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STUDIO DELL'INTERAZIONE TRA LE DIFFERENTI CLASSI DI MACROMOLECOLE DEI VINI ROSSI ITALIANI, DEL LORO RUOLO NELLA STABILITA' COLLOIDALE E NELLA PERCEZIONE DELL'ASTRINGENZA

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI AGRONOMIA ANIMALI ALIMENTI RISORSE NATURALI E AMBIENTE

Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari

STUDIO DELL'INTERAZIONE

TRA LE DIFFERENTI CLASSI DI MACROMOLECOLE

DEI VINI ROSSI ITALIANI, DEL LORO RUOLO

NELLA STABILITA' COLLOIDALE

E NELLA PERCEZIONE DELL'ASTRINGENZA

Relatore: Prof. Matteo Marangon Laureanda: Matilde Boschetti

Matricola n. 1028000

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INDICE GENERALE

INDICE 5

RIASSUNTO 9

ABSTRACT 11

INTRODUZIONE 13

1) RUOLO DELLE MACROMOLECOLE NEI VINI ROSSI E LEGAME CON

L'ASTRINGENZA 15

1.1) Definizione astringenza 15

1.2) Ipotesi chimico - fisiche sul meccanismo dell'astringenza 16 1.3) Proprietà chimico - fisiche della saliva e ruolo nella percezione

dell'astringenza 17

1.4) Meccanismo d'interazione tra polifenoli e proteine salivari 20 1.5) Fattori che influenzano l'interazione polifenoli – proteine salivari e la

percezione dell'astringenza 21

1.6) Proprietà sensoriali delle sostanze fenoliche del vino rosso 28 1.7) Nuovo metodo analitico per la valutazione dell'astringenza dei vini rossi

31

2) DESCRIZIONE DELLE SINGOLE MACROMOLECOLE DEL VINO 35

2.1) Composizione proteica del vino 35

2.1.1.) Analisi della composizione proteica del vino rosso Portugieser 37

2.1.1.1) Proteine dell'uva 38

2.1.1.2) Proteine del lievito 40

2.1.1.3) Glicoproteine 41

2.1.2) Saggio colorimetrico per la quantificazione delle proteine totali applicato

a vini rossi 42

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2.1.2.2) Scelta del Saggio Proteico e della Proteina Standard 44 2.1.2.3) Quantificazione proteica nei vini rossi 45 2.2) Composizione in polisaccaridi del vino 47 2.2.1) Caratterizzazione Arabinogalattani (AGP) 48

2.2.2) Caratterizzazione Mannoproteine (MP) 48

2.2.3) Caratterizzazione Ramnogalatturonani di tipo I (RGI) 49 2.2.4)Caratterizzazione Ramnogalatturonani di tipo II (RGII) 50 2.2.5) Quantificazione di polisaccaridi e oligosaccaridi nel vino rosso 51

2.3) Composizione polifenolica del vino 54

2.3.1) Flavan - 3 -oli monomerici e polimerici 55 2.3.2) Composti fenolici non flavonoidi e flavanoli 57

2.3.3)Polimeri Pigmentati 57

2.3.4) Saggio di Quantificazione dei polifenoli nel vino rosso 59

3) STABILITA' COLLOIDALE DEL VINO ROSSO 65

3.1) Fattori che influenzano la stabilità colloidale del vino rosso 65 3.2) Legami che caratterizzano la frazione colloidale del vino rosso 69 3.3) Esempi di sostanze fenoliche coinvolte nello stato colloidale

del vino rosso 72

4) TORBIDITA'NEL VINO ROSSO 75

4.1) Evoluzione della torbidità nel vino 75

4.2) Fattori responsabili della torbidità del vino 76 4.3) Modello Multivariato dell'effetto dei diversi fattori sulla torbidità

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5) SCOPO DELLA TESI 83

6) MATERIALI E METODI 85

6.1) Scopo del Progetto PRIN 85

6.2) Campionamento vini rossi 86

6.3) Procedura per la quantificazione del contenuto proteico totale in vini rossi

commerciali 87

6.4) Procedura per la quantificazione dei polisaccaridi totali in vini rossi

commerciali 90

6.5) Procedura per la a stima indiretta della reattività dei tannini alla BSA

(Indice di BSA) 93

6.6) Procedura per lo svolgimento dell'Heat Test o Test al Calore 94

7) RISULTATI E DISCUSSIONE 97

7.1) CONTENUTO IN PROTEINE TOTALI 97

7.2) GRAFICI INDIVIDUALI DELLE PROTEINE TOTALI 99

7.2.1) Vini rossi con valori di concentrazione proteica simili 104 7.2.2) Vini rossi con valori di concentrazione proteica variabili 105

7.3) CONTENUTO IN POLISACCARIDI TOTALI 106

7.4) GRAFICI INDIVIDUALI POLISACCARIDI TOTALI 108

7.5) INDICE DI BSA 115

7.6) GRAFICI INDIVIDUALI BSA 117

7.7) CORRELAZIONI 121

7.7.1) Correlazione Proteine totali - Polisaccaridi Totali 121 7.7.2) Correlazione Proteine totali - Indice BSA 122 7.7.3) Correlazione Polisaccaridi Totali - Indice BSA 123

(8)

8) CONCLUSIONI 129

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RIASSUNTO

Le macromolecole dei vini (proteine, polisaccaridi e polifenoli) hanno notevole importanza per la qualità dei vini in quanto sono in grado di influenzare caratteristiche sensoriali quali la percezione dell’astringenza, e caratteristiche molecolari quali la stabilità colloidale. Ad oggi, non esiste una caratterizzazione approfondita della frazione macromolecolare dei principali vini rossi italiani. In questa tesi lo scopo è stato quello di quantificare le macromolecole di oltre 100 vini rossi italiani e di studiare la loro interazione al fine di delucidare il loro ruolo nella stabilità colloidale e nella percezione dell'astringenza dei vini. In particolare, si sono messi a punto ed applicati diversi metodi colorimetrici per la quantificazione di proteine e polisaccaridi dei vini, oltre che la messa a punto di un nuovo metodo analitico indiretto per determinare l’astringenza dei vini. In generale, si è notata una grande variabilità inter- ed intra-varietale per i parametri considerati. Tali dati sono stati utilizzati per valutare la possibile presenza di correlazione per evidenziare il livello d'interazione delle macromolecole in soluzione e il loro conseguente impatto sulla stabilità colloidale dei campioni.

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ABSTRACT

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INTRODUZIONE

Il crescente interesse dell'industria enologica italiana nel fornire sul mercato vini rossi che presentano un livello di astringenza equilibrato e piacevole, insieme alla carenza di informazioni riguardo alle caratteristiche sensoriali tipiche di ogni vino, ha portato ad avviare un Progetto di Ricerca indirizzato a fornire una descrizione completa della diversità di composizione esistente tra vini rossi provenienti dalle maggiori regioni vinicole italiane, in riferimento all'impatto che questo aspetto può avere sull'astringenza percepita dai consumatori. Il lavoro di tesi che viene presentato nell'elaborato si inserisce all'interno di questo Progetto di Ricerca.

Con l'obiettivo di indagare il ruolo che le macromolecole ricoprono in soluzione, è stata eseguita la quantificazione della concentrazione totale di proteine e polisaccaridi ed è stato messo a punto un metodo indiretto per studiare la reattività dei tannini con una proteina standard . La successiva esecuzione di prove di Heat Test o Test al Calore, ha consentito inoltre di stimare l'impatto che questi componenti, fondamentali per assicurare la produzione di un vino rosso di qualità, possono avere sulla stabilità del prodotto finito durante il periodo di commercializzazione.

I dati raccolti nella tesi hanno permesso di ricavare delle importanti informazioni riguardo il livello d'interazione che esiste tra le principali categorie di macromolecole del vino e riguardo all'influenza che esse possono avere sull'equilibrio del suo stato colloidale.

