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THE NEW “BAREME” OF THE COURT OF MILAN FOR THE COMPENSATIVE OF THE BIOLOGICAL DAMAGE LA NUOVA TABELLA MILANESE SUL DANNO BIOLOGICO

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TAGETE 2-2009 Year XV

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THE NEW “BAREME” OF THE COURT OF MILAN FOR THE COMPENSATIVE OF THE BIOLOGICAL DAMAGE LA NUOVA TABELLA MILANESE SUL DANNO BIOLOGICO

Dr. Damiano Spera*

ABSTRACT

the author suggests some options for a right compensation according to the recent pronunciation of the United Section of the Court of Cassation. He thinks in fact that is not correct the interpretation suggested from the insurance companies that don’t include the moral damage in the compensation to the plaintiff. Otherwise is correct, according to the recent pronunciation, to don’t consider the moral damage as something different from the biological damage and to elevate the amount of the compensation from the judge. In the mean time it is correct to continue to use the

“bareme” from the Court of Milan to fix the economic value of the biological damage.

* Giudice del Tribunale di Milano

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2 1. Premessa

Prima di affrontare il tema del mio intervento devo necessariamente premettere alcune statuizioni e nozioni generali contenute nelle note sentenze delle sezioni Unite dell’11.11.2008.

Affermano le Sezioni Unite che già le sentenze gemelle del 2003 “avevano avuto cura di precisare che non era proficuo ritagliare all’interno della generale categoria del danno non patrimoniale specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo (n.

8828/2003) e di rilevare che la lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.

doveva essere riguardata non già come occasione di incremento delle poste di danno (e mai come strumento di duplicazione del risarcimento degli stessi pregiudizi), ma per colmare le lacune della tutela risarcitoria della persona (n. 8827/2003). Considerazioni che le Sezioni Unite condividono”.

Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio (danno morale, biologico, perdita del rapporto parentale) “risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E’ compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione”.

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3 Le Sez. Unite riaffermano, invece, la nozione di danno biologico, come danno conseguente alla lesione del diritto inviolabile della salute, nell’accezione normativa di cui agli artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, “per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.

Le Sez. Unite hanno ora stigmatizzato: “Palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana”.

Secondo le Sez. Unite in esame, dopo le sentenze gemelle, il danno non patrimoniale è risarcibile “oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente qualificata, di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere”.

Ritengo che con le sentenze delle Sezioni Unite si deve ora dire basta all’interpretazione abrogativa dell’art. 2059 e, per l’effetto, non si possa più in alcun modo parlare del danno esistenziale come voce autonoma di danno.

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4 Ma se su questo possiamo essere tutti d’accordo, va contrastata l’interpretazione data dalla compagnie assicurative, secondo cui non vi sarebbe più spazio per la liquidazione del danno morale.

Le Sezioni Unite non hanno affatto affermato ciò, hanno solamente mutato la nozione di danno morale soggettivo.

Affermano infatti le Sezioni Unite che la nozione di “danno morale soggettivo transeunte va definitivamente superata”; non ne parla la legge ed è inadeguata se si pensa che la sofferenza morale cagionata da reato non è necessariamente transeunte, ben potendo l’effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo.

Nell’ambito del danno non patrimoniale il danno morale non individua una autonoma sottocategoria, ma descrive, tra i vari possibili pregiudizi, quello “costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento”.

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5 2. Il nuovo criterio di liquidazione del danno non patrimoniale delineato dalle Sezioni Unite

Nei criteri di liquidazione del danno, invece, le Sezioni Unite sono state davvero innovative.

Le Sez. Unite ribadiscono che “Il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”.

Ma poi spiegano che, nell’ipotesi di reato, viene in considerazione in primo luogo la sofferenza morale, che senza connotazioni di durata integra pregiudizio non patrimoniale.

Bisogna distinguere se la sofferenza sia in sé considerata o sia componente di un più complesso pregiudizio non patrimoniale.

Ricorre il primo caso (ad esempio) nel dolore che subisca la persona diffamata.

Se vi sono degenerazioni patologiche della sofferenza “si rientra nell’area del danno biologico, del quale ogni sofferenza fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva

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6 consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. Egualmente determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua nuova configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato”.

