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L Pubblica amministrazione: la riforma è (ancora) deludente

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Numero 2 - Luglio 2014

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L

a riforma della pubblica Ammini- strazione approvata il 13 giugno dal Consiglio dei Ministri è stata definita dal Governo «una riforma per i cittadini».

Il provvedimento che è stato enfatizzato come “epocale” è rimasto nascosto per settimane, anticipato da articoli di gior- nale e bozze di decreti ministeriali arti- colati, diffusi da solerti funzionari e subito smentiti dalla Ministra Madia, si svilupperà in due decreti legge e in una legge delega la cui attuale genericità non è per nulla rassicurante.

Nella proposta legislativa non si intra- vede alcuna misura che possa rivoluzio- nare il rapporto tra i cittadini e le pubbliche Amministrazioni, non ci sono norme nette che semplifichino effettiva- mente l’accesso ai servizi pubblici e ri- ducano il carico burocratico per gli utenti delle pubbliche Amministrazioni, non ci sono risorse per coprire gli inter- venti innovativi che si annunciano per sommi capi.

Il disegno di legge con il quale si do- vrebbe procedere alla riorganizzazione è una delega in bianco, una in più a questo “governo ultima spiaggia” che è forte proprio quanto è grave la debo- lezza del quadro economico nazionale.

Insomma, la riorganizzazione ancora una volta viene annunciata, ma viene rinviata a un tempo futuro e a contenuti che si capiranno nel corso dei lavori parlamentari.

Di sicuro sappiamo che la riforma vuole dimezzare i permessi retribuiti ai rap- presentanti sindacali, rende obbligato- ria la mobilità del personale entro i 50

chilometri, e fissa un rapporto di uno a cinque tra nuovi assunti e dipendenti in uscita.

Insieme alle altre Confederazioni, CO- SMED ha incontrato il ministro Madia e ha chiesto che ai 44 punti di intervento, per ora del tutto teorici e in qualche caso pomposi, di cui parla la presentazione della riforma, se ne aggiunga da subito un altro, chiaro e semplice: riaprire i con- tratti di lavoro fermi dal 2009.

La riforma, se vuole rap- presentare una concreta di- scontinuità, deve ab- b a n -

Pubblica amministrazione:

la riforma è (ancora) deludente

Aldo Grasselli

Ed it or ia le

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Numero 2 - Luglio 2014

3 donare la logica dei tagli lineari e il

blocco del turnover.

Leggere nel provvedimento un solo punto, cogente e chirurgico, quale è il ta- glio che dimezza le libertà sindacali sor- prende, colpisce, e fa capire che la “casta dei politici rottamatori” vuole acquisire benemerenze e sottrarsi dal cono d’om- bra degli scandali e delle ruberie dei par- titi mettendo nel mirino della pubblica opinione la casta dei sindacalisti.

Se questa è la priorità e l’unico articolo di legge già scritto nero su bianco non c’è di che stare allegri.

Se manca una visione d’insieme, se il progetto di innovazione è fumoso e privo di risorse, ci sono due alternative:

o il governo deve fare vedere che “fa”

senza poi fare granché, o il governo vuole fare, anche a costo di uno scontro con le parti sociali, e cerca di avere una delega in bianco per non far vedere ciò che sta preparando.

Non ci si deve stupire, quindi, se tutte

le confederazioni hanno contestato anche le parti più attese come quella del ricambio generazionale, molto enfatiz- zata, ma per ora priva di atti concreti se sono affidabili i dati della Ragioneria dello Stato che danno in uscita un mi- lione di dipendenti pubblici nei prossimi 10 anni, e 230mila solo nei prossimi quattro, mentre il decreto annuncia l’as- sunzione di soli 15mila giovani.

Non ci si deve stupire se la spesa pub- blica aumenta ancora mentre si dimi- nuisce il personale della PA, sappiamo come e da chi vengono inghiottiti i soldi dei contribuenti. Intanto, è bene sa- perlo, in Italia la spesa pubblica per la sanità scende al 7% del PIL, quindi tra le più basse dell’Europa occidentale.

Non si può pensare di rilanciare la PA senza investire in formazione, in tecnolo- gia, in innovazione dell’organizzazione e, soprattutto, nel coinvolgimento di chi ci lavora, valorizzandone la professionalità, inserendo stabilmente i giovani nativi di- gitali a gestire la transizione 2.0 e rico- noscendo i loro diritti, a partire dal rinnovo dei contratti.

Un passo decisivo che avevamo chia- rito in più occasioni ai ministri Madia e Lorenzin, cioè il riconoscimento di una specificità professionale alla sa- nità nell'ambito della riforma della PA, è ancora una sterile promessa.

Cosa bolle in pentola non è dato sa- pere e il disegno di legge in materia è ancora un mistero.

Vedremo nelle prossime settimane se ci sarà una svolta, se si passerà dal- l’era dei medici macellai a quella del riconoscimento ai dirigenti sanitari di un alto ed esclusivo profilo professio- nale unito a una peculiare autonomia.

La decadenza dell’obbligo assicura- tivo per i medici e sanitari del SSN, che verrà compensato da un obbligo certo per le Aziende e l’incremento del numero delle borse per la specia- lizzazione dei medici, fanno sperare che il nostro settore abbia cominciato a riscuotere la giusta attenzione. In- vece, l’estensione della rottamazione ai direttori di struttura potrebbe fa- vorire la già pesante falcidia di posi- zioni apicali.

Se i medici e i dirigenti sanitari, come abbiamo chiesto ripetutamente negli ultimi anni, saranno classificati al di fuori del ruolo unico della dirigenza della PA potrebbe aprirsi una stagione più rispettosa della nostra competenza tecnico scientifica, una fase in cui le carriere si potranno nuovamente ba- sare più sul merito professionale che sulla managerialità di dirigenti cui, nella stragrande maggioranza dei casi, nelle aziende sanitarie bloccate dai piani di rientro e dai tagli non è di fatto consentito gestire niente.

Questa riforma avrà un senso e una utilità pratica solo se riuscirà a rimo- tivare i professionisti della salute, anche attraverso un nuovo stato giu- ridico che li preservi dalle logiche bu- rocratiche che rispondono alle esigenze dei ministeri e mediante un percorso nuovo che, anche ridiscu- tendo l’obbligo di una specializza- zione universitaria per l’inserimento nel SSN, fondi le specializzazioni e la carriera sull’apprendimento sul posto di lavoro, sul merito e sulla professio- nalità.

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