• Non ci sono risultati.

MORTI BIANCHE: GLI IMPIANTISTI E I DATORI DI LAVORO SONO ESENTI DA COLPE?

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "MORTI BIANCHE: GLI IMPIANTISTI E I DATORI DI LAVORO SONO ESENTI DA COLPE?"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

Nei mesi scorsi abbiamo collaborato con il consulente tecnico del tribunale incaricato di analizzare le cause di un grave incidente sul

lavoro, avvenuto in un settore affine al nostro, contribuendo alla raccolta di dati e informazioni riguardanti la sicurezza dei forni di

essiccazione di sostanze contenenti solventi infiammabili.

Riportiamo ampi stralci della relazione peritale, in quanto la riteniamo utile alla promozione di una cultura della sicurezza di cui

nel nostro settore si sente ancora la mancanza

MORTI BIANCHE:

GLI IMPIANTISTI E I DATORI DI LAVORO SONO ESENTI DA COLPE?

A CURA DI MASSIMO TORSELLO

(2)

La diffusione della presente relazione peritale è stata autorizzata dal Pubblico Ministero competente, a seguito della chiusura dell’iter for- male delle indagini: il testo “virgolet- tato in corsivo” che leggerete in que- sto articolo è la trascrizione fedele di quanto scritto nella perizia del Consulente Tecnico del Tribunale.

I riferimenti a società e persone reali sono stati sostituiti con le denomi- nazioni convenzionali utilizzate nella letteratura giuridica.

I FATTI

“L’incidente è avvenuto alle ore 20.15 circa del giorno martedì 20 marzo 2007, all’interno del reparto spalma- tura dello stabilimento produttivo della società ALFA Spa, durante il secondo turno di lavorazione delle bobine di nastro autoadesivo di imballaggio in PVC.

L’incidente è consistito nella deflagra- zione dei due forni di essiccazione sovra- stanti la testata di spalmatura adesivo, dell’impianto produttivo denominato P2.

L’incidente ha causato la morte del Sig.

VERDI, presente all’interno del reparto in qualità di operaio spalmatore, alle dirette dipendenze della società ALFA.

Il primo rapporto stilato dal medico legale intervenuto sul luogo dell’inci- dente ha indicato, quale causa del decesso, lo sfondamento della scatola cranica, con conseguente perdita di materiale cerebrale.

L’incidente ha provocato, inoltre, il feri- mento di altri sei addetti presenti in reparto.

L’incidente, infine, ha determinato importanti danni materiali ed imma- teriali all’azienda ed ai suoi dipen- denti, tra i quali:

- la sostanziale distruzione dell’im- pianto produttivo P2 in prossimità della testata di spalmatura adesivo;

- il grave danneggiamento di tutti gli

impianti ausiliari immediatamente circostanti;

- il parziale danneggiamento delle strutture di copertura del reparto spalmatura;

- il danneggiamento dei serramenti del reparto;

- l’interruzione di tutte le attività pro- duttive del reparto spalmatura nel corso del primo periodo di sequestro dell’area da parte delle competenti autorità;

- la perdurante interruzione delle atti- vità produttive afferenti all’impianto P2;

- l’inquinamento del reparto spalma- tura con le sostanze pericolose proiet- tate in ambiente dall’esplosione, ivi incluso materiale coibente a base di amianto;

- la messa in cassa integrazione di buona parte del personale aziendale;

- effetti psicologici a carattere trauma- tico e demotivante sul personale azien- dale.

[...]

La principale sostanza pericolosa coin- volta nell’esplosione è il solvente infiam- mabile che intride la mescola adesiva spalmata sul nastro di produzione.

Il solvente in oggetto è una sostanza chi- mica ...con la denominazione commer- ciale di Esano (grado polimero), con- venzionalmente denominato “esano tecnico”...

Per quanto riguarda le principali carat- teristiche di pericolo del solvente, la scheda di sicurezza classifica il pro- dotto come “facilmente infiammabile”,

“irritante/nocivo” e “pericoloso per l’am- biente”. La scheda specifica chiara- mente, in particolare, che il prodotto può formare con aria miscele esplosive/infiammabili e che la sua fase vapore, più pesante dell’aria, può essere oggetto di ignizione a distanza. Per quanto riguarda le precauzioni d’uso antincendio e anti-esplosione, si prescrive altrettanto chiaramente di rimuovere tutte le fonti di accensione”.

