• Non ci sono risultati.

Pensioni - Assegno ordinario di invalidità - Erogazione indebita - Ripetizione.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Pensioni - Assegno ordinario di invalidità - Erogazione indebita - Ripetizione."

Copied!
5
0
0

Testo completo

(1)

Pensioni - Assegno ordinario di invalidità - Erogazione indebita - Ripetizione.

Corte d'Appello di Firenze - 13/21.6.2001, n. 408 - Pres. Drago - Rel.

Pieri - omissis (Avv. Solimeno) - INPS (Av. Cristali).

L'INPS legittimamente procede al recupero dei ratei dell'assegno di

invalidità qualora il beneficiario dello stesso, venendo meno all'obbligo posto a suo carico, omette di comunicare i propri redditi nel periodo di fruizione del menzionato assegno.

FATTO. - Con ricorso depositato in data 27 novembre 2000, omissis proponeva appello avverso la sentenza n. 340/2000, emessa in data 28 settembre 2000 dal giudice del lavoro del tribunale di Arezzo, con la quale era stata respinta la domanda del deducente nei confronti dell'INPS diretta a sentir accertare che l'istituto previdenziale non aveva diritto alla ripetizione nei suoi confronti della somma di lire 4.719.750

indebitamente erogatagli, pretesa con nota del 2 settembre 1998; con la medesima sentenza l'omissis era stato, altresì, condannato al pagamento delle spese processuali, attesa la temerarietà della lite.

L'appellante aveva dedotto avanti al primo giudice che la richiesta dell'INPS traeva fondamento dalla mancata effettuazione da parte dell'istituto delle riduzioni a suo carico sull'assegno ordinario di invalidità a seguito della percezione di un reddito da lavoro autonomo superiore al trattamento minimo. Tuttavia la ripetizione di quanto erogatogli in eccedenza non avrebbe potuto essere esercitata, ai sensi dell'art. l3 della Legge 3012/1991 n. 412, oltre l'anno successivo; tale ripetizione, inoltre, avrebbe dovuto essere esclusa dalla possibilità, per l'INPS, di evitare l'indebito, avendo avuto, all'atto del ricevimento dei contributi per l'attività artigiana svolta dal deducente e produttiva di reddito, tempestiva notizia dello stesso.

Da parte dell'istituto previdenziale si era obiettato che, ai sensi

dell'art. 10 del D.Lgs. n. 503/1992, i titolari di pensione erano tenuti a produrre all'ente erogatore la dichiarazione dei redditi di lavoro

autonomo contemporaneamente alla dichiarazione IRPEF: ciò nonostante, l'omissis si era astenuto dal farlo, attendendo fino al 15 novembre 1998 prima di restituire il modulo con le informazioni sui redditi del

1996/1997 e 1998.

Il primo giudice, sulla base della documentazione prodotta dalle parti, con la richiamata sentenza aveva condiviso l'assunto dell'INPS,

respingendo il ricorso e, ritenuta la manifesta temerarietà della

richiesta declaratoria di irripetibilità, aveva condannato l'omissis al pagamento delle spese processuali.

Con la proposta impugnazione la difesa dell'appellante censurava la

decisione del giudice aretino che non aveva in alcun modo dato conto del fatto che l'INPS, usando la normale diligenza, avrebbe potuto conoscere i redditi del pensionato, se solo avesse controllato i propri registri dei lavoratori autonomi, dai quali sarebbe stato possibile evincere le

dichiarazioni reddituali di commercianti ed artigiani. Era, pertanto,

addebitabile allo stesso ente previdenziale l'indebito, dovuto all'erroneo

(2)

pagamento di una pensione di importo diverso da quello spettante ed alla mancata attivazione, entro l'anno, delle opportune verifiche, ai sensi dell'art. 13 L. n. 412/1991. Da ciò conseguiva l'irripetibilità

dell'indebito. In via subordinata l'appellante lamentava l'assoluta

ingiustificatezza della condanna alle spese processuali di primo grado, in patente violazione della norma dell'art. 152 disp. att. c.p.c, sul punto svolgendo ampie deduzioni.

