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UNIVERSITÀ DI PISA - SCUOLA DI INGEGNERIA DESTEC – CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA A.A. 2017/2018

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DESTEC – CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA EDILE-ARCHITETTURA A.A. 2017/2018

TESI DI LAUREA

PROGETTO DI RECUPERO E RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA DELL’ IPPODROMO “F.CAPRILLI” A LIVORNO

Relatori

Arch. Luisa Santini Arch. Caterina Calvani Ing. Francesca Giuliani

Candidata Francesca Landi

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Sommario

1. Introduzione 7

2. Il mondo del cavallo da corsa 11

2.1 Storia delle corse ippiche in Italia 13

2.1.1 L’epoca classica 13

2.1.2 Le corse ippiche nel contesto italiano ed europeo 13

2.1.3 Dai palii alle prime società di corse 14

2.1.4 Il contesto nazionale prima e dopo l’unità di Italia 15

2.1.5 Il novecento e la modernità sportiva 16

2.1.6 Il periodo tra le due guerre 18

2.1.7 Parabola involutiva 19

2.1.8 Crisi dell’ippica italiana 20

2.2 Casi studio in Italia 22

2.2.1 San Siro - Milano 22

2.2.2 San Rossore - Pisa 23

2.2.3 Agnano - Napoli 24 3. Inquadramento territoriale 27 3.1 Inquadramento geografico 30 3.1.1 Livorno 30 3.1.2 Area di studio 33 3.2 Inquadramento storico 34 3.2.1 Ippodromo “F.Caprilli” 34

3.2.2 Il complesso della “Ceschina” 37

4. Inquadramento normativo 43

4.1 Piani normativi 45

4.1.1 PIT Toscana 45

4.1.2 Piano strutturale di Livorno 48

4.1.3 Regolamento Urbanistico 51

4.2 Piani paesaggistici 52

4.2.1 Immobili ed aree di notevole interesse pubblico 54

4.2.2 Aree tutelate per legge 56

5. Sintesi delle criticità e potenzialità 61

6. Analisi dello stato di fatto 67

6.1 Ippodromo “F.Caprilli” 70

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6.3 Albergo “Atleti” e annessi servizi 75

7. L’analisi multicriterio 77

7.1 Tecniche dell’analisi multicriterio 79

7.1.1 Utility-based theory 79

7.1.2 Outranking Methods 81

7.1.3 Decision rules theory 84

7.1.4 Metodi misti 85

7.1.5 Integrazione tra il GIS e MCDM 85

7.2 L’AMC nel nostro studio 86

7.2.1 Obiettivi e Criteri 86

7.2.2 Procedimento di analisi gerarchica 88

7.2.3 La matrice di valutazione 88

7.2.4 La normalizzazione 89

7.2.5 Assegnazione dei pesi 90

7.2.6 Aggregazione e calcolo degli ordinamenti 91

7.2.7 Analisi di sensitività 92

8. I progetti 95

8.1 Progetto 1:Ippodromo 98

8.1 Progetto 2: Sport 108

8.3 Progetto 3: Azienda Agricola 116

8.4 Progetto 4: Cittadella della musica 122

9. L’Analisi MultiCriterio: Scelta 129

9.1 I criteri di valutazione analizzati 133

9.1.1 Fase di cantiere 133

9.1.2 Fase prestazionale 142

9.1.4 Fase gestionale 149

9.2 Pesatura dei criteri 153

9.3 Aggregazione e calcolo degli ordinamenti 158

10. Sintesi dei risultati 161

10.1 Analisi mitigate dal peso base 163

10.1.1 Punto di vista dei decisori 163

10.1.2 Punto di vista delle scelte progettuali 167

10.2 Analisi senza peso base 170

10.2.1 Punto di vista dei decisori 170

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11. Conclusioni 175

Tabelle di calcolo dell’Analisi MultiCriterio 183

Bibliografia 201

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L’Ardenza è un quartiere di Livorno originariamente sorto come un vero e proprio borgo distaccato dalla città labronica, ma che poi, nel corso del Novecento, è stato inglobato a tutti gli effetti dallo sviluppo urbanistico cittadino. All’Ardenza hanno sede i principali impianti sportivi di Livorno, nonché numerose ville ottocentesche ed eclettiche in cui si respira ancora oggi quel clima di Belle époque legato allo sviluppo dei primi stabilimenti balneari. Questo quartiere si snoda, nella parte a sud del Comune di Livorno, dall’entroterra fino a raggiungere il lungomare livornese in cui, tra le numerose attrezzature turistico-ricettive e i vari caffè, emerge l’Ippodromo “Federico Caprilli”, oggetto della nostra tesi.

L’attuale ippodromo sostituì quelli allestiti in precedenza al Campo di Marte (attuale Piazza Dante) e in Piazza d’Armi (attuale Piazza Grande).

L’impianto dell’Ardenza, fu realizzato nella parte originaria centrale, nel 1937 su progetto dell’Arch.Vietti Violi1; sempre in quell’anno furono studiati e progettati gli impianti di illuminazione

della pista per le corse notturne. Già dal 1894 tuttavia le corse si svolgevano all’Ardenza, sui terreni attuali che erano di proprietà dei signori Cavebondi2, con attrezzature in legno di tipo

precario, con affluenze di pubblico che, secondo cronache di quei tempi, giungevano fino a diecimila spettatori.

Di questo passato glorioso rimane oggi soltanto l’involucro vuoto dell’ippodromo “F.Caprilli”, i cui cancelli sono scoloriti dal tempo, e le cui strutture si stanno trasformando in scheletri senza vita. Lentamente, ma inesorabilmente, l’edificio sta andando in rovina, abbandonato e dimenticato, portando con sé la memoria e la storia di oltre un secolo di attività. Passando lungo il Viale Italia, per fare una passeggiata o per andare a godere dell’area di mare, si intravede questo grande scheletro, celato dalla vegetazione e dall’alto muro di recinzione, così centrale nel tessuto cittadino e allo stesso tempo così avulso e isolato, avviato verso il silenzioso declino.