L’IMPIANTO PRODUTTIVO

COINVOLTO NELL’INCIDENTE

E’ una linea di spalmatura adesivi che prevede le seguenti operazioni sequenziali: “applicazione del primer sulla superficie del supporto da adesi- vizzare; applicazione dell’adesivo in forma liquido-pastosa sul supporto.

Ogni sostanza è applicata sul supporto sotto forma di un sottile strato della grammatura desiderata.

L’applicazione di ogni sostanza avviene mediante una specifica testata di spal- matura. A valle di ogni testata, il sup- porto viene fatto passare attraverso una o più camere di essiccazione (forni), dove un effetto combinato di calore e ventilazione consente di far evaporare il solvente (toluene per il primer, esano per l’adesivo) e di convogliarlo agli impianti di recupero”...

In particolare, “il tunnel di essiccazione adesivo è composto da 8 forni essicca- tori, connessi in sequenza mediante collegamenti stagni, 1 cappa aspirante posta subito a valle dei rulli della testata di spalmatura e 2 cortine di estremità, che agiscono come barriere contro l’in- gresso dell’aria all’interno dei forni.

Durante la produzione, i forni essicca- tori sono a tenuta stagna, inertizzati mediante azoto (fino a diminuire la per- centuale di ossigeno al di sotto del 5%).

Tutti i forni sono muniti di elettroven- tilatori; i primi quattro, in partico- lare, hanno una doppia ventilazione, sopra e sotto il nastro di linea...Il nastro adesivizzato si muove all’interno dei forni per trascinamento, scorrendo su rulli non motorizzati e rivestiti con trattamento antiaderente.

[...] Il controllo complessivo dell’im- pianto è assicurato da due plc...inter- facciati in modo da scambiarsi infor- mazioni di controllo...

Gli operatori possono monitorare e modificare il funzionamento dell’im- pianto a partire da una serie di qua- dri di comando...La testata di spalma-

(3)

tura, in particolare, è dotata di un quadretto bordo-macchina che con- sente all’operatore, tra l’altro, l’avvio della linea di produzione e la regola- zione manuale della sua velocità....

I sistemi di controllo sono program- mati in modo da reagire automatica- mente a particolari situazioni di ano- malia o allarme che abbiano a verificarsi durante il funzionamento.

L’anomalia più importante – che però non ha interessato la dinamica dell’in- cidente in esame – si registra quando la concentrazione di ossigeno all’in- terno dei forni essiccatori supera il 5%.

In questo caso il sistema di controllo avvia automaticamente la cosiddetta procedura di “spurgo lento”, che prevede l’immissione al loro interno di una quantità aggiuntiva di azoto.

Nel caso in cui la concentrazione aumenti ancora fino a superare l’8%, il sistema avvia la procedura di “spurgo rapido”, che prevede il lavaggio imme- diato dei forni mediante un flusso di

azoto puro e l’asportazione del relativo solvente. Lo “spurgo rapido” è anche l’e- sito finale di alcune tipologie di allarme che non vengono risolte in tempo utile dagli operatori. E’ il caso, ad esempio – molto importante per l’incidente in esame – dell’allarme di MASSIMO LIVELLO SOLVENTE...il quale indica che i liquidi contenuti nel con- densatore del sistema di recupero sol- vente hanno superato il livello di guar- dia. Ciò può essere dovuto a diversi fattori (la cui risoluzione è riservata ai manutentori meccanici)....ma, secondo quanto affermato dai respon- sabili tecnici aziendali, la situazione di allarme talvolta si risolve autonoma- mente fermando la macchina, lasciando inertizzato il sistema ed attendendo 5- 10 minuti, in modo che la pompa di drenaggio smaltisca l’eccesso di solvente accumulatosi nel condensatore.