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1) RUOLO DELLE MACROMOLECOLE NEI VINI ROSSI E LEGAME CON L'ASTRINGENZA

1.1) Definizione di astringenza

I primi a sviluppare un vocabolario per descrivere le sensazioni legate all'astringenza avvertite a livello del palato, sono stati Lawless e collaboratori nel 1994, dopo aver testato diverse sostanze astringenti, come sali, tannini idrolizzabili, acidi carbossilici e loro miscele, le quali producono diversi picchi massimi di astringenza a cui corrispondono differenti velocità di decadimento. E' stato verificato che l'acido tannico è tra i più persistenti, con un complesso profilo sensoriale. La percezione dell'astringenza nell'ambiente orale viene definito un processo molto dinamico, che varia continuamente tra sensazioni di secchezza, rugosità e raggrinzimento della struttura cutanea della bocca, misurate nel loro insieme attraverso il coefficiente di frizione, avvertito quando le sostanze tanniche entrano in contatto con i meccano - recettori della lingua. Con specifico riferimento al vino rosso, un gruppo di panelisti esperti tra cui lo studioso Gawel (2000), ha sviluppato dei termini specifici per descrivere la sensazione di astringenza suscitata da un ampio set di campioni rappresentativi di vini rossi Italiani, Francesi e Australiani, tra cui si inseriscono gli aggettivi "setoso", "gessoso", "di carta smerigliata". Ad essi sono stati poi affiancati nella terminologia sensoriale altri descrittori più astratti, come "sapore nobile", "vegetale", "amaro", "acido", "legnoso" o "duro" tenendo presente che in generale un vino rosso di qualità deve presentare un livello bilanciato di astringenza.

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1.2) Ipotesi chimico - fisiche sul meccanismo di astringenza

La prima ipotesi chimico - fisica sull'origine della sensazione di astringenza è stata esposta da Breslin e suoi collaboratori nel 1993, i quali l'hanno definita come sensazione tattile dovuta all'incremento della frizione all'interno dell'ambiente orale, avanzando la considerazione che fosse una proprietà sensoriale. Negli anni successivi, Critchely e Rolls (1996), hanno eseguito degli approfondimenti per comprendere se il contatto dei recettori gustativi con sostanze fenoliche come gli acidi tannici, stimolassero delle risposte a livello cerebrale. I risultati di tali esperimenti hanno confermato questa teoria, rilevando attività neurologica in risposta alla percezione di astringenza a livello della corteccia cerebrale orbito - frontale, del nervo glosso - faringeo e della Chorda tympani, costituita da fibre nervose meccano - recettive. Le sostanze astringenti utilizzate nello studio erano tannini idrolizzabili in ambiente acido e all'assaggio suscitavano sia sensazioni di acidità che di amarezza.

E' stato inoltre verificato dal ricercatore Guinard e collaboratori nel 1986, che l'astringenza percepita tende ad aumentare di molto quando il tempo tra l'ingestione di bevande o alimenti tannici è ridotto, affermando che il legame dei polifenoli con le proteine epiteliali della bocca avviene dopo una prima complessazione con le proteine salivari. Tuttavia, ad un certo punto, la percezione dell'astringenza diminuisce per effetto dell'adattamento dei recettori gustativi che giungono a saturazione.

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seconda delle diverse aree della bocca con cui il vino veniva a contatto, in dipendenza del flusso dei composti fenolici e della saliva, comprendendo anche superfici non - gustative come le labbra superiori.

1.3) Proprietà chimico - fisiche della saliva e ruolo nella percezione dell'astringenza

Più del 93% della saliva umana viene secreta da tre paia di ghiandole esocrine maggiori, la parotide, le ghiandole sottomandibolari e le ghiandole sottolinguali (Dawes e Wood, 1973). Ci sono inoltre delle ghiandole accessorie o minori, tra le quali si possono distinguere la ghiandola boccale, la labiale, la palatina, la glosso - palatina, la linguale, la linguale anteriore e la ghiandola di von Ebner (Ferguson 1975, Green e Embery, 1985). La saliva è un fluido acquoso altamente diluito, che contiene prevalentemente proteine, glicoproteine, glicolipidi, carboidrati, siero e ioni inorganici (Wu et al., 1994). Ogni classe di composti contribuisce a più di una delle maggiori attività biologiche della saliva, tra cui se ne ricordano alcune come la copertura e lubrificazione delle superfici della mucosa orale, la loro idratazione, la riduzione della frizione tra il bolo alimentare e i denti durante la masticazione. E' proprio la diminuzione dell'abilità di lubrificazione della saliva, a causa della presenza dei polifenoli nel vino, che facilita la comprensione del meccanismo di astringenza (Mandel, 1987).

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Mucine

Le mucine costituiscono il 26% del contenuto proteico totale della saliva umana (Fox et al., 1985). Vengono prodotte per la maggioranza dalle ghiandole sottolinguali e accessorie, ma in parte anche dalle sottomandibolari (Hensten- Pettersen, 1975). Se ne sono riconosciute due tipologie principali, MG1 di alto peso molecolare tra 2.000 e 2.500 kDa e la più piccola MG2, che si attesta tra 150 e 200 kDa (Cohen e Levine, 1989). Sono costituite da subunità legate tra loro attraverso ponti disolfuro, ognuna delle quali forma dei corti domini non glicosilati, alternati con estesi domini glicosilati (Nieuw Amerongen et al., 1995).

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Proteine ricche di prolina

Circa il 70% delle proteine delle secrezioni salivari della parotide e delle ghiandole sottomandibolari appartengono ad un'unica famiglia multigenica di Proteine Ricche in Prolina, le PRP (Kauffman e Keller, 1979). Esse sono composte da un peptide segnale e da una sequenza amminoacidica terminale, caratterizzata da una struttura primaria ripetitiva costituita da prolina, glicina, acido glutammico e glutammina (Hay et al., 1988). Questi residui comprendono circa il 70 - 88% della sequenza amminoacidica totale. Le PRP sono altamente polarizzate, con degli amminoacidi terminali carichi negativamente, seguiti da un'estesa sequenza non polare (Ferguson, 1991).

In generale, le Proteine Ricche di Prolina possono essere suddivise in tre principali categorie: le PRP acide, con peso molecolare tra i 12 e i 16 kDa, quelle basiche di peso molecolare tra 6 e 9 kDa e quelle glicosilate con un peso molecolare maggiore rispetto alle altre due, tra i 36 e i 78 kDa. Al loro interno, la presenza di residui di prolina giunge al 30 - 45% del totale, mentre la glicina insieme all'acido glutammico costituisce il restante 45% (Kauffman e Keller, 1979). I residui acidici degli amminoacidi possiedono un basso valore di punto isoelettrico (pI) posto tra 4 e 5, mentre quello dei residui basici è più alto, compreso tra i valori 9 e 10. Le PRP glicosilate invece, contengono sei unità oligosaccaridiche attaccate al centro della proteina attraverso legami N - glicosidici a residui di asparagina, treonina e serina (Reddy et al., 1982).

Delle sei unità di carboidrati presenti, una contiene acido sialico mentre le altre sono neutre.

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le proteine ricche in prolina, acido glutammico, glicina e glutammina hanno un'elevata affinità per i polifenoli del vino rosso, poiché nel loro insieme questi residui amminoacidici influenzano in maniera significativa il processo di riconoscimento tra i polifenoli e le PRP.

Istidine

L'ultima importante famiglia di proteine salivari deriva dalle secrezioni sottomandibolari e della parotide, che contengono diversi peptidi di basso peso molecolare ricchi in istidina, arginina e lisina (Lamkin e Oppenheim, 1993). I principali vengono nominati Istidina 1, Istidina 3 e Istidina 5 e possiedono una specifica attività antimicrobica. Recentemente, alcuni studi (Yan e Bennik, 1995) hanno evidenziato che le Istidine possono essere ancora più efficaci delle PRP nel precipitare i tannini condensati al valore di pH del vino, grazie al forte legame che avviene attraverso le interazioni idrofobiche tra le catene laterali di lisina e arginina e la zona aromatica dei polifenoli.

1.4) Meccanismo d'interazione tra polifenoli e proteine salivari

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consumo di vino rosso. In questo paragrafo, verranno quindi analizzati i fattori che intervengono nella formazione del legame tra proteine salivari e specie polifenoliche del vino.

Il ricercatore Luck e i suoi collaboratori, nel 1994, hanno osservato che attorno ai siti di legame dei complessi tannici e proteici durante la coalescenza si forma uno strato di molecole d'acqua altamente ordinato, in un effetto entropico. Successivamente all'aggregazione, le interazioni idrofobiche e i legami idrogeno tendono a stabilizzare i complessi che si formano, coinvolgendo in particolare l'anello fenolico dei polifenoli sia monomerici che polimerici e la prolina o la glicina delle PRP (Baxter et al., 1997).

