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LOMBARDIA note per un programma agricolo

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Academic year: 2022

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SINISTRA PER GORI LOMBARDIA

PROGRES SISTA

LOMBARDIA

note per un programma agricolo

Premessa

Le note si suddividono in cinque brevi capitoli:

• l’importanza della agricoltura e del sistema agroalimentare lombardo: una agricoltura europea in un paese a vocazione agricola mediterranea;

• agricoltura e territorio: la difficile convivenza fra settori ed interessi ed un equilibrio da conquistare giorno per giorno;

• agricoltura come “fatto” collettivo, crocevia di attenzioni ed attese di una società in evoluzione: alimentazione, territorio, qualità;

• il contributo della Lombardia ai grandi temi della contemporaneità agricola ed alimentare:

sostenibilità, produttività e competitività. Il lascito di Expo;

• i settori produttivi ed i fattori della produzione: attenzione agli investimenti ed al lavoro.

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L’importanza della agricoltura lombarda

Il sistema agricolo ed agroalimentare della Lombardia è fra i più rappresentativi della agri- coltura italiana. Per dimensione quantitativa e per qualità di imprese impegnate nel settore l’agricoltura lombarda si colloca alla avanguardia e, senza possibilità di smentite, fra le più avanzate nel contesto europeo associando grande specializzazione a qualità di produzioni e volumi produttivi. In taluni settori, quali la zootecnica da latte, l’allevamento suinicolo e quel- lo bovino, nonché nella cerealicoltura a pieno campo, con primati produttivi e di redditività riconosciuti.

Tale connotazione, come per tutti i sistemi produttivi ad alto valore e marcata specializzazio- ne, comporta una componente di fragilità di sistema esposta al mutamento delle condizioni esterne. In modo prevalente pure se non esclusivo: la generale evoluzione del mercato ali- mentare globale, l’andamento dei prezzi internazionali in relazione a quelli interni non più tutelati dalla politica agricola comune, la Politica Agricola Comune che condiziona in modo netto e decisivo le politiche nazionali e regionali.

Le caratteristiche di specializzazione e di qualità del sistema produttivo consentono di af- frontare i problemi di oggi nella prospettiva della valorizzazione della produzione agroali- mentare italiana, tuttavia occorre garantire condizioni di chiarezza nella politica agricola, piena efficienza amministrativa, costante capacità di adeguamento tecnologico aziendale, innovazione organizzativa nel sistema della offerta quale peculiare punto di debolezza, moni- toraggio della professionalità del lavoro agricolo, adeguato flusso di investimenti in relazione ad un sistema bancario che deve essere più attento alle esigenze delle imprese.

Su questi elementi si giocano la prospettiva della agricoltura regionale e della sua politica.

• Pochi dati a dimostrazione della importanza e del peso della agricoltura in regione:

• 7,2 mlrd il valore della produzione agricola regionale, pari al 4% del PIl che sale all’11 % compreso il commercio ed il trasporto, 15 % del totale nazionale.

• 927.000 ha di superficie agricola pari a quasi il 10 % di quella nazionale.

• 6.000 imprese industriali di settore per 66.000 lavoratori alimentaristi

• 50.00.0 aziende agricole su 1.470.000 a livello nazionale.

• 280 cooperative agroalimentari per 3.550 mln di € di fatturato.

• 927.000 ha di Sau per una superficie aziendale di 18.7 ha/azienda, valore doppio di quello nazionale e di oltre 1/3 di quello comunitario.

• I valori economici e produttivi lombardi sono superiori a quelli del Belgio e della Svezia e dell’Austria.

• La Lombardia agricola alleva il 27 % dei bovini del Paese, il 30 % delle vacche producendo

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il 40 % del latte, il 18 % del pollame, il 40 % dei suini.

La Lombardia agricola alleva il 27 % dei bovini del Paese, il 30 % delle vacche producendo il 40 % del latte, il 18 % del pollame, il 40 % dei suini.

L’agricoltura lombarda, senza dimenticare le aree di montagna e di collina portatrici di pecu- liari problematiche, ma anche di individuati valori imprenditoriali, qualità e capacità produtti- va, - si pensi alla frutticultura specializzata della Valtellina ed agli importanti risultati produt- tivi e di qualità, soprattutto per i vini bianchi, dell’Oltrepò Pavese, nonché della Franciacorta, nella vitivinicultura regionale - è quindi efficiente agricoltura continentale, ma che opera in un paese agricolo a prevalente vocazione mediterranea, considerato come anche le altre regioni padane presentano orientamenti produttivi più diffusamente differenziati, viticoltura e ortofrutta in particolare.

Questa condizione la espone a dirette conseguenze per le decisioni di Bruxelles, fortemente condizionate da questa tipologia agricola, ma territorialmente diversamente qualificata, lad- dove il Governo nazionale, doverosamente attento alla difesa della varietà e complessità dei sistemi agricoli italiani ed investito dalla pesante crisi dei conti pubblici, è fortemente condi- zionato nelle sue possibilità di manovra per compensare difficoltà e problemi.

Il governo agricolo regionale, titolare di ampi poteri consegnati dalla riforma del titolo V della Costituzione, si deve fare carico di questa peculiare condizione attraverso una azione coerente e concorrente con le altre Regioni per il governo della agricoltura italiana, in una discussione nazionale bene ancorata alle regole comunitarie per la definizione delle quali occorre monitorare e prestare la massima attenzione.

Valutazioni e approccio analitico, come da precedenti considerazioni, suggeriscono tre linee di lavoro più specifico che colgono aspetti di attualità.

1. La efficienza economica delle imprese, condizionata dall’andamento del rapporto costi e ricavi, è perseguibile, per la sua parte, con il rafforzamento ed organizzazione della of- ferta agricola. Le difficoltà economiche delle aziende ( la crisi del prezzo del latte riscon- trate a cavallo del 2016 e 2017 fino allo scorso luglio/agosto ne è esempio significativo

! ) smuovono ancor più la necessità di porre mano alla organizzazione della offerta dei prodotti agricoli attraverso un esteso e funzionale sistema associativo delle O.P. – orga- nizzazioni dei produttori. Al riguardo la Regione deve porsi come sollecitatore e presidio del tavolo interprofessionale, insieme al Mipaf o come unica sede di dialogo se necessario 2. La efficienza amministrativa in Regione vanta già importanti risultati anche attraverso

al funzionalità dell’Organismo Pagatore. Tuttavia il continuo affinamento dei meccani- smi esecutivi e di semplificazione burocratica, tema che deve essere affrontato al livello nazionale, deve trovare tuttavia una ben più efficace realizzazione nella Regione a partire dalle incombenze derivate dalla applicazione delle Sviluppo Rurale. È unanime al riguardo la richiesta di concreti risultati al di là delle dichiarazioni più volte ascoltate.