A seguito dell’allarme di MASSIMO LIVELLO SOLVENTE il sistema di controllo effettua automaticamente:

l’attivazione della sirena di segnala- zione; la chiusura immediata delle linee di adduzione dell’adesivo alla testata di spalmatura; il rallentamento della velocità di linea ad un valore pari a circa 4 m/min; l’inizio del conteggio dei 15 minuti, entro i quali gli operatori devono intervenire per risolvere il pro- blema; decorso questo transitorio di attesa, lo spurgo rapido (9 minuti); al termine dello spurgo, la predisposizione per l’apertura dei forni, mediante aper- tura delle loro valvole di ventilazione ed il conseguente ingresso di aria ambiente (de-inertizzazione).

Si osservi che al termine di questa sequenza, gli operatori non dovreb- bero spalmare, bensì effettuare esclu- sivamente le operazioni di manuten- zione e/o riavvio della linea prescritte dalle istruzioni d’uso dell’impianto.

La spalmatura, in particolare, dovrebbe sempre essere preceduta dalla re-iner- tizzazione dei forni.

(4)

RICOSTRUZIONE ANALITICA DELL’INCIDENTE

I quesiti a cui il Consulente Tecnico del Tribunale ha dovuto dare rispo- sta, prevedevano:

- l’identificazione delle cause dell’e- splosione;

- se il macchinario esploso presen- tasse vizi di costruzione, se non fos- sero state attuate corrette proce- dure di manutenzione o se l’evento sia da ricondursi ad una errata modalità di utilizzo dell’impianto;

- se fossero state implementate cor- rette procedure di sicurezza (docu- mentali) e se il personale fosse stato adeguatamente informato e for- mato in merito.

Secondo i dati rilevati e le informa- zioni ricevute, il Consulente ha potuto ricostruire le cause più probabili del- l’incidente mortale in oggetto, qui di seguito riportate.

“La causa immediata della deflagra- zione è stato l’innesco dell’atmosfera esplosiva presente alle ore 20.15 circa all’interno dei forni 1 e 2 dell’impianto di spalmatura P2, ubicati immediata- mente al di sopra della postazione di lavoro della testata di spalmatura ade- sivo.

L’atmosfera esplosiva è stata generata dalla miscelazione accidentale, all’in- terno dei due forni, di aria ambiente con vapori di solvente infiammabile in concentrazione tale da ricadere nel corrispondente campo di esplosività.

L’aria ambiente era stata introdotta nei forni nel corso della loro procedura di de-inertizzazione, conseguente ad uno spurgo rapido dell’impianto.

I vapori di esano, invece, erano stati suc- cessivamente rilasciati nei forni dal nastro di linea in movimento al loro interno, sul quale gli operatori stavano forzando la spalmatura dell’adesivo residuo presente nella testata dell’im- pianto al termine dello spurgo rapido.

Quest’ultimo era stato attivato in auto- matico, per la seconda volta nel turno

di lavoro, dal sistema di controllo della linea a seguito della mancata risolu- zione, da parte degli operatori, di un ripetuto allarme di “MASSIMO LIVELLO SOLVENTE”, indicante un problema di eccesso di liquidi nei condensatori del sistema di recupero solvente.

L’indagine peritale ha rilevato che alla base di queste cause immediate, hanno agito una serie di ulteriori fatti e circostanze, identificabili come l’effettivo punto di partenza della catena incidentale, aventi sia natura stretta- mente tecnologica (vizi costruttivi, guasti, malfunzionamenti, etc.) sia natura organizzativo-gestionale (usi impropri, procedure inadeguate, forma- zione insufficiente, etc.).

L’indagine ha mirato perciò alla defi- nizione analitica di questi elementi eziologici di base, suddividendoli in:

cause di mancata prevenzione dell’esplo- sione; cause di mancata protezione, dagli effetti dell’esplosione, dei lavora- tori.