Un secondo meccanismo di precipitazione proteica in presenza di proantocianidine, è stato proposto da Mac Manus nel 1981 e prevede che, a basse concentrazioni di proteine salivari, sulla loro superficie si formi un monostrato di polifenoli associati. Siccome questa superficie è meno idrofilica della proteina stessa, avviene l'aggregazione e la precipitazione proteica. Mentre, ad alte concentrazioni di proteine, l'aggregazione e la precipitazione sono rese possibili dalla formazione di un cross - linking tra le molecole proteiche e i polifenoli.

1.5) Fattori che influenzano l'interazione polifenoli - proteine salivari e la percezione dell'astringenza

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concentrazione assoluta in soluzione e il grado di idrosolubilità, poiché più è basso maggiori saranno le interazioni tra polifenoli e proteine e più aumenterà la possibilità che avvenga la precipitazione. Altri elementi fondamentali sono il grado di glicosilazione e l'idrofobicità delle proteine, il pH del mezzo, la concentrazione ionica, la concentrazione di etanolo e la temperatura alla quale queste interazioni avvengono. Inoltre, non bisogna dimenticare che il legame tra un particolare tipo di molecola polifenolica e una proteina è competitivo rispetto alla presenza di altre sostanze in soluzione, come nell'esempio del vino dove si trovano in particolare i polisaccaridi che possono influenzare l'intensità dell'astringenza percepita al momento del consumo, modificando la velocità di flusso e la composizione della saliva.

Inoltre, la capacità dei tannini condensati e idrolizzabili di legare le proteine e aumentare la sensazione di astringenza, incrementa con il grado di polimerizzazione fino al raggiungimento di un valore limite (MacManus et al., 1985).

Effetto dell'alcol etilico

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mucosa orale oltre che aumentare l'amarezza percepita in presenza dei flavan - 3 - oli monomerici tipici del vino rosso (Fischer e Noble, 1994).

Effetto dell'acidità

La precipitazione dei complessi tra tannini e proteine dipende anche dal range di pH a cui avviene. Gli acidi organici come il tartarico, presente nell'uva, dimostrano differenti e complessi profili astringenti e il pH in questo contesto diventa il fattore determinante nello stimolare l'intensità percepita dell'astringenza. Gli acidi possono creare astringenza attraverso la riduzione diretta della viscosità della saliva, che decresce con la diminuzione del pH e tale effetto diviene maggiore aumentando la concentrazione proteica al suo interno.

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Per questa ragione, al momento del consumo di vino rosso vi è una diminuzione dell'abilità lubrificante della saliva che risulta in una maggiore astringenza percepita. Una spiegazione collegata a questo fenomeno è il fatto che la mucina MG1 ha un pI< 2,5, mentre quello delle Proteine Ricche in Prolina Glicosilate (GPRP) è ben al di sopra del pH tipico della saliva, che varia tra i valori 3 e 5, supportando l'ipotesi che le Mucine ricoprano un ruolo maggiore rispetto alle GPRP nella percezione dell'astringenza (Christensen et al., 1987).

Effetto della forza ionica

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Effetto dei polisaccaridi e degli oligosaccaridi

E' stato dimostrato che la presenza di polisaccaridi nel vino rosso può inibire l'interazione tra tannini e proteine e portare ad una perdita della percezione di astringenza (Smith et al., 1996). Differenti classi di polisaccaridi sono state descritte come composti capaci di interagire con i tannini del vino o con gli aggregati di proantocianidine, riducendo la presenza di polifenoli in forma libera in soluzione. In vini modello è stato verificato da Van der Reijden e collaboratori nel 1996, che la componente acidica dei polisaccaridi, come i ramnogalatturonani di tipo II, ricopre un ruolo fondamentale nella riduzione dell'astringenza percepita totale, che porta ad un cambiamento nell'effetto lubrificante della saliva. Tuttavia, un minimo contributo in tale senso viene apportato anche dalla frazione polisaccaridica neutra.

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statisticamente significative per descrivere la relazione con l'astringenza nel modello di correlazione definitivo da cui è stato evidenziato il 96,8% di corrispondenza tra i dati.

Tutte le classi di polisaccaridi contenute nei campioni mostravano la capacità di diminuire l'astringenza percepita e l'effetto diventava maggiore quando veniva fatto riferimento ai ramnogalatturonani di tipo II, con una variabilità del 54,5% e alle mannoproteine con una variabilità del 74,5%. L'effetto delle mannoproteine nel diminuire l'astringenza è stato relazionato al fatto che esse siano in grado di legare le proantocianidine rendendole indisponibili a interagire con le proteine salivari, mentre l'effetto inibitorio dei ramnogalatturonani sull'astringenza percepita totale è stato studiato con correlazione positiva in vini modello e questo studio ha confermato tale risultato per la prima volta su matrici reali. La spiegazione può essere dovuta al fatto che i ramnogalatturonani presentano alcuni zuccheri e legami inusuali nella loro struttura molecolare, infatti sono i polisaccaridi più ramificati e complessi presenti nel vino rosso e questo aspetto può essere correlato direttamente alla diminuzione della percezione di astringenza.

Tra le frazioni oligosaccaridiche individuate, quattro residui glicosidici hanno mostrato correlazione con l'astringenza percepita: lo xilosio, il ramnosio, il galattosio e il mannosio.

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galattosio enfatizzava la sua percezione. L'influenza di mannosio e xilosio invece era minore rispetto ai primi due. La rilevazione di queste differenze, può essere collegata al grado di polimerizzazione raggiunto dai polisaccaridi in soluzione e alla loro struttura tridimensionale, perciò si può concludere che la presenza di singoli oligosaccaridi non sia in grado di indurre cambiamenti significativi nell'astringenza percepita di un vino rosso. In ogni caso, l'aggiunta di polisaccaridi e oligosaccaridi come variabili composizionali, ha consentito di migliorare in maniera considerevole la rappresentatività del modello prescelto. Analizzando nel complesso la curva di calibrazione, si è riscontrato che nel modello le epicatechine e le proantocianidine erano le componenti che, in base al loro diverso grado di galloilazione, hanno influenzato maggiormente la valutazione dell'astringenza percepita in relazione alla concentrazione di polisaccaridi in soluzione (Quijada - Morìn et al., 2014).

Percezione individuale dell'astringenza

Anche la percezione individuale dell'astringenza è un elemento da tenere in considerazione e dipende soprattutto dalla velocità del flusso della saliva e dalla durata dell'astringenza percepita da ognuno (Fischer et al.,1994).

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La concentrazione proteica della saliva a contatto con i tannini del vino inizialmente tende a decrescere rapidamente, seguita da un marcato incremento trascorsi alcuni minuti dall'ingestione. La proporzione delle Proteine Ricche in Prolina secrete non viene alterata dopo la stimolazione salivare, mentre quella delle Istidine tende ad aumentare in queste circostanze. Questo fenomeno evidenzia come l'introduzione di differenti sostanze polifenoliche nell'ambiente orale durante l'assaggio del vino rosso, possa modificare la componente proteica della saliva e quindi provocare una diversa percezione dell'astringenza da un consumatore all'altro (Fischer et al.,1994).

1.6) Proprietà sensoriali delle sostanze fenoliche del vino rosso

Le sostanze astringenti che si trovano nell'uva vengono suddivise in tre classi principali: quella dei flavan - 3 - oli, quella dei composti non - flavonoidi e quella dei polimeri pigmentati. Questi composti sono caratterizzati ognuno da uno specifico profilo sensoriale che verrà descritto nei paragrafi successivi.

Caratteristiche sensoriali dei flavanoli monomerici e polimerici

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flavan - 3 - oli in soluzione (mg/l). Nel vino rosso, le forme monomeriche dei flavan - 3 - oli, raggiungono un picco massimo di intensità dell'astringenza più velocemente rispetto alle forme polimeriche, anche se la durata della sensazione astringente nell'ambiente orale è inferiore. Le stesse considerazioni possono valere anche per la percezione dell'amarezza, dato che le forme polimeriche dei tannini tendono ad esaltare tale caratteristica sensoriale rispetto ai dimeri, trimeri e tetrameri della stessa tipologia di molecole. Tuttavia, sono state rilevate anche delle differenze sensoriali tra alcune forme monomeriche nel gruppo dei flavan - 3 - oli.

