ter- mine “doline” sono state designate le forme più cir- coscritte e con marcato dislivello negativo; queste di frequente si sviluppano all’interno di più estese, e meno marcate morfologicamente, “depressioni”.

Dalla carta idro-geomorfologica così ottenuta, sono stati estrapolati i dati necessari per l’analisi morfometrica, effettuata separatamente sia sulla popolazione di “doline”, che su quella delle “de- pressioni”. I parametri presi in considerazione, in quanto ritenuti più rappresentativi ai fini descrittivi, sono: i) Numero di doline, ii) Estensione minima e massima delle doline, iii) Densità di doline (rap- porto tra numero delle doline ed estensione del- l’area analizzata in km2), iv) Superficie con doline (estensione complessiva delle doline), v) Per-

centuale dell’area con doline rispetto all’estensione dell’area analizzata, vi) Media del rapporto tra asse maggiore (a) ed asse minore (b) delle doline.

In una fase successiva, sono state selezionate delle stazioni ottimali per il rilevamento di dati strutturali. La scelta dell’ubicazione dei punti di misura ha garantito una copertura uniforme del- l’area di indagine. Dei 15 punti di misura, 8 si dis- tribuiscono sulle Serre Salentine (Serra di Montesardo a NE e Serra Falitte a SW) e 7 nei bassi strutturali. In ogni stazione sono state mis- urate le direzioni delle discontinuità tettoniche pre- senti in loco, per un numero minimo di 40 dati per stazione. I risultati sono stati successivamente anal- izzati statisticamente e plottati su diagrammi di vario tipo (diagrammi a rosa, curve cumulate, ecc.).

3.3. - RISULTATI

3.3.1. - Carta idro-geomorfologica della zona di Barbarano del Capo

La carta idro-geomorfologica redatta (fig. 13) mostra una buona corrispondenza tra l’anda- mento dei principali elementi morfologici nell’area di indagine e le strutture osservate a scala regionale.

Tra le forme carsiche superficiali prevalgono “do- line” e “depressioni”, mentre scarseggiano le forme fluvio-carsiche, i cui pochi esemplari si individuano lungo le scarpate che delimitano le Serre. Gli assi maggiori delle forme carsiche individuate si orien- tano prevalentemente in direzione NW-SE e NE- SW. In corrispondenza dei bassi strutturali, le

“depressioni” presentano maggiori estensioni ed un marcato allungamento in direzione appenninica.

Per quanto riguarda gli sprofondamenti da col- lasso, caratterizzati da maggiore evidenza morfologica e evidente dislivello negativo, la fotointerpretazione ha rivelato la presenza, oltre a Vora Grande e Vora Piccola, di altre tre situazioni, colmate dopo gli anni

’70 e che attualmente sono comprese all’interno di aree abitate. Sopralluoghi in loco hanno confermato questa ipotesi, constatando bruschi dislivelli negativi in questi siti, unico elemento che rimane tuttoggi a testimonianza dell’origine di tali forme (fig. 14). Tutti i sinkhole colmati si impostano lungo il medesimo basso strutturale delle due vore di Barbarano.

Fig. 12 - Orientazione dei lineamenti tettonici regionali in Salento (da TOZZI, 1993). Legenda: 1) sistema NNW-SSE: faglie sub-verticali, trasco- rrenti e dirette, ben rappresentate dalle scarpate morfotettoniche che deli- mitano le Serre Salentine (Miocene – post Pliocene); 2) sistema NW-SE:

faglie sub-verticali dirette, ben sviluppate nell’altopiano delle Murge, dove hanno prodotto un assetto ad horst e graben (Miocene); 3) sistema E-W:

faglie sub-verticali dirette, che marcano il limite tra l’altopiano delle Murge e il Salento (Eo-Oligocene); 4) sistemi NE-SW: faglie sub-verticali dirette

(Plio-Pleistocene).

