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III CAPITOLO L’EVOLUZIONE DELL’AMBIENTE COMPETITIVO E L’ACTIVITY BASED COSTING

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III CAPITOLO

L’EVOLUZIONE DELL’AMBIENTE COMPETITIVO E

L’ACTIVITY BASED COSTING

III.1 Il nuovo contesto economico e le metodologie contabili tradizionali

La contabilità per centri di costo diretta alla determinazione dei costi di prodotto costituisce ancora oggi un modello di riferimento utile e significativo in sede di impostazione della contabilità analitica, soprattutto per quelle aziende che non dispongono di sofisticati strumenti di controllo gestionale. In altre parole, aziende industriali di piccole e medie dimensioni, organizzazioni pubbliche operanti in vari campi della produzione di bene e di servizi e altre realtà aziendali possono trovare nei principi ispiratori e nelle metodologie della contabilità per centri di costo la chiave con cui aprire la porta del management razionale e tentare cosi di introdurre, in organizzazioni poco propense all'uso dei sistemi direzionali, strumenti e mentalità propri delle aziende efficientemente condotte. Di solito la contabilità analitica è il primo passo verso una gestione «per obiettivi», cioè verso una conduzione aziendale non affidata all'improvvisazione, e la contabilità per centri di costo garantisce nello stesso tempo un minimo di attendibilità dei calcoli e la disponibilità di informazioni utili sull'efficienza delle unità in cui è suddivisa la struttura aziendale. Il “valore aggiunto”, in termini di governo razionale dell’azienda, è tanto maggiore quanto più tale contabilità consente di applicare sistematicamente il principio causale, cioè quanto più si dimostra in grado di imputare i costi ai loro oggetti di riferimento, in base al contributo che i sottostanti fattori della produzione danno all’ottenimento dell’oggetto stesso.

La contabilità per centri di costo, se ben progettata e realizzata, consente di applicare il principio causale meglio di altre modalità di calcolo, più grossolane e sbrigative, e ancora largamente diffuse presso le piccole aziende. Ma questa constatazione non è sufficiente a fare della contabilità per centri di costo il modello di cost accounting valido in assoluto, perché è essa stessa, di per sé, una

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metodologia che lascia irrisolti alcuni problemi fondamentali di corretto calcolo del costo di prodotto. Non solo, ma consente una scarsa trasparenza economica ai fenomeni di rilevanza strategica; questi, non risultano leggibili, in prima approssimazione, con la sola chiave di lettura fornita dai centri di costo.

A partire dagli anni ottanta, la contabilità analitica, il budget e gli altri strumenti “tradizionali” del controllo di gestione sono stati messi in discussione in quanto ritenuti poco rispondenti alle esigenze informative operanti in contesti nuovi e caratterizzati da orientamenti strategici ed organizzativi profondamente diversi rispetto a quelli degli anni in cui i sistemi tradizionali erano stati introdotti.

I fenomeni che hanno condotto ad un ripensamento critico di orientamenti, metodologie e strumenti del controllo di gestione possono sostanzialmente ricondursi ai seguenti:

 l'importanza assunta dalla differenziazione come vantaggio competitivo su cui fare leva nella formulazione delle scelte strategiche da parte delle imprese;

 il progressivo diffondersi di logiche gestionali e organizzative orientate alla Qualità Totale e al miglioramento continuo;

 il ricorso al decentramento produttivo e, più in generale, a scelte di «esternalizzazione» di attività o processi prima svolti internamente;

 modalità gestionale e organizzative di governi dell'azienda aventi come oggetto di riferimento i «processi» ed i «progetti», cioè fondate su principi di interfunzionalità.

Le cosiddette strategie di differenziazione consistono nel ricercare significativi vantaggi competitivi attraverso la capacità di offrire agli acquirenti qualcosa di unico dal punto di vista delle caratteristiche intrinseche del prodotto, sotto il profilo esteriore o del prestigio che esso è in grado di assicurare, sotto l'aspetto del livello di servizio garantito (assistenza tecnica, tempestività nelle consegne, concessione di prestiti commerciali, ecc.), capacità ottenibile con azioni esperite lungo tutta la «catena del valore» di un dato business, cioè tutte le attività nelle quali il business stesso è scomponibile (logistica in entrata e in uscita, produzione, marketing, sviluppo della tecnologia, ecc.).