Ad esempio, le epicatechine presentavano un picco di astringenza e amarezza più alto e di maggior persistenza rispetto a quello delle catechine, dettato solamente dalla diversa posizione di un gruppo idrossile sulla loro superficie. Questo aspetto conferma, come accennato nei paragrafi precedenti, che la percezione dell'astringenza viene direttamente influenzata dalla struttura chimica delle singole molecole e dal grado di polimerizzazione che esse raggiungono in soluzione.

Caratteristiche sensoriali dei composti non - flavonoidi e dei flavanoli

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legate alla presenza di acido caffeico, cumarico e caftarico nonostante queste sostanze venissero presentate alla più alta concentrazione endogena possibile nel vino. Tuttavia, la combinazione di acidi come l'idrossicinnamico e l'idrossibenzoico, possono avere comunque un effetto sensoriale.

Nel vino rosso i composti non - flavonoidi sono relativamente scarsi, si attestano circa sui 250 mg/l se comparati con i flavonoidi che invece arrivano a 1500 mg/l in soluzione.

La loro presenza impartisce al vino note amare e contribuisce alla "durezza" nella sensazione astringente. In particolare, tra questi componenti la Quercetina è stata ritrovata a concentrazioni significative per avere un impatto sensoriale (30 mg/l), poiché stimola il gusto amaro mentre presenta una debole astringenza.

Caratteristiche sensoriali dei polimeri pigmentati

I ricercatori Singleton e Trousdale (1992), hanno suggerito che alcuni polimeri pigmentati presenti nel vino rosso potessero avere un impatto sull'astringenza. Tuttavia l'effetto astringente di questi composti rimane debole, in quanto attraverso l'incorporazione di un sale flavylium e della sua porzione glicosilata aumentano la loro solubilità, perciò la forza delle interazioni che essi riescono ad instaurare con le proteine salivari rimane limitata e non favorisce la precipitazione dei complessi tannino - proteici che stimolano la percezione di astringenza.

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sull'amarezza e l'astringenza percepite al momento del consumo di un vino rosso.

1.7) Nuovo metodo analitico per la valutazione dell'astringenza dei vini rossi

Attualmente nel mercato enologico vi è grande richiesta di vini rossi invecchiati in botte o in bottiglia che possiedano delle particolari caratteristiche, ossia che siano tannici, colorati, corposi e astringenti. Il colore del vino rosso è dovuto principalmente a composti fenolici come le antocianidine e le proantocianidine, che si trovano naturalmente nell'uva e vengono estratte durante la fermentazione. Esse inoltre, legandosi alle proteine salivari, inducono la peculiare sensazione di astringenza al momento del consumo, che viene stimata di solito attraverso le prove di assaggio effettuate durante un panel test.

Sebbene i panelisti siano appositamente formati per valutare la qualità di specifici alimenti o bevande, nella loro percezione permane un fattore di soggettività che può influenzare il risultato finale dell'analisi sensoriale, perciò nel tempo è nata l'esigenza di trovare un metodo di valutazione più analitico ed oggettivo.

Nel contesto del vino rosso, nel 2004 è stato proposto da Llaudy e collaboratori un metodo predittivo per la stima dell'astringenza che correla la composizione polifenolica dei campioni con un'analisi colorimetrica.

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metodo, sebbene sia riproducibile, fornisce solo un risultato approssimativo in quanto parte delle proantocianidine presenti inizialmente in soluzione sono soggette a idrolisi acida durante la fermentazione ed inoltre in esso non viene tenuto conto dell'interferenza che le diverse macromolecole presenti nel vino potrebbero apportare all'analisi. In aggiunta la gelatina, derivando dal collagene, è una miscela di proteine diverse perciò questo può diventare un'importante fonte di variabilità e imprecisione. Il nuovo metodo proposto da Llaudy et al. (2004) invece, si basa sull'impiego di Ovoalbumina che viene di solito aggiunta come agente chiarificante ai vini rossi, in quanto ha la capacità di legare e precipitare i tannini presenti in soluzione. Un vantaggio rispetto alla gelatina è che l'Ovoalbumina è una proteina singola e questo rende il metodo più riproducibile e la determinazione dell'astringenza più oggettiva.

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I due metodi analitici sono stati applicati in confronto all'analisi sensoriale su 10 campioni di vino rosso di diversa origine. I vini sono stati selezionati sulla base della loro diversa composizione fenolica e del livello di astringenza percepita. In generale, l'espressione dell'Intensità di Astringenza tra i metodi analitici e l'analisi sensoriale sono simili, ma se i campioni di vino vengono ordinati in base ad astringenza crescente, si possono notare alcune divergenze tra le diverse tipologie di prove (Llaudy et al., 2004).

Queste considerazioni possono venire confermate dall'ampiezza del range di deviazione standard, che per l'analisi sensoriale arriva al 25,8%, per l'Indice di Gelatina varia tra 11,3% nel caso sia espresso come valore percentuale e 12,9% quando l'espressione del risultato avviene tramite l'Intensità di Astringenza. Il metodo analitico dell'Ovoalbumina invece, presenta la deviazione standard più bassa in assoluto, la quale si attesta intorno al 5,2%. In ogni caso, l'analisi sensoriale deve essere utilizzata come procedura di riferimento per il confronto con altri metodi analitici indirizzati alla stima dell'astringenza.

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2) DESCRIZIONE DELLE SINGOLE MACROMOLECOLE DEL VINO

2.1) Composizione proteica del vino

La composizione proteica di mosti e vini è caratterizzata dalla presenza di proteine a basso peso molecolare, che si trovano in basse concentrazioni in soluzione. I fattori estrinseci e intrinseci che maggiormente la condizionano, possono essere individuati lungo tutta la filiera di produzione dal campo fino alla cantina e sono riconducibili a: varietà dell'uva, caratteristiche del terreno di coltivazione e clima, che apportano diversi elementi di stress biotici e abiotici alle piante, processo di vinificazione e durata della fase d'invecchiamento in botte o in bottiglia, nonché alle condizioni generali di stoccaggio dei vini. Tuttavia, la fase che in maniera più consistente modifica l'assetto proteico dal succo d'uva al vino è la fermentazione, per effetto della proteolisi e della denaturazione che le proteine dell'uva subiscono a causa dei cambiamenti di pH che avvengono in questo momento specifico. I valori di Punto Isoelettrico (pI) che le sostanze proteiche presentano in soluzione in tali circostanze variano tra 3 e 9 con una media intorno a 4,1 fino a 5,8 e ciò le porta a subire una forte degradazione e modificazione delle loro proprietà chimiche e strutturali originali (Robinson e Davies, 2000).

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sono stati riconosciuti essere omologhi delle proteine appartenenti alla famiglia PR, legata alla patogenesi vegetale e vengono ricondotti a tre grandi categorie: quella delle Chitinasi, delle proteine Taumatina - Simili (TLP) e delle Osmotine (Robinson e Davies, 2000). Tali peptidi derivano molto probabilmente da uno o pochi precursori comuni sintetizzati durante la formazione dei grappoli. La proteolisi che subiscono durante le ultime fasi di maturazione dell'uva è limitata e questo fenomeno può spiegare anche la loro intrinseca resistenza all'ambiente acido del vino e al processo di vinificazione, che porta al ritrovamento di proteine nel prodotto pronto alla commercializzazione, sebbene in quantità esigue, che si aggirano in media intorno ai 10 mg/l fino ad un massimo di 230 mg/l per i vini bianchi.

Il primo studio riguardante la descrizione dell'assetto proteico dei vini, è stato pubblicato nel 1959 (Koch J. e Sajak E., 1959).

Negli anni successivi, la scoperta di tecniche analitiche moderne ha contribuito a delucidare diversi caratteri strutturali delle proteine del vino e sono stati messi a punto differenti metodi per la loro purificazione, identificazione e quantificazione.

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La maggioranza degli studi sulla composizione e caratterizzazione proteica nei vini a partire dal 2004 è stata svolta sui vini bianchi, tuttavia, l'esempio che viene preso in considerazione nel paragrafo successivo è stato svolto su vini rossi della varietà Portugieser, ed è stato portato avanti dall'equipe di Wigand nel 2009.

2.1.1) Analisi della composizione proteica del vino rosso Portugieser

Il set di vini rossi Portugieser selezionato proveniva da otto varietà d'uva diverse e le proteine sono state identificate attraverso l'utilizzo della tecnica di Elettroforesi SDS - PAGE, accoppiata allo spettrometro di massa ESI - Q - TOF. In questo contesto sono state trovate strette somiglianze tra i campioni, sebbene ci fossero delle differenze nella quantità e nella composizione proteica dei prodotti finiti.

