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FACOLTA’ DI INGEGNERIA

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Academic year: 2021

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FACOLTA’ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA

TESI

CAVA DI CALDACCOLI, IPOTESI DI RIUSO E PROCESSI GENERATIVI

CANDIDATO

ANDREA DE ANGELI

RELATORI

PROF. DOMENICO TADDEI

PROF. MASSIMO DRINGOLI

ING PAOLO FIAMMA

ARCH. ALESSANDRO MELIS

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare sinceramente tutte le persone che mi sono state vicine, non solo nella redazione di questo lavoro, e che hanno accompagnato la mia vita fino ad oggi.

A mia mamma, cui va il primo abbraccio per avermi sempre sostenuto, alle mie sorelle Gemma e Nella, ai miei cognati Ezio e Fabrizio, ai miei nipoti Lara, Fabrizio, Riccardo, Caterina, Margherita, che in maniera diversa mi hanno sempre appoggiato. Ai ragazzi e ai titolari dello studio in cui lavoro per la pazienza. A tutti i miei amici, a Paolo in particolare.

A Chiara, che mi è vicina ogni giorno, a cui devo molto e non solo per aver portato a termine questo lavoro, un ringraziamento speciale.

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PREFAZIONE 4

SAN GIULIANO TERME 5

CALDACCOLI 12

IL RILIEVO STRUMENTALE 20

IPOTESI DI RIUTILIZZO 22

ESEMPI DI INTERVENTI IN AREE ESTRATTIVE 26

RIFERIMENTI PROGETTUALI 32 IL PROGRAMMA FUNZIONALE 34 IL PROGETTO 37 ARCHITETTURA GENERATIVA 55 PROGETTI GENERATIVI 57 BASI MATEMATICHE 59 GLI STRUMENTI 63 ELEMENTI GENERATIVI 64 PROGETTO GENERATIVO 65

OTTIMIZZAZIONE FORMA STRUTTURA ENERGIA 72

CONCLUSIONI 73 BIBLIOGRAFIA 75

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PREFAZIONE

Prima di illustrare i dettagli del presente lavoro è utile soffermarsi brevemente sul titolo, "Ipotesi di riuso e processi generativi" e sulle due parti di cui esso è composto.

Secondo quanto suggerito dalla prima parte del titolo, la tesi affronta il tema del recupero funzionale di un'area estrattiva dismessa che, nella fattispecie, è sita nel comune di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa. In questa parte saranno esposte le metodologie di indagine - dal rilievo all’analisi urbanistica e sociale - indispensabili per affrontare un tema di progettazione.

La seconda parte del titolo attiene non già, o non solo, a quei processi mentali che si attivano all'atto della progettazione, ma, più in dettaglio, a quegli strumenti tecnici attraverso i quali è possibile collegare in maniera visuale i processi mentali alla costruzione finale.

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SAN GIULIANO TERME

La storia di San Giuliano Terme è intrinsecamente legata a quella del suo stabilimento termale e alla presenza di sorgenti termali tanto che fin dai tempi più antichi la località era per l’appunto conosciuta dapprima con il nome di Aquae Pisanae (Plinio il vecchio) e in seguito come Bagni di Pisa. L’acqua ha dunque sempre svolto un ruolo molto importante nel territorio di San Giuliano, fin dai primi insediamenti di epoca etrusca, quando i fiumi Serchio e Arno costituivano le principali vie di collegamento tra le zone costiere e l’entroterra, funzionali soprattutto al trasporto del prodotto dell’attività estrattiva inauguratasi proprio in quel periodo. Furono successivamente i Romani ad organizzare il territorio in centurie e ad individuare le caratteristiche benefiche delle acque termali, tanto da progettare e realizzare l’acquedotto di Caldaccoli (etim. Lat. “calidae acquae” ) al fine di poterne usufruire direttamente nei Bagni detti di Nerone, le terme della città di Pisa. Nel periodo altomedievale il territorio di San Giuliano Terme conobbe le medesime sorti dell’Italia che afflitta da continue invasioni e dalla disgregazione del tessuto culturale, sociale, politico ed economico di matrice romana trova come ultimo caposaldo di resistenza e di riferimento i cenobi monastici. In questo senso, anche il Monte Pisano, nel periodo che va dall’VIII al XIII secolo, risente di un grande fervore spirituale, come testimoniano a pieno titolo le innumerevoli pievi e monasteri ancora oggi ammirabili nel territorio.

Con la nascita e il fortificarsi della Repubblica Pisana a partire dal X secolo, San Giuliano Terme assunse un’importanza fondamentale per la costruzione di molte opere monumentali dell’epoca (tra cui anche quelli di Piazza dei Miracoli) per le quali furono utilizzati i marmi delle cave di San Giuliano di proprietà della famiglia Gualandi.

In occasione della costruzione delle mura di Pisa (iniziata nel 1155 sotto il consolato di Cocco Griffi), per agevolare il trasporto dei materiali edilizi da San Giuliano, venne scavato un canale, il “Fosso del Mulino” (la parte che

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collega San Giuliano terme a Pisa) successivamente inondato dalle acque dell'Ozzeri (antico canale del Serchio), che consentiva il trasporto dei marmi estratti anche verso il porto pisano e da qui poi verso tutto il Mediterraneo.

Intanto risale al 1112 il primo restauro delle terme realizzato ad opera della contessa Matilde di Canossa.

All’inizio del XIV secolo le continue ed accese dispute territoriali tra Lucca guelfa e Pisa ghibellina vedono San Giuliano terme collocarsi in una zona nevralgica in quanto posta al confine tra i due contendenti e in particolar modo, punto di accesso al passo della via alpestre per Lucca fin da tempi più remoti. Dal punto di vista architettonico, è dunque possibile far risalire proprio a tale periodo l’edificazione di numerose fortificazioni militari di cui l’attuale comune di San Giuliano conserva ancora preziose testimonianze. Pisa ordina infatti nel 1312 la fortificazione di San Giuliano con mura più resistenti di quelle già presenti nel 1301 e nel medesimo anno, a questa renovatio militaris, corrisponde una ristrutturazione degli stabilimenti termali ad opera del conte Federico I da Montefeltro, come citato da Ugolino da Montecatini nel 1370. Fulcro del sistema di avvistamento era la Rocca di Ripafratta, supportata da un sistema di tre torri: la torre del Centino e la Torre Niccolai, alte 17 m., e la Torre Anonima (molto probabilmente fatta erigere nel 1329 da Castruccio Castracani, condottiero lucchese) di cui, ad oggi, è possibile riconoscere il solo basamento poiché fatta abbattere dai lucchesi stessi nel 1397 per non offrire agli avversari un prezioso avamposto.

Con la disfatta della Repubblica Pisana ad opera dei fiorentini, avvenuta nel 1406, il borgo già straziato da anni di conflitti vide l’affievolirsi della possibilità di un risanamento: il paese era semidistrutto, le sue Terme ormai inesistenti, le cave esaurite e l'abbandono da parte della popolazione provocava un'espansione preoccupante della zona paludosa.

La situazione di decadenza perdurò per tutto il XV° secolo malgrado fossero state promulgate nella seconda metà del secolo due delibere (1454 -1461) per un tentativo di risanamento della zona che non fu però realizzato.

Nel 1494 Pisa tentò di ribellarsi senza successo alla dominazione guelfa fiorentina; nel 1509 la città si assoggettò definitivamente alla dominazione del

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Granducato a cui si deve ascrivere l’inizio di un’opera di rinnovamento con la costruzione di alcune abitazioni, un ospedale, un'osteria e l’emanazione delle norme per la regolazione dell'afflusso ai bagni.

Sotto il ducato di Cosimo I De' Medici (1537 -1574) sono da menzionare: la realizzazione di un secondo ponte sul Fosso del Mulino e il suo prolungamento verso Ripafratta lungo il quale erano insediati diversi mulini per la produzione di farina e spremitura dell’olio (da cui il toponimo attuale); la costruzione di una strada di collegamento con Pisa; una prima bonifica delle paludi circostanti il centro abitato ed infine, l’edificazione del poderoso acquedotto che convogliava l'acqua dalla Valle delle Fonti, ad Asciano, fino a Pisa.