Per la sua storia, per l’importanza che ha avuto, per la popolazione livornese e per il luogo in cui si trova, si intraprende dunque questo studio, con lo scopo di proporre soluzioni progettuali per il recupero di questa struttura e la riqualificazione di tutta l’area sulla quale sorge, per far riemergere e mantenere viva la memoria storica del luogo e contemporaneamente rigenerare il tessuto cittadino, con l’opportunità di valorizzare il patrimonio urbano esistente e arricchirlo con nuove proposte, valutando le potenzialità e le problematiche del contesto sociale e territoriale.

1 Paolo Vietti Violi (1882 -1965), architetto italiano che ha progettato e diretto lavori per la costruzione di più di 33 ippodromi, stadi e impianti sportivi in Italia e all’estero.

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2.1 Storia delle corse ippiche in Italia

2.1.1 L’epoca classica

Le corse dei cavalli erano un fenomeno già in voga ai tempi della Magna Grecia, e i cavalli siciliani venivano addirittura portati da Agrigento per andare a correre in Grecia; le ritroviamo nella civiltà etrusca e infine ebbero particolare rilievo presso i Romani, veri precursori e ispiratori delle corse moderne sviluppatesi poi in Gran Bretagna a partire dal 1700.

L’ippodromo greco e il circo romano sono in un certo modo precursori di quel fenomeno definisce la tecnicizzazione dello sport che avviene a partire dai primi del Novecento e in cui si afferma la tecnologia impiantistica e il ricorso a strutture appositamente costruite affinché la città incorpori lo sport come luogo di produzione di eventi, di emozioni e di simboli. L’evento sportivo diventa uno spettacolo pubblico e lo stadio si espande riproducendo all’infinito spazi sempre più funzionali, specializzati, separati. Il circo Massimo poteva contenere fino a 250.000 spettatori, era lungo 620 metri e largo 118 e in esso si potevano addirittura svolgere, allagando l’arena con le acque del Tevere, delle battaglie navali, le naumachiae. Era ubicato, come la maggior parte dei circhi romani, a fianco del palazzo imperiale, in modo che l’imperatore potesse facilmente accedervi, quindi, a differenza degli anfiteatri che erano costruiti al di fuori delle mura o in periferia per facilitare il flusso degli spettatori, la posizione tipica del circo era nel cuore della città. Anche Milano aveva il suo circo, uno dei più importanti dell’Impero, della lunghezza di circa 450 metri; erano simboli di grande potere economico, dal momento che richiedevano ingenti risorse per il loro mantenimento.

2.1.2 Le corse ippiche nel contesto italiano ed europeo

Nell’Ottocento le corse ippiche rappresentano un fenomeno di ampia diffusione in Europa e nel mondo dominato dall’Europa, tanto da poter essere considerate delle pratiche che oggi chiameremmo globali. Per comprendere lo sviluppo dell’ippica nel nostro paese e il ruolo che hanno ricoperto non solo come fenomeno sociale e culturale, ma anche politico, dobbiamo concentrarci sul XIX secolo. Le corse ippiche, già all’inizio del XIX secolo, assumono le caratteristiche di un fenomeno globale (benché a quei tempi non ancora mondiale) cioè di una pratica che connotava la nascente borghesia industriale, con particolare incidenza sul mondo europeo e visibile anche, lungo tutto il territorio italiano, da Nord a Sud, isole comprese. Il

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mondo dei cavalli è un mondo di eleganza e distinzione ed offre alle nuove classi dominanti una platea per apparire, ma anche per scambiarsi modelli di consumo e stili di vita, che la nascente borghesia industriale cerca di acquisire dalle tradizionali pratiche nobiliari. Un trasferimento che si completerà nel 1881.

L’Italia non ancora unita sembra esserlo in un certo modo, sportivamente e culturalmente, anche grazie alle corse dei cavalli, che sollecitavano una presa di coscienza nazionale come si può ben cogliere anche dal mix di provenienze regionali che si verificava durante il loro svolgimento. Possiamo quindi affermare che le corse dei cavalli hanno contribuito allo stesso processo di unità nazionale; le corse di questo periodo storico anticipano leggermente il fenomeno sportivo legato alla cosiddetta seconda ondata della sportivizzazione. Questo processo è avvenuto tra il 1880 e 1900, periodo in cui iniziano a prendere forma le prime istituzioni sportive, e per il quale i regolamenti agonistici costituiscono le prime leggi che trovano applicazione sovranazionale. Per interpretare meglio il momento della unificazione italiana dobbiamo però prendere una certa rincorsa storica, soprattutto per quanto riguarda Milano che nelle attività ippiche con Firenze, Napoli e Torino, rappresenta uno dei maggiori poli di sviluppo.

2.1.3 Dai palii alle prime società di corse

Una volta caduto l’Impero romano d’Occidente, le bighe vanno lentamente scomparendo, portandosi via, oltre al forte simbolismo che rappresentano, i complessi e raffinati circhi romani che delimitavano lo spazio fisico della corsa. Caduto l’impero, rimane solo la gara riservata ai cavalieri. Ma per tutto il Medioevo, i cavalli, normalmente montati senza sella, come vuole la tradizione classica, corrono per le strade delle città, a testimonianza di quanto si stiano radicando nel contesto popolare come nella stessa struttura urbanistica cittadina. Ad Asti si incomincia a correre il palio a partire dal 1100 circa; a Padova a partire dal 1257. A Udine dal 1315 si svolgevano regolarmente, ogni anno, eccetto che nei periodi bui di epidemie, guerre o calamità, dei palii che si ritiene siano veramente le prime corse al galoppo svoltesi in Europa1. A Ferrara

nel 1476 si raggiunse la cifra di ben cinquantasette partenti, mentre il palio più famoso d’Italia, quello di Siena, si corse la prima volta nel 1644 e Lucca nel 1757. Dal Veneto alla Toscana, passando per la Sardegna, Napoli, terra di Puglia per arrivare fino alla Sicilia, troviamo ovunque le stesse manifestazioni. Normalmente le corse erano il momento finale di importanti eventi che

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riguardavano l’intera città, erano un avvenimento fra lo sportivo e lo spettacoloso.

