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Discrimen » Neuroscienze e responsabilità penale. Nuove soluzioni per problemi antichi?

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Collana diretta da

E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi

74

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minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo-

lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto

penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche

ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di

fondo, la sezione Monografie accoglie quei contributi che guar-

dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo

giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza

prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione

Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces-

sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari

degli itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

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NeuroSCieNze

e reSpoNSAbilità peNAle

Nuove SoluzioNi per problemi ANtiChi?

G. GiAppiChelli eDitore – toriNo

(5)

http://www.giappichelli.it iSbN/eAN 978-88-921-0655-0

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INDICE

pag.

Introduzione XI

CAPITOLO I

LECONNESSIONITRAATTIVITÀCEREBRALI ECONDOTTAINDIVIDUALE:APPROCCIACONFRONTO

1. I correlati neuronali del comportamento umano 1 2. Le tecniche di esplorazione cerebrale 4

2.1. Le tecniche neuroscientifiche volte all’accertamento del-

le condizioni neurologiche del soggetto 5 2.1.1. Le tecniche di esplorazione della morfologia cere-

brale 6 2.1.2. Le tecniche di esplorazione della funzionalità ce-

rebrale 7 2.2. Le tecniche neuroscientifiche tese alla verifica dell’atten-

dibilità delle dichiarazioni. Cenni 10 2.2.1. Le tecniche di lie detection 11 2.2.2. Le tecniche di memory detection 14 3. Le indagini empiriche sulla correlazione tra anomalie cerebrali

e condotte antisociali 16

4. La genetica comportamentale: la definitiva riscossa del deter-

minismo? 23

5. L’interazione tra neuroscienze e genetica comportamentale e le

premesse empiriche dell’approccio neuroscientifico moderato 27 6. Le neuroscienze e la (illusoria?) libertà del volere: le premesse

empiriche dell’approccio rifondativo 31 7. La priorità logica delle questioni poste dall’approccio neuro-

scientifico rifondativo 36

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pag.

CAPITOLO II

NEUROSCIENZE,LIBEROARBITRIOERESPONSABILITÀ PENALENELL’APPROCCIORIFONDATIVO

Sezione I

NEUROSCIENZE E NEGAZIONE DEL LIBERO ARBITRIO:

TESI E ANTITESI

1. Determinismo e indeterminismo, compatibilismo e incompa-

tibilismo, polarizzazioni ed ibridazioni 40 2. Neuroscienze e libero arbitrio: tesi a confronto 44 2.1. Le tesi neuroscientifiche volte a negare l’efficacia causale

della volontà 44

2.2. Le tesi neuroscientifiche dirette a ribadire l’efficacia cau-

sale delle scelte coscienti 49

2.3. Le tesi neuroscientifiche atte ad escludere che le ricerche empiriche possano fornire risposte definitive sul dilemma

del libero arbitrio 54

Sezione II

NEUROSCIENZE E RESPONSABILITÀ PENALE:

LA FALLACIA DELL’APPROCCIO RIFONDATIVO

3. La responsabilità penale nell’approccio rifondativo di matrice

neuroscientifica 56 4. Le reazioni di stampo conservativo all’approccio rifondativo 64

4.1. Le reazioni nel dibattito neuroscientifico 66 4.2. Le reazioni nel dibattito penalistico 70

4.2.1. Le tesi atte a contestare proprio sul piano empiri-

co l’approccio rifondativo 71

4.2.2. Le tesi volte a denunciare l’inaccettabilità delle con- seguenze dell’approccio rifondativo sul piano po-

litico-criminale 77 4.2.3. Le tesi dirette a rimarcare l’irriducibile eterogenei-

tà delle scienze giuridiche rispetto alle scienze em-

piriche 79 4.2.4. Le tesi incentrate sulla valorizzazione della “sensa-

zione soggettiva” di libertà in capo all’autore 84 4.3. Le possibili repliche alle quattro tesi penalistiche a carat-

tere conservativo 85

(8)

pag.

5. L’obiezione all’approccio rifondativo tesa a smentire il legame indissolubile tra fondamento retributivo della pena, libero ar-

bitrio e giudizio di colpevolezza 90

5.1. L’idea retributiva fra scienza penalistica e neuroscienze 90 5.1.1. Le alterne vicende dell’idea retributiva nel dibatti-

to sul fondamento della pena 92

5.1.2. La metamorfosi della retribuzione e l’aberratio ic-

tus degli attacchi neurodeterministi 106 5.2. La fallace enfasi neuroscientifica circa il rapporto sinal-

lagmatico tra libero arbitrio e giudizio di colpevolezza 108 6. Neuroscienze e teorie relative della pena 113 7. Verso un approccio neuroscientifico moderato: for the law neu-

roscience changes something 116

CAPITOLO III

NEUROSCIENZEERESPONSABILITÀPENALE NELL’APPROCCIOMODERATO

Sezione I

NEUROSCIENZE E DIRITTO PENALE NELL’ESPERIENZA STATUNITENSE

1. Considerazioni introduttive 128

2. Natura e presupposti applicativi dell’insanity defense 132 2.1. Prove neuroscientifiche e insanity defense: un impatto mo-

desto. Il caso Hinckley 140

3. L’accertamento della competency (to stand trial e non solo) qua-

le ambito alternativo per valorizzare il vizio di mente 145 3.1. Prove neuroscientifiche e accertamento della competen-

cy: una casistica in espansione. Oltre il caso Gigante 147 4. Diminished capacity quale causa di esclusione (o attenuazio-

ne) della mens rea: natura e ambito applicativo 151 4.1. Prove neuroscientifiche e diminished capacity: oscillazioni

decisionali. Dall’inammissibilità nel caso Mezvinsky agli

esiti in bonam partem nel caso Jones (e non solo) 156 5. La rilevanza dei disturbi mentali nella fase del sentencing 163

5.1. Neuroimmagini ed esclusione della pena capitale (e della pena perpetua “senza possibilità di sconti”) nei confronti degli juvenile offenders. Il leading case Roper v. Simmons

e gli sviluppi più recenti 166

(9)

pag.

5.2. L’allegazione delle neuroimmagini a sostegno della ri-

chiesta di mitigation 170

5.3. Genetica comportamentale e commisurazione della pena

al vaglio della case law 178

6. Neuroscienze e genetica comportamentale nella giurispruden-

za statunitense: un bilancio provvisorio 187

Sezione II

L’USO DEI DATI NEUROSCIENTIFICI NELL’ESPERIENZA ITALIANA

7. Considerazioni introduttive 189

8. La “prova neuroscientifica” a sostegno della richiesta di appli-

cazione del vizio totale o parziale di mente 193 8.1. Cassazione, sez. V, 27 gennaio 2004 – Cassazione, sez. V,

14 novembre 2006 (Reggiani) 194

8.2. Cassazione, sez. I, 7 novembre 2012 (Pannuccio) – Cas-

sazione, sez. I, 21 novembre 2012 (S. E.) 198 8.3. Corte d’Assise d’Appello di Trieste, 18 settembre 2009

(Bayout) 204 8.4. Tribunale di Como, 20 maggio 2011 (Albertani) 208

8.5. Corte d’Assise di Treviso, 20 novembre 2007 (Favaro) 214 8.6. Tribunale di Venezia, 8 aprile 2013 – Corte d’Appello di

Venezia, 3 marzo 2014 (Mattiello) 224 9. Prova neuroscientifica, attendibilità delle dichiarazioni e rico-

struzione processuale del fatto: un panorama della giurispru-

denza interna 233

10. Scenari aperti: l’uso della prova neuroscientifica nella ricostru-

zione dell’elemento soggettivo 238

10.1. Neuroscienze e accertamento del dolo 247 10.1.1. Neuroscienze e premeditazione 248

10.1.2. Neuroscienze e dolo eventuale (anche alla luce del- la sentenza delle sezioni unite sul caso Thyssen-

Krupp) 251 10.1.3. Neuroscienze e menzogna (quale elemento costi-

tutivo del fatto): l’esempio della calunnia 264 10.2. Neuroscienze e (misura soggettiva della) colpa 269 11. Una ricostruzione alternativa: neuroscienze e suitas 274

(10)

pag.

