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CHIAPPELLI NELLA SALA DI DANTE IN ORSANMICHELE t 1? DISO LETTO DA ALESSANDRO. ^ t FIRENZE, YLe LECTVRA DANTIS IL CANTO XXXI DEL PARA- Editori-, ip ^

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LI

YLe

LECTVRA DANTIS

IL CANTO XXXI DEL PARA- DISO LETTO DA ALESSANDRO CHIAPPELLI NELLA SALA DI DANTE IN ORSANMICHELE t

1?

^ t FIRENZE,

G.

C.

SANSONI,

Editori-,

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t IL CANTO XXXI DEL PA-

RADISO LETTO DA ALESSANDRO CHIAPPELLI NELLA SALA DI DANTE

IN ORSANMICHELE ^ ^ ^ ^

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in

2010 with funding from University of Toronto

littp://www.arcliive.org/details/lecturadantis31fire

(5)

LECTVRA DANTIS

IL CANTO XXXI DEL PARA- DISO LETTO DA ALESSANDRO CHIAPPELLI NELLA SALA DI dantp: in orsanmichele ^

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n.

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* * FIRENZE,

G. e. SANSONI,

Kditoriì.

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(6)

PROPRIETÀ LETTERARIA

Firenze. Stab. G. Carnesecchiefigli.PiazzaMenlana.

(7)

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SignoreeSignori,

Chi segue cogliocchi dellamenteintentiil poeta eroe nella sua ascensione lungo le plaghe sempre più luminose evaste dei cieli, è preso quasi da una

commozione

sacraall'avvicinarsi di lui verso il ter- minedel mistico viaggio,che quasi coincide, perar- canoincontro,con quello della vitaterrenadell'esule immortale. Mentre la virtii divina, diversamente pe- netrativa,discende digradoingradoattraversoifil- trideicieli,l'animadi Dante,

degnamente

rappresen- tativadella

umana

generazione, detersa oramaidal peccato e fatta pura e disposta a salire alle stelle,

ascende verso l'eterna fontana dell'amore, della ve- rità e della vita.

È

un duplice ed inverso cammino, del qualenon potrebbe dirsi quellochel'antico Era- clito pronunciavadell'eterno circuitodell'essere «la via ascensiva e discensiva ò la stessa». Qui la via discensiva èilprocesso realedellanaturadegradante daDio:laviaascensiva òil

cammino

dell'animache a Dio ritorna

come

al suoportosicuro,onde s'eradi- partita,secondol'espressionedel Cottrivio,quandosi

eramessanel

mare

s(crudele e

commosso

della vita.

(8)

6

-

Inqueste ultime scene del

poema

tricosmicoilvate,

il poetadivenuto profeta, giuntooramai sullimitare dellavecchiezza quandola mente si raccoglie nei pensierieterni, e prossimo insieme al terminedel simbolico viaggio, ha ritrovato sé stesso quasi per l'ispirazione

suprema

al canto d'addio del suo ge- nio. Egli sente bensì che l'abitodell'artenonbasta a ritrarrelaparolainteriore, e,quasiconsapevoledella suaprossima fine, vorrebbe desistere da questo su-

premo

cimento dell'arte

Come

all'ultimosuo ciascun artista.

Ma come

il sole occiduo incendiadi vapori più vasti ladistesa dei cieli, ein una purpurearicolora- zione finale ritrovatuttala suapossanza avvolgendo cielo eterrae

mare

in una ultima gloria di luce;

cosi qui il poeta, anch'egli nell'alto deicieli, quasi ammaliato daquesti ultimimisteri, daquesta magni- ficenza displendori finali ond'ècirconfuso,

impenna

l'alaagile esicuraper l'ultimo volo.

Se,

come

aragione notava undantista inglese, il

Gardner,' questi ultimi canti sonoil complementodi tuttoil poema,neiquali ilsensoletterale,l'allegorico el'anagogicosono

come

conflati inunsoloche ilpen- siero filosofico e l'ispirazione dell'arte con fratellc- vole

amore

suggeriscono, èancor più manifestoche questinovissimi capitoli, sullacui origine regna il

mistero più profondo,comprendono,quasiinunasin- tesi sovrana, tuttala canticaterza. Poiché qui, nel- l'Empireo, e specie nella mistica rosache visplende, èespressa «laformageneralediParadiso»: mentre le altresfereefigure sottostantinon erano cheadom- bramenti (ombriferi pre/asi) diciò chenell'alto dei

(9)

7

cieli si vede •>con imaginc scoverta».

La

rosa cele- ste, difatti,

come

è chiaro per lacriticarecente,è il

compendio ela

somma

dei nove cieli inferiori,e ad essi risponde nelladistribuzione del suo settemplice giro.'

Come

Dio

comprende

legatoin un volume «ciò che perl'Universosisquaderna»,cosilamiliziasanta che a Dante era apparsa partitamente, per divina grazia, in ciascuno dei cieli, ora si vede congregata

come

in santoconcilio:

etutto ilfrutto ricolto delgirardi questespere.

(Farad.,xxiii,20, 21).

Mentre lungo i nove ordini dei cieli sidistende- vano le nove gerarchie angeliche cheDante distri- buisce conun metodo ove sicombina l'insegnamento delPseudoDionigiAreopagita con quello dei grandi Dottori scolasticiedi sanBernardo,quisuo maestro e duce,3 le animesante,cittadine della

Gerusalemme

celeste, della città di Dio,uscitefuoriincontro almi- sticopellegrinocheviene dilungoviaggio «anziche entrinella porta della sua città» (Con., IV, 28),si

raccolgono ora qui in celestiale consenso, nell'esta- ticaloro visionedella divinaluce.Ora quelle appari- zioni inferiori dicodestefiguresantealmistico viatore eranounsensibilesegno d'unmisterosoprasensibile, significando igradi diversidellabeatitudine,nascenti dalla ineguale perfezione del conoscimento e del- l'amore. Bene avevadetto Pier

Lombardo Donius

est una, scddiversitas estibi niaitsioiiutn. Iprimi nove

cieli eran simboli necessari a comprenderela realtà dellecose che dovevanoa Dante disvelarsinell'Em- pireo; allegorie diquanto l'uomodi gradoingrado

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può conseguiredi conoscimento, di amore,di beati- tudine,fino all'ultimo loroadempimento. Dalla zona

findove sistende l'ombradella terra, econ essa, nei trecieli inferiori, gl'influssi terreni sulla vita del beatispiriti i quali indulsero in qualche

modo

ora all'incostanza,ora alla vanagloria, taloraall'amore, trasvolando poiaiquattrocielisuperiori,contrapasso allegorico forsedalleartidel trivio aquelle delqua- drivioo,

come

altriha pensato,*dallevirtùteologali inqualche parte manchevoli inqueibeati,allecardi- nali,trasvolandoaicielisuperiori, dico,dove lasciata l'ombra della terrasi graduala perfezione della vita attivae della contemplativa, quella preludio aque- sta,

come

questaalla visione diDio, l'anima rappre- sentativa di Dantepel tramite deidue cieli supremi checircoscrivano le sfere deipianeti,e manifestano l'opera della redenzione dell'

uomo

(il cielo stellare) el'azione delleintelligenzecelestisull'universo(primo mobile), siaderge all'ultimocielo,l'Empireo,ilcielo di fiamma,ilcielodeicieli,ilsoloveramente abitato e vivente,lasede vera di Dio,

come

aveva dettoil

Salmistaquando conaccessafantasia cantava:«Le- vata 6la raagnificienza tua sopra i cieli», ovvero:

«Celebrateil Diosignor nostro cheascende alcielo deicicli».