Nel 1737, estintosi il ramo della famiglia dei Medici con la morte dell’ultimo erede Gian Gastone, il Granducato passa in mano alla famiglia dei Lorena (ramo degli Asburgo) il cui primo regnante fu Francesco Stefano, nel cui dominio venne investito molto sulle terme per valorizzarne le acque e garantire uno sviluppo urbanistico e autoctono adeguato.

Fig. 1- Lo stabilimento termale oggi

I lavori eseguiti furono principalmente la canalizzazione delle acque, la classificazione delle proprietà terapeutiche delle acque e un piano di sviluppo

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urbanistico. Le terme divennero quindi note alla nobiltà di tutta Europa a partire dal 1743 quando lo stesso Francesco Stefano ne fece la propria residenza termale estiva. Il tutto fu completo nel 1749 quando, insieme agli edifici che compongono attualmente le terme, fu eretta la chiesa dedicata ai Santi Ranieri e Luigi Gonzaga . Sotto i Lorena fu varato quindi un vero e proprio un piano di rilancio che prevedeva da una parte, la valutazione dell’efficacia terapeutica delle acque termali dando incarico a medici qualificati di stendere relazioni sulle proprietà dell’acqua, e dall’altra la loro promozione, anche incentivando i privati alla fabbricazione di case e botteghe.

Con motu proprio del 17.1.1742, Francesco Stefano Lorena, Granduca di Toscana, diede l’avvio a un complesso e oneroso piano di valorizzazione delle Terme, allineandosi alle scelte dei sovrani europei.

Il primo impegno fu la realizzazione del palazzo e la sistemazione dei bagni, a cui seguirono le imprese dei privati. Gli interventi furono coordinati e rigorosamente unitari, misurati sulla base di un piano urbanistico redatto nel 1744 dall’architetto Giuseppe Ruggeri. Si trattava di un “disegno intiero e, come sul dirsi, con un sol spirito, che diventi legale” e che possa divenire “canone ai privati”.

La disciplina urbanistica si traduceva in norma architettonica, prevedendo che, rispetto all’esterno, le fabbriche venissero con una certa uniformità regolate, e disposte in forma. I cospicui materiali grafici reperiti documentano un’attenta ricerca che mirava a legare le nuove costruzioni con l’esistente utilizzando e valorizzando le coordinate geografiche: i rilievi collinari, le strade, il canale, sono assunti come principi regolatori delle soluzioni via via prospettate riguardo agli aspetti distributivi e di impianto.

L’iniziativa sovrana incoraggiò gli investimenti dei proprietari fondiari della zona, costituiti in prevalenza da ordini religiosi, che si impegnarono nella realizzazione degli edifici residenziali. “Per ottenere poi che le abitazioni aumentassero, si accrescessero i comodi, s’ingrandisse il paese, Pietro Leopoldo, successore di Francesco I, raccomandò alle corporazioni religiose possidenti di fabbricare, ciascuna, a seconda dei propri mezzi, una bella casa spaziosa, nel sito che riteneva più opportuno, concedendo gratuito tutto

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il terreno occorrente”. Le stesse agevolazioni furono estese ai privati che contribuirono all’accrescimento del nucleo termale con una serie di addizioni residenziali. In questo essi furono assecondati anche dalla presenza di attrezzature ricreative, come la sala da ballo e da gioco, che sancivano l’aspetto gaudente e mondano della villeggiatura.

Fig. 2 - San Giuliano Terme, la via principale

Con il completo rinnovamento delle terme, molti personaggi di spicco per l'epoca ne fecero uso e tutta questa notorietà fece proliferare molte ville di famiglie benestanti che decisero di costruire le proprie dimore sulle pendici dei Monti Pisani, ville presenti tuttora in tutto il territorio del comune

Tappa importante per la costituzione del Comune di San Giuliano Terme fu il 17 Giugno 1776 in cui Pietro Leopoldo emanò un decreto in cui venivano riuniti 31 piccoli centri, precedentemente appartenenti alla Podesteria di Ripafratta, in una unica amministrazione il cui capoluogo scelto fu San Giuliano Terme. In quegli anni Pietro Leopoldo fece apportare tutta una sorta di miglioramenti urbanistici per il miglioramento della vita nel capoluogo come

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i platani nel viale per Pisa, il viale Boboli (in omaggio ai ben più famosi giardini fiorentini) e il cosiddetto Parterre, un parco in cui gli ospiti delle terme potevano andare per rilassarsi nella natura. Una stravagante costruzione fu quella del Café House, un edificio rettangolare con archi aperti e sostenuto da 10 pilastri, la cui fruizione era riservata agli occupanti delle terme e permetteva di guardare tutta la pianura pisana. Infine con l'Unità d'Italia il Comune di San Giuliano Terme concretizzò tutta una serie di decreti per la vivibilità nel comune tra cui la costruzione di scuole elementari, asili e un servizio di nettezza urbana.

Ciò che è molto interessante rilevare è che nel corso dei secoli la vocazione, o più precisamente le vocazioni del territorio sangiulianese sono rimaste le stesse benché, come è naturale, esse siano state potenziate dai moderni mezzi. Pensiamo, ad esempio a quelle attività già sviluppate nell’età romana, come quella agricola, quella silvicola, l’allevamento del bestiame, lo sfruttamento delle risorse idriche, quella estrattiva di materiali da costruzione che si sono protratte fino ai giorni nostri. Sorgono, inoltre, in tutto il comune frantoi, mulini e cantine vinicole.

Dal punto di vista economico ancora oggi il territorio si presenta caratterizzato da attività agricole a colture estensive ed uliveti, e da quello sociale si evidenzia un insieme più omogeneo di agglomerati di abitazioni collegate da un sistema viario più fitto rispetto ai periodi precedenti forte di una crescita demografica in costante ascesa negli ultimi dieci anni.

Negli ultimi anni San Giuliano ha riscoperto una vocazione turistica tesa alla riqualificazione ambientale e a una sempre migliore qualità della vita che si accompagna alla ripresa e al prestigio delle Terme e a manifestazioni importanti come il Settembre Sangiulianese e l’Agrifiera che fanno di questo territorio una perla da scoprire.

La chiusura delle cave, se da un lato ha in una qualche maniera sottratto una risorsa economica nel settore primario alla popolazione della cittadina, dall’altro ha generato un’occasione unica per riproporre un vasto piano di recupero e di rilancio nel settore terziario che potrebbe, se attentamente coordinato, consentire di proiettare San Giuliano Terme verso un nuovo

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modo di fare turismo termale. Non è certo ipotizzabile l’attuazione di un piano di ispirazione Lorenense, che prevedeva la “richiesta” di edificazione, in quanto oggi è necessario richiamare capitali privati al fine di sostenere interventi in particolar modo onerosi e garantire al contempo un ritorno economico per i soggetti investitori.

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CALDACCOLI

“[…] Nel cielo s’innalzano alcuni pennacchi di fumo […] sono tante piccole colonne fini e regolari prodotte da un impianto termale […] Colossali caldaie lavorano a pieno ritmo, divorando tonnellate di legname ogni giorno. […]

Le terme sono note ai Romani dal I.o secolo a. C. quando un uomo d’affari, Caio Sergio Orata, inventò il primo impianto termale […] accendendo focolari sotterranei e facendo passare il calore sotto i pavimenti e dentro le pareti. Per sudare non c’era più bisogno di sorgenti termali naturali: qualunque luogo andava bene. E così nacquero le terme1.”

I Romani ritenevano che i bagni di sudore fossero utili per espellere dal corpo gli “umori delle malattie2”. Il ricco imprenditore non aveva fatto altro che imitare la natura: sapeva, infatti, che la gente comune si recava ai Campi Flegrei, nei pressi dei vapori bollenti che fuoriuscivano dalle sorgenti termali per curare malattie della pelle o respiratorie.

Chi sono i clienti delle terme e perché si va alle terme?