3. Il presidio delle sedi di decisione quali il CTA presso la Conferenza Stato Regioni ed il Mi- paf, deve essere rinvigorito anche in previsione della ripresa della discussione sul rinnovo della programmazione della Pac in vigore. La Regione deve fare sentire la sua voce con

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autorevolezza e capacità di governo guidando un processo di rinnovamento con le altre Regioni ed il MIpaf, piuttosto che nella reiterata sfida isolata, alla lunga inconcludente.

Superate le ardue difficoltà della discussione sul bilancio comunitario e con ciò liberata la possibilità di una discussione di merito sulla Politica Agricola Comune (È impensabile ritrovare un flusso finanziario verso la agricoltura italiana di oltre 7 mlrd di € all’anno con risorse proprie, ma è necessario richiedere modifiche in ordine alle modalità ed alla desti- nazione delle risorse messe a disposizione), sarà necessaria piena attenzione sulle propo- ste presentate dalla Commissione al fine di una innovazione molto profonda della Pac sia verso il superamento dell’aiuto diretto per come lo conosciamo, con uno Sviluppo Rurale ben più semplice, con una dimensione ambientale e di riconoscimento verso la sostenibi- lità che dia senso del riconoscimento della funzione pubblica della agricoltura quale bene pubblico, con una estensione dell’istituto delle assicurazioni contro le oscillazioni del mercato, con risorse destinabili alle difficoltà di settore sia rafforzando le O.P. che con lo sviluppo del sostegno qualitativo delle produzioni.

Agricoltura e territorio

La funzione territoriale della agricoltura è ormai acquisizione della generale sensibilità dei cittadini e della pubblica amministrazione.

Non ultimo è da segnalare che questa funzione è interpretata quale condizione ed obietti- vo che motivano la stessa PAC che, come noto, impegna ben il 38 % dell’intero bilancio co- munitario. A conferma di quanto sopra non si possono dimenticare gli istituti ‘disciplinari’

denominati della ‘ condizionalità ‘, allargati ad altri quali il ‘ greening ‘ rappresentino vincolo per l’accesso alla spesa. Il loro superamento in un unico istituto amministrativo testimonia dell’eccessiva burocratizzazione della spesa comunitaria, come sopra già indicato, ma altresì confermano questa visione “ambientalistica” della intera spesa agricola comune.

Occorre essere consapevoli di questa dimensione della spesa in modo che la pubblica opinio- ne abbia piena coscienza dalla qualità del lavoro agricolo e del suo sostegno anche dal punto di vista della conservazione e riproduzione delle risorse naturali, acqua e terreno agrario in particolare. E che questa operazione si inquadri nell’ambito di una politica per il territorio e per l’ambiente che, senza essere punitiva per la produzione, sia pienamente rispettosa della conservazione delle risorse naturali.

La qualità di un territorio infatti è garanzia e condizione necessaria per la qualità dei prodotti agricoli ed agroalimentari, nonché della loro riconoscibile qualità, non ultimo per quella bio- logica, importante in Lombardia per significatività economica e territoriale.

Sul fronte della qualità territoriale e delle funzioni agricole rivolte alla sua conservazione occorre quindi porre massima attenzione alle proposte comunitarie di riforma che progressi- vamente vanno affinandosi dal punto di vista dei parametri tecnici, delle modalità esecutive e della consapevolezza generale della loro importanza: la Comunicazione “ The future of food and farming “ ( giugno 2017 ) fornisce chiare indicazioni sugli orientamenti comunitari.

Ma occorre soggettivamente operare perché questo approccio e tutela del territorio siano imprescindibile tratto programmatico della politica agricola della Regione, in realtà della politica regionale nel suo insieme.

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Emerge con raro vigore nell’ambito di questo approccio, il tema della terra agricola, cioè quel territorio in gestione alla attività produttiva da conservare quale bene irriproducibile.

Pertanto prezioso e derivato da una attività che in Lombardia presenta episodi di millenaria esperienza nonché caratterizzante lo stesso paesaggio agrario e specificamente architettoni- co di cui la cascina lombarda è esempio fondamentale anche nella indagine storico sociologi- ca delle comunità rurali.

Il tema è stato fatto oggetto di una iniziativa parlamentare, peraltro in corso, e di una legge regionale: la numero 31/2014 entrata in vigore il 2 dicembre 2014.

Occorre verificare l’esito concreto della legge regionale e la effettiva efficacia della applica- zione normativa che a suo tempo fu contestata poiché giudicata inadatta al perseguimento degli obiettivi che si era prefissata.

In termini generali occorre misurare infatti il valore della norma sul territorio lombardo nella consapevolezza di un potenziale conflitto con gli Enti locali e con le necessità di interventi infrastrutturali, ma anche nella convinzione che non sia possibile superare una soglia critica di non ritorno alla quale ci si sta avvicinando pericolosamente.

È credibile, forse necessario, a questo punto la organizzazione di una Conferenza sulla Terra Agricola.

Agricoltura crocevia di interessi e attese di una società in evoluzione

L’agricoltura e la alimentazione hanno da tempo risvegliato un inedito interesse del vasto pubblico.

Multifunzionalità

Ciò assume risvolti che alimentano l’indagine sociologica, ma altresì individuano nuove op- portunità per la offerta agricola la quale si carica di aggiuntivi significati e contenuti.

E’ quanto si definisce la funzione multifunzionale della agricoltura europea o se si vuole la Multifunzionalità dell’agricoltura europea.

Con questo termine si definiscono quelle attività che prescindono dalla offerta materiale di prodotti alimentari, ma che si allargano ad una offerta immateriale fatta di tradizioni ed espe- rienze, nonché di produzioni a quelle legate, per le quali il territorio che le ospita diviene esso stesso componente del prodotto e, come tale, elemento della offerta agricola.

Inoltre a quella offerta di servizi di accoglienza, ospitalità e cura che i nuovi approdi del mon- do agricolo ormai manifestano in ampia misura.

Il tema è declinabile in forme diverse, ciascuna delle quali assume, in modo differenziato, connotazioni ed esigenze proprie con problemi amministrativi e gestionali peculiari, ma tutte riassumibili nella definizione generale indicata della Multifunzionalità.

Con un semplice elenco indicativo ma che dà la dimensione della varietà delle opportunità si possono citare:

• L’agriturismo e la ospitalità ricreativa presso le aziende.

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• La agricoltura sociale e le opportunità di reintegro sociale attraverso la permanenza in ambienti agricoli.

• La funzione del turismo di campagna nel territorio agricolo.

• Le funzioni ricreative connesse quali l’ippoturismo o la percorrenza delle strade interpo- derali in biciletta.

• Le strade del vino e delle produzioni di qualità.

• La raccolta dei prodotti in campo.

• La produzione per conto nel diretto contatto con i consumatori clienti.

• Le vendite dirette in azienda di prodotti agricoli e di prima trasformazione.

• Le vendite a kilometro zero.

• I mercatini agricoli in città.

• Le qualità territoriali e le denominazioni tutelate.

• La qualità agroalimentare ed il suo territorio di origine.