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L’orientamento strategico alla Qualità Totale è collegato al concetto di differenziazione;esso pone al centro della sua attenzione la soddisfazione del cliente fornendogli un prodotto/serviziod’alta qualità. Qualità significa: soddisfare i clienti attraverso prodotti con caratteristiche funzionalialle sue esigenze; fornire un servizio tempestivo, puntuale, ecc.; ottenere la qualità attraverso altilivelli di efficienza. L’obiettivo della qualità deve rendere partecipi tutti gli organi aziendali, inparticolare i membri dell’organizzazione che dovrebbero spingere l’azione produttiva verso uncontinuo miglioramento, ottenibile attraverso il ridimensionamento di attività inefficienti edeventualmente all’eliminazione di quelle che non creano valore aggiunto. A ciò s’ispira la nuovafilosofia di gestione “just in time”, secondo la quale ogni attività deve essere effettuata nel momentonecessario per evitare sprechi di tempo inutili e improduttivi.

Sempre più aziende tendono a delegare all’esterno la produzione di alcune parti del prodottoche in passato si realizzavano all’interno della fabbrica; il decentramento avviene non solo per leattività strettamente produttive ma, talvolta, anche per attività burocratiche ed amministrative.

Infine, un altro fenomeno di notevole importanza è l’esigenza, da parte dell’azienda, di interfunzionalità ed integrazione delle sue varie parti; non si ragiona più per compartimenti stagni,bensì per processi: si segmenta l’azienda nelle sue attività elementari che devono interagire tra diloro per raggiungere la qualità e la soddisfazione del cliente.

A questi fenomeni si possono aggiungere altri tre fattori di cambiamento che hannoinfluenzato notevolmente l’ambiente economico: l’espansione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la globalizzazione della concorrenza.

Per quanto riguarda il primo fattore di cambiamento, si può affermare che la diffusionedell’Information Technology ha consentito alle aziende di gestire l’organizzazione, la produzione eil lavoro in un modo totalmente nuovo; le esigenze del mercato, infatti, sono diverse e rivolte nonpiù ad una produzione di massa bensì ad una più flessibile e caratterizzata dalla variabilità e varietàdelle

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offerte. Le tecnologie dell’informazione svolgono un ruolo molto importante nella realtàaziendale, poiché incoraggiano la comunicazione tra i lavoratori e permettono una consultazionetempestiva alle varie risorse di informazioni (banche dati, reti interne ed esterne, ecc.).

Un altro fenomeno che incide nel cambiamento degli ultimi decenni, è la globalizzazionedella concorrenza sia sui mercati finanziari sia in quelli di beni e servizi. Le imprese sono diventatemolto più competitive che in passato causando talvolta stravolgimenti e modifiche nei mercati; ciòha costretto i competitori a formulare strategie sempre più originali e nuove per migliorare leproprie capacità e per raggiungere quel vantaggio competitivo che garantisce la superiorità rispettoagli avversari.

III.2 Limiti e distorsioni della contabilità tradizionale

L'impatto dei fenomeni illustrati sui sistemi di controllo può cosi sintetizzarsi :  cambia la struttura del costo di prodotto, con una riduzione del peso della

mano d'opera diretta e un aumento del peso dei costi indiretti; di conseguenza si rende ancora più necessario che in passato imputare e controllare correttamente i costi indiretti (industriali e non) in questione;  i tradizionali oggetti di misurazione e monitoraggio (prodotti e centri di

responsabilità) non sono sufficienti ai fini della corretta gestione delle aziende operanti nel nuovo scenario; occorre rivolgere l'attenzione anche alle attività ed ai processi, in vista dell'individuazione delle leve su cui agire per godere di vantaggi competitivi o, se si vuole, in vista del miglioramento continuo che è condizione di qualità totale.

Dal punto di vista della contabilità dei costi i due cambiamenti sono molto interessanti, in quanto riguardano le modalità di imputazione ai prodotti dei costi indiretti e l'allargamento degli oggetti di calcolo, in particola all'oggetto di calcolo «attività».

Infatti, alla tradizionale contabilità dei costi sono sempre più spesso mossi dei rilievi critici per le seguenti ragioni, tra di loro collegate:

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 la contabilità per centri di costo, benché abbia come criterio ispiratore il principio causale, non può spingersi molto lontano lungo tale strada, per limiti intrinseci o «congeniti»; pertanto in numerosi casi conduce ad un costo pieno di prodotto poco attendibile;

 prescindendo dall'attendibilità dei calcoli, la contabilità tradizionale non rende visibili i costi generati dalla complessità gestionale, a sua volta conseguenza delle strategie di differenziazione e dell'orientamento alla qualità totale; in altre parole, essa evidenzia una struttura del costo di prodotto che riflette la struttura organizzativa (i centri di costo), ma nasconde fenomeni di rilevanza manageriale (le attività), la cui conoscenza è ancora più significativa ai fini del «miglioramento continuo».