In codesto veramente Paradiso, oceanodi lucein- tellettuale piena d'amore,in cuiil poeta,

come

ichc- rubi, s'abbeveraalla riviera luminosa che discende dallemagionieteree, e può contemplare gli esseri santi nellaloroformaspirituale, nellasembianzaglo- rificata di ciòcheessieranosulla terra, fiorisce l'au- lentissima rosa dei santi. Il fiume di luce, il miro gurge, avevainsensibilmente mutata figura dinanzi

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agli occhi del poeta inebriatoditanta visione. Siera pieg;ito dapprima in cerchio o «disteso in circular figura»:

cosi

mi

parve disuaiKìighessa divenutatonda,

simbolciigiandoilritorno dellagrazia divina allasna sorgente (Gardner), ovvero l'oceano dell'eternità in cui confluiscono i rivideitempi (Perez). Poi via via che il poeta lesi appressa, prendeforma di fulgente anfiteatro, dirosa sempitei"na e candida dalleinnu- merevoli foglie viventi,

ma

divisa in due corti cele- sti, i due banchidel fiore,cioè ibeati dell'Antico e del

Nuovo

Testamento.

Oraè bello,senza dubbio,eseducenteilsupporre, secondo han fatto ilD'Ovidio edaltri,s

chea

questa immaginazione Dantefosse condettoda un proposito dimistica

ammenda

e dipenitenza,per averenelpe- riodo del suo giovanile traviamento,traducendoori-

ducendo il

Roman

dela Rose, nel suo

poema

ilFiore, cantata una rosa impudicae profana: allaquale qui nel Paradiso,

ove unpittoregiottesco senonGiotto

medesimo

l'aveva forseraffiguratoportante unfiore fra glieletti,

vuol contrapporre, inespiazione del suotrascorso,una ben altra eodoriferarosa, la rosa spirituale dei santi.

Ma comunque

sia di ciò e dell'ap- partenenza, n.olto dubbia, del Fiorea Dante, ispira- zioneintimaesuggerimentoacodestaimmaginazione

glivenivadallastessastrattura idealedi tutto il suo Paradiso.

Come

la linfavitalesaliente superlo stelo si raccoglie, quasi in ultimo atto di vita, al vertice del calamo ove spunta il(iorc,cosfisanti,gi;idiscesi dai loro troni superni ad incontrar Dante, risalgono

(12)

-

10

-

per riprendere le loro sedi e formare la vita del su-

premo

fiore di luce. Dicotal rosalasovranaèMaria, che la Chiesa appunto chiamavarosa mystica;ed è ragioneche «labeata corte» prenda Tormaenatura dalla parvenza simbolicaattribuita alla regina, che

lagoverna

come

inunacorte d'amore celestiale;di guisachéla rosa taloranonsia tanto ilsimposio dei santiquantolaVergine

medesima

[Piirud., xxni,73):

Quiviè la rosa, in cheil Verbo divino carne sifece;quivison ligigli, al cuiodorsipreseilbUon

cammino.

Onde

le imaginidella rosa e del giardino celeste Cliesotto i raggidi Cristos'infiora e sidilata

Come

ilsolfala rosa

{Farad., xxii,56).

si alternano e talora s'intrecciano e sifondono.

Al

che gliera non pure suggerimentoladottrina della Chiesaperla quale Cristo èil fioredel

campo

eil

giglio della valle,ela misticarosa, che èMaria, sim- boleggialaChiesa,lasposa diCristo ela

madre

dei santi, bensì' esempio gli offriva lo stesso suo duce nell'Empireo, san Bernardo; ilquale,

commentando

il Cantico deicantici, e traendo,con laChiesa, a si-

gnificazionespiritualeisensiardentid'amorediquel- l'anticoepitalamio, nelleparoleìtortiis conclnsiises, soror,

mea

sponsa, vede appunto simboleggiato il

giardino paradisiaco «oveè la plenitudine dei fiori spirituali, eil culto degli aromali celesti.

E

in que- st'orto tu, buonGesti,discendi voler\tieriper ripo- sarti nelle aiuole degli aromati, coltivarle e custo-

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11

dirle».*

E

seDantedice «lamiliziasanta> sposa nel sangue diCristo,non altrimentiavevadetto san Ber- nardo che

Gesù

stilla nelleanimesanteondeè costi- tuitala sua sposa celeste, cioè l'Ecclesia divina, la rugiada e ilmiele dell'amor celestiale, dacui poi la suggeranno gliangeli.' «Ifiori hanno, scriveva già l'abate di Chiaravalle, una triplicegrazia: lo splen- dore, lasoavefragranza,lapromessadel frutto».Ora nei santi fioridel cielo,eduniti in unfiore digrazia

Che

si dilata, digradaeredole odordi lode al Solche

sempre

verna, sono serbati questitregradi di felicitàche la Scola- stica attribuivaagli eletti: laluce intellettuale,cioè lavisione intellettiva di Dio; l'amore che neè con- seguenza e siesalain «odor dilode»; la letizia su-

prema

che esulta nel possesso del

supremo

bene.

Apriamo

ora riverenti quest'arca ricolmadi

gemme

preziosequal èveramenteilcanto

XXXI

delParadiso.

Della rosa aulentissima di Paradiso Dante aveva descrittagià la parvenza ela figura.Oras'accinge a rappresentarne la vita.

A

significar la quale eccosoc- corrergli la vaghissima

immagine

degli angeli di- scendenti,

come

api, nelcalice del fioreo nel giar- dino fioritodi Cristo, erisalenti a Dio quasi a loro alveare.Imagine, laquale non è senzauna remini- scenzavirgiliana e unalontana eco omerica,

ma

che

icommentatori, passandosi l'un l'altro il richiamo, derivanoda un luogodisant'Anselmo,anziché,

come

io credosidebba,da unaltro, moltopiù conveniente a questo canto, di san Bernardo; dove all'apisono rassomigliati coloro «che sulle ali della contempla- zionepossonotrasvolarealgiardinodelle delizieove

(14)

-

12

-

trovano ladovizia dei fiori spirituali, i fiori del pa- radiso il cui giardinoèCristo».*

Senonché alcontattodellagrande animadi Dante codesta imagine appena adombrata diviene cosadi-

vinamenteviva: everamentesipotrebbe dire quidi lui,

come

deldivino Platone favoleggiaronogli Ate- niesi,che le api dell'Imetto avesser deposto il loro mielesulla sua bocca; tantane eralagrazia e tanto ne fluivano.

Più

chemeidolci d'eloquenzaifiumi.