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2.1.1.1) Proteine dell'uva

Già durante la fase dell'invaiatura e maturazione dei grappoli, si nota un significativo incremento della sintesi proteica e questo porta all'aumento del contenuto totale di proteine nell'uva. Tra le proteine presenti nei frutti, sono state riconosciute:

Proteine Carrier di Lipidi (Lipid Transfer Protreins - LTPs)

Le Proteine Carrier di Lipidi si trovano nella buccia e nei semi dell'uva e la loro presenza nel vino in bottiglia è dovuta alla durata della macerazione durante il processo di vinificazione. Le LTP fanno parte del sistema di difesa della pianta, quindi la loro azione dipende anche dalle condizioni climatiche in vigneto.

La Proteina Carrier di Lipidi ritrovata nel vino rosso Portugieser è un'Isoforma 4 della famiglia LTP da Vitis vinifera e questo è stato il primo studio che ha dimostrato la sua presenza nel vino rosso. E' stata riconosciuta essere un potenziale allergene dell'uva che non viene idrolizzato durante la vinificazione, quindi può essere ritrovato nel prodotto finito. In questo specifico caso, è stato ipotizzato che la tipologia di proteine LTP non fosse sempre presente in tutti i campioni analizzati o comunque non in quantità sufficienti per essere rilevate dal colorante elettroforetico Comassie Brillant Blue.

Taumatin Like Proteins (TLP)

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identificata attraverso il confronto con un database sulle sequenze conosciute delle proteine del vino. Le TLP sono raggruppate nella famiglia delle proteine PR, anch'esse legate alla patogenesi vegetale, poiché hanno proprietà antifungine dovute alla loro abilità nel permeabilizzare le membrane cellulari dei funghi (Tattersall et al., 1997). Sono anch'esse allergeni dell'uva.

Inoltre, insieme alle Chitinasi, sono alcune delle proteine più abbondanti nei succhi estratti da uve mature, regolate da un unico gene di Vitis vinifera, che viene espresso in momenti specifici della formazione e maturazione dei grappoli, in concomitanza con l'accumulo di zuccheri e l'ammorbidimento dei frutti. Oltre che nel Portugieser, le proteine Taumatina - Simili sono state identificate tramite elettroforesi in altri vini rossi, tra cui il vino Chianti italiano e il Cabernet Sauvignon sebbene in piccole quantità, mentre nei vini Bordeaux, Pinot Nero e Dornfelder le bande TLP erano più intense (Hoffmann-Sommergruber, 2002).

Chitinasi

E' stato riportato che le Chitinasi rappresentano il 50% delle proteine solubili presenti nei grappoli d'uva (Waters et al., 1998). Anche questo gruppo di proteine è coinvolto nel meccanismo di difesa della pianta contro gli attacchi fungini. Il loro livello nelle piante sane è piuttosto basso, mentre sono indotte dalla presenza di ferite e da attacchi microbici. Uve cresciute e maturate nello stesso vigneto, ma raccolte in annate consecutive, presentano lo stesso set di proteine della famiglia PR come componenti proteici maggioritari.

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dallo stress nei grappoli d'uva, nelle foglie di vite, nelle radici e negli steli. La loro attività enzimatica incrementa con la maturazione dei frutti e continua ad aumentare durante la fase di accumulo degli zuccheri nei grappoli.

Nel vino rosso Portugieser sono state identificate Chitinasi di classe IV, appartenenti alla famiglia proteica PR3.

Insieme alle Chitinasi, sono state rilevate anche delle β - 1- 3 Glucanasi che hanno anch'esse proprietà antifungine, dovute alla loro abilità catalitica di idrolizzare la chitina e i β - glucani, abbondanti componenti strutturali delle membrane cellulari delle ife fungine.

Invertasi vacuolare

L’Invertasi è un enzima vacuolare localizzato nella polpa dell’uva, ed è responsabile dell’accumulo degli esosi glucosio e fruttosio durante la maturazione dei grappoli. Le bande proteiche di 37,47,71 e 77 kDa rilevate nel vino rosso oggetto di studio, possono essere attribuite all’Invertasi Vacuolare 1 da Vitis vinifera. A questa tipologia di proteina è stata quindi attribuita una massa molecolare teorica di 71,5 kDa (Wigand et al., 2009).

2.1.1.2) Proteine del lievito

I lieviti possono influenzare la composizione proteica dei vini principalmente in due modi.

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esocellulari, come le proteasi, che possono contribuire all'idrolisi delle proteine del mosto (Feuillat et al., 1980).

Al termine di questi processi, i lieviti apportano al vino proteine insolubili e termo - instabili e a conferma di ciò, anche nel vino rosso Portugieser sono state ritrovate numerose proteine originate dalla loro presenza. Tra queste sono state riconosciute: il precursore 11 delle proteine di parete legate covalentemente (P47001), un altro precursore di proteine di parete CWP1 (P28319), il precursore proteico TOS1 (P38288), il precursore ECM 33 della matrice proteica extracellulare (P38248), un probabile precursore di Glicosidasi CRH1 (P53301) ed un precursore di Chitinasi (P29029). Queste proteine sono tutte state identificate come costituenti della membrana cellulare di Saccharomyces cereviseae. Tuttavia, la loro massa molecolare differisce da quella delle sequenze riportate in database e tale fenomeno può essere legato al diverso grado di glicosilazione che le caratterizza.

2.1.1.3) Glicoproteine

Alcuni studi (Yokotsuka et al., 1991) hanno riportato che nel vino sono presenti alcune proteine glicosilate, tra cui Glicoproteine debolmente acide e proteine legate agli arabinogalattani (AGP), che sono state purificate e caratterizzate nel vino rosso. Rappresentano dal 4,3 al 5,2% dei colloidi totali precipitati in condizioni alcoliche e il cui contenuto proteico è inferiore al 10%. Queste AGP derivano probabilmente da pectine native dell'uva, per l'azione di enzimi endogeni pectolitici.

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Glicoproteine derivate dai lieviti durante la vinificazione, poiché non sono state identificate tra le proteine dell’uva. Infatti, le proteine della parete cellulare e le Chitinasi presentano dei legami O – glicosidici estesi, inoltre si è rilevata potenziale glicosilazione nella proteina TOS1, nella glicosidasi e nella proteina ECM 33.

Esse sono state localizzate nelle bande con un range di massa molecolare tra i 20 e i 70 kDa.

Per concludere, sono state identificate anche altre classi minori di proteine sintetizzate durante la maturazione dell'uva, riconducibili a: quattro Proteine Ricche di Prolina (PRP), una proteina il cui dominio N - terminale è simile ad alcune Pectinmetilesterasi (PME), due proteine ricche in glutammato e alcune proteine indotte dalla risposta a fattori di stress esterni, come una Metallotionina (Met), un fattore di trascrizione e un enzima del Citocromo P450 (Davies e Robinson, 2000).

2.1.2) Saggio colorimetrico per la quantificazione delle proteine totali applicato a vini rossi

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2.1.2.1) Procedure di precipitazione proteica

Esistono diverse procedure di precipitazione proteica da applicare a campioni di vino come pretrattamento, che hanno l'obiettivo di permettere una determinazione diretta della concentrazione totale di proteine in soluzione. Esse possono essere ricondotte a:

Precipitazione con KDS

In questo tipo di precipitazione, la reazione tra Cloruro di Potassio (KCl) e Sodio Dodecil Solfato al 10% (SDS) porta alla formazione del composto KDS, il quale, comportandosi come agente stabilizzante grazie alla sua natura ionica, rinforza le interazioni intermolecolari tra le proteine causandone la precipitazione. Questo fenomeno permette di formare il pellet dopo una fase di centrifugazione, che viene recuperato per essere sottoposto alle analisi successive (Vincenzi et al., 2005).

Precipitazione con acetone

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esse, per provocarne la precipitazione e formare il pellet dopo centrifugazione (Vincenzi et al., 2005).

Precipitazione con TCA/acetone

Un terzo metodo di precipitazione è quello che prevede l’utilizzo di una soluzione di TCA/acetone, composta da 2 volumi di acetone e 1 volume di acido Tricloroacetico (TCA) al 10%, aggiunta ad 1 volume di vino. L'ottenimento del pellet avviene sempre tramite centrifugazione e il meccanismo di precipitazione proteica può essere comparato a quello descritto per l'acetone puro. (Vincenzi et al., 2005).

