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3 Caratteristiche generali delle aree umide

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3 Caratteristiche generali delle aree

umide

Dal momento che il presente lavoro di tesi è stato svolto nell’ambito degli studi preliminari di fattibilità per la realizzazione di un’area umida il seguente capitolo si propone di fornire un inquadramento di questi particolari ambienti, descrivendone le caratteristiche e analizzandone le funzioni principali e i vantaggi e gli svantaggi ad esse connessi.

3.1 Generalità sulle aree umide e Convenzione di

Ramsar

Le aree umide (figura 3.1) sono generalmente ambienti di transizione aventi una cosiddetta funzione “tampone” tra terra e mare (lagune), tra terra e fiumi (paludi ripariali) o tra terra e ghiacciai (torbiere). Come specificato nella Convenzione Internazionale di Ramsar, un’area umida (wetland) è definita come “zona di acquitrino, palude o torbiera o acqua libera, sia naturale che artificiale, temporanea o permanente, tanto con acqua ferma che corrente, dolce, salmastra o salata, incluse le zone di acqua marina la cui profondità, non superi i sei metri durante la bassa marea” (Davis, 1994).

La Convenzione di Ramsar è stata firmata il 2 febbraio del 1971 a Ramsar (Iran) da vari Stati per proteggere, a livello internazionale, tali zone e rappresenta il primo dei moderni trattati intergovernativi sulla conservazione e l’uso sostenibile delle risorse naturali. La sua missione infatti è la conservazione e l’uso corretto delle zone umide tramite l’azione nazionale ed internazionale di cooperazione al fine di raggiungere uno sviluppo sostenibile (Davis, 1994).

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Figura 3.1 – Esempio di area umida. Lago di Porta – Montignoso (foto di Antonio Walter Mozzoni -

2010).

La Convenzione nasce in un periodo storico in cui lo scambio di informazioni e delle conoscenze non era semplice ed incentivato come ora. Fare parte della Convenzione voleva dire entrare ufficialmente in un dibattito internazionale dove poter imparare dagli altri oltre che influenzare le politiche ambientali, per lo meno quelle riguardanti le zone umide, proprie e degli altri paesi. Con le sue decisioni, linee guida e dibattiti, la Convenzione nasce anche per rispondere all'esigenza di invertire il processo di trasformazione e distruzione delle zone umide quali ambienti primari per la vita degli uccelli acquatici, che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso diversi Stati e Continenti per raggiungere ad ogni stagione i differenti siti di nidificazione, sosta e svernamento (Davis, 1994).

Con il passare del tempo, e con l'aumentare dei trattati internazionali per la conservazione della natura, la Convenzione ha cercato di allargare i suoi obiettivi

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su tutti gli aspetti riguardanti la conservazione e l'uso sostenibile delle zone umide. Secondo molti, però, la Convenzione non è mai riuscita ad acquisire la forza e le capacità necessarie per coordinare il difficilissimo dibattito internazionale riguardante alcuni aspetti della gestione dell'acqua, per i quali altri movimenti internazionali si sono iniziati (Davis, 1994).

Ad oggi risultano 160 paesi aderenti alla Convenzione (tra cui l’Italia) e la relativa lista comprende 1.971 siti per una superficie totale di 190.737.919 ettari (www.ramsar.org, sito ufficiale della Convenzione). L’Italia ospita 52 siti Ramsar. Dei circa 3 milioni di ettari originari, all'inizio del XX secolo ne restavano 1.300.000 ettari, fino a precipitare ai 300.000 ettari nel 1991. Oggi ne rimane lo 0,2% (600 ettari), tra aree interne e marittime. La drastica riduzione in estensione di queste aree è dovuta all’ingente attività di bonifica avvenuta nel corso del IX secolo (1880 – Bonifica delle Valli di Comacchio), ma soprattutto nel XX ai tempi del Fascismo (1928 - Legge Mussolini di bonifica integrale) e alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1944 – Intervento anglo-americano), in risposta alla necessità di reperire nuovo terreno agricolo e di contrastare la diffusione di malattie endemiche, quali la malaria, che flagellavano le popolazioni deltizie. Successivamente la considerazione verso questi ambienti è cambiata e si è cominciato a vederli non più come zone malsane e di ostacolo alla produttività, bensì come risorse sfruttabili ed importanti. Questo per due motivi essenziali: l'alto valore scientifico (per l'elevata biodiversità e produttività che le caratterizzano) e il ruolo rivestito nella migrazione di uccelli.