• Le tipicità agroalimentari.

• La agricoltura delle aziende didattiche.

• I musei etnografici o del lavoro in campagna.

• I musei storici delle attrezzature per il lavoro di campagna.

• I percorsi guidati e la esperienza delle aziende aperte.

In sostanza tutte quelle attività connesse alla primaria funzione produttiva che si stanno estendendo e che necessitano di una sistemazione a volte organizzativa, a volte legislativa, a volte interpretativa. Comunque di riconosciuta identità e di pubblici servizi di sostegno infra- strutturale e relazionale, non necessariamente di esplicito sostegno economico.

In particolare una pertinente forma di coordinamento e di relazione con gli Enti locali che più di altri sono in diretto contatto con queste iniziative, le possono sostenere e valorizzare, ma utilmente in quadro generale più ampio ed organico anche per definire collegialmente una gerarchia di problemi e di soluzioni ed una adeguato calendario di iniziative di sostegno.

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La agricoltura lombarda ha avuto un interessante incremento di queste attività e di un conse- guente apparato normativo di supporto.

Si tratta di proseguire nel sostegno delle azioni in corso e di offrire ad esse nuove occasioni di affermazione e di verifica degli indirizzi di lavoro per consentire una superiore precisazione di esigenze e di necessari ausili.

Anche in questo caso di una dimensione programmatica che superi i singoli episodi e che divenga componente non occasionale della politica territoriale regionale.

La nuova dimensione del rapporto città campagna

Infine nell’ambito di un approccio ampio, si potrebbe dire, universalistico della concezione della agricoltura nella società moderna si rende ben visibile, per certi versi inedita in partico- lare per la consapevolezza che suscita, la funzione della agricoltura periurbana.

Questa offre da un lato una lettura nuova e assolutamente moderna del rapporto città/cam- pagna con un fenomeno che potremmo descrivere ‘ della campagna che entra in città ‘ e che consente tutele e opportunità produttive e di mercato per il settore ( i mercati di prossimità ne sono esempio vivace e importante ) impensabili anche pochi anni fa.

Impegna la politica agricola e la agricoltura stessa ad una responsabilità che se da un lato ha sempre avuto, in questo periodo si manifesta nel migliore modo proprio perché i bisogni della società sono più comprensibili e soprattutto esplicitamente espressi con una curiosità ed una propensione inedite.

La esperienza del Parco Sud di Milano rappresenta al riguardo un esempio di avanguardia e di rappresentazione quali/quantitativa di assoluto riguardo di questo fenomeno.

Una esperienza che va studiata e che non ha fino in fondo portato tutti i benefici ed espresso tutte le potenzialità possibili.

Al riguardo non sono mancate e non mancano esperienze innovative. Occorre estendere questa sperimentazione, ma occorre in verità una politica regionale del territorio agricolo ricompresa nelle politiche di sviluppo della Regione che non si riduca alla, pur condivisibile, operazione pubblicitaria e promozione dei diversi territori.

La Lombardia quale Regione più popolosa del Paese e con un insediamento urbano diffuso, con Città importanti capoluogo di provincia oltre a Milano, può essere area di sperimentazio- ne, di esperienze e di mature riflessioni, che portino a politiche intelligenti ed avanzate, sia sul piano di una agricoltura tutelata nel territorio agricolo, ma proprio per questo, corrispon- dente di servizi ecosistemici per tutta la comunità, sia nella lettura quale area di decongestio- namento della vita urbana in un rapporto biunivoco e corrispondente ai bisogni più moderni delle diverse modalità di vita quotidiana.

La qualità del territorio e la qualità della agricoltura

In ogni caso la strada su cui consolidare la politica agricola regionale è quella di ancorare le produzioni alla loro dimensione qualitativa ed un territorio di qualità consente una agricoltu- ra di qualità la quale a sua volta si disporrà ad una produzione di alimenti di qualità.

Tale legame è indiscutibile e ad esso è possibile aggiungere un valore superiore laddove il territorio diviene componente intima del valore del prodotto: i prodotti a denominazione

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tutelata ne sono esempio decisivo e la valorizzazione del nostro territorio e del legame con la produzione deve divenire consolidata convinzione della politica regionale.

Occorre proseguire su questa strada senza indugio e sperimentare forme nuove e più avan- zate di relazione produzione, trasformazione, distribuzione e consumo in modo da consolida- re il sistema qualitativo della produzione agroalimentare lombarda.

Nella pubblica opinione e nella convinzione dei consumatori esiste ormai una sensibilità che va riscontrata con iniziative, cure ed attenzioni, con politiche, che superino le forme della ‘ sagra di paese ‘ pure importanti e da mantenere, ma raggiungano la dimensione di un sistema alla cui realizzazione concorrano i diversi soggetti della filiera ed a cui concorrano altresì i di- versi soggetti della amministrazione regionale riconoscendo alla agricoltura quella funzione orizzontale a cui occorre rispondere in modo orizzontale e coordinato.

In conclusione questa funzione conservativa di valori derivati dalla realtà agricola è divenuta opportunità sul mercato e come tale ha aperto occasioni di reddito, ma anche ha stabilizzato nel senso comune una visione della agricoltura più avanzata e complessa. Comunque una in- terpretazione della funzione agricola più ampia ed orizzontale in riferimento a bisogni inediti.

Il territorio diviene l’occasione di una sfida programmatica di autorevole ed alto livello.

Settori produttivi, investimenti e lavoro

La politica settoriale non ha da tempo un riferimento comunitario esplicito né sul piano nor- mativo né su quello delle specifiche iniziative. Per conseguenza la azione dei governi naziona- li e regionali sono costrette in ambiti diversi senza potere direttamente sostenere produzioni specifiche e relative filiere.

La definizione della Ocm unica rappresenta l’epilogo di un percorso normativo che ha eli- minato la politica settoriale dall’orizzonte della Pac e la sua estensione con la prossima pro- grammazione dovrà contribuire a tamponare la citata lacuna. Ciò contrasta con la specializ- zazione produttiva e territoriale della agricoltura lombarda ed i suoi interessi. Ne deriva che un efficace sostegno, nelle modalità consentite dalla legislazione comunitaria, sempre più si qualifica come politica dei fattori considerato che dal punto di vista infrastrutturale, senza con ciò negare opportunità e doveri di investimento conservativo e di sviluppo, il territorio regionale presenti una adeguata dotazione.

Occorre in particolare incidere sul fronte della organizzazione associata della produzione ed in particolare sul fronte della offerta agricola. Il sistema cooperativo in Lombardia è molto diffuso e, pur conservando il suo proprio carattere mutualistico, si è affermato con rilevante capacità imprenditoriale e di movimento sul mercato. Il punto debole rimane quello della ge- stione associata di taluni servizi e, come detto, della capacità associata della offerta agricola.

Tale inadeguatezza va addebitata alla agricoltura ed alla sua rappresentanza politica profes- sionale, non al Governo della regione. Tuttavia rappresenta un problema e quindi non può essere ignorato dalla azione di governo.