2.1.2.2) Scelta del Saggio Proteico e della Proteina Standard

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Sieroalbumina Bovina (BSA) e Invertasi da lievito. Se le proteine del vino si combinassero perfettamente con lo standard di calibrazione, la quantità misurata verrebbe determinata da una proporzionale variazione della colorazione durante il saggio, corrispondente al valore 1, che indica la massima correlazione raggiungibile in un saggio colorimetrico (Smith et al., 2011).

Molto spesso però, questo fenomeno non avviene nella realtà, quindi viene scelto lo standard di calibrazione che maggiormente si avvicina a tale valore, rispecchiando con più fedeltà il comportamento delle proteine del vino. Lo standard che più chiaramente ha mostrato tale comportamento è stato l’Invertasi da lievito, sia durante il saggio di Bradford, sia durante quello con il BCA. Tuttavia, è stato verificato che l'Invertasi sottostima in maniera consistente la presenza delle glicoproteine, perciò anche i Mannolisati da lievito sono stati considerati come standard validi, poiché permettono di ottenere una panoramica completa dell'insieme delle sostanze proteiche che caratterizzano il vino, essendo maggiormente rappresentativi della sua componente proteica glicosilata (Smith et al., 2011).

2.1.2.3) Quantificazione proteica nei vini rossi

In bibliografia vengono riportati diversi risultati di quantificazione proteica ottenuti da differenti varietà di vini rossi.

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Un altro caso interessante coinvolge invece un vino Carignan Nero, dove il ricercatore Vidal e collaboratori nel 2004 hanno rilevato una concentrazione proteica media di 63 mg/l. In questo specifico caso, è stato presunto che tutte le proteine identificate fossero glicosilate, poiché è stata verificata la presenza dal 2 all'11% di carboidrati associati.

Le Mannoproteine derivanti dalla parete cellulare dei lieviti, rappresentavano circa 1/3 sul totale dei polisaccaridi presenti, le cui concentrazioni in soluzione variavano da 300 a 1000 mg/l e sono state quantificate in mannano - equivalenti.

Un ulteriore esempio è quello di un Cabernet Sauvignon che ha mostrato contenuti proteici variabili da 45 a 86 mg/l (Brillouet et al., 1991).

Per concludere, in confronto alle concentrazioni sopra indicate, nel vino Pinot Nero analizzato da Smith nel 2011 sono state quantificate le proteine in campioni tal quali e dializzati, ottenendo dei pellet dove i pesi molecolari delle sostanze azotate individuate si dividevano in due frazioni, sotto e sopra i 3500 Da.

Infine, sono stati selezionati dal set completo di vini tre campioni rappresentativi del range totale dei contenuti proteici rilevati dopo la quantificazione, con concentrazioni minime intorno ai 13 - 14 mg/l, fino ad arrivare a contenuti medi di 50 mg/l e ad un massimo di 102 mg/l, espressi in equivalenti di Invertasi.

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2.2) Composizione in polisaccaridi del vino

I polisaccaridi che si trovano nel vino possono derivare sia dalle membrane cellulari dei microorganismi, sia dall'uva. Diversi studi, a partire da quello eseguito da Brillouet nel 1990, hanno identificato molti polisaccaridi nel vino verificando che quelli provenienti dalle pareti cellulari dei grappoli d'uva contengono prevalentemente arabinogalattani e ramnogalatturonani di secondo ordine (RG-II), mentre quelli derivanti dalle cellule di lievito sono per la maggior parte mannoproteine.

Per comprendere meglio il modo in cui i polisaccaridi possono interagire con le altre molecole nel vino, la ricercatrice Vernhet e la sua equipe dal 1996 ha approfondito le loro proprietà chimiche ed elettrostatiche, evidenziando che le principali differenze tra di essi sono relazionate alla densità di carica elettrica negativa e alla diversità di composizione come il grado di metilazione o acetilazione, alla distribuzione dei gruppi uronosilici e alla forza ionica.

Altri studiosi invece, hanno concentrato l'attenzione su come i polisaccaridi possono modificare l'equilibrio colloidale del vino, attraverso l'auto - aggregazione dei tannini in soluzione e la complessazione dell'acido tartarico provocando la precipitazione dei tartarati (Gerbaud et al., 1996; Riou et al., 2002).

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frazione ricca di Ramnogalatturonani di tipo I (RG - I) e II (RG - II), classificati sulla base della loro composizione in residui glicosidici.

2.2.1) Caratterizzazione Arabinogalattani (AGP)

La composizione dei residui glicosidici degli arabinogalattani presenti nei campioni, ha permesso di individuare sei frazioni distinte nominate AGP1; AGP2; AGP3; AGP4; AGP0b e AGP0c.

Durante l'analisi si è visto che l'acido glucuronico era l'acido uronico prevalente di tutti gli Arabinogalattani (AGP), mentre l'acido galatturonico era presente solo nelle frazioni AGP3 e AGP4, per le quali vi erano inoltre elevate concentrazioni di ramnosio. Le frazioni AGP0b e AGP0c invece, erano strettamente correlate in termini di composizione, variando essenzialmente per il loro contenuto in mannosio e glucosio ed evidenziando un elevato rapporto galattosio/arabinosio.

2.2.2) Caratterizzazione Mannoproteine (MP)

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così come di fosforo, che influenza la carica elettrica netta delle Mannoproteine.

Altri aspetti che potrebbero spiegare le differenze rilevate tra questi polimeri, sono il range molto ampio di pesi molecolari che va da 50 a 530 kDa, le loro sequenze amminoacidiche e le caratteristiche della struttura secondaria.

E' stato ipotizzato che alcune Mannoproteine possono agire come fattori protettivi dalla torbidità del vino (Waters et al., 1994), mentre altre potrebbero avere un effetto inibitorio sulla cristallizzazione del potassio tartarato, che ha luogo nella fase iniziale della fermentazione e che può portare a successivi fenomeni di instabilità nel vino.

2.2.3) Caratterizzazione Ramnogalatturonani di tipo I (RGI)

Sono state inoltre individuate due frazioni di Ramnogalatturonani di tipo I (RG I) e la loro composizione era dominata dalla presenza di acido galatturonico e ramnosio. Erano anche presenti tutti gli zuccheri tipici delle catene di pectina. In tale contesto é stato verificato infatti che il ramnosio era presente prevalentemente come legame 2 - ramnosilico e l'acido galatturonico come legame 4 - galatturonosilico, in un rapporto vicino ad 1. Inoltre, la presenza di legami 2 - 3 e 2 - 4 di ramnosio con metilesteri di arabinosio, galattosio, fucosio, xilosio e glucosio, indicava che le catene laterali erano attaccate ai ramnogalatturonani attraverso le frazioni di ramnosio.

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ramificate. Nella composizione dei legami glicosidici, spiccava anche la presenza di xiloglucani provenienti dalla membrana cellulare vegetale, composti da legami β - 1- 4, che venivano sostituiti all'altezza del carbonio C6 da

legami α -1 -4. I maggiori metilesteri che li componevano erano contraddistinti dalla presenza di fucosio, galattosio e xilosio terminali.

Infine, si è rilevata la presenza di un legame di tipo 4 e 6 con il glucosio, individuato in entrambe le frazioni RG - I in proporzioni simili. La composizione eterogenea della struttura dei Ramnogalatturonani di tipo I, deriva dalla degradazione enzimatica delle catene pectiche che avviene durante il processo di vinificazione e può spiegare il meccanismo di formazione delle sostanze aromatiche che caratterizzano il bouquet finale del vino rosso.

2.2.4) Caratterizzazione Ramnogalatturonani di tipo II (RG II)

Le frazioni di ramnogalatturonani di tipo II sono state identificate sulla base degli zuccheri che li compongono, ossia apiosio, fucosio, xilosio, acido acerico,

acido docosaesaenoico (DHA) e acido keto-deossioctolosonato (KDO). Le frazioni RG - II 1 e RG- II 2 erano prevalentemente monomeriche, mentre RG - II 3 era dimerica e RG - II 4 si presentava come una miscela di entrambe le forme. La presenza di forme monomeriche era generalmente scarsa, anche se una piccola concentrazione ne è stata rilevata nella polpa dell'uva, mentre la forma RG II dimerica si trovava in particolare nelle membrane cellulari e nel succo d'uva.