CONSIDERAZIONI FINALI

1. Una mappa del percorso compiuto 279

2. L’uso delle neuroscienze nel processo penale: tre obiezioni e tre

repliche 300

Bibliografia 311

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A distanza di più di dieci anni dalla pubblicazione del celebre saggio degli psicologi di Harvard Green e Cohen, secondo i quali “per quan- to attiene al diritto, le neuroscienze non cambiano nulla e cambiano tutto”1, questo ossimoro resta un vero e proprio topos nella letteratu- ra sui rapporti tra queste due branche del sapere: nella sua essenziali- tà e provocatorietà esso costituisce un’impareggiabile istantanea del vivace dibatto scientifico, filosofico e giuridico relativo alle potenziali ricadute sul diritto (penale in particolare) delle recenti tumultuose acquisizioni delle discipline neuroscientifiche. Nell’ambito di una bi- bliografia multidisciplinare oramai non più dominabile, le perplessi- tà e le critiche sull’idoneità di tali discipline a influenzare genesi e ap- plicazione delle norme giuridiche superano forse i consensi; cionono- stante, l’utilizzo processuale dei dati in questione è divenuto sempre più frequente a livello globale, come inequivocabilmente testimoniato da una pluralità di studi comparatistici2.

Con il termine neuroscienze si indica un gruppo eterogeneo di di- scipline scientifiche, accomunate dall’obiettivo di spiegare come le connessioni neuronali sovrintendano lo svolgimento di tutte le attivi- tà umane, non solo quelle estrinsecantesi in semplici movimenti cor- porei, ma anche quelle più complesse (la volizione, le emozioni, per- sino la formulazione dei giudizi morali), tradizionalmente attribuite al dominio della mente e considerate inaccessibili all’indagine speri- mentale3.

1 J. GREEN,J.COHEN,For the law, neuroscience changes nothing and everything, in Philosophical Transaction of the Royal Society Lond. B, vol. 359, 2004, 1775 ss.

2 V., ad esempio, AA.VV. International Neurolaw: a Comparative Analysis, a cu- ra di T.M. SPRANGER, Berlin, 2012; AA.VV., Neuroimaging in Forensic Psychiatry.

From the Clinic to the Courtroom, a cura di J.R. SIMPSON, Oxford, 2012; v., inoltre, le recentissime rilevazioni statistiche condotte in alcuni paesi anglosassoni citate infra, capitolo III, par. 1.

3 Cfr. A. BIANCHI,Neuroscienze e diritto: spiegare di più per comprendere meglio, in AA.VV., Manuale di neuroscienze forensi, a cura di A.BIANCHI,G.GULOTTA,G.

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In particolare, l’impetuoso sviluppo delle scienze del cervello (neu- robiologia, neurofisiologia, neurogenetica) ha sollecitato il prolifera- re di numerose discipline collaterali alle scienze sociali – denominate mediante l’apposizione del suffisso “neuro” al termine tradizionale – le quali si ripropongono di sviluppare e rimodulare i rispettivi para- digmi epistemologici alla luce delle scoperte delle neuroscienze c.d.

“dure”4: dunque, neuro-filosofia e neuro-etica5, neuro-politica non- ché, segnatamente, neuro-diritto o neuroscienze forensi6.

SARTORI, Milano 2009, XIII; amplius, AA.VV., Principi di neuroscienze4, a cura di E.R.KANDEL,J.H.SCHWARTZ,T.M.JESSEL,A.SIEGELBAUM,A.J.HUDSPETH (edizione italiana a cura di V. PERRI, G. SPIDALERI), Rozzano, 2015.

4 Sul punto cfr. E.PICOZZA,Neuroscienze, scienze della natura e scienze sociali, in E.PICOZZA,L.CAPRARO,V.CUZZOCREA,D.TERRACINA, Neurodiritto. Una introdu- zione, Torino, 2011, 1 ss. Tale impetuoso sviluppo ha innescato, secondo alcuni osservatori critici, atteggiamenti persino neuromaniaci, come quelli che pretende- rebbero di veder fagocitate le discipline tradizionali (come la psicologia) nelle corri- spondenti discipline neurologiche (come la neuropsicologia): in argomento cfr. LE- GRENZI,C.UMILTÀ,Neuromania. Il cervello non spiega chi siamo, Bologna, 2009;

con specifico riferimento agli eccessi delle pretese applicative in ambito penalisti- co, v. S.MORSE,Brain Overclaim Syndrome and Criminal Responsibility: A Diagno- stic Note, in Ohio State Journal of Criminal Law, vol. 3, 2006, 397 ss. Sull’origine del termine “neuroscienza” cfr. A. CORDA, Riflessioni sul rapporto tra neuroscienze e imputabilità nel prisma della dimensione processuale, in Criminalia. Annuario di sciente penalistiche 2012, 2013, 501 s.

5 In argomento cfr., per tutti, AA.VV., Neuroetica, a cura di A. CERRONI, Torino, 2009; AA.VV., Neuroetica. Scienze del cervello, filosofia e libero arbitrio, a cura di L.

LAVAZZA,G.SARTORI, Bologna, 2011; AA.VV., Diritto penale e neuroetica, a cura di O.

DIGIOVINE, Padova, 2013 e, ivi, circa la distinzione, all’interno della neuroetica, tra etica delle neuroscienze e neuroscienze dell’etica, F. BACCO,Diritto penale e neuroetica, tra linguaggio e metodo, 310 ss.; su quest’ultimo punto, v. O. DIGIOVINE,Un diritto penale empatico? Diritto penale, bioetica, neuroetica, Torino, 2009, 183 s.

Sulle implicazioni bioetiche dell’uso delle tecniche neuroscientifiche cfr. L.D’AVACK, Neuroscienze ed esperimenti sull’uomo: a partire dall’analisi del parere del Comitato Na- zionale per la Bioetica, in AA.VV., Il diritto nelle neuroscienze. Noi siamo i nostri cervel- li, a cura di L.PALAZZANI,R.ZANNOTTI,Torino, 2013, 9 ss., nonché, amplius, il parere in questione del CNB, Neuroscienze ed esperimenti sull’uomo: osservazioni bioetiche, 17 dicembre 2010, reperibile al sito http://www.palazzochigi.it/bioetica/pareri.html.