Se si considerano inoltre le passate difficoltà europee del settore del latte, così caratterizzan- te della economia regionale, che hanno portato presso la Commissione in rapida successione

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alla analisi dei problemi ed alla definizione di una organica sequenza di norme comunitarie definite “Pacchetto Latte”, in esse si trovano le iniziative consentite e le indicazioni suggerite per affrontare la crisi di settore costituendo un metodo di lavoro peraltro non nuovo nel pro- cedere della Commissione. Tuttavia la situazione del mercato del prodotto di eccellenza della Regione, quello zootecnico e segnatamente il latte bovino, esposto alle difficoltà di mercato in modo permanente, necessita di una attiva presenza della Regione nei meccanismi del con- fronto interprofessionale e della definizione del prezzo.

La citata grave crisi dei mesi scorsi induce a ritenere che il tema della definizione del prezzo e della costituzione di stabilità di relazione e di meccanismi di intervento permanga una neces- sità programmatica della Regione Lombardia in agricoltura.

Certamente anche inducendo comportamenti coerenti e concorrenti anche da parte del Mi- nistero delle politiche agricole.

È in questa sede che va affrontato anche il tema delle bioenergie. Le bioenergie alle quali la produzione di biomasse sono di servizio rappresentano un mercato. Come tale va affrontato nella consapevolezza che il settore consente produzione di energia sostituendo quella che giunge da carbonio fossile: obiettivo universale nella lotta ai cambiamenti climatici.

Si pone certamente un problema che può divenire di carattere etico in ordine al conflitto pro- duzione di alimenti e/o produzione di energia, ma che certamente diviene di piena attualità nei paesi a ritardo di sviluppo ove la indigenza è fenomeno diffuso.

Il problema invece nei paesi sviluppati si pone in modo differente e nei fatti un impegno alla produzione di bionergie va attentamente considerato.

L’Italia e la Lombardia nella produzione di biogas ad uso energetico non si trovano in una condizione arretrata, anche in considerazione della forte presenza zootecnica. Il settore è stato fortemente incentivato ed ora siamo alle soglie di un mutamento di parametro tecnico e merceologico ( sostegno al biometano ) che verrà incentivato in modo significativo. Occorre che la agricoltura dedicata, ed anche l’indotto relativo, siano preparati all’appuntamento.

Un tema che va infine affrontato è quello della professionalità degli addetti ed in generale della professionalità del lavoro in agricoltura ed in allevamento.

Il tema è di tutto rilievo.

Una fondamentale notazione riguarda la presenza dei giovani imprenditori che caratterizza l’insieme della struttura di prospettiva della imprenditorialità agricola.

I giovani agricoltori al di sotto dei 40 anni sono pari al 32 %, mentre sono il 16% gli oltre 60.

A titolo di comparazione la media regionale è, sotto i 40 anni, il 44 %. Oltre i 60 anni il 4 %.

Nell’insieme gli occupati agricoli sono 1,3 % dell’insieme della occupazione totale regionale.

Inoltre un terzo degli addetti, su una presenza di circa 60.000, è di immigrazione e rappresen- ta un esempio di integrazione riuscita anche perché diffusa su tutto il territorio.

Tuttavia comporta anche problemi diversi di istruzione generalizzata nonché problemi di capacità di comprensione della lingua.

Benché in numero assoluto non rilevanti, i lavoratori agricoli fissi - non sono in questo caso considerati gli avventizi pure così importanti in una attività che è per definizione intercon- nessa alla stagionalità del ciclo biologico -, sono decisivi per talune attività quali quelle di governo del bestiame e di stalla.

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Attività dove la professionalità e la esperienza sono fondamentali per il mantenimento dei capitali investiti e per la qualità delle produzioni.

In realtà costituendo anche esempio in qualche modo paradossale, laddove si fa della tradi- zione culturale e professionale nonché dei territori fattore di successo nel mercato, mentre l’esercizio odierno dell attività produttiva avviene mediante l’impiego di lavoro fornito da operatori extracomunitari che giungono da Paesi geograficamente, culturalmente e profes- sionalmente, lontanissimi dal nostro.

La conservazione e sviluppo di questa tipologia professionale è fondamentale per il manteni- mento di un equilibrio oggi funzionante, ma nel contempo delicato e esposto.

Tale problematica si ripropone, con meno evidenza anche per gli operatori, riuniti in coopera- tive di servizio, in aziende di macellazione e simili.

Una azione della Regione, sinergica e coordinata fra Agricoltura e Formazione professionale, rivolta alla tutela di questo mondo professionale che non può permettersi dequalificazione e disorganizzazione è funzione importante che va esercitata.

Il contributo della Lombardia ai grandi temi: il lascito di Expo

I mercati aperti, il libero scambio di prodotti e servizi, la diffusione delle tecnologie informa- tiche e digitali, hanno contribuito a migliorare le relazioni tra i popoli, ad accrescere le co- noscenze e le aspettative, così come hanno offerto un contributo alla crescita dell’economia mondiale e alla riduzione della povertà globale.

Eppure, negli ultimi anni, la crisi economico-finanziaria, le forti tensioni sociali, le grandi migrazioni, i focolai di guerra hanno mostrato una forte esigenza insoddisfatta di governo dei sistemi globalizzati. L’affermazione delle dinamiche di globalizzazione non è più storicamente in discussione, ma è del tutto evidente come la scarsa capacità nel governarne gli effetti ha prodotto e produce profonde crisi non affatto risolte.

Tutto questo, ha alimentato i nazionalismi indebolendo il multilateralismo, unico approccio per dare soluzione ordinata a questioni di intessere mondiale. Un esempio su tutti, è quello delle relazioni commerciali, dove lo scenario è stato caratterizzato dal fallimento del WTO, il luogo dove si discutevano le regole per il commercio mondiale e si negoziavano le contro- versie. Da questo fallimento, si sono generati tentativi di accordi di libero scambio relativi a vaste aree geografiche. Alcuni tra i più strategici, come il TTP e TTIP, sono stati sospesi anche a causa dall’avvento di Donald Trump e delle sue scelte politiche di chiusura verso il mondo.

Altri, tra cui il CETA, sono entrati, tra non poche difficoltà, nella fase provvisoria di applicazio- ne e attendono ancora che i parlamenti europei diano il definitivo consenso.

In tale contesto, l’interesse agricolo è alto e determina mutamenti significativi del valore dei prodotti. L’esempio più eloquente di crisi diplomatiche destinate a sacrificare l’agricoltura, è rappresentato dall’embargo applicato dalla Russia in risposta alle sanzioni Europee. L’in- certezza e l’instabilità, non hanno risparmiato l’Unione Europea e le sue politiche. Nel corso degli anni, gli obiettivi e la sovranità comune che hanno ispirato la nascita dell’Unione, hanno ceduto il passo a interessi nazionali e unilaterali, mettendo a dura prova il sistema e le regole di funzionamento delle istituzioni comunitarie e facendo crollare la fiducia dei cittadini nei

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loro confronti. Tutto ciò, ha prodotto conseguenze fino a qualche anno fa impensabili all’in- terno del “Vecchio continente”. Dalla chiusura dei confini e il successivo innalzamento di muri, alla messa in discussione dell’appartenenza all’Unione Europea, come il caso clamoroso della Brexit, fino alle ultime vicende legate al separatismo catalano.