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Ramnogalatturonani di tipo I e il 19% di Ramnogalatturonani di tipo II (Vidal et al., 2003).

Il ritrovamento di questi componenti, ha permesso di avanzare delle ipotesi sull'effetto che essi possono avere a livello sensoriale sul prodotto finito, concludendo che la presenza dei polisaccaridi nel vino rosso ha un impatto diretto sulle sue caratteristiche di palatabilità, ed in particolare sulla pastosità, rendendo meno spiccata e più gradevole la sensazione di astringenza al momento del consumo.

2.2.5) Quantificazione di polisaccaridi e oligosaccaridi nel vino rosso

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I Glucani in tutti i campioni analizzati rappresentavano la classe minoritaria di composti, con una concentrazione media che variava da 6,6 a 21,3 mg/l, mentre i Ramnogalatturonani di tipo II variavano tra i 63 e i 142 mg/l con il valore massimo raggiunto dai campioni di denominazione Toro.

I valori degli stessi componenti erano invece inferiori in campioni di Ribera de Duero, tra 63,2 e 115,1 mg/l e in quelli di Rioja, che andavano da 92 a 115,2 mg/l.

I Polisaccaridi Ricchi in Arabinosio e Galattosio (PRAG) erano presenti soprattutto nei vini "giovani", con un picco massimo tra i 30 e i 60 giorni dopo la fine della fermentazione alcolica, variando da 22,7 a 278,9 mg/l.

La presenza di questa tipologia di composti è stata verificata essere legata all'annata di vendemmia e all'area di produzione.

Valori di PRAG particolarmente elevati sono stati evidenziati soprattutto nei campioni appartenenti alla Denominazione d'Origine Toro, suggerendo che potessero essere presenti in quantitativi considerevoli all'inizio della fase di invecchiamento, oppure che venissero degradati molto lentamente durante la maturazione in botte o in bottiglia.

Per quanto riguarda il rapporto arabinosio/galattosio, si attestava su valori tra 1,09 e 1,28 ed era molto più elevato nei vini "giovani" rispetto a quelli sottoposti ad invecchiamento, dove invece risultava tra 0,35 e 0,67, ed è stato supposto che queste differenze fossero correlate alle diverse tecniche di vinificazione applicate (Quijada - Morìn et al., 2014).

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Non sono state evidenziate differenze imputabili all'annata o all'area di produzione, tuttavia un'influenza maggiore sul loro livello può essere relazionata all'uso di enzimi o all'applicazione di trattamenti con il calore, al processo di vinificazione e al ceppo di lievito utilizzato nella fermentazione. La presenza delle Mannoproteine incrementava in particolare alla fine della fermentazione alcolica, per poi rimanere costante nei successivi due anni di invecchiamento in bottiglia.

Infine, tutti i campioni analizzati presentavano delle basse percentuali di Glucani in soluzione.

Per quanto riguardava invece la componente oligosaccaridica totale, essa variava tra 75 e 325 mg/l ed era più bassa rispetto ai vini rossi Merlot e Carignan. Tuttavia, tali quantitativi erano simili a quelli raggiunti dai vini Grignolino e Chardonnay, con cui questi valori sono stati confrontati. Le maggiori differenze tra i residui glicosidici della frazione oligosaccaridica, si notavano per le concentrazioni di glucosio, acido galatturonico e arabinosio, che erano comunque in accordo con quelle rilevate nel Merlot. In particolare l'acido galatturonico, il glucosio e il mannosio presentavano il contenuto più alto in tutti i campioni studiati. Rispettivamente, il glucosio variava da 16 a 73 mg/l, il mannosio tra 15 e 40 mg/l e l'acido galatturonico da 9 a 86 mg/l. Infine, l'acido glucurronico e il fucosio erano i residui meno abbondanti della frazione oligosaccaridica di tutti i vini analizzati.

In questo contesto, la maggioranza dei residui glicosidici originava dalla parete cellulare dei lieviti, mentre il resto derivava dai polisaccaridi della parete cellulare dell'uva.

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di vendemmia, la durata della fase d'invecchiamento, l'area di produzione e la modalità di vinificazione possono avere sul profilo polisaccaridico di un vino rosso( Quijada - Morìn et al., 2014).

2.3) Composizione polifenolica del vino

Il primi ricercatori a dare una definizione chimica dei tannini sono stati Swain e Bate - Smith nel 1962, indicandoli come composti fenolici idrosolubili aventi un peso molecolare medio tra i 500 e i 3000 Da con la capacità di precipitare alcaloidi, gelatine e altre proteine. Nel 1981 invece, lo studioso Haslam ha illustrato la possibile conformazione strutturale dei tannini, affermando che essi fossero costituiti da un considerevole numero di gruppi fenolici associati in un'orientazione di-idrossilica o tri-idrossilica, che venissero accumulati all'interno di un anello fenolico di medie dimensioni.

Nel caso specifico del vino rosso, quando è molto astringente lo si definisce comunemente "tannico", difatti una serie di composti fenolici derivano dall'uva e possono essere suddivisi in tre grandi categorie: i flavan - 3 - oli, i composti fenolici non flavonoidi e i polimeri pigmentati.

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2.3.1) Flavan - 3 - oli monomerici e polimerici

I composti flavan - 3 - oli monomerici e polimerici, comprendono la maggioranza dei costituenti fenolici del vino rosso (Singleton e Noble, 1976). Essi vengono estratti dalla buccia dell'uva e dallo strato esterno dei semi durante la fermentazione. I flavan - 3 - oli sono composti da 15 atomi di carbonio ( C6 - C3 - C6 ), dove la catena C3 è satura.

Nell'uva vengono riconosciuti due principali gruppi di flavan - 3 - oli monomerici. Il primo gruppo è rappresentato dalla catechina (+) e il suo diastereoisomero epicatechina (-) e sono definite proantocianidine, consistenti in un o - difenolo idrossilato in 3° e 4° posizione, racchiuso in una struttura ad anello. Il secondo gruppo, è costituito invece da epigallocatechine (-) e galllocatechine (-), che sono prodelfinidine triossilate in 3°, 4° e 5° posizione. Inoltre, nell'uva è stata riportata frequentemente la presenza di un'altra forma monomerica derivata da una singola esterificazione, ossia un'epicatechina (-) - 3 - o - gallata (Prieur et al., 1994). Mentre le forme polimeriche dei flavan - 3 - oli, vengono generate dall'addizione sequenziale di carbocationi derivati da composti intermedi tra flavan - 3 - 4 - dioli e monomeri flavan - 3 - oli, che agiscono come unità terminali.

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Le proantocianidine dimeriche e trimeriche dell'uva sono collegate tra loro attraverso legami benzilici C4 dell'anello flavanico eterociclico formato da

carboni C6 o C8, mentre le proantocianidine dei semi hanno una struttura

stereochimica dominante cis, con le epicatechine che sevono come estensioni della catena e le catechine che agiscono come unità terminali dominanti.

I flavanoli dei semi della varietà Merlot, se comparati a 33 flavanoli della buccia d'uva, sono meno polimerizzati e sono caratterizzati dall'abbondante presenza di derivati galloilati, che aumentano con l'incrementare del grado di polimerizzazione.

Inoltre, i monomeri che includono epicatechine gallate (-) dominano il profilo fenolico dei semi di 19 cultivar di vite, rappresentando più del 50% del contenuto totale dei flavanoli presenti, mentre nella buccia d'uva contribuiscono solo per il 2%.

Sia in cultivar a buccia bianca che nera, il ricercatore Ricardo e i suoi collaboratori nel 1991 hanno verificato che la proantocianidina B1 è la maggior componente fenolica nelle bucce d'uva, mentre la forma B3 si ritrova nei semi immaturi, anche se poi la sua concentrazione per unità di massa diminuisce con la maturazione, venendo sostituita dalla forma B2 che aumenta progressivamente.

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2.3.2) Composti fenolici non - flavonoidi e flavanoli

I maggiori costituenti fenolici dei fluidi vacuolari dei grappoli d'uva sono gli idrossicinnamati, tra i quali i maggiori sono esteri dell'acido tartarico, caftarico e cutarico.