Per quanto concerne la mancata pre- venzione dell’esplosione, l’indagine ha rilevato che essa è stata determinata da un insieme di cause plurime con- correnti:

- deviazione iniziale di processo (l’a- desivo immesso nella linea di spalma- tura presentava un eccesso di antim- paccante a base acquosa....e l’acqua in eccesso ha provocato... l’intervento dell’allarme MASSIMO LIVELLO SOLVENTE);

- inadeguata gestione dell’allarme (a partire dalle 18.30 nessun respon- sabile tecnico risultava presente in azienda. Questa assenza ha inciso in modo determinante sulla gestione deficitaria degli allarmi...In effetti, il capoturno non aveva la qualifica scolastica, la preparazione tecnica e l’autorità aziendale necessarie per gestire autonomamente situazioni complesse di allarme in produzione...In esito a tale incapa- cità di gestione della situazione, ai due allarmi successivi...ha corrispo-

sto sempre e soltanto la sequenza di spurgo rapido ed apertura forni, con la conseguente formazione di residui di adesivo in racla, situazione che da sempre comportava il rischio con- creto – ma sottovalutato dalla dire- zione – di un uso improprio e peri- coloso dell’impianto, che è effettivamente poi avvenuto);

- mancato rispetto della prassi di sicurezza per la pulizia della testata (queste modalità prevedono, ad impianto fermo, la pulizia esclusiva- mente manuale del calamaio di testata. Gli operatori, invece, hanno forzato manualmente la marcia e l’accelerazione della macchina, per spalmare i residui di adesivo...pur non essendo l’impianto in condizioni di sicurezza, cioè a forni non inerti.

In questo modo essi hanno involon- tariamente introdotto nei primi due forni una quantità di solvente in evaporazione, sufficiente a determi- nare un’atmosfera esplosiva);

- assenza di controllo di esplodibilità dell’atmosfera dei forni (i forni non risultavano dotati di sensori in grado di rilevare la formazione di un’atmo- sfera esplosiva al loro interno. Il sistema di controllo della spalma- trice, di conseguenza, non è stato in grado di fermare automaticamente la linea di produzione, a fronte della pre- senza di una miscela esplosiva);

- assenza di sistemi di prevenzione degli inneschi sull’impianto (non è presente, in particolare, alcun sistema per evitare la formazione delle cari- che elettrostatiche - che molto proba- bilmente hanno costituito l’innesco dell’atmosfera esplosiva - generate dal rotolamento/scorrimento rapido del film plastico utilizzato come sup- porto al nastro adesivo in corso di pro- duzione);

- assenza di allarmi/controlli sulla marcia e velocità di linea in con- dizioni di assenza di inertizza- zione dei forni (il sistema di controllo non è stato programmato in modo da disabilitare automaticamente i

(5)

comandi manuali di “Marcia linea”

nella condizione di forni chiusi non inerti, ...[oppure] da limitare auto- maticamente la velocità di linea nella condizione di forni non inerti...[né]

da generare allarmi tali da risultare efficaci nell’avvertire l’operatore...Gli operatori hanno quindi potuto riav- viare la spalmatrice dopo uno spurgo, sebbene vi fosse aria nei forni e que- sti non fossero aperti. Gli operatori, inoltre, hanno potuto accelerare la linea fino ad una velocità media di 45 m/min, molto superiore alla velo- cità limite oltre la quale la cappa di testata non è più in grado di aspirare il solvente in evaporazione).

Per quanto riguarda la mancata pro- tezione dagli effetti dell’esplosione, l’indagine ha rilevato:

- assenza dei dispositivi di sfogo delle esplosioni (in loro assenza, la sovra- pressione di esplosione ha determinato la proiezione verso il basso dei mate-

riali ad alta velocità, che hanno impat- tato sul capo del lavoratore deceduto);

- impropria ubicazione della posta- zione di testata (i lavoratori operanti in testata erano obbligati ad operare costantemente con il loro capo situato a meno di un metro dal fondo del primo forno di linea, dove per altro si aveva la maggiore concentrazione dei vapori di solvente);

- mancata protezione superiore della postazione di testata (non è stata dotata di adeguate protezioni contro la proiezione di oggetti dall’alto in caso di esplosione);

- assenza di allarmi automatici pre- esplosione (l’impianto non è stato dotato di un sistema ottico-acustico di allarme, connesso ad appositi sensori di esplosività interni ai forni, tali da avvertire i lavoratori dell’imminente rischio di esplosione, consentendo loro di mettersi in salvo allontanandosi in tempo utile dalla postazione di testata).

VIZI COSTRUTTIVI DELLA SPALMATRICE

“Al momento dell’incidente, l’impianto P2 presentava un insieme di caratteri- stiche costruttive tali da non garantire un adeguato livello di sicurezza contro le esplosioni, in particolare nel caso di utilizzo improprio della macchina.