Di quantola poesia avanzi le arti disegno nella efficacia raffigurativa e nella potenza di esprimere

l'attodi vita,puòesser qui testimonianza il raggua- gliare a questa dantesca rosa paradisiacail Paradi5;o figuratodagli antichipittori.Piùancora cheinquello giottescodellaCappella delPodestà,nell'altro gran- dioso dell'Orcagna,o megliodi

Nardo

di Clone, a Santa Maria Novella, gli angeli sono interposti fra l'uno e l'altro santonelleschiere celesti,o

come

in quello dell'Angelicosi

muovono

fra i beati nelle pra- teriefiorite ed aulenti delcielo esi aggirano trai

verzieriin fiore osannandoinun

comune

concentoa Dio.Cosiinun'altrafigurazioneartistica ispiratada questa visione dantesca,nellapaladatageneralmente alBotticelli,l'illustratore diDante,ornamento ede- coro della Galleria Nazionaledi Londra,in circoliri- spondentiainove cicli inferiori del Paradiso dante- sco,i santistanno frammisti agli angeli,cooperatori di queste intelligenze celestiali nel celebrare laVer- gine assunta:mentresoliiserafici inardoresilibrano al di sopra, quasi

immuni

daicontatti mortali.

Ma

in Dante gliangeli nons'allineano coi santi;néstanno

„U-

(15)

13

-

quasi custodialloro fianco, bensì'sono l'anima stessa delfiore,ilfioreviventedella vitaangelicata,larosa paradisiaca. Questisciami diapi celestiali, gliangeli, sono,difatti,incontinuomovimento. Gi'innumerevoli petali dellarosasanta, i beati, accolgono queste di- vine pecchie calate nel calice del fior diParadiso, che indi risalgono con perpetuoritmo a Dio,

come

l'ape all'alveare «làdovesuo lavoro s'insapora».

La

vita ètuttaimpressainquelle locuzionimirabilmente dense edincisive. Nellaparolaomericanemicai l'atto delle api che si posano suifiorièancora

vagamente

significato. Più pittrice espressione è l'insidniit vir- giliano.

Ma

l'evidenza delverbo dantesco «s'infiora» cui rispondel'altro «s'insapora», quasidue

momenti

dellavoro squisito,avanza tutte le altre.

E

laconvenienza dell'imagineallacosa è quiper- fetta. Se l'ape,difatti, dà unaspecie disecondavita, disignificazione nuova, aifioridelprato; le api an- gelichedi Dante avvivanoil fiore deisanti colloro perpetuo saliree discendere «ventilando il fianco»;

e coU'agitare l'alid'oro danno l'imagine d'una vita inesurabiledi unpalpitoeterno inquell'acre diluce intellettuale ed'amore.Tutto questo popoloalato delle api,che vaaliando sullaterrafiorita,cosiesattonella suaopera e guidatodaunistintoprofondo,sinutredi calore, di luce, e di ciòche v'hadi piùpuro edipiù squisito nella natura,l'anima dei fiori,cioèilsorriso piùevidente dellamateria, e la sua tensione più ar- dente versola felicitàe labellezza.Cosileangeliche api scendendo nel calice della rosa santane pene- trano l'animainnumerevole, raccolgonoilsucco del- l'amore e delKi preghiera per recarlo al divino al-

(16)

Ss

14

vearc, onde discende per esse l'ardoreperenne ela

paceche le sazia.

Ancora. Sele.api provvedono ilmiele fragrantee laceraodorosaall'uomo,piiiancoraparechiaminola suaattenzione sulla letizia dellastagione bella,ene facciano gustare la grazia. Tutta l'opera loro ècon- giuntaallapuritàdei cieli,alla festa deifiori,alleore dell'anno più ricolmedi beatitudine. Senzale api,ha scritto il Maeterlinck, la stagione della vita perde- rebbeunodei più fervidisegni. Esse, difatti,ne as-

sorbonoenediffondonolefragranze, trasaliscononelle mille vibrazionidellaluce;eilloro volo,eil «

rombo

dellearnie», è

come

l'indice musicale ditutto ilmi-

nimo

fremito della vita insonne, la voce più intima dellanatura magnifica. Tali nella eterna primavera del Paradiso simostrano aDante, nunzidi vita edi beatitudine, gli angeli; anch'essi,

come

le api, tìgli dell'azzurroprofondo deicieli; miliziache cantaed attingeda Dio laletizia ultrasoave e ladiffonde fra

i santi;mentre la preghiera dicostoro, che formail

profumo della rosa, si leva quasi incenso verso il

santo dei santi.

E

Dante continua a cesellare questa rappresenta- zione conquell'amoreonde ungiorno alluminavacol pennellogli angeli d'oro, che sotto la sua

mano

si trasfiguravanoin Beatrice. Descritta che hala vita, descriveora figura,i radiosiediridescenticolori di questo

nembo

divino, che vabattendo le ali intorno all'anticodeigiorni.

Le

reminiscenzebiblichediEze- chiele e diDaniele,di solitoqui addotte, e più quella dell'Evangelio,ove l'angelo sedentesulsepolcro del risorto ha vestimenti

come

di neve, si fondonoqui inuna formavivente.Allegorica significazione hanno.

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15

certo,i coloridegli angeli.Forselafiamma viva èla carità; l'oroèlasaldezza;ilbiancoèlapurità.Forse altrisensi riposti vi sono.

Ma

l'evidenza del quadro èciò che a noiappare piùluminosoe vivoinquesta descrizione del giardino di Cristo.

Non

il Manzoni soltanto, quando dell'angelodellaresurrezione canta

Era

folgorel'aspetto, era neveilvestiìuento,

ma

fraAngelico

medesimo

aveva già forse dinanzi al pensiero l'imagine dantesca quando colorava gli angeli d'oro,sonanti l'arpa e il nablio, dall'ali iridi- scentied occhiute

come

di angeliche farfalle.

Dalcentro inferiore della rosa

immensa

ove tro- vasi Dante,finoagli estremi petali, l'aere èfoltodi questo stuolo d'angeli trasvolanti,più che non fosse la mistica scalad'oro,simile a quelladell'anticoGia- cobbe,daluipurdianzicontemplata.

Ma

questadensa nube non

adombra

lavistadel poeta.Tanto èl'irra-

diamentodiDio, che le formeangelichesono traslu- cideper lagloriadi lui: elospazio cheoccupal'in-

numerabilemiliziaalala,mentrefervel'operad'amore nell'alveare divino,apparelibero epuro: imperocché quella gloria che diversamente penetra e risplende per l'universo epei cieli, quinell'Empireo rifulge immacolata e perfetta. Attratte dalla divina luce,

come

nellefigurazionipittorichedeigiotteschi, tutte lefacce deisanti «dallebianchestole»,giusta l'ima- gine ùcWApocalisse, stanno converse ad unsegno, tutte intente odassorte nella visione ineffabile.

A

quellatrinalucescintillante in una unicastella,

che poi vedrà in unultimo conato dell'anima,

(18)

16

Dell'alto

lume

parz'cmitre giri, ditre colori e d'unacontinenza,

guarda pure Dante; ela invoca quale faro sul tem- pestoso

mare

diquella vitaumana, dicui la sua era imagine bendolorosa.

Lo

stuporeondeora ècoltonon èparisoltanto a quellodelmontanaro ches'inurbain

una

città qualsiasi,

ma

aquello del barbaro nordico chemette i piedi per la prima volta nellaeterna

Roma. Ma

segli abitatori delle regioni

Cuil'Orsa algida

preme

meravigliarononel vedere l'alma cittàdi cuiil sole nessuna cosa maggiore illustra, edi meraviglia fu compresoVirgilio

medesimo

allavista mirifica [Georg., II,534),ben maggiore dovevaessere quella diDante che dalsoggiorno degli uomini saliva a quello dei beati,dalla

Roma

terrena alladivina

Roma

dell'eter- nità,

E

di Fioretiza inpopolgiusto esano.