6 Come è stato sottolineato – cfr. A. CORDA, Neuroscienze forensi e giustizia pe- nale tra diritto e prova (Disorientamenti giurisprudenziali e questioni aperte), in Ar- chivio penale (Rivista web), 2014, n. 3, 6 – tale locuzione assume una duplice ac- cezione: essa infatti può designare sia, in senso più ampio, lo studio relativo all’i- doneità “delle teorie e delle metodologie della neuroscienza a costituire valida prova scientifica all’interno del processo” (in questi termini v. anche L.SAMMI- CHELI,G.SARTORI,Neuroscienze giuridiche: i diversi livelli di interazione tra diritto e neuroscienze, in AA.VV., Manuale di neuroscienze forensi, cit., 17); sia, in senso più stretto, le stesse tecniche di indagine neuroscientifica i cui esiti vengono ritenuti validi e dunque vengono utilizzati in ambito giudiziario. Per la verità, il termine

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In effetti, attraverso sofisticate tecniche di esplorazione del cervel- lo7, risulta oggi possibile visualizzare le connessioni sinaptiche e le aree cerebrali coinvolte nello svolgimento di qualsiasi “attività men- tale”. Come si suole evidenziare, alla luce dei risultati degli studi sulle funzionalità cerebrali, le neuroscienze hanno denunciato, per la pri- ma volta con corredo di riscontri empirici, l’insostenibilità scientifica dell’impostazione filosofica dualistica di matrice cartesiana tesa a di- stinguere tra cervello e mente, tra res extensa e res cogitans, tra essere e coscienza dell’essere8.

In altre parole, la ricostruzione completa e dettagliata dei processi fisiologici che presiedono alla elaborazione dei pensieri, delle emozio- ni, delle decisioni e alla realizzazione dei comportamenti conseguenti dimostrerebbe – almeno secondo la c.d. impostazione neo-riduzioni- sta – che le suddette attività sarebbero l’output meccanicistico dei pro- cessi neuronali, senza che residui spazio alcuno, se non nell’ambito della speculazione puramente metafisica, per nozioni quali “mente”,

“coscienza”, “anima”, “volontà cosciente”, “libero arbitrio”9. Proprio

neurodiritto allude a un ambito d’indagine più ampio rispetto a quello proprio delle neuroscienze forensi, in quanto include anche lo studio delle possibili ricadute delle scoperte neuroscientifiche sul piano legislativo, dunque in prospettiva de iure con- dendo, nonché sul piano dogmatico come si avrà modo di precisare in seguito (cfr.

infra, in questo stesso paragrafo e capitolo I, par. 5 ss.).

7 Cfr. infra, capitolo I, par. 2 ss.

8 E.PICOZZA,Neuroscienze, scienze della natura e scienze sociali, cit., 1; A. LA- VAZZA,L.SAMMICHELI,Se non siamo liberi, possiamo essere puniti?, in AA.VV., Sia- mo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, a cura di M.DE CARO,A.LAVAZZA,G.SARTORI, Torino, 2010, 149. Tra gli innumerevoli autori con- cordi nel denunciare la infondatezza scientifica della prospettiva dualistica, parti- colarmente lapidari Green e Cohen:“dualism is scientifically untenable” (For the law, neuroscience changes nothing and everything, cit., 1779). Parimenti G. GULOT- TA:“oggi il dualismo mente corpo sembra essere superato”, in La responsabilità penale nell’era delle neuroscienze, in AA.VV., Manuale di neuroscienze forensi, cit., 3. In argomento cfr., amplius, A. DAMASIO, L’errore di Cartesio: emozione, ragione e cervello umano, Milano, 2001, passim.

9 “Dato che la coscienza e il pensiero sono prodotti interamente fisici del tuo cervello e del sistema nervoso, e dato che il tuo cervello arriva alla nascita con un imprinting completo, che cosa ti fa pensare di avere un libero arbitrio? Da dove dovrebbe venire? Quale ‘fantasma’, quale ‘mente’, quale ‘io’, quale ‘anima’” (T.

WOLFE,Sorry but your soul just died, in Independent,2febbraio1997,traduzione italiana di M. DECARO, A. LAVAZZA,G.SARTORI,La frontiera mobile della libertà, in AA.VV., Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., VIII). Sulla corrente più intransigente della prospettiva neoriduzionista, detta

“materialismo eliminativo”, cfr. M.S. PARDO,D.PATTERSON,Fundamentos filosoficos del Derecho y la neurociencia, in InDret, n. 2, 2011, 9, 39 e bibliografia ivi segnalata.

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queste ultime compongono invece l’armamentario concettuale della c.d. “psicologia del senso comune” (folk psychology, o psicologia in- genua), ovvero quel modello di spiegazione delle azioni umane incen- trato sulla sensazione di autonomia delle scelte individuali di ciascu- no e sulla presunzione per cui anche gli altri individui siano di regola dotati della medesima capacità di autodeterminazione: un modello tanto diffuso e persistente nelle società di ogni tempo quanto, secondo certe declinazioni delle teorie neuroscientifiche, smentito dalle evi- denze empiriche10.

Le scosse telluriche che attraverserebbero il pianeta del diritto là dove tali premesse epistemologiche venissero accolte senza riserve so- no state ampiamente preconizzate dalla letteratura giuridica11. Va tuttavia subito precisato che, nell’ambito della letteratura sia scienti- fica sia giuridica, tutt’altro che unanime è l’opinione secondo cui le

10 Sul punto cfr. A.LAVAZZA,L.SAMMICHELI,Il delitto del cervello. La mente tra scienza e diritto, Torino, 2012, 26, ove si rammenta come la descrizione degli in- dividui “in termini di credenze, desideri, emozioni e personalità, e il tentativo di spiegare le azioni tramite questi stati” rappresentino proprio il nucleo della psico- logia ingenua, la quale classifica “le azioni, mentali e comportamentali, come in- tenzionali o non intenzionali, libere o non libere, legate a scelte autonome o non autonome”. Questo impianto, che ha costituito l’asse portante “della descrizione psicologica degli esseri umani in modo incontestabile fino a pochi decenni or so- no”, è stato etichettato come “psicologia ingenua” durante gli anni ’70 del secolo scorso, quando alcuni studiosi cominciarono a mettere in dubbio che tale para- digma esplicativo delle azioni umane fosse rispondente alle reali dinamiche psi- chiche sottese al comportamento degli esseri umani (ivi, 27). In argomento v. an- che P. JEDLOWSKI,Quello che tutti sanno. Per una discussione sul concetto di senso comune, in Rass. it. Sociologia, 1994, 49 ss.; V. MARZOCCO,Tra cognitivo e norma- tivo: le neuroscienze e la psicologia del senso comune, in AA.VV., Lo spazio della responsabilità. Approdi e limiti delle neuroscienze, a cura di M.L. COSTERBOSA, Bo- logna, 2015, 195 ss.

11 Per un quadro sintetico cfr. L.D’AVACK,Neuroscienze ed esperimenti sull’uo- mo: a partire dall’analisi del parere del Comitato Nazionale per la Bioetica, cit.; G.M.

FLICK,Conclusioni, in AA.VV., Il diritto nelle neuroscienze, cit., 363 ss.; A.,SANTO- SUOSSO, Neuroscienze e diritto: un quadro delle opportunità, in Riv. it. med. leg., 2012, 83 ss.; A. SANTOSUOSSO,B.BOTTALICO,Neuroscienze e categorie giuridiche: qua- le impatto?, in AA.VV., Neuroetica, cit., 45 ss. Con specifico riferimento alla mate- ria penalistica v. G.M. FLICK,Neuroscienze (Diritto penale), in Rivista AIC, 2014, n.

