LIV
Capitolo III
I TESTI E I PROBLEMI DI TRADUZIONE
1. I testi
1.1 “Men’s Rights”
“Men’s Rights” è un articolo pubblicato sul numero di febbraio 1869 del Putnam’s Magazine. Si apre con una frase che può essere quasi considerata il motto di Rebecca Harding Davis “I have always had a perverse inclination to the
other side of the question, especially if there was little to be said for it”1
.
I diritti degli uomini di cui vuole discutere sono, in primo luogo, il tema della purezza femminile, secondo lei minacciata dall’emergente “New Woman” e dalle donne che si mettono letteralmente in vendita al migliore offerente; secondariamente, il problema del lavoro: è un diritto nei confronti degli uomini che le donne non accettino di essere sottopagate, per non svalutare il lavoro maschile.
Nel corso della trattazione, Davis si serve di citazioni dai classici, come la Divina Commedia e The Pilgrim’s Progress, per descrivere la situazione delle donne nella società moderna, di passi della Bibbia per ammonirle, e di personaggi fittizi per riportare esempi delle varie situazioni.
I personaggi principali sono John, “a sensible young fellow”2, preoccupato
dalla piega che sta prendendo la relazione uomo-donna sia dal punto di vista
1
Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 212.
LV sentimentale che da quello lavorativo, e intimorito dalle donne moderne; Eliza, sorella di John e personaggio ispirato all’Eliza del Pigmalione di G.B. Shaw, prototipo della “New Woman”; infine, Nell, sorella di John ed Eliza, coquette che
si mette in vendita per cercare un marito e archetipo delle “silly Madonnas”3
, donne angelo del focolare minacciate dall’avvento della “New Woman”.
La conclusione presentata da Davis è che, nonostante gli sforzi della “New Woman” per “uccidere” l’angelo del focolare, ciò non sarà possibile perché tale
ruolo è “irrevocably fixed by Nature as the highest and the best”.4
.
1.2 “Are Women to Blame?”
Questo articolo viene pubblicato su The North American Review nel 1889 e fa parte di una serie di interventi a cui collaborarono, oltre a Davis, Rose Terry Cooke, Marion Harland, Catherine Owen e Amelia E. Barr. Ciascuna di loro doveva tentare di descrivere l’attuale stato dei matrimoni americani, dato l’alto numero di divorzi.
Rebecca Harding Davis propone un excursus sulle coppie sposate dai tempi di Adamo ed Eva alla modernità, affermando che non si può aggiungere nulla di nuovo al riguardo perché sostanzialmente si tratta sempre delle stesse situazioni, a prescindere dal ceto sociale, dalla razza, dalla nazione o dall’epoca in cui si vive. I matrimoni, secondo lei, falliscono se considerati semplici affari in cui le donne vengono vendute al miglior offerente dopo essere state “addestrate” per trovarsi
3
Cfr. Ibidem, p.218.
LVI un buon partito. Tale tipo di matrimoni, criticati da giornalisti e moralisti, sono propri degli ambienti alla moda delle grandi città, luoghi in cui i soldi sono l’unica
cosa che conta, mentre, nota Davis, “the American per se”5 è disposto a sposarsi
solo se è davvero innamorato.
Ci tiene poi a precisare le differenze tra le varie zone del Paese: negli stati dell’ovest, le donne, consapevoli di poter divorziare, lo fanno per delle quisquilie, dunque, in questo caso, è colpa loro se i matrimoni non funzionano. Negli stati del sud, più conservatori, il divorzio è considerato una disgrazia e il tipo di donna più
diffuso è la “old-fashioned Domestic Woman”6, perciò non può avere la colpa di
un matrimonio naufragato. Passa infine agli stati del New England, dove, dice, il rapporto donne-uomini è di sei a uno e quindi è colpa dell’uomo se, quando si stanca della schiava che ha sposato, decide di divorziare.