Verso questo, se altromai, flagellatore dellapatria

immemore

esconoscente, tanto più ingrata,

come

egli dice,quanto piùamata: forse,secondo ha ben notato unchiaro dantista inglese, il Moore,9unadelle cose più

amare

che Dante abbia scritte mai:

ma

certo estremasua imprecazione alla città natale.

Anche

lassù negli ultimiverticidel Paradiso, nel regnodella pace e deisanti, l'ira

magnanima

del- l'uomodi parte, del cittadinooffesoereietto,difatti,

nontace.

E

dilassù scagliaquest'ultimostrale allapa- triaingiusta e perversa,

come

unsaettatore implaca- bile eviolento. SeilFoscolo disseil

poema

diDante

il

poema

dell'ira, l'ira di questo nuovo Achille che

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17

è insiemeOmero, ebbe forsela mente a questo per- sistere dellanotairacondalungotutta la trilogiadan- tesca.

Anche

nellacanticad'amore e di pace [Para- diso,

XXVII,

57), l'ira

divampa

ad ora ad ora vee-

mente

e scoppia quasi folgorechecipercuotedi stu- pore e di timore. All'udire la vorace avarizia dei prelati dallaboccadisan Pier

Damiano

tuttii santi delsettimociclolevanoungridorumoreggiante

come

tuonoper l'aere.

E

gli accenti d'ifa siripercuotono nelle parole disan Benedettocontro i monaci dege- neri;e piùs'accendedi santosdegno la maledizione disan Pietro contro apapa Bonifazio eai pontefici simoniaci e contaminatori. Perfino Beatrice inveisce contro la cupidigiadei mortali,e chiudeilsuo dire col terribile moaitocontroClemente V.

Ma

quil'ira riveste forma d'amaraironia, erompente improvvisa ed inattesa,

come

sguardo che lampeggicorrusco in

mezzo

ad una scenadi letiziae di pace.

È

l'ultima scuriada di Dante aisuoi fiorentini,l'ultima freccia che scoccaalculminediunatripliceantitesi(l'umano contro il divino, il tempo contro l'eterno, Firenze controunpopolodi giustiedi santi), laquale viene, per figura di ripetizione e con una specie di pro- gressione cromatica,

come

intensificandosi e conver- gendoverso quest'ultima

amara

comparazione,quasi fiore dimale chedaunvirgultofloridospuntisulver- ticepieno diceneree tosco,

come

le mitiche rose del lago di Asfaltide.

Senonché il lampo d'ira è breve: eDante torna allapacedellasuavisione mirifica.Aspettisanti,sua- dentila carità, che rifulgono all'amore riflessodal lume divino,atti adorni dionestadecenza; tutto ciò vedeora discorrendocogliocchi mortalipeigrandilu-

(20)

18

minosi del fioredifuoco, ora volgendoli in giro;non tanto compreso di meraviglia, secondo aveva pur dianzisignificato noli'imagine delbarbaro nordico venutoa

Roma,

quanto intentoa fermarenell'animo suo i particolari del magnifico quadro che gli si spiega dinanzi. Al primo stupore succede,difatti, il

desiderio d'imprimersi benenella mente le meravi- glied'uno spettacolo grande.

A

significare il quale statodell'animoecco soccorreuna similitudine,che dallaprecedentescaturisce più intensa:l'imagine del pellegrinotuttoraccolto neltempiodelsuovoto,ove giunto dopolunghi stentie faticoso cammino,

come

il «vecchierel canuto ebianco» delPetrarca, nota collamentevigileogniparticolare,perriferirnepoi al suo ritorno,neiraccontichenefaràaisuoicariaspet- tanti.

Non

eraanch'egli, Dante,unpellegrinocheora trovavasi accolto nel tempio votivo dell'anima sua grande?

Ahimè

! cheegli,ilpellegrino,nonpiùnuovo oramai, non torneràin patriaa narrareai suoi cari le meraviglie del tempio spirituale da lui visitato.

Le

dirà invece, in questi postumi canti dell'ultimo Paradiso,atutti i tempi eatutte le genti.

Dante aveva trascorsele sfere

come

in uno stato d'estasi, senzafermarelavista inalcuna parte senon quando Beatrice ve l'avevarichiamato. Ora,tutto in- tento allacontemplazione deltripudiocelestiale,non s'avvede che intorno alui sirinnovalascena del Pa- radiso terrestre, lasostituzione della nuova guidaal- l'antica; nons'avvede del volosubitaneodi Beatrice a quel terzo giro della rosa, che forse nonè senza qualche attinenza, secondo notaun chiosatore mo- derno, con l'immaginazione della VitaNuova, oveè detto chelasuadonnagli apparve

come

un miracolo

(21)

19

lacui radice è la mirabile Trinitade. Al suo fianco staoraBernardo,ilDottor mellifluo"(forsenonsenza relazione conla imagine precedentedelle apimelli- fere),il santo sene,il qualenon gì'ispirasoltanto la riverenza,

come

Catone apiedel Purgatorio,sianche tenerezzad'amor filiale.

E

con luilavirtù dellacon- templazionesottentraallateologia,scienza discorsiva eraziocinativa, incapace da solaa sospingerlo verso l'ultimosegno;poichédelle due coseche gli occor- ronoad attingere lavisionebeatifica,l'eccesso di ca- ritàel'intercessione della Vergine,nessuna può de- rivare dal solointelletto;esesuppongono lascienza divina, da essasolanondiscendono.

Ma

Beatrice, che anchein vestedi allegoria teo- logicanon aveva mai perdute, sola fra i beati,le

sembianze

umane,"

elungotuttoil

cammino

deicieli le aveva serbate nella crescente bellezzadell'occhio edel riso,inquestopuntocessaanche d'essereastra- zione e simbolo,eritornainteramente donna.

È

que- stal'ultima bellezza veramente

umana

che rifulga nella terzacantica. Dante ad un trattoò desertodi lei, che inaspettatamentesi è, non dileguata

ma

di- lungata.

Ma

se nella divina foresta delParadiso ter- restre,abbandonato da Virgilio,

rompe

nel suola-

mentosconsolato, ora invece, nel Paradiso celeste, dopo che Beatrice l'ha lasciato

scemo

disé, non ha che unasubitaneaesclamazionedistupore. Eglièche Dante trovasi ora nelregnodella beatitudine e della pace,e lasua

mente

èassortain Dio, terminee se-

gno

diquesta sua terza peregrinazioneoltremondana.

Uditodal suo nuovo

compagno

ove ella è, leva gli occhisenza far motto e la vedeincoronatadi luce e digloria divina;dital corona,dunque, cheera,

come

(22)

-

20

-

ei sapeva dasan

Tommaso,

segnodi premioe di per- fezione.

Dal fondodella rosa ov' è Dante agli ultimi giri dei petali santi ladistanza è immensa.

A

suggerirla all'immaginazione nostraDanteritrovaunadi quelle comparazioni cosmograficheda cui l'immaginazione è percossa

come

daunavisione disublimitìipaurosa e quasi smisurata. Ricordo in unframmento di una giovanileopera perdutad'Aristoteleun paragonecon- simile.

A

noi pare, dice il filosofo greco, d'intrave- dereuncielo piùluminoso ed etereoal di sopra dei nostricieli, laverapatria delle anime,

come

ipesci natanti nelleonde marine o nei laghi possono intra- vedere laluce dellanostra zona atmosferica attra- versola tenueed umbratile trasparenzadelle acque.