4; amplius, O. DIGIOVINE,voce Neuroscienze (diritto penale), in Enc. dir., Annali VII, 711 ss.; volendo, C.GRANDI,Sui rapporti tra neuroscienze e diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, 1249 ss.

Sulle potenzialità applicative delle neuroscienze nell’ambito del diritto civile sostanziale e processuale cfr. F.G. PIZZETTI, Neuroscienze forensi e diritti fonda- mentali: spunti costituzionali, Torino, 2012, 6 s. e i diversi contributi raccolti in AA.VV., Manuale di neuroscienze forensi, cit. (spec. nella parte terza, 261 ss.).

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scoperte neuroscientifiche dovrebbero indurre a rifondare, se non ad- dirittura abbandonare, istituti, concetti e modelli cardine del diritto contemporaneo, quali anzitutto la capacità giuridica e la capacità di agire, nonché la responsabilità individuale civilistica e penalistica12; anzi, rispetto alle ricadute delle neuroscienze nell’universo del diritto, la suddetta letteratura rivela notevole prudenza, se non aperta diffi- denza. Sul piano più specificamente penalistico, va peraltro subito precisato che tali ricadute presentano una portata assai variabile in relazione a quale prevalga tra due distinti programmi alternativi13.

In linea con un primo programma, qualificabile come “forte” o

“rifondativo”, taluni esperimenti neuroscientifici sarebbero in grado di fornire la dimostrazione empirica dell’inesistenza del libero arbi- trio e di ogni possibilità di affrancamento della volontà umana dalle leggi causali della fisica; e i relativi risultati sarebbero suscettibili di immediata trasposizione sul piano giuridico. Secondo questa impo- stazione, il contributo chiarificatore offerto dalle indagini neuroscien- tifiche avrebbe già squarciato il velo sulla fallacia dei postulati della responsabilità penale e non lascerebbe alcuna alternativa plausibile rispetto ad una rifondazione complessiva del diritto criminale. In al- tre parole, preso atto che il giudizio di responsabilità fondato sulla colpevolezza per il fatto concreto – intesa vuoi come possibilità di a- gire diversamente, vuoi come capacità di essere motivabili mediante la norma – non è scientificamente sostenibile in un mondo governato dal principio causale-deterministico, occorrerebbe semplicemente ac- cantonarlo, così come la pena tradizionalmente intesa, la quale an- drebbe integralmente sostituita con misure di sicurezza finalizzate alla correzione, o in subordine alla neutralizzazione. Si tratta pertan- to di una prospettiva integralmente de jure condendo.

Viceversa, in linea con un secondo e diverso programma neuro- scientifico, definito “debole” o “moderato”, la questione dei rapporti tra libero arbitrio e responsabilità penale in realtà esulerebbe dall’am- bito dell’indagine delle neuroscienze; o quanto meno, in linea con un’impostazione parzialmente differente, ma precorritrice delle stes- se conclusioni, le neuroscienze non sarebbero (ancora) state in grado

12 In argomento cfr. E.PICOZZA,Problemi di carattere applicativo, in AA.VV., Neurodiritto. Una introduzione, cit., 87 ss.

13 Sul punto cfr. A. LAVAZZA,L.SAMMICHELI,Se non siamo liberi, possiamo esse- re puniti?, cit., 147 ss.; I.MERZAGORABETSOS,Il colpevole è il cervello: imputabilità, neuroscienze, libero arbitrio: dalla teorizzazione alla realtà, in Riv. it. med. leg., 2011, 180 ss.; A. NISCO,Il confronto tra neuroscienze e diritto penale sulla libertà del volere, in Dir. pen. proc., 2012, 500.

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di fornire la risposta definitiva in ordine all’esistenza o meno del libe- ro arbitrio14. Pertanto, il contributo di tali discipline scientifiche sul piano giuspenalistico dovrebbe piuttosto concentrarsi sulla soluzione di problemi concreti e circoscritti, connessi all’accertamento di de- terminati stati mentali, la cui esistenza e le cui qualità possono inci- dere a vario titolo sull’applicazione degli istituti vigenti del diritto criminale, sostanziale e processuale. In altre parole, una prospettiva essenzialmente de iure condito.

Si pensi, soprattutto, al miglioramento del “tasso di scientificità”

delle perizie in materia di capacità di intendere e volere connesso alle inedite possibilità offerte nell’osservazione delle funzioni cerebrali dalle tecniche di brain imaging: tali tecniche, dotate secondo talune opinioni di un coefficiente di oggettività assai maggiore rispetto alle indagini neuropsichiatriche e neuropsicologiche condotte con i me- todi convenzionali15, possono rivelarsi decisive per perfezionare il giudizio di imputabilità in relazione sia ai soggetti potenzialmente af- fetti da vizio di mente, sia ai minori ultraquattordicenni la cui capa- cità deve essere valutata in concreto anche in relazione alla maturità cerebrale acquisita al momento del fatto.

Si considerino altresì le valutazioni in ordine alla pericolosità so- ciale di individui affetti da determinate anomalie strutturali o funzio- nali del cervello.

Si rifletta ancora sulle possibilità di calibrare con maggiore preci- sione i percorsi riabilitativi proprio in ragione delle specificità neuro- logiche di ciascun condannato, anche a prescindere dalla ricorrenza di indici specifici di pericolosità sociale.

Si valutino poi, in una diversa prospettiva di natura eminentemente

14 Vale la pena di sottolineare che la difficoltà (secondo molti, l’impossibilità) di formulare una teoria filosofica del libero arbitrio capace di rendere compatibili l’innegabile fondamento esperienziale della psicologica del senso comune, che fa leva sulla continua “sensazione di libertà” nella definizione delle scelte individuali, con le evidenze neuroscientifiche, tese a destituire tale sensazione di fondamento empirico (cfr. infra, capitolo II, par. 2.1), hanno fomentato derive scettiche, che finiscono per definire quello della libertà un mistero irrisolvibile: sul punto cfr. M.

DECARO,Il libero arbitrio. Una introduzione, Bari, 2004, 87 ss.

15 Cfr., ad esempio, G.SARTORI,F.GNOATO, Come quantificare il libero arbitrio, in AA.VV., Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., 182. Sul perdurante stato di crisi della psichiatria e della psicologia forensi e sulle connesse difficoltà relative al giudizio di imputabilità cfr., in sintesi, M. BERTOLI- NO,Imputabilità: scienze, neuroscienze e diritto penale, in AA.VV., Il diritto nelle neuroscienze. Noi siamo i nostri cervelli, cit., 145ss.; A. CORDA, Riflessioni sul rap- porto tra neuroscienze e imputabilità nel prisma della dimensione processuale, cit., 506 ss.; A.FORZA,La sfida delle neuroscienze: verso un cambiamento di paradigma, in Dir. pen. proc., 2012, 1377 s.