Si può dire allora che i palii sono dei potenti strumenti per l’aggregazione e la coesione sociale e per stimolare forme di solidarietà che ruotano attorno all’identità ben specifica del rione o della contrada, ma allo stesso tempo legano e uniscono tutti, incluse le fazioni rivali, attingendo alla comune esperienza passata di un evento storico che è stato cruciale per la città. Forse proprio questa sua natura, questo porsi come un ponte tra due mondi, tra due diverse sensibilità sociali, fa in modo che oggi li ritroviamo ben consolidati in molte città, in alcuni casi come delle vere e proprie metafore di vita che permettono differenti chiavi di lettura oltre a quello folkloristico e spettacolare. Anche quelli più recenti, sorti negli ultimi anni, andrebbero considerati non solo come semplici eventi ludici, di richiamo turistico o commerciale, ma anche, forse, come indicatori di un bisogno sociale diffuso che cerca di ritrovare forme di vita e di coesione scomparse, o sempre più rare e rarefatte, in un’epoca permeata di relazioni globali informatizzate.

2.1.4 Il contesto nazionale prima e dopo l’unità di Italia

A partire dal 1800 le corse ippiche, cominciano gradualmente ad allontanarsi dalla commemorazione folkloristica per diventare, oltre che un momento di spettacolo, un’occasione per la selezione degli esemplari più veloci, nonché un’opportunità per generare uno scambio di relazioni politiche e sociali e luogo privilegiato per scommettere denaro, secondo il costume britannico. Nel giro di un’ottantina d’anni assumeranno la forma moderna che conosciamo dando vita, su tutto il territorio della penisola, ad un profondo processo dialettico che vedrà coinvolti tutti gli stati. È proprio Milano la prima città ad avere una prova perfettamente organizzata. In questi anni vengono distinte per la prima volta le vie cittadine per categorie: corsi, traverse e strade per carrozza. Nel Corso troviamo un’idea del muoversi che non significa più solo spostarsi fisicamente, ma anche mettere in mostra il proprio valore e la propria posizione sociale.

Verso il 1830 le corse, da spettacolo di massa organizzate per le strade e le piazze cittadine, tornano ad essere disputate, secondo l’antica tradizione classica, all’interno di uno spazio appositamente organizzato, l’ippodromo e non più per il solo divertimento popolare.

Il primo tracciato di gara di questo tipo a Milano è costituito da una pista ottenuta in Piazza d’Armi, dietro al Castello Sforzesco dove, a partire dal 1830, le corse verranno organizzate per una decina d’anni da una delle prime, se non la prima, società di corse italiana: la Società Lombarda per le Corse dei Cavalli. L’associazione verrà rifondata più volte durante gli anni, come avveniva

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comunemente per quasi tutte le società di corse di quel periodo, che erano sostanzialmente delle società private a durata limitata con l’obiettivo di organizzare per un certo periodo di tempo le corse in città, cosa che normalmente era gestita dall’amministrazione cittadina ma secondo il principio e la tradizione della festa popolare. La costituzione di una società permetteva, invece, la raccolta indipendente delle risorse economiche necessarie e, inoltre, di redigere uno statuto con relativo regolamento che poteva variare da caso a caso e definire differenti tipologie di gare. Costruzione dei palchi, amministrazione delle strade interessate e del traffico, istituzione del servizio d’ordine (con relative paghe per i soldati) e di intervento sanitario in caso di incidenti, nonché raccolta delle iscrizioni, gestione delle scommesse ed elargizione dei premi, erano tutti oneri a carico della società.

Nel 1834 nasce un’analoga società a Torino: la Società Piemontese per le Corse dei Cavalli, la prima regolare società di corse italiana, che nel 1854 diventerà Società Nazionale delle Corse assumendo, come unico scopo, quello di impegnarsi per il miglioramento delle razze italiane; due anni dopo, nel 1837 viene fondata la “Società Anonima Fiorentina”2; nel 1842 la Società Romana

, e nel 1843, 1854 e 1857 quella di Napoli, Pisa e Bologna.

2.1.5 Il novecento e la modernità sportiva

Agli inizi del Novecento le corse sono un evento sportivo capace di attirare un gran numero di spettatori, quasi un fenomeno di massa e una conferma di questo è la decisione di ampliare il vecchio impianto di San Siro dopo solo dieci anni di attività. In quel periodo in Italia erano attivi 14 ippodromi e altrettante società di corse e il complesso del montepremi raggiungeva il mezzo milione di lire3. Ben prima del definitivo sviluppo di molti altri sport che avviene durante i primi

vent’anni del secolo, l’ippica è un fenomeno sportivo già ampiamente diffuso sul territorio con i tratti e le caratteristiche che contraddistingueranno lo sport del Novecento come un prodotto della modernità. Consolidatesi in ormai quasi due secoli di attività le corse hanno svolto un ruolo importante probabilmente anche nel delineare alcuni aspetti propri delle altre discipline sportive, analogamente a quanto avvenuto con lo stesso termine Derby che si è velocemente diffuso e sta a indicare un evento sportivo particolarmente importante (soprattutto nel calcio o nella pallacanestro) con la caratteristica principale di mettere a confronto le squadre della stessa città. I Il gioco delle scommesse era già in voga durante l’Impero romano e a Firenze dove, a partire

2 Durò fino al 1841 per poi ricostituirsi nel 1843 fino al 1848 e nel 1850 fino al 1852 (Calabrini, 1955) 3 Gianoli, L. (1991) Il Purosangue. Tre secoli di storia. Edizioni Equestri, Mlano.