Similmenteè quisignificata l'altezzadellacoronadei santi

come

quellache èmaggioredelladistanza che corre dai ceruli abissidel

mare

allaregionepilialta delnostro cielo, la regione dei

nembi

edelletempe-

ste.

E

nondimeno,in questa traslucida atmosferadel- l'ultimoEmpireo, l'occhio diDante, deterso e fatto spirituale,discerne nitidal'effigiediBeatrice,nonpiù astratto simbolo,bensfdonnaviva.Qui,nell'Empireo,

ibeatisipresentano aDante per singoiargrazia, ve- stitidelle«bianchestole»,

come

nell'Apocalisse,quasi avessero giàripresi

quelli aspetti che tu vedraiall'itit

ima

giiistisia,

come

ladolce ecaraguidagliavevapreannunciato, dopochéDante ne avevaespresso«l'altodesio» asan Benedetto.Quiè,difatti,cheperlaprimavoltaDante vedevestiti gli spiriti di loro imaginc corporea; e

(23)

21

quiècheanch'ellariprendeilbiancovestimentodegli altribeati,eritorna,perciò, pienamente donna nella formadi gloria.Si è,trasvolando,dilungatadaDante oramai per subita distanza,nonvelandosiperò

come

glispiriti delcielo diMercurio.

Ma

l'animadiDante

sitende tutta verso dilei già lontana, conl'anelito dell'amante, e si effonde in una orazione magnifica, la quale,sebbenesi riferisca allaBeatrice oltramon- dana, negli accentidi lirica religiosa e nell'alata ele- vazione mistica onde è tutta commossa,tradisce an- cora l'impeto passionale dell'amante e riconduce il

pensiero ai cari elontanigiornidell'amoresuo giova- nile,narratonellaVitaNuova.Ella,discesa nel

Limbo

«per porger piangendo li preghi suoi» a Virgilio, hatratto Dante daquella che Paolodisse la schia- vitù del peccato edellacarne alla libertàdello spi- rito,e l'anima

ammalata

harestituita allasalute ealla vita.

E

cosi l'hadispostaall'ultimo volo dellavisione.

Se, difatti,leparolefinalidiquesta eulogia dell'amore trascendentediBeatrice

sembrano

alludereallamorte corporale,al transito della vitamortale all'immorta-

lità, il senso figuratorichiama aciòchePlatone già diceva «morte filosofica », e il

Nuovo

Testamento chiamalavita eterna nel tempo, cioèlasublimazione della vita dell'animanella contemplazione divina.

A

cominciaredal transitodell'Acherontefinoa chenel- rEmpireola Vergine «gli dislegaogni nubedisua mortalità», Dante perde via viaalcunchédelsuoim- pedimentocorporeo: e il poeta ha cura di notare lesoste di questaprogressiva liberazione,cosi bene studiate dal Pascoli." Nei nove cicli sottoposti egli aveva contemplata la divinità nel

modo

consentito ad un essere vivente.

Ma

poiché niun vivente può

(24)

-

22

-

aver l'immedialo intuito di Dio,cheèvedutononpiù per speailumin aenigmate, bensì faccia a faccia,'3 deve pure intervenire, in quest'ultimavisione,alcun- ché d'analogo alla separazione reale dell'anima dal corpo.*Tuttalamistica neoplatonicadeiVittoriniche potè tanto sullo spirito di Dante,intelletto aristote- lico

ma anima

naturalmente platonica,

come

dopo l'Ozanam ben dimostra ora il Gardner, dipingeva

come

una mortefiguratalostatosuperioredellacon- templazioneestatica, il più eccelsosegno che essere

umano

possa attingere: ene era mistica figurazione Rachele,laquale

muore

nel dare alla luce Benia- mino, quasi asignificare che lamorte dell'involucro corporeo èveravitadell'anima.'s

E

Dante coronal'opera sua con l'ultimo attod'a-

more, ilsorriso.Fornita cheeglihalasanta orazione, Beatrice,pur si lontana, di lassù, dall'altissimo dei cieli,sivolge a riguardarlo e sorride: e Dante pur datantadistanza coglie quellosguardoe quelsorriso, quasi ultimo fiore chegli getta quell'anima amante.

Meraviglioso tocco questoveramente. SoloLeonardo nel dipinger la Gioconda potè fermare questo fug- gevole moto, questo brivido dellavitachecorredal-

l'anima agli occhie allelabbra, il sorriso, con al- trettale efficacia.Balenatoquest'ultimo sorrisoumano, ecco il mistero profondo riavvolge la figura della donna, tutta dinuovo assorta e profondata nella luce divina.

Poisitornòall'eternafontana.

Versomeravigliosose altromai,che nel largo ritmo dellasuaaccentuazione pare indicareilgettoperenne diquelle che Sofocle le dissele «fontiinsonni», esi

(25)

-•23

-

distende eprolungasi nel pensiero nostro

come

l'eter- nità.

Resta oramai da sciogliere l'ultimo volo a cui l'animadi Dante agogna,liberataidealmentedalcar- cere del corpo: e quest'ultimo atto èlafinale visione diDio, cheè, anche secondo l'Aquinate, la perfetta beatitudine:

ma

allaquale nonpiù Beatrice, bensìil

nuovo

compagno

loinvita edispone.

Quali ragionimovessero Dante adeleggere per sua ultimaguida il santo di Chiaravalle, non è malage- volecomprendere.'^San Bernardo rappresentavain altamisura tutta lapoesia elaintensa pietà delcri- stianesimomedioevale; e dalla mistica operasua era discesounlargo fiumediliricareligiosaintuttiquei magnifici inni sacri, che dall'inno dellaresurrezione di PietroVenerabile sicontinuanofino al^tonanteed apocalittico Dies irae, chelacriticaoggi inclina ad assegnare a

Tommaso

daCelano.•'

Ma

poi due pre- cipue ragionidi quest'ultimo ufficio significa Dante

medesimo

allorché dice:

Tale eraio

mirando

lavivace carità dicolui, die in questo

mondo,

contemplando,gustòdi quellapace; ed inoltre,

E

la

Regina

delcielo, ond'ioardo tutto d'amor, ne farà ognigrazia, peròch'io sonoilsuofedel Berìiardo.

Ad

elevare l'animaalla visione di Dio non basta la teologia, scienza discorsiva, di cui più non ha d'uopo nell'Empireo.L'anima impenna le ali evola

come

Beatrice; e le ali sue sono l'intuito mistico e l'estasi contemplativa. L'autorità temporale sotto la

(26)

-

24

-

veste dellafilosofia, impersonatain Virgilio, l'aveva tratto dalletenebre dellavita terrena.L'autoritàspi- rituale,per

mezzo

della scienzadivina, cominciando sullaterra conla speculazione sulle cosesovranna- turali,lo avevapoi condottofinoalregnodivino.

Ma

codesta istruzione anagogica, codestoitinerariodella

mente

culmina e si compie solonell'immediata in- tuizione di Dio e in un subitaneo rapimento del- l'anima.

Ed

ecco chesan Bernardo,inquesto ultimo atto del

dramma,

rappresenta codesta virtùpiù ec- celsadell'anima inebriatadi luce edibeatitudine.