In definitiva, la contabilità tradizionale può essere all'origine di decisioni errate sui prodotti (prezzo di vendita, mix produttivo, make or buy, accettazione di ordini speciali, ecc.) e getta poca luce sulle vie di miglioramento della gestione al fine di ridurre i costi di produzione dei beni o servizi.

La distorsione più appariscente riscontrata dai critici della contabilità tradizionale consiste nelle cosiddette «sovvenzioni incrociate». «Sovvenzione incrociata» significa che un costo di prodotto poco attendibile, solitamente caratterizzato da un livellamento della quota di costi indiretti a carico dei vari prodotti, si riflette in un risultato economico di prodotto altrettanto impreciso, con la conseguenza che spesso la contabilità fa apparire redditizi prodotti che non lo sono e antieconomici prodotti che viceversa sono redditizi. Non di rado, sono penalizzati dalla contabilità tradizionale prodotti maturi e ad alto volume. Si dice quindi che nella gamma aziendale, spesso molto differenziata, vi sono prodotti che ne «sovvenzionano» altri, la cui esistenza non si giustifica in termini di redditività, anche se la contabilità analitica li fa apparire convenienti.

Giunti a questo punto della trattazione, resta da approfondire perché il costo di prodotto ottenuto con la contabilità per centri di costo sia spesso poco attendibile e perché la struttura del costo di prodotto tenga nascosti fenomeni di rilevanza manageriale ai fini del miglioramento della economicità di gestione.

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In merito al primo limite, ricordiamo che l'iter della contabilità per centri di costo prevede un processo a più stadi in cui tra l'altro:

a) si imputano i costi indiretti (rispetto al prodotto) ai centri di competenza, che ne hanno determinato il sostenimento;

b) si ribaltano i costi dei centri ausiliari (ed eventualmente dei centri funzionali) sui centri produttivi;

c) si imputano i costi dei centri produttivi (e degli altri centri ancora aperti) ai prodotti.

Nella fase sub a) l'imputazione dei costi ai centri avviene voce per voce secondo criteri appropriati (ad es. l'energia elettrica in base alla potenza installata «corretta») che generalmente riflettono sufficiente bene il principio causale. Nelle fasi sub b) e c) si annidano le principali cause di distorsione della contabilità per centri di costo, ed è opportuno considerarle congiuntamente. Infatti, i centri ribaltati contengono ingenti costi indiretti, parecchi dei quali riconoscibili a livello di prodotto piuttosto che di centro produttivo utente; è questo, per esempio, il caso della progettazione, della gestione delle spedizioni, della gestione degli ordini dei clienti, ecc., perché tali attività sono svolte con riguardo ai prodotti e non sono al servizio dei centri produttivi. Altri costi indiretti sono propri dei centri produttivi (salari, stipendi, ammortamenti, forza motrice, ecc.) e non è detto che un'unica base di ripartizione sia in grado di misurare il fabbisogno che di essi lo specifico prodotto manifesta. Ciò è ancora più vero quando si pensi che la base di imputazione dei costi dei centri ai prodotto è spesso rappresentata dalle ore ( di mano d'opera o delle macchine). E' soprattutto sui centri ausiliari o «di supporto» che occorre concentrare la nostra attenzione, perché essi accolgono i costi indiretti che le strategie di differenziazione e la filosofia della qualità totale fanno lievitare e perché la loro imputazione ai prodotti con il meccanismo delle ore si rileva spesso una palese incongruenza. Si pensi alla progettazione dei prodotti, alla gestione dei materiali, al controllo di qualità, alla messa a punto delle macchine, e cosi via, che non sono richiesti dal prodotto in proporzione al sui contenuto di mano d'opera )o di tempo di funzionamento delle macchine), ma in relazione a determinanti

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completamente diversi: ad esempio il numero di interventi di variazione progettuale, il numero di lotti di produzione, ecc.

In definitiva, ingenti costi indiretti sostenuti in centri di supporto finiscono per essere imputati ai prodotti in base ad uno o pochi criteri, che sovente trovano la loro giustificazione nel fatto che si riferiscono a risorse un tempo importanti o addirittura nella circostanza che la relativa informazione (ad esempio le ore di lavoro) è sempre disponibile, per cui «tanto vale usarla».