Queste caratteristiche, sono necessaria- mente intese come “vizi di costruzione”

anche laddove esse si riferiscano ad aspetti costruttivi dell’impianto che, apparen- temente accettabili dal punto di vista antinfortunistico al momento della pro- gettazione originaria e della prima messa in servizio (1989-1991), tali non pote- vano più essere considerati al momento dell’incidente (2007) per almeno due ordini di motivi: l’entrata in vigore, successivamente al 1991, di nuove dispo- sizioni di legge che hanno innovato il quadro delle prescrizioni tecniche antinfortunistiche applicabili (in primis il Dlgs 233/2003 sulla protezione dei lavoratori da atmosfere esplosive); l’evo- luzione, successivamente al 1991, dei requisiti di sicurezza antiesplosione delle macchine...I vizi di costruzione così defi- niti hanno contribuito in modo deter- minante sia alla mancata prevenzione dell’esplosione sia alla mancata prote- zione dai suoi effetti...Tutti i vizi di costruzione sopra descritti, risultano cri- tici sia rispetto alle vigenti disposizioni di legge in materia di sicurezza sul lavoro, sia rispetto alle norme tecniche europee in materia di sicurezza delle macchine... L’efficace eliminazione di uno o più dei vizi costruttivi sopra descritti avrebbe consentito di evitare l’esplosione o di attutirne significativa- mente gli effetti, impedendo così l’infor- tunio mortale in oggetto. In particolare, uno o più dei vizi sopra descritti avreb- bero potuto essere eliminati attraverso interventi tecnici di adeguamento della macchina spalmatrice, la cui onerosità complessiva non sarebbe stata di entità tale da rendere economicamente sconve- niente la prosecuzione nell’utilizzo del- l’impianto P2.

(6)

LE RESPONSABILITA’

DELL’AZIENDA UTILIZZATRICE

“Sulla scorta dell’analisi delle cause tecnico-organizzative alla base dell’e- splosione, è opinione del Consulente Tecnico che la motivazione essenziale dell’incidente sia da ricercarsi, in ultimo, in una grave insufficienza della valutazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori predisposta dall’azienda. [...]

Il datore di lavoro della ALFA Spa avrebbe dovuto prendere in debita con- siderazione questo concetto essenziale di sicurezza (quello di “uso improprio prevedibile” - NdA), sia nell’ambito dell’adempimento dei suoi obblighi generali di revisione della valutazione del rischio...sia soprattutto, dopo il 2003, nell’ambito dei rinnovati obbli- ghi di valutazione degli specifici rischi derivanti da atmosfere esplosive, deri- vanti dall’applicazione del nuovo Titolo VIII-bis del Dlgs 626/1994...

In esito alla valutazione del livello inaccettabile del rischio di esplosione connesso con l’utilizzo improprio del- l’impianto P2, il datore di lavoro avrebbe dovuto attivare immediata- mente uno specifico processo di ri-pro- gettazione della macchina spalmatrice e del suo sistema di controllo. [...]

...E’ certamente significativo rilevare la mancata predisposizione, da parte del datore di lavoro, del “Documento sulla Protezione Contro le Esplosioni”...e per quanto concerne il Documento di Valutazione dei Rischi...desta una certa incredulità il constatare che il rischio per i lavoratori aziendali deri- vante dalla presenza di eventuali atmosfere esplosive è valutato addi- rittura come “RISCHIO ASSENTE”...e come tale, non neces- sitante di alcuna azione preventiva o protettiva. [...]

L’asserita assenza di qualsiasi rischio di esplosione, inoltre, contrasta palese- mente” con l’incidentalità pregressa dell’azienda.

“Si riscontrano significative evidenze storiche di una carente gestione dei rischi di incendio ed esplosione dei siti produttivi industriali. Si citano in par- ticolare i seguenti eventi....nel 2000 avviene un’esplosione nella cabina di riavvolgimento del prodotto finito del- l’impianto di spalmatura P2 provo- cando il ferimento di 2 addetti di reparto e il danneggiamento delle attrez- zature di produzione...[Inoltre], alla data degli eventi l’azienda risultava sprovvista del Certificato di Prevenzione Incendi...ed è possibile affermare che il sito aziendale risultava, al momento dell’incidente, illegittimamente eser- cito in rapporto alle disposizioni auto- rizzative in materia di prevenzione incendi. [...]