Il danno “biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale, per consolidata opinione, è ormai assorbito il c.d. danno alla vita di relazione”, può contenere solo come “voci” i

“pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell’integrità psicofisica, sicché darebbe luogo a duplicazione la loro distinta riparazione”.

Certamente inclusi nel danno biologico sono la perdita o compromissione della sessualità ed il c.d. danno estetico: entrambi non possono essere liquidati separatamente, ma solo come “voci” del danno biologico, a pena di incorrere in duplicazione risarcitoria.

Le Sezioni Unite bacchettano quindi i giudici (questa volta anche quelli togati) perché questi (sovente per pigrizia intellettuale) non si avvedono che, quando c’è lesione biologica, i pregiudizi conseguenti alla menomazione psicofisica (“il non poter più fare

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7 come prima”) e le sofferenze soggettive (fisiche e psichiche) conseguenti sono, in definitiva, due facce della stessa medaglia, due angoli diversi di prospettiva dello stesso danno.

Si richiede, dunque, al giudice un dovere di più pregnante motivazione, essendo ormai preclusi facili automatismi risarcitori.

Le Sez. Unite ribadiscono che il danno non patrimoniale, quale danno conseguenza, deve essere allegato e provato. La sentenza della Corte Costituzionale n. 184/1986 è stata superata dalla sentenza della stessa Corte n. 372/1994, poi seguita dalle sentenze gemelle del 2003.

Il danno non è mai in re ipsa.

Il Cod. delle Assicurazioni richiede per l’accertamento del danno biologico la perizia medico-legale, ma non è strumento esclusivo e necessario. Il giudice può disattendere le opinioni del C.T.U. e potrà non disporre la C.T.U. “quando lo ritenga, motivatamente, superfluo e porre a fondamento della sua decisione tutti gli altri elementi utili acquisiti al processo (documenti, testimonianze) avvalersi delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni” (ex artt. 115 cpv. c.p.c e 2727 e ss. c.c.).

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8 3. La tabella milanese “previgente”

E’ di tutta evidenza, che alla luce degli esposti principi di diritto, non è più possibile continuare ad applicare le tabelle di liquidazione attualmente in vigore nei singoli Uffici giudiziari.

Per quanto riguarda la tabella milanese (che, come è noto, è adottata da circa i due terzi degli Uffici giudiziari italiani), questa prevede la separata liquidazione del danno morale, nella misura da un quarto alla metà dell’importo liquidato per il danno biologico. Incorre dunque anche questa tabella nelle censure delle Sez. Unite, perché produce una duplicazione di risarcimento del danno.

I “Criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale” (approvati dall’Osservatorio sulla Giustizia civile a Milano, dopo le sentenze gemelle della

Cassazione del maggio 2003 e pubblicati in “Guida al diritto, n. 49/2004, p. 14 e ss.) accolgono una nozione ampia di danno biologico “in relazione all’integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita: non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana” (cfr. Corte Cost. n. 356/1991 e n.

184/1986).

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9 Quindi, la tabella milanese (ad eccezione del danno morale) già comprendeva, nella nozione unitaria del danno biologico, la molteplicità delle singole possibili “voci” di pregiudizi, non lasciando spazio ad autonome liquidazioni del danno alla vita di relazione, del danno estetico, del danno alla sfera sessuale, ecc..

La tabella milanese tiene conto della compromissione della possibilità di espletare gli atti ordinari del vivere quotidiano nelle varie sfere in cui si estrinseca la personalità del danneggiato; tali compromissioni sono considerate in astratto, in relazione alla normale incidenza della menomazione sulle attività quotidiane comuni a tutti i soggetti aventi una determinata età: il valore-punto cresce in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità e si riduce con il crescere dell’età del soggetto, in ragione dello 0,50% per ogni anno di età (criterio recepito dall’art. 139 Cod. delle Assicurazioni).

La liquidazione del danno effettuata sulla base della tabella considera, dunque, il danno subito dalla persona nei suoi aspetti dinamico relazionali medi.

La tabella prevede però anche la liquidazione del c.d. “danno biologico personalizzato”, con l’aumento fino al 30% di quanto liquidato dalla semplice applicazione della tabella, nell’ipotesi in cui sia allegata e provata una particolare condizione soggettiva del danneggiato (ad es.: l’amputazione del dito di una persona che pratichi l’hobby di suonare uno strumento musicale).