Consideriamo ora il secondo limite della contabilità per centri di costo, riguardante la struttura del costo di prodotto contabilmente evidenziata. Con tale contabilità si perviene ad un costo di prodotto cosi scomponibile:

𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑒 + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑥 + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑦 + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑧

oppure, se la mano d'opera diretta non è stata imputata ai centri, ma direttamente ai prodotti: 𝑚𝑎𝑡𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑚𝑎𝑛𝑜 𝑑′𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎 + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑥 + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑦 + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑧

Normalmente i centri di costo visibili nella struttura del costo di prodotto sono centri produttivi, mentre nulla è dato sapere sul contenuto di quel prodotto in termini di centri ausiliari e dei relativi costi indiretti. In particolare, molto importante per la direzione sarebbe conoscere l'entità dei costi indiretti generati da operazioni di supporto, svolte dai centri ausiliari e funzionali. Tali costi non di

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rado nascondono operazioni inutili «senza valore aggiunto», oppure modi inefficienti di svolgere attività non eliminabili. Sovente, poi, tali operazioni sono diretta conseguenza dell'accresciuta complessità gestionale, a sua volta ricollegabile alle politiche di differenziazione già citate. Vi sono dunque buoni motivi perché la contabilità industriale renda ben visibile al management l'impatto economico di fenomeni che la sola classificazione dei costi per centri, senza ulteriori analisi, non può rendere manifesti.

III.3 Activity based costing (ABC)

Per activity based costing si intende una metodologia di determinazione del costi di prodotto secondo una configurazione di “costo pieno” o complessivo sui generis. I cardini su cui si basa la metodologia ABC sono rappresentati dal concetto di “attività”, come insieme elementare di operazioni tecnicamente omogenee, e dal concetto di “ cost driver” quale determinate dei costi sostenuti per lo svolgimento di una attività.

L’approccio activity-based poggia sul concetto di “catena del valore” sviluppato da M. Porter che supera la tradizionale visione gerarchico-funzionale di origine tayloristica attraverso la lettura trasversale della realtà aziendale incentrata sui processi di business e le attività.

L’ABC propone di rivedere il concetto tradizionale della contabilità industriale secondo cui i prodotti consumano risorse e di sostituirlo con il nuovo corrispondente, secondo il quale sono le attività a consumare le risorse, mentre i prodotti consumano attività.

E’ uno strumento orientato ad innalzare la capacità di conoscenza e di comprensione dei fenomeni che sono alla base dell’insorgere dei costi.

Gli elementi fondamentali di tale metodologia sono:

 risorse: sono i fattori necessari per eseguire le attività (esempio strutture, lavoro, materiali, etc.);

 resource driver: sono i driver utilizzati per associare i costi alle attività e misurano le quantità di risorse consumate da una attività;

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 attività: sono l’insieme delle operazioni che consentono di trasformare un determinato input nell’output desiderato fornendo valore al prodotto;  activity driver: sono i driver utilizzati per associare le attività agli oggetti

di costo e misurano la frequenza e l’intensità nell’uso di un’attività da parte di un oggetto di costo, che può essere un prodotto o un’altra attività;  cost object: sono i prodotti per i quali vengono svolte le attività.

Le fasi del processo di pianificazione e attuazione del nuovo sistema ABC all’interno di un’azienda sono:

1. individuazione dell’oggetto del costing (cost object);

2. individuazione delle attività attinenti l’oggetto del costing e delle relative determinanti (driver);

3. determinazione dei costi delle attività;

4. attribuzione dei costi delle attività all’oggetto del costing; 5. preparare dei report per il management.

Fase 1: individuazione dell’oggetto del costing (cost object)1

L’importanza di questa fase viene molto spesso sottovalutata anche se l’attenzione ad essa dedicata è determinante nell’assicurare successo al sistema di cost accounting.

Le prime applicazioni di ABC consideravano, infatti, il prodotto come il principale oggetto di analisi quando, al contrario, esso rappresenta solo una delle numerose possibilità a disposizione del progettista.

Le esigenze informative del management mutano imprevedibilmente in relazione allo scopo decisionale e il sistema di cost accounting dovrebbe essere in grado di adattarsi a tali necessità.

Nuovi oggetti del costing emergono sempre più spesso; oltre al prodotto è sempre più frequente rilevare i costi (e, laddove possibile, i ricavi) di linee di

1Cfr. FARNETI G., SILVI R., l’analisi e la determinazione dei costi nell’economia delle aziende, Giappichelli editore, Torino, 1997

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prodotto, di canali distributivi (la rete commerciale e, nell’ambito di questa, i singoli agenti o distributori), di processi aziendali e di funzioni produttive.