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processuale, le potenzialità applicative – in vista dell’accertamento giu- diziale del fatto basato (anche) su prove dichiarative – di talune tecniche neuroscientifiche a quanto pare capaci di scrutare all’interno dell’indivi- duo quale fonte di prova dichiarativa; potendo così rivelare, entro certi margini di approssimazione, la genuinità delle dichiarazioni rese nel corso del procedimento – dall’indagato/imputato o dal soggetto informa- to sui fatti/testimone – o di reperire vere e proprie “tracce cerebrali” del ricordo di certi avvenimenti cui l’individuo possa aver assistito16.

L’eccezionalità delle scoperte neuroscientifiche alimenta dunque la riemersione di una dicotomia di approcci epistemici nient’affatto ine- dita: come è stato osservato, l’avvento di scoperte e innovazioni scienti- fiche e tecnologiche di portata non ordinaria è sempre destinato ad ali- mentare il disaccordo tra chi ritiene indispensabile l’abbandono o la radicale ristrutturazione dei paradigmi conoscitivi già in uso e chi in- vece ritiene possibile adeguare progressivamente questi ultimi al no- vum, senza fratture rispetto al passato17. La stessa dicotomia si è dun- que riproposta con riferimento alle ricadute delle scoperte neuroscien- tifiche sul diritto penale, anche se va premesso sin d’ora come il para- digma neuroscientifico “forte”, e la sua proposta “rifondativa” dei pre- supposti della responsabilità penale, abbiano riscosso nell’ambito della dottrina penalistica un successo davvero assai limitato.

Prima di illustrare le conseguenze giuridiche dell’uno e dell’altro programma (rispettivamente nei capitoli II e III) e di verificare le rea- zioni della dottrina medesima – tendenzialmente molto cauta e pre- occupata soprattutto di delegittimare il fondamento teorico e circo- scrivere le conseguenze pratiche del programma rifondativo18 – si ren- derà necessaria una sintesi concernente le premesse empiriche del- l’autentica “rivoluzione nello studio delle funzioni cerebrali”19 pro- mossa dalle moderne neuroscienze (capitolo I).

16 Cfr. infra, capitolo I, par. 2.2. A questo proposito, peraltro, potrebbero ren- dersi necessari interventi normativi – al di fuori, dunque, di una prospettiva stret- tamente de iure condito – volti a rendere utilizzabili i risultati degli accertamenti neuroscientifici, allo stato attuale presumibilmente incompatibili con talune rego- le in materia di ammissibilità dei mezzi di prova; cfr. infra, capitolo III, par. 7.

17 ASANTOSUOSSO,Il dilemma del diritto di fronte alle neuroscienze, in AA.VV., Le neuroscienze e il diritto, a cura di A. SANTOSUOSSO,Pavia, 2009, 11.

18 In argomento cfr. infra, capitolo II, par. 4.2.

19 P.PIETRINI,Responsabilmente: dai processi cerebrali al processo penale. Prospet- tive e limiti dell’approccio neuroscientifico, in AA.VV., La prova scientifica nel pro- cesso penale, a cura di L.DECATALDONEUBERGER,Padova, 2007, 319.

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E CONDOTTA INDIVIDUALE:

APPROCCI A CONFRONTO

SOMMARIO: 1. I correlati neuronali del comportamento umano. – 2. Le tecniche di

esplorazione cerebrale. – 2.1. Le tecniche neuroscientifiche volte all’accerta- mento delle condizioni neurologiche del soggetto. – 2.1.1. Le tecniche di esplo- razione della morfologia cerebrale. – 2.1.2. Le tecniche di esplorazione della funzionalità cerebrale. – 2.2. Le tecniche neuroscientifiche tese alla verifica dell’attendibilità delle dichiarazioni. Cenni. – 2.2.1. Le tecniche di lie detection. – 2.2.2. Le tecniche di memory detection. – 3. Le indagini empiriche sulla corre- lazione tra anomalie cerebrali e condotte antisociali. – 4. La genetica compor- tamentale: la definitiva riscossa del determinismo? – 5. L’interazione tra neu- roscienze e genetica comportamentale e le premesse empiriche dell’approccio neuroscientifico moderato. – 6. Le neuroscienze e la (illusoria?) libertà del vo- lere: le premesse empiriche dell’approccio rifondativo. – 7. La priorità logica delle questioni poste dall’approccio neuroscientifico rifondativo.

1. I correlati neuronali del comportamento umano

Non si deve certo alle moderne neuroscienze l’intuizione per cui la sede “fisica” dell’attività mentale ed emotiva si trova nel cervello. La medesima intuizione era già stata formulata venticinque secoli or so- no nel De morbo sacro, opera dedicata all’epilessia, nella quale Ippo- crate si opponeva fieramente all’allora dominante teoria cardiocentri- ca del pensiero. Tuttavia, in assenza delle tecniche sofisticate di esplo- razione funzionale del cervello oggi disponibili, le quali consentono la visualizzazione dei c.d. “correlati neuronali” delle attività mentali1, le teorizzazioni della neuropsicologia classica del secolo XIX – secondo cui il comportamento sociale degli individui risulta influenzato dal-

1 Vale a dire le strutture anatomiche e i circuiti cerebrali attivi durante lo svol- gimento di determinate funzioni mentali (memoria, linguaggio, emozioni eccetera).

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l’attività cerebrale – potevano giovarsi solamente delle indagini post mortem aventi ad oggetto le eventuali lesioni corticali riportate da in- dividui che avevano dimostrato repentine mutazioni della personalità a seguito di traumi cranici non letali2.

La più eclatante conferma empirica di tali ipotesi venne offerta dalla tanto celebre quanto impressionante vicenda dell’incidente oc- corso nel 1848 a Phineas Gage, il cui cervello – a seguito di un banale errore di distrazione commesso durante il turno di lavoro da operaio addetto alla costruzione delle ferrovie americane – venne trapassato da una barra cilindrica di metallo, che penetrò dallo zigomo e fuoriu- scì dalla volta cranica. Sopravvissuto per miracolo, Gage sorprenden- temente non riportò danno alcuno alle capacità di movimento, di lin- guaggio e di memoria. Tuttavia, l’incidente determinò un brusco mu- tamento della sua personalità: da soggetto mite e dalla condotta irre- prensibile, egli divenne infatti inaffidabile, aggressivo, protagonista di comportamenti socialmente inadeguati. La dinamica dell’incidente venne ricostruita alla fine del secolo scorso da un gruppo di studiosi dell’Università di Harvard coordinati dal neuroscienziato Antonio Da- masio, i quali, analizzando il cranio di Gage conservato nel sito mu- seale dell’ateneo, furono in grado di individuare in una precisa por- zione della corteccia, corrispondente al lobo frontale, l’area cerebrale rimasta danneggiata3.

Un ulteriore impulso allo sviluppo delle moderne ricerche sul fun- zionamento del cervello è stato impresso dagli studi relativi ad un al- tro singolare infortunio, occorso sempre nel secolo XIX: in questo caso il malcapitato protagonista era temporaneamente sopravvissuto ad un grave trauma cranico, a seguito del quale egli aveva riportato una estesa lesione della calotta cranica, con scopertura di un tratto della corteccia. Osservando la porzione di cervello visibile attraverso la frattura, era stato possibile constatare ictu oculi un significativo aumento del flusso ematico superficiale in concomitanza col passare del soggetto esaminato dallo stato di riposo allo svolgimento di de- terminate attività; e si erano altresì notati i mutamenti direzionali del

2 Sul punto cfr. P. PIETRINI,V.BAMBINI,Homo ferox: il contributo delle neuro- scienze alla comprensione dei comportamenti aggressivi e criminali, in AA.VV., Ma- nuale di neuroscienze forensi, cit., 44 ss.