Ed

è ragioneche larappresenti, perché la sua dottrina puntualmente vi corrisponde. Nel progressivo avan- zare dello spirito versola verità, tre gradi o stati aveva distinto il Dottore chiara vallcse: l'opinione, che rispondealla scienza umana, la fede, o scienza divina, e piùalto Vintcllectiis, la condizione finale ondela

mente

consegue il pieno ed assoluto conosci-

mento

delle invisibili cose.'^ Pervenutaa questose- gno, l'animanonpiù discorre per gradi o ascende,

ma

silevadi tratto {excessusnon ascensiis)'9 quasi ra- pitanellaestasidella contemplazione intuitiva,edi- veltaoramai da tutte lecondizioni e le limitazioni della vita

umana." E

questa contemplazione divina che anche per

Ugo

di San Vittore comincia in que- sta vita esicelebra nellavita futura,=' Bernardode- scrive

come

un fuoco dicui la

mente

s'incendia nel desiderio di Dio,"

come

unraggio della sapienzadi- vinache cigiunge e c'investeper suggestione ange- lica=3 oper condiscendenzadel

Verbo

all'umanana- tura;"4e pelquale,eccedendoessola misurad'ogni mente, l'anima individua siconsuma,

come

siconsu-

mano

gli angeli.=5

Ma

infondo a questo ardorecheaf-

(27)

25

loca l'anima, ellaritrova quellapace che Dante ri-

corda;imperocchéèunavisione chemolce l'anima, che sedaetranquilla ogni senso ed ogni desiderio appaga.Contemplare laquiete di Dio è l'acquetarsi dell'animai^ e sparge su leiquasiun

aroma

celeste.

L'altra ragione, indicata da Dante, erala devo- zione ardentedi Bernardoper Maria.

Uno

deipiùre- centistoricidell'opera edeitempidell'abate diChiara- valle, l'inglese Storr,=7 osservògiustamente cheque- sto

amore

gliera suggerito dall'affetto non maive- nuto

meno

inlui perlasua madre.

Come

afraJaco- ponc, iltrovatorediDio, cosia luiilricordoamoroso della ineffabiletenerezzamaterna ispiròed alimentò

ilculto perla

madre

diDio. Sidiceva anzidiluiche avesse potuto suggere, per cosi dire, col latte lade- vozionealla Vergine.

Una

cara e squisita leggenda, immortalata poidal pennello del Murillo, raccontava che lasua tenerezzafiliale verso la

madre

di

Gesù

avesse avuto un miracoloso premio. Narravano che un giornolastatua della chiesadi Saint-Vorles, di- nanzi allaquale egli stava orando, si animasse nel punto in cui, recitando l'Ave maris stella, pronun- ciava le parole inoiistra te esseinatrein: e che la piena digrazia,

comprimendo

ilsuo colmo seno ma- terno,aveva fatto sprizzare sulle labbra del suo de- voto tregoccedi quellatte che ungiornoavevanu- trito Gcsù.=*

E

un inno del tempopieno anch'essodi un simile profumospirituale raccontava che da que- sta divinaaspersione venisse aBernardo lamcllillua soavitJidella eloquenza.

Qiiaeris itiidediixit ortitiit tantalactis copia lindefavus,

nude prompta

(28)

-

26

-

tanta mclìissuai'itas,

nude

laìitum

manna

fluxit, linde totdulcedinis:

lactis inibres niatnma Judit virginis pìierperae.

*

E

veramentetuttigliscrittidilui,especie il Ser- nioìtea leidedicato, il

commento

al SalveReginae loscritto allegorico

De

Aquaeductu, riboccano di cosifiammante adorazione perlaeletta frale donne e per laverginale maternitàpiena di grazia, danon cederla in impetolirico se nonal meraviglioso can- tico delMagnificatnell'evangeliodiLuca.

Non

vi ha dolce imagine del Cantico dei cantici ondela Chiesa abbia redimitaladolcefanciulla di Jesse,che non gì'ispiri pagine ardenti di devoto fervore. Ella è perlui il tramite onde dall'eterna fontana scende a noi l'acqualustraledella graziache cidetergeda ogni colpa. Ella è il tronodi Dio, la scala degli an- geli, la rosadiJerico;il pozzo d'acqua purissimo, il

rovoardente; l'arca dell'alleanza; l'ortochiuso delle delizie divine; il castello altissimo, la pietra ango- lare,il cedro del Libano.

È

la scaladei santi,la gloriadei giusti, lo specchio d'ogni perfezione, il

tabernacolo eil talamodi Dio;l'urnad'oro, ilgiglio delle convalli.

È

la terra promessa,lapalmadel de- serto, lacolonna del tempio, la sposa e la figliadi Dio.33

E

cosile laudi della Vergine continuano con unaprofusione d'imaginid'unaricchezza e d'unama- gnificenza veramenteorientale.

Non

è meraviglia quindiche ilpoeta, ilqualescio- glierà poi uninno cosi alto alla Vergine madre, al cui paragone impallidisce anche quello che le inal- zeràilPetrarca, s'affidiacodesto santoche ebbenel-

(29)

-27 -

l'anima tanta poesia perla nostraDonna, acoluiche abbelliva di

Maria

come

delsole stella mattutina.

{Farad., xxxii, 107).

Anche

un antico poeta inglese, contemporaneo di Dante, ilChaucer,celebròilsanto

medesimo

per quel suo culto.

And

thotithat flour ofvirgines artalle of lahom tliat

Bernard

listsott'ell towryte.

(The Second

Nonnes

Tale).

Ma

Dantescolpisce inlui veramenteil fedele ca- valieredi Nostra Donna.

Con

qual nobile orgoglio eglisi vantadella sua fedeltà e sudditanza

. ... iosono ilsuofedel

Bernardo

!

Come

egli si tien sicuroche laRegina diquel santo regno,la

dama

di quel nobilecastello, gli concederà nonsolo quella special grazia,

ma

ogni grazia:

E

la

Regina

delcielo,ond'ioardo tuttod'amor, nefarà ogni grasia!

All'udireil

nome

delsanto cavaliere.Danteècom- presoditenerezza devota,edeicontemplandol'amore fervente delsantoduceperlaReginadei cieli,siras- somigliaper la terza volta ad un pellegrino.

È

un altropellegrinoche va a

Roma.

Il primoera unbar- baro nordicoche rimaneattonito dallamagnificenza dellaeternacittà.Questo èunpcllcgiinodevoto che viene a vedere,perla perdonanza,ilsacrolinteoove ò l'effigiedi Cristo; e

come

diràil Petrarca:

(30)

E

vienea

Roma,

seguendo 7desio, per mirarlasembianza di colui ch'ancor lassù neldelvedere spera.

E

conquale affetto eiricercal'imaginc santa! Il se-

condo pellegrino si ricreava solo riguardando nel tempiodel suovoto, ondepoterneriferireaisuoilon- tani.

Ma

questonuovopellegrinopunge un

amore

più ardente,undesiderio piùinsaziabile.

E

con impeto d'amore,non credendoquasiaipropriocchi,sichiede ansiosamente:

Signor

mio

Gesù Cristo,

Dio

verace, or

fu

siffatta la sembianzavostra ? TaleèDante che noncrede a sé stesso nelsen- tireora chi èil «santo sene e a quale altissimouf- ficios'accingeperlui.