Fase 2: Individuazione delle attività attinenti l’oggetto del costing e delle relative determinanti (driver)

Una volta individuato l’oggetto del costing, il secondo passo prevede l’individuazione delle attività che costituiranno la base del sistema. Può essere difficile, richiedere tempo e comporta una notevole valutazione soggettiva.La scomposizionedell’impresa nelle sue attività può avvenire solo grazie ad un’approfondita conoscenza dei processi e della struttura aziendale. Il risultato di tale smembramento consente ditracciare la mappa delle attività2.

Le attività sono costituite da ciò che le persone e i sistemi fanno in azienda, utilizzandorisorse per produrre risultati. Sono un’insieme di operazioni collegate miranti adottenere un certo output utilizzando determinati input. Di regola possono essere definiteutilizzando un verbo, un nome ed un aggettivo di specificazione. Alcuni esempi diattività possono essere:

 emettere fatture;

 predisporre delle proposte di contratto;  attrezzare una macchina;

 effettuare dei pagamenti;  ricevere dei materiali;  riprogettare un prodotto;

 definire le relazioni con il cliente o fornitore; ecc

Una procedura comune per individuare le attività è quella di intervistare i responsabili funzionali e i loro principali collaboratori al fine di ottenere informazioni riguardanti:

 le modalità di svolgimento del lavoro all’interno della funzione;  le risorse impiegate (in termini sia di materiali che di tecnologia);  il “prodotto” associabile a ciascuna delle attività individuate;

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 i fattori in grado di influenzare in modo diretto l’insorgere e l’intensità delle attività (cost driver).

Tra le informazioni che debbono essere raccolte in questa fase, particolare rilevanza assume la capacità dell’analista di identificare i fattori che sono in grado di influenzare lo svolgimento delle attività, rendendolo più o meno intenso. Questi fattori sono detti “cost drivers” (determinanti delle attività) e la loro corretta individuazione rappresenta uno dei passaggi fondamentali per la costruzione di un sistema ABC.

La tabella3 seguente ne riporta alcuni esempi.

Tabella 4 : Esempi di attività e relativi cost driver

Attività Cost Driver

Sollecito materie prime N. solleciti Resi per materiale difettoso N. difetti rilevati

Movimentazione materiali N. ordini di movimentazione Distribuzione materiali N. lotti

Programmazione produzione N. lotti lanciati

I cost drivers rappresentano l’elemento di collegamento tra le singole attività e l’oggetto di riferimento; con riferimento alle attività, essi rilevano l’intensità con cui queste ultime vengono svolte, mentre, con riferimento all’oggetto di riferimento, essi descrivono le modalità di consumo di tali attività. Nell’individuare i cost drivers occorre soprattutto tener contro dell’effettività della correlazione causale fra l’entità dei medesimi e i differenti livelli di utilizzo delle varie “attività” individuate. Risulta evidente come dalla cura e dall’attenzione che si pone in tale verifica, deriva l’attendibilità e la bontà del sistema.

Occorre, inoltre, prendere in considerazione anche il costo di misurazione dei cost drivers; detto costo potrebbe, infatti, risultare eccessivo e non conveniente,

3La tabella è tratta da Vergare C. - Il contributo della programmazione e del controllo al governo “consapevole” delle aziende, 2004 : pag. 609.

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se si scegliessero elementi la cui rilevazione fosse eccessivamente complicata e difficile4.

A ciò si aggiunge il rischio che si più correre nell’individuazione delle varie “attività”, quando l’analisi scende eccessivamente nel dettaglio.

La lunghezza di questi elenchi di attività pone un problema. Da un lato, maggiore è il numero di attività tracciate nel sistema ABC, più precisi saranno i costi.Dall’altro, è costoso progettare, attuare, mantenere e usare un sistema complesso che coinvolge molte attività. Di conseguenza, il lungo elenco originario di attività, di solito, viene ridotto a una manciata di attività combinando quelle simili (per esempio, la movimentazione e lo spostamento delle materie prime potrebbe comportare diverse azioni, dalla ricezione delle materie prime nell’area di carico alla loro distribuzione negli opportuni recipienti nel magazzino). Quando si combinano queste attività in un sistema ABC, le attività dovrebbero essere raggruppate all’opportuno livello. Le attività a livello di lotto (batch levela ctivities) non dovrebbero essere combinate a livello di unità (unit level activities) o di prodotto (product level activities) e così via. In generale, è meglio combinare solo le attività che sono strettamente correlate fra loro all’interno di un livello5

.

Fase 3: Determinazione dei costi delle attività.6

Il costo delle attività viene determinato come somma dei costi delle risorse che le attività assorbono nel corso del loro svolgimento.