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della prima metà dell’Ottocento, era un fenomeno assai diffuso e raggiungeva volumi di denaro molto elevati. Questo collegamento diretto con il denaro, pubblicamente ostentato, rappresenta l’essenza stessa dell’indifferenza.

Le corse dei cavalli, a cui veniva facilmente accostata un’idea di passatempo frivolo e pericoloso, iniziano a definirsi come una competizione altamente strutturata e tecnicizzata, ovvero con un alto livello di specializzazione. In questo contesto prevale l’agonismo, forme di tattica e strategia, tecnica nella guida: tutto è finalizzato al raggiungimento della prestazione migliore e al risultato. Questa alta strutturazione che caratterizza l’evento lo compenetra in ogni sua parte, e si rivolge sia ai corridori che agli spettatori. Emblematico di ciò sono la complessità architettonica e tecnica del circo, le diverse fazioni delle tifoserie organizzate come hooligan contemporanei, il clamore dell’evento capace di coinvolgere, molto prima del suo epilogo, diverse sfere della vita pubblica, oppure il fatto stesso che si tengano, con estrema precisione, le statistiche dei risultati e dei cavalli vincitori, anticipando di quasi un millennio il moderno bookmaker dei risultati.

La seconda caratteristica dello sport moderno è nell’assunzione del principio di uguaglianza che si definisce lungo due dimensioni: “a) la rimozione dei limiti posti al diritto di accesso alla competizione e b) l’affermazione del principio di pari opportunità per ogni contendente” e che, in entrambi i casi, genera una radicale soluzione di continuità rispetto all’agonismo premoderno. A questo riguardo lascia un po’ perplessi constatare che chiunque potesse fare l’auriga, dall’imperatore stesso allo schiavo purché, ovviamente, in possesso delle necessarie abilità, e che la corsa avesse un suo preciso regolamento. Anche nel mondo delle corse inglesi del Settecento chiunque poteva aspirare a fare il fantino, purché ne avesse i requisiti, ma la corsa come attività sportiva praticata esclusivamente dal nobile proprietario è un fenomeno che diminuisce rapidamente nel corso di tutto l’Ottocento, proprio a causa della regolamentazione adottata per lasciare pari opportunità di successo a tutti i cavalli con l’introduzione del sistema dei pesi. In questo modo è necessario delegare sempre più spesso la corsa al fantino perché in possesso delle qualità fisiche più adatte e migliori per correre. Il proprietario, nell’evoluzione storica dell’ippica, è in modo crescente sempre meno a cavallo e più lontano da esso. Quasi una contraddizione, l’attività diretta, il poter usufruire personalmente dell’esperienza di correre, gli viene preclusa col tempo, inizialmente per un fattore “di convenienza” che va a sommarsi successivamente a una diffusa mancanza di abilità e specializzazione. Ma ancora più paradossale è constatare come il principio di uguaglianza, nell’ottica di accesso per tutti alla competizione, in questo

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caso assuma i tratti di un fenomeno del tutto particolare. Il fantino, è l’affermazione sportiva di quelle caratteristiche fisiche che vengono represse in molti sport moderni: bassa statura, peso leggero. È l’affermazione di una persona potenzialmente esclusa dalle altre discipline sportive. Il professionismo, che abbiamo visto esistere tra gli aurighi romani, è una diretta conseguenza del processo di specializzazione, al cuore del quale, non sta il denaro, ma la gestione del tempo.

2.1.6 Il periodo tra le due guerre

Quello tra le due guerre è uno dei momenti più importanti per l’ippica che proprio allora si afferma in Italia come un fenomeno sportivo di massa e ben consolidato. Nel 1927 le giornate di corsa arrivarono a toccare quota 220 per poi subire un notevole ridimensionamento a causa della crisi economica del ’29 che fece registrare un forte calo nel volume di gioco legato alle scommesse ma non di pubblico che, al contrario, continuava ad essere in costante aumento. Il 1932 ripropone circa 100 giornate di corse al galoppo con un montepremi complessivo di 12 milioni di lire.

Le divisioni interne del settore ma, soprattutto, le sue particolarità e tradizioni culturali, lo salvarono dall’assoggettamento che il regime fascista applicò a tutti gli altri sport, preservandone l’immagine anche all’estero. L’impossibilità da parte del regime di ottenere una fascistizzazione completa del settore ippico che andasse oltre la forzata italianizzazione degli enti, dei giornali e dei termini della cultura ippica è resa evidente dal fatto di essere riuscito a porre sotto il controllo del CONI solo alcune discipline sportive equestri di rilevanza minore, come il salto ostacoli e altre che riguardano l’equitazione più in generale, confermando questo sport come particolare, e non irrilevante sul piano istituzionale, rispetto a qualunque altro.

Dalla fine del 1936 incomincia la sua parabola involutiva, responsabili i settori più oltranzisti del regime che, oltre a non averne compreso le specificità, mostrarono sempre uno scarsissimo interesse tecnico, ritenendola al pari di tutte le altre discipline sportive spettacolari, un mero veicolo di propaganda da strumentalizzare, sfruttare.

Di fronte alla constatazione dell’impossibilità di realizzare una sua fascistizzazione pervasiva e completa, il 1° ottobre 1942 viene ordinata, insieme all’abolizione del gioco delle scommesse, la sospensione delle attività negli ippodromi. Incompatibile con i valori e i capisaldi del regime, questa data segna il definitivo abbandono dell’ippica al suo destino che viene presa in mano dai suoi personaggi di più alto livello e spessore tecnico.

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2.1.7 Parabola involutiva

Dal ’46 la quota di prelievo dello Stato sulle scommesse era stata ridotta dal 43 al 15%, intervento che favorì il rilancio del settore. Nel ‘48, si disputavano in Italia 4.143 corse per 1500 giornate, vengono introdotti il Totocalcio4 (1946) e il TOTIP5 (1948), i concorsi a pronostici sul

calcio e le corse dei cavalli gestiti dalla SISAL .