Conclude in modo ottimistico affermando che, secondo lei, la maggior parte dei matrimoni in America sono felici e non si può decidere di chi sia il merito, così come non si può decidere di chi sia la colpa se naufragano.
1.3 “The Newly Discovered Woman”
L’articolo, pubblicato il 30 novembre 1893 su The Indipendent, era inteso come un commento a quello di Helen Watterson Moody apparso sul numero di settembre di The Forum.
5
Davis, Rebecca H., “Are Women to Blame?”, p.624.
LVII Davis descrive l’intimidazione che prova di fronte al “shrill feminine
hurly-burly”7 e critica la nuova coscienza sessuale della donna moderna,
orgogliosa delle associazioni, delle università a cui è stata ammessa e delle istituzioni di beneficienza che ha fondato, ma sembra non sapere nulla del contributo delle donne della società preindustriale.
Ci sono donne, conclude, che non vogliono essere “scoperte” e si accontentano del ruolo loro assegnato.
1.4 “In the Market”
Il racconto, pubblicato sul numero di gennaio del Peterson’s Magazine nel 1868, ha un destinatario preciso: le “young girls […] who belong to that miserable
border land between wealth and poverty”8
, come l’autrice stessa afferma nell’introduzione, aggiungendo che spera “that none but the class for whom it is
written may read it”9
ed è per questa ragione che utilizza il loro “guild
language”10
.
È la storia delle sorelle Porter, Clara e Margaret, e del loro modo di realizzarsi nella vita. Quando Clara perde la sua occasione con un ricco e colto pretendente, John Bohme, vorrebbe mettersi a lavorare per aiutare la famiglia, ma la madre la dissuade perché non abbassi il livello sociale delle altre sorelle e finisca per “unsex herself”, diventando inadatta a essere moglie e madre. Clara si
7 Davis, Rebecca H., “The Newly Discovered Woman”, p. 405. 8 Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 198
9
Ivi.
LVIII arrende subito e si vende letteralmente al primo offerente accettando di sposare il vecchio Mr. Geasly.
Margaret, disgustata dalla scelta della sorella, sceglie un’altra strada: lascia il fidanzato, George Goddard, già oberato dai debiti perché deve occuparsi della madre e della sorella, e decide di mettersi in affari piantando erbe officinali. Nonostante lo scherno della gente e le difficoltà iniziali, Margaret ha successo e
diventa “one of the wealthiest citizens of the village”11
.
Quando, anni dopo, Goddard la rivede, ormai libero dal peso della sua famiglia perché la madre e la sorella sono morte, i due decidono di sposarsi ma Margaret non lascia la sua attività. Le loro figlie hanno appreso dei mestieri in modo da poter essere indipendenti se ce ne fosse il bisogno e l’unico peso nella vita di Margaret è costituito dalla sorella Clara, vedova e con dei figli da crescere, che si ritrova a ripetere le parole della madre criticando le donne che lavorano.
1.5 “Two Women”
“Two Women”, racconto pubblicato sul Galaxy nel giugno del 1870, presenta l’opposizione tra due cugine che incarnano i due tipi di donna per eccellenza: l’angelo del focolare, Alice McIntyre, e la donna moderna, Charlotte Vane.
Entrambe sono innamorate dello stesso uomo, James Vogdes, un colonnello che esercitava in passato la professione di medico e che si trova a dover fronteggiare un’epidemia di febbre gialla in un villaggio di minatori
LIX irlandesi. Convinto che l’epidemia sia mortale, Vogdes fa testamento e affida il figlio Tom alle cure di Mrs. McIntyre, madre di Alice. È intenzionato a chiedere la mano di Alice ma, prima di poterlo fare, viene affascinato da Charlotte, che bacia appassionatamente. Charlotte decide, quindi, di seguirlo al villaggio, vestita da uomo, per assisterlo fino alla fine. James però, è intimorito dall’intraprendenza della ragazza e la respinge per poi sposare la “piccola Alice”, che si era comportata da vera donna e lo aveva pazientemente aspettato a casa.