4Per approfondimento del tema vedi Iannelli G., Activity BasedCosting e Cost management: pag. 183 ,184.

5 Cooper e Kaplan, relativamente alle attività di produzione, hanno proposto un “gerarchia delle attività” che si articola nei seguenti livelli:

- attività a livello di unità di prodotto; - attività a livello di lotto;

- attività a livello di prodotto;

- attività a livello di supporto alle strutture.

Tale classificazione si rivela utile nell’individuazione dei driver più idonei. Per approfondire il tema vedi Cinquini, 200**, pag 124 e seguenti.

6IANNELLI G., Activity BasedCosting e CostManagemet, tratto da L’analisi e la determinazione dei costi

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Tipicamente, le categorie di spesa maggiormente significative sono rappresentate da:

 costi del personale;

 costi della tecnologia (ammortamenti relativi a macchinari, computer, software, etc.);

 servizi esterni;  energia.

L’attribuzione delle risorse alle attività può avvenire secondo tre fondamentali modalità:

a) calcolo diretto mediante misurazione (es. tempo impiegato per svolgere una certaattività);

b) stima attraverso ricerche ed interviste;

c) allocazione basata su parametri esprimenti il più possibile il rapporto d’impiegodelle risorse nelle attività.

Sulla base di tale analisi alcuni tipici resource drivers possono risultare;  il numero delle persone impiegate;

 la superficie occupata;  i chilowattora consumati;  i terminali utilizzati;

 le stime percentuali dei carichi di lavoro, ecc.

Fase 4: attribuzione dei costi delle attività all’oggetto del costing

Nel corso della analisi delle attività (fase 2), oltre ad aver proceduto alla individuazione delle attività stesse, si è anche provveduto ad individuare quei fattori- cost driver- in grado di spiegare il loro consumo da parte degli elementi costituenti l’oggetto del costing.

Tali fattori vengono utilizzati in questa fase per aggregare le attività in base alla capacità dei vari cost driver di spiegarne l’insorgere e l’intensità.

Queste aggregazioni (Activity Cost Pool-ACP) sono generalmente delle mere costruzioni contabili utili in quanto capaci di facilitare il processo di attribuzione

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dei costi ai vari cost object7; i valori riportati nei singoli ACP, infatti vengono distribuiti sugli oggetti di costo in relazione al consumo che essi fanno delle attività associate all’ACP. Tale consumo è misurato dai valori assunti dai cost driver considerato con riferimento al cost object indagato.

Un aspetto delicato di questa fase riguarda la determinazione del “valore di frequenza” del cost driver prescelto. Come appena esemplificato infatti, l’attribuzione dei costi della attività all’oggetto di rilevazione avviene stimando un costo per “unità di attività” pari al rapporto tra costo totale delle attività e “frequenza di ripetizione” del cost driver (numero di volte che il cost driver viene attivato).

In situazione di capacità produttiva non completamente utilizzata, si pone il problema di fissare un valore di tale frequenza. Il problema può essere affrontato secondo due diverse modalità:

a) utilizzare come dato di base un “valore di frequenza” del cost driver pari a quello effettivamente rilevato nel periodo di analisi,

b) utilizzare un valore “standard” (pre-calcolato).

Entrambe le ipotesi lasciano spazio a problemi teorici ed applicativi non irrilevanti.

Per quel che concerne il caso sub a) infatti, l’adozione di valori consuntivi è alla base del noto fenomeno del sovra e sotto-assorbimento dei costi fissi, che si applica in una variabilità dei valori dei costi ripartiti sui cost object in relazione ai livelli di impiego della capacità produttiva nel periodo di analisi. A fronte di consistenti variazioni di tali livelli la capacità informativa del sistema di cost accounting risulta alterata, dal momento che differenti volumi di “produzione” determinano differenti valori di costo8.L’ipotesi sub b) affronta il problema in maniera diversa e, al fine di eliminare le criticità di cui sopra, suggerisce di

7

IANNELLI G., Activity Based Costing e Cost Managemet, tratto da L’analisi e la

determinazione dei costi nell’economia delle aziende, a cura di FARNETI e SILVI, Giappichelli

editore, Torino, 1997.

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impiegare valori standard, vale a dire di prevedere un ragionevole livello di impiego della capacità produttiva disponibile.

Secondo tale approccio, solo la quota di costi comuni correlabili alla capacità produttiva effettivamente utilizzata, deve essere attribuita ai cost object, mentre la parte residua rappresenta un costo di periodo. Anche questa soluzione non tiene conto però di alcuni aspetti, vale a dire:

 delle difficoltà esistenti “nello stabilire a-priori, per ciascun pool di cost, il numero standard di eventi da considerare come capacità normale delle attività alle quali il pool si riferisce”;

 dal fatto che sovente il costo della capacità produttiva non utilizzata viene sostenuto al fine di dotare l’azienda delle riserve di flessibilità necessarie a garantire livelli di servizio sempre congruenti con le esigenze del mercato. In tal senso parte almeno del costo in oggetto deve considerarsi costo di prodotto (e non di periodo) in quanto sostenuto al fine di garantire una pre-definita modalità di offerta.

Nel complesso, quale criterio adottare è una scelta che può essere razionalmente effettuata solo dopo aver analizzato la specifica situazione aziendale cui ci si trova di fronte; frequenti fasi di in saturazione della capacità produttiva disponibile spingeranno a prendere in considerazione il criterio sub b), mentre condizioni operative opposte saranno favorevoli all’adozione del criterio sub a). Fase 5: preparazione dei report per il management

I report per il management più spesso preparati con i dati ABC sono i report sulla redditività dei prodotti e dei clienti. Questi report aiutano le imprese a canalizzare le proprie risorse verso le maggiori opportunità di crescita, esaltando a contempo i prodotti e i clienti che generano utili. Questa fase finale deve essere fatta con criteri tali da permettere a priori al management di potere sfruttare i dati prima esposti, in modo tale da incrementare il valore e potere gestire con efficacia ed efficienza i processi aziendali.

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III.4 Quando usare il sistema contabile tradizionale o il sistema ABC

Molto spesso l’implementazione di un sistema ABC all’intero complesso di attività aziendali comporta notevoli costi e sacrifici che non vengono remunerati in eguale misura in tutti gli ambiti di applicazione.

È sovente, infatti, che alcuni particolari settori dell’azienda traggano maggiori benefici ( in termini di costi di implementazione e output informativo) rispetto ad altri in cui il raggiungimento di obiettivi conoscitivi non giustifica il sostenimento dei costi di implementazione della metodologia ABC.

In questo senso è possibile che una azienda utilizzi il sistema ABC in ambiti in cui si reputa necessaria una maggiore consapevolezza dei costi, al fine di prendere, con maggiore razionalità decisioni manageriali. È evidente, infatti, che se si è in presenza di una azienda che offre una vasta gamma di prodotti ( multi-prodotto) per i quali le condizioni di produzione prevedono l’utilizzo degli stessi macchinari per i diversi prodotti, le spese di settaggio e accessorie degli impianti incidono notevolmente se vengono confrontate ai costi diretti di produzione. Tali costi indiretti riescono ad avere una adeguata rappresentazione e comprensione nel sistema ABC, grazie alla configurazione di costo pieno do prodotto. Una azienda ( o una parte di essa) che, invece, presenta una più trascurabile incidenza di questi costi indiretti non riuscirà a ricevere gli stessi vantaggi conoscitivi dalla stessa metodologia (in relazione al rapporto costi-benefici) e sarà per essa più conveniente l’utilizzo di un tradizionale sistema di contabilità analitica per centri di costo. Quest’ultimo, infatti, non necessita di particolari sforzi di ricerca informativa, essendo già presente in azienda tutti i dati che ne permettono il suo sfruttamento.

Pertanto le aziende tendono di frequente ad una integrazione delle due metodologie, cercando di utilizzare il sistema contabile ritenuto più efficiente in base ai prefissati obiettivi conoscitivi all’interno delle stesse.

In aggiunta a ciò le aziende, e in particolare coloro che si occupano dell’attuazione del sistema ABC, dovranno essere in grado di stabilire la convenienza della implementazione di tale sistema ovvero la possibilità adottare delle decisioni di tipo make or buy (se acquistare o se produrre). È quindi

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indispensabile cercare di capire se lo studio delle attività permette di evidenziare alcune inefficienze produttive che possano essere sostituite da politiche di outsourcing (per esempio un’azienda che ritiene opportuno acquisire all’esterno dell’azienda una particolare componente).

III.4 Sistema di costing ibrido

Un sistema di costing ibrido deriva dalla combinazione di due modelli puri. In questo caso vengono presi come riferimento il modello per centri di costo e l’activity based costing. Le motivazioni che spingono ad integrare i due strumenti sono:

 La possibilità di adottare l’activity based costing limitando la complessità del sistema, tipica di un sistema basato sulle attività, e di avere nel contempo avere una precisione dell’informazione di costo maggiore rispetto a quella ottenibile da una metodologia per centri di costo;

 La necessità di progettare un sistema di costing adatto alla struttura organizzativa ibrida dell’azienda. Cioè, possono verificarsi delle situazioni in cui nelle aziende si assiste ad una commistione tra una struttura organizzativa per funzioni e una struttura organizzativa per processi.