3 In argomento vedi, fondamentalmente, H.DAMASIO,T.GABROWSKI,R.FRANK, A.DAMASIO,A.M.GALABURDA,The return of Phineas Gage: clues about the brain from the skull of a famous patient, in Science, 1992, 1102 ss. Più in sintesi, e con ulterio- ri rinvii bibliografici, I.MERZAGORABETSOS,Colpevoli si nasce? Criminologia, de- terminismo, neuroscienze, Milano, 2012, 172 ss.

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flusso ematico tra le diverse zone cerebrali, in corrispondenza al va- riare dell’attività di volta in volta esplicata4.

La consapevolezza in tal modo acquisita per via empirica del col- legamento tra funzioni mentali e flussi ematici cerebrali ha ricevuto in seguito una spiegazione teorica ben nota: in estrema sintesi, l’ener- gia necessaria all’attività sinaptica, grazie alla quale avviene lo scam- bio di informazioni tra le cellule nervose, è prodotta attraverso il me- tabolismo ossidativo del glucosio; il maggior fabbisogno di glucosio ed ossigeno a tal fine necessari viene soddisfatto proprio attraverso l’incremento del flusso sanguigno nell’area cerebrale interessata dal- l’attività in questione5.

Il salto di qualità definitivo nello studio dei correlati neurali del comportamento umano è stato infine compiuto attraverso la messa a punto delle tecniche non invasive di brain imaging, che consentono di visualizzare anche nei soggetti viventi e sani6 sia la morfologia del cervello, sia i relativi aspetti funzionali, monitorando in particolare le aree della corteccia coinvolte nello svolgimento dei diversi compiti cognitivi.

Proprio l’utilizzo delle brain images in ambito processuale ha ferti- lizzato il dibattito sui rapporti tra le neuroscienze e il diritto (e il pro- cesso) penale: conviene dunque riassumere sin d’ora tipologie e ca- ratteristiche delle tecniche di esplorazione del cervello più frequen- temente utilizzate, alle quali si faranno ripetuti riferimenti nell’anali- si della casistica giurisprudenziale germogliata nell’esperienza norda- mericana, e in seguito diffusasi anche nel contesto europeo, in Italia prima che altrove7.

4 Cfr. A. MOSSO,Ueber den Kreislauf des Blutes im menschlichen Gehrin, Lipsia, 1881; lo studioso riuscì persino a misurare le variazioni del flusso ematico, median- te un apparecchio che amplificava le pulsazioni dell’apparato circolatorio locale, consentendo di realizzare un grafico del loro andamento.

5 Sul punto cfr., ex multis, A. ROSKIES,Brain Imaging Techniques, in AA.VV., A Primer on Criminal Law and Neuroscience, a cura di S.MORSE,A.ROSKIES, Oxford, 2013, 39.

6 Se infatti le osservazioni post mortem avvengono su tessuti inesorabilmente modificati e, in ogni caso, su di un organo inattivo, le attività rilevabili sui soggetti viventi vittime di traumi possono aver subito una significativa alterazione in con- seguenza della lesione; sul punto cfr. M. BORRI,Neuroimaging: continuità e inno- vazione, in Humana. Mente, 2008, n. 5, 150 s. e bibliografia ivi segnalata in rela- zione agli studi osservazionali condotti post mortem.

7 Cfr. infra, capitolo III, sezioni I e II.

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2. Le tecniche di esplorazione cerebrale

Punti di arrivo di un’evoluzione scientifico-tecnologica pluriseco- lare8, finalizzata a soddisfare in primis esigenze medico-diagnostiche, le tecniche di esplorazione cerebrale mirano a decodificare e misura- re, attraverso l’utilizzo di apparecchiature esterne al cranio, specifici segnali di diversa natura – elettrici, magnetici, radioattivi – talvolta spontanei, talvolta indotti dall’esterno, tutti connessi alle proprietà caratteristiche dei tessuti del cervello.

L’utilizzo di queste tecniche ha confermato definitivamente l’ipo- tesi relativa alla “ripartizione” dei compiti tra le diverse aree del cer- vello: in particolare, è proprio attraverso la rilevazione dell’aumento localizzato del flusso ematico che risulta possibile individuare l’area del cervello di volta in volta implicata nell’esecuzione delle singole at- tività umane, fisiche o anche solamente “mentali”.

Le tecniche di esplorazione cerebrale possono distinguersi alla stre- gua di diversi criteri classificatori.

Nell’ambito della letteratura che si occupa dei rapporti tra neuro- scienze e diritto penale, è frequente l’utilizzo di un criterio distintivo incentrato sul tipo di contributo probatorio che la c.d. “prova neuro- scientifica” è in grado di offrire9.

Tale criterio, pure non essendo esaustivo, giacché le neuroscienze sono in grado di offrire contributi anche al legislatore, oltre che al giudice, merita di essere mantenuto, in ragione della sua chiarezza concettuale e della sua attitudine semplificatoria di una materia se- gnata da confini tutt’altro che nitidi.

In base al criterio prescelto, è dunque possibile distinguere tra due categorie di tecniche neuroscientifiche: le tecniche capaci di fornire indicazioni sulle condizioni neurologiche dell’individuo quali oggetto della prova (ai fini, ad esempio, dell’accertamento della capacità di intendere e volere); le tecniche finalizzate a produrre informazioni sull’attendibilità di una prova dichiarativa, rispetto alla quale l’indivi- duo si pone pertanto non come oggetto, bensì come fonte (a seconda delle diverse fasi del procedimento, nell’acquisizione di sommarie in-

8 In argomento cfr. L.S.KHOSHBIN,S.KHOSHBIN,Imaging the Mind Minding the Image: An Historical Introduction to Brain Imaging and the Law, in American Journal of Law & Medicine, vol. 33, 2007, 171 ss.; più in sintesi, M. BORRI,Neu- roimagin: continuità e innovazione, cit., 149 ss.

9 Cfr., per tutti, P. FERRUA, Neuroscienze e processo penale, in AA.VV., Diritto pe- nale e neuroetica, cit., 264 ss.

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formazioni o della testimonianza, ovvero nell’ambito dell’interrogato- rio o in sede di esame dell’imputato)10. Tale criterio consente all’evi- denza di anticipare le potenzialità endoprocessuali dei singoli metodi di accertamento neuroscientifico, le cui ricadute pratiche – specie con riferimento alla prima categoria di tecniche, maggiormente feconda dal punto di vista del diritto sostanziale – verranno più compiutamente illustrate in seguito, nell’analisi della casistica giurisprudenziale11.

2.1. Le tecniche neuroscientifiche volte all’accertamento delle con- dizioni neurologiche del soggetto

All’interno delle tecniche di esplorazione cerebrale suscettibili di fornire informazioni circa le condizioni neurologiche dell’individuo è possibile tracciare un’ulteriore distinzione basata sull’oggetto dell’ac- certamento, e dunque differenziando tra: a) le tecniche volte all’ac- certamento dell’anatomia cerebrale, dirette ad illustrare la morfologia del cervello; b) le tecniche volte all’accertamento della funzionalità cerebrale, dirette a fornire informazioni circa il dispiegarsi delle atti- vità del cervello, con particolare riferimento all’individuazione delle regioni della corteccia che si attivano in relazione allo svolgimento di determinati compiti cognitivi12.