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10 Per il danno da perdita o grave lesione del rapporto parentale, la tabella milanese già prevede la liquidazione di un solo importo che tiene conto del danno non patrimoniale complessivamente subito (esistenziale e morale), nell’ambito di una forbice che consente un’adeguata personalizzazione del pregiudizio, senza alcun automatismo risarcitorio.

4. Le opzioni possibili

Nelle riunioni dell’Osservatorio sulla Giustizia civile del Tribunale di Milano, in data 3.12.2008 e 15.1.2009, sono emerse diverse posizioni circa le seguenti questioni fondamentali.

- Dopo le Sez. Unite, in cosa consiste l’onere di allegazione e prova del danno non patrimoniale?

Si deve allegare e provare (ad es.) che Tizio, subito dopo l’incidente, piangeva per la caviglia rotta, imprecava, “malediceva il governo”; che la sera successiva all’incidente era infuriato perché non era potuto andato a cena con gli amici o a vedere il film a cui teneva tanto.

L’avvocato di Tizio dovrebbe dunque dedurre capitoli di prova dal seguente tenore:

“Vero che il giorno prima dell’incidente Tizio aveva detto “sono contento perché domani andrò a vedere il film di Woody Allen?”;

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“Vero che anche tre mesi dopo l’incidente Tizio spesso si lamentava perché non poteva più correre come prima?”;

“Vero che Tizio ha una scarsa sopportazione del dolore e da piccolo piangeva per le iniezioni?”.

- Il giudice deve modificare il quesito medico legale?

Si possono ipotizzare quesiti come il seguente: “Dica il C.T.U. se la lesione provochi particolare dolore e quale sia il grado di sopportazione dello stesso da parte della vittima; descriva quali siano i pregiudizi in concreto subiti e se quindi Tizio possa camminare, correre, giocare a tennis, ecc.?

- Quale sarà il nuovo criterio di liquidazione?

Per personalizzare il nuovo danno non patrimoniale è necessario abbandonare completamente il sistema tabellare e tornare al criterio della c.d. “equità pura”: ogni danno è diverso da tutti gli altri e richiede una specifica liquidazione, così come si faceva prima della tabella milanese?

5. La nuova tabella milanese “in costruzione” sul danno biologico Le opzioni innanzi esposte sono inaccettabili.

Il rischio è che all’inondazione (solo ora definitivamente scampata) dei risarcimenti da atipico “danno esistenziale” si sostituisca un’alluvione di istanze probatorie che

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12 avrebbero effetti devastanti di ingestibilità da parte di tutti gli operatori: avvocati, consulenti e giudice.

L’abbandono del sistema tabellare, per altro verso, renderebbe meno prevedibile l’entità della liquidazione da parte del giudice e, conseguentemente, renderebbe più difficili gli accordi transattivi e la gestione delle “riserve” da parte delle compagnie assicuratrici.

Inoltre l’abbandono del sistema tabellare non assicurerebbe alcuna omogeneità di risarcimento a parità di grado di menomazione dell’integrità psico-fisica, disattendo quel preziosissimo principio enunciato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 184/1986), secondo cui il giudice deve adottare un criterio di liquidazione che sia, per un verso, egualitario ed uniforme, al fine di evitare che, a parità di menomazioni psicofisiche, si riconoscano importi notevolmente differenti; per altro verso, elastico e flessibile, per adeguare la liquidazione del caso di specie all'effettiva incidenza dell'accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana.

Del resto proprio da questo criterio direttivo e per queste finalità e per rendere più trasparente e prevedibile quel giudizio di equità ex art. 1226 c.c. che permea l’intero danno non patrimoniale, presero le mosse la tabella milanese e (successivamente) il legislatore, prevedendo una liquidazione standard ed un’altra personalizzata (v. art. 5 della legge n. 57/2001 ed ora gli artt. 138 e 139 del Cod. delle Assicurazioni).

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13 La soluzione che appare allo stato maggiormente condivisa dai giudici milanesi, dunque, è la conferma del sistema tabellare, ma con gli opportuni aggiustamenti che consentano la gestione del processo ed il rispetto delle statuizioni delle Sezioni Unite.