La contabilità per centri di costo si adatta meglio ad una struttura organizzativa gerarchico – funzionale, e consente di attribuire le risorse ai centri di costo, non alterando gli equilibri relazionali tra i differenti centri di responsabilità dell’azienda.

L’activity based costing diventa lo strumento contabili più indicato per assecondare il mercato che richiede sia un radicale cambiamento di prospettiva d’analisi dei valori «economici», sia un’organizzazione protesa a sperimentare l’approccio per processi e la gestione delle attività a valore aggiunto per il cliente.

Secondo questo modello, nell’organizzazione aziendale possono convivere due logiche di disegno dei centri di aggregazione dei costi: la prima delinea le unità organizzative e i centri di responsabilità per il controllo organizzativo e per il processo di budget, la seconda, persegue la «mappatura» e la

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valorizzazione delle attività e dei processi aziendali con la conseguente nascita di un nuovo segmento di conti nel piano della contabilità analitica.  La permanenza di elementi di costo critici, che giustificano lo sviluppo

dell’analisi per centri di costo e per attività: cioè, ci possono essere parti della nostra organizzazione che sono monitorate benissimo, per quel che riguarda il consumo delle risorse, attraverso i centri di costo; in altre parti dell’azienda ci può essere una complessità tale, alla quale i centri di costo non possono far fronte e allora per quest’ultime è necessario adottare un “abc”.

 Il perseguimento al contempo di strategie competitive basate sulla differenziazione e sulla leadership di costo, costringendo il management a concentrare gli sforzi, non solo per migliorare la gestione delle relazione e dei servizi con i clienti, ma anche per accrescere l’efficienza nel processo produttivo e garantire cosi il conseguimento di un doppio vantaggio. In queste aziende è necessario sia monitorare le attività in quanto sono quest’ultimi che conferiscono l’unicità al prodotto e sia rimanere efficienti. Considerato che, attraverso i centri di costo si può monitorare benissimo l’efficienza e attraverso l’activity based costing possiamo monitorare il costo e i risultati delle attività che conferiscono differenziazione perché l’unicità deriva dal saper fare qualcosa in maniera diversa.

Spesso, per le piccole e medie imprese, questa soluzione risulta molto più fattibile rispetto all’adozione di sistemi di costing più evoluti che comporterebbe maggiori risorse finanziarie e immateriali (esempio conoscenze e competenze). Contabilità per centri di costo & ABC con doppia localizzazione dei soli costi indiretti.

Uno dei modelli possibili per l’implementazione di un sistema ibrido di contabilità per «centri di costo e ABC» è basato sulla doppia localizzazione dei soli costi indiretti (costi indiretti rispetto all’oggetto di costo) . Il modello formalizza, perciò, il tentativo di fondere in una struttura unitaria le due logiche di analisi. Come si vede nella figura seguente (Figura), gli elementi di costo aggregati per natura in classi omogenee, sono imputati direttamente al prodotto (oggetto di costo) se specializzabili, mentre i restanti elementi di costo:

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1. Sono localizzati, prima, presso i centri di costo ;

2. Sono localizzati, poi, nelle attività che esplicitano il ruolo delle risorse nel conseguimento di una produzione differenziata.

Dopo tali allocazioni di costi indiretti, mediante l’adozione di cost driver anche non volumetrici si realizza la seconda localizzazione dei costi indiretti, specificatamente, sulle attività. In questo modo, l’azienda riesce a spiegare meglio la formazione del costo di produzione misurando più precisamente il costo delle attività svolte all’interno dei centri di costo.

Un altro modello ibrido è quello basato sulla doppia localizzazione di tutti i costi aziendali, quindi si differenzia dal primo perché prevede un’integrale localizzazione di tutti i costi (diretti e indiretti) nei centri di costo primari e di supporto. Inoltre i centri vengono distinti in centri di costo produttivi o finali e centri di costo ausiliari o di supporto e di conseguenza avremo una fase di chiusura dei centri intermedi sui centri finali.

Figura 8: Schema del modello ibrido di contabilità per «centri di costo & attività».

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Figura

Tabella 4 : Esempi di attività e relativi cost driver
Figura 8: Schema del modello ibrido di contabilità per «centri di costo &

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