Li ritroviamo, alla fine, dopo un paio d’anni, ormai sposati, ad assistere a una rappresentazione dell’Amleto a New York. Vogdes riconosce Charlotte sul palcoscenico, nei panni di un paggio. Charlotte li vede dal palco e si dispiace per il proprio destino. Il racconto si chiude con il dolore di Charlotte a cui gli spettatori non sono interessati perché impegnati a vedere quello di Ofelia, emblema della femminilità.
1.6 “Marcia”
“Marcia”, pubblicato sul numero di novembre 1876 dell’Harper’s New Monthly Magazine, sembra iniziare come la storia di una donna come tante, che ha deciso di dedicarsi alla scrittura per arrotondare e mantenere la famiglia, scrivendo storie romantiche. Ma Marcia è diversa dalle altre donne: non scrive dei soliti argomenti sentimentali, vuole fare la scrittrice di professione e per farlo si è trasferita a Philadelphia da un paesino del Missouri. È poverissima, si mantiene facendo la cucitrice e non è istruita. Suo padre pensava che le donne dovessero solo fare figli e nient’altro e lei aveva deciso di scappare da un ambiente del
LX genere. Quando arriva in città il fidanzato, Zack Biron, confessa di volerla riportare a casa e sposarla, ma lei rifiuta di vederlo perché, dice, non è ancora pronta ad arrendersi.
Dopo qualche mese, Marcia viene arrestata per furto e si trova in prigione in fin di vita. Biron, corso ad assisterla, promette di portarla via da quella vita e, qualche settimana dopo, i due si presentano dal narratore. Marcia è vestita in modo splendido, in seta e piume, “the costliest that her owner’s money could
buy”12, nota l’autrice, e chiede di bruciare tutti i suoi manoscritti.
1.7 “A Day with Doctor Sarah”
“A Day with Doctor Sarah”, pubblicato anch’esso sulla rivista Harper’s nel settembre del 1878, ci presenta una donna moderna, la dottoressa Sarah Coyt, medico e suffragetta. Durante la giornata di cui si parla nel titolo, la dottoressa è ospite da Mrs. Epps a Murray Hill, New York, a un pranzo con altre signore della buona società che la considerano un’attrazione stravagante trovata da Mrs. Epps per allietarle. Si oppongono dunque le opinioni di queste signore, che parlano di argomenti triviali e considerano il suffragio una moda del momento, e quelle della dottoressa che ha dedicato tutta se stessa alla causa, abbandonando la sua professione.
Sarah si ritrova a dover soccorrere una bambina zoppa per poi scoprire che altri non è che la figlia del suo primo amore, respinto in gioventù, Matthew Niles. I due si incontrano e Matthew è intimorito da Sarah, temendo che possa
LXI dichiarargli il suo amore. L’uomo non la apprezza né per la sua professione né tantomeno per le sue opinioni politiche, ma comincia a considerarla quando, vedendola sul treno quella sera, scopre che è molto in gamba negli affari. Il treno ha un incidente e Matthew, in fin di vita, si chiede chi si occuperà dei suoi quattro figli, dal momento che è vedovo. Sarah, allora, spinta dal suo forte istinto materno, decide di abbandonare la sua causa per prendersi cura dei bambini.
2. La traduzione
2.1 Problema dell’allocuzione
Nel tradurre i testi, è stato riscontrato il problema della differenza del sistema allocutivo tra inglese e italiano. Sappiamo che l’inglese ha un paradigma di pronomi a un solo termine (“you”), mentre l’italiano conta su una pluralità di pronomi allocutivi che veicolano diversi gradi di formalità e cortesia (“tu”, “voi”, “lei”).