Al termine delle proprie difese l'omissis assumeva le conclusioni riportate in epigrafe.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva ritualmente l'istituto

appellato deducendo l'infondatezza del gravame. In particolare evidenziava l'assoluta ripetibilità dell'indebito, ai sensi dell'art. 10 del D.Lgs. n.

503/1992, non avendo l'appellante assolto al preciso obbligo di produrre annualmente all'ente erogatore della pensione la dichiarazione dei redditi riferiti all'anno precedente ai fini del divieto di cumulo con redditi diversi. Dopo aver richiamato i vari passaggi della vicenda la difesa dell'appellato sottolineava come da parte dell'ente non vi fosse stato alcun errore nella liquidazione della pensione. Con riguardo al pagamento delle spese di lite disposta dal primo giudice, si osservava che era stato lo stesso omissis, con il suo comportamento omissivo, a creare le

condizioni per la formazione dell'indebito, cercando, poi, di addossare all'INPS responsabilità del tutto inesistenti. Al termine delle proprie difese l'istituto appellato chiedeva il rigetto del gravame e la conferma dell'impugnata sentenza.

Alla fissata udienza di discussione del giorno 13 giugno 2001, dopo la relazione del giudice incaricato e l'audizione dei difensori delle parti, la causa veniva decisa come da separato dispositivo, di cui era data

pubblica lettura.

DIRITTO. - L'appello è infondato e deve essere respinto.

Per un'esatta comprensione della fattispecie in esame della disciplina applicabile ad essa, giova richiamare le "coordinate fattuali".

L'omissis in data 29 luglio 1996 ebbe a richiedere l'assegno di

invalidità, di cui all'art. 1 L. n. 222/1984, sulla base dei redditi dichiarati nell'anno 1995 e su quelli presunti del 1996. Gli assegni di invalidità INPS con decorrenza successiva al 31.12.994, in presenza di un reddito di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa, superiore a quattro oppure a cinque volte il trattamento minimo annuo del F.P.L.D. sono

soggetti a riduzione rispettivamente del 25% e del 50% dell'assegno -, ai sensi dell'art. 1 comma 42 della Legge n. 335/1995.

L'appellante, negli anni successivi, non provvide a comunicare all'INPS i redditi definitivi - a partire da quello dell'anno 1996 - e quelli

presunti (adempimento da effettuare entro il 30 giugno su appositi Moduli Mod. 503 AUT 10 e 11 ) fino a quando l'istituto, con comunicazione del 30 aprile 1998, sollecitò l'invio di tali moduli debitamente compilati al fine di verificare la congruità dell'importo della pensione in pagamento.

Si avvertiva che in caso di mancata risposta entro 15 giorni, si sarebbe provveduto alla sospensione cautelativa del pagamento della pensione.

Solo a quel momento l'omissis si decise a compilare il modulo indicando per gli anni 1995/1996 e 1997 i redditi percepiti da lavoro autonomo -

(3)

falegname artigiano - e quelli presunti per l'anno 1998, redditi che per il loro ammontare superavano i tetti stabiliti, con conseguente riduzione dell'assegno di invalidità già in godimento dall'anno 1996. Con successiva comunicazione del 2 settembre 1998 la sede INPS di Arezzo informava

l'appellante che nel periodo 1.8.1996/31.8.1998 erano state pagate quote di assegno di invalidità non spettanti, in quanto l'ammontare dei redditi da lavoro autonomo è superiore ai limiti fissati dalla Legge n. 335/1995.

Sulla base degli elementi sopra richiamati, ritiene la Corte, in linea con le valutazioni del primo giudice, che l'indebito nel caso di specie sia esclusivamente riconducibile alla condotta inadempiente ed omissiva dell'omissis e non provocato in alcun modo da erronee determinazioni dell'istituto previdenziale nella liquidazione della prestazione.

Infatti, in base alla previsione dell'art. 10 comma 4 del D.Lgs. n.

503/1992 - Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei

lavoratori privati e pubblici -, "nei casi di cumulo con redditi da lavoro autonomo, ai fini dell'applicazione del presente articolo - al comma 1 sono previsti i limiti al divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro dipendente ed autonomo -, i lavoratori sono tenuti a produrre

all'ente o all'ufficio erogatore della pensione dichiarazione dei redditi da lavoro riferiti all'anno precedente, entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione ai fini dell'IRPEF per il medesimo anno". Il

successivo comma 4 bis - aggiunto dal comma 210 dell'art. 1 della Legge n.

662/1996 - stabilisce che gli enti previdenziali provvedono, in via provvisoria, ad effettuare le trattenute delle quote di pensione non cumulabili con i redditi da lavoro autonomo, "sulla base della

dichiarazione dei redditi che i pensionati prevedono di conseguire nel corso dell'anno". Allo scopo i pensionati sono obbligati a rilasciare all'ente previdenziale competente apposita dichiarazione. Nella

fattispecie, come visto, l'INPS provvide ad erogare all'appellante l'assegno di invalidità sulla base di una dichiarazione dei redditi

relativa all'anno 1995, in linea con il "tetto di legge". Successivamente l'omissis, in base alle norme richiamate, avrebbe dovuto, entro il 30 giugno 1997, inviare alla sede INPS di Arezzo dichiarazione circa i

redditi - definitivi - dell'anno 1996 e circa quelli presunti per il 1998.

Da tale omessa doverosa comunicazione - da cui sarebbe emerso il

superamento dei limiti reddituali e la conseguente non cumulabilità di quote dell'assegno di invalidità - è scaturita l'indebita erogazione di cui l'istituto previdenziale ha chiesto la restituzione. Quindi non vi è stato alcun errore dell'INPS nella liquidazione della prestazione. La parte della difesa dell'appellante si invoca l'applicazione della norma del comma 2 dell'art. 13 della Legge n. 412/1991 in forza del quale

"l'INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni

pensionistiche e provvede, entro l'anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza". Tale disposizione, da coordinare

sistematicamente con il successivo - da un punto di vista cronologico - art. 10 commi 4 e 4 bis del D.Lgs n. 503/1992, deve essere interpretata, da un punto di vista logico, nel senso che il termine annuale di decadenza per lo svolgimento delle necessarie verifiche reddituali dei pensionati presuppone, ovviamente, che da parte di questi si sia provveduto, nel

(4)

rispetto della legge, a trasmettere alla sede INPS competente le dichiarazioni dei redditi, sia definitive che presuntive. Tali dichiarazioni, come condivisibilmente osservato dal primo giudice,

"costituiscono la base di partenza delle verifiche INPS e degli eventuali recuperi". Ecco, dunque, che nella "lettura coordinata" delle richiamate normative, l'espressione "entro l'anno successivo" non può che riferirsi, come "termine di riferimento", al momento in cui il pensionato ha

provveduto a trasmettere la dichiarazione reddituale. Del resto, la

tempestività del recupero operato dall'INPS è, in ogni caso, salvaguardata dalla previsione del comma 1 dell'art. 13, in base al quale "l'omessa o incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall'ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite". Tale possibilità di ripetizione prescinde, in questo caso, dal limite temporale dell'annualità delle verifiche, di cui al comma

successivo. Né si vede come nella specie l'INPS, "usando la normale diligenza", avrebbe potuto conoscere i redditi da lavoro autonomo

dell'omissis ricavandoli - secondo l'apodittico assunto dell'appellante, da "non meglio precisati registri dei lavoratori autonomi", dai quali sarebbe stato possibile evincere le dichiarazioni reddituali di

commercianti ed artigiani. Al contrario, nella fattispecie la situazione reddituale dell'appellante avrebbe dovuto essere portata a conoscenza dell'istituto previdenziale dal medesimo, non sulla base di un generico obbligo di diligenza, bensì dell'adempimento di un preciso e tassativo obbligo giuridico.

Come ben si vede, ci troviamo al di fuori delle situazioni tipizzate dalle massime richiamate dalla difesa dell'omissis, tutte aventi come "minimo comun denominatore la non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta".

Per le ragioni di merito sopra esposte, pertanto, l'appello deve essere respinto.

Merita, di contro, accoglimento l'impugnazione relativa al capo della sentenza, con cui l'omissis è stato condannato al pagamento delle spese processuali.

Infatti, ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nelle cause

previdenziali il lavoratore soccombente non è assoggettato al pagamento di spese e di onorari in favore degli istituti di assistenza e di previdenza,

"a meno che la pretesa non sia manifestamente infondata e temeraria".

Tale disposizione tuttora operante a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 134/1994(1) (che ha ripristinato, per i soggetti non abbienti, il previgente sistema dopo l'abrogazione dell'art. 152 disp. att. c.p.c. da parte dell'art. 4 del D.L. n. 384/1992, conv. con Legge n. 438/1992) richiede per l'addebito al pensionato delle spese di soccombenza la temerarietà della pretesa fatta valere in giudizio, ovvero la coscienza della sua infondatezza - Cass. Sez. Lav. n. 1619/1998 -.

Da una valutazione del caso in esame, contrariamente a quanto un po' troppo apoditticamente affermato dal primo giudice, questa Corte non ritiene di avere sufficienti elementi per affermare in maniera

tranquillizzante che l'omissis abbia maliziosamente creato i presupposti per il verificarsi dell'indebito.

(5)

Infatti, l'omessa dichiarazione sulla situazione reddituale per gli anni successivi a quello di presentazione della domanda, non può presumersi frutto di "dolo" dell'assicurato volto alla percezione indebita di una prestazione, quanto piuttosto frutto di un'omissione - colpevole quanto si vuole ai fini della ripetibilità dell'indebito: v. quanto sopra osservato -, dovuta alla dimenticanza di un pur doveroso adempimento di legge.

Tale convincimento sull'"elemento soggettivo", che ha connotato la condotta dell'omissis, trova conforto nella circostanza che la

dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1995 ed in base alla quale l'INPS ha riconosciuto al medesimo il diritto alla prestazione non è stata oggetto di rilievi di sorta da parte dell'ente previdenziale, per cui è da ritenersi veritiera fino a prova contraria. È, altresì, "conseguenziale"

che il limite reddituale dell'anno 1995 rientrasse nei limiti del "tetto"

di legge, diversamente, infatti, non sarebbe stata erogata la prestazione.

Per i motivi esposti, nonostante la soccombenza dell'odierno appellante, ritiene la Corte che il primo giudice avrebbe dovuto disporre l'integrale compensazione delle spese di lite, non ravvisandosi, per le ragioni

esposte, gli estremi della lite temeraria o manifestamente infondata.

In riforma dell'impugnata sentenza, pertanto, le spese di primo grado, al pari di quelle relative alla fase di appello, devono essere dichiarate interamente compensate tra le parti.

(Omissis)

(1) V. in q. Riv., 1994, p. 499

Riferimenti

Documenti correlati

Nell’ambito della gestione contabile relativa al Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del

(1) allegare, se possibile, le cartelle cliniche relative ai ricoveri data della cessazione del lavoro per.. anamnesi remota e prossima (in particolare evidenza

OGGETTO: Anticipo dei termini di pagamento dei trattamenti pensionistici, degli assegni, delle pensioni e delle indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili di

SOMMARIO: con la presente circolare si illustra la disciplina dell’assegno ordinario di cui all’art. 148/2015, quale misura di sostegno al reddito, assicurata dai Fondi di

trascorsi 60 giorni dall’invio della comunicazione, in caso di mancato riscontro, l’Istituto procederà alla sospensione della prestazione con azzeramento della prima rata utile

1 1 4 Del resto, è in tal senso che la Corte, nella sua ordinanza 12 luglio 1996, Regno Unito/Commissione, citata (punto 87), è giunta alla conclusione che il calo nella domanda

La regolamentazione delle spese a seguito di proposta conciliativa e la compensazione delle spese di lite – Esame e discussione di almeno due casi pratici Massimo

L’assegno di super invalidità è una prestazione riconosciuta a favore degli invalidi di guerra e per causa di servizio, in aggiunta alla pensione principale, ossia alla pensione