E

poiché questiglieloingiunge, ei levagliocchiversoglialtigiridellamistica rosa:

e

come

nell'auroralaluce che cresce ad orienteva digradandose l'occhio giri verso occidente, cosi in questo cieloluminoso dei santidiscerne all'estremo verticeunairradiazione più vividadinanzi allaquale impallidisce tuttal'altra luce del santo concilio, che è l'insegna del Dionon degli eserciti

ma

deglian- geli,e l'orifiammadi questa santa milizia dipace.

Orain quel centro ove s'avviva laluce e vince di

lume

tuttal'altrafaccia della rosa, siedeMaria,lase- conda

Eva

che lavò la fatale colpa della prima, la donnaeletta di Dio.

Cosi questa visione diMarianelcentro della glo- ria celestiale,nel sorrisodellalucedivina, è quasiin Dante unrivestimento poetico dipensieridisan Ber- nardo. Ella,

come

nellacanzone petrarchesca, è detta qui esser vestita di sole,

come

coleiche è penetrata

(31)

-

29

-

nel profondo abissodella sapienza divina: talchésta

come immersa

nella luceineffabile. Dalfuocodique- sto sole sonopurificate edispiratele.labbra deipro- feti, ei serafini accesi in fuoco d'amore. ÌMa ellane è

come

tuttacirconfusa, a quella guisachenell'ottavo cielo il nunzio angelico, Gabriele, avevafatto di sé coronadi fuoco intorno aMaria; ea quel

modo

che nell'ora solenne del suo mistico concepimento, se- condole erastato annunciato, la potenza dell'altis-

simol'avevaadombrata.

Oramai

Dante sachesola la piena digrazia darà alui, perlapreghiera ardente delnuovoduce,quella disalireal termine eccelso della sua ascensione ce- lestiale.

E come

il canto siera apertocon la visione degliangeli animatori dellarosasanta, trasvolantia Dio e discendentidalui,cosisichiudeoraconquella, più luminosa ancora,delle coorti innumerabili d'an- geli che inquella radiosa luminositàvanno roteando e torneando,distinti difulgoree di canto,intornoalla loro deliziasanta; mentre gli occhi deibeati circo- stantiridono intorno letificalidalla meravigliosa vi- sione.

Ben

di questo torneamento angelico edi questa floreale distribuzione dei santi dannoa noiunaima- gine pittoricale volte ele arcate dell'oratorio d'Or- sanmichele a Firenze,cheèancheoggiunsantuario del cultodi Dante. Dalla pala d'orochefigurò unar- tefice malnoto delsec.xiv,guarda ladolceVergine condeità gentile econ attodivinodi grazia. Aisuoi piedi ed'intorno, gliangeli, proniinatto, porgonoa lei fioried incenso; mentre,scolpitidalla

mano

esperta d'Andreadi Cionc Orcagna, nellacornice

marmorea

cherecinge la tavola sono efiigiati gliangeli che in

(32)

-

30

-

corona volano attorno allaReginain ardore serafico di duplice adorazione.Al disopra,sullevoltestellate d'oro sull'azzurro oltremaree sui pilastri fortinel- l'antica pietraed istoriati,sonosparse, indevota mol- titudine, figure sante, quasi misticoconcilio intorno alla Vergine madre, che ne èil centro,l'anima e la vita.

Ma

l'incontro dellaVergine edisanBernardonel canto dantesco richiamaalla nostra mente unaltro squisitocapolavorodell'artedelnostroRinascimento, lamirabile tavoladiFilippoLippi ora a Badia.Quivi non alsanto sene,

ma

algiovine Bernardo apparela

Donna

gentileinmirabilevisione, fraunostuolod'an- geli giovinetti,delicata nelvolto e nell'atto soave, appenasfiorando il suoloeposando la

mano

sottile sullibro oveil santopurora meditava: ilsantoche veramenteè

Diffusopergliocchieperlegene dibenigna letiziain atto pio,

proprio

come

chi, contemplando,gusti in terradella pacecelestiale.

Ma

piùche nelle figurazionipittoriche deglianti- chimaestrisonodacercareiriflessidiquestagrande ultima luce della terza cantica dantesca nelle anime congeniali deipoeti. Seil Paradiso di Dante,

come

scrisse lo Shellej' {Defence of Poetry), è «uninno perpetuodieterno

amore

e la più gloriosa immagi- nazionedellapoesianuova»,nonèmeravigliacheda questa altissima sorgente attingesseroaltrigrandi, e fra gli altri uno veramentegrandissimo,il Goethe.

L'epilogodellasecondapartedelFaustogoethiano è l'assunzioneceleste di Fausto trasumanato,

come

(33)

-

31

l'empireo delParadiso è latrasfigurazione ultimadi Dante.

La

catharsi finale del

dramma

celesteè nel- l'uno e nell'altro

poema

la salvazionedi due anime rappresentative e tipiche.

E come

la composizione degli estremi canti del Paradiso coincidecon gliul- timi dolorosianni della vita di Dante,cosi sul finire dellasua gloriosa esistenza l'olimpicoGoethe (dal25 al 31)coronava con laseconda parte il suo poema, che ne è

come

lacantica ultima, avvolta, non

meno

delParadisodantesco, inun fittotessuto disimboli edi allegorie, i cui riposti sensi èardua operaalla critica il decifrare. Se anche dalla corrispondenza con r

Eckermann

e da altri sicuri segni nonsapes- simo che ilGoethenegli ultimiannidisuavitadava operaallostudio deldivino poema,34 ilconfronto fra l'epilogo delsecondoFaustoe i novissimi canti del Paradisobasterebbe a farci certi di questa mirabile concordanza. Il luogo dove avviene l'assunzionedi Faustoalla gloria celeste 6un'alta

montagna

che si eleva col suo vertice nella regione paradisiaca, e lungo la quale sono distribuiti in tre ordini ascen- dentii beatiasceti, imistici, icontemplatori, rappre- sentati dal PaterExtalicus, dalPaterProfiindus, e dalPater Serapliicus.

Come

nel Paradiso dantesco

gli angeli,al pari dell'altra milizia santa, dopo es- sersimostrati nei cicli,si raccolgono nel loro colle- gioversola rosa celeste,

Poi,

come

turbo, insu tutto s'accolse, cosf gliangelidelParadiso goethiano, librandosinel- l'aere piùalto(scinvebeìidind.hSbernAtmosphaere), portano l'animadi Fausto redentadal malo.

(34)

-

32

-

Gerettet ist dasedle Glied der Geisterwelt

wom

BOseti.

Ancora

peròlerimaneun residuoimpuro dellaterra da cui vuol esser detersa per essereiniziata all'alta vita dei cieli

Uiis bleibt ein Erdoirest sutragetipeinlich

eper essere trasferita sull'ali degli angeli versola Reginadeicieli, laMatergloriosa. Seper Dantein-

tercedonoletre donnebenedette, perlafinaleeleva- zionedi Fausto pregano le tre penitenti, la

Madda-

lena,la Samaritana,Maria Egiziaca;le quali rispon- dono allainvocazione chealla Verginefa quelloche è il san Bernardo di Fausto il Doctor Marianus,il

contemplante devoto diMaria,che a leiscioglieuna preghieranon

meno

ardente della santa orazionedi Dante.

Ed

ecco che suona la voce pietosadicolei

«un tempo

fu chiamataMargherita»,

quiben de- finitadalLoeperMargherita-Beatrice,

laqualerac-

comanda

il suo diletto alla Vergine, e le chiede di potereammaestrarlo a sostenere lanuova luce che

lo abbaglia.