Anche in questo caso, però, le opzioni sono molteplici:

- si applica la tabella milanese vigente senza liquidare niente per il danno morale?

- si elabora una nuova tabella con curva e valori monetari del tutto nuovi, che tengano conto anche delle sofferenze morali?

Queste due soluzioni non mi trovano d’accordo, in quanto, a mio avviso, i valori monetari della nuova tabella milanese devono rimanere sostanzialmente gli stessi:

- perché sono accolti da sempre più numerosi uffici giudiziari d’Italia, anche laddove le condizioni economiche e sociali sono diversissime;

- perché sono ritenuti equi e si affermano sempre più come un punto di riferimento nazionale, cui anche il legislatore dovrebbe fare i conti, allorché metterà mano alla

“tabella dei valori economici” ex art. 138 Cod. delle Assicurazioni.

Ed allora la soluzione, che allo stato appare come la più condivisa, può essere la seguente:

si elabora una nuova tabella che aggiunga al danno biologico i valori monetari già riconosciuti a titolo di danno morale: se prima per il danno biologico del 6% si liquidavano (ad es.) € 10.000,00, a titolo di danno biologico, e la percentuale dal 25%

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14 al 50% di tale somma, a titolo di danno morale, e cioè ulteriori € 2.500,00-5.000,00, la nuova tabella del danno biologico riconoscerà al giudice la possibilità di liquidare, in relazione alla percentuale del 6%, un valore monetario compreso nel range da € 12.500,00 ad € 15.000,00.

Il giudice, in relazione alle peculiarità del caso concreto, effettuerà quindi una prima

“adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico”, come sancito dalle Sez. Unite.

Per il danno biologico temporaneo l’Osservatorio sulla Giustizia civile ha proposto di aumentare l’importo unitario da liquidare, comprensivo anche del danno morale, predeterminando un range che consenta un’idonea personalizzazione.

Il giudice sarà sempre libero di liquidare importi diversi da quelli indicati in tabella, con congrua motivazione, soprattutto laddove la fattispecie concreta presenti aspetti affatto peculiari.

Non nascondo che, così procedendo, il cambiamento rispetto alla prassi precedente è davvero modesto, ma non vedo diverse soluzioni appaganti.

Il C.T.U. potrà quindi procedere, come prima, all’accertamento medico-legale della integrità psicofisica, valutando le compromissioni biologiche tipiche e le sofferenze che normalmente conseguono al tipo ed al grado di menomazione accertata, in relazione all’età della vittima.

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15 Alcune generiche attività ed estrinsecazioni della personalità, come lavarsi, vestirsi, camminare, leggere, andare al cinema, ecc., sono proprie di ogni essere umano di una certa età e sesso e possono, quindi, ritenersi precluse o limitate, in tutto o in parte, in presenza della menomazione psicofisica, senza la necessità di uno specifico onere di prova, attraverso il ricorso alle presunzioni ed alle "nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza" (art. 115 cpv. c.p.c.).

Le parti possono allegare le normali sofferenze e queste possono ritenersi presuntivamente provate dal giudice alla luce della espletata CTU.

Le parti avranno, invece, l’onere di allegare e provare le particolari condizioni soggettive del danneggiato (sport, hobby, ecc.) per ottenere un maggiore risarcimento, fino al 30%

dell’importo che sarebbe stato altrimenti liquidato al soggetto.

Il giudice non provvederà a liquidazioni separate ma, tenuto conto di tutte le voci dei singoli pregiudizi e delle sofferenze psicofisiche e delle particolari condizioni soggettive, provvederà, con adeguata motivazione, a liquidare una somma onnicomprensiva, personalizzando così ulteriormente la liquidazione del danno biologico.

Questa soluzione appare altresì coerente con il diritto vigente, atteso che il Cod. delle Assicurazioni prevede l’aumento fino al 20% e al 30% degli importi liquidati, rispettivamente, in base agli artt. 139 e 138, in presenza di particolari “condizioni soggettive del danneggiato”.