10 È questa la traccia espositiva seguita da A. CORDA, Neuroscienze forensi e giustizia penale tra diritto e prova, cit., 6 ss.; negli stessi termini, P. TONINI,C.CON- TI,Il diritto delle prove penali2, Milano, 2014, 194 ss.

In argomento v. altresì L.CAPRARO, Problematiche relative al processo penale, in AA.VV., Neurodiritto. Una introduzione, cit., 243 ss., ove l’A., dopo essersi soffermata in particolare sul contributo delle neuroscienze nella ricostruzione giudiziale del fatto, individua anche un ulteriore ambito del mondo del diritto rispetto al quale le neuro- scienze si propongono di offrire nuovi chiavi interpretative, ovvero “il processo menta- le del giudice verso la decisione” (ivi, 253): più in particolare, si tratta dello studio del- le “componenti emotive” che caratterizzano i processi decisionali dell’organo giudi- cante, così come, più in generale, ogni esperienza giuridica (v., ivi, 262). Per ulteriori approfondimenti sul ruolo delle emozioni nel diritto penale, tema che esula dalla pre- sente indagine, v. O. DI GIOVINE, Un diritto penale empatico?, cit., passim; più in sintesi (e con specifico riferimento al contributo conoscitivo delle neuroscienze) ID.,La san- zione penale nella prospettiva delle neuroscienze, in Riv. it. dir. proc. pen., 2013, 639 ss.;

ID.,voce Neuroscienze (diritto penale), in Enc. dir., Annali VII, 728 ss. In argomento v., altresì, L. BOELLA,Empatia in tribunale: il difficile percorso di un’empatia negativa o senza simpatia, in AA.VV., Diritto penale e neuroetica, cit., 205 ss.; G. FIANDACA,Sul ruo- lo delle emozioni e dei sentimenti nella genesi e nell’applicazione delle leggi penali, ivi, 215 ss.; A. CADOPPI,Simpatia, antipatia e diritto penale, ivi, 241 ss.

11 Cfr. infra, capitolo III, sezioni I e II.

12 Per approfondimenti sulle tecniche di esplorazione morfologica e funzionale

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2.1.1. Le tecniche di esplorazione della morfologia cerebrale

In ambito medico-diagnostico, lo scopo principale degli esami di natura morfologica consiste nella raccolta di dati la cui elaborazione computerizzata genera “immagini cerebrali” propedeutiche al con- fronto tra un cervello “normale” e un cervello malato, al fine ultimo di individuare le varianti strutturali associate alle singole patologie.

Come è intuibile, in ambito penalistico i risultati di questi esami pos- sono chiarire l’esistenza e la natura di una malattia in grado di inci- dere sulla capacità di intendere e volere dell’imputato.

Le due tecniche di uso più frequente sono la tomografia assiale computerizzata (comunemente identificata con l’acronimo TAC, nel linguaggio tecnico anglosassone Computed Axial Tomography, CAT) e la imaging a risonanza magnetica (Magnetic Resonance Imaging, MRI).

La TAC sfrutta una caratteristica peculiare dei raggi X, ovvero quel- la di subire l’assorbimento da parte del materiale attraversato in mi- sura proporzionale alla densità e allo spessore di quest’ultimo. Dal punto di vista operativo, mentre un apparecchio emettitore proietta verso il cranio del soggetto esaminato un fascio radioattivo, un appa- recchio rivelatore, collocato agli antipodi della calotta, misura la quan- tità di raggi “fuoriusciti” dall’attraversamento della materia cerebrale, consentendo così la misurazione dei diversi coefficienti di densità corrispondenti alle varie zone di quest’ultima. I due apparecchi effet- tuano una molteplicità di emissioni e rilevazioni seguendo un percor- so circolare attorno al cranio esaminato, così da consentire una rico- struzione tridimensionale completa del cervello. Non si tratta, tutta- via, di vere e proprie “fotografie”, bensì della rappresentazione grafi- ca di una elaborazione computerizzata dei dati raccolti relativi alla forma e alla densità della materia cerebrale attraversata dal fascio

del cervello cfr., a titolo indicativo nel quadro di una bibliografia medico-scientifica sterminata, A.BUNGE,I.KAHN,Cognition, Neuroimaging, in The Encyclopedia of Neuroscience, a cura di G. ADELMAN,B.H.SMITH, vol. 2, Amsterdam, 2009, 1063 ss.;

O. DEVINSKY,M.D’ESPOSITO,Neurology of Cognitive and Behavioral Disorders, New York, 2004; B.WALSH,J.D.BOLEN,The Neurobiology of Criminal Behavior. Gene- Brain-Culture Interaction, Farnham, Burlington, 2012, 13 ss.; A. ROSKIES,Brain Imaging Techniques, cit., 37 ss.; L. WEYANDT,The Phyisiological Bases of Cognitive and Behavioral Disorders, Mahwah (New Jersey), 2006, 62 ss. Nell’ambito della letteratura giuridica, per un panorama sintetico v. T.M. SPRANGER,Neuroscience and the Law: An Introduction, in AA.VV., International Neurolaw, cit., 1 ss.; nella dottrina italiana, cfr. M.A.PASCULLI,Neuroscienze e giustizia penale. Profili sostan- ziali. Volume I, Roma, 2012, 31 ss.;L.SAMMICHELI,G.SARTORI,Neuroscienze giuri- diche: i diversi livelli di interazione tra diritto e neuroscienze, cit., 25 ss.; A. SANTO- SUOSSO, Neuroscienze e diritto: un quadro delle opportunità, cit., 83 ss.

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radioattivo. Più in particolare, a livelli decrescenti di densità corri- spondono tonalità sempre più scure sulla scala che varia dal bianco (corrispondente alle ossa) al grigio scuro/nero (corrispondente al li- quido cefalorachidiano, ovvero la componente “meno densa” presen- te nel cranio).

Quanto invece alla MRI, anch’essa fornisce una ricostruzione gra- fica computerizzata del cervello del soggetto analizzato, prevedendo tuttavia l’utilizzo dei campi magnetici in luogo dei raggi X. In parti- colare, mentre il cranio viene assoggettato ad un intenso campo ma- gnetico, un apparecchio scanner decodifica le reazioni delle molecole di idrogeno presenti nei tessuti cerebrali, la quantità delle quali varia in relazione alla diversa densità dei tessuti medesimi. La risonanza magnetica fornisce immagini più dettagliate rispetto alla CAT, con- sentendo di distinguere con maggiore chiarezza materia grigia, mate- ria bianca e liquido spinale.