Le grandi sfide il clima, l’alimentazione, le diseguaglianze, le migrazioni

Alle incertezze del contesto, si devono aggiungere una serie di sfide di portata globale, a par- tire dal cambiamento climatico i cui effetti determinano fattori di ulteriore instabilità che si aggiungono, amplificandoli, ai problemi delle crescenti diseguaglianze economiche e dell’in- stabilità internazionale. Cambiamenti climatici vuol dire anche una presenza più significativa di parassiti, l’alterazione degli equilibri dell’offerta idrica e la diminuzione di superficie agrico- la a causa dell’inaridimento dei suoli. La produzione alimentare si trova così ad affrontare una doppia prova: da un lato mitigare il suo impatto, dall’altro adattarsi a nuovi scenari climatici per non compromettere i livelli di offerta.

L’agricoltura multifunzionale e pluriattiva può contribuire fortemente ad affrontare questi pro- blemi e si candida ad essere fattore propulsivo per la crescita complessiva del Paese. Grazie all’impegno delle imprese agricole, è possibile gestire meglio il paesaggio e il territorio, salva- guardandoli dal dissesto idrogeologico, mitigare gli stessi effetti dei cambiamenti climatici e, con sufficiente dose d’ingegno, favorire la rigenerazione degli ecosistemi.

Altro tema è quello dell’alimentazione. Il nostro rapporto con il cibo è in continua evoluzione in quanto dipende da vari elementi e più in generale dalle abitudini e stili di vita che, nella seconda parte dello scorso secolo, hanno subito profonde modificazioni. Ciò è accaduto per effetto dello sviluppo economico e delle tecnologie alimentari e per la mutata struttura della famiglia. Mentre la fame e la malnutrizione avanzano drammaticamente in tutto il mondo, le persone che soffrono di sovrappeso ed obesità aumentano in maniera altrettanto preoc- cupante. È l’altra faccia della stessa medaglia, da cui discerne anche la crescita dello spreco alimentare. Secondo la FAO, un terzo del cibo prodotto a livello globale, circa 1,3 miliardi di tonnellate l’anno per un valore di quasi un trilione di dollari, viene perso o sprecato. Le re- sponsabilità di tale fenomeno sono sbilanciate a favore dei paesi industrializzati. Da qui la necessità di attuare iniziative che supportino una nutrizione improntata alla salubrità e alla qualità degli alimenti attraverso la qualificazione dei prodotti agricoli e, al tempo stesso, che contrastino il fenomeno dello spreco alimentare. Il cibo non consumato non può più finire in discarica. Anche perché la discarica vuol dire consumo di suolo. Una condizione inaccettabile nel momento in cui la terra, al pari dell’acqua, è una risorsa sempre più scarsa e preziosa per il futuro della società moderna.

Nell’era della complessità e dell’incertezza, un cambio di passo è necessario anche sui fronti dell’integrazione e dell’immigrazione. Nel momento in cui i flussi migratori continueranno ad interessare l’Europa mettendo alla prova la capacità di governarli, il modello di società multietnica presente nelle campagne può rappresentare un esempio virtuoso. Una società che invecchia e non riduce le proprie esigenze produttive, esprime una necessità di ricambio generazionale sul mercato del lavoro. L’immigrazione diventa quindi un elemento propedeu- tico alla crescita. Occorre passare velocemente dalle politiche per l’immigrazione a quelle della integrazione. I nuovi lavoratori dovranno essere considerati cittadini e, con essi, le loro famiglie. Dovranno trovare un ambiente includente e non d’isolamento che, in condizioni di

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particolare disagio, alimenta le diseguaglianze sociali e le conseguenze che ne derivano.

Sviluppo sostenibile ed economia circolare, apertura dei mercati.

La crescita di domanda alimentare legata all’incremento demografico ed al miglioramento delle condizioni economiche in vaste aree del pianeta, ha messo a repentaglio la sufficienza dei fattori produttivi. Per i 9 miliardi di cittadini che popoleranno il mondo entro il 2050, gli agricoltori dovranno produrre cibo sufficiente, producendo di più con meno input e meno terra fertile. Ciò impone una profonda riflessione sul modello di crescita e, più nel dettaglio, sull’utilizzo delle fonti energetiche tradizionali e delle risorse naturali come l’acqua e il suolo.

L’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile con i suoi 17 obiettivi traccia la principale strada da seguire. Una strategia complessa che guarda al futuro attraverso una visione integrata dello sviluppo basata su quattro pilastri: economia, società, ambiente ed istituzioni. Negli obiettivi di sviluppo sostenibile l’agricoltura e gli agricoltori giocano un ruolo fondamentale. La lotta alla fame ed alla povertà non è possibile senza l’aumento della produttività e del reddito degli agricoltori.

\Oggi nel mondo si deve saper coniugare produttività, competitività e sostenibilità, salva- guardando, al tempo stesso, la biodiversità e la ricchezza dei diversi sistemi agricoli-territo- riali planetari. Il sistema produttivo del futuro, dovrà essere efficiente sotto il profilo delle risorse, sostenibile e competitivo.

È la crescita inclusiva, che prevede investimenti e partecipazione delle persone, mediante livelli d’occupazione elevati e di qualità, per sostenere lo sviluppo socio economico delle aree rurali. Anche questo è un ambito su cui l’agricoltura è chiamata a svolgere un ruolo da prota- gonista essendo un settore che fornisce un importante contributo in termini di PIL e di posti di lavoro. Per consentire agli agricoltori di poter continuare a svolgere la preziosa funzione di gestione delle terre, il modello di sviluppo dovrà essere governato da regole chiare, condi- vise e certe. Ciò richiede una politica per lo sviluppo rurale che sostenga l’agricoltura che più ha necessità, che elimini le rendite parassitarie e dia prospettive di successo agli agricoltori, ai giovani che scelgono l’impresa agricola e decidono di non abbandonare le aree interne e svantaggiate. Una politica che favorisca la sostenibilità, la tutela della biodiversità e del pae- saggio nell’ottica della crescita dell’economia circolare. Tutto ciò, si realizza nel momento in cui all’attività agricola venga riconosciuto, oltre al fondamentale ruolo di produzione alimen- tare, anche quello di governo del territorio, di prevenzione dei disastri ambientali, di mante- nimento della biodiversità e mitigazione dei cambiamenti climatici.