3.2 Funzioni delle aree umide

Le attività nel campo della protezione e restauro, ricostruzione e costruzione delle aree umide sono enormemente aumentate negli ultimi anni parallelamente alla presa di coscienza che la tecnologia di depurazione e la prevenzione

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dell’inquinamento, da sole, non sono sufficienti a garantire la qualità dei corpi idrici, richiesta da esigenze di qualità dell’ambiente sempre crescenti.

Gli obiettivi da raggiungere con la ri/costruzione di un’area umida sono vari (Dal Cin, 2002), ed alcuni di essi possono essere raggiunti contemporaneamente. I principali sono:

 il miglioramento della qualità delle acque attraverso processi di assimilazione e trasformazione dei nutrienti e di altri inquinanti;

 l’attenuazione dei picchi di piena e lo stoccaggio delle acque;  l’aumento del valore naturalistico del sito;

 l’utilizzo con valenza sociale;  la ricarica della falda.

3.2.1 Miglioramento della qualità delle acque

Con il rapido aumento della popolazione è cresciuta la preoccupazione per le contaminazioni ambientali. Tra esse destano particolare allarme quelle provocate dagli scarichi di origine agricola, industriale e civile per la possibilità che essi inquinino le acque superficiali, le falde o il suolo. Dove la popolazione è uniformemente distribuita sul territorio, la produzione di reflui risulta meno critica perché l'ambiente circostante può svolgere un ruolo di filtro, provvedendo all'autodepurazione. Dove invece la popolazione è geograficamente concentrata (e con essa le attività produttive) l'ambiente non è più in grado di smaltire efficacemente gli inquinanti e divengono necessari interventi specifici per evitarne l'accumulo.

In genere, i trattamenti tradizionali messi in atto per questo scopo sono tecnologicamente complessi e pertanto comportano un notevole dispendio di risorse economiche ed energetiche. Negli ultimi anni, l'accresciuta sensibilità ecologica ha indotto a prendere in considerazione trattamenti innovativi a moderato impatto ambientale, atti a smaltire i residui dell'attività antropica

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mediante lo sfruttamento e l'ottimizzazione di processi naturali. Nell'ambito di tali biotecnologie della depurazione assumono importanza le pedo-tecnologie, cioè sistemi basati sullo sfruttamento e/o miglioramento delle capacità depurative del suolo o di parti di esso (Dal Cin, 2002).

In corrispondenza delle aree umide l'acqua delle piogge tende a raccogliersi, ristagnando permanentemente o comunque per gran parte dell'anno. Queste particolari condizioni determinano l'esclusione delle essenze vegetali incapaci di crescere in suoli saturi d'acqua e portano alla creazione di un ecosistema tipico delle zone umide, sede di molteplici processi biologici che derivano dai rapporti complessi tra gli esseri viventi presenti, soprattutto tra piante idrofile e comunità microbiche, che svolgono entrambe un'intensa azione di rimozione delle sostanze organiche e inorganiche presenti nell'acqua.

Tra le principali classi di inquinanti troviamo:  solidi sospesi  azoto  fosforo  sostanza organica  microrganismi patogeni  metalli pesanti

Le aree umide riescono ad abbattere le concentrazioni di queste sostanze attraverso una serie di processi fisici, chimici e biologici (Dal Cin, 2002).

Solidi sospesi

Secondo quanto riportato negli Standard Methods1 (Greenberg et al., 1998) si definiscono solidi sospesi totali (TSS) quei solidi che vengono trattenuti da un filtro in fibra di vetro.

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Gli Standard Methods sono manuali che descrivono le procedure standard da seguire per condurre analisi in numerosi campi scientifici. Nel caso specifico si tratta di Standard Methods che (come si evince dal titolo - di cui si rimanda alla bibliografia -) riguardano procedure per l’analisi di acque e acque inquinate.

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La quantità di solidi sospesi che interessa il ciclo interno dei solidi (sospesi e sedimento) nelle aree umide naturali e ri/costruite è normalmente superiore al carico entrante. All’interno di un’ area umida infatti, i solidi sospesi subiscono sia processi di rimozione sia processi di produzione autoctona connessi alla morte di invertebrati, alla frammentazione di tessuti vegetali, alla produzione di fitoplancton e batteri e alla formazione di composti insoluti quali i solfuri di ferro. I sedimenti ed il detrito prodotti all’interno delle aree umide hanno pesi specifici vicini a quello dell’acqua e vengono facilmente distaccati dal fondo e portati in sospensione. I processi predominanti per la loro rimozione sono la sedimentazione e la filtrazione.