- Trend of regional tectonic lineaments in Salento (after TOZZI, 1993). Key: 1) NNW- SSE system: sub-vertical, transcurrent and normal faults, well expressed by the morpho- tectonic scarps bounding the Serre Salentine (Miocene – post Pliocene); 2) NW-SE system: normal sub-vertical faults, well developed in the Murge plateau, where they have produced a horst and graben setting (Miocene); 3) E-W system: normal sub-vertical faults, marking the boundary between the Murge plateau and Salento (Eo-Oligocene);

4) NE-SW systems: normal sub-vertical faults (Plio-Pleistocene).

(16)

3.3.2. - Le Vore di Barbarano

Le Vore di Barbarano sono ubicate alla periferia orientale di Barbarano, piccola frazione di Morciano di Leuca, a poche centinaia di metri dal Santuario della Madonna del Belvedere di Leuca Piccola, che ospita un ipogeo scavato nelle calcareniti (SAMMARCO

& PARISE, 2008). Denominate Vora Grande e Vora Piccola per le rispettive dimensioni, i due sprofon- damenti distano poche centinaia di metri e sono stati compiutamente descritti la prima volta alla fine del XIX secolo a cura dello studioso salentino Cosimo De Giorgi (DEGIORGI, 1896).

Vora Grande (PU 114 nel Catasto delle Grotte Naturali della Puglia, a cura della Federazione Spe- leologica Pugliese, http://www.fspuglia.it/ ) è at- tualmente recintata in tutta la sua estensione, ed è lo sprofondamento ubicato più a sud, mentre Vora Piccola (PU 115 nel Catasto delle Grotte Naturali

della Puglia) si trova a qualche decina di metri dalla stradina che conduce al su citato Santuario. Le due Vore hanno profondità, rispettivamente, di 35 m e 25 m, e assi di maggiore lunghezza pari a 30 m in

Fig. 13 – Carta idro-geomorfologica di Barbarano del Capo (Morciano di Leuca – LE).

– Hydro-geomorphological map of the Barbarano del Capo area (Morciano di Leuca – Lecce province).

Fig. 14 – Evidenza attuale di un antico sprofondamento colmato dopo gli anni 70.

– Present evidence of an ancient sinkhole, filled after the 1970s.

(17)

direzione N-S (Vora Grande) e 15 m in direzione NW-SE (Vora Piccola). Vora Grande presenta forma ellittica in pianta, con asse maggiore orien- tato N-S; l’analisi del rilievo della voragine mostra invece, in profondità, un allungamento preferen- ziale in senso NW-SE (BECCARISI et alii, 2003).

Vora Piccola ha forma ellittica meno marcata, ten- dente in direzione NW-SE.

Le pareti verticali delle vore, e i caratteri di re- sistenza meccanica delle calcareniti, rendono i due siti ancora potenzialmente instabili, come dimo- strato di recente dal crollo di una significativa por- zione del margine SSE di Vora Grande, avvenuto nel febbraio 2011 a seguito di intense precipita- zioni (PEPE& PARISE, 2011; fig. 15).

Morfologicamente, le Vore si aprono su un pia- noro allungato in direzione NW-SE, delimitato ai bordi da pendii che conducono al rilievo di Serre Falitte sul versante sud-occidentale e a quello su

cui si sviluppa l’abitato di Montesardo sul versante nord-orientale. Il dislivello tra fondovalle e dorsali risulta compreso tra i 20 e i 30 metri; seppur non marcata, tale differenza altimetrica determina, in territori a scarsa energia di rilievo quali le porzioni interne del Salento (PALMENTOLA, 1987; PARISE, 2008a), una certa variabilità morfologica.