Anche sul versante del trotto gli anni Cinquanta sono ricchi di successi. Gli ippodromi incominciano a trasformarsi da luoghi di socialità delle “buone maniere” a luoghi di socialità di massa in cui si ripropongono paradigmi di comportamento e stili di vita distintivi anche in un’accezione negativa. Sono gli anni in cui si cerca in tutti i modi di recuperare terreno sulla diffusa povertà provocata dalla guerra, ma sono anche gli anni della definitiva scomparsa dell’acqua dalle vie della città per lasciare posto alle automobili.

Gli anni Sessanta e Settanta confermano in parte i precedenti successi ma comincia concretamente a prendere forma quella parabola involutiva di cui il settore ippico italiano soffriva come un male congenito del suo sistema organizzativo e che inizia a manifestarsi proprio durante l’ultima metà di quel ventennio. All’espansione del calcio e all’interesse televisivo per altri sport si aggiungevano una diffusa e sempre minore credibilità di un settore che veniva a trovarsi sempre più spesso isolato all’interno del violento panorama sociale italiano di quei tempi. La fine degli anni ’70 segnano l’inizio di un generale impoverimento sia da un punto di vista tecnico che culturale. Al deterioramento del parco fattrici e di quello stalloniero, si unisce un altrettanto e ben più grave problema di tipo culturale “per l’infiltrazione nell’ambiente di clan mafiosi e truffaldini”. A partire dai primi anni Ottanta, in un contesto caratterizzato da una crescita dei costi per il mantenimento maggiore che in Gran Bretagna e dove, rispetto a quest’ultima si soffre per l’insufficienza di piste e centri di allenamento in rapporto al numero di cavalli, si verifica un graduale allontanamento del pubblico dagli ippodromi, pur registrando un incremento sul fronte del gioco

Proprio durante i primi anni Ottanta, dopo il culmine della diffusione di sostanze dopanti tra gli atleti alle Olimpiadi del 1976 a Montreal, viene applicato un regolamento antidoping anche nelle corse ippiche e, malgrado le presenze negli ippodromi sono in calo costante. Le trasmissioni, invece di attrarre pubblico lo allontanano, proprio per il fatto di poter assistere

4 Il gioco, ideato da Massimo della Pergola, Fabio Jegher e Geo Molo, fondatori della Sisal, assume questo nome nel 1948 col suo passaggio ai Monopoli di Stato (fonte: Wikipedia).

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contemporaneamente, e in diretta, a tutte le corse da qualunque punto vendita o agenzia ippica, presente sul territorio nazionale.

2.1.8 Crisi dell’ippica italiana

Fino al1999 il comparto ippico italiano è stato autosufficiente: tutte le risorse necessarie per il suo bilancio entravano dalle scommesse sulle corse dei cavalli; dall’anno 2000, invece, sono stati necessari i primi contributi statali per mantenere il settore alle dimensioni raggiunte; nel 2008 il forte calo di entrate da scommesse ha causato un lungo sciopero da parte delle categorie ippiche e l’intervento da parte del Governo e del Parlamento che, con quella che è poi divenuta la legge n. 2/2009, hanno previsto un contributo da parte dello Stato di 150 milioni di euro; da questo momento in poi, quindi, circa il 33% delle entrate di bilancio derivano dal contributo statale e il rimanente 66% circa ancora dalle scommesse ippiche (la percentuale in Europa è del 65%: Fonte EPMA 2009).Questa partecipazione statale ha fatto dire nel recente passato che l’Ippica italiana ormai è “assistita”.

L’ippica italiana sembrerebbe prossima a finire in rovina sotto i colpi di crediti che il Governo fa fatica a riconoscerle; ciò comporterebbe 50mila persone direttamente o indirettamente coinvolte nel settore che potrebbero perdere il posto di lavoro e 30mila cavalli che potrebbero venire “dismessi” perché gli ippodromi hanno ridotto drasticamente il numero delle corse e, se non si corre, va da sé, i cavalli non servono. Anzi, rappresentano un costo non indifferente che è sempre più difficile da sostenere.

Il taglio dei montepremi per i vincitori e di quelli destinati agli ippodromi, nonché la riduzione dei compensi per i giudici di gara, sono gli esiti di una crisi apertasi da tempo a causa della riduzione del contributo statale e della intervenuta contrazione delle scommesse ridettosi nel 2011 di circa il 25%, a causa anche dell’incremento delle scommesse elettroniche.

L’ippica italiana pare precipitata nel baratro, ma questo rappresenta anche la fine di una corsa per l’Italia, la scomparsa di una tradizione che ha alimentato i sogni di piccoli proprietari e di tanti scommettitori.

Intorno all’ippica girano interessi economici forti e soprattutto tanti posti di lavoro, sia negli ippodromi stessi che nell’indotto. Basta pensare alle scuderie, anch’esse a rischio chiusura, ai centri di allenamento, agli allevamenti, con tutti i loro addetti, agli autotrasportatori che trasferiscono i cavalli per le varie corse.

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Ulteriore motivo di crisi è, a detta degli operatori del settore, anche l’assenza di un progetto industriale di risanamento e di ristrutturazione, su cui si vuol richiamare un intervento da parte del Governo per prorogare le richieste vessatorie dell’A.S.S.I., almeno per il tempo necessario a concludere riforme importanti come quella delle scommesse, e studiare un possibile incremento degli incassi.

A inizio anno 2018 è stato pubblicato il decreto con la nuova classificazione degli ippodromi, per la quale ben undici impianti sono stati dichiarati “fuori ruolo e decaduti”, in quanto ritenuti “privi dei requisiti minimi” che invece in futuro saranno parametro per l’erogazione delle sovvenzioni in favore delle società di corse che gestiscono gli ippodromi. Si tratta di Capalbio, Chilivani, Corridonia, Sassari, Tagliacozzo e Villacidro per il galoppo, tutti e tre impianti della Sardegna, Treviso per gli ostacoli, Casarano, Civitanova Marche, Siracusa e Ferrara per il trotto. Questi undici ippodromi, per risalire ed essere inseriti tra i “promozionali”, dovranno presentare un adeguato progetto di rilancio: solo in quel caso potranno ripartire con il 75% di sovvenzione che spetta a quella fascia.