L’indagine peritale ha anche eviden- ziato l’assenza e/o la carenza conte- nutistica delle procedure documentali (istruzioni scritte) destinate al per- sonale di conduzione dell’impianto P2, relativamente agli aspetti di sicu- rezza antiesplosione...

E’ importante osservare come l’inade- guatezza delle procedure documentali dell’azienda sul corretto uso della mac- china spalmatrice in occasione delle operazioni di pulizia della testata, rive- sta un ruolo centrale nel giudizio cri- tico sulla gestione della sicurezza antie- splosione. Risulta, infatti, immediato constatare che il mantenimento in ser- vizio di un’attrezzatura di lavoro tec- nicamente carente in fatto di preven- zione/protezione contro le esplosioni, unitamente alla concreta possibilità di un uso improprio della stessa da parte degli operatori di reparto (...si vuole sot- tolineare, tuttavia, come l’uso impro- prio in oggetto risultasse non solo pre- vedibile, ma costituisse addirittura una prassi abituale della squadra di spal- matura infortunata...), avrebbe richie- sto nell’immediato l’attivazione da parte del datore di lavoro di efficaci misure organizzative e gestionali...

[Da ultimo]...l’indagine peritale ha evidenziato importanti criticità for- mative del personale aziendale in

materia di sicurezza e salute sul lavoro. Queste criticità hanno contri- buito indirettamente all’incidente mor- tale in esame. E’ stato appurato, infatti, come l’assenza di adeguate attività for- mative nei confronti della squadra di spalmatura coinvolta nell’incidente abbia favorito: una generale ignoranza o sottostima, da parte degli operatori di linea, dei pericoli di esplosione;...la mancata applicazione delle corrette prassi di pulizia della testata di spal- matura; l’incapacità di gestire com- plesse situazioni di allarme da parte del capoturno...

Quanto sopra rendeva gli operatori di spalmatura presenti in reparto, impreparati a gestire in sicurezza tutte le operazioni di macchina.

[Del resto]..la strategia e la metodo- logia formativa della società ALFA Spa sono dettagliatamente descritte nella procedura interna “Competenza, con- sapevolezza e Addestramento”...orien- tate principalmente al miglioramento del sistema di qualità aziendale, allo scopo principale di “adeguare le capa- cità operative della struttura aziendale alle esigenze richieste dal mercato”.

Formalmente quindi, non vi è alcun esplicito cenno programmatico alle esi- genze di tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori, dell’ambiente e dei terzi.

CONCLUSIONI

In Italia si continua a morire sul posto di lavoro (la media è di 3-4 morti al giorno) probabilmente perché esi- stono ancora troppi datori di lavoro che trascurano la sicurezza (dei pro- pri dipendenti e di quelli altrui), al solo fine di incrementare i propri profitti.

Investire in sicurezza è un costo (così come lo è investire in tecniche e tec- nologie ambientalmente compati- bili) che molti “poveri” imprenditori dicono di non poter sostenere se vogliono sopravvivere in questo mer- cato globalizzato; ma allora, forse,

(7)

SICUREZZA NEI FORNI DI ESSICCAZIONE VERNICI

La lavorazione descritta nell’articolo è affine a quella che avviene nell’ambito della verniciatura (applicazione di resine, con conseguente emissione di solventi all’interno dei forni di essiccazione).

Il Consulente tecnico del Tribunale nell’analisi delle cause dell’incidente ha utilizzato come riferimento normativo anche la norma EN 1539 (che definisce i requisiti di sicu- rezza dei forni utilizzati nella verniciatura) e ci ha eviden- ziato alcuni aspetti di estrema importanza per il nostro set- tore.

Dispositivi di sfogo antiesplosione

La norma citata, sottolinea che anche se i forni sono dotati dei requisiti essenziali di sicurezza, non sempre è possibile eliminare del tutto il rischio di formazione di un’atmosfera esplosiva pericolosa in presenza di una fonte d’accensione.