VergOnneinirihn zubelehren, nochblendet

ihm

dernette Tag.

E

cosi, in quest'ultima sintesi dell'universa natura, espressa dal Corus Mysticus, cui ben siragguaglia l'ultima visionediDante,chenelvolumedivinovede legato «ciò cheper l'universosisquaderna»,e «so- stanze ed accidenti» conflati inun'unica luce e nella enunciazionefinaledellafemminilitàeterna {dasEwig-

xveibìiclie), ovesi fondonoilsimbolo della

Donna

ce-

(35)

33

-

lestee la vitadella donna terrena,Maria Vergine e Margherita divenuta novella Beatrice, quasiin unir- radiazione finale culminail

poema

della

Germania

moderna.

Ma

piùche inqueste singole figure e nellastessa scena finale larispondenzastaneidueeroimedesimi di queste che possono dirsi, con lo Schelling, due epopee universali (Weltepos). Imperocché Dante è

come

Fausto un'animarinata erigenerata.Sea Me-

fistofele, Faustodice <

sembra

che due animealber- ghinonel miopetto», Dante è purerifatto dall'onda santissima e liberato dalla servitù del peccato. Ilpe- riodo giovanilediDante nonera stato difatti solo pe- riododi traviamento amoroso (dicui testimonianoil

rimprovero diBeatricee i rapporti con Forese),

ma

altresì'periodo di violente ed operose ire diparte,ss L'implacabile persecuzione dei Fiorentini controil

fuoruscilo, specie dopo la riforma di Baldod'Agu- glione, potèessere, anzi fu certamente, crudele.

Ma

attesta anche che Dante era stato dei piùfieri di parte Bianca: equantolaparteBianca fosseviolenta e feroce nellesueproscrizioni,nei suoi bandi e nelle sue condannagioni, prima che Dante avesse fatta parte persé stesso, lo hanposto testé in chiaroido- cumenti illustratidal Davidsohn.s*»

Ora

ilpoema, che è la redenzione di Dante, è an- cheil documentodellasua confessione

magnanima

e della sua rigenerazionespirituale.

E

per questo,Dante

come

Fausto,èun'anima

moderna

ed eroica.Noipos- siamobensf venerare eadorare laperfezioneintera, la santitàimpeccabile dei chiamati (ino dalla lorona- scitaai sereni cielidella fede,delleanime rettilinee.

La

vita di questi eletti, di questi esseri unigeniti,

(36)

-

34

come

li chiama ilJames,'' trascoire quasi tranquilla fiumana che s'avvia regalmente al mare.

Ma

più umane,piùprossimeanoi,

amiamo

quelleanime

come

Agostino eFrancesco, che caddero esi rialzarono, nellequali l'uomo nuovo vinse l'antico

Adamo.

Di talespecieeroicad'anime sono Faustoe Dante;eroe anchequesti dalledueanime,cheperciò perdona, per quanto può, al peccatodelle anime grandi,si chia-

mino

FrancescaoFarinata,Pier della

Vigna

oGuido da Montefeltro; mentre flagella senza pietà i pusilli e gli «sciauratiche mai non furvivi», e sembra,

come

Fausto, scender nell'ombra dellamorte e av- volgersi negli abissi del peccato per sciogliereindi più sicuro ed alato il volo verso l'ultima salute.

E

in questatempraeroica dicolalianime,chede- scrivono insélaparabola ondel'umanità cade esi rialza,si contaminaesirigenera,sta la ragionedel- l'essereesse mirabileargomentod'arte.

La

quale, es- sendo una ideale proiezione della vita, non fiorisce se

non

dove è

movimento

e

dramma,

contrasto vio- lentodi sentimenti e di passioni.

E

cosi ancorauna volta religioneedarte,pur

movendo

dalle condizioni concrete della vita e dalle limitazionidella natura umana, convergono nel

poema

di Dante versouno stesso altissimosegno, larigenerazionedell'uomo: e bene possono dirsile due alidell'anima nel suo volo verso la sua patria ideale.

(37)

35

Informa dunquedicandidarosa mi simostrava lamilizia santa, 3 chenel suo sangue Cristo fecesposa;

ma

l'altra,che volando vedeecanta lagloria di colui chela innamora 6 elabontà chela fececotanta,

si comeschierad'api, ches'infiora unafiataedunasi ritorna 9 dovesuo lavoro s'insapora,

nelgran fior discendeva,ches'adorna di tante foglie, e quindirisaliva 12 doveilsuo amorsempresoggiorna.

Lefaccetutte aveandi fiammaviva, el'alid'oro, e l'altrotantobianco 15 che nullanevea quel terminearriva.

Quandoscendean nel fior, dibanco inbanco porgevandella pace edell'ardore,

18 ch'egliacquistavan ventilando ilfianco.

lo interporsitra ildi sopra eil fiore ditanta plenitudine volante

21 impediva la vista elo splendore;

che la lucedivina èpenetrante per l'universo, secondo eh'èdegno, 24 si che nullale puoteessereostante.

Questo sicuroe gaudiosoregno, frequenteingente antica edinnovella, 27 visoed amoreavea tuttoad un segno.

O

trinaluce, che inunicastella scintillando a lor vista si gliappaga, 30 guarda qua giùallanostra procella.

Sei barbari,venendodi tal plaga, che ciascun giorno d'Elice sicopra, 33 rotantecol suo figlioond'eli'è vaga,

vedendo

Roma

el'ardua suaopra stupefacènsi,quando Laterano 36 allecose mortaliandòdisopra;

io, chealdivino dall'umano, all'eternodal tempo eravenuto, 39 e di Fiorenza in popolgiusto esano,

(38)

36

diche stupor doveaessercompiuto!

Certo traesso eil gaudiomifacea 42 libitoil nonudiree starmi muto.

E

quasi peregrin,chesi ricrea nel tempiodel suo vóto riguardando 45 e speragià ridircom'ello stea,

si per laviva luce passeggiando, menavaiogli occhi perligradi, 48

mo

su, nio giùe

mo

ricirculando.

Vedeadicarità visisuadi, d'altrui lumefregiati edel suoriso, 51 edatti ornati ditutteonestadi.

La forma generaldi paradiso già tuttamio sguardoavea compresa, 54 e innullaparteancor fermato ilviso;

e volgeanii convogliariaccesa per domandarlamia donnadi cose, 57 diche lamente mia era sospesa.

Uno

intendea,edaltro mi rispose;

credeaveder Beatrice,e vidi un sene 60 vestitocon legenti gloriose.

Diffuso erapergli occhi eperlegene dibenigna letìzia,in attopio,

63 quale a tenero padresi conviene.

Ed: Ella ov'è?>disùbito diss'io;

ond'egli: «

A

terminarlo tuodisiro 66 mosse Beatrice

me

del locomio;

ese riguardi sunel terzogiro del sommogrado,tu larivedrai 69 nel trouoche isuoi mertilesortirò>.

Senzarispondergli occhisu levai, e vidi leichesi facea corona, 72 riflettendodaségli eternirai.

Da

quelle region,che più su tuona, occhio mortale alcun tanto nondista, 75 qualunqueinmare piùgiù s'abbandona,

quantolidaBeatricelamia vista;

ma

nullami facea,che sua effige 78 non discendeva a

me

per mezzomista.

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