Oltre agli aspetti storico-religiosi legati alla pre- senza del Santuario, la presenza dell’uomo in epo- che passate nella zona delle vore è testimoniata da ben conservate carraie di epoca romana scavate nella roccia calcarenitica, e dalla diffusa presenza di cave (SAMMARCO& PARISE, 2008) che, come si accennerà più avanti, potrebbero avere svolto un ruolo non secondario nella formazione degli spro- fondamenti. La locale calcarenite è stata infatti estratta e cavata su ampi settori del pianoro, e co- stituiva, per la facilità di lavorazione e l’immedia- tezza di reperimento, il materiale più diffuso

Fig. 15 – Il recente crollo, avvenuto nel febbraio 2011, al margine SSE di Vora Grande di Barbarano, visto da SW (A) e da NE (B).

– The recent collapse (February 2011) at the SSE margin of Vora Grande di Barbarano, from the SW (A) and the NE (B).

(18)

nell’edilizia dell’antichità. La litostratigrafia osser- vabile sulle pareti delle due vore è riconducibile a tre livelli principali (BOSSIOet alii, 1987, 1998): il primo, sommitale, è rappresentato da una calcare- nite ben cementata, di spessore di 4,5-5 metri. Al di sotto, fino a circa 20 metri di profondità, sono presenti sabbie calcaree di colore giallastro, che nei primi 4-5 metri a partire dall’alto si intercalano a livelli irregolari con maggiore grado di litificazione.

Al di sotto delle sabbie si rinviene una calcarenite giallastra, a luoghi calciruditica, in banchi decime- trici. Le pareti delle vore presentano nella parte più alta una evidente erosione selettiva nell’ambito dei livelli meno litificati delle sabbie calcaree. A tali fe- nomeni si associa inoltre la presenza di condotte carsiche e piccole cavità interstrato. L’erosione congiunta, carsica e meccanica, ha determinato la formazione di cengie che si affacciano all’interno della voragine, raggiungibili grazie a passaggi arti- ficiali scavati nella roccia calcarenitica. Ampi coni detritici occupano la parte bassa delle voragini, oc- cludendo ogni eventuale possibilità di prosecu- zione all’interno dei sistemi ipogei.

Supponendo che il livello carsico di base fosse posto a profondità comprese tra i 10 e i 20 metri dall’attuale fondo delle vore, BECCARISIet alii (2003) hanno ipotizzato una evoluzione degli sprofonda- menti che partiva dalla formazione di una proto- grotta, dal suo ampliamento per processi chimici ed erosionali, e dalle prime fasi di crollo, con au- mento nell’altezza della cavità. La progressiva mi- grazione della cavità verso l’alto portò ad intercettare i livelli di sabbie meno litificate, deter- minando un’accelerazione dei processi, sia in ter- mini di crolli successivi che di ampliamento e migrazione verso l’alto. Come già evidenziato al- trove (PARISE, 2008b) si ritiene che tale fase sia poi rapidamente progredita, sino a raggiungere il livello superficiale di calcarenite, senza dover necessaria- mente invocare fenomeni di condensazione di va- pori che avrebbero ulteriormente favorito la dissoluzione dell’ammasso carbonatico (BECCARISI

et alii, 2003); non si hanno infatti evidenze di mor- fologie ipogee connesse a questo tipo di dissolu- zione. Infine, il livello calcarenitico sommitale, interessato da sistemi di discontinuità e indebolito dalla presenza del vuoto sottostante, sarebbe crol-

lato, determinando l’apertura degli sprofondamenti.

La presenza delle cave, ed in particolare gli ele- menti connessi all’attività estrattiva che risultano troncati al margine delle vore, farebbero ipotizzare che all’epoca dell’attività di cava le vore non do- vessero esistere (DELLEROSEet alii, 2004; PARISE, 2008b). Tantomeno dovevano essere presenti aperture di minori dimensioni rispetto a quelle at- tuali, visto che queste avrebbero in ogni caso rap- presentato evidenti segnali d’allarme per la realizzanda attività estrattiva. Purtroppo, la man- canza di elementi utili a porre un limite cronolo- gico alla attività estrattiva non consente allo stato attuale di formulare alcuna ipotesi sull’epoca di oc- correnza degli sprofondamenti.