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16 In conclusione, anche dopo le Sez. Unite, in tutte le ipotesi di risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., incombe sul danneggiato l’onere di allegazione di tutti gli elementi di fatto in base ai quali poter provare (anche mediante presunzioni) le sofferenze interiori e significativi mutamenti sul fare areddituale della vittima primaria e/o di quelle secondarie (mi permetto di rinviare alle mie due seguenti sentenze: Tribunale di Milano, n. 2847/2008, in “Danno e Responsabilità” n. 8-9/2008, p. 889 e ss. e, per un antecedente risalente relativo al danno non patrimoniale subito dai prossimi congiunti di soggetto macroleso, Trib. Milano, 18.6.1990, in “Il Foro Italiano”, 1990, parte I, p. 3497 e ss.).

Alla luce di quanto fin qui esposto, si propone quindi un caso concreto.

Se una bambina subisce un’amputazione al dito ed il C.T.U. ha riconosciuto un danno biologico del 7%, il giudice non solo “deve” riconoscere il danno morale o da sofferenza, ma lo deve congruamente personalizzare, posto che il pregiudizio estetico sarà sempre più doloroso e dannoso nei rapporti dinamico-relazionali della vita con il progredire del’età, allorché la bambina diventerà ragazza e poi donna.

E dunque, se la nuova tabella milanese dovesse prevedere per quella percentuale di biologico il risarcimento nel range € 15.000,00-18.000,00, il giudice, tenuto conto delle allegazioni e delle prove anche presuntive, potrebbe anche riconoscere unitariamente - per il danno biologico e da sofferenza soggettiva (c.d. danno morale) -

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17 la somma onnicomprensiva di € 30.000,00 o altra somma ritenuta congrua nella fattispecie concreta.

6. Il danno morale nelle ipotesi di applicazione dell’art. 139 del Codice delle Assicurazioni

Allorché si applica l’art. 139 del Codice delle Assicurazioni, le compagnie assicuratrici sostengono che, per rispettare il dictum delle Sez. Unite - una liquidazione unitaria del complessivo danno non patrimoniale -, non si dovrebbe liquidare il danno morale;

sarebbe ammessa solo la personalizzazione (nella misura del 20%) conseguente alle particolari condizioni soggettive del danneggiato.

La soluzione non è appagante, perché la tabella dei valori monetari prevede solo importi predeterminati per la liquidazione del (“vecchio”) danno biologico e perché anche il legislatore aveva deliberatamente omesso la determinazione legislativa del danno morale, ma ne presupponeva la liquidazione equitativa da parte del giudice. Non si dimentichi che anche nei precedenti progetti legislativi era prevista la liquidazione del danno morale e la omessa liquidazione del danno morale nel Cod. delle Assicurazioni non è stata mai giustificata per impedire una possibile duplicazione risarcitoria. La mancata previsione normativa del danno morale si spiega più semplicemente per irresolutezza del legislatore.

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18 L’Osservatorio sulla Giustizia civile ritiene comunque iniquo dover liquidare oggi un minore importo di quello riconosciuto (pacificamente) prima delle sentenze delle Sezioni Unite.

Il legislatore non aveva affatto inteso escludere il risarcimento del danno morale. Ed allora sembrerebbe giusto continuare a liquidarlo, separatamente, ancora oggi.

Si vuole evitare che le sentenze delle Sezioni Unite diventino un inatteso regalo di Natale per le compagnie assicuratrici.

E allora ecco una possibile soluzione:

- il giudice dovrebbe muovere dal presupposto che, nei valori monetari disciplinati dall’art. 139 Cod. delle Assicurazioni, il legislatore non abbia affatto tenuto conto anche del danno conseguente alle sofferenze fisiche e psichiche patite dalla vittima;

- il giudice, operando una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 139 Cod. delle Assicurazioni e 2059 c.c., deve garantire comunque l’integrale risarcimento del danno alla salute;

- nella fattispecie concreta, il giudice, sulla base delle allegazioni e delle prove acquisite al processo e/o delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, potrebbe ritenere che la “voce” del danno non patrimoniale intesa come “sofferenza soggettiva” non sia adeguatamente risarcita, in considerazione del complessivo danno non patrimoniale subito dal soggetto, con la sola applicazione dei predetti valori monetari;

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19 - conseguentemente, il giudice, procedendo ad “adeguata personalizzazione” del danno non patrimoniale, liquida, congiuntamente ai valori monetari di legge, una somma ulteriore che ristori integralmente il pregiudizio subito dalla vittima.

Riferimenti

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