Abstract tesi di dottorato (XXXI ciclo)
Titolo: Pensare la fine. La filosofia di Heidegger e Rosenzweig come escatologia. Candidato: Francesco Del Bianco
Il punto di partenza del lavoro è la risemantizzazione della nozione di “escatologia”: essa qualifica, ora, un pensiero che si pone il problema della comprensione della “fine”, e del “confine”, dell’esperienza di vita dell’uomo. Un pensiero che, a partire da un concreto “io sono”, dinnanzi a un “passaggio d’epoca”, pensa gli “estremi termini” del mondo, mettendo a tema il tutt’altro da esso. Una prassi di vita conforme a tale pensiero si costituisce, così, secondo un volgersi via dalle significatività del mondano e, al contempo, secondo un volgersi verso il loro assoluto altrimenti. Ma quale come del con-vivere umano può essere assunto da una comunità escatologica che deve stare nel mondo eppur opporsi ad esso, nello spazio di tensione fra un “già” e un “non ancora” sovrapposti eppur del tutto alternativi? Per il cristianesimo questo problema è lo stesso della “costruzione” della presenza del Signore in mezzo al suo popolo: come può Dio, che è tutt’altro dal mondo, esser presente in una prassi di vita nel mondo?
A partire da questa posizione del problema, mostriamo come il “dilemma escatologico” possa essere individuato come la radice del “cammino di pensiero” di Heidegger e Rosenzweig. La filosofia dei due autori, non di meno, viene quindi tematizzata come un’escatologia vera e propria.
Nel caso di Heidegger, il lavoro si articola nei seguenti passaggi, più o meno corrispondenti ai capitoli della ricerca: 1) Prendendo in esame la proposta filosofica dell’autore alla fine degli anni ’20, si procede a tematizzarla nel suo
carattere di alternatività al pensiero della tradizione moderna, a partire dall’episodio del dibattito con Cassirer nel 1929. La proposta di pensiero di Heidegger viene riconosciuta, dunque, quale una rifondazione della metaphysica generalis nell’evento di un’“epochè” esistenziale che consiste nel rivelarsi del carattere di reciproca alterità che contrappone i tre elementi della metaphysica specialis. Dio, l’Assoluto, non è più figura del connubio fra l’Io e il mondo, quanto semmai cifra del “dissidio originario” fra il sé e l’ente, non rappresentando più il contrafforte di quest’ultimo, quanto semmai il suo tutt’altro.
2) Si procede, dunque, a scomporre questo “punto d’arrivo” di Heidegger secondo la genealogia del suo pensiero negli anni ’20, analizzando il novero dei suoi primi corsi friburghesi, là dove l’idea di questa particolare “epochè” esistenziale viene per la prima volta ricercata.
3) Si individua, dunque, il “dilemma escatologico” significato da questa “epochè” come radice di tutto il lavoro heideggeriano degli anni ’20, interrogandoci sul perché l’esperienza religiosa assuma un primato particolare nell’intento heideggeriano di pensare la vita secondo la sua più propria fattualità.
4) Si ricerca, dunque, la sorgente di questa sensibilità spirituale ricollocando l’autore nel “Sitz im Leben” nei primi anni ’10 che, all’indomani del Kulturkampf, lo videro attraversare il mondo cattolico e quello protestante. 5) Si tematizza, inoltre, la questione dell’impossessamento, compiuto da Heidegger, degli strumenti
dell’ermeneutica di Dilthey e Schleiermacher e a quanto anche questo sia funzionale all’elaborazione della sua concezione escatologica dell’esistenza negli anni seguenti.
6) Infine, concludiamo la sezione dedicata ad Heidegger con un’analisi dei corsi che l’autore tenne nel 1920/21 a Friburgo per un’introduzione alla Fenomenologia della vita religiosa: qui la “teologia Crucis” di Paolo di Tarso diventa la base per una “fenomenologia Crucis” che, attraverso la soglia dell’esperienza fondamentale dell’Angst, rivela il carattere ermeneutico del dato ontologico che riguarda la vita dell’uomo e il suo rapporto
con l’Assoluto, la cui costruzione nell’esistenza comunitaria si dà solo come “distruzione” della dimensione media e quotidiana della vita.
I restanti capitoli completano il nostro ragionamento, dedicandosi a Rosenzweig nei seguenti passaggi:
7) Appoggiandoci a Levinas e Löwith, riconduciamo il discorso heideggeriano contro il soggetto moderno a quello circa l’uomo meta-etico con cui Rosenzweig apre lo Stern, dichiarando la fine della “vecchia filosofia”. 8) Da qui, mostriamo come la novità della proposta di Rosenzweig rispetto a quella di Heidegger si dia nel rapporto
di tensione reciproca che egli imposta fra filosofia e teologia. La “nuova filosofia”, nel suo constatare l’alterità incomponibile dei tre elementi della metaphisyca specialis, “profetizza” una sistematizzazione che li tenga assieme senza che venga fatta nuova violenza alla loro autonomia. Nella “nuova filosofia” è racchiusa, dunque, la “promessa” di una “nuova teologia” che metta “Dio”, l’“uomo” e il “mondo” in dialogo.
9) Per Rosenzweig questo passaggio è determinato da ciò che, nella sua interpretazione, è il nucleo della Rivelazione giudaico-cristiana: l’evento di una conversione di quello stesso “faccia a faccia” con il “ni-ente annientante” che Heidegger descriverà nel ’29. Seguendo la ricerca di B. Pollock, sosteniamo che l’episodio della “conversione” di Rosenzweig nel 1913 abbia riguardato un passaggio da una posizione spirituale per cui il vivere escatologico poteva darsi solo come distruzione del contesto di vita quotidiano, ad un'altra che lo qualifica come un moto di riscatto di quella stessa quotidianità.
10) Forti di questa rilettura di Rosenzweig, ed illustrando l’analisi che l’autore fa del Cantico dei Cantici, abbiamo messo in luce un modello di pensiero escatologico che risolve il dilemma della costruzione della presenza di Dio non per la via di una “distruzione” del mondo, ma nel suo riscatto. Fra già delle “fede” e il non ancora “della speranza”, a inverare la tensione escatologica della comunità umana, si dà la più grande delle cose che restano e che, per giunta, non scomparirà finanche nel compimento, essendone la più propria anticipazione: il religamen d’“amore”. Infine, abbiamo brevemente illustrato la risemantizzazione rosenzweighiana del concetto di verità e la rifondazione dialogica della relazione ebraico-cristiana, ricollegando entrambe alla questione dell’escatologia così come l’abbiamo presentata.
Nelle pagine conclusive del lavoro abbiamo fornito, poi, un confronto diretto fra quanto emerso circa le due proposte di pensiero escatologico di Heidegger e di Rosenzweig, concentrandoci brevemente sulla questione della “comunità di destino” in entrambi gli autori, collocando il merito della nostra ricerca nel più ampio spazio del dibattito contemporaneo circa alcuni temi di filosofia morale e politica.