Azoto

Nelle acque superficiali le forme azotate di maggior interesse sono nitrati, nitriti, ammoniaca e azoto organico. Tutte queste forme, incluso l’azoto gassoso, sono biochimicamente interconnesse e partecipano al ciclo dell’azoto.

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L’azoto, come nitrato ed in misura minore come ammoniaca, rappresenta un importante nutriente per la produzione primaria. La sua abbondanza nelle acque, derivante dall’utilizzo di fertilizzanti e dalla ossidazione delle forme organiche ed ammoniacali contenute negli scarichi civili, è una delle cause dei fenomeni di eutrofizzazione delle acque (Dal Cin, 2002).

L’azoto può essere rimosso sia per effetto di reazioni chimiche e biochimiche, che costituiscono nel loro insieme il ciclo dell’azoto, sia per separazione fisica. In questo secondo caso valgono le stesse considerazioni fatte per i solidi sospesi. Le trasformazioni biochimiche che coinvolgono l’azoto all’interno della zona umida (Chapra and Reckhow, 1983; Gumbricht, 1993; Kadlec and Knight, 1996) sono complesse, dato che tale elemento ha in natura un numero di ossidazione variabile da -III (NH3) a +V (NO3-).

La sostanza organica derivante dalla morte degli organismi e dalla sedimentazione dei solidi sospesi, viene decomposta con rilascio di azoto organico spesso disciolto (urea, aminoacidi, proteine). La mineralizzazione dell’azoto è il processo che trasforma tale elemento dalla forma organica alla forma inorganica di ione ammonio (NH4+). Questo processo, fortemente

dipendente dalla temperatura, può avvenire sia in condizioni anaerobiche che in condizioni aerobiche. L’azoto mineralizzato nel terreno può essere assunto dalle radici delle piante, passare nuovamente nella fase acquosa oppure può essere oggetto di altre trasformazioni biochimiche.

Fosforo

Il fosforo è presente nelle acque superficiali come fosforo solubile inorganico, prevalentemente nella forma di ortofosfato, e come fosforo organico, sia in forma disciolta che particellata. L’ortofosfato si ritrova nella composizione dei fertilizzanti e rappresenta, assieme ai sali di azoto, una delle sostanze

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responsabili dei fenomeni di eutrofizzazione, specialmente nei corpi idrici recettori delle acque superficiali.

Figura 3.3 - Ciclo del fosforo (da Zinoni et al., 2002).

Il ciclo del fosforo non ha una fase gassosa e questo comporta, nei sistemi naturali, una graduale perdita di questo elemento nei sedimenti dei corpi idrici. Tale comportamento si ripropone all’interno delle aree umide dove la sottrazione di fosforo avviene per immobilizzazione nei sedimenti che con il tempo vengono seppelliti e così sottratti all’attività biologica di riciclo degli elementi (Dal Cin, 2002).

Nelle acque interstiziali il fosforo può formare precipitati reagendo con elementi quali il ferro, il calcio e l’alluminio, oppure può essere adsorbito da particelle di argilla e da frazioni organiche recalcitranti presenti nel sedimento (torbe). Tuttavia, nel lungo termine, si ha normalmente una sottrazione di fosfato grazie al graduale seppellimento del sedimento. Il fosforo ad esso legato subisce così un isolamento fisico che ne riduce nel tempo la mobilità.

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Sostanza organica

La composizione della sostanza organica presente nelle acque superficiali è complessa, essendo costituita da molte forme chimiche presenti in basse concentrazioni. Essa può essere presente sia in forma solubile che particellata (Dal Cin, 2002).

Nella forma particellata la materia organica è soggetta a flocculazione e successiva sedimentazione, a intercettazione ed assimilazione da parte del biofilm che ricopre le piante e l’interfaccia sedimento-acqua, e a mineralizzazione ad opera della flora microbica.

Sostanze organiche disciolte possono invece venire assimilate e decomposte dai microrganismi presenti nel biofilm e nel sedimento, e possono venire associate alla fase solida presente nella colonna d’acqua e nel sedimento mediante processi di assorbimento e di adsorbimento, che ne controllano la ripartizione tra fase solida e fase acquosa in funzione di caratteristiche peculiari dei vari tipi di molecole.

Organismi patogeni

I microrganismi patogeni presenti nelle acque sono rappresentati da virus, batteri, funghi, elminti e protozoi. Dal momento che il loro rilievo è molto difficile e oneroso ci si affida alla quantificazione di indicatori più generici quali i coliformi fecali. Tale quantificazione esprime la probabilità di inquinamento delle acque da parte degli organismi sopra citati. Bisogna tuttavia tenere presente che parte dei coliformi fecali sono prodotti anche dalla fauna ospitata all’interno dell’area umida e la loro concentrazione è quindi caratterizzata da valori di fondo (Dal Cin,

2002).

I microrganismi patogeni entrano nell’area umida associati ai solidi sospesi o come colonie sospese. Nel caso siano associati ai solidi sospesi essi andranno incontro ai processi già visti per questi composti. Una volta sedimentati, i

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patogeni, adattati a vivere all’interno di organismi a sangue caldo, si trovano in una matrice ambientale ostile e generalmente non sopravvivono alla competizione della comunità di microrganismi residenti nell’area umida.

La rimozione degli organismi patogeni, in ogni caso, è correlata alla rimozione dei solidi sospesi ed ai fattori che la influenzano, come ad esempio il tempo di residenza.

Metalli

I metalli possono entrare nelle aree umide in forma disciolta o come composti insolubili associati ai solidi sospesi. In quest’ultimo caso essi subiranno processi di sedimentazione, filtrazione ed intercettazione.

I metalli in forma disciolta, invece, potranno formare composti con la frazione umica del sedimento attraverso processi di scambio cationico e chelazione, oppure precipitare come sali insolubili di solfuri, carbonati, idrossidi e possono essere assimilati da piante, alghe e batteri (Dal Cin, 2002).

Tuttavia, il destino principale dei metalli è quello di formare composti con i solfuri presenti nel sedimento anossico formando composti non biodisponibili e finendo col tempo per essere seppelliti con il sedimento. Di conseguenza, l’ambiente anossico dei sedimenti delle aree umide rappresenta un fattore importante per l’immobilizzazione ed il seppellimento dei metalli depositati con la sedimentazione dei solidi sospesi.

3.2.2 Attenuazione dei picchi di piena e stoccaggio delle acque

Le aree umide possono essere usate come riserva d’acqua per il bacino idrico. L’acqua trattenuta potrà riversarsi nei corpi idrici adiacenti ed in falda (se il suolo non è, o non è reso, impermeabile).

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Un’area umida, inoltre, può assolvere un’importante funzione di protezione del territorio circostante da potenziali picchi di piena. Essa infatti può agire come cassa di espansione di corsi d’acqua adiacenti, e può essere determinante anche in concomitanza di eventi di piena importanti.

Questo dipenderà da:

 il volume invasabile nell’area umida;

 la sua localizzazione (vicinanza dell’area umida al corso d’acqua soggetto a piena);

 le dimensioni dell’evento di piena;

 la mancanza di altri bacini di stoccaggio a monte.

L’uso di un’area umida per lo stoccaggio delle acque e l’attenuazione dei picchi di piena deve essere valutata e progettata secondo le migliori tecniche di ingegneria idraulica, per un definito tempo di ritorno.

3.2.3 Aumento del valore naturalistico

Un’ area umida può acquisire un notevole valore naturalistico, giacché un’adeguata produzione di materia organica (come elemento base della catena alimentare) favorisce lo sviluppo e la sostenibilità delle specie animali e vegetali. A questo scopo si utilizzano alcuni accorgimenti progettuali e gestionali, in modo da ridurre i fattori limitanti.

I più alti valori di produzione primaria netta si misurano generalmente in paludi a vegetazione emergente, con flusso idrico regolare e poco profonde (<0.3m) (Brown et al., 1979). In tali sistemi un’alta produzione primaria generalmente dipende dalla disponibilità d’acqua combinata con alti livelli di ossigeno disciolto nei sedimenti e disponibilità di luce. Più i livelli idrici sono fluttuanti nel corso dell’anno, più bassa generalmente risulta la produzione netta primaria: se ad esempio si verificano ripetuti eventi di piena e conseguenti allagamenti dell’area

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umida molte volte all’anno, con intermezzi di periodi di magra, la comunità vegetale risulterà stressata e si otterrà una bassa produzione primaria.

3.2.4 Utilizzo con valenza sociale

Le aree umide ri/costruite vengono apprezzate anche per la loro potenziale valenza commerciale (esempi comuni sono la raccolta delle canne, la riserva di specie animali, la caccia, l’acquacoltura) e per i loro valori non produttivi (paesaggistici, ricreativi, didattici, di ricerca) (Reimold and Hardisky, 1978; Sather

and Smith, 1984; Kadlec and Knight, 1996).

Per favorirne un utilizzo non produttivo, le aree umide vanno dotate di pannelli informativi che descrivano i percorsi naturalistici e le specie animali e vegetali presenti, con un eventuale punto informativo o museo per lo svolgimento delle attività didattiche. Vanno provviste, inoltre, di strutture adeguate per la fruizione da parte di pedoni e ciclisti, per la pratica del bird-watching e dello jogging. Questi possibili utilizzi sociali delle aree umide, accanto alla soddisfazione di avere un’area di pregio naturalistico, possono essere importanti fattori che favoriscono il consenso pubblico alla ri/costruzione dell’area umida, o alla protezione di un’area umida esistente (Kadlec and Knight, 1996).

3.2.5 Ricarica della falda

Le aree umide possono essere utilizzate anche per la ricarica della falda. Questo avviene trattenendo l’acqua superficiale all’interno dell’area umida per un tempo tale da consentire la percolazione nell’acquifero dell’acqua stessa. Ovviamente, con questa finalità, il fondo dell’area umida deve essere permeabile.

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3.3 Vantaggi e svantaggi delle aree umide

Le aree umide sono dunque delle risorse importanti, sfruttabili per numerosi scopi e di notevole valore sociale, economico ed ambientale. Naturalmente, oltre ai molteplici vantaggi che esse comportano, devono essere presi in considerazione anche gli svantaggi, che derivano da diversi fattori (Dal Cin,

2002). Inoltre è necessario tenere presente dello scopo per il quale l’area umida

è stata realizzata.

In generale, i vantaggi delle aree umide possono essere così elencati:

 possono competere con gli impianti di depurazione tradizionali o di futura concezione;

 integrano la tecnologia di depurazione a valle del punto di scarico con trattamenti di “raffinamento” ulteriore del refluo e con capacità di stoccaggio delle acque di sfioro delle reti fognarie durante gli eventi di precipitazione;

 le aree umide ricostruite sono particolarmente adatte a trattare l’inquinamento residuo e diffuso, caratterizzato da carichi variabili in concentrazione e portata e da concentrazioni molto basse degli inquinanti;

 le aree umide ricostruite sono particolarmente adatte a ricostituire la capacità di autodepurazione dei corpi idrici superficiali, perduta a causa di interventi di regimazione idraulica poco rispettosi delle esigenze ambientali;

 le aree umide ricostruite trattano normalmente acque superficiali e non sono costrette a rispettare standard di legge, ma sono invece ri/costruite per rispettare gli standard della natura e quindi non soffrono, anzi approfittano, della variabilità meteoclimatica;

 le aree umide ricostruite, otre al vantaggio della rimozione degli inquinanti, possono offrire anche molti altri vantaggi come ad esempio la

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ricostituzione dell’habitat naturale e della biodiversità, il controllo delle inondazioni e la ricarica delle falde, l’uso ricreativo e didattico dell’area.

Tra gli svantaggi, invece, troviamo (Dal Cin, 2002):

 la sottrazione di terreni all’agricoltura in quanto sostituiti da acquitrini e suoli umidi;

 il deprezzamento dei terreni destinati al cambiamento d’uso e conseguentemente un danno economico per il proprietario, che può essere risarcito con l’esproprio a prezzi di legge molto più elevati di quelli di mercato;

 impatto socio-economico in termini di cambiamento dell’attività lavorativa delle persone impiegate in agricoltura che possono, però, essere utilizzate per la gestione e manutenzione dell’area;

 se realizzate al fine di abbattere gli inquinanti, talvolta non sono in grado di garantire gli standard di qualità fissati per legge. Ciò è dovuto alla loro esposizione alla variabilità meteoclimatica, la quale può rallentare o addirittura arrestare i processi naturali che consentono un efficace smaltimento delle sostanze inquinanti;

 La presenza di un’ area umida comporta problemi quali lo sviluppo di cattivi odori, e proliferazione di specie animali dannose o fastidiose come la zanzara e la nutria. Tuttavia, tali problemi possono essere adeguatamente monitorati e abbattuti.

Figura

Figura 3.2 - Ciclo dell’Azoto (modificato da: Portejoie et al. 2002).
Figura 3.3 - Ciclo del fosforo (da Zinoni et al., 2002).

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