2.1.2. Le tecniche di esplorazione della funzionalità cerebrale

Per quanto concerne invece le tecniche di esplorazione funzionale del cervello13, il loro aspetto più allettante risiede nella capacità di fornire non una semplice istantanea descrittiva di uno status anato- mico, bensì una raffigurazione di una “attività” cerebrale, ovvero di quanto sta accadendo nel cervello mentre l’individuo sta compiendo una determinata azione. Anche in questo caso, il fine precipuo del- l’utilizzo di tali tecniche in campo medico consiste nella raccolta dei dati utili alla comparazione – non della struttura, bensì del compor- tamento dinamico – tra un cervello sano e un cervello affetto da un’a- nomalia. Quanto alle potenzialità in ambito processuale, si può anti- cipare come le tecniche in questione siano state utilizzate soprattutto per dimostrare il funzionamento anomalo delle aree del cervello de- putate al controllo degli impulsi, in vista del giudizio sulla capacità di intendere e volere di soggetti autori di crimini violenti o in materia sessuale14. Non si è peraltro mancato di prefigurare un loro utilizzo al diverso fine di valutare l’attendibilità di una prova dichiarativa, nei termini che verranno precisati di seguito15.

Prima di riassumere le caratteristiche delle più diffuse tecniche di

13 In argomento, oltre alla letteratura citata alla nota precedente, cfr., amplius, A. PAPANICOLAOU Fundamentals of functional brain imaging, Lisse (NL), 1998.

14 Cfr. infra, par. 3; capitolo III, sezioni I e II.

15 Cfr. infra, par. 2.2.

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neuroimaging funzionale, va tuttavia ricordato che il loro innegabile impetuoso sviluppo non ha ancora comportato l’abbandono del più tradizionale elettroencefalogramma (EEG), il cui utilizzo si è anzi rive- lato decisivo nell’ambito di alcuni dei più significativi esperimenti le- gati alle neuroscienze cognitive16. Nonostante questa oramai risalen- te tecnica d’indagine – la quale, come noto, consente di registrare gli impulsi elettrici sprigionati spontaneamente dall’attività neuronale – non fornisca “immagini” della corteccia, la sua importanza centrale nel quadro delle indagini neuroscientifiche resiste al tempo e alle in- novazioni tecnologiche17: se infatti è vero che le tecniche di visualiz- zazione cerebrale forniscono dati assai più accurati dal punto di vista della collocazione spaziale delle attività neuronali di volta in volta ri- levate, esse non sono tuttavia in grado di fornire dati altrettanto pre- cisi in ordine alla dimensione temporale delle medesime attività; ri- spetto a quest’ultimo dato, l’esame elettroencefalografico si rivela tut- t’ora insuperabile, consentendo la registrazione delle attività cerebra- li con una risoluzione temporale nell’ordine dei millisecondi18.

Viceversa, le tecniche di neuroimaging funzionale si basano in fin dei conti sul perfezionamento dei medesimi principi di emodinamica già teorizzati a seguito dei succitati studi osservazionali risalenti al XIX secolo. Le principali tecniche in questione sono la tomografia ad emissione di positroni (Positron Emission Tomography, PET) e la Ri- sonanza magnetica funzionale (functional Magnetic Resonance Ima- ging, fMRI)19.

Quanto alla prima (PET), essa consente la trasposizione in “imma-

16 Cfr. infra, par. 6.

17 La prima registrazione dell’attività elettrica cerebrale, avvenuta nel 1929, si deve allo scienziato tedesco Hans Bergen (cfr., L.S.KHOSHBIN,S.KHOSHBIN,Ima- ging the Mind, cit., 176).

18 Sui vantaggi e svantaggi dell’uso di una tecnica in luogo dell’altra v., in sin- tesi, L.R. TANCREDI,J.D. BRODIE,The Brain and Behavior: Limitations in the Legal Use of Functional Magnetic Resonance Imaging, in American Journal of Law &

Medicine, vol. 33, 2007, 272 ss. L’approccio integrato tra le due tipologie di tecni- che risulta in definitiva il più idoneo a fornire un quadro conoscitivo completo: in argomento cfr. AA.VV., EEG-fMRI: Physiological Basis technique and applications, a cura di C.MULERT,L.LEMIEUX, Berlino-Heidelberg, 2010, passim.

19 In argomento cfr., ex multis, S.E.RUSHING,D.A.PRYMA,D.D.LANGLEBEN, Pet and Spect,ove si illustra pure la variante tecnica della PET denominata tomogra- fia ad emissione di fotone singolo (Single-Photon Emission Computed Tomo- graphy, SPECT), nonché E.D. BIGLER,M.ALLEN,G.K.STIMAC, MRI and Functional MRI, entrambi in AA.VV., Neuroimaging in Forensic Psychiatry. From the Clinic to the Courtroom, cit., rispettivamente 3 ss., 27 ss.

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gini” delle attività cerebrali rilevate mediante l’iniezione nel circuito sanguigno di una “traccia radioattiva”, risultante dalla combinazione tra una molecola semplice e un isotopo radioattivo. Una volta inietta- ta, la traccia in questione emette radiazioni rilevabili mediante appa- recchiature esterne, le quali monitorano il percorso effettuato duran- te l’intero periodo di osservazione (30-45 minuti). Sulla base dei flussi evidenziati dalla traccia e dei relativi tempi di permanenza nelle sin- gole aree cerebrali è possibile individuare le zone della corteccia inte- ressate da un maggior afflusso sanguigno, e dunque da un più inten- so consumo di energia correlato all’attività sinaptica, in corrisponden- za dello svolgimento di determinati movimenti e funzioni. La natura invasiva di questa metodica, che richiede pur sempre l’iniezione di materiale radioattivo, e soprattutto i costi elevati20 ne rendono l’uti- lizzo piuttosto sporadico, a vantaggio di altre tecniche di neuroima- ging funzionale, specie la risonanza magnetica.

Quanto a quest’ultima (fMRI), anch’essa persegue l’obiettivo di in- dividuare le aree cerebrali reclutate nello svolgimento di un determi- nato compito avvalendosi dei principi di emodinamica. In questo ca- so, tuttavia, il flusso sanguigno non viene monitorato mediante trac- ciatura, bensì attraverso la esposizione del tessuto cerebrale del sog- getto esaminato ad un campo magnetico e a brevi sequenze di onde radio. Più in particolare, questa tecnica sfrutta l’incremento del fab- bisogno di molecole di ossigeno in corrispondenza delle aree cerebra- li più attive, le quali, come detto, ricavano energia dal metabolismo ossidativo del glucosio. La maggiore concentrazione di ossigeno de- termina una variazione del rapporto presente nel sangue tra molecole di ossiemoglobina (ovvero l’emoglobina legata alle molecole di ossi- geno) e di deossiemoglobina (la forma di emoglobina non legata a ta- li molecole): in altre parole, il sangue che affluisce verso la regione neuronale più attiva è dotato di una maggiore concentrazione di os- sigeno (cioè di ossiemoglobina) rispetto a quanto non accada nelle regioni meno attive. Il diverso comportamento di queste due tipolo- gie di molecole di emoglobina, una volta sottoposte ad un campo ma- gnetico, consente di rilevare la suddetta variazione all’interno del flus- so ematico che irrora le diverse zone della corteccia.

Neppure la tecnica in questione fornisce “fotografie istantanee”

del cervello, quanto piuttosto una raccolta di dati statistici relativi ai

20 Sotto questo profilo, si è sottolineato come la variante SPECT (cfr. nota pre- cedente) risulti di più agevole utilizzo in ambito forense in quanto meno onerosa (cfr. O. CARTERSNEAD,Neuroimaging and the “complexity” of capital punishment, in New York University Law Review, vol. 82, 2007, 1282 s.).

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