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IL NUOVO PARADIGMA DELL’AGRICOLTURA: INNOVAZIONE E FILIERE

Un nuovo paradigma per l’agricoltura

L’agricoltura, nella sua storia per oltre 10 mila anni, si è sviluppata in armonia con i cicli natu- rali, mantenendo l’equilibrio tra la produzione di beni e servizi e la riproduzione delle risor- se naturali e della fertilità della terra. Solo dopo la seconda guerra mondiale, lo sviluppo di sistemi produttivi monocolturali e super specializzati ha consegnato in alcuni ambiti dell’opi- nione pubblica l’immagine dell’agricoltura come danneggiatrice dell’ambiente. Questi modelli produttivi super specializzati si sono dimostrati nel tempo fallimentari anche dal punto di vista economico, perché hanno creato marginalizzazione, abbandono dei terreni o processi di desertificazione. Questi modelli, nonostante siano passati alla storia con il nome ingannevole di Rivoluzione verde, sono fondati sulle tecnologie della chimica e della meccanica hard a forte intensità di energia, sul miglioramento genetico finalizzato solo ad aumentare le rese, sulle produzioni di commodity indifferenziate ed, in ultimo, su un alto tasso di “finanziarizzazione”

degli scambi lungo la filiera, accrescendo i problemi della volatilità dei prezzi.

Le sfide del tempo presente impongono lo sviluppo di un nuovo paradigma dell’agricoltura, che torni a coniugare produttività (capacità di nutrire il pianeta), competitività (fornire reddi- to agli operatori), sostenibilità (tutelare e valorizzare il capitale naturale).

Il nuovo paradigma deve essere basato su due capisaldi: le innovazioni (digitale, emergente dalle attività di ricerca, organizzativa e sociale) e il legame con il territorio, che consentono, insieme, di rielaborare nuovi equilibri di filiera.

La possibilità di offrire nuovo valore alle produzioni attraverso, ad esempio, informazio- ni digitali più precise rispetto agli ambienti di provenienza o alle tecniche di lavorazione è strategicamente in linea con un’agricoltura italiana che ha bisogno di differenziare la propria proposta, affermando qualità e territori di origine. Queste opportunità, direttamente deri- vanti da innovazioni e da un più profondo legame con il territorio, impattano sulle filiere delle diverse aree: intensive, interne, urbane e periurbane, mezzogiorno.

Innovazione digitale e innovazione emergente dalle attività di ricerca

La Cia sostiene lo sviluppo di sistemi produttivi integrati collegati alle caratteristiche fisiche e culturali dei territori, valorizzatrici della biodiversità, che garantiscono l’equilibrio tra produ- zione di beni e servizi e riproduzione delle risorse naturali e della fertilità della terra. I sistemi di agricoltura integrata forniscono un rilevante contributo al contrasto ed alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Oggi l’agricoltura è considerata responsabile, specie nei paesi svilup- pati, di circa il 10 per cento di produzione di gas ad effetto serra, a causa principalmente della zootecnia e delle concimazioni azotate. Emissioni che possono ridursi con tecniche adeguate e con la valorizzazione energetica dei reflui zootecnici. Ma agricoltura e silvicoltura posso- no rappresentare un grande serbatoio di carboniocon la produzione di biomasse, la corretta gestione del suolo, l’efficienza nell’uso di acqua irrigua, il mantenimento e la crescita della sostanza organica nel terreno.

Il nuovo paradigma tecnologico è fondato non più sulla chimica e la meccanica ma sulla agroecologia, le biotecnologie, l’agricoltura digitale, l’automazione e le ICT (Information communication tecnology). Il miglioramento genetico, fondamentale per il progresso dell’a- gricoltura, deve essere finalizzato non tanto all’incremento delle rese, quanto ad accrescere

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la resilienza, la qualità, la tolleranza ai parassiti, la rusticità e la capacità di adattarsi al cam- biamento climatico. L’innovazione biotecnologica dovrà basarsi sulle moderne tecniche della cisgenetica e soprattutto del genome editing che permettono di superare la questione degli Ogm (transgenesi) e di rilanciare la ricerca anche sulle varietà, cultivar e razze minori, valo- rizzando la biodiversità e la tipicità.

Occorre sviluppare nuove relazioni tra pubblico e privato ed interazioni più strette tra mon- do dell’impresa e mondo della ricerca, partendo dalla piena attuazione del Piano nazionale dell’Innovazione e della Ricerca. L’innovazione infatti non è solo nuova conoscenza, ma anche trasferimento e diffusione di tecniche elaborate in questi anni, ma non collaudate in campo e non implementate nei processi aziendali. In questo senso è necessario rilanciare moderni sistemi di formazione e consulenza d’impresa, adeguati ai nuovi scenari, capaci di mettere in rete i sistemi regionali, con i centri di eccellenza a livello nazionale ed anche europeo.

Innovazione organizzativa

L’innovazione non è solo tecnica, ma anche organizzativa. L’agricoltura italiana ed europea per essere competitiva deve superare il modello delle commodity indifferenziate raccorcian- do le filiere e sviluppando sistemi locali di produzione.

Non si può prescindere dalla valorizzazione del ruolo dell’impresa agraria, nelle diverse forme che assume, ma sempre garantendo dignità e reddito adeguato agli operatori agricoli.

Attualmente anche nelle società avanzate il reddito degli agricoltori è considerevolmente inferiore a quello medio degli altri settori produttivi. L’impresa agraria negli ultimi decenni ha subito profonde trasformazioni, ma rimane la cellula vitale dei sistemi agricoli ed agroalimen- tari. Per la competitività, oltre alle necessarie perizia tecnica ed efficienza aziendale, è sem- pre più rilevante poter disporre di relazioni efficaci sul territorio e nella filiera.

È fondamentale rafforzare le strategie che mirano all’aggregazione, allo sviluppo dell’econo- mia contrattuale, all’eliminazione delle pratiche commerciali sleali, alla regolazione autoge- stita delle filiere mediante organismi interprofessionali efficaci. La Cia è impegnata per le OP partecipate e controllate dagli agricoltori (no alle “Op finte”) e che siano strutture economi- che operative nei mercati (no alle “Op di carta” nate solo per svolgere funzioni burocratiche).

In Italia dobbiamo accrescere l’organizzazione economica delle Op in tutti i settori ed in tutte le aree geografiche, superando l’attuale disparità, tra nord e sud del paese, ma soprattutto dobbiamo superare un ritardo culturale sulla loro natura e sulla scarsa attenzione al loro dimensionamento. L’aggregazione non è un bene in sé, lo diventa se permette di raggiungere le potenzialità economiche per realizzare efficaci strategie di mercato. Nella creazione delle Op, la Cia, per varie motivazioni pratiche, storiche ed ideali, parte dalla forma cooperativa, ma oggi si possono utilizzare diverse forme giuridiche secondo le varie necessità ed opportu- nità.

La Cia, nell’ambito dell’innovazione organizzativa della filiera, è impegnata per la creazione di OI come da Regolamento 1308/2013: uniche, nazionali, costituite dalle rappresentanze delle attività economiche (dalla fase agricola alla Gdo) con un forte protagonismo delle imprese.