É quindi necessario che in tutti gli essiccatori venga instal- lato un dispositivo di sfogo dell’esplosione (pannelli, por- telli ecc.).

Questi dispositivi non vengono utilizzati sui forni utilizzati nel nostro settore, in quanto il rischio di esplosione viene prevenuto mantenendo in efficienza i sistemi di ventilazione, per cui non dovrebbero mai crearsi condizioni di concen- trazione di solventi superiori al limite LEL fissato dalla norma 1539.

L’incidente descritto nell’articolo rende però necessaria un’attenta analisi da parte dei costruttori degli impianti di verniciatura e dei relativi forni, in quanto spesso non ven- gono realizzati sistemi di blocco automatico degli impianti in caso di anomalie sui sistemi di ventilazione, nè tanto meno apparecchiature di rilevazione del LEL.

Dispositivi di inertizzazione

In alcuni particolari tipi di forni statici vengono montati sistemi di inertizzazione a base di azoto, in modo da prevenire qualsiasi tipo di rischio. La citata norma EN 1539 pre- vede espressamente in questi casi (paragrafo 5.7.2.3.1) la possibilità di evitare l’in- stallazione di un dispositivo di sfogo antiesplosione, ma l’infortunio mortale descritto nell’articolo si è verificato a causa di un forno in cui era prevista la possibilità di esclu- dere l’impiego dell’inertizzazione ed è proprio in un momento di non funzionamento dell’inertizzazione che si è creata l’esplosione mortale.

E’ evidente quindi che la norma EN 1539 presenta una carenza, probabilmente non considerata dai suoi estensori e l’incidente mortale in oggetto dimostra la necessità di una sua revisione, in quanto la parte finale del paragrafo citato, che prevede generi- camente l’installazione di “...allarmi visivi e acustici che devono indicare tutti i guasti che interessano la sicurezza...”, si è dimostrata insufficiente.

l’ipocrisia di fondo in questo ragio- namento risiede nel fatto che il lavo- ratore (soprattutto quello destinato ai lavori meno qualificati e più peri- colosi) viene considerato “merce”

meno importante del prodotto che esso stesso lavora e non vale quindi la pena spendere tempo e soldi per la sua salute.

Si sa, è molto difficile mettere l’etica davanti al profitto; è molto più sem- plice chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, sperando che nessuno venga a bussare alla porta per obbligarci ad adempiere ai nostri doveri. A volte mi chiedo come faccia certa gente a dormire sonni tranquilli…

Eppure ci sono anche in Italia validi esempi di imprenditori virtuosi che hanno saputo puntare sulla qualità e sulla sicurezza e non sono affondati, anzi, viaggiano a gonfie vele.

Forse bisognerebbe promuovere con maggiore vigore la vecchia pratica dell’esame di coscienza... e istituire delle scuole selettive in cui solo agli imprenditori seri e preparati venga data la facoltà di intraprendere una attività... invece che permettere a chicchessia di giocare con la vita altrui...

Riferimenti

Documenti correlati

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Regione Sardegna e la Provincia di Carbonia Iglesias con l’assistenza di Italia Lavoro S.p.A., le cui

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la Regione Sardegna e la Provincia di Carbonia Iglesias con l’assistenza di Italia Lavoro S.p.A., le cui

Questo servizio comprende tutti gli eventi riguardanti le modificazioni soggettive e oggettive delle posizioni assicurative del settore navigazione e pesca

 la realizzazione - ad uso esclusivo INAIL- di una derivazione idrica dalla condotta principale gestita da Fondazione Terina, al fine di consentire un approvvigionamento

E’ necessario, dunque, realizzare - ad uso esclusivo INAIL- una derivazione idrica dalla condotta principale gestita da Fondazione Terina, al fine di consentire

Ancora infortuni e morti sul lavoro in Veneto, ancora il DRAMMA DI LAVORATORI CHE PAGANO CON LA VITA il mancato rispetto delle norme, la mancanza di investimenti, la

Nel caso in cui la Struttura proponente fosse impossibilitata a deliberare la Commissione nei tempi richiesti, è possibile trasmettere all’Ufficio (sempre entro 3

“Il Medico Competente collabora con il Datore di lavoro e con il servizio di preven- zione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della