“[…] Uomini, donne, vecchi e bambini, artigiani e soldati, ricchi e schiavi, senza distinzioni. L’impressione è quella di trovarsi tra la folla di una delle nostre stazioni ferroviarie. […] L’entrata non è libera e il prezzo è davvero popolare […] ma una volta all’interno, dovremo pagare ogni volta i servizi che richiederemo: dal bagno alla custodia dei vestiti e così via.[…] Molta gente utilizza questo luogo per rilassarsi, chiacchierare, fare un bagno fresco nella calura estiva < nella natatio, una piscina profonda un metro o nel frigidarium> […] per fare incontri, concludere affari, passeggiare, giocare, consultare testi latini o greci. […] Insomma le terme non sono solo per il piacere del corpo, ma anche della mente. Letteralmente mens sana in corpore sano.3”

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La ragione di questo brevissimo sguardo su Roma antica all’interno di una lavoro che si prefigura il recupero e della valorizzazione delle cave situate in località Caldaccoli, nel comune di San Giuliano Terme, trova risposta in primo luogo nella particolarità del sito (il cui nome deriva dal latino “calidae acquae”) che si qualifica proprio per la presenza di una sorgente termale le cui proprietà benefiche per la salute del corpo erano già note ai tempi dei Romani e, in secondo luogo, perché non c’è ragione di dubitare che i Romani esportassero le loro abitudini nei territori conquistati, recandosi a Roma come in qualsivoglia parte dell’impero, in questo caso particolare, alle terme o alle sorgenti termali laddove disponibili.

Se da un lato è dimostrato che “nessun impero in tutta la storia ha incluso ambienti naturali così vari” - dalla Scozia all’Iran, dal Sahara al mare del Nord – dall’altro è pur vero che “ovunque la lingua ufficiale era il latino, ovunque si pagava in sesterzi, ovunque la legge era una soltanto, quella romana4”.

A Caldaccoli si trova, come ho poco sopra anticipato, una sorgente termale che non solo veniva utilizzata in loco ma riusciva ad alimentare l’impianto termale di Pisa conosciuto, impropriamente5, col nome di “Bagni di Nerone”.

Fig. 3 - Pisa, i "bagni di Nerone"

Queste terme pisane si trovano a una distanza di circa 11 chilometri dalla sorgente termale di Caldaccoli dalla quale ricavava le sue acque. Un lungo

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acquedotto a tre strati (laterizio, tufo e pietrame), costruito nel 92 d. C., come riporta un’iscrizione rinvenuta nei pressi di Corliano, e coevo ai “Bagni di Nerone”, portava l’acqua dalla sorgente alle terme pisane. L’acqua scorreva sul dosso degli archi costruiti con un dislivello di 25 centimetri ogni chilometro, o in condutture sotterranee di laterizio infossate di circa 50 centimetri in grado di mantenere costante la temperatura dell’acqua che usciva dalla sorgente. Il piccolo canale esterno per lo scorrimento dell’acqua era ricoperto con lastre di pietra: ciò limitava sia il problema del riscaldamento dell’acqua in estate, sia il suo inquinamento a causa degli escrementi degli uccelli.

Fig. 4 - L'acquedotto di Caldaccoli, autore Ranieri Grassi - 1830 ca.

Oggi, le acque calde delle sorgenti dei monti Pisani sono sfruttate dalle Terme di San Giuliano (Bagni di Pisa - Società Terme e Benessere spa) che ebbero un forte impulso nel Settecento grazie all’opera dei Lorena. Fu proprio grazie agli Asburgo-Lorena che San Giuliano Terme divenne una meta turistica molto ricercata sia per le proprietà benefiche delle sorgenti termali sia per la bellezza dei suoi luoghi. Vi dimorarono, tra gli altri, Vittorio Alfieri, la contessa d'Albany, Gustavo III° re di Svezia e più tardi il generale Murat, i poeti Shelley e Byron, Carlo Alberto, Giacomo Puccini ecc... “Furono

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spese notevoli risorse finanziarie per il risanamento della pianura pisana e per il riassetto idrologico del territorio: canalizzazione delle acque, ripulitura dei canali esistenti, bonifica dei terreni. Per favorire l'insediamento stabile della popolazione, oltre a garantire esenzioni fiscali sui nuovi fabbricati, si promossero attività manifatturiere tenendo conto di creare una serie di infrastrutture tese non solo a favorire il rinsediamento stabile della popolazione, ma favorendo il soggiorno dei villeggianti. Un’operazione di grande successo6”.

Di fronte alle cave oggi appartenenti alla società Betonval SpA, nel giardino di una villa privata, si trovano gli unici resti dell’acquedotto romano: una serie di 8 archi che terminano a ridosso della strada comunale con un angolo retto. Si può pensare che da qui l’acquedotto romano piegasse verso Corliano, anzi che proprio da Corliano partisse l’acquedotto e costeggiasse nel suo primo tratto il monte fino a Caldaccoli per poi piegare verso Pisa passando, secondo la relazione di Giovanni Targioni-Tozzetti7, per Gello.

“Quattro o sei metri più in là del mulino sorgono gli avanzi di un grandioso acquedotto in parte ruinato, la cui continuazione si osserva venti o trenta metri più innanzi, volgendo sempre a sinistra verso la strada ferrata, in otto archi della medesima costruzione, e guasti anch’essi dall’azione distruggitrice del tempo. A vederne la fattura si dicon tosto di quelle solide opere e grandiose che sepper fare i Romani, sia nel secolo di Augusto, sia forse degli ultimi tempi della repubblica. […]

Primo ad incontrarsi sul margine sinistro della via è un pezzo isolato di acquedotto, costituito dalla metà circa di due archi coi loro pilastri che rimasti adesso interrati alla base, si alzano dal suolo per soli cinque metri, e che uniti ad angolo fra di loro formano cantonata, guardando uno a settentrione verso il monte di Caldaccoli, ove gli avanzi di un altro arco murato nel canto posteriore sinistro di uno stanzone che fa parte della vicina fornace, segna la linea che tenevano da questa parte, e l’altro a ponente nella direzione di quegli otto archi che abbiam detto

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rimanere poco lontani, in una viuzza vicinale o, com’è uso dire, di sbiado.[…]

E non soltanto sulla schiena dei suoi archi mostra quest’acquedotto il canale che portava l’acqua; ma anche nella base dei pilastri, e pure nei fondamenti presenta un altro canale, che non poteva servire se non a condurre anche per questa parte dell’acqua. Il sito poi, la direzione e la costruzione di un tale acquedotto non mi pare che lascino alcun dubbio che esso fosse stato costruito per portare alla vicina città di Pisa non solo una buona acqua di fonte, essendo affatto insalubre quella dell’Arno e dei pozzi; ma per portare altresì alle famose Terme Adriane (oggi sono conosciute col termine di "bagni di Nerone") l’acqua naturalmente calda che scaturisce dai suoi monti.

Dovendo i condotti portare anche acqua calda, erano perciò appunto interrati nel suolo, onde sottratti così all’azione diretta della temperatura esterna tanto variabile, l’acqua perdesse meno possibile della sua temperatura naturale.8

Fig. 5 - L'aquedotto oggi, foto concessa dalla Scuola Media L. Gereschi di Pontasserchio

Nel corso degli ultimi decenni il progressivo abbandono dell'attività estrattiva ha liberato il comune di San Giuliano Terme dai problemi derivanti dall'attività

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estrattiva stessa, quali il passaggio continuo di mezzi pesanti, la diffusione di polveri, il rischio di incidenti. La cessazione dell’attività estrattiva ha, comunque, reso più visibile la ferita provocata dall'attività umana alla montagna. Prive di un qualunque piano di ripristino ambientale, diversamente da quello che accade oggi all'apertura di una cava, tali aree sono state abbandonate. San Giuliano Terme, come facilmente verificabile con una mappa area, conta almeno oltre a un numero consistente di cave minori, dette di prova, 10 siti estrattivi principali, di questi solo uno, denominato Cava Nord, è stato recuperato attraverso un intervento di ripristino ambientale. La cava Nord attualmente viene utilizzata, grazie alla sua conformazione, come anfiteatro naturale.

Il sito preso in considerazione prevede l'intervento in quella che è denominata cava di Caldaccoli, a San Giuliano Terme.

Come accennato nell'introduzione storica, la denominazione deriva dalle numerosi sorgenti di acqua termale che sgorgano in questa zona. Dal punto di vista geografico, l'area si trova posizionata immediatamente a nord dell'abitato di San Giuliano Terme in direzione Ripafratta.

A Caldaccoli è possibile individuare due fronti estrattivi che hanno accessi indipendenti, un tempo carrabili, i quali sono in potenza reciprocamente collegabili attraverso un percorso interno alle cave stesse, tagliando la vegetazione spontanea.

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L'attività estrattiva di queste cave di versante avveniva attraverso l'utilizzo della polvere da sparo. Attraverso testimonianze dirette è stato possibile ricostruire le tempistiche dell’attività estrattiva: le esplosioni avvenivano due volte nell'arco di una giornata.

In particolare, una volta proceduto a far brillare parte della montagna, i massi distaccati venivano ridotti volumetricamente attraverso gli impianti di frantumazione.

Tale tecnica estrattiva, eseguita con cariche non sempre controllate, non solo ha lasciato segni visibili su tutto il versante che appare sfaccettato in una molteplicità di frammenti, ma ha anche reso fortemente instabile tutto il versante di cava.

Caldaccoli e i suoi versanti di cava sono stati utilizzati, come ci hanno riferito gli abitanti, anche da deposito temporaneo per i cassonetti della spazzatura. Le sorti toccate ai fronti e ai piazzali di cava sono comuni a quelle degli edifici a servizio dell'attività estrattiva. Anche solo attraverso una banale ricognizione visiva della zona, è immediata la percezione dello stato di abbandono degli edifici che nel tempo ha determinato numerosi crolli di parti strutturali degli stessi, in primis delle coperture lignee.

Mentre la vegetazione si riappropria di parti di queste aree costruite, è stato necessario apporre cartelli di pericolo di crollo, per evitare incidenti mortali.

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Dal punto di vista delle strutture edificate, si nota che sono presenti in quest’area edifici non particolarmente sviluppati in altezza, posti pressoché a filo strada, adibiti una volta ad uso ufficio, alcune aree di carico e due edifici industriali, riferibili agli impianti di frantumazione e a depositi.

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Il RILIEVO STRUMENTALE

Prima di formulare ipotesi di riutilizzo del sito, si è proceduto al recupero del materiale cartaceo disponibile, attraverso una figura professionale indicataci dalla proprietà, e successivamente stante anche l'impossibilità di eseguire un rilievo tradizionale, a seguito delle precarie condizioni strutturali, si è eseguito grazie al suggerimento del Prof. Dringoli, un rilievo con scansione laser. Il rilievo coordinato dalla Prof. Gabriella Caroti del Dipartimento di Topografia ha consentito di restituire il modello tridimensionale di tutta l'area. Il rilievo si è svolto utilizzando uno scanner terrestre Riegl attualmente a disposizione del Dipartimento di Topografia. Lo scanner terrestre utilizzato consente di eseguire delle scansioni di grande raggio (fino a 2500 mt); esso ha un angolo di visuale orizzontale di 360° e 80° sulla verticale.

Fig. 9 - Lo scanner terrestre istallato sul mezzo del Dipartimento di Topografia

Per definire la risoluzione della scansione è sufficiente impostare il passo della scansione. Per il grado di definizione necessario per la presente tesi si è cercato di imporre un passo che consentisse di definire punti sulla superficie dei fronti di cava a distanza di 10/15 cm. La metodologia operativa ha previsto la realizzazione di tre scansioni in successione, che poi sono state ricomposte attraverso l'utilizzo di target (cilindri riflettenti) posizionati in

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loco e mediante software dedicati; le scansioni laser hanno fornito ciascuna una nuvola di punti (per un totale di circa 3.800.000 punti), che successivamente ha richiesto alcuni passaggi per poter essere agevolmente utilizzata. In particolare si sono eliminati quelli che vengono definiti disturbi, ossia tutti gli elementi quali alberi, oggetti, auto, ecc.., ossia se ne sono eliminati i relativi punti, si è poi proceduto a suddividere la scansione secondo due livelli. Nel primo livello sono stati lasciati gli edifici, mentre nel secondo livello i fronti di cava; i due livelli hanno poi subito un processo differente di riduzione del numero di punti in relazione al grado di accuratezza necessario. Le due nuvole di punti hanno subito un processo di triangolazione al fine di creare superfici (mesh) agevolmente modificabili con i normali software di modellazione tridimensionale. Il rilievo strumentale ha così consentito fin dall'inizio di muoversi progettualmente in tre dimensioni e pertanto ha consentito un approccio sensibilmente diverso da quello della tradizionale progettazione architettonica. A sostegno della nuova metodologia utilizzata si può dire che le piante e le sezioni del progetto sono state l'ultimo passaggio, mentre il modello tridimensionale generalmente approcciato per ultimo nella progettazione tradizionale è stato il primo costrutto grafico utilizzato.

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IPOTESI DI RIUTILIZZO

Il tema del recupero di aree tanto particolari come le cave dismesse, è argomento di dibattito da diversi anni. In generale si è affermata la convinzione che tale aree non possano essere recuperate solamente facendo riferimento a normative, o in alternativa cercando di mascherare la ferita attraverso interventi di artificiale rinaturalizzazione, ma che sia invece necessario che il paesaggio di cava venga reintrodotto all’interno del tessuto sociale del territorio dove insisteva: occorre in sostanza che le azioni di recupero non siano volte a un semplice mascheramento dell’attività dell’uomo, ma è necessario che tali aree diventino un luogo con nuove identità estetiche e funzionali essendo al tempo stesso l’anello di congiunzione tra il territorio naturale e l’attività antropica dell’uomo.

Tali interventi, unitamente a quelli indispensabili di messa in sicurezza, sono da prevedersi non già solamente al termine dell’attività estrattiva, ma in fase di programmazione di piano. E’ necessario, infatti, che la pianificazione urbanistica segua orizzonti di lungo termine in maniera da ottimizzare le risorse e il consumo del territorio, fermo restando che l’attività estrattiva è uno dei motori dell’economia italiana.

Programmi di previsione di impatto ambientale generato dalle attività estrattive sono portati avanti da alcuni decenni dalla comunità europea con il fine di riuscire a individuare la corretta gestione di tutte le fasi - dalla pianificazione all’estrazione fino alla dismissione e al recupero delle aree - evitando al contempo un uso indiscriminato di risorse naturali non rinnovabili, quali il suolo. Appare pertanto evidente che il tema del recupero delle aree dismesse occupate da attività estrattive sia da riguardarsi, principalmente, in una scala molto più vasta di quella architettonica riferibile al singolo intervento di recupero, in quanto, in una situazione come quella di San Giuliano Terme e più in generale in tutti i siti estrattivi, esistono numerosi cantieri di estrazione, e quindi tale sistema industriale deve essere visto come un sistema di riuso coordinato evitando interventi singoli o avulsi dalle caratteristiche del territorio.

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La politica di recupero sino ad oggi affermatasi in Italia ha condotto a pochi episodi di recupero, in quanto spesso basata su interventi di rinaturalizzazione del suolo caratterizzati da tempi di realizzazione molto lunghi (tempo necessario perché si ritorni a una nuova naturalità), estremamente costosi e definibili “a fondo perduto” dal momento che, non generando introiti economici, risultano difficilmente ammortizzabili.

Tali argomenti hanno condotto in molti casi alla rinuncia di un intervento riqualificativo e quindi ad un progressivo abbandono di tali aree con un conseguente consumo di suolo in altre zone.

Tuttavia le aree di cava dispongono di enormi potenzialità: basti pensare alle dimensioni delle aree stesse, a volte definite cattedrali di roccia. Questi luoghi sono in grado di assorbire un largo spettro di funzioni, anche tra le più onerose dal punto di vista del consumo di spazio, offrendo un’ opportunità preziosa ai territori già fortemente urbanizzati e al contempo consentendo l’investimento di risorse in progetti di ampio respiro che spesso si prefiggono un’utilizzazione più intelligente del territorio ai fini del miglioramento complessivo della qualità della vita.

Se si analizza più da vicino l’attività di un sito estrattivo, si può evidenziare come durante le fasi di apertura e di esercizio di una cava sia preponderante la massiccia sottrazione del materiale a cui segue, secondo le indicazioni attualmente in voga, un massiccio riporto di materiale durante la fase di riqualificazione e rimodellamento del versante. Questa attività inserita nel contesto di un sistema di cave afferenti a un territorio genera una modifica sostanziale della configurazione morfologica del territorio stesso esponendolo inoltre, a rischi idrogeologici superficiali e sotterranei, oltre che ad un consumo di energie che, secondo le ultime indicazioni circa lo sviluppo sostenibile, risultano non convenienti in termini ambientali.

Non è più un segreto il fatto che le cave dismesse siano state utilizzate, e possano continuare a esserlo, come deposito di materiali altamente inquinanti. Attività economica molto redditizia che purtroppo fa capo, nella maggior parte dei casi, ad associazioni mafiose ed ecco per cui è, a maggior ragione, indispensabile una pianificazione corretta al fine di limitare i casi di aree prive di un qualsiasi controllo legale.

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Affrontando il tema specifico della cava di Caldaccoli si può evidenziare come anche quest’area, e più in generale tutti i siti estrattivi di San Giuliano Terme, non abbiano avuto una pianificazione preliminare.

Attualmente lo strumento di pianificazione prodotto dal comune di San Giuliano Terme prevede per l’area di Caldaccoli la “Valorizzazione del Monte e della risorsa termale”. Questa definizione apre la possibilità ad un ventaglio di interventi pressoché infinito tra i quali è bene discriminare con attenzione per evitare pericolose azioni fini a sé stesse che non generano un reale beneficio per la comunità.

Per questi motivi è stato fondamentale far precedere la fase progettuale da una fase analitica che individuasse e valutasse attentamente le funzioni implementabili in quest’area, soprattutto in relazione alla situazione economica e sociale di SAN Giuliano Terme. La cittadina di San Giuliano Terme infatti, ha una spiccata vocazione turistica (sviluppatasi anche a seguito della chiusura delle cave) che è da far risalire nella quasi totalità al cosiddetto turismo termale.

L’analisi del sistema economico ha condotto alla valutazione di due particolari opzioni:

1- Valorizzazione della risorsa termale e incremento dell’economia turistica ad esso legata attraverso il miglioramento e l’ampliamento dell’offerta di trattamenti.

2 – Riappropriazione del territorio lacerato da parte della popolazione autoctona.

In questo senso sono da interpretare i preziosissimi lavori di ricerca svolti da numerose scuole di educazione primaria e secondaria presenti sul territori,o come dimostra, ad esempio, il caso della scuola “Livia Gereschi” di Pontasserchio dove la proposta di un gioco che ha come elemento baricentrico l’acquedotto perduto di Caldaccoli è diventata occasione per i bambini di una maggiore consapevolezza dei luoghi che li vedono crescere e della loro storia.

Le funzioni da insediarsi sono poi state scelte anche in relazione ad una serie di considerazioni circa il reale funzionamento di tale struttura. Volendo

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destinare una parte dei piazzali di cava ai bambini per giochi, o per attività complementari, è necessario prevedere nelle medesime aree una serie di attività che possano essere usufruite dai genitori o accompagnatori a garanzia della sostenibilità, anche economica, dell’ipotesi di realizzazione di un parco a libero ingresso.

Un simile approccio ha determinato la previsione, come aree di attività al coperto, di un piccolo museo, una biblioteca multimediale dotata di piccole zone di lavoro (internet ecc…), un bar-ristorante e di una piccola SPA che collaborerebbe al progetto di valorizzazione dell’offerta del turismo termale collegato ai Bagni di Pisa. Ovviamente, affinchè l’oggetto in questione risulti un intervento economicamente appetibile, è necessario che la dimensione sia tale da consentire un ritorno economico in un tempo relativamente breve e in linea con altri interventi immobiliari.

In seguito a tali valutazioni il progetto della presente tesi ha ritenuto opportuno non stravolgere le strutture esistenti, cercando di fare suo punto di forza la fattibilità e le reali necessità del territorio, inserendosi comunque in una logica di ampio respiro per consentire l’attuazione di un vero e proprio progetto di sistema eventualmente riplasmabile in relazione alle future esigenze del territorio. Il tutto dovrebbe poter essere realizzato senza intaccare quindi, in maniera consistente, le strutture esistenti in modo di potere, del tutto volontariamente, accogliere alcune indicazioni provenienti dalla certificazione LEED, che nel nebuloso quadro delle certificazioni collegate alla sostenibilità e al risparmio energetico appare, pur con tutte le limitazioni del caso, una tra le più complete e attente all’intero ciclo di produzione di energia necessaria.

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ESEMPI DI INTERVENTI IN AREE ESTRATTIVE

Studiando queste nuove modalità di utilizzo di queste aree, non è superfluo dare uno sguardo a quanto accade al di fuori dell’Italia, non per operare una critica tout-court nei confronti della situazione italiana, ma per evidenziare come sia possibile attivare una serie di circuiti virtuosi e operare scambi proficui di esperienze attraverso una valutazione critica sia delle positività che delle criticità degli interventi.

Gli interventi che seguiranno sono solo un breve excursus di quanto è possibile reperire nel panorama italiano e internazionale in relazione alle possibilità di riutilizzo. Essi sono stati idealmente suddivisi in tre macrocategorie al fine di evidenziare le peculiarità principali dei singoli progetti, in particolare:

1. Destinazione Culturale.

- Eden project Luogo: Cornovaglia (Gran Bretagna) - Anno 2000 Progettista: Nicolas Grimshaw e partner

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Il progetto di recupero ha portato alla realizzazione di un parco che si prefigge come obiettivo la conoscenza delle biodiversità del pianeta; l’area di intervento si estende per circa 30 ettari ed il progetto è costituito, tecnicamente, da una serie di serre poste in successione a clima controllato, in relazione alle specie floristiche presenti. Tra le serre principali sono presenti alcune serre più piccole che contengono i servizi quali ristoranti o locali per il personale. Dal punto di vista architettonico le serre sono una serie di capsule trasparenti seguendo uno stile che può essere definito, secondo i canoni attualmente in voga, blob-architecture.

- Dahalla teather Luogo Rittvek (Svezia) - Anno1993 Progettista: Erik Ahnborg

Sui resti di una cava abbandonata nel 1991 il progetto preliminare prevedeva la creazione di un lago artificiale, in quanto l’area e in particolare, una parete era stata scavata solo per circa un terzo. In seguito l’area è stata scelta per un festival operistico e da quel momento il sito è passato sotto il controllo della Dahalla production, che ha destinato la cava a centro per la musica. Il

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progetto architettonico è molto semplice in quanto, dopo aver messo in sicurezza le pareti, è stato scelto di utilizzare la parte più profonda della cava come un lago artificiale, mentre il palco è creato da tensostrutture removibili, a significare che il vero teatro è già stato realizzato senza la necessità di ulteriori artifici umani.

2- Destinazione ricreativo/sportiva

- Estadio Municipal de Braga: Luogo Braga (Portogallo) - Anno 2003 Progettista: Eduardo Souto de Mura

Alle pendici di una cava di versante nella cittadina di Braga si è deciso di costruire un nuovo stadio; la particolarità sta proprio nella disposizione delle tribune che corrono perpendicolari alla parete rocciosa, che è a strapiombo sul campo da calcio, tanto da essere la protagonista principale del gesto architettonico.

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Progettista Jean-Charles Alphand

Sicuramente uno dei primi esempi di recupero di una vasta area dismessa che attraverso enormi risorse economiche è stata trasformata in uno dei parchi più belli e visitati di Parigi. Il parco creato nella prima metà dell’Ottocento su una cava di gesso offre un esempio di come con ingenti risorse economiche sia possibile realizzare interventi di totale rinaturalizzazione.

3 - Destinazione ricettiva

- Cava Rainone Luogo Salerno (Italia) - Anno 2009 Progettista: Dominique Perrault

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Il progetto di recupero di questa cava in provincia di Salerno è dedicato allo sviluppo turistico di quest’area. Il progetto prevede la realizzazione di un edificio aggrappato alla montagna che lo circonda e che da essa ne tragga la forza per esplodere al centro.

- Songjiang Hotel Luogo Songjiang (Cina) - Anno 2006 Progettista: Atkins Architects

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Come l’esempio precedente anche il progetto per il Songjiang Hotel è destinato a favorire lo sviluppo turistico di questa parte della Cina. Differentemente da Salerno, l’approccio progettuale cambia in maniera sostanziale creando un edificio “pelle”, che si avvolge alla parete rocciosa e lascia libera la parte bassa come nell’esempio svedese per far posto a un lago artificiale alimentato da una cascata che corre vicino all’edificio.

Gli esempi appena scorsi mostrano come le aree di cava dismesse possano generare l’occasione per gli architetti di soddisfare il personale edonismo, lontano da vincoli o forzati richiami storici. Le aree di cava sono come un foglio bianco da riempire, e l’inchiostro di cui si necessita può essere fornito proprio dalla cava, dalla sua forza, dalla sua maestosità, o semplicemente dalla sua “spiritualità”.

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RIFERIMENTI PROGETTUALI

Come già accennato in precedenza, Caldaccoli deve il suo nome alle sorgenti di acqua calda che vi sgorgano come avviene del resto su buona parte del comune di San Giuliano Terme (si menzionano a titolo esemplificativo l’acquedotto romano che portava l’acqua ai bagni di Pisa, o ancora l’acquedotto mediceo di Asciano). L’acqua è pertanto un elemento che ricorre nella storia di San Giuliano, ed è considerata da tempi immemori portatrice di benessere. I riferimenti religiosi e spirituali che considerano l’acqua come elemento primario attraversano l’intera storia umana e non si ritiene questa la sede adeguata per una tale disamina. Acqua bene prezioso e fondamentale per la vita umana, oggi oggetto di importanti campagne a livello mondiale in funzione di una sensibilizzazione di popolazioni e governi nei confronti della sua tutela e difesa.

Acqua tuttavia anche protagonista nella storia, purtroppo anche recente, di episodi tragici che pongono importanti interrogativi sullo stato di manutenzione ed incuria in cui versano alcuni territori e più in generale sulle responsabilità umane nei confronti di una crisi ambientale che ha ormai raggiunto dimensioni globali e che rischia, se non considerata adeguatamente,di ritorcersi contro la stessa vita del genere umano.

Anche a Caldaccoli l’acqua rivela appieno sia le sue enormi potenzialità sia le criticità dovute alla sua presenza: infatti, se da un lato le sue qualità sono indubbie, dall'altro i fronti di cava, a seguito della particolare tipologia di estrazione, presentano un rischio dilavamento.

Questo prezioso elemento naturale ha fornito non solo vincoli e potenzialità sui quali definire e parametrizzare il progetto, ma ha ulteriormente fornito una sorta di “suggestione” progettuale: l’’acqua da sempre, nell’immaginario collettivo, è sinonimo di movimenti “fluidi”, armoniosi, e senza interruzioni. Un’altra caratteristica altamente evocativa per l’immaginazione e per l’atto progettuale, è la frammentazione che è possibile riscontrare sui versante di cava dovuta alla particolarità della lavorazione. Tale immagine è sensibilmente diversa da quella impressa nella memoria di chi scrive che è

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“stata scolpita” dalle cave di marmo delle Alpi Apuane. Non si esclude che siano questi due elementi che hanno guidato il processo progettuale, due segni distintivi di un territorio, due segni che si è cercato di rileggere.

Fig. 11 - Il movimento "fluido e continuo" dell'acqua

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IL PROGRAMMA FUNZIONALE

Le indagini sopra esposte consentono di avere un quadro completo di riferimento al fine di consentire un approccio progettuale coerente con il tema da affrontare. In particolare l’analisi delle ipotesi di riutilizzo derivanti dalle indicazioni urbanistiche e dagli esempi riportati consente di definire un programma funzionale che non è finalizzato alla mera verifica dello spazio necessario per l'edificazione, ma al contrario, è necessario per indagare come il nuovo intervento possa inserirsi nel tessuto sociale. Il progetto, che prevede diverse destinazioni d'uso, cerca di realizzare un intervento che funga da volano per quelli successivi. Pertanto né si sono stravolte le strutture preesistenti né si sono cercate soluzioni d'effetto che possano mal conciliarsi con le risorse attualmente a disposizione su questo territorio. Il programma d’intervento prevede: un piccolo spazio museale, integrato con una biblioteca, un bar-ristorante, una ludoteca che verranno realizzati sfruttando le strutture esistenti in frangia alla strada; un centro termale che verrà invece insediato nella struttura industriale insistente sul piazzale di cava. Le porzioni edificate non sono però altro che nodi all'interno di una rete di percorsi e spazi esterni, che diventano il vero museo e il vero centro benessere.

Si può così ipotizzare un sistema che si estende ben oltre l'area d’intervento e coinvolga l'intera zona di San Giuliano Terme.

Il progetto dovrebbe poter essere flessibile e consentire futuri adattamenti in relazione a un piano urbanistico complessivo. Analizzando inoltre lo spazio a disposizione e la destinazione d'uso museale si è indagato il modo di fruizione all’interno di un sistema espositivo tradizionale e si è cercato di ipotizzare l’applicazione di tale modello in locale fino a risolvere come l’applicazione di un modello prestabilito non potesse essere attuata.

Il passaggio successivo è stato perciò l’analisi funzionale, non tanto nella destinazione d’uso dei singoli ambienti quanto nei flussi delle persone all’interno di uno spazio espositivo. Nonostante i continui sforzi di progettisti affannati alla ricerca della giusta distribuzione degli spazi e della rigida successione razionale di essi, si è voluto consentire ai fruitori di scegliere il percorso più congeniale alla loro personale inclinazione, parafrasando una

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canzone di De Gregori, “Tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi: la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere”, ossia si vuole consentire la possibilità di muoversi liberamente dalla rigida griglia fatta di spazi espositivi in successione, con il bar e il bookshop alla fine del percorso.

In particolare fin dall’ingresso si è voluto differenziare tali flussi sia per rispondere alle esigenze di quella parte della popolazione che sostiene di avere pochissimo tempo a disposizione per gli svaghi, sia per non imporre in toto un metodo personalmente ritenuto migliore o preferibile.

Si è scelto quindi di lasciare il piano terra libero per esposizioni temporanee, o eventi, che per il loro carattere di velocità si prestano a essere visitate da un pubblico maggiormente “frenetico”; l'accesso è direttamente sulla strada principale vicino al parcheggio.

Un percorso più “elaborato” è riservato a chi accede al museo dal piazzale di cava il quale infatti, potrà essere raggiunto da una serie di sentieri che partendo dal centro di San Giuliano possano arrivare fino al Cafe house. Chi arriva da San Giuliano a piedi accede al museo dalla parte alta e domina, letteralmente, il percorso espositivo, diversamente da chi accede dal basso che trova ad accoglierlo una serie di rampe e scale che investono lo spazio al di sopra del visitatore.

Questa configurazione vuole palesare in una qualche maniera la personale preferenza circa la scelta del percorso. Inoltre, seguendo l’esempio di molti musei, si è voluta dare la possibilità di andare al museo anche per consultare internet, lavorare, leggere un libro, incontrarsi.

Questo spazio nell'idea progettuale deve divenire un qualcosa in più della semplice biblioteca, del semplice museo, o del bar della piazza. Chi accede dal piazzale di cava trova subito dopo l’accesso il bar ristorante, che è pensato per funzionare in maniera continuativa anche oltre l'orario museale in senso stretto, esso è pensato anche per gli utilizzatori o gli accompagnatori agli stessi del centro termale. Il piano inferiore rispetto a quello del ristorante è dedicato alla biblioteca/emeroteca, mentre il museo si trova un piano ancora sotto. Si è lasciata sullo stesso piano del museo, servita quasi esclusivamente da una rampa inclinata, anche la parte della

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ludoteca al fine di consentire ai ragazzi di muoversi liberamente in queste due parti.

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IL PROGETTO

Le indicazioni progettuali che derivano da quanto appena scorso si condensano all'interno delle tavole progettuali qui riportate. Il progetto è stato analizzato anche dal punto di vista normativo, ponendo particolare attenzione ai principi di sicurezza antincendio che hanno reso necessario, ad esempio, l'introduzione di una scala di servizio esterna.

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ARCHITETTURA GENERATIVA

Il risultato architettonico di un qualsivoglia progetto è frutto di un processo mentale personale del progettista, nonostante a volte si cerchi di attribuire a tale processo un carattere di universalità, derivante ad esempio dal luogo dove si progetta o dalla storia di ciò che è stato, si è costretti ad ammettere che essendo il progetto ancora prima di edificio un segno su un foglio bianco, esso è personale e pertanto dettato dalla sensibilità estetica personale.

Nella seconda parte della tesi si è voluto affrontare tale tema, ossia il processo generativo del progetto, seguendo una linea di ricerca che da diversi anni desta l’interesse di molte facoltà e studi architettonici nella quasi totalità stranieri. L’architettura generativa secondo una definizione ormai accettata pone maggiormente attenzione al processo progettuale stesso, prescindendo in parte dal risultato formale finale.

Il termine generativo attiene all'idea che sia il processo a creare la forma finale, architettura generativa, parametrica, computazionale, topologica, metamorfica possono essere considerati come sottoinsiemi di uno stesso spazio che pone come elemento di ricerca centrale, la possibilità di definire una forma attraverso l'introduzione di algoritmi, algoritmi che in relazione al particolare sottoinsieme, che prendono avvio da svariati campi della ricerca, da quello matematico con l'utilizzo di superfici topologiche, isomorfiche, a quello biologico ecc..

Si riporta qui di seguito un brano che sintetizza in maniera chiara ciò che si è introdotto: "Tralasciando il giudizio puramente estetico, che non può essere stabilito in maniera univoca e oggettiva, sarebbe estremamente sminuente ascrivere l'influenza della cultura parametrica sull'architettura contemporanea unicamente alla sfera semantica: infatti per sua natura un concept parametrico prescinde dal risultato formale che, allo stadio iniziale, risulta spesso indefinito nella mente del progettista. Sono invece la metafora, l'algoritmo mentale, il processo logico stesso che poniamo alla base dell'intento progettuale che lo reggono, l'unificano e lo rafforzano. Se questo sostrato è forte il risultato formale sarà, non solo coerente, ma anche aperto alle infinite varianti ammesse all'interno dello schema parametrico”9. Le

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parole appena lette appartengono a Fulvio Wirz uno dei Lead Architect dello studio di Zaha Hadid.

Fig. 13 - Performing Arts Centre, Abu Dhabi - Zaha Hadid Patrick Schumacher Architects

Come anticipato dalle parole di Fulvio Wirz, nel prosieguo della dissertazione si vuole lasciare volutamente escluso il giudizio puramente formale, infatti esso è acceso tema di discussione, soprattutto nel belpaese, al fine di stabilire se tale ricerca architettonica porti a un nuovo stile architettonico; si evidenzia come esistano, e non vi è motivo di dubitarne, diverse scuole di pensiero, da chi considera tale ricerca solamente un gioco tecnologico, a chi, come Patrick Schumaker teorizzatore dell'architettura parametrica10, la ascrive a unica vera innovazione architettonica dopo l'International Style. Nella seconda parte della presente tesi ciò che interessa è mettere in luce come questo approccio architettonico, che investe i campi più disparati -dalla matematica, alla fisica, all'informatica- possa consentire di realizzare un vero progetto integrato tra i diversi attori di un processo progettuale, tale metodologia risulterà, inoltre, aperta ad infinite varianti ammesse per sua stessa natura o definizione.

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PROGETTI GENERATIVI

Di seguito verranno mostrati alcuni esempi di architettura generativa, esempi di opere architettoniche realizzate da studi che dichiaratamente e orgogliosamente si schierano lungo questa linea di ricerca. UN Studio, Asymptote, Greg Lynn Form, solo per citare tre nomi.

Fig. 14 – UN Studio, Mercedes Museum - Stoccarda

L’architettura generativa, come anticipato, consente di controllare secondo norme matematiche, o geometriche, o biologiche (in relazione al filone di ricerca) il processo progettuale, consente di porre in relazione, visualmente, differenti elementi del problema. Al fine di fornire al lettore un’immediata immagine di quanto appena asserito si può fare riferimento a quanto viene indicato agli studenti della Scuola di Arti Applicate di Vienna. I sistemi di interfaccia con l'utente che consentono di porre, visualmente in relazione i differenti elementi del processo, possono essere paragonati a una rete neurale, in cui i neuroni sono gli algoritmi, personalmente scelti, le sinapsi sono le relazioni che intercorrono tra questi algoritmi.

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Fig. 15 - Greg Lynn Form & Heliopolis 21, Concorso per il nuovo centro Termale di Comano

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BASI MATEMATICHE

Le relazioni tra matematica e architettura possono essere indagate a ritroso nel tempo fino agli albori dell’architettura greca. Col passare degli anni la sezione aurea, la serie di Fibonacci, ecc.. hanno sempre affascinato i progettisti, da Fidia a Palladio fino ai giorni nostri.

Fig. 17 - La sezione aurea e il Partenone di Atene

Oggi più che mai l’architettura generativa indaga tale relazione e tale approccio è multidisciplinare; si può citare, ad esempio, il team di ricerca interno ad Arup, in cui matematici, fisici, architetti progettisti, informatici, ingegneri sono impegnati a indagare nuove forme e metodi del costruire.

L'approccio progettuale seguito durante la stesura del presente progetto può essere ricondotto, volendo necessariamente distinguere un sottoinsieme tra quelli precedentemente citati, all'architettura parametrica, in cui una serie di parametri (liberamente assunti) interagiscono tra di loro mediante degli algoritmi, anche questi liberamente decisi, fino a generare una forma finale. Tale risultato è aperto, nel senso che è possibile indagare altri risultati semplicemente modificando, integrando, cambiando un parametro o un algoritmo.

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Questo approccio progettuale è stimolato anche dalle ricerche in campo matematico, come abbiamo accennato nel primo paragrafo di questa seconda parte; la scoperta delle superfici minime, delle superfici topologiche, hanno suscitato l'interesse dei progettisti, dal nastro di möbius al catenoide, la matematica ispira l'architettura.

Fig. 18 - Moebius House - UN Studio

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Oggi inoltre gli strumenti informatici svolgono un ruolo molto importante anche per la ricerca matematica, un caso è ad esempio la superficie di Costa (studente brasiliano di matematica che la scoprì nel 1982).

La superficie di Costa, in geometria differenziale, è una superficie minima illimitata immersa topologicamente equivalente a una sfera con un manico e tre buchi (o potremmo dire anche ad un toro con tre buchi): cioè è una superficie che ha curvatura media uguale a zero in ogni punto, senza bordo, che non si autointerseca, di genere uno e con tre code (tre parti distinte della superficie che si estendono all'infinito).

Sono stati necessari alcuni anni dalla scoperta (1983) per realizzare un software che permettesse di visualizzare tale superficie.

Fig. 20 - Una delle visualizzazioni della Costa Surface

La possibilità di utilizzare funzioni matematiche o geometriche, la possibilità di indagare la teoria delle superfici minime, lo spazio topologico, apre uno scenario innovativo nell’approccio progettuale, è da intendere subito che tale sviluppo oltre a essere destinato alla creazione di una forma architettonica è facilmente implementabile con l’analisi strutturale, energetica, e queste non avvengono, cronologicamente, posteriormente alla progettazione architettonica, ma diventano parte integrante e essenziale del processo generativo che, come ripetuto, essendo basato su parametri è possibile

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modificare in ogni istante in relazione ad altri parametri, quali appunto quelli derivanti da analisi/algoritmi strutturali, energetici, ecc..

Si ricorda come tali ricerche in campo architettonico abbiano insospettabili radici storiche, che non hanno pressoché nessuna relazione con l'epoca informatica moderna: alcuni anni dopo il 1939 Luigi Moretti scriveva:

"Tu sai che è dal 1939-40 che spingo la ricerca su queste relazioni e le possibilità della loro massima estensione per arrivare ad una architettura che viva nell'affascinante respiro del mondo attuale permeato di faustiano spirito scientifico, architettura cioè autenticamente moderna di fatto (quindi nuova e rivoluzionaria) e non soltanto di nome per appartenenza storica a tempi moderni. [...] L'ignoranza persistente, scusami, nella quasi totalità dell'area accademica delle nostre Facoltà di Architettura (e non solo in Italia) di ogni problema che esuli dal formalismo che impera e dalle dichiarazioni sociali prive di ogni contenuto concreto e l'impreparazione, non certo per la colpa, dei docenti e studenti delle nostre Facoltà delle materie matematiche, mi fecero desistere e chiudere le nostre ricerche nell'area di chi poteva parlare un linguaggio consimile [...] Allo sviluppo di questa impostazione e alla nuova metodica e teoria precisata nei suoi schemi e verificata nei primi, e direi esaltanti, risultati diedi il nome di Architettura Parametrica".

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GLI STRUMENTI

L’approccio a questo tipo di ricerca è altamente multidisciplinare, da un lato è necessario possedere delle basi algebriche e geometriche, dall’altro è necessario avere delle conoscenze informatiche in quanto tali trasformazioni devono essere riprodotte attraverso lo strumento informatico. Il panorama di strumenti a disposizione di chi voglia intraprendere un percorso di ricerca in questo campo è davvero svariato: dai software proprietari, agli script creati dalle università.

Per la tesi presentata in queste pagine si è utilizzato come modellatore tridimensionale Rhinoceros, uno dei più famosi strumenti per la modellazione di NURBS, mentre per affrontare il tema della progettazione parametrica si è utilizzato Grasshopper Plug-in di Rhinoceros, che è un editor visuale di script di programmazione (che supporta sia script VBS che C++). Lo strumento utilizzato, essendo un editor di script visuale, consente un approccio morbido anche a chi non è esperto di linguaggi di programmazione, inoltre consente di tenere maggiormente sotto controllo l’intero processo potendo decidere in maniera autonoma su quale algoritmo il nostro parametro deve agire.

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ELEMENTI GENERATIVI

La ricerca effettuata nell'ambito della presente tesi può essere inserita, come anticipato, sotto il filone di ricerca dell'architettura parametrica. Volutamente si è scelto di rendere la lettura di questi processi la più semplice possibile, si è scelto come elemento generatore una curva, NURBS, che è stata successivamente riparametrizzata assumendone alcuni punti di controllo. L'idea iniziale è stata di trasformare una linea di grado 1 (retta) in una curva di grado 3 (nurbs appunto) che ricalcasse il nastro di möbius, almeno parzialmente, ad identificare l'idea di fluidità.

Questo è l'elemento generatore, tutte le successive trasformazioni e realizzazioni sono legate a questi parametri iniziali.

Come detto si è scelto di realizzare algoritmi di trasformazione molto semplici in quanto lo scopo è di evidenziare come il processo generi una forma, al posto degli algoritmi scelti, o in aggiunta a essi, potevano essere inseriti altri algoritmi molto più complessi, ma il cui scopo sarebbe stato il medesimo. E' interessante notare come sin da queste fasi, molto precedenti anche a una progettazione preliminare, in termini conosciuti, si possano integrare tutta un'altra serie di algoritmi volta a successive ottimizzazioni.

Si evidenzierà anche come sia possibile interagire in questo sistema aperto introducendo elementi strutturali o analisi energetiche. Il processo progettuale ha poi consentito di analizzare più approfonditamente la forma finale analizzando l'interfaccia tra l'edificio e l'esterno ossia l'involucro; anche in questo caso attraverso la parametrizzazione della superficie si è cercato di restituire un senso di frammentarietà all'edificio, rendendo, secondo il personale gusto estetico, l'effetto che si ha di fronte ai versanti di cava. Verrà evidenziato che anche in questa fase è possibile giungere all'ottimizzazione o alla creazione di forma facendo interagire gli algoritmi assunti con altri come quelli energetici.

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PROGETTO GENERATIVO

Nelle immagini che seguono si evidenziano i passaggi sopra descritti che hanno portato alla generazione della forma finale, forma che come si accennava all'inizio era sfuocata nella mente del progettista e si è generata algoritmo dopo algoritmo.

Fig. 21 - Immagine del modello in fase di modellazione

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OTTIMIZZAZIONE FORMA STRUTTURA ENERGIA

Alla stessa stregua delle trasformazioni viste precedentemente come estrusioni o quanto'altro, è possibile applicare altri algoritmi che generano o modificano, la forma appena estratta.

Il punto di forza di questo approccio progettuale risiede proprio nella possibilità di configurarsi come un sistema aperto a infinite varianti.

Grazie all'utilizzo di un linguaggio di programmazione come il C++, probabilmente il linguaggio attualmente più performante, è possibile non solo scambiare dati, ma interagire con altri software, ad esempio esportare le strutture in SAP o analizzare in tempo reale le caratteristiche termiche che investono il nostro edificio attraverso Ecotect.

Tutto questo consente di interagire in maniera immediata con l'analisi strutturale, o termica.

Questa ricerca consente quindi un approccio integrato alla progettazione, termine molto in voga ma operativamente di difficile applicazione.

Volendo estremizzare il risultato si potrebbe affermare che anziché disegni, in un futuro, i progettisti si scambieranno algoritmi che ognuno manovrerà e modificherà per "ottimizzare" in senso matematico la particolare caratteristica analizzata.

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CONCLUSIONI

Questo nuovo approccio è attualmente la linea di ricerca architettonica che stimola le maggiori università del mondo, dalla Scuola di Arti Applicate di Vienna, che la applica anche all'urbanistica con il progetto di Master - Brain City Lab - (utilizzando anche i medesimi strumenti), passando per la Harvard Design School, fino alla University of California di Santa Barbara dove insegna Marcos Novak, architetto, musicista, pioniere di una nuova architettura la transarchitettura o architettura oltre l'architettura:

"Il cambiamento che stiamo sperimentando ebbe inizio quasi duecento anni fa, quando l’avvento di una geometria non euclidea portò a fondamentali ripensamenti sul significato dello spaziotempo, della materia e dell’energia, dell’informazione e del rumore. Vennero introdotte delle idee alle quali l’architettura non poteva più dare forma. S’ingenerò di conseguenza una rottura che portò a una crescente marginalizzazione dell’architettura. Chiamiamo il mondo newtoniano ed euclideo Mondo A, chiamiamo Mondo B il mondo posteuclideo che lo ha rimpiazzato e che si estende all’oggi, definiamo Mondo C il mondo elettronico e telematico che stiamo creando. Mentre la cultura globale si sta rapidamente spostando verso il Mondo C, gli architetti iniziano finalmente a considerare il Mondo B con un enorme salto in avanti, comunque insufficiente a portarli al passo con i tempi. Lo iato non deve essere perpetuato: sta a noi il compito di accettare il presente e inventare il futuro.

Il termine transArchitetture descrive una trasformazione o una trasmutazione dell’architettura verso la rottura dell’opposizione di fisico e virtuale e la proposta di un continuum che conduca da un’architettura fisica a un’architettura tecnologicamente potenziata a un’architettura del cyberspazio. La transarchitettura si dà come una modalità di espansione e di rafforzamento dello scopo e della rilevanza dell’architettura nell’era informatica, che permetta di

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considerare vie alternative agli angusti confini della disciplina delle costruzioni.

La transarchitettura prende in esame gli aspetti del progresso tecnologico e teoretico dello spazio e le loro relazioni con l’esplorazione di differenti modalità spaziali che era in passato impossibile perseguire. I computer vanno visti sia come strumenti per investigare queste modalità spaziali sia come creatori d’istanze per una nuova architettura."11

A conclusione di questo lavoro ciò che preme sottolineare è come ormai il software sia entrato all'interno del processo progettuale, sia in maniera statica come i cad o i software BIM sia in maniera dinamica seguendo l'approccio presentato in queste pagine.

Se con l'acronimo BIM si intende Building Information Model, ossia il processo di generazione e gestione dei dati di costruzione di un edificio, al fine di tenere sotto controllo i costi, aumentare la qualità dei disegni e pianificare il processo costruttivo, si potrebbe coniare un nuovo termine per questa linea di ricerca ossia DIM, Design Information Model in cui la generazione e la gestione dei dati è volta alla preliminare fase progettuale al fine di controllare e ottimizzare le prestazioni di un complesso (dall'urbanistica, all'edificio) in relazione a una determinata classe di richieste.

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Figura

Fig. 1- Lo stabilimento termale oggi
Fig. 2 - San Giuliano Terme, la via principale
Fig. 3 - Pisa, i &#34;bagni di Nerone&#34;
Fig. 4 - L'acquedotto di Caldaccoli, autore Ranieri Grassi - 1830 ca.
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