Le Oi hanno funzioni di pianificazione strategica, di regolazione autogestita del mercato, di promozione e di committenza organizzata con il mondo della ricerca e dell’innovazione. Le Oi possono determinare regole “erga omnes” e raccogliere “contributi obbligatori” nella filiera

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per svolgere le funzioni istituzionali. La Confederazione ritiene che il Governo e le Ammi- nistrazioni regionali debbano svolgere un ruolo attivo nella promozione di questi moderni strumenti di pianificazione strategica e di orientamento dell’economia contrattuale, superan- do ed integrando quell’approccio sempre emergenziale che caratterizza spesso l’azione dei cosiddetti “Tavoli di filiera”.

In questo ambito, è fondamentale rafforzare il ruolo anche di strumenti come i Consorzi di tutela delle denominazioni. Queste strutture pur non essendo Oi ai sensi della regolamenta- zione comunitaria, hanno natura interprofessionale. Esse, democratizzate nella governance svolgono un ruolo fondamentale nella gestione dinamica dei disciplinari, nella promozione e sempre più nella programmazione strategica della produzione e della commercializzazione.

In questo senso occorre operare anche per adeguare la regolamentazione europea e la legi- slazione nazionale, salvaguardando i principi sostanziali delle normative anti trust.

Innovazione sociale

Nutrire il pianeta in modo sostenibile restituisce senso, nelle società avanzate, alla missio- ne dell’agricoltura che l’immagine della distruzione delle eccedenze e la percezione di quasi illimitata disponibilità di cibo a basso costo hanno parzialmente offuscato.

Lo sviluppo dell’agricoltura si inserisce in una riflessione etica che investe l’intera società. Si tratta di acquisire la corretta percezione del ruolo della sana alimentazione per il benessere individuale e collettivo e di riscoprire che il nostro futuro dipende dal tipo di rapporto che intratteniamo con la natura.

Gli agricoltori sono chiamati a produrre beni sicuri da un punto di vista igienico sanitario.

La salubrità rappresenta un fondamentale prerequisito, ma sempre più importanti sono la qualità dei prodotti e la riscoperta del valore relazionale del cibo. Accanto alle attese cosid- dette essenziali, nutritive ed organolettiche, i cittadini consumatori sono attenti sempre più a requisiti immateriali, etici, evocativi e culturali. È soprattutto il territorio il luogo dove i carat- teri nutrizionali ed organolettici interagiscono con quelli evocativi, formando quell’insieme espresso con il termine “tipicità”. Importante è il riconoscimento della “dieta mediterranea”, patrimonio dell’umanità, sempre più uno “stile di vita”, che all’interesse iniziale di tipo nutri- zionale e salutistico aggiunge anche valori culturali ed etici.

Queste innovazioni riguardano anche lo sviluppo di nuovi sistemi agricoli locali, che privile- giano la vendita diretta, i mercati di prossimità e nuove forme di distribuzione e consumo, con il coinvolgimento di diversi attori locali dai circuiti dell’Ho.re.ca., alla piccola distribuzio- ne locale di eccellenza, ai gruppi di acquisto solidale.

Sempre collegato a questo nuovo paradigma sociale è da ascrivere lo sviluppo della cosiddet- ta agricoltura sociale, una forma di welfare innovativo sul territorio in grado di dare risposte ai fabbisogni primari e sociali, espressi da diversi gruppi di persone con disagio e/o bassa con- trattualità. Per la Cia l’agricoltura sociale è un processo “plurale” perché coinvolge, integran- doli, diversi soggetti operativi: imprese agricole, cooperative ed associazioni sociali, istituzio- ni pubbliche (sanitarie, penali, educative), enti locali.

L’agricoltura sociale, in ogni caso, rappresenta un’opportunità in grado di fornire reddito, oriz- zonte di senso, ulteriore reputazione ad un settore - l’agricoltura - che nella sua globalità è da

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sempre intrinsecamente pervaso da grande responsabilità sociale. La Cia è impegnata perché sia al più presto effettivamente applicata la legge 141 del 2015, ma soprattutto per crea- re progetti concreti sul territorio che valorizzino le tante realtà pilota già operanti. La Cia inoltre è impegnata per lo sviluppo dell’Agricoltura sociale in Europa e nell’area mediterranea promuovendo e sostenendo la rete Euro med agri social forum.

Il territorio

Il legame con il territorio, opportunamente valorizzato nelle strategie imprenditoriali, rap- presenta uno dei principali fattori di competitività e di potenziale successo dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano. Il territorio è una somma di storie e di relazioni che si manifesta in un paesaggio, nelle tradizioni, nelle abitudini alimentari, nei processi produttivi agricoli ed artigianali, nella religiosità e nel patrimonio artistico ed architettonico di una comunità loca- le. L’agricoltura deve tornare a rappresentare un fattore costitutivo del territorio, l’attività produttiva che interfaccia l’ambiente geografico con la comunità in esso insediata. Il legame con il territorio delle strategie agricole ed agroalimentari non è dato solo da fattori geografici e naturali, ma anche storici e culturali. Componente identitaria di un territorio è il paesaggio agrario modellato storicamente dagli agricoltori. Il paesaggio acquista valore su tre piani in- teragenti: fruizione estetica, manifestazione di attività produttiva sostenibile in armonia con la natura, sedimentazione di processi storico economici e storico culturali.

La Cia ritiene questo legame essenziale per un’agricoltura italiana che vuole tornare a cresce- re e contribuire alla crescita economica e sociale dell’intero Paese. Su questi temi ha svolto un percorso di approfondimento, elaborazione e confronto, denominato “Territorio come destino”, ha partecipato all’Expo 2015 e contribuito alla Carta di Milano, ha avviato progetti e promosso politiche sia in sede nazionale, che regionale e locale. Questi progetti devono rafforzarsi ed estendersi nei prossimi anni.

Il legame con il territorio rappresenta un “circolo virtuoso”. I prodotti agroalimentari di eccel- lenza e la stessa tradizione enogastronomica locale rappresentano fattori di sviluppo turisti- co e componenti essenziali del marketing territoriale.

Il territorio è diventato un luogo dove si consolidano multifunzionalità e multidimensionalità delle attività economiche, attraverso le relazioni tra diversi soggetti e l’intreccio di processi produttivi, sociali e culturali, che animano le comunità locali.

In generale è fondamentale in Italia ed in Europa contrastare il consumo, il degrado e l’abban- dono del suolo.

La Cia sostiene e chiede di migliorare la proposta di legge in discussione al Parlamento per tendenzialmente azzerare il consumo di suolo, ma chiede anche un maggior impegno per contrastare l’inquinamento ed i processi di desertificazione del terreno. Più in generale è ne- cessario il radicale superamento di quelle logiche di programmazione, che vedono nel suolo agricolo una componente residuale del territorio, in attesa di urbanizzazione. Mentre sono da incentivare le logiche del recupero e del riuso dei fabbricati e dei siti abbandonati, com- preso la “ripermeabilizzazione” delle aree industriali dismesse nelle periferie delle città.