Queste invece le altre valutazioni:

• ippodromi di rilevanza strategica - Milano e Roma (galoppo); Merano (ostacoli); Napoli (trotto);

• ippodromi di rilevanza istituzionale - Pisa e Siracusa (galoppo); Bologna, Firenze, Modena, Roma e Torino (trotto);

• ippodromi di rilevanza commerciale - Firenze, Grosseto, Napoli e Varese per il galoppo; Albenga, Aversa, Castelluccio dei Sauri, Follonica, Milano, Montegiorgio, Padova, Pontecagnano, San Giovanni Teatino, Ss. Cosma e Damiano, Taranto, Treviso e Trieste (trotto);

• ippodromi di rilevanza promozionale - Cesena e Montecatini (trotto).

La Toscana con i suoi ippodromi, agenzie ippiche, scuderie ed allevamenti, è in crisi come il resto d’Italia, anche se cinque ippodromi della regione riusciranno a restare attivi. Ridurranno le corse, alcuni abolendo quelle primaverili e limitandosi a quelle estive, ma sicuramente tutta l’area coinvolta, in cui molti interessi girano intorno all’ippodromo, avranno serie ripercussioni.

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2.2 Casi studio in Italia

A seguito di questa situazione di crisi non solo italiana, ma anche mondiale, andiamo ad analizzare quegli ippodromi che attualmente si trovano in una buona situazione economica, cercando di carpirne le motivazioni della loro lungimiranza.Prenderemo come esempio solo alcuni casi che riterremo più significativi e più vicini alla nostra esperienza.

2.2.1 San Siro - Milano

Il 2017 è stato decisamente un anno di successo per l’ippodromo di San Siro; sono raddoppiati gli spettatori, grazie anche alla strategia che ha proposto oltre alle corse dei cavalli anche i grandi concerti; ma soprattutto l’ippodromo è stato aperto a tutti, diventando un centro di aggregazione, un luogo diventato parte della città.

Sono state spalancate le porte di un luogo unico, un patrimonio culturale di Milano: un posto che adesso vive oltre l’ippica, trasformandosi in un centro di aggregazione.

Grazie ad un calendario ricco di eventi mondani, culturali, e di concerti internazionali e grande ippica, anche nella stagione 2018 l’ippodromo sarà uno dei principali luoghi di incontro, svago e intrattenimento della città di Milano. I 100 mila accessi del 2016, che già sembravano moltissimi, sono raddoppiati nel 2017, quando sono state registrate oltre 200.000 presenze.

L’Ippodromo SNAI San Siro, inoltre è l’unico al mondo dichiarato monumento di interesse nazionale, ed è stato inserito nella lista dei luoghi da scoprire del FAI entrando così a far parte di un circuito virtuoso di promozione dei tesori culturali italiani. Durante la manifestazione dedicata al patrimonio culturale italiano, che lo scorso anno ha fatto registrare 750 mila visitatori in tutta Italia, l’ippodromo ha aperto gratuitamente le porte ai visitatori per svelare i suoi tesori nascosti. Attraverso le visite guidate i visitatori FAI hanno potuto eccezionalmente accedere a luoghi non accessibili al pubblico come la Palazzina del Peso, struttura liberty degli anni ’20 con le sue caratteristiche sale, la sala Bilancia in cui vengono pesati prima e dopo le corse i fantini e la loro sella, la sala Camino e dei Proprietari da cui si apre verso la pista del galoppo la tribuna d’onore riservata ai proprietari dei cavalli.

Alla scoperta di San Siro si può scegliere l’ippodromo come meta per una gita domenicale, anche senza essere appassionati di ippica. Un motivo potrebbe essere il percorso guidato attraverso i luoghi storici dell’impianto milanese, dalle tribune in stile liberty, al Parco Botanico,

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che conta 72 specie differenti di piante e alberi secolari, fino alla Palazzina del Peso, una sorta di area sacra nella quale i fantini vengono pesati con sella e accessori prima di ogni corsa. Sette tappe in tutto, compresa la sosta ai piedi del poderoso Cavallo di Leonardo, la più grande scultura equestre del mondo, realizzata in bronzo dalla scultrice statunitense Nina Akamu e ispirata ai disegni originali di Leonardo da Vinci.

2.2.2 San Rossore - Pisa

Immerso nella bellissima Tenuta di San Rossore, l’ippodromo di Pisa offre un’esperienza unica e indimenticabile a tutta la famiglia. I cavalli sono l’attrazione principale nelle giornate di corse ma il pubblico ha a disposizione tutta una serie di possibilità per trascorrere piacevolmente anche il tempo tra una corsa e l’altra. Animazioni per i bambini, degustazioni, spettacoli e intrattenimento per tutti.

In ogni giornata di corse i bambini possono usufruire di un parco giochi all’aperto in un’area a loro riservata, Ippolandia, oppure, nei giorni festivi, partecipare ad un programma di animazione e laboratori nel tendone riscaldato che accoglie i più piccoli con numerose proposte, mentre i genitori si godono lo spettacolo delle corse.

L’ippodromo di San Rossore si trova all’interno della omonima Tenuta, parte di un parco naturale tra i più belli e interessanti di tutta Italia.

Il parco naturale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli è un parco regionale estremamente affascinante e che offre alle famiglie con bambini e ai visitatori di ogni tipo una varietà incredibile di esperienze.

Immersi nella natura del Parco i visitatori potranno intraprendere le attività escursionistiche più variegate, a piedi, in bicicletta, a cavallo o in carrozza, in battello.

A partire dal 1996 l’Alfea6 ha iniziato a prendere i primi contatti con l’AFASEC (la scuola di

formazione professionale francese) per iniziare a svolgere attività di formazione a Pisa.

