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CONVERSANDO NEL FOYER: UN’INTRODUZIONE

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Academic year: 2021

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I

CONVERSANDO NEL FOYER:

UN’INTRODUZIONE

Nel Luglio del 1992 la RAI manda in onda “Tosca nei luoghi di Tosca”. Il programma in due parti, collocate a diverse ore di distanza, proponeva al telespettatore l’opera di Puccini nella reale situazione spazio-temporale in cui è ambientata. Una collocazione lontana dal contesto per cui era stata creata e in cui era “vissuta” fin dalla sua prima rappresentazione. Una collocazione resa possibile solo dal superamento di alcune barriere artistico-ideologiche che vedevano l’opera lirica come un “oggetto sacro”, che per incontrare il pubblico aveva bisogno del tempio teatrale.

Grazie al mezzo tecnologico, il prodotto elitario si è rivolto “senza filtri” alla massa dei possibili fruitori e, grazie alla professionalità di produttori e artisti, lo ha fatto senza perdere nulla della sua grande valenza artistico-musicale.

L’esperimento viene ripetuto nel Giugno del 2000: questa volta è programmata “La Traviata a Pàris”. Entrambi i programmi hanno avuto un grande successo, confermato anche dall’assegnazione di premî internazionali e, per “La Traviata”, dalla trasmissione in 125 Paesi.

Questi sono stati due tentativi di dare una nuova chiave di lettura ad una forma d’arte molto complessa e particolare che, soprattutto in quest’ultimo decennio, sta attraversando un grave periodo di crisi. La crisi, a lungo tamponata con una legislazione concentrata sul contingente, ora che anche i puntelli finanziarî stanno cedendo, dilaga, invadendo ogni angolo di questo comparto e mettendo così in luce tutte le contraddizioni in cui è avviluppato.

Ebbene, come con l’insolita veste della programmazione televisiva lo spettacolo culturale si è proposto in un nuovo linguaggio, così è necessario che il comparto dello spettacolo lirico-musicale riveda la sua collocazione nel contesto sociale e ridefinisca i parametri e le specifiche del suo rapporto con l’intera comunità dei fruitori, attuali e soprattutto potenziali.

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II Sebbene questo processo non rientri fra quelli prettamente artistici, per il comparto dello spettacolo è parimenti necessario. Esattamente come il lavoro della materia artistica aiuta il settore ad essere espressione ed interpretazione della società, questo versante di confronto è diventato di vitale importanza in seguito alla sempre maggiore criticità assunta da un aspetto che prima era quasi tralasciato e dato per scontato perché considerato fisiologicamente presente: il suo posizionamento sociale. In che modo la musica e l’intrattenimento culturale debbono proporsi? Qual è il loro ruolo ed il loro contributo alla crescita della società?

L’apertura di questa serie di questioni su un aspetto prima trascurato è dovuto soprattutto ad una situazione di “vorrei, ma non posso” in cui alla fine è sfociato il rapporto fra Stato e comparto spettacolistico. La grande incoerenza fra strumenti ed obiettivi, che da sempre caratterizza questa relazione, ha amplificato le ripercussioni provenienti dalla generale crisi dello welfare ed ha fatto in modo che la tensione fra i due referenti crescesse in modo quasi spasmodico. Consapevoli entrambi della necessità della reciproca presenza e contemporaneamente protési verso un’interpretazione del proprio ruolo diversa e non sempre convergente, cercano di trovare risposte alle nuove esigenze.

La serie di domande nate alla luce di queste nuove esigenze ha però un’implicazione molto importante: esige che lo spettacolo musicale colto esca dai suoi ambiti, dai suoi schemi logici e dall’operatività prettamente artistica per incontrare i linguaggi ed il modus operandi di altre discipline, quelle economiche e gestionali. Dal canto loro la scienza economica e le discipline aziendali debbono rivedere il loro approccio a questo settore in modo da riuscire a superare l’atteggiamento o “certificatorio” o rinunciatario tipico di chi o fornisce un supporto scientifico ad uno stato di cose presentato come ineluttabile, o pone il perentorio aut-aut del “tutto o niente”, comodamente seduto nello sconfinato terreno del “non incontro”

I tre mondi, delle scienze economiche, delle discipline gestionali e dello spettacolo colto, dopo tanta resistenza e reciproca diffidenza, si stanno vieppiù avvicinando e con molta difficoltà stanno cercando di comporsi in un incastro armonico, dove ciascuno possa avere il suo posto e, occupandolo, sia in grado di aiutare e sostenere l’altro.

Nella realtà la situazione è ancora molto delicata poiché questo avvicinamento non è né spontaneo né volontario: le resistenze da parte del mondo della creazione spettacolistica permangono, soprattutto a causa della grande diffidenza verso strumenti che vengono visti come dei “killer” in un mondo dove l’unico governo possibile è l’anarchia. Del

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III resto nell’ambito delle discipline economico aziendali fanno fatica ad affermarsi posizioni possibiliste che siano disposte a rinunciare a percorsi rigidamente deterministici. Affinché le questioni collegate alla definizione del posizionamento sociale ed alla creazione di solide basi finanziarie possano essere affrontate e risolte in modo compiuto, è necessario che questa “contaminazione” non solo sia accettata ma che anzi venga favorita.

A questo scopo notevole potrebbe essere la spinta proveniente dal soggetto pubblico che, sia attraverso una più opportuna interpretazione del suo ruolo, sia attraverso un mutamento dei princìpî e delle modalità che guidano la sua azione, è chiamato a creare un ambiente dove i meccanismi di integrazione vengano lubrificati al meglio.

Tale apporto è tanto più necessario quanto più si rileva che il soggetto gestionale nel settore culturale è chiamato ad agire in quanto tale e quindi a farsi carico di una serie di compiti da cui prima era stato escluso ed sulla cui esclusione il comparto spettacolistico-musicale si era comodamente adagiato.

Quindi accade che, soprattutto per quelle istituzioni minori che si erano create un giardino privato e protetto anche se non troppo privilegiato dall’azione pubblica, gli spazî si siano così ristretti da non permettere più la sopravvivenza degli operatori né il margine temporale di manovra per attivare “in corsa” i correttivi più opportuni.

In un settore, caratterizzato da profonda differenziazione anche nell’ambito dello stesso comparto, la gamma di reazioni al nuovo stato di cose si presenta inevitabilmente come un caleidoscopio di situazioni, dove ciascuno “interpreta” ed adatta le nuove istanze alla sua identità. Insomma il periodo che si sta vivendo assomiglia quasi ad un’era in cui, a seguito dei grandi scossoni, la diffusione del cambiamento crea ibridi disciplinari produttori di nuovi strumenti operativi e la forte differenziazione del prodotto-identità si ribalta sulla valenza economico-sociale dell’istituzione disegnando un paesaggio variegato e continuamente mutevole.

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