3.3.3. - Morfometria

I parametri morfometrici valutabili nella zona di indagine variano a seconda che si considerino le

“depressioni” o le “doline”, essendo le prime più numerose ed estese delle seconde (tab. 2). Le 274

ESTENSIONE DELL’AREA

DI INDAGINE 20 km2

DEPRESSIONI DOLINE

Numero 274 86

Estensione minima 0,00027769 km² 0,00019109km² Estensione massima 0,16924151 km2 0,02274375

km2

Densità 11,87

Depressioni/km2 8,10 Doline/km2 Estensione complessiva 2,93 km2 0,25 km2

Percentuale 14.63% 1.26%

Rapporto asse mag- giore

(a) / asse minore (b) 2.17 1.88

Tab. 2 – Valori morfometrici principali, relativi alle

“depressioni” e alle “doline” nell’area di Barbarano del Capo.

– Main morphometric parameters of “depressions” and

“dolines” in the Barbarano del Capo area.

(19)

“depressioni”, distribuite su una superficie di 20 km2, corrispondono a una densità pari a 11,87.

Questo stesso parametro è però pari a 8,10 se rife- rito alle “doline”. Per quanto riguarda l’estensione complessiva, si osserva una variazione di un ordine di grandezza a seconda che si considerino le “de- pressioni” (2,93 km2) o le “doline” (0,25 km2), va- riazione che si ripercuote sulla percentuale di doline, che si attesta intorno al 14,63% nel primo caso, e all’1,26% nel secondo caso. “Depressioni” e “do- line” differiscono sensibilmente anche nel rapporto medio tra asse maggiore ed asse minore (a / b), che indica un allungamento maggiore nelle prime.

Plottando i rispettivi valori degli assi maggiore e minore per tutte le forme analizzate (fig. 16), si ot- tengono rette di regressione lineare diverse a seconda che si riferiscano alla classe delle “depressioni”, a quella delle “doline” o all’insieme indistinto di en- trambe. Si osserva infatti il massimo valore del coef- ficiente angolare nel primo caso, il minimo nel secondo caso, e un valore intermedio nel terzo caso.

3.3.4. - Confronto tra dati strutturali e dati morfometrici I dati ottenuti dal rilevamento delle disconti- nuità tettoniche nelle 15 stazioni di misura (fig. 17) indicano una netta prevalenza di sistemi ad orien- tazione appenninica su quelli ad orientazione anti- appenninica nei calcari del Cretaceo; nelle calcareniti plio-pleistoceniche, invece, si osservano brusche variazioni locali, talvolta con una distribu- zione isotropa delle orientazioni, o con una pre- valenza di sistemi appenninici o anti-appenninici.

I dati strutturali relativi alle discontinuità tetto- niche rilevate nell’intera area di indagine mostrano una buona corrispondenza con i lineamenti tetto- nici regionali (figg. 12 e 18). Se si confrontano le curve cumulate relative ai dati strutturali con quelle relative all’orientazione degli assi maggiori delle forme carsiche individuate, si osserva che mentre per le “depressioni” il picco per numero di cam- pioni corrisponde a un allungamento anti-appen- ninico, per le “doline” invece esso corrisponde ad un allungamento appenninico (fig. 18). Tuttavia, i picchi relativi che si osservano nella curva delle

“doline” e in quella delle “depressioni” presentano una buona corrispondenza.