Dallo studio di Singleton e collaboratori del 1986, si è evidenziato che l'acido caftarico si trova in cultivar a buccia gialla in media intorno ai 124 mg/l, mentre l'acido cutarico si attesta verso i 17 mg/l. Invece, in cultivar a buccia rossa, la concentrazione di acido caftarico è circa di 167 mg/l e quella dell'acido cutarico di 22 mg/l.

Dopo la vinificazione la quantità di acido caftarico e cutarico diminuisce in soluzione rispettivamente di 1/5 e 1/2 se confrontata con la concentrazione iniziale, perché il resto dei composti viene idrolizzato nelle forme libere di acido idrossicinnamico, caffeico e cumarico.

Nel 1988, Vèrette ha riportato il ritrovamento in vini rossi di quantità di acido caffeico intorno ai 125 mg/l e di acido cumarico di 30 mg/l, mentre gli idrossicinnamati costituivano circa il 15% dei fenoli totali. Quindi è stato ipotizzato che la presenza significativa di questo insieme di composti in soluzione possa avere un importante impatto sull'amarezza e l'astringenza del vino.

2.3.3) Polimeri pigmentati

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nel 1992, i quali hanno poi approfondito la struttura chimica di due principali tipi di polimeri pigmentati del vino rosso.

Il primo, che è stato studiato attraverso un modello, si presentava di colore rosso - blu ed era un prodotto di condensazione tra un malvidina - 3 -glucoside e varie proantocianidine attraverso un ponte acetile, che includeva monomeri di catechine e epicatechine, le proantocianidine dimeriche B2 e B3 e le proantocianidine B2 gallate. Questa reazione è stimolata dalla presenza di acetaldeide, da un pH acido e da diverse concentrazioni di anidride solforosa (SO2) in soluzione, quindi prosegue rapidamente nell'ambiente vino, fino a

portare alla precipitazione i composti condensati in un periodo di poche settimane.

Sempre all'interno della stessa tipologia di polimeri, è stato identificato un composto stabile di colore rosso - arancio, resistente all'SO2 e isolato da una

soluzione modello.

Viene formato da una reazione tra un malvidina - 3 - glucoside con una proantocianidina B2, in presenza di un residuo vinilico in posizione C8.

Una seconda classe di composti riguarda dei pigmenti di colore giallo, con assorbanza massima tra 425 nm e 455 nm. Essi sono definiti pigmenti flavylium - flavani e sono stati ipotizzati derivare dal legame tra il carbonio C4, il sale di flavylium e il carbonio C8 della catechina, per portare alla formazione di un

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2.3.4) Saggio di Quantificazione dei polifenoli nel vino rosso

La quantificazione e la caratterizzazione dei polifenoli nell'uva e nel vino rosso si sono sempre rilevati degli aspetti di difficile gestione nell'ambito delle analisi chimiche, in quanto i tannini si presentano come molecole anfifiliche di elevata reattività che mostrano un ampio range di strutture chimiche diverse ed inoltre vengono spesso ritrovati ad interagire nelle matrici originali con altre molecole fenoliche contenenti gruppi funzionali simili.

In questo paragrafo verranno presentati due saggi per la quantificazione dei tannini in uve e vini rossi, confrontati dai ricercatori Mercurio e Smith nel 2008. Sono conosciuti come Saggio di Precipitazione con Metilcellulosa (MPC) e Saggio di Adams - Harbertson (A - H). Entrambi sono basati sul fenomeno della precipitazione dei tannini e dimostrano l'abilità dei polifenoli di complessare e precipitare insieme ai polisaccaridi e alle proteine presenti in soluzione. Sono stati sviluppati con l'obiettivo di ridurre i costi e i tempi di esecuzione e di elaborare ampi set di dati sulla concentrazione dei tannini presente nell'uva e nel vino rosso di diverse varietà.

Fattori che influiscono sulla scelta di un Saggio di Quantificazione dei

polifenoli

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propone di valutare le similitudini e le differenze tra i due saggi quantitativi per quanto riguarda la ripetibilità, l'efficienza e la praticità di esecuzione, infine viene determinata anche la corrispondenza tra le quantità di tannini rilevate con le due tecniche.

Il saggio di Precipitazione con Metilcellulosa (MCP) e di Adams - Harbertson (A - H), sono stati svolti in triplicato su sei campioni di vino rosso commerciale. Per il saggio MCP, le quantità di tannini rilevate sono state espresse in equivalente di epicatechina (mg/l) e andavano da 1450 a 2300 mg/l, mentre per il Saggio A - H il range variava tra 162 e 590 mg/l e le quantità di tannini erano espresse in equivalenti di catechina.

La ripetibilità dei due saggi era simile, con un coefficiente di varianza (CV) inferiore al 7%.

In esperimenti precedenti, Sarneckis e collaboratori (2006) avevano comparato il saggio MCP con un'analisi di Cromatografia Liquida ad Alte Prestazioni (HPLC) in fase inversa e avevano riportato un coefficiente di correlazione sulla quantità di tannini rilevata pari a r2= 0,62, rappresentativo del 50% degli estratti omogenati dell'uva e r2= 0,56 per il vino rosso.

Comparando questi risultati con il saggio MCP e quello di A - H svolti da Mercurio e Smith, è stata ottenuta una regressione lineare tra i risultati ricavati da entrambe le tecniche, che mostrava elevata correlazione con le quantità di tannini individuate negli estratti omogenati dell'uva (r2= 0,96) e un buon coefficiente anche per il vino rosso (r2= 0,80).

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Già il ricercatore Kennedy (2006) e i suoi collaboratori avevano evidenziato in uno studio precedente la complessità della struttura molecolare dei tannini ritrovati nell'uva e in particolare nel vino rosso. Infatti, a causa delle modifiche che i tannini subiscono nell'ambiente acido e ossidativo creato dalla fermentazione del vino, le loro caratteristiche molecolari possono differire molto rispetto a quelle che mostrano i tannini dell'uva, poiché si presentano come miscele eterogenee di composti fenolici definiti polimeri pigmentati, che si contraddistinguono per l'incorporazione di antocianine nella propria struttura.

Inoltre, un'altra differenza tra i due Saggi viene individuata nel differente sistema di rilevazione dei tannini (Mercurio e Smith, 2008). L'MCP infatti tiene conto sia dell'assorbanza generata dai composti tannici originariamente presenti nell'uva, sia di quella dovuta alle antocianine incorporate nei tannini del vino, misurata alla lunghezza d'onda di 280 nm.

Il Saggio di Adams - Harbertson invece quantifica solamente i tannini presenti nel vino, senza rilevare le antocianine al loro interno. L'assorbanza finale in questo saggio viene rilevata ad una lunghezza d'onda di 510 nm.

Il coefficiente di pendenza della retta ottenuta dalla regressione lineare si attesta su un valore pari a 0,36 per il Saggio MCP, mentre un valore inferiore riguarda il Saggio A - H, dove la pendenza si attesta intorno a 0,32.

Questi risultati sono correlati con le quantità di tannini rilevate dal Saggio MCP che raggiungono circa 802 mg/l, mentre non vengono rilevati dal Saggio Adams - Harbertson.

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E' stato evidenziato che entrambi i saggi sono efficaci nel rimuovere le sostanze tanniche sia dall'uva che dal vino, anche se tale capacità è più evidente nel Saggio di precipitazione con Metilcellulosa rispetto al Saggio A - H che utilizza come agente precipitante la Sieroalbumina Bovina (BSA), poiché la prima lega tutte le forme tanniche, mentre nella seconda tecnica i piccoli pigmenti polimerici (SPP) rimangono in soluzione.

In entrambi i casi comunque, i componenti fenolici non vengono estratti individualmente, bensì come miscela di forme monomeriche.

Per comprendere l'origine delle diversità nella quantità di tannini rilevata, è stata presa in considerazione anche l'influenza che possono avere gli standard utilizzati per stabilire la curva di calibrazione.

Un tannino nella forma oligomerica può contenere fino a otto sub-unità con più di 500 strutture chimiche diverse, perciò uno standard sufficientemente rappresentativo di tale complessità non è disponibile a livello commerciale, rendendo necessario utilizzare delle molecole più semplici come i monomeri epicatechina e catechina per quantificare i tannini. Infatti, la catechina è utilizzata nel Saggio Adams -Harbertson, mentre l'epicatechina nel Saggio con Metilcellulosa e non hanno portato a differenze significative nella rilevazione della quantità totale di polifenoli in soluzione.

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