Dal 1998 al 2012 sono stati organizzati corsi di formazione professionale per la figura di “Artiere a cavallo – allievo fantino” più altri corsi dedicati agli addetti al controllo delle corse, agli allenatori professionisti, e stage propedeutici per i futuri cavalieri dilettanti. I corsi inizialmente sono stati cofinanziati dall’allora ente tecnico UNIRE e dal Fondo Sociale Europeo attraverso la Provincia di Pisa. Il biennio 2011 – 2012 è stato impiegato in un progetto trans – nazionale

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che ha portato lo staff della scuola, dell’Alfea, dell’Alfea Cinematografica e alcuni professionisti (allenatori e fantini) che sono stati sempre collaborativi con la scuola, nei principali centri d’allenamento e ippodromi europei.

L’attività di formazione dedicata ai giovani aspiranti fantini è ripresa nel 2016 con la realizzazione di un corso istituito dal Ministero delle Politiche Agricole in collaborazione con le associazioni di categoria di allenatori e fantini e con il supporto logistico dell’Alfea.

2.2.3 Agnano - Napoli

Da tre quarti di secolo i cavalli corrono ad Agnano sul cratere di un vulcano spento. In questa conca sono state scritte le pagine più belle della leggenda del trotto.

Subito dopo la prima guerra mondiale il cavaliere Raffaele Ruggiero donò il lago di Agnano al Comune perché vi costruisse un ippodromo per ospitare le corse di purosangue.

Con la morte di Raffaele Ruggiero, un gruppo di gentiluomini sportivi, capitanati dai fratelli Antonio e Salvatore Spinelli, che avevano già realizzato l’ippodromo di Villa Glori a Roma, iniziarono le trattative per la costruzione di un ippodromo a Napoli per le corse di galoppo e di trotto. Il trotto si affacciò ad Agnano nel 1935i. Durante l’estate fu infatti creato un anello in sabbia in mezzo alla pista di galoppo. Il 2 ottobre del 1935 vi fu la prima riunione di trotto.

Oltre alle classiche strutture dell’ippodromo, piste e scuderie, tribune e sale scommesse, l’ippodromo accoglie anche delle strutture complementari come:

• una Club House, che completa l’area rendendola luogo ideale per l’organizzazione di party esclusivi ed eventi privati, percorsi enogastronomici, fiere e manifestazioni

• l’area per Ippokids: è l’area destinata al tempo libero dei più piccoli. Attrezzata con parco giochi, altalene e scivoli, vi si organizzano passeggiate su pony e attività ludiche. Vi è uno spazio coperto e riscaldato per il periodo invernale. I bimbi possano accedere al parco con bici, pattini, pallone e i loro amici a quattro zampe per giocare all’aperto liberi e sicuri. • Il MIA: il Museo Ippodromo Agnano, spazio espositivo permanente dedicato all’arte contemporanea. L’iniziativa è tesa alla valorizzazione e all’apertura degli spazi dell’ippodromo alla collettività, attraverso l’offerta e l’organizzazione di molteplici iniziative e manifestazioni collaterali organizzate nel parco verde dell’impianto sportivo.

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hanno tutti in comune la capacità di rendere la struttura ippica uno spazio collettivo e aperto alla cittadinanza durante tutto l’anno attraverso fiere, manifestazioni e coinvolgimento dei più piccoli. Per cui questa potrebbe essere una direzione da prendere anche per la riqualificazione dell’ippodromo “F.Caprilli” a Livorno.

Riaprire il Caprilli vorrebbe dire tutelare il patrimonio dei cavalli di galoppo in Toscana; non sarebbe una cattiva idea anche trasformare l’ippodromo in un centro di training, proprio come lo è il glorioso ippodromo San Rossore di Pisa.

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Figura 3.1-A fianco - Inquadramento territoriale della città di Livorno con riferimento all’area di studio. Fuori scala. (estratto Tav.01, in allegato)

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3.1 Inquadramento geografico

3.1.1 Livorno

Cenni geomorfologici

La nostra area di studio di trova all’interno del comune di Livorno, capoluogo dell’omonima provincia in Toscana. Si tratta della terza città della regione per popolazione (dopo Firenze e Prato) e quinta dell’Italia Centrale, inoltre ospita da sola quasi la metà degli abitanti della propria provincia. Con i comuni limitrofi di Pisa e Collesalvetti, Livorno costituisce anche un vertice di un “triangolo industriale”1. È situata lungo la costa del Mar Ligure ed è uno dei più importanti

porti italiani, sia come scalo commerciale che turistico, oltre ad essere un centro industriale di rilevanza nazionale.

Non vi sono corsi d’acqua rilevanti, a parte alcuni piccoli torrenti (Chioma, Rio Ardenza, Rio Cigna, Rio Maggiore, Torrente Ugione). Il terreno è generalmente pianeggiante, salvo elevarsi a est e a sud, dove inizia il sistema della Colline Livornesi. Conseguentemente anche la costa, che da Marina di Carrara a Piombino è sempre bassa, si alza quasi a picco sul mare, nella zona detta del Romito; infatti il litorale a sud di Livorno è caratterizzato da una linea di costa frastagliata, con scogliere a strapiombo sul mare intervallate da calette e canaloni che segnano i versanti dei retrostanti Monti Livornesi. Nel territorio comunale di Livorno esiste un piccolo complesso di foreste demaniali: Quercianella - S. Alò, Calafuria, Limone - Valle Benedetta - Parrana S. Martino. Il territorio comunale di Livorno comprende anche l’isola di Gorgona e le Secche della Meloria facenti parte del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano.

Dal punto di vista geologico il territorio livornese ed i suoi dintorni sono caratterizzati da numerosi materiali come le arenarie ed i gabbri2; in particolare, le colline alle spalle della città,

presentano terre dalla intensa tonalità rossa; più in basso, la panchina livornese è formata da calcarenite color ocra. La parte settentrionale del comune invece fa parte della pianura alluvionale dell’Arno.

