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Piano triennale Anticorruzione e Trasparenza

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Academic year: 2022

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Interporto di Trieste S.p.A.

Piano triennale Anticorruzione e Trasparenza

2020 - 2022

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1 INDICE

1. PREMESSA

2. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

3. NATURA GIURIDICA DI INTERPORTO DI TRIESTE S.P.A. SOTTO IL PROFILO DELLA NORMATIVA ANTICORRUZIONE

4. METODOLOGIA DI REDAZIONE DEL PIANO (TECNICA DI SINTESI, DI RINVIO E DI CONCRETEZZA)

5. SOGGETTI COMPETENTI ALL’ADOZIONE DELLE MISURE

6. RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA

7. PIANO TRIENNALE ANTICORRUZIONE E SUO AGGIORNAMENTO 8. TRASPARENZA

9. GESTIONE DEL RISCHIO

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2

PIANO TRIENNALE ANTICORRUZIONE E TRASPARENZA

Interporto di Trieste spa

Sezione del Modello Organizzativo D.Lgs 231/01

1. PREMESSA

Il presente Piano Triennale Anticorruzione e Trasparenza rinvia ai principi che hanno rappresentato la struttura portante del Piano precedente (2016-2019), ma al contempo rappresenta la naturale evoluzione di quest’ultimo in adeguamento alla normativa sopravvenuta (decreto legislativo 175/2016 e decreto legislativo 97/2016), alle Linee Guida A.N.A.C. (delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, delibera n. 1134 del 08 novembre 2017) e al Piano Nazionale Anticorruzione 2019- 2021 che verranno meglio illustrati nel paragrafo intitolato “Quadro Normativo di riferimento”.

Il nuovo scenario normativo e i nuovi orientamenti di A.N.A.C. fan sì che il presente Piano riguardi l’intera attività di Interporto di Trieste S.p.A., quale società controllata dalla pubblica amministrazione, senza alcuna distinzione tra attività privatistica e attività di interesse pubblico.

Viene superata la categoria giuridica del soggetto pubblico “in parte de qua” che consentiva la predetta distinzione tra i due ambiti di attività.

Inoltre, viene rivisto il sistema di calcolo del rischio non più improntato sul metodo quantitativo (P.N.A 2013 come aggiornato dal P.N.A. del 2015), ma su quello qualitativo (P.N.A. 2019-2021, Allegato 1) di cui si darà ampia illustrazione all’interno del Piano medesimo e ciò in riferimento ad ogni specifica attività (processo o procedimento che sia) posta in essere da Interporto di Trieste S.p.A..

2. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

La Legge 06 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” - in prosieguo più semplicemente Legge Anticorruzione - e i successivi decreti 14 marzo 2013 n. 33 recante “riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” modificato con il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33” e 08 aprile 2013, n. 39 recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico a norma dell’art. 1. Commi 49 e 50 della legge 6 novembre 2012, n. 190” hanno introdotto e rafforzato gli strumenti per la prevenzione e la repressione del fenomeno corruttivo e hanno individuato i soggetti preposti a mettere in atto iniziative in materia.

Con tale normativa è stato introdotto un sistema organico di prevenzione della corruzione il cui aspetto caratterizzante consiste nell’articolazione del processo di formulazione e attuazione delle strategie di prevenzione su due livelli.

Ad un primo livello, quello nazionale, il Dipartimento della Funzione Pubblica predisponeva, nella versione originaria della legge e sulla base di linee di indirizzo adottate da un Comitato Interministeriale, il P.N.A. (Piano Nazionale Anticorruzione) che veniva poi approvato dalla C.I.V.I.T., individuata dalla legge quale autorità nazionale anticorruzione.

Per effetto dell’art. 19 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 e dell’art. 5 del decreto legge 01 luglio 2014, n. 101 venivano trasferite all’ A.N.A.C. tutte le funzioni della C.I.V.I.T. unitamente a quelle del Dipartimento della Funzione Pubblica.

Ad un secondo livello cc.dd. decentrato ogni amministrazione pubblica definisce un Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione, che sulla base delle indicazioni presenti nel P.N.A., effettua l’analisi

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3 e valutazione dei rischi specifici di corruzione e, conseguentemente, indica gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

La disciplina di cui al decreto legislativo 97 sopra citato modificata anche dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” ha chiarito che il P.N.A. costituisce atto generale di indirizzo per le pubbliche amministrazioni (art. 2-bis, 1°

comma, del decreto legislativo 33 citato), ai fini dell’adozione dei loro piani triennali di prevenzione della corruzione, mentre per le società e gli enti di diritto privato controllati o partecipati dalle pubbliche amministrazioni (art. 2-bis, 2° e 3° comma, del decreto legislativo 33 citato), costituisce un atto generale di indirizzo ai fini dell’adozione di misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto legislativo 08 giugno 2001, n. 231 recante “disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”.

Per le società controllate al pari di Interporto di Trieste S.p.A. i due sistemi previsti dalle richiamate normative - decreto legislativo 231 citato e normativa anticorruzione - va integrato.

L’integrazione in parola veniva evidenziata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’Autorità nazionale Anticorruzione in un Documento del 23 dicembre 2014 ove si precisava che le misure contemplate di cui alla Legge n. 190/2012 (c.d. “Legge Anticorruzione”) devono trovare applicazione per le Società controllate dalla pubblica amministrazione anche laddove queste abbiano già adottato il Modello previsto dal Dlgs. n. 231/2001, in quanto “l’ambito di applicazione dei 2 interventi normativi sopra menzionati non coincide”. “Difatti – si legge – mentre le norme contenute nel Dlgs. n. 231 del 2001 sono finalizzate alla prevenzione di reati commessi nell’interesse o a vantaggio della Società, la Legge n. 190 del 2012 persegue la finalità di prevenire condotte volte a procurare vantaggi indebiti al privato corruttore in danno dell’Ente (nel caso di specie, della Società controllata)”. Per queste ragioni, le Società controllate dotate del citato Modello devono comunque integrarlo con l’adozione del “Piano di prevenzione della corruzione” di cui alla Legge n. 190 citata.

Infatti, nella delibera n. 1134 del 08 novembre 2017 sub punto 3.1 rubricato “le società in controllo pubblico - 3.1.1. le misure organizzative per la prevenzione della corruzione” veniva confermato il richiamato principio della integrazione tra gli strumenti previsti dalle due normative citate “in una logica di coordinamento delle misure e di semplificazione degli adempimenti, le società integrano, ove adottato, il “modello 231” con misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità in coerenza con le finalità della legge 190 del 2012. In particolare quanto alla tipologia di reati da prevenire, il d.lgs. n. 231 del 2001 ha riguardo ai reati commessi nell’interesse o a vantaggio della società o che comunque siano stati commessi anche e nell’interesse di questa (art. 5), diversamente dalla legge 190 che è volta a prevenire anche reati commessi in danno della società”.

Nel Piano Nazionale Anticorruzione del 2019 approvato con Delibera di A.N.A.C. n. 1064 del 13 novembre 2019 si ribadisce il principio di integrazione del M.O.G. con il Piano Anticorruzione nei seguenti termini: “In merito all’obbligo di adottare misure di prevenzione della corruzione a integrazione di quelle contenute nel modello 231, si evidenzia che, ove sia predisposto un documento unico, la sezione dedicata alle misure di prevenzione della corruzione ai sensi della l. 190/2012 tiene luogo del Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) e deve essere adottata annualmente, secondo le modalità previste per le pubbliche amministrazioni (cfr. Parte II, § 5. “Adozione annuale del PTPC”). Ciò in quanto il carattere dinamico del sistema di prevenzione di cui alla l. 190/2012 richiede una valutazione annuale dell’idoneità delle misure a prevenire il rischio rispetto alle vicende occorse all’ente nel periodo di riferimento. Diversamente, il modello 231, che risponde ad altri scopi, è aggiornato solo al verificarsi di determinati eventi, quali la modifica della struttura organizzativa dell’ente o di esiti negativi di verifiche sull’efficacia”.

Alla luce di questa normativa e provvedimento dell’A.N.A.C. Interporto di Trieste S.p.A. ha deliberato nel Consiglio di Amministrazione del 29 febbraio 2016 di adeguarsi alla normativa anticorruzione nei termini di cui sopra e ora con delibera del Consiglio di Amministrazione del 18 giugno 2020 di

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4 aggiornare la presente Sezione del M.O.G. dedicata alle misure per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza.

3. NATURA GIURIDICA DI INTERPORTO DI TRIESTE S.P.A. SOTTO IL PROFILO DELLA NORMATIVA ANTICORRUZIONE

Interporto di Trieste S.p.A. è una società in controllo pubblico.

Gli azionisti in ordine crescente d’importanza vengono qui di seguito indicati con le corrispondenti percentuali di azionariato:

- Comune di Gorizia (0,000) - Comune di Monrupino (5,523%);

- Comune di Trieste (11,046);

- C.C.I.A.A. Venezia Giulia (16,436%);

- Autorità del Sistema Portuale del Mare Adriatico Occidentale (19,999%);

tanto che la percentuale complessiva di azioni in essa possedute da soggetti pubblici è il 53,004%.

A questi si aggiunge il Socio Friulia S.p.A. con il 46,999%

Va fin da subito evidenziato che la normativa fin qui richiamata si applica anche alle società pubbliche o società in controllo pubblico (art. 1, comma 34°, legge 190/2012 e s.m.i.)1.

In attuazione della legge 190 citata sono stati adottati i decreti legislativi 33 e 39 entrambi del 2013.

Il decreto legislativo 33 citato all’art. 2-bis introdotto dal decreto legislativo 97/2016 prevede al comma 2, lettera b) che la disciplina ivi prevista per le pubbliche amministrazioni si applichi, in quanto compatibile, anche “alle società in controllo pubblico come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175. Sono escluse le società quotate come definite dall'articolo 2, comma 1, lettera p), dello stesso decreto legislativo, nonché le società da esse partecipate, salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche”.

La definizione di società in controllo pubblico si desume dall’art. 2, 1° comma lettere b) e m) del decreto legislativo 175/2016.

La richiamata lettera b) riconduce il controllo alla situazione descritta nell’art. 2359 codice civile precisando che esso “può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.

La richiamata lettera m) definisce come società controllata quella ove “una o più pubbliche amministrazioni esercitano il controllo di cui alla lettera b)”.

Alla luce di queste definizioni si ritiene che Interporto di Trieste S.p.A. sia società controllata dalle pubbliche amministrazioni (Comune di Monrupino, Comune di Trieste, C.C.I.A.A. Venezia Giulia,

1 Articolo 1, comma 34, legge 190/2012 “Le disposizioni dei commi da 15 a 33 si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dall’Unione europea”.

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5 Comune di Gorizia e Autorità di Sistema del Mare Adriatico Orientale) come confermato da un parere legale espresso recentemente in forma scritta da un legale appositamente incaricato della questione.

Il decreto legislativo 39/2013 all’art. 2 prevede che esso si “applichi agli incarichi conferiti nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresi gli enti pubblici, nonché negli enti di diritto privato in controllo pubblico” da intendersi ai sensi dell’art. 1, 2° comma lettera c) le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività' di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”.

La conferma che il controllo congiunto di una società legittimi l’applicazione della normativa in parola giunge anche dalla stessa A.N.A.C. che nella delibera n. 1134 del 08 novembre 2017 scriveva che “rientrano tra le società a controllo pubblico anche quelle a controllo congiunto, ossia le società in cui il controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile è esercitato da una pluralità di amministrazioni”.

4. METODOLOGIA DI REDAZIONE DEL PIANO (TECNICA DI SINTESI, DI RINVIO E DI CONCRETEZZA)

Il presente Piano viene redatto in modo sintetico e/o schematico, al fine di consentire agli organi, agli uffici di Interporto di Trieste S.p.A., nonché ai terzi di comprenderlo con immediatezza.

A tal fine è stato anteposto un indice dei paragrafi con l’oggetto trattato al fine di un’immediata esplicazione della questione sinteticamente formulata.

L’altra tecnica utilizzata è quella del rinvio alla normativa primaria (legge 190, d.lgs. 33 e 39 cit., ecc.), a tutti gli atti ad essa collegati (P.N.A. 2019-2021, Delibere A.N.A.C., ecc.), nonché quella secondaria (statuto, regolamenti di Interporto di Trieste S.p.A., Codice Etico, M.O.G. ex d.lgs. 231, ecc.), tra l’altro, resi pubblici sul sito istituzionale dell’ente nella pagina dedicata alla “Società trasparente”.

In tal modo si è evitato l’appesantimento del presente documento che al contrario sconterebbe qualora venissero riprodotti frammenti dei su richiamati atti normativi o amministrativi.

Infine, si pone la seguente clausola di salvezza: per tutto quanto non esplicitato si rinvia alle precitate fonti normative primarie, secondarie e amministrative da considerarsi espressamente qui richiamate e dunque parti integranti e sostanziali del presente Piano, in quanto compatibili, ivi compreso il precedente Piano 2016-2019 qui in aggiornamento. Pertanto, per tutto quanto non richiamato dal presente Piano vale quanto previsto in quello precedente, purché compatibile con gli aggiornamenti apportati.

Infine, è stata adottata nella redazione del Piano la tecnica della concretezza, al fine di ottenere un documento che rispecchi effettivamente la struttura, le attività, i rischi connessi e le relative e indispensabili misure per Interporto di Trieste S.p.A..

In tal modo si è voluto evitare un documento modello-generico, standard e perciò inefficace.

5. SOGGETTI COMPETENTI ALL’ADOZIONE DELLE MISURE

In occasione dell’aggiornamento del presente Piano (2020 – 2022) il Consiglio di Amministrazione con delibera del 18 giugno 2020 ha individuato e nominato nella figura del Direttore Generale il

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6 Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (R.P.C.T.)2, conformemente alla modifica apportata alla legge 190 citata dall’art. 41 del decreto legislativo 97 citato che vuole l’accorpamento delle competenze in un unico soggetto.

Pertanto, i soggetti competenti in questo specifico ambito sono:

- il Consiglio di Amministrazione;

- Direttore Generale.

Il R.P.T.C. si coordinerà con l’Organismo di Vigilanza trattandosi, per l’appunto, di sistema integrato.

6. RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

Il Consiglio di Amministrazione di Interporto di Trieste S.p.A. con delibera del Consiglio di Amministrazione del 18 giugno 2020 ha conferito la nomina di Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza al Direttore Generale Signor Oliviero Petz.

Il Responsabile predetto si coordinerà con l’Organismo di Vigilanza nominato con delibera Consiglio di Amministrazione del 09 maggio 2019.

La nomina va inviata ad A.N.A.C. esclusivamente con il Modulo apposito (Modulo A.N.A.C. Nomina RPC) disponibile sul sito istituzionale alla Servizi/Servizi on line_ Nomina dei RPC-RT, compilato digitalmente in ogni suo campo e inviato esclusivamente alla casella e – mail anticorruzione@anticorruzione.it.

Parte integrante del presente Piano è la delibera relativa alla nomina del Responsabile scaricabile dal link della pubblicazione della stessa:

www.interportotrieste.it/it/15552/Piano_Triennale_Anticorruzione_trasparenza.

7. PIANO TRIENNALE ANTI CORRUZIONE E SUO AGGIORNAMENTO

Qui di seguito verranno indicate esclusivamente gli aggiornamenti da effettuare ai vari documenti costituenti il M.O.G. al momento vigente.

Per cui si manterrà la numerazione lì assegnata.

(5.3.1 del Piano Anticorruzione 2016-2019 - Codice Etico, Allegato B al M.O.G.) Nel Piano Anticorruzione 2016-2019al punto 5.3.1 si disciplinava la misura del Codice Etico quale Allegato B al M.O.G..

A tal proposito si rammenta che il Consiglio di Amministrazione con delibera del 24 novembre 2011 ha approvato il Codice Etico (Allegato B) al Modello Organizzativo del decreto legislativo 231 citato.

Si suggerisce di sostituire la denominazione Codice Etico con Codice di Comportamento o quanto meno integrare le due diciture (Codice Etico e di Comportamento), in quanto soltanto l’inosservanza delle prescrizioni di quest’ultimo possono essere sanzionate avendo il Codice Etico contenuto meramente valoriale.

A tal proposito A.N.A.C. nel P.N.A. 2019-2021 evidenzia sub punto 1.3.3. che: “I codici di comportamento non vanno confusi, come spesso l’Autorità ha riscontrato, con i codici “etici”,

“deontologici” o comunque denominati. Questi ultimi hanno una dimensione “valoriale” e non disciplinare e sono adottati dalle amministrazioni al fine di fissare doveri, spesso ulteriori e diversi

2 Nel Piano Triennale Anticorruzione e Trasparenza 2016-2019 il soggetto all’epoca nominato quale responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza era il Presidente del Consiglio di Amministrazione.

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7 rispetto a quelli definiti nei codici di comportamento, rimessi alla autonoma iniziativa di gruppi, categorie o associazioni di pubblici funzionari. Essi rilevano solo su un piano meramente morale/etico.

Le sanzioni che accompagnano tali doveri hanno carattere etico-morale e sono irrogate al di fuori di un procedimento di tipo disciplinare.

Pertanto, il Codice Etico andrà meramente integrato in sede di aggiornamento con alcune prescrizioni a carattere “pubblicistico”.

A tal proposito il P.N.A. 2019-2021 precisa sub punto 1.3.2 (pagina 43 e ss) che “Considerata la stretta connessione tra i due strumenti di prevenzione della corruzione, si suggerisce ai RPCT di affiancare al lavoro relativo alla individuazione delle misure di prevenzione della corruzione (in sede di elaborazione del PTPCT) una riflessione relativa alle ricadute di tali misure in termini di doveri di comportamento, in modo tale da disporre di materiali di studio e di approfondimento che si possono rivelare utili in fase di predisposizione del codice. In particolare, si raccomanda di valutare, per ciascuna delle misure proposte, se l’attuale articolazione dei doveri di comportamento (doveri del codice nazionale e doveri del vigente codice di amministrazione, se adottato) sia sufficiente a garantire il successo delle misure, ovvero se non sia necessario individuare ulteriori doveri, da assegnare a determinati uffici (o categorie di uffici) o a determinati dipendenti (o categoria di dipendenti). Si tratta di un lavoro indispensabile, perché, in tal modo, ciascuna amministrazione dispone, quale traccia per la redazione del nuovo codice, di una propria “mappatura” dei doveri di comportamento connessi alla piena attuazione, da parte dei dipendenti, sul versante dei comportamenti soggettivi, delle misure oggettive e organizzative del PTPCT”.

Alla luce dell’indicazione di A.N.A.C. sopra riportata il Codice Etico allegato del M.O.G. andrebbe integrato come segue:

(Articolo 5.3.6 Codice Etico, Allegato B al M.O.G.)

Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto mediante sottoscrizione di apposito Modulo, il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:

a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;

b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.

Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Alle situazioni di conflitto d’interesse concreto o potenziale di cui sopra vi può essere un’ulteriore fattispecie che “può presentarsi nei casi in cui il conferimento di una carica nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato regolati, finanziati e in controllo pubblico sia formalmente in linea con le disposizioni del d.lgs. n. 39/2013 e tuttavia configuri una situazione di conflitto di interessi non limitata a una tipologia di atti o procedimenti, ma generalizzata e permanente, c.d. strutturale, in relazione alle posizioni ricoperte e alle funzioni attribuite. In altri termini, l’imparzialità nell’espletamento dell’attività amministrativa potrebbe essere pregiudicata in modo sistematico da interessi personali o professionali derivanti dall’assunzione di un incarico, pur compatibile ai sensi del d.lgs. 39/2013” (A.N.A.C. P.N.A. 2019-2021).

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8 (articolo 5.4 Codice Etico, Allegato B al M.O.G.)

- il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per gli altri, regali o altre utilità.

- il dipendente non accetta incarichi di collaborazione con soggetti privati che abbiano o abbiano avuto nel biennio precedente un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza;

- il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.

(articolo 5.4.2 Codice Etico, Allegato B al M.O.G.)

Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, il dipendente non sfrutta, né menziona la posizione che ricopre per ottenere utilità che non gli spettino e non assume nessun altro comportamento che possa nuocere all’immagine della società.

Inoltre, va detto che oltre all’aggiornamento delle disposizioni del Codice Etico sopra riportate andrebbero inserite nel medesimo documento - anche mediante mero rinvio - le seguenti nuove disposizioni con il seguente contenuto:

(I Nuova disposizione)

in merito alla partecipazione ad associazioni od organizzazioni:

Il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazione, diverse da partiti politici o sindacati, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio. Inoltre, il dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni, né esercita pressioni a tal fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

(II Nuova disposizione)

In merito all’obbligo di astensione:

Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.

(III Nuova disposizione)

In merito alla prevenzione della corruzione:

Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione contenute nella sezione del M.O.G. relative alla prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza.

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9 (IV Nuova disposizione)

In merito alla trasparenza e tracciabilità:

Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale. Inoltre, la tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.

(V Nuova disposizione)

In merito al comportamento in servizio

Il dipendente è tenuto a rispettare i termini del procedimento amministrativo, salvo giustificato motivo, non ritarda né adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività o l’adozione di decisioni di propria spettanza.

Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro, comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici dell’ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall’amministrazione. Il dipendente utilizza i mezzi di trasporto di Interporto Trieste S.p.A. a sua disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d’ufficio, astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d’ufficio.

(VI Nuova disposizione)

In merito ai rapporti con il pubblico:

Il dipendente in rapporto con il pubblico (da intendersi i terzi) si fa riconoscere attraverso l’esposizione in modo visibile del badge od altro supporto identificativo messo a disposizione da Interporto di Trieste S.p.A., salvo diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza, cortesia e disponibilità e, nel rispondere alla corrispondenza, a chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella maniera più completa e accurata possibile. Qualora non sia competente per posizione rivestita o per materia, indirizza l’interessato al funzionario o ufficio competente della medesima società. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto d’ufficio, fornisce le spiegazioni e di altri dipendenti dell’ufficio dei quali ha la responsabilità od il coordinamento. Nelle operazioni da svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta, salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorità stabilito da Interporto di Trieste S.p.A.., l’ordine cronologico e non rifiuta prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai loro reclami.

Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti di Interporto di Trieste S.p.A..

Il dipendente che svolge la sua attività lavorativa volta a fornire servizi all’utenza cura il rispetto degli standard di qualità e di quantità fissati da Interporto di Trieste S.p.A.. Il dipendente opera al fine di assicurare la continuità del servizio e di fornire loro informazioni sulle modalità di prestazione del servizio e sui livelli di qualità.

Il dipendente non assume impegni né anticipa l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio, al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari

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10 in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria società.

Il dipendente osserva il segreto d’ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d’ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all’ufficio competente della medesima società.

(VII Nuova disposizione) In merito ai dirigenti:

Ferma restando l’applicazione delle altre disposizioni del Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti e ai soggetti che svolgono funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché ai funzionari responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di dirigenza.

Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti in base all’atto di conferimento dell’incarico, persegue gli obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato all’assolvimento dell’incarico.

Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica alla società le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l’ufficio che dovrà dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all’ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.

Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi, i collaboratori e i destinatari dell’azione amministrativa. Il dirigente cura, altresì, che le risorse assegnate al suo ufficio siano utilizzate per finalità esclusivamente istituzionali e, in nessun caso, per esigenze personali.

Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili, il benessere organizzativo nella struttura a cui è preposto, favorendo l’instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle informazioni, alla formazione e all’aggiornamento del personale, all’inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di età e di condizioni personali.

Il dirigente assegna l’istruttoria delle pratiche sulla base di un’equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle capacità, delle attitudini e della professionalità del personale a sua disposizione.

Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in base alla professionalità e, per quanto possibile, secondo criteri di rotazione.

Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla struttura cui è preposto con imparzialità e rispettando le indicazioni ed i tempi prescritti.

Il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala tempestivamente l’illecito all’autorità disciplinare, prestando ove richiesta la propria collaborazione

(12)

11 e provvede ad inoltrare tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale o segnalazione alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta ogni cautela di legge affinché sia tutelato il segnalante e non sia indebitamente rilevata la sua identità nel procedimento disciplinare, ai sensi dell’articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Il dirigente, nei limiti delle sue possibilità, evita che notizie non rispondenti al vero quanto all’organizzazione, all’attività e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine di rafforzare il senso di fiducia nei confronti di Interporto di Trieste S.p.A..

(VIII Nuova disposizione)

In merito ai contratti e altri atti negoziali:

Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di contratti per conto di Interporto di Trieste S.p.A., nonché nella fase di esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di terzi, né corrisponde o promette ad alcuna utilità a titolo di intermediazione, né per facilitare o aver facilitato la conclusione o l’esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai casi in cui Interporto di Trieste S.p.A. abbia deciso di ricorrere all’attività di intermediazione professionale.

Il dipendente non conclude, per conto di Interporto di Trieste S.p.A., contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui Interporto di Trieste S.p.A. concluda contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, questi si astiene dal partecipare all’adozione delle decisioni ed alle attività relative all’esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell’ufficio.

Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto di Interporto di Trieste S.p.A. ne informa per iscritto il dirigente dell’ufficio.

Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente, questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della gestione del personale.

Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte Interporto di Trieste S.p.A. rimostranze orali o scritte sull’operato dell’ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore gerarchico o funzionale.

(IX Nuova disposizione)

In merito alla vigilanza, monitoraggio e attività formative:

Sull’applicazione del presente Codice Etico/ di Comportamento vigila il dirigente responsabile della società, le strutture di controllo interno e dell’ufficio di disciplina.

Il responsabile della prevenzione della corruzione cura l’aggiornamento del codice Etico/di comportamento di Interporto di Trieste S.p.A., l’esame delle segnalazioni di violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di

(13)

12 cui all’articolo 54 -bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, la diffusione della conoscenza del codice in parola, il monitoraggio annuale della sua attuazione, la pubblicazione sul sito istituzionale e la comunicazione all’Autorità nazionale anticorruzione, di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attività previste dal presente articolo, il responsabile della prevenzione opera in raccordo con gli uffici di Interporto di Trieste S.p.A..

Ai fini dell’attivazione del procedimento disciplinare per violazione dei codici di comportamento, l’ufficio procedimenti disciplinari può chiedere all’Autorità nazionale anticorruzione parere facoltativo secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 2, lettera d) , della legge n. 190 del 2012.

Al personale di Interporto di Trieste S.p.A. sono rivolte attività formative in materia di trasparenza e integrità, che consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei contenuti del codice Etico/ di comportamento, nonché un aggiornamento annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili in tali ambiti.

(X Nuova disposizione)

In merito alla responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice:

La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d’ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni.

Ai fini della determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento e all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio di Interporto di Trieste S.p.A.. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l’immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un’attività tipici dell’ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo, del d.p.r. 62/2013. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 5.4, 5.3.6 e 5.4 esclusi i conflitti meramente potenziali, e la VI nuova disposizione denominata “In merito ai rapporti con il pubblico”.

I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

L’integrazione con le nuove disposizioni innanzi riportate e suggerite dal Responsabile Anticorruzione e Trasparenza può avvenire anche per mero rinvio al presente Piano senza necessità di riportare materialmente dette prescrizioni all’interno del Codice Etico/di Comportamento facente parte del M.O.G..

(5.4 Whistleblowing del Piano Anticorruzione 2016-2019)

Il Whistleblower (cc.dd. soffiatore nel fischietto è il dipendente che segnala condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro) è una figura che si ritrova sia nel decreto legislativo 231 citato sia nella normativa anticorruzione.

(14)

13 La prima a prevederlo è stata la legge 190 citata che ha introdotto questa figura mediante l’inserimento dell’art. 54-bis3, nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 successivamente modificandolo con il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114 e con la legge del 30 novembre 2017, n. 179 che lo inserito anche all’interno del decreto legislativo 231 citato.

3Art. 54 bis.

Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (1)

1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.

L'adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.

2. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.

3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale.

Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

4. La segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

5. L'ANAC, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adotta apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni. Le linee guida prevedono l'utilizzo di modalità anche informatiche e promuovono il ricorso a strumenti di crittografia per garantire la riservatezza dell'identità del segnalante e per il contenuto delle segnalazioni e della relativa documentazione.

6. Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. L'ANAC determina l'entità della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell'amministrazione o dell'ente cui si riferisce la segnalazione.

7. È a carico dell'amministrazione pubblica o dell'ente di cui al comma 2 dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente sono nulli.

8. Il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.

9. Le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.

(1) Articolo inserito dall'art. 1, comma 51, L. 6 novembre 2012, n. 190 e modificato dall’ art. 31, comma 1, D.L.

24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114. Successivamente, il presente articolo è stato così sostituito dall’ art. 1, comma 1, L. 30 novembre 2017, n. 179.

(15)

14 Pertanto, dopo la modifica avvenuta sempre per effetto della legge del 30 novembre 2017, n. 179 sul fronte del decreto legislativo n. 231 citato il M.O.G. dovrà prevedere:

❖ uno o più canali che consentano ai soggetti apicali e non (articolo 5, comma 1, lettere a) e b) del Decreto) di presentare, a tutela dell'integrità di Interporto di Trieste S.p.A., segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del citato decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell'ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell'identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;

❖ almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante;

❖ il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;

❖ nel sistema disciplinare vanno adottate sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

L'adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all'Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall'organizzazione sindacale indicata dal medesimo.

Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all'irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.

Va inoltre evidenziato che l’art. 54-bis citato, pur trattandosi di disposizione rientrante nella disciplina del pubblico impiego, si applica anche a soggetti privati per espressa disposizione della richiamata norma il cui 2° comma recita: “Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica”.

Pertanto, va applicata con tutte le tutele lì previste anche all’interno di Interporto di Trieste S.p.A.

oltreché i canali informativi per il dipendente segnalante da riportare nel M.O.G..

(5.5 Formazione del Piano Anticorruzione 2016-2019)

La formazione del personale costituisce una componente centrale del sistema di prevenzione della corruzione (v. Piano Formativo allegato).

Motivo per cui verrà programmata una formazione periodica per tutto il personale in modo da far consapevolizzare quali siano le condotte conformi alla normativa in parola, tenendo conto che il personale è già sensibilizzato riguardo i temi del decreto legislativo 231 citato.

Per quanto riguarda la formazione si rinvia alla previsione contenuta nel punto 10.2 del M.O.G..

Il P.N.A. 2019-2021 ritiene che “L’incremento della formazione dei dipendenti, l’innalzamento del livello qualitativo e il monitoraggio sulla qualità della formazione erogata in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza possono costituire obiettivi strategici che gli organi di indirizzo dell’amministrazione sono tenuti ad individuare quale contenuto necessario del PTPCT”.

(16)

15 A tal fine il Responsabile Anticorruzione e Trasparenza (R.P.C.T.) individua unitamente all’organo d’indirizzo e all’Organismo di Vigilanza ex decreto legislativo 231 i fabbisogni, le risorse e le categorie di destinatari degli interventi formativi.

Gli eventi formativi si struttureranno su due piani: uno teorico finalizzato alla conoscenza della normativa in materia e l’altro pratico con disamina di specifici casi nati dall’esperienza lavorativa dei discenti in modo da adattare la formazione alla realtà specifica di Interporto di Trieste S.p.A..

La stessa A.N.A.C. “valuta positivamente, quindi, un cambiamento radicale nella programmazione e attuazione della formazione, affinché sia sempre più orientata all’esame di casi concreti calati nel contesto delle diverse amministrazioni e favorisca la crescita di competenze tecniche e comportamentali dei dipendenti pubblici in materia di prevenzione della corruzione”.

Nell’ambito della formazione dovrà essere illustrato il Codice Etico/di Comportamento già predisposto ai sensi del decreto legislativo 231 da Interporto di Trieste S.p.A., così come ora integrato con le disposizioni comportamentali suggerite nella presente parte dedicata all’anticorruzione e alla trasparenza.

Un tanto volto a mettere a disposizione dei dipendenti degli strumenti conoscitivi e pratici per reagire a fenomeni anti-etici o corruttivi da intendersi in senso lato quali condotte a rilevanza penale e condotte a rilevanza amministrativa (corruzione amministrativa).

Il P.N.A. 2019-2021 suggerisce a livello pratico di procedere con una formazione di tipo “generale, rivolto a tutti i dipendenti, mirato all’aggiornamento delle competenze/comportamenti in materia di etica e della legalità” e una di tipo “ specifico, rivolto al RPCT, ai referenti, ai componenti degli organismi di controllo, ai dirigenti e funzionari addetti alle aree a maggior rischio corruttivo, mirato a valorizzare le politiche, i programmi e gli strumenti utilizzati per la prevenzione e ad approfondire tematiche settoriali, in relazione al ruolo svolto da ciascun soggetto nell’amministrazione. Dovrebbero, quindi, definirsi percorsi e iniziative formative differenziate, per contenuti e livello di approfondimento, in relazione ai diversi ruoli che i dipendenti svolgono”.

In esito ai percorsi formativi sarà necessario “monitorare e verificare il livello di attuazione dei processi di formazione e la loro adeguatezza. Il monitoraggio potrà essere realizzato ad esempio attraverso questionari da somministrare ai soggetti destinatari della formazione al fine di rilevare le conseguenti ulteriori priorità formative e il grado di soddisfazione dei percorsi già avviati”.

(XI Nuova disposizione)

Patti d’Integrità e/o Protocolli di legalità

Ulteriore misura di prevenzione è rappresentata dall’inserimento nei bandi di gara, avvisi o lettere d’invito di cc.dd. clausole di salvaguardia per imporre agli operatori economici partecipanti alle predette procedure ad evidenza pubblica il rispetto dei protocolli di legalità o patti d’integrità normati dall’art. 1, 17 comma, della l. 190/20124.

L’A.N.A.C. nel P.N.A. 2019-2021 afferma che: “I protocolli di legalità o patti di integrità sono strumenti negoziali che integrano il contratto originario tra amministrazione e operatore economico con la finalità di prevedere una serie di misure volte al contrasto di attività illecite e, in forza di tale azione, ad assicurare il pieno rispetto dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost.) e dei principi di concorrenza e trasparenza che presidiano la disciplina dei contratti pubblici. Si tratta, in particolare, di un sistema di condizioni la cui accettazione

4Articolo 1, 17° comma legge 190/2012: «le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara».

(17)

16 è presupposto necessario e condizionante la partecipazione delle imprese alla specifica gara, finalizzato ad ampliare gli impegni cui si obbliga il concorrente, sia sotto il profilo temporale - nel senso che gli impegni assunti dalle imprese rilevano sin dalla fase precedente alla stipula del contratto di appalto - che sotto il profilo del contenuto - nel senso che si richiede all'impresa di impegnarsi, non tanto e non solo alla corretta esecuzione del contratto di appalto, ma soprattutto ad un comportamento leale, corretto e trasparente, sottraendosi a qualsiasi tentativo di corruzione o condizionamento nell’aggiudicazione del contratto”.

Pertanto, verrà adottato un Modello tipo di clausola di salvaguardia con “specifiche prescrizioni a carico dei concorrenti e dei soggetti affidatari mediante cui si richiede la preventiva dichiarazione sostitutiva della sussistenza di possibili conflitti di interessi rispetto ai soggetti che intervengono nella procedura di gara o nella fase esecutiva e la comunicazione di qualsiasi conflitto di interessi che insorga successivamente” (ANAC, P.N.A. 2019-2021).

(XII Nuova disposizione)

Rotazione ordinaria del personale

La rotazione del personale non è una misura da applicare acriticamente a tutta la struttura, ma soltanto alle aree maggiormente a rischio.

La sua finalità è quella di “limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione. L’alternanza riduce il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi per lungo tempo dello stesso tipo di attività, servizi, procedimenti e instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possa essere sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate e l’assunzione di decisioni non imparziali”

(A.N.A.C., P.N.A. 2019-2021).

Nel caso di specie è una misura di difficile attuazione per il numero ristretto di dipendenti e per le specifiche professionalità che ognuno di loro possiede non intercambiabili senza gravi disservizi e compromissioni a livello organizzativo e procedurale.

Un tanto (non intercambiabilità) risulta a tutti i livelli compreso quello dirigenziale costituito da un unico soggetto apicale per l’intera struttura.

Pertanto, per sopperire all’impossibilità di applicazione questa misura andranno rafforzate le altre qui indicate e in particolar modo la formazione del personale in materia anticorruttiva o con altre misure alternative (es. frantumazione dei procedimenti in modo che il dipendente non abbia il controllo esclusivo dei processi, potenziando ad esempio la trasparenza, l’affiancamento di altri funzionari, suddividere le attività di istruttoria con quelle del provvedimento finale).

In ogni caso viene valutata la possibilità di una formazione trasversale delle competenze così

“accrescendo le conoscenze e la preparazione professionale del lavoratore” e rendendo nel tempo parzialmente adottabile questa misura (ANAC, P.N.A. 2019-2021).

(5.3.6 Codice Etico, Allegato B al M.O.G.)

Il conflitto d’interessi quale misura precauzionale è stata disciplinata dal Codice Etico facente parte del M.O.G. (punto 5.3.6.) rispetto al quale sono state qui previste delle integrazioni.

(XIII Nuova disposizione)

Divieto di Pantouflage/Revolving doors

(18)

17 L’art. 215 del decreto legislativo 39/2013 chiarisce l’ambito soggettivo di applicazione del divieto di cui all’art. 53, comma 16-ter del decreto legislativo 165/2001 che ricomprende anche le società in controllo pubblico.

Per effetto di questo chiarimento i dipendenti di Interporto di Trieste S.p.A. che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali nei confronti di soggetti privati non potranno operare nei tre anni successivi dalla cessazione del rapporto di lavoro a favore di questi ultimi privati sia con contratto di lavoro subordinato che autonomo.

Pertanto, Interporto di Trieste S.p.A. provvederà ad inserire:

a) nei bandi di gara o negli atti prodromici all’affidamento di appalti pubblici anche in forma diretta, tra i requisiti generali di partecipazione previsti a pena di esclusione e oggetto di specifica dichiarazione da parte dei concorrenti, la condizione che il soggetto privato partecipante alla gara o individuato per l’affidamento diretto non abbia stipulato contratti di lavoro o comunque attribuito incarichi a ex dipendenti pubblici, in violazione dell’art. 53, co. 16-ter, del d.lgs. n. 165/2001;

b) negli atti di assunzione la previsione del divieto di pantouflage;

c) al momento della cessazione dal servizio o dall’incarico il dipendente renderà una dichiarazione impegnandosi al rispetto del divieto di pantouflage, allo scopo di evitare eventuali contestazioni in ordine alla conoscibilità della norma;

8. TRASPARENZA

La misura della trasparenza è trattata in un paragrafo a se stante vista la sua rilevanza ai fini anti- corruttivi.

Interporto di Trieste S.p.A. già da tempo osserva gli obblighi di trasparenza di cui al decreto legislativo 33/2013 e s.m.i. avendo già allestito il sito istituzionale con la sezione denominata

“Società Trasparente” ripartita in tante sotto-sezioni corrispondenti ai dati da pubblicare.

Più dettagliatamente si ritrovano le seguenti sottosezioni:

a) disposizioni generali;

b) organizzazione;

c) consulenti e collaboratori;

d) personale;

e) bilanci;

f) beni immobili e gestione patrimonio;

g) organismo indipendente di valutazione;

h) pagamenti della società;

i) piano triennale anticorruzione e trasparenza j) struttura aziendale;

k) bandi di gara;

51. Ai soli fini dell'applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell'incarico.

(19)

18 l) bandi di gara ante piattaforma;

m) concorsi e selezione del personale;

n) provvedimenti amministrativi;

o) attività e procedimenti;

p) altri contenuti.

Il sito viene aggiornato conformemente alla Tabella Allegato B al Piano triennale della Prevenzione della Corruzione e Trasparenza 2019-2021 denominata “sezione “Amministrazione Trasparente” – Elenco degli obblighi di pubblicazione”.

Pertanto, l’aggiornamento riguarderà sia i contenuti delle singole pagine ma anche la struttura informatica delle stesse.

La pubblicazione e la trasmissione dei dati verrà effettuata dall’ufficio Segreteria di Direzione.

Ogni ufficio che tratta procedimenti, atti, dati e informazioni da pubblicare li comunicherà tempestivamente all’ufficio Segreteria di Direzione che provvederà a trasmetterli all’A.N.A.C. e all’ufficio Informatico che provvederà a pubblicarli.

La trasparenza si consegue consentendo, se del caso, le varie forme di accesso previste dalla normativa in materia.

I. Accesso civico semplice

Interporto di Trieste S.p.A. è tenuto a pubblicare i documenti, le informazioni o i dati che devono essere pubblicati per legge, e ciò ai sensi dell’art. 5, 1° comma del decreto legislativo 33 citato e come illustrato nella Determina dell’A.N.A.C. n. 1309 del 28 dicembre 2016 e nelle circolari n. 2 del 30 maggio 2017 e n. 1/2019 del Dipartimento della Funzione Pubblica.

II. Accesso civico generalizzato

Interporto di Trieste S.p.A. ai sensi dell’art. 5, 2° comma del decreto legislativo 33 citato alla luce della medesima normativa e circolari di cui al punto I. che precede deve consentire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle proprie funzioni istituzionali anche se esercitate in forma privatistica, sull’utilizzo delle risorse pubbliche, garantendo la partecipazione al dibattito pubblico per i documenti, informazioni o dati ulteriori rispetto a quelli che devono essere pubblicati per legge ai sensi dell’art. 5, 1° comma del decreto legislativo medesimo.

III. Accesso documentale

Ai sensi dell’art. 29, 1° comma della legge 241/1990 e s.m.i. Interporto di Trieste S.p.A.

consente l’accesso ai documenti amministrativi (c.d. accesso documentale) ai sensi degli artt.

22 e ss della legge medesima in presenza dei presupposti e condizioni previsti.

IV. Trattamento dei dati personali

Interporto di Trieste S.p.A. nell’assentire l’accesso nelle due forme di cui ai punti II. e III. deve rispettare la riservatezza dei terzi controinteressati – che potrebbero essere pregiudicati dall’accesso ai documenti, dati o informazioni - e la normativa di riferimento (Regolamento UE 679/2016 e d.lgs. 196/2003 come modificato dal d.lgs. 101/2018).

Inoltre, Interporto di Trieste S.p.A. ai sensi dell’art. 15 del Regolamento UE 679/2016 consente l’accesso ai dati/informazioni relativi all’Interessato, nonché l’esercizio dei diritti previsti nella citata normativa integrata da quella nazionale (d.lgs. 196 e d.lgs. 101 citati).

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19 LA GESTIONE DEL RISCHIO

Seguendo le indicazioni contenute nel P.N.A. 2019-2021 per la gestione del rischio si è intrapresa l’analisi del contesto sia esterno sia interno.

I. Contesto Esterno

Il contesto esterno richiede l’analisi:

a) delle caratteristiche ambientali e del territoriali - quali a titolo esemplificativo gli aspetti culturali, sociali ed economici - in cui opera Interporto di Trieste S.p.A. tenuto conto anche del suo specifico settore di attività;

b) delle relazioni con gli stakeholders o parti interessate - quali fornitori, locatori, appaltatori, operatori economici in genere, professionisti, ecc. - che vengono influenzate dalle decisioni prese o che possono influire sulle decisioni o infine che hanno un interesse sul fatto che la soluzione scelta posso andare a buon fine con efficace implementazione o meno.

A tal proposito la disamina svolta sul contesto esterno ha preso le mosse dalle fonti esterne costituite dai dati ufficiali forniti dalla Regione Friuli Venezia Giulia - Servizio programmazione, pianificazione strategica, controllo di gestione, statistica e sicurezza sul lavoro per l’anno 2019 nello studio “Lavoro in cifre 2019”, ove sono stati analizzati tutti i settori ivi compreso quello della Giustizia per gli anni 2015, 2016 e 2017

(http://www.regione.fvg.it/rafvg/export/sites/default/RAFVG/GEN/statistica/FOGLIA56/allegati /Regione_in_cifre_2019.pdf).

Altro documento esaminato anche se non proprio recente (ultimo in ordine di tempo messo a disposizione da una fonte ufficiale) è lo studio “Giustizia e criminalità nel Friuli Venezia Giulia”

redatto dal Servizio programmazione, pianificazione strategica, controllo di gestione e statistica della Regione Friuli Venezia Giulia

(https://www.ilfriuli.it/writable/attachments/criminalita_2014_NL.pdf).

A tale disamina si aggiunga quella contenuta nella Relazione Annuale della Corte d’Appello di Trieste per l’anno 2019 (http://www.corteappello.trieste.it/allegatinews/A_4258.pdf).

L’analisi del contesto esterno è proseguita con la lettura della Relazione d’Inaugurazione dell’anno giudiziario 2020 della Corte dei Conti – sezione giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia (https://www.corteconti.it/Download?id=414ae568-8329-4e14-b501-645d5ec65354).

Da tutte questa fonti si ricava che la criminalità in Regione Friuli Venezia Giulia non è caratterizzata da un tasso elevato di reati a danno di soggetti pubblici (es. reati contro la pubblica amministrazione, ecc.), così come confermato dai dati del Centro elaborazione dati interforze (Ced) del dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'Interno utilizzati anche per redigere una relazione che l’assessore regionale alla sicurezza in carica ha presentato alla V Commissione consiliare (2020).

Riguardo le fonti esterne costituite dagli stakeholders non è stata rilevata alcuna segnalazione da Interporto di Trieste S.p.A. che ad oggi non è stata destinataria di alcuna segnalazione.

Parimenti sul piano delle fonti interne.

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