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PARTE PRIMA LO STATUS DELLA PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA I

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(1)

1

I

PARTE PRIMA

LO STATUS DELLA

PIANIFICAZIONE

PAESAGGISTICA

(2)

2

I

.1.

IL CONCETTO DI PAESAGGIO E LA

SUA EVOLUZIONE

I

.1.1.

Significati ed etimologia.

Quante volte ci è capitato di dire “Che bel paesaggio!” davanti a un paesino adagiato su una collina o di fronte a un tratto di costa? Probabilmente però non ci siamo mai soffermati a pensare che cosa sia effettivamente il paesaggio. Forse ci verrebbe in mente la visione gradevole di una porzione di natura e, forse, di case. Tuttavia se volessimo definire con maggior precisione il paesaggio incontreremmo qualche difficoltà. Questo è normale, dato che una spiegazione precisa del termine paesaggio è stata cercata a lungo da studiosi e legislatori. Se cerchiamo nel dizionario italiano, scopriamo che si definisce “paesaggio” l‟aspetto di un luogo, di un territorio quando lo si abbraccia con lo sguardo, ma anche la particolare conformazione di un territorio risultante dagli aspetti fisici, biologici e antropici (cioè legati all‟attività dell‟uomo).1

Nel mondo anglosassone, per

1

(3)

3 esempio, il paesaggio è definito come la figura

apparente, visibile, di quella parte di terra che l'occhio può immediatamente osservare.2

Il termine dunque si presta a varie definizioni a seconda del contesto nel quale è usato. Per questo, il sostantivo paesaggio è spesso accompagnato da aggettivi che ne specificano le caratteristiche. Per questo si può parlare di paesaggio montano, paesaggio collinare, paesaggio agricolo, paesaggio urbano, paesaggio italiano, paesaggio pittoresco, paesaggio emotivo e così via. Possiamo dire che il paesaggio è il risultato di un insieme di elementi in relazione fra loro. Se prendiamo il paesaggio montano e quello collinare, notiamo come una differenza tra i due sia data da fattori diversi: per esempio, la quota altimetrica, cioè a che altezza si colloca il paesaggio. Possiamo poi aggiungere che un paesaggio montano avrà anche un tipo di vegetazione diversa rispetto a quella collinare e che, di conseguenza, saranno diversi anche i colori. Differenze simili possono essere trovate tra il paesaggio urbano e quello agricolo: a parte la diversità più evidente dovuta all‟assembramento di edifici nel primo rispetto al secondo, ci sono altri fattori che li differenziano, come la presenza o meno di terreni coltivati o anche di corsi d‟acqua. E

2

(4)

4 ancora: si può pensare alle differenze tra il

paesaggio italiano e quello inglese, che a loro volta possono essere distinti per le loro caratteristiche regionali e locali. Questo ci fa capire che la definizione di paesaggio è legata anche a fattori geografici: in geografia il termine indica l‟insieme delle manifestazioni sensibili di un paese o di un territorio, analogamente alle voci paysage in francese, landscape in inglese,

landschaft in tedesco; quest‟ultimo termine si

identifica spesso con quello di “regione”. La nozione di paesaggio sottesa a queste espressioni è quella di una percezione che unisce le forme naturali, che costituiscono i territori di vita dell‟uomo, a tutti gli elementi o segni che nel corso del tempo, secondo le finalità più diverse che l‟uomo ha inserito nell‟ordine naturale. Ci sono poi i fattori economici: la ricchezza o la povertà di una particolare area geografica può determinare anche le caratteristiche del suo paesaggio. Tra i tipi di paesaggio citati, c‟è inoltre quello italiano. La definizione in questo caso è quanto mai generica, visto che esso può essere, a sua volta, suddiviso in diversi tipi di paesaggio a seconda delle regioni d‟Italia. La conformazione geografica, la storia e l‟intervento dell‟uomo hanno fatto del paesaggio del nostro Paese uno dei più vari e ricchi al mondo. La nozione di paesaggio è ancor oggi divisa da questi due orientamenti che riguardano

(5)

5 il ruolo assunto dall‟uomo nel costruire il

paesaggio. Il primo si inserisce nella visione ecologista, che studia e si interroga sulla capacità dell‟uomo di modificare e turbare gli equilibri naturali. L‟altro orientamento, che mette al centro del paesaggio l‟uomo (attore e percettore), dà molta importanza alla percezione, tramite sensoriale attraverso il quale l‟uomo si rapporta alla natura. A ciò si connette il tema delle forme, per il quale il paesaggio è da intendere come visione estetica del mondo in cui viviamo. Questo è il paesaggio dei pittori, degli artisti, che ha una lunga e affascinante storia. Iniziò con gli uomini preistorici che, nelle loro rappresentazioni rupestri, non ritraevano il paesaggio ma vi alludevano tramite i movimenti, le posizioni degli uomini e animali identificati come progenitori mitici, iniziatori di una cultura. Nella pittura occidentale il paesaggio, in un primo momento venne posto sullo sfondo di dipinti di soggetto religioso, con i santi o il Cristo in primo piano, in seguito diventò oggetto di rappresentazione con l‟arte fiamminga e poi con gli stessi artisti italiani (ricordo la Gioconda). Il paesaggio viene rappresentato anche nell‟arte cinese, dove però il segno umano non è mai così forte e in primo piano come nella pittura occidentale. Le diverse rappresentazioni mostrano che il paesaggio è proiezione dei modi dell‟uomo di vedere e rappresentare il mondo, in

(6)

6 base alle questioni che si pone (sentimentali,

estetiche, pratiche, produttive, ludiche).

Il paesaggio ha assunto oggi un ruolo centrale di fronte al dilagare degli interventi modificatori dell‟uomo connessi all‟industrializzazione e al liberismo economico che ha assegnato valore al suolo, vi è così il rischio che il paesaggio venga derubato della sua naturale connotazione, che ne si cancelli la memoria, la quale è componete essenziale della sua identità. Al tempo stesso il paesaggio è diventato una preoccupazione degli urbanisti, degli amministratori e di chi presiede al governo dei territori. In proposito si fa spesso distinzione tra paesaggio agrario e paesaggio urbanizzato (per non parlare di paesaggio naturale). Ma la vita urbana è ormai penetrata nelle campagne e questa distinzione, nei paesi più avanzati, non ha quasi più senso, anche se è tuttora importante nella ricerca storica, che si interessa alle epoche in cui città e campagna davano vita a paesaggi globalmente intesi come manifestazione dei modi di organizzazione del territorio, con tutta la connessa complessità propria del mondo moderno, che ha fatto scomparire quelle visioni del paesaggio di ieri, quadro piacevole, gradito, confortante del vivere. L‟eccesso produttivo e l‟urbanizzazione sempre più spinta produrranno paesaggi sempre più lontani da quelle aspirazioni proprie dell‟uomo secondo le quali si cerca nel

(7)

7 paesaggio il riflesso migliore del proprio agire

nella natura.

Da dove deriva esattamente la parola paesaggio? Il termine ha origine dal francese “paysage” che a sua volta deriva da “pays” e indica l'aspetto di un luogo, l'insieme delle sue forme e delle interazioni fra di esse. In generale oggi si considera il paesaggio come qualcosa di dinamico, in continua evoluzione e, di conseguenza, difficilmente definibile poiché strettamente legato all‟azione dell‟uomo, il quale condiziona il paesaggio e ne viene al tempo stesso condizionato. Nel corso dei secoli, diverse scuole di pensiero hanno provato a definire il termine paesaggio. Quelle principali lo hanno definito come: l'insieme delle cose e delle relazioni fra di esse (secondo gli studiosi scientifico-ecologisti); il risultato dell'evoluzione della Natura e dell'azione dell'uomo (secondo gli storicisti); l'insieme delle forme di un luogo e delle relazioni fra di esse (secondo i cosiddetti percettivisti)3.

I

.1.2.

Antropologia del paesaggio.

Il paesaggio è un “presente remoto” che interseca gli strati biologici e culturali

(8)

8 dell‟esperienza e, in modo carsico, affonda e

riemerge negli spazi e nei tempi dell‟uomo a ricordare che corpo, processi cognitivi, tecniche del sapere e miti hanno una matrice paesaggistica. Dalle esperienze grafiche dei Pigmei Mbuti alle scritture identitarie che radicano le proprie ragioni nel paesaggio, dalla geografia sacra dell‟arte rupestre alle geografie etiche ed estetiche dei beni culturali, cominciando dalla preistoria dei cacciatori-raccoglitori per esplorare la modernità, il paesaggio è un paradigma di pensiero in atto che chiede allo scienziato una riscoperta intellettuale. Il fatto che il paesaggio possa influenzare i percorsi evolutivi e culturali dell‟uomo e sia al contempo stesso un oggetto mentale pensato per pensare la complessità, la sua onnipresenza nell‟esperienza umana e la sua fertilità cognitiva (dalla caccia di mammiferi alla caccia di idee), sono elementi sufficienti per collocarlo in posizione centrale nella cartografia dei saperi. Il paesaggio è un terreno in senso proprio in cui il ricercatore può registrare non solo le interferenze tra ambienti e culture, ma anche quel potenziale antropologico che, non sempre attivato e raramente ascoltato, può dire qualcosa di determinante sul passaggio dall‟osservazione all‟azione, dalla conoscenza

(9)

9 alla coscienza, dal dire al predire, di cui la Terra

ha urgentemente bisogno.4

I

.1.3.

Wilderness

preistorica,

esplorazione e paesaggio odierno

.

Wilderness significa “terra fuori controllo” (self-willed-land) o “luogo fuori controllo” (self-willed-place) con un‟enfasi particolare sulla sua intrinseca e ostinata volontà. Questa concezione volitiva (willed) si oppone per sé stessa all‟ambiente regolato e ordinato, che è caratteristico della nozione di civiltà. Mentre controllo, ordine, dominio e gestione sono validi per la civilizzazione e l‟addomesticamento, non sono invece essenziali per le culture primitive. Il culto della natura dei primi Indoeuropei era incentrato sul tema tradizionale dei luoghi naturali sacri, alieni dalla profanazione degli umani e della loro tecnologia. Questi luoghi naturali erano Wilderness nel senso più profondo del termine; erano intrisi di forza volitiva (will-force) autonoma, ostinata e incontrollabile e di energia spirituale. Per questo i primi Indoeuropei percepivano in essi un senso di mistero sacro,

4

(10)

10 una presenza luminosa. Ed è da questa

tradizione che emerge il concetto della “volontà della terra” (will of the land), il concetto di Wilderness.5

Nel mondo odierno, la maggior parte di noi umani mette su famiglia, studia, lavora e trova gran parte della propria ispirazione nelle aree urbane. La terra al di là delle nostre città è diventata per molti un generico paesaggio di colline e valli, di spiagge, fiumi e deserti monotoni. Il linguaggio che usiamo per dire ciò che stiamo guardando, o per rievocare ciò che abbiamo visto, sta collassando in una vaga lista di parole anonime (valle, lago, montagna). Usate a lungo assieme all‟espressione “come una…”, “come un…”, vengono ora impiegate al posto di “radura”, “invaso”, “scarpata” etc… In un contesto culturale odierno il paesaggio visto e raccontato è prima di tutto banalmente “bello” e le parole a disposizione del parlante medio per descriverlo sono una manciata di vocaboli generici. L‟appiattimento percettivo indotto dal contesto urbano, la perdita di un vocabolario esatto e penetrante per descrivere il paesaggio, sono la conseguenza della progressiva colonizzazione dell‟immaginario operata da un

5

(11)

11 sistema socio-economico che considera la Terra

come semplice materia prima.6

I

.1.4.

Il concetto di paesaggio nella

letteratura scientifica.

Nell'uso comune il paesaggio è legato anche al concetto di “panorama”, cioè la veduta di una porzione di territorio da un determinato punto di visuale. Questo significa che esiste anche una componente soggettiva nella nostra definizione di paesaggio: a definirlo contribuiscono infatti la nostra sensibilità, la nostra cultura, il nostro stato d‟animo in quel preciso momento storico in cui osserviamo il paesaggio stesso. Per il suo diretto riferirsi alla riflessione storico-filosofica, il concetto di paesaggio è tra i luoghi teorici fondamentali di una possibile unione dei campi delle scienze umane e naturali auspicata dal pensiero ecologico, esso però al tempo stesso è uno degli esiti più tipici della frattura tra natura e cultura portata a compimento dalla modernità. L‟idea di paesaggio è estranea sia alla cultura antica pagana, sia alla cultura cristiana medievale e comincia a delinearsi solo nel Rinascimento.

(12)

12 Friedrich Schiller, nelle sue riflessioni sulla

poesia e la pittura di argomento paesaggistico, osservava che l‟interesse artistico per il paesaggio nasce da un più generale interesse sentimentale per la natura, conseguenza del progressivo distanziarsi dell‟uomo moderno da essa e di una nostalgia per la sua perdita che non poteva appartenere all‟uomo greco, ancora integrato al mondo naturale. Pochi anni dopo Jacob Burckhardt fisserà anche una simbolica data di nascita per la scoperta del paesaggio.7 Si riferiva alle riflessioni ispirate in Petrarca, da lui considerato “uno dei primi uomini perfettamente moderni”, da un‟escursione in compagnia del fratello sul Mont Ventoux, vicino ad Avignone, durante la quale, contemplando la bellezza dei panorami, gli si rivelò l‟inadeguatezza della concezione cristiana della natura. Da Burckhardt fino a filosofi del Novecento come Ritter e Assunto, il concetto di paesaggio si è affermato nella cultura storico-filosofica moderna quale terreno fondamentale di elaborazione teorica e culturale sull‟ambiente naturale visto non dal punto di vista delle scienze fisiche e biologiche, o di quelle economiche, ma per l‟influenza che esso determina sull‟animo umano in termini di bellezza, sentimento, gusto. Per questo la storia dell‟idea di paesaggio, soprattutto a partire dal romanticismo, si è collegata alla riflessione sul

(13)

13 bello e alla storia dell‟estetica, tanto più dopo

che quest‟ultima ha cominciato ad estendere il proprio sguardo oltre la tradizione della filosofia dell‟arte; e proprio nella sua accezione più squisitamente estetica, l‟amore per il paesaggio è stato un valore fondante dello stesso pensiero ecologico, e in particolare delle correnti preservazioniste del movimento conservazionista e dei suoi pionieri neoromantici a cominciare da Henry David Thoreau. Tra i primi a parlare di paesaggio ricordiamo anche, agli inizi del XIX secolo, Alexander von Humboldt, che nella sua aspirazione a descrivere il mondo e le sue innumerevoli diversità si sforzò di trovare le ragioni di tali diversità, utilizzando le conoscenze naturalistiche con le quali poteva spiegare i complessi meccanismi che legano tra loro, secondo influssi reciproci, fenomeni attinenti alla geosfera, all‟atmosfera e alla biosfera. La sua visione naturalistica, di base scientifica, è stata rivista da diversi geografi. Alcuni, di scuola deterministica, ritenevano che l‟uomo fosse condizionato dalla natura nel suo agire; altri, come i rappresentanti della scuola francese di geografia, capeggiata da Vidal de la Blache, assegnavano all‟uomo una libertà di scelta nel suo operare, sia pure in un campo di possibilità più o meno ampie offerte dalla natura.

(14)

14

I

.1.5.

Il paesaggio nella scienza

giuridica.

Gli sviluppi della dottrina vanno naturalmente letti in contrappunto rispetto all‟evoluzione della normativa e della giurisprudenza (costituzionale e amministrativa) nella emersione e formazione di un concetto giuridico compiuto di tutela del paesaggio, nel continuo scambio di apporti ed influenze reciproche. Una svolta nella riflessione dottrinaria sul tema del paesaggio la si deve ad Alberto Predieri, che ha allargato la visuale sull‟ampiezza di significato del termine nell‟inscindibile nesso tra profili culturali e profili naturalistici (il paesaggio integrale), giungendo a considerare “il paesaggio (come) un fatto fisico, oggettivo ma, al tempo stesso, un farsi, un processo creativo continuo, incapace di essere configurato come realtà o dato immobile; è il modo di essere del territorio nella sua percezione visibile”. Per il Predieri, dunque, il paesaggio è “la forma del territorio, o dell‟ambiente, creata dalla comunità umana che vi si è insediata, con una continua interazione

(15)

15 della natura e dell‟uomo”8

. Viene così superata la tradizionale visione che ancorava il paesaggio al concetto di bellezze naturali. E‟ stato esattamente osservato come la tesi del Sandulli, secondo cui la locuzione “paesaggio” costituirebbe l‟equivalente semantico di “bellezze naturali”9, restringeva l‟ambito di

applicabilità della tutela alle sole aree di pregio paesaggistico e tendeva ad assimilarle, per natura e regime giuridici (assecondando la evidente analogia degli impianti normativi tra le leggi 1089 e 1497 del 1939), alle cose di interesse storico artistico, quali cose appartenenti alla speciale categoria dei beni di interesse pubblico; nel mentre, rispetto a siffatta impostazione, l‟idea del Predieri del paesaggio come forma del paese estesa all‟intero territorio tendesse invece a giustificare il carattere non ablatorio del vincolo e la non indennizzabilità della sua apposizione sulla base di una diversa linea argomentativa, fondata sull‟utilizzazione della nozione di conformazione della proprietà privata nel combinato disposto degli articoli 9 e 42 della Costituzione. L‟elaborazione di M. S. Giannini10 ha evidenziato soprattutto la convergenza, all‟interno della nozione di ambiente, di una pluralità di aspetti giuridici, ciascuno autonomamente caratterizzato, ed ha

8

A. Predieri, Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969.

9

A.M. Sandulli, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. Giur. Ed. 1967.

10

(16)

16 rimarcato, in questa impostazione, lo stretto

raccordo tra l‟idea di paesaggio e la tutela di valori culturali. Egli ha così distinto, anche alla luce dell‟evoluzione storica della normativa nei vari settori, tre accezioni diverse della nozione di ambiente: la prima relativa al paesaggio e alla conservazione dei beni ambientali, la seconda relativa alla tutela del suolo, dell‟acqua e dell‟aria, cioè dell‟ambiente in senso fisico oggettivo, la terza relativa all‟urbanistica. Altri Autori11 hanno proposto una distinzione tra ambiente/paesaggio e ambiente/ecosistema, nonché, nell‟ambito dell‟ambiente/paesaggio, tra beni ambientali paesaggistici (bellezze naturali e zone di pregio naturalistico) e beni ambientali urbanistici (i centri storici, il paesaggio più antropizzato). Altri, ancora, hanno condotto sino in fondo la tesi che identifica il paesaggio con l‟ecologia, in un‟ottica di superamento tra competenze statali e regionali12.

L‟opinione più diffusa oggi tende ad approfondire l‟intuizione del Predieri del paesaggio integrale, come valore primario ai sensi dell‟articolo 9 della Costituzione, articolato nella salvaguardia contestuale della forma visibile del territorio e dei beni ambientali che ne costituiscono le componenti strutturali. Non mancano interventi anche recenti che

11

T. Alibrandi, P. Ferri, I beni culturali e ambientali, Milano 2001

12

F. Merusi , Commento all‟art. 9, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, I, Bologna, 1975; C. Malinconico, I

(17)

17 rimarcano la distinzione tra ambiente e

paesaggio, in ragione del valore estetico-culturale del primo13 e che ribadiscono l‟inclusione del paesaggio nell‟area dei beni culturali, come una specie di bene culturale in senso ampio14.

Le posizioni in campo nell‟elaborazione dottrinale – ma anche giurisprudenziale – tendono a polarizzarsi, catalizzate dall‟impatto del tentativo di riforma del titolo V della Costituzione nel 2001, in due schieramenti contrapposti, abbastanza chiaramente definibili: un primo orientamento tende a riportare il paesaggio nell‟area dei beni culturali, o meglio del patrimonio culturale della Nazione, con una forte sottolineatura dell‟articolo 9, secondo comma, della Costituzione, così richiamando una visione che era propria, nella sostanza, della commissione Franceschini degli anni ‟60 e che sembra essersi in qualche modo inverata nella struttura logica del nuovo testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali del 1999; un secondo schieramento tende invece a valorizzare l‟approccio panurbanistico (o, meglio, panterritorialista) o panambientalista, volto a ridurre il paesaggio a un aspetto del governo del territorio e della tutela dell‟ambiente, secondo la

13

M. Immordino, Tutela del paesaggio Torino, 1999.

14

G. Severini, Il concetto di <<bene ambientale>> nel Testo Unico, in La nuova tutela dei beni culturali e ambientali, a cura di P.G. Ferri e M. Pacini, Milano, 2001.

(18)

18 “vogue” del d.P.R. 616 del 1977 e in parte della

legge “Galasso” del 1985. L‟uno orientamento tende conseguentemente a rivendicare la difesa di un nucleo ineliminabile di competenze statali a tutela del paesaggio (anche attraverso il mantenimento di strumenti di intervento puntuali di tipo vincolistico capaci di dare concretezza e attualità alla dichiarazione di interesse paesaggistico di un‟area); l‟altro orientamento tende invece a privilegiare una visione regionalista e policentrista (imperniata sulla massima enfatizzazione della pianificazione come luogo privilegiato della disciplina d‟uso del territorio).

(19)

19

I

.2.

RIFERIMENTI NORMATIVI

SUL PAESAGGIO

I

.2.1

.

Il

paesaggio

e

il

diritto

internazionale.

Sono stati riconosciuti e riportati di seguito documenti di rilievo internazionale prodotti in Europa, contenenti obiettivi e intenti che hanno ricadute, dirette o indirette, sul paesaggio:

Carta di Atene: la prima Carta, a seguito del IV

Congresso Internazionale di Architettura Moderna (Congres Internationaux d'Architecture Moderne - CIAM) del 1933,

pubblicata nel 1943 col titolo “Urbanisme des

Ciam. La Charte d‟Atenes”, poi nel 1957 come

”La Charte d‟Atenes”, è incentrata soprattutto sulla salvaguardia dei valori architettonici del patrimonio storico e culturale della città come testimonianza del passato e nell‟interesse generale ed è considerata fondamentale per la definizione di un approccio funzionale alla pianificazione della città moderna. Dal I al III CIAM era stato enfatizzato il valore degli

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20 approcci funzionali riferiti all‟uso e all‟edilizia

abitativa con particolare riferimento al paesaggio. Per la protezione dei monumenti d‟interesse artistico, storico o scientifico appartenenti ai diversi Paesi sono con essa incoraggiati:

 la valorizzazione estetica dei monumenti antichi;  il rispetto per il carattere e l'aspetto esterno della

città nella costruzione di nuovi edifici;

 lo studio della vegetazione ornamentale più adatta a certi monumenti attigui;

 la soppressione di tutte le forme di pubblicità;  la costruzione di pali del telegrafo;

 l‟esclusione di tutte le fabbriche rumorose e con strutture alte nei pressi di monumenti artistici e storici.

La Carta e stata in seguito modificata in altre versioni dal Consiglio Europeo degli Urbanisti (CEU, European Council of Spatial Planners -

ECSP) con aggiornamenti nel 1998 e nel 2003,

pubblicati, rispettivamente, nel 2000 e nel 2004.

Convenzione per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato: La

Convenzione de L‟Aja (Paesi Bassi) del 1954 indica nel primo articolo gli elementi costituenti i “beni culturali” tra i quali:

 beni mobili o immobili, di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, come i

(21)

21 monumenti architettonici, di arte o di storia,

religiosi o laici;  i siti archeologici;

 i complessi di costruzioni che offrono interesse storico o artistico;

 gli edifici la cui destinazione principale ed effettiva è di conservare o di esporre i beni culturali

 mobili, quali musei, grandi biblioteche, i depositi di archivi, i rifugi in caso di conflitto armato;

 i centri comprendenti un numero considerevole dei suddetti beni culturali, detti “centri monumentali”.

Carta di Venezia: La Carta, stabilita a Venezia

nel 1964, sancisce il cambiamento nella nozione di monumento storico, che, se caratterizzato da eccezionale o particolare rilevanza, si riconosce tanto “creazione architettonica isolata” quanto “ambiente urbano o paesistico che costituisca la

testimonianza di una civiltà particolare, di un‟evoluzione significativa o di un avvenimento storico”.

Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico: la Convenzione di

Londra, del 1969, oltre a porre il patrimonio archeologico all‟attenzione del Consiglio

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22 d‟Europa, in particolare riguardo agli scavi

illeciti, ha come scopo principale la salvaguardia dei valori culturali del passato e la diffusione della conoscenza della civiltà che lo ha prodotto. Infatti, prevede che sugli scavi archeologici possano essere intraprese azioni appropriate effettuate secondo procedimenti scientifici e da persone autorizzate che ne hanno la competenza oppure, nei casi più complessi, si possa scegliere di riservare l‟indagine per altre generazioni che forse si avvarranno di nuovi metodi o di altri ora poco conosciuti. Infine si afferma l'importanza attribuita alla formazione e all‟informazione dell'opinione pubblica in materia di protezione del patrimonio archeologico.

L‟Italia ha aderito alle direttive della convenzione di Londra con la Legge 12 aprile 1973, n. 202. In seguito la Convenzione è stata sottoposta a revisione con la Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico de La Valletta.

Carta della conservazione integrata di Amsterdam: Trattasi di un corpus costituito

dalla “Carta europea del patrimonio architettonico” adottata dal Consiglio d‟Europa e dalla “Dichiarazione di Amsterdam” promulgato nella stessa città dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 1975.

(23)

23 La Carta in particolare riconosce che il

patrimonio architettonico sia a rischio e che i pericoli incombenti possano essere limitati attraverso la “conservazione integrata” e la Dichiarazione ne specifica le caratteristiche:  deve essere uno dei principali obiettivi della

pianificazione urbana e dell'assetto territoriale;  impegna la responsabilità degli enti locali ed

esige la partecipazione dei cittadini;

 il suo successo è condizionato dalla presa in considerazione dei fattori sociali;

 esige un adeguamento delle misure legislative ed amministrative;

 esige adeguati mezzi finanziari;

 esige una promozione dei metodi, delle tecniche e delle competenze professionali connesse al restauro ed alla riabilitazione.

Carta di Firenze: il Consiglio Internazionale

sui monumenti e i siti storici (International

Council on Monuments and Sites ICOMOS)

insieme con la Federazione Internazionale degli Architetti Paesaggisti (International Federation

of Landscape Architects - IFLA) nel 1981, a

Firenze, hanno elaborato l‟omonima Carta dedicata alla salvaguardia dei giardini storici come paesaggi, con l‟intento di completare la Carta di Venezia in questo particolare ambito.

(24)

24 In particolare è data la definizione di “sito

storico” quale “paesaggio definito, evocatore di un fatto memorabile, luogo di un avvenimento storico maggiore, origine di un mito illustre o di una battaglia epica, soggetto di un celebre dipinto, ecc”15.

Carta per la protezione e la gestione del patrimonio archeologico: la Carta, scritta a

Losanna (Svizzera) da un comitato speciale dell‟ICOMOS, il Comitato internazionale per la Gestione del Patrimonio Archeologico (International Committee on Archaeological

Heritage Management - ICAHM) nell‟ottobre

del 1990, asserisce che, nella gestione del patrimonio archeologico, i metodi dell‟archeologia forniscono le conoscenze di base ma, la specifica natura interdisciplinare, richiede, a tutte le scale di pianificazione, l‟integrazione con le politiche di protezione concernenti l‟agricoltura, l‟uso del suolo, l‟ambiente etc…

Oltre a questo, pone l‟attenzione sul diritto alla partecipazione ai processi decisionali delle popolazioni locali e sul loro consenso, condizione imprescindibile per la protezione e la conservazione dei monumenti e dei siti.

15

(25)

25

Carta del paesaggio Mediterraneo: nota anche

come Carta di Siviglia, nasce dall‟iniziativa delle Regioni Andalusia, Languedoc-Roussillon e Veneto per la realizzazione di una Carta del Paesaggio Mediterraneo, che ha portato alla presentazione di un progetto a Siviglia (Spagna) il 4 giugno 1992. Le Regioni Andalusia, Languedoc-Roussillon e Toscana (in sostituzione del Veneto) portano avanti l‟obiettivo della realizzazione di una maggiore coesione tra i Paesi europei: l‟intento è di definire obiettivi e azioni per una politica di conservazione e di gestione del paesaggio nell'area mediterranea, proseguendo l‟attività e l‟approfondimento dei temi portati alla Terza Conferenza delle Regioni Mediterranee (Taormina, 5-7 aprile 1993) e al Primo Congresso Internazionale sul Paesaggio Mediterraneo (Montpellier, giugno 1993) nel corso del quale e stata presentata la stesura finale dalla Carta successivamente approvata (St. Malo, ottobre 1993).

È fra i documenti comunitari antecedenti alla Convenzione europea del paesaggio in cui è presente un‟esplicita definizione di paesaggio. Infatti, esso è “manifestazione formale della

relazione fisica degli individui e delle società nello spazio e nel tempo con un territorio più o meno intensamente modificato dai fattori sociali, economici e culturali” e “questa

(26)

26

relazione può essere di ordine affettivo, identificativo, estetico, simbolico, spirituale o economico” e implicare “l'attribuzione ai paesaggi, da parte degli individui o delle società, di valori di identificazione sociale a vari livelli, locale, regionale, nazionale o internazionale”.

Il paesaggio è riconosciuto quale risorsa e patrimonio comune a tutti gli individui e a tutte le società con valore di identità culturale.

Carta di Cracovia: redatta nel 2000, la Carta ha

come scopo la conservazione del “patrimonio

architettonico, urbano e paesaggistico”. In

particolare l'intervento nell‟ambiente urbano consiste nel “riferirsi sempre alla città nel suo

insieme morfologico, funzionale e strutturale, come parte del suo territorio, del suo contesto e del paesaggio circostante”. Il paesaggio viene

inteso come patrimonio culturale, risultato della “prolungata interazione nelle diverse società tra

l'uomo, la natura e l'ambienta fisico”

rappresentativo del rapporto tra società ed individui con il loro ambiente. Sia la conservazione e sia la trasformazione del paesaggio devono essere integrate con valori materiali e immateriali riconosciuti in modo da armonizzare le funzioni territoriali con essi attinenti. In particolare l‟integrazione tra

(27)

27 conservazione e sviluppo sostenibile nelle aree

caratterizzate da attività agricole e le caratteristiche naturali, richiede la comprensione e la consapevolezza delle relazioni nel tempo.

Nel preambolo della Convenzione Europea del Paesaggio sono elencati alcuni testi giuridici “

esistenti a livello internazionale nei settori della salvaguardia e della gestione del patrimonio naturale e culturale, della pianificazione territoriale, dell'autonomia locale e della cooperazione transfrontaliera”. Alcuni fra

questi documenti non riguardano direttamente il paesaggio, ma i programmi e le azioni che prevedono sono fortemente correlati con diversi principi contenuti nella CEP:

Convenzione dell’UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale16: a Parigi, il 16 novembre 1972, un comitato intergovernativo per la protezione del patrimonio culturale e naturale denominato ”Comitato del patrimonio mondiale”17, riconosce monumenti, agglomerati e siti come patrimonio culturale e monumenti naturali, formazioni geologiche e fisiografiche, siti naturali o le zone naturali come “patrimonio naturale”, segnalati da ciascun Stato partecipe

16

La Convenzione è stata ratificata in Italia con la Legge 6 aprile 1977, n. 184.

17

(28)

28 sul proprio territorio, se hanno “valore

universale eccezionale”18. Tra gli impegni è richiesto che gli Stati adottino politiche che assegnino delle funzioni al patrimonio culturale e naturale nella vita collettiva e integrare la protezione di tale patrimonio nei programmi di pianificazione generale19.

Convenzione di Berna20: la Convenzione sulla

conservazione della vita selvatica e dell‟ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979, ha lo scopo di assicurare la conservazione della flora e della fauna selvatiche, le quali, con i loro habitat, costituiscono un patrimonio naturale di valore estetico e culturale, scientifico e ricreativo, anche per le generazioni future e ha bisogno della cooperazione di vari Stati.

Convenzione per la tutela del patrimonio archeologico: la Convenzione Europea per la

Protezione del Patrimonio Artistico firmata a La Valletta (Malta) il 16 gennaio 1992 sostituisce la precedente firmata a Londra il 6 maggio 1969. È una dichiarazione di impegni da parte dei Paesi contraenti, finalizzati alla protezione e alla valorizzazione del patrimonio archeologico 18 Artt. 2-3 19 Art. 5 20

(29)

29 europeo, costituito da beni e altre tracce

dell‟esistenza dell‟uomo nel passato e testimonianza della storia, gravemente minacciato dal moltiplicarsi dei grandi lavori di pianificazione del territorio e dai rischi naturali, dagli scavi clandestini o privi di carattere scientifico, o dall‟insufficiente informazione del pubblico. Pertanto, nel contesto della pianificazione, si riconosce necessario cercare di conciliare anche i bisogni dell‟archeologia nelle strategie e nei programmi di protezione, conservazione e valorizzazione dei siti di interesse archeologico consentendo modalità di fruizione al pubblico che non incidano sul carattere archeologico e scientifico dei siti e dell‟ambiente circostante. È introdotto il principio giuridico dell‟”archeologia

preventiva”21 che regola l'integrazione anche economica della tutela dei depositi archeologici nei programmi di pianificazione territoriale, dando concreta espressione alla relazione intercorrente tra progetti di sviluppo e conservazione del patrimonio archeologico. Nel nostro Paese tale spirito è interpretato solo dagli articoli 95 e 96 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, che però risultano insufficienti. L‟Italia ha sottoscritto la Convenzione ma l‟ha ratificata soltanto

21

(30)

30 recentemente22. Pertanto, la ratifica della

Convenzione diventa un potente stimolo per un riordino della materia negli anni futuri, garantendo numerosissimi benefìci in termini di miglioramento dell'azione di tutela del patrimonio archeologico e di creazione di nuovi posti di lavoro.

Convenzione - quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività e autorità territoriali23: la Convenzione di Madrid del 21 maggio 1980 incoraggia e agevola gli Accordi, soprattutto transfrontalieri, tra Regioni e Comuni. Tali accordi possono riguardare lo sviluppo regionale, la protezione dell'ambiente, il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi pubblici che quindi possono avere dirette interconnessioni con il paesaggio. Con i suoi due Protocolli Addizionali riconosce ai poteri locali e regionali il diritto di cooperare oltre le frontiere nel campo dei servizi pubblici e della tutela ambientale.

Carta europea dell'autonomia locale24: la

Carta è l‟esito dell‟assemblea degli Stati membri del Consiglio d‟Europa che hanno aderito a

22

14 febbraio 2014 dal Governo Letta

23

È stata ratificata dall‟Italia con Legge 19 novembre 1984, n. 948

(31)

31 Strasburgo il 15 ottobre 1985. Ritenendo che il

trasferimento di competenze alle collettività locali avrebbe favorito l‟espressione delle loro potenzialità e l'azione di attori a tutti i livelli di gestione trovandosi in prima linea a rispondere di questioni inerenti biodiversità o cambiamento climatico o consumo sostenibile etc…, proclama che una vera autonomia locale e essenziale per la democrazia e costituisce un modello per le riforme legislative nelle nuove democrazie. I principi in essa sanciti sono stati già accolti in alcuni Stati.

Convenzione sulla diversità biologica25: la

Convenzione sulla diversità biologica, o Convenzione sulla biodiversità, è stata sottoscritta a Rio de Janeiro (Brasile) il 5 giugno 1992 e approvata dalle Nazioni Unite nel 1993. È finalizzata a prevenire e combattere alla fonte le cause di rilevante riduzione o perdita della diversità biologica in considerazione dei suoi valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici attraverso la cooperazione tra gli Stati e le organizzazioni intergovernative.

Convenzione relativa all'accesso all'informazione, alla partecipazione del

25

(32)

32

pubblico al processo decisionale e all'accesso alla giustizia in materia ambientale26: la

convenzione di Aarhus (Danimarca) è stata firmata dalla Comunità Europea e dai suoi Stati membri il 25 giugno 1998, è in vigore dal 30 ottobre 2001 ed è stata approvata dal Consiglio d‟Europa con Decisione 2005/370/CE del 17 febbraio 2005. Attraverso un maggiore coinvolgimento e una più forte sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei problemi di tipo ambientale, che si esplicano assicurando l'accesso del pubblico alle informazioni e favorendo la loro partecipazione alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente, la Convenzione vuole condurre al miglioramento della protezione dello stesso27. Richiede inoltre che le autorità pubbliche mantengano aggiornate le informazioni in loro possesso attraverso elenchi, registri e schedari accessibili al pubblico, possibilmente utilizzando basi di dati elettroniche, comprendenti le relazioni sulla situazione dell'ambiente, la legislazione, i piani o le politiche nazionali, le convenzioni internazionali28.

26

La Legge 16 marzo 2001, n. 108 ratifica tale Convenzione in Italia.

27

Afferma in particolare l‟art.4, comma 4 : “le decisioni di diniego alle richieste di informazioni debbano essere motivate”

28

(33)

33

I

.2.2.

La Convenzione europea del

paesaggio

.

Gli Stati membri del Consiglio d‟Europa hanno firmato l‟intesa in quel di Firenze in data 20 ottobre 2000, con la quale si impegnano a “promuovere la salvaguardia, la gestione e la

pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo”29. Il significato principale della Convenzione europea di Firenze risiede nel riconoscimento dell‟autonomia (culturale, prima che giuridica) del paesaggio come valore meritevole di un suo proprio riconoscimento giuridico. Infatti introduce espressamente una definizione di paesaggio, formulata nei seguenti termini: “paesaggio designa una determinata parte di

territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall‟azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”30. Tale definizione tiene conto dell‟idea che i paesaggi evolvono col tempo, per l‟effetto di forze naturali e per l‟azione degli esseri umani. Sottolinea ugualmente l‟idea che il paesaggio forma un tutto, i cui elementi naturali e culturali vengono considerati

29

Art. 3 Convenzione.

30

(34)

34 simultaneamente31. La Convenzione europea del

paesaggio si complementa con altri strumenti giuridici internazionali32, ma reclama un‟autonoma considerazione per il paesaggio. Come emerge dagli studi di diritto comparato compiuti nella preparazione della Convenzione33, sembra prevalere, in ambito internazionale, una visione unitaria dell‟ambiente/paesaggio sbilanciata piuttosto verso la dimensione ecologica che non verso quella culturale. La (tendenziale e auspicabile) collocazione del paesaggio, in Italia, nell‟ambito dei beni culturali, potrebbe sotto tale profilo apparire come un‟anomalia. Ma ciò dipende dalla obiettiva diversità della realtà del territorio italiano, rispetto a quello della media degli altri paesi aderenti al Consiglio d‟Europa, dove il territorio italiano, più di ogni altro (e in modo obiettivamente straordinario) è caratterizzato da una fortissima antropizzazione e dalla continua stratificazione tra modificazioni culturali apportate dall‟uomo e matrice ambientale, sicché è del tutto comprensibile la prevalenza del profilo culturale che connota il paesaggio del nostro Paese.

31

Punto 38 della relazione esplicativa della Convenzione.

32La Convenzione dell‟Unesco di Parigi del 1972 sulla tutela del patrimonio mondiale, culturale e naturale, la Convenzione

del Consiglio d‟Europa di Berna del 1979 sulla conservazione della vita selvatica e dell‟ambiente naturale d‟Europa, la Convenzione del Consiglio d‟Europa di Granada del 1985 per la salvaguardia del patrimonio architettonico d‟Europa, la Convenzione

del Consiglio d‟Europa di La Valletta del 1992 per la tutela del patrimonio archeologico etc..

33

(35)

35 Dal preambolo motivazionale anteposto

all‟articolato convenzionale si evincono le ragioni sostanziali che hanno spinto all‟adozione della convenzione e, quindi, il senso più profondo di tale atto: volontà degli Stati aderenti “di pervenire a uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l‟attività economica e l‟ambiente”; constatazione che “il paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all‟attività economica” sicché, “se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro”; consapevolezza “del fatto che il paesaggio concorre all‟elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale d‟Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell‟identità europea”.

E‟ evidente la connessione stretta dell‟elemento culturale con quello naturalistico (più strettamente ambientale), nonché la tensione tra livello e rilevanza localistica del paesaggio e sua dimensione culturale extralocale, nazionale ed europea. Su tale ultimo punto si osserva significativamente nella relazione esplicativa che “i paesaggi d‟Europa rappresentano un

(36)

36

l‟insieme delle popolazioni europee. Sono apprezzati oltre il loro ambito locale ed oltre le frontiere nazionali”. La rilevanza della

dimensione locale si coglie di converso, oltre che nell‟ampio contributo della Camera dei poteri locali e della Camera delle regioni del Congresso nel corso dei lavori preparatori, anche nella sottolineatura dell‟importanza della partecipazione democratica delle popolazioni che vivono e usano il territorio nella elaborazione e nell‟attuazione delle politiche paesaggistiche34.

La Convenzione introduce la già menzionata nozione di paesaggio (“una determinata parte di

territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall‟azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”) che comprende il sostrato

naturale (il territorio come matrice ambientale, come res extensa) non in sé considerato, ma nella sua interpretazione culturale attraverso la percezione identitaria delle popolazioni, in relazione al suo “carattere”, nella dinamica dell‟azione di fattori naturali e antropici.

La Convenzione si applica “a tutto il territorio

delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani… Concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i

34“il paesaggio è un tema che interessa tutti i cittadini e deve venir trattato in modo democratico, soprattutto a livello locale e

(37)

37

paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati”35. Viene così definitivamente superata la visione meramente estetizzante del paesaggio come sinonimo di bellezze naturali. Il paesaggio come percezione culturale, come sfondo comune di orientamento di identità delle popolazioni che vi sono stanziate, comprende tutte le aree del territorio, ivi incluse quelle urbane e quelle degradate, in quanto capaci di un loro “carattere” identitariamente apprezzabile. Nel preambolo della Convenzione si legge in proposito che “il paesaggio è in ogni luogo un

elemento importante della qualità della vita delle popolazioni: nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana”.

L‟obiettivo della Convenzione si riassume nello “scopo di promuovere la salvaguardia, la

gestione e la pianificazione dei paesaggi”36. Le Parti si assumono l‟impegno di adottare “provvedimenti generali”37 e “misure specifiche”38.

Secondo uno schema logico comune anche a molta produzione normativa del diritto comunitario derivato (si pensi, ad esempio, alla 35 Art. 2 36 Art. 3 37 Art. 5 38 Art. 6

(38)

38 direttiva 2000/60/CE del Parlamento e del

Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l‟azione comunitaria in materia di acque, che ha trovato una sorta di attuazione anticipata nel d.lg. 152 del 1999 di tutela delle acque dall‟inquinamento), la Convenzione europea del paesaggio disegna un percorso complesso di tutela che parte dalla ricognizione dei presupposti fattuali (identificazione dei paesaggi), con la focalizzazione del bisogno di tutela in relazione allo stato di conservazione (o di degrado) dei paesaggi, per mirare alla salvaguardia e gestione sostenibile attraverso la predisposizione di azioni pianificatorie o puntuali rapportate alla “valutazione” del paesaggio, intesa in modo complesso come momento ricognitivo e progettuale di una dinamica di gestione rispettosa dei valori di cui il paesaggio è espressione, condivisi dalle popolazioni in esso stanziate.

La Convenzione lascia tuttavia ai singoli Stati la scelta dei mezzi da utilizzare nei loro ordinamenti per la concreta attuazione delle misure specifiche, limitandosi, sotto tale profilo, a indicare delle finalità e dei valori di indirizzo e orientamento, oltre a prevedere strumenti di raccordo e di confronto delle esperienza tra le diverse Parti aderenti.

(39)

39

I.

2.3.

Le politiche europee per il

territorio

.

L‟attuazione dei principi della CEP affidata ai Paesi Membri che hanno aderito ha dato avvio ad azioni ed esiti alquanto differenti, non esistendo sul piano operativo una vera e propria struttura che sovraintenda ad una organica politica a scala europea e che guidi verso la sua attuazione anche attraverso misure di finanziamento. Tuttavia, oltre che stabilire gli impegni derivanti dagli atti normativi comunitari condivisi dagli Stati firmatari, per favorire l‟attuazione di azioni corrette e coordinate per l‟assetto del territorio, l‟Unione Europea fornisce anche principi direttivi e strumenti (finanziari oltre che procedurali) che coinvolgono il paesaggio e le sue varie espressioni nei settori più deboli, quali la biodiversità, lo sviluppo territoriale, e i territori rurali.

I.2.3.1.

Strategia pan-europea della diversità biologica e paesaggistica: (Pan-European Biological and

(40)

40 elaborata a Sofia (Bulgaria) il 25 novembre

1995.

Tale strategia costituisce il quadro di riferimento per promuovere un approccio coerente e obiettivi comuni per le azioni nazionali e regionali finalizzate a fermare la degradazione dei valori della diversità biologica e paesaggistica in Europa. In particolare è presente la definizione di “diversità di

paesaggio” quale espressione convenzionale

utilizzata per designare i numerosi rapporti esistenti in un dato periodo fra un individuo o una società e un territorio topografico definito. Tra gli undici temi d‟azione, il quarto riguarda la Conservazione dei paesaggi. Mentre l'azione sarà rivolta alla necessità di garantire una protezione adeguata delle caratteristiche culturali e geologiche di questi paesaggi e dei loro elementi naturali, gli obiettivi da raggiungere saranno:

 conservazione, aumento e ripristino degli ecosistemi chiave, degli habitat, delle specie e delle caratteristiche del paesaggio attraverso la creazione e la gestione efficace della Rete Ecologica paneuropea;

 miglior informazione e consapevolezza dei diversi aspetti della diversità biologica e paesaggistica e rafforzare la partecipazione

(41)

41 pubblica alle azioni finalizzate alla

conservazione e all‟aumento di tale diversità.  miglior conoscenza dello stato della diversità

paesaggistica e biologica dell‟Europa e dei processi che contribuiscono a preservarla.

La Strategia cercherà di realizzare i suoi obiettivi attraverso strumenti finalizzati a modificare il modo di pensare e di operare della società in merito alla diversità paesaggistica e biologica, attraverso programmi e politiche nazionali e internazionali, fiscali, finanziarie e di sensibilizzazione. La Strategia cerca altresì di introdurre le considerazioni concernenti la diversità biologica e paesaggistica in tutti i settori sociali ed economici, provando a integrarli con i settori chiave dell‟ambiente naturale (pianificazione urbana e rurale, agricoltura e silvicoltura, caccia e pesca, politiche strutturali regionali, trasporti, turismo e tempo libero, gestione delle acque, energia e industria, difesa), e coinvolgendo i principali attori (autorità locali, regionali e nazionali, ONG, le comunità, gli attori forti e deboli).

I.2.3.2.

Politiche

per

un

corretto

sviluppo

territoriale

Tra le politiche per un corretto sviluppo territoriale c‟è la “Carta Europea dell‟Assetto

(42)

42 del Territorio” adottata dalla Conferenza

Europea dei Ministri responsabili dell‟Assetto del Territorio (Conférence Européenne des Ministres rsponsables de l‟Amenagement du Territoire - CEMAT). Prodotta a Torremolinos (Spagna), l‟omonima carta del 1983 afferma che ”l‟assetto del territorio è l‟espressione spaziale

delle politiche economica, sociale, culturale ed ecologica di qualsiasi società”39 e definisce i principi per la pianificazione regionale delle aree rurali, urbane, di frontiera, di montagna, delle zone costiere e delle isole.

I “Principi direttivi per lo sviluppo territoriale duraturo del continente europeo” definiti dalla CEMAT prendono spunto da un gran numero di documenti del Consiglio d‟Europa. La Conferenza, riunitasi ad Hannover (Germania) il 7 e l‟8 settembre 2000, ha stabilito dieci principi in particolare:

1. Promozione della coesione territoriale mediante uno sviluppo socioeconomico equilibrato e il miglioramento della competitività.

2. Promozione degli impulsi di sviluppo generati dalle funzioni urbane e miglioramento delle relazioni città-campagna.

3. Promozione di condizioni di accessibilità più equilibrate.

(43)

43 4. Sviluppo dell‟accesso all‟informazione e al

sapere.

5. Riduzione del degrado ambientale.

6. Valorizzazione e protezione delle risorse e del patrimonio naturali.

7. Valorizzazione del patrimonio culturale come fattore di sviluppo.

8. Sviluppo delle risorse energetiche nel mantenimento della sicurezza.

9. Promozione di un turismo duraturo e di qualità. 10. Limitazione preventiva degli effetti delle

catastrofi naturali.

I.2.3.3

Politiche per i territori rurali

Il paesaggio è coinvolto nelle politiche per lo sviluppo rurale che, nel complesso dei contributi per le risorse naturali in cui sono ricomprese hanno inciso per circa il 40% sul budget comunitario negli ultimi anni.

La Conferenza europea sullo sviluppo rurale (Rural Europe – Future Perspectives) tenutasi a Cork (Irlanda) nel 1996, con l‟obiettivo di promuovere la valorizzazione del potenziale locale per assicurare lo sviluppo sostenibile delle aree rurali, attraverso l‟omonima dichiarazione, ha definito iniziative private e collettive che si integrino nel contesto della globalizzazione dei mercati.

(44)

44 Tuttavia, la Politica Agricola Comune (PAC o

Common Agricultural Policy - CAP) assegna specificatamente un ruolo all‟agricoltura nella gestione eco-compatibile del territorio attraverso l‟approccio LEADER, che prevede la valorizzazione dei processi locali di aggregazione territoriale che conducono a modelli di sviluppo condivisi ed intersettoriali, e la limitazione degli impatti negativi sull‟ambiente dovuti a determinate pratiche agricole.

I

.2.4.

La

normativa

italiana

sul

paesaggio.

I.2.4.1

Cronistoria legislativa.

In Italia la tutela ambientale e paesaggistica è principalmente di carattere legislativo di tipo vincolistico con poteri accentrati dallo Stato, che tuttavia, nel tempo, ha delegato varie competenze alle Regioni, le quali a loro volta le hanno assegnate agli enti

(45)

sotto-45 ordinati secondo la propria organizzazione

istituzionale.

Le prime disposizioni di legge rilevanti nel settore, sono riconosciute nei dispositivi di tutela delle foreste dall‟Unità d'Italia. Dopo la costituzione del Regno d'Italia fu avviata una politica forestale indirizzata soprattutto ai problemi di difesa del suolo e del regime idrogeologico montano con lo scopo di arginare i fenomeni di degrado e di taglio indiscriminato che avevano causato un‟importante e repentina diminuzione della superficie boschiva in periodo sabaudo.

In particolare la L. 20 giugno 1877, n. 3917, nota anche come “Legge Majorana

Calatabiano”, prevedeva opere di

stabilizzazione e di rimboschimento ed il relativo Regolamento40 ha introdotto il vincolo forestale stabilendo il divieto di diboscamento dei terreni “al di sopra del limite della

vegetazione del castagno” e prevedendo anche

indicazioni di massima cui dovevano attenersi i proprietari dei boschi nei tagli colturali.

Le Leggi 22 marzo 1900, n. 195 e 7 luglio 1902, n. 333, costituenti Testo Unico, e il relativo Regolamento, solo altri atti normativi fondamentali che stabiliscono azioni e interventi per la manutenzione di fossi e canali e della

4040

(46)

46 vegetazione nei terreni bonificati o ancora

paludosi creando, se applicati, determinati contesti paesaggistici.

Nel 1902 è approvata la “Legge Nasi”41 prima disposizione legislativa organica in materia di beni culturali monumentali dell‟Italia unita. Sulla base di queste leggi sono seguite norme dirette alla difesa del suolo istitutive del vincolo idrogeologico, in particolare la “Legge

Serpieri”42 rappresenta a livello nazionale il testo fondamentale nel settore forestale e concorre alla tutela attiva dell‟assetto paesaggistico del territorio.

Tornando ai dispositivi di tutela più specificatamente rivolti al paesaggio, sebbene in Italia il primo intervento normativo sul tema sia la legge di tutela della pineta di Ravenna, Legge

Rosadi,43 che sancisce che siano tutelati immobili “di interesse storico, archeologico,

paletnologico o artistico” appartenenti a

Comuni, Province, istituzioni pubbliche di beneficenza, confraternite, enti morali ecclesiastici di qualsiasi natura ed ogni ente morale riconosciuto.

La L. 364/1909, insieme alla successiva L. 608/191244 che la modifica ampliando

41

Legge 12 giugno 1902, n. 185 “Tutela del patrimonio monumentale”.

42

RDL 30.12.1923 n. 3267, "Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani"

43

L. 364/1909 sulle antichità e le belle arti

44Esattamente, l‟art. 3 della L. 688/1912, prevede che le nuove opere “non danneggino la prospettiva e la luce richiesta dai

(47)

47 l‟applicazione delle sue disposizioni anche alle

ville, ai parchi e ai giardini di interesse storico o artistico, prevedendo che eventuali nuove opere non costituiscano danno alla prospettiva scenica, precorre i contenuti e le tutele delle leggi del 1939.

Con la L. 778/1922, si ha la prima norma che in maniera esplicita si è occupata di tutela delle bellezze naturali. Il vincolo apposto doveva salvaguardare le “bellezze panoramiche”, le quali non potevano essere né distrutte, né alterate senza il consenso del Ministero dell‟istruzione pubblica, attraverso una notificazione del “notevole interesse pubblico” ai proprietari e ai possessori o detentori degli immobili.

La Legge 1 giugno 1939, n. 1089 tutela elementi del paesaggio quali immobili “che presentano

interesse artistico, storico, archeologico o etnografico” compresi ville, parchi e giardini,

ma a condizione che siano esistano da oltre cinquanta anni.

La legge 29 giugno 1939 n. 1497, relativa alla protezione delle bellezze naturali, non contiene un‟esplicita menzione del “paesaggio”, ma implica variamente tale concetto, come è possibile desumere dalla lettura combinata e sistematica delle diverse tipologie di bellezze naturali elencate nell‟articolo 1, nel cui ambito, come è noto, figurano non solo beni individui (le

(48)

48 cd. “bellezze individue” costituite dalle cose

immobili di cui al n. 1) e le ville, i giardini e i parchi di cui al n. 2), ma anche ampie aree quali i complessi di immobili e le bellezze panoramiche di cui ai successivi nn. 3) e 4), costituenti le cd. “bellezze d‟insieme”. Con riferimento in particolare a tali due ultime ipotesi è agevole osservare come già esse valessero ad integrare un‟autonoma nozione di “paesaggio” come bellezza naturale protetta, rimarcandosi ed evidenziandosi soprattutto la rilevanza del significato estetico (in senso ampio) e vedutistico-panoramico sotteso a tali due categorie della legge del 193945.

Tale impostazione era già propria, deve dirsi, delle precedenti leggi del 1912 e 1922. La legge del 1939 introdusse, tuttavia, la nozione di “paesistico”, predicata quale attributo del piano territoriale46 che il Ministro per l‟educazione nazionale aveva facoltà di disporre, ai sensi dell‟articolo 5 della legge 1497, per le vaste località, incluse nell‟elenco, di cui ai nn. 3 e 4 dell‟articolo 1 della stessa legge del 1939.

Il regolamento attuativo47 della legge del 1939, con riferimento alle bellezze d‟insieme, chiariva,

45

La legge parla di “caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale”, circa i complessi di cose immobili di cui al n. 2), e di godimento dello spettacolo delle bellezze panoramiche considerate come quadri naturali, quanto alla categoria di cui al n. 4) dell‟articolo 1.

46

Delle vaste località incluse nell'elenco di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 1 della presente legge, il Ministro per l'educazione nazionale (della pubblica istruzione) ha facoltà di disporre un piano territoriale paesistico, da redigersi secondo le norme dettate dal regolamento e da approvarsi e pubblicarsi insieme con l'elenco medesimo, al fine di impedire che le aree di quelle località siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica.

47

(49)

49 all‟articolo 9, comma 1, n. 4, che “nota

essenziale d'un complesso di cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale è la spontanea concordanza e fusione fra l'espressione della natura e quella del lavoro umano”.

La Costituzione repubblicana del 1948, introdusse all‟articolo 9, secondo comma, la nozione di “tutela del paesaggio”. E‟ stato notato come tale formulazione sia derivata dal modello della costituzione tedesca di Weimar48 e come sia contenuta, analogamente, nelle costituzioni di numerosi altri paesi europei. L‟articolo 1 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (nel riformulare l‟articolo 7 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150) ha introdotto, tra i contenuti del piano regolatore generale, l‟indicazione (al n. 5) dei “vincoli da

osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico”. L‟articolo 3 della legge

6 agosto 1967 n. 765 ha quindi introdotto un secondo comma all‟articolo 10 della stessa legge urbanistica del 1942 nel quale, alla lettera c), viene contemplata la “tutela del paesaggio” quale finalità idonea a consentire l‟introduzione di modifiche al piano regolatore generale comunale da parte dell‟autorità approvante.

48

Art. 150 Weimar: I monumenti storici, le opere d‟arte, le bellezze della natura, ed il paesaggio sono protetti e curati dal Reich. Rientra nella competenza del Reich evitare l‟esportazione all‟estero del patrimonio artistico.

(50)

50 Il termine “paesaggio” già figurava

peraltro nella legge 26 aprile 1964 n. 310 istitutiva di una commissione d‟indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio. Una prima critica del concetto di bellezze naturali venne, come è noto, proprio dalla suddetta commissione d‟indagine (Franceschini), in seno alla quale il paesaggio venne sostanzialmente attratto in una visione culturale, in un nuovo concetto di bene culturale ambientale, risultante dalla fusione dei profili estetico naturalistici con quelli storico-artistici dell‟interazione della cultura dell‟uomo sul territorio, nel quadro della più ampia nozione di testimonianza avente valore di civiltà49. La commissione Franceschini, nella dichiarazione XXXIX della relazione finale, definiva i beni culturali ambientali come “le zone corografiche costituenti paesaggi,

naturali o trasformati dall‟opera dell‟uomo, e le zone delimitabili costituenti strutture insediative, urbane e non urbane, che, presentando particolare pregio per i loro valori di civiltà, devono essere conservate al godimento della collettività”.

La nozione di beni ambientali ha fatto la sua comparsa normativa nel nostro ordinamento giuridico con il decreto legge 14 dicembre 1974

49

F. Franceschini, Relazione della commissione d‟indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico,

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