Cenni relativi allo sviluppo economico

Nella città di Livorno non ha avuto la possibilità di formarsi un contado, perché di origine

1 Livorno 1993. Lineamenti per il Nuovo Piano Regolatore Generale. Indirizzi Programmatici dell’Ammi-nistrazione e Proposte dei Progettisti, supplemento a “CN Comune Notizie”, n.4, giugno 1993.

2 M. Pozzana (a cura di), Livorno, la costruzione di un’immagine. Paesaggi e giardini, Cinisello Balsamo 2002, p. 128.

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recentissima, rispetto agli standard italiani. Fino all’inizio dell’Ottocento ha avuto scarsi contatti col territorio circostante e con lo stato di cui faceva parte, ma ha avuto molti contatti con l’oltremare, perché era una base del commercio di deposito nel Mediterraneo, controllato dagli inglesi e dagli olandesi. Inoltre, non ha avuto un vero territorio provinciale fino al 1925, quando al suo territorio comunale e all’Isola d’Elba venne aggiunta la Maremma pisana.

Livorno è stata protagonista di un precoce sviluppo commerciale, e, fra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, è stata al centro anche di uno sviluppo industriale e finanziario. Nel 1929 vi venne istituita, in parte annettendo una striscia di territorio di Collesalvetti che arrivava fino al mare, la zona “portuale – industriale”, zona industriale nata, perciò, nel periodo fra le due guerre mondiali.

Vie di Comunicazione

Livorno venne collegata a Pisa per strada ferrata nel 1844, a Firenze nel 1848. La strada litoranea (Aurelia) era stata ricostruita fra il 1828 e il 1841. Il proseguimento della ferrovia verso Roma venne realizzato, in un primo tempo dietro le colline di Livorno; e di conseguenza quando venne costruito il tronco Pisa-Collesalvetti, Livorno rimase tagliata fuori dal percorso verso Figura 3.2-Sistema dei trasporti della Toscana (estratto Tav.01, in allegato)

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Roma, fino alla realizzazione del tratto costiero Livorno-Vada nel 1910.

La ferrovia tirrenica arrivò a Grosseto nel 1864, a Roma nel 1867, mentre Genova venne collegata nel 1874.

Negli anni ’30 del Novecento l’Ente Attività Toscane (EAT)3 promosse la costruzione della

autostrada Firenze-mare, preferendo il percorso ”turistico” (Firenze-Montecatini-Viareggio) a quello commerciale, Firenze- Livorno per il Valdarno. Negli anni ’70-’80 è stata poi realizzata la superstrada Firenze-Livorno; nel 1971 venne terminata l’autostrada Genova-Livorno, in seguito prolungata fino a Rosignano.

3 Istituzione nata nel 1923, fondata da Barfucci Enrico Eraldo con l’intento di rivendicare per la Toscana un prioritario ruolo in campo artistico e culturale.

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3.1.2 Area di studio

La nostra area di studio si colloca nella zona a sud di Livorno, sul lungomare, ai margini del quartiere denominato “Ardenza”4.

L’area analizzata si estende per la maggior parte della superficie nella cosiddetta area dell’Ippodromo “F.Caprilli” a Livorno, ma ingloba anche il Parco della Ceschina e l’ormai ex albergo “Atleti” con i suoi relativi campi da tennis.

Si tratta di un’area con un interesse strategico, in quanto la sua vicinanza al lungomare la rende molto quotata ed importante per la città di Livorno; infatti il lungomare di Livorno è una passeggiata a mare che si snoda dal centro mediceo della città lungo la costa del Mar Ligure fino alle scogliere del Romito. La promenade, oggi Viale Italia, è stata il volto può noto di Livorno nell’800 e nei primi del ‘900. Infatti l’area si trova nelle vicinaze dell’Accademia Navale, prestigioso ente universitario militare inaugurato nel 18815, degli stabilimenti balneari “Fiume”

e di architetture significative come i Casini d’Ardenza e la Baracchina Rossa, strutture nate tra

4 L’Ardenza è un quartiere di Livorno originariamente sorto come un vero e proprio borgo distaccato dal-la città dal-labronica, nel corso del Novecento è stato inglobato a tutti gli effetti dallo sviluppo urbanistico cittadino. 5 L. Donolo, L’Accademia Navale. Livorno e la sua Università del mare, Livorno 2006, pp. 26

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Ottocento e Novecento.

Guardando, invece, verso l’entroterra, notiamo che l’area di studio è inglobata nella cosiddetta “Cittadella dello Sport” a Livorno in quanto, nei pressi della zona, si possono trovare lo stadio comunale “Armando Picchi”, il campo scuola, la piscina comunale e anche tanti altri campi e attrezzature per lo sport, come la scherma o il basket.

All’interno del Parco della Ceschina sorge la Villa Letizia, oggi sede distaccata del corso di “Economia e Legislazione dei Sistemi Logistici” dell’Università di Pisa.

Per quanto riguarda la comunicazione, la zona presa in considerazione si trova vicina all’uscita Livorno Sud della Variante Aurelia; non ha stazioni ferroviarie limitrofe attive e funzionanti perché la piccola stazione di Ardenza, la più vicina all’area, è stata dismessa negli anni ‘90. Ciononostante dispone di ottimi collegamenti con il resto del tessuto cittadino per mezzo di autobus urbani.

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3.2 Inquadramento storico

3.2.1 Ippodromo “F.Caprilli”

Dalla nascita agli anni 2000

Nell’agosto del 1886 a Livorno si svolsero i primi spettacoli di corse dei cavalli organizzate nella Piazza d’Arme6, conosciuta come Campo di Osservazione, che videro un enorme successo

di pubblico e la premessa per la nascita della Società Livornese per le Corse dei Cavalli, diventata poi Società Labronica Corse Cavalli.

All’interno dello steccato erano ammessi i nobili per censo o per nascita che seguivano le corse stando seduti nelle carrozze, mentre la massa degli spettatori seguiva lