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Il quadro cronologico

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Academic year: 2021

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Il quadro cronologico

Le considerazioni a proposito della cronologia dell’arte sahariana, e in particolare per quel che riguarda l’area presa in considerazione, si presentano assai complesse e scarsamente definite, soprattutto a causa della mancanza, nei ripari, di collegamenti diretti e sicuri fra i livelli con tracce di occupazione antropica, per alcuni dei quali sono state ottenute datazioni tramite analisi sui resti organici rinvenuti, e le manifestazioni artistiche presenti sulle pareti.

Ciò implica che, attualmente, non siano disponibili datazioni assolute direttamente riferibili a queste ultime, pur se un sistema innovativo di recente ha dimostrato la propria validità nell’estrazione di questo tipo di informazione dalla pittura stessa. Infatti, prelevando quantità minime (nell’ordine di pochi milligrammi) di sostanza colorante, è possibile analizzare il legante organico in esso contenuto, o in particolare per il nero, ottenuto dal carbone, il colore stesso: il procedimento è il medesimo del metodo C14 tradizionale, ma l’utilizzo di un acceleratore di particelle (AMS) consente l’utilizzo di quantità minime di colore, evitando danni evidenti all’immagine dipinta (Ponti, 1996). L’unico esempio di questa nuova applicazione nell’area dell’Acacus è quello su un frammento di roccia dipinto con i colori rosso e giallo, purtroppo pressoché illeggibili, del riparo Lancusi, nella parte sud orientale del Tadrart, per le quali è stata determinata una datazione di 6175±70 anni BP (Sinibaldi, Marchese, Desiderio, 1996).

Inoltre è stato possibile applicare su campioni di sabbia raccolti in dune fossili alla base delle successioni stratigrafiche dei ripari di Uan Afuda e Uan Tabu i metodi della termoluminescenza e della optical stimulated luminescence (OSL), fondamentali per le moderne datazioni in ambito geologico, i quali hanno fornito rispettivamente le datazioni 69000±7000 BP e 61000±10000 BP, confermando quindi una deposizione dei sedimenti durante il Pleistocene (Martini, Sibilia, Zelaschi, Troja, Forzese, Gueli, Cro, Foti, 1998; Mori, 2000). I livelli più antichi di questi due siti infatti erano risultato impossibile da datare in precedenza a causa della mancanza di resti organici ai quali applicare il metodo del C14, pur se in base all’industria litica rinvenuta si era ipotizzata una loro appartenenza ad un orizzonte ateriano.

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Pur in mancanza di altre datazioni assolute tuttavia, non sono mancate le proposte di periodizzazione, in riferimento alle manifestazioni artistiche, da parte dei vari studiosi che si sono interessati a quest’area del Sahara, con esiti assai differenti e in contrasto fra loro; negli ultimi anni sembra ormai essere stata comunemente accettata l’ipotesi della cronologia “lunga” proposta da Mori già da tempo, e basata sia su indagini multidisciplinari, sia sulle date ottenute con il C14 dai resti organici presenti negli strati di occupazione, sia infine mediante un’analisi e una conoscenza diretta sempre più approfondita dei graffiti e delle pitture stesse.

Secondo questo studioso dunque l’occupazione dell’area presa in considerazione e delle zone ad essa circostanti, in concomitanza con la creazione dei primi graffiti (fase della grande fauna selvaggia), risalirebbe alla fine del Pleistocene (XI-X millennio BP), in anticipo quindi rispetto alle altre periodizzazioni proposte che pongono la nascita del fenomeno artistico in tempi più “recenti”. Ciò sarebbe confermato anche proprio dagli scavi negli strati più antichi dei ripari di Uan Tabu e Uan Afuda, precedentemente menzionati, che mostrerebbero tracce di una fase di lunga umidità1 già dal XV all’XI millennio BP (ben prima quindi della tradizionale datazione che faceva iniziare questa fase umida nel X millennio BP, agli inizi dell’Olocene), condizione che avrebbe favorito un ripopolamento della zona in seguito alla fase di forte aridità seguita all’orizzonte culturale ateriano (Mori, 2000). Durante il primo Olocene poi (X-IX millennio BP) le comunità di cacciatori locali, probabili autori delle enigmatiche raffigurazioni della fase delle Teste Rotonde, potrebbero aver dato il via ai primi tentativi di ammansimento e selezione di alcune specie animali e vegetali tra quelle presenti sul territorio, insieme ad una prima produzione ceramica. A partire dall’VIII millennio BP l’economia di allevamento, pur se costantemente integrata da un’attività di caccia, consente un pieno soddisfacimento del fabbisogno alimentare dei gruppi di pastori della zona, costretti tuttavia al nomadismo al seguito delle proprie mandrie di bovini a causa della crescente aridità. Questo fenomeno nel tempo porterà ad un lento, ma inesorabile, spopolamento, insieme ad un forte impoverimento culturale, come mostrano le manifestazioni artistiche delle fasi del cavallo (III millennio BP) e del cammello (II millennio BP) (Castelli Gattinara, 1998).

Le sponde del Nilo, non molto distanti dall’area presa in considerazione, diverranno ora protagoniste di una grande fioritura artistica perciò sono stati ipotizzati contatti tra

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Sia in base a processi pedogenetici tipici di un ambiente umido, sia grazie a datazioni su travertini con il metodo dell’uranio-torio (U/Th).

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questi gruppi adiacenti, in seguito a possibili spostamenti delle popolazioni del deserto occidentale alla ricerca di ambienti più favorevoli, anche in relazione alla persistenza di elementi sahariani nell’arte predinastica e dinastica (Casini, 1990-1991).

Sequenza cronologica delle principali datazioni ottenute con il metodo del C14 (Mori, 2000)

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