3.4. - DISCUSSIONE

Il riconoscimento e la cartografazione delle forme carsiche del territorio di Barbarano del Capo hanno consentito di delineare i caratteri mor- fologici principali dell’area di indagine e di metterli in relazione con l’assetto geologico generale. L’ana- lisi morfometrica condotta sulle “doline” e sulle

“depressioni”, che in ambito carsico presentano delle forti relazioni genetiche con gli sprofonda- menti, ha messo in evidenza valori di densità, estensione e rapporto medio tra gli assi sostanzial- mente maggiori se si prendono in considerazione le seconde. L’analisi delle discontinuità tettoniche, regionali e locali, ha poi permesso di apprezzare il condizionamento degli elementi geologico-strut- turali, a diversa scala, nello sviluppo di depressioni carsiche e sprofondamenti. Nonostante in generale si osservi una buona corrispondenza tra anda- mento delle strutture a diversa scala e andamento degli assi maggiori delle depressioni carsiche, esiste una leggera discrepanza tra gli allungamenti prefe- renziali delle “doline” e delle “depressioni”. Seb- bene i principali lineamenti tettonici del Salento, e in particolare della sua porzione meridionale, fos- sero già stati in passato oggetto di studio (BOSSIO

et alii, 1987; CIARANFI et alii, 1988; TOZZI, 1993), non vi sono studi in letteratura riguardanti nello specifico le relazioni esistenti tra tettonica e strut- ture (identificate nei vari litotipi affioranti) e carsi- smo. L’argomento, di sicuro interesse anche per le rilevanti implicazioni idrogeologiche, va certa- mente approfondito, considerando più vasti areali nell’ambito della Penisola Salentina, e prendendo in esame ulteriori dati, derivanti ad esempio dalla esecuzione di rilievi geologico-strutturali all’in- terno delle cavità carsiche presenti nell’area.

4. - CONCLUSIONI

La conoscenza dei principali elementi condizio- nanti la genesi e l’evoluzione dei sinkhole è un ele- mento essenziale ai fini di qualunque azione volta a mitigare il rischio derivante da tale tipologia di fe- nomeni. La molteplicità di fattori che interagiscono in ambiente carsico, congiuntamente alla possibilità di occorrenza di sprofondamenti sia in connessione

(20)

Fig. 16 – Valori (in metri) del rapporto tra asse maggiore (a) ed asse minore (b) nelle “doline” e nelle “depressioni”.

– Values (in meters) of the ratio major (a) – minor axes (b) in the landform “doline” and “depressions”.

Fig. 17 – Ubicazione delle 15 stazioni di misura e diagrammi a rosa dei relativi dati raccolti.

– Location of the 15 measurement stations and rose diagrams of collected data.

(21)

a cavità naturali che a vuoti di origine antropica, rendono l’argomento particolarmente complesso (PARISE& GUNN, 2007; PARISE, 2010; DEWAELEet alii, 2011). L’esame di situazioni come quelle de- scritte nel presente lavoro risulta utile nell’incremen- tare la conoscenza dei territori soggetti a sinkholes, e nel valutare le possibili relazioni esistenti tra questi e i fattori predisponenti ed innescanti. D’altra parte, la letteratura internazionale sempre più di frequente presenta lavori in tal senso (PARISE & LOLLINO, 2011; HERMOSILLA, 2012; ZHAOet alii, 2012). Il con- fronto tra aree come il Bacino dell’Ebro e la Peni- sola Salentina, geologicamente diverse ma con valori affini dei medesimi parametri morfometrici, offre l’occasione di discriminare il solo controllo struttu- rale nella genesi ed evoluzione degli sprofonda- menti. Le aree esaminate nel presente lavoro certamente sono meritevoli di continua attenzione e approfondimenti si tali tematiche, anche per ciò che riguarda gli effetti derivanti da cavità scavate dall’uomo in epoche passate (DEPASCALIS et alii, 2010; PARISE, 2011; FIORE& PARISE, 2013).

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Fig. 18 – Confronto tra orientazione degli assi maggiori di “doline” e “depressioni”, orientazione delle discontinuità tettoniche locali e dei lineamenti regionali, espresse in numero di campioni.

– Comparison between direction of the major axes of “dolines” and “depressions”, strike of the local tectonic discontinuities, and strike of the regional tectonic discontinuities.

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