I territori italiani sono particolarmente esposti ai fenomeni del dissesto (erosione, frane ed alluvioni): l’otto per cento del territorio nazionale e sei milioni di residenti sono esposti ad alto rischio idrogeologico, altri ventidue milioni di abitanti a rischio medio. I comuni interes- sati da questi fenomeni sono oltre l’80 per cento del totale. Fondamentale è il ruolo dell’agri-

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coltura e degli agricoltori. La presenza di una agricoltura sostenibile rappresenta il miglior presidio contro il dissesto. Gli imprenditori agricoli, inoltre, nell’ambito della multifunzio- nalità e della pluriattività, possono svolgere servizi di manutenzione del territorio e della rete idrografica minore in convenzione con Amministrazioni locali, Consorzi di bonifica, Enti Parco ed altro. Diversi esempi di successo dimostrano che queste convenzioni rappresentano il modo più diffuso sul territorio e meno costoso per pianificare la manutenzione.

Il territorio nelle aree di agricoltura intensiva

Su circa undici milioni di ettari di Sau, la maggior parte ricade nelle aree di pianura e di collina con modelli di agricoltura specializzata. In queste aree lo sviluppo delle forme di agricoltura sostenibile è legato alla tutela delle risorse naturali e della biodiversità del terreno e più in generale degli ecosistemi e del paesaggio. A parte la promozione dell’agricoltura biologica, che oltre a rispondere ad una domanda crescente del mercato interno ed internazionale, rappresenta un vero e proprio laboratorio di agricoltura sostenibile. Bisogna perseguire tutte quelle innovazioni agronomiche, biologiche e tecnologiche che permettono di salvaguardare la fertilità del terreno ed aumentare l’efficienza delle irrigazioni.

Le aree interne

Le aree interne rappresentano i due terzi della superficie ed un quarto della popolazione na- zionale. Esse sono caratterizzate da abbandono, ritardo di sviluppo, deficit di servizi, riduzio- ne e forte invecchiamento della popolazione.

Le aree interne rappresentano una fondamentale “questione nazionale” per tre motivi: in esse viene di fatto negato il principio costituzionale della parità di cittadinanza e di oppor- tunità; l’abbandono di queste aree rappresenta un costo sempre più alto per la collettività;

questi territori rappresentano un grande potenziale di sviluppo, fondamentale per un Paese che vuole davvero tornare a crescere. Per valorizzare questo potenziale, soprattutto nel centro sud, l’agricoltura e gli agricoltori possono svolgere un ruolo determinante, puntando alla forte integrazione tra le produzioni di qualità e la valorizzazione delle risorse storico-cul- turali, naturali e paesaggistiche di questi territori.

In queste aree, occorre rilanciare la zootecnia estensiva che svolge diverse funzioni, pro- ducendo beni alimentari di qualità, servizi ecosistemici ed energie rinnovabili. La menzione europea “prodotti di montagna” finalmente applicata anche in Italia, può rappresentare un’ul- teriore opportunità di crescita.

Anche il patrimonio forestale va opportunamente valorizzato. Lo sviluppo della filiera le- gno-energia integra la gestione sostenibile del bosco con l’agricoltura nell’organizzazione di sistemi agroenegetici locali, basati su una rete di piccoli impianti di uilizzazione della bio- massa. Il bosco va valorizzato in tutte le sue dimensioni e potenzialità. La costituzione della Direzione Foreste nel Mipaaf, a lungo richiesta dalla Confederazione, deve rappresentare l’occasione per un salto di qualità nelle politiche del settore favorendo anche il recupero della

“cultura del bosco” da parte della società civile, superando i luoghi comuni pretestuosi sulla contrapposizione tra gestione e conservazione.

La ricostruzione delle aree terremotate deve rappresentare un’occasione per pianificare una visione nuova delle aree interne nell’ottica della green economy e del nuovo paradigma

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dell’agricoltura sostenibile. Ma occorre superare gli incomprensibili ritardi nelle procedure e negli interventi per la messa in opera delle strutture temporanee, per il ripristino della viabili- tà e per lo sgombero dei detriti.

Questi ritardi impongono anche, alla luce dell’alta sismicità di gran parte del territorio nazio- nale, di predisporre, come da tempo richiesto dalla Cia, un Codice unico di intervento in caso di grave calamità naturale, che possa affrontare tempestivamente questi eventi, senza ogni volta ridefinire procedure d’emergenza.

Le aree urbane e periurbane

L’agricoltura va rilanciata anche nelle aree periurbane e metropolitane. In queste aree essa assume tre valenze particolari: produzione di cibo, gestione del territorio, realizzazione di servizi sociali. Le cinture verdi ridimensionano la tendenza delle città ad espandersi e offrono ai cittadini l’occasione per un confronto con l’agricoltura, sulla qualità ambientale e urbana.

Le cinture verdi, in sostanza, sono in grado di ricucire la frattura tra città e campagna, resti- tuendo dinamicità alle periferie e chiamando l’agricoltura a presidiare il territorio, combatte- re l’esclusione sociale, produrre innovazione e rendersi promotrice di un diverso stile di vita, in armonia con l’ambiente. L’agricoltura non si ferma alle periferie, ma deve sempre più ca- ratterizzare lo sviluppo di nuove visioni urbanistiche ed architettoniche fondate sui principi delle infrastrutture verdi, sulla bioedilizia, sulle diverse funzioni del verde, estetiche, ambien- tali e salutistiche.

Le specificità del Mezzogiorno

I Patti per il Sud e la Legge per il Mezzogiorno mostrano un rinnovato impegno da parte dello Stato per questa area fondamentale del Paese. Lo squilibrio del mezzogiorno, le sue gravi difficoltà socioeconomiche, specie relativamente alla disoccupazione, rappresentano un ostacolo alla crescita complessiva del Paese. Occorre un impegno costante e finalizzato, che vada oltre i necessari programmi dell’intervento pubblico: buona amministrazione, legalità e giustizia, infrastrutture e politiche attive per il lavoro.

È necessario prima di tutto comprendere che lo sviluppo delle imprese agricole multifun- zionali e delle filiere agroalimentari rappresenta un fattore indispensabile e potente di pro- gresso economico delle aree del Sud. Due ulteriori aspetti sono fondamentali per la Confe- derazione: l’investimento in capitale umano e la capacità delle Istituzioni pubbliche e delle rappresentanze economiche e sociali di convergere su obiettivi concreti comuni. La Confede- razione è direttamente impegnata per il superamento delle difficoltà e dei condizionamenti economici, burocratici e culturali che hanno ridotto in questi anni l’efficacia delle politiche di sviluppo nel Sud. Ma è necessaria una determinazione nuova della politica e delle istituzioni pubbliche.

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