Poiché il “voi” da un punto di vista diacronico assume il valore di formalità indicato dal “lei” oggi, ho scelto di utilizzarlo per la maggior parte dei dialoghi nei testi, a seconda dello status sociale del parlante o del grado di familiarità fra i personaggi e badando agli epiteti impiegati nell’originale.
In “Marcia”, per esempio, la voce narrante dà del “tu” a Marcia, di rango inferiore, mentre questa si rivolge all’editore con il “voi”. Biron dà ovviamente del “tu” ai suoi inferiori: “Tu, negro, porta quella borsa!”.
LXII In “In the Market”, Mrs. Porter dà del “tu” alle figlie mentre loro le si rivolgono usando il “voi”. Nello stesso racconto, poiché l’autrice mette in evidenza il fatto che Margaret e George erano amici fin da piccoli, mi è sembrato il caso di lasciare che si rivolgessero l’uno all’altro con il “tu” e, nel finale, quando Margaret è ormai ricca, George la chiama “Miss Porter” ma sembra farlo ironicamente, quindi continua a usare il “tu”.
2.2 Complessità dei periodi
Lo stile dell’autrice si caratterizza per i periodi lunghi che si sono rivelati problematici innanzitutto per la comprensione e, in secondo luogo, per la traduzione. Alcuni esempi:
Only, if we were told the history of any race – who, for three thousand years, had lived in daily intercourse with another, with a chance for the same culture, with the same language, seated side by side in perfect equality, and yet who had remained in a state of subjection, debarred from rights which they held to be theirs, we would be apt to decide, sharply enough, either that the rights were not fitted for them by nature, or that their cowardice and hesitation to grasp them deserved the serfdom. There have been women-judges, soldiers, merchants, in every country and in every time; women who were leaders in the state or in the war or in trade; and the readiness with which their ground was ceded to them, the applause with which their slightest merit was welcomed, prove how easily climbed was the path they trod, and how accessible to every woman, if she had chosen to climb it.13
But to have the drowsy country routine of every day, the cheerful breakfast and sociable dinners, the leisurely ride down to their village offices and long-drawn gossip, cigar in mouth, over business, more leisurely than all, suddenly disappear, and this pit of death and reeking corruption gape open at their feet, was, as Mr. Vogdes mildly put it, annoying.14
Or, to come down to the middle class, had not the wife of the English squire or Virginia planter, who superintended a great establishment – the weaving, the brewing, the clothing, the provisioning, the education and the morals of a host of children and servants, holding her place in social life also as a gentlewoman with
13
Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 217.
LXIII grace and dignity – quite as much need of intellectual power and executive ability
as if she had been a newspaper correspondent or had painted china saucers?15
Si è posto il problema di come tradurre uno stile del genere: mantenere la struttura originale, di difficile lettura in inglese e di conseguenza altrettanto faticosa in italiano, o dividere i periodi e rendere così più agevole la lettura e la comprensione? Dividere e semplificare i periodi avrebbe significato perdere la caratteristica forse più importante dello stile di Davis e dare ai lettori l’idea che scrivesse in un inglese standard. Considerato che in italiano i periodi lunghi non sono inusuali, mi è sembrato il caso di cercare di mantenere il più possibile lo stile dell’autrice per poter dare un’idea della sua modernità.
2.3 Riferimenti alla cultura del tempo
Un altro problema si è presentato nel rintracciare i riferimenti culturali. Per quanto riguarda i riferimenti ad articoli di giornali, non è stato difficile individuarli, come in “The Newly Discovered Woman”, in cui si cita Helen Watterson Moody che ha pubblicato nel 1893 l’articolo “Women’s Excitement over ‘Woman’”. Allo stesso modo, si poteva facilmente risalire ai libri appena pubblicati all’epoca dell’autrice, come quello di Gail Hamilton, Woman’s Wrongs del 1868, risposta a Women’s Rights del reverendo John Todd (1867).
La difficoltà, che non è stata risolta, è stata riscontrata con i personaggi allora famosi, ma oggi pressoché sconosciuti, ad esempio “the unfortunate doctor
Todd”16
o il roué Dick French17.
LXIV
2.4 Individuare e tradurre le citazioni
La difficoltà forse maggiore è stata individuare e tradurre le citazioni, soprattutto perché non sempre sono segnalate e non sempre vengono riportate correttamente, perché l’autrice sembra citare a memoria e senza controllare le fonti. Un primo esempio lo troviamo nel caso della citazione dal Pilgrim’s Progress in “Men’s Rights”, in cui riporta un dialogo con frasi che nell’originale non sono una di seguito all’altra:
The name of the slough was Despond. Here, therefore, they wallowed for a time. [...]
HELP. But why did not you look for the steps?
CHR. Fear followed me so hard, that I fled the next way, and fell in.18 Mentre lei scrive:
“And the name of the slough was Despond: here, therefore, they wallowed for a while. Then said Helpful: ‘Why did you not look for the steps?’
“I fled the other way’, said Christian.”19
Altro esempio, la citazione da “Le mille e una notte”, in cui parla di una scatola di ferro anziché di una bottiglia: “The vapory genie who escaped from the
fisherman’s iron box, in the story.” 20
Il riferimento è al racconto “Il pescatore e il genio” de “Le mille e una notte”, ma il termine inglese per indicare la bottiglia o il
16
Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 217.
17 Cfr. Ibidem, p. 215.
18 Bunyan, John, The Pilgrim’s Progress, in Owens, W. R., Oxford, Oxford University Press, p.
16.
19
Davis, Rebecca H., “Men’s Rights”, p. 213.
LXV vaso è “vessel”: “instead of fish [the fisherman] found nothing in them but a
vessel of yellow copper.”21
Altro errore si ritrova in “Are Women to Blame?”, in cui afferma che Rebecca è la figlia di Labano, mentre è in realtà la sorella. Infatti, si legge nella
Bibbia che “Betuèl generò Rebecca”22 e “Rebecca aveva un fratello chiamato
Làbano”23
.
Non è stato semplice individuare i riferimenti a opere letterarie (per esempio, capire che l’Eliza di cui si parla in “Men’s Rights” è la protagonista del Pigmalione di Shaw), o le citazioni, come quelle dalla Bibbia. Tra le citazioni della Bibbia, ad esempio troviamo in “Men’s Rights” un riferimento a Bezaleel (Esodo 31:3-5) e Aronne (Esodo 4:14). Nello stesso articolo, si fa riferimento ad Apocalisse 16,17 quando si parla della settima coppa dell’ira di Eliza. In “Two Women”, le colline di Sposata che ammira Charlotte dalla finestra sono un riferimento a Isaia 62,4. Sempre Charlotte cita il salmo 19,2, mentre Matthew (“A Day with Doctor Sarah”) cita il salmo 23, 1-2. Per la traduzione di queste citazioni, ho utilizzato la versione CEI della Bibbia.
Per quanto riguarda le citazioni da opere letterarie, a parte i numerosi riferimenti in “Men’s Rights”, The Pilgrim’s Progress è citato anche in “In the Market”, quando l’aurice paragona il salone di Philadelphia a “the chamber of
21 Wigging, Kate D. (ed.) The Arabian Nights, their best known tales, New York, Charles
Scribner’s Sons, 1909, p. 52.
22
Genesi 22, 23.
LXVI
Peace, whose wide windows opened toward the morning”24, che corrisponde a:
“the Pilgrim they laid in a large upper chamber, whose window opened towards
the sun-rising: the name of the chamber was Peace”.25
In “Two Women” ci sono diverse citazioni da opere letterarie. Per
esempio, la frase “the clouds of glory which he trailed about him”26
è ripresa da “Ode: Intimations of Immortality”, di Wordsworth, mentre “they are but the
perfume and the suppliance of a minute”27
è un riferimento a Hamlet di Shakespeare. Viene citata Di Vernon, ossia Diana Vernon, eroina di Rob Roy di Walter Scott. Altro riferimento a Shakespeare, questa volta all’opera As You Like It, lo incontriamo in “A Day with Doctor Sarah” a proposito di “the bonny
prizer”28. Infine, nell’articolo “Are Women to Blame?” viene citata Ethel
Newcome, protagonista del romanzo di Thackeray, The Newcomes.
Ho scelto di proporre una mia traduzione delle citazioni letterarie, tranne nel caso della citazione dall’Amleto per la quale ho utilizzato la versione di Nemi D’Agostino.
2.5 Tradurre termini di cui non esiste una traduzione italiana
Nei testi oggetto della tesi sono stati riscontrati termini per i quali non esiste una traduzione italiana. Si tratta di un problema molto comune in quanto “languages tend to have general words (superordinates) but lack specific ones
24 Davis, Rebecca H., “In the Market”, p. 198. 25 Bunyan, op. cit., p. 53.
26 Davis, Rebecca H., “Two Women”, p. 807. 27
Cfr. Ibidem, p. 814.
LXVII (hyponyms), since each language makes only those distinctions in meaning which
seem relevant to its particular environment.”29
La strategia che ho utilizzato in questo caso è stata usare un iperonimo, secondo quanto suggerisce Baker:
Translation by a more general word (superordinate): this is one of the commonest strategies for dealing with many types of nonequivalence, particularly in the area of propositional meaning. It works equally well in most, if not all, languages, since the hierarchical structure of semantic fields is not language-specific.30
Ad esempio, in “A Day with Doctor Sarah”, il termine “bow-pot” è stato sostituito dall’espressione “un vaso all’antica”. Nello stesso testo, “mother in Israel” è diventato “pia donna”, mentre “the carpet dance” in “Two Women” è diventato un “ballo informale”.
2.6 Colloquialismi e Black English
Altro aspetto che merita commentare è la traduzione dei colloquialismi e del Black English. Per quanto riguarda i colloquialismi, se ne trovano esempi in “Marcia”, nel parlato di Zack Biron, che mostra anche aspetti che riguardano la pronuncia e gli errori grammaticali. Si è scelto quindi di farlo parlare in un italiano sgrammaticato. Alcuni esempi: “And I reckon I’ll have to wait until she
comes hyah again”31, tradotto con “E ritengo che devo aspettare finché non
riviene di nuovo qui”, “None o’them folks need consarn themselves any furder
about her”32
che diventa “Nessuno di voi si deve più preoccuparsi per lei,” “Hyah!
29 Cfr. Baker, Mona, In Other Words: A Coursebook on Translation, London, Routledge, 1992, p.
23
30 Cfr. Ibidem, p. 26. 31
Davis, Rebecca H., “Marcia”, p. 927.
LXVIII
[…] you nigger, bring that thah bag!”33
tradotto come “Ecco! […]Tu, negro, portaci qui quella borsa!” mentre “I reckon largely on the effect of her native air
in restorin’ Mrs. Biron to health”34
è stato tradotto con: “Confido molto sull’effetto dell’aria nativa nel ridargli la salute a Mrs. Biron.”
In “Two Women”, troviamo esempi di Black English nelle parole di
Secundus: “Hyah, Mas’ Tom. Ye’r not to hear dat ar!”35 (“Qua, padron Tom. Non
potete sentirle ‘ste cose!”) e “Yes, sah. Gwine to need yer dress-suit, Mars Jeems?
Shell I tell Maria to pack it?”36 (“Sissignore. Vi serve il vostro abito da sera,
padron Jeems? Gli devo dire a Maria di metterlo in valigia?”). Anche qui la scelta è ricaduta su un italiano sgrammaticato e colloquiale.
33 Ivi.
34 Ibidem, p. 928. 35
Davis, Rebecca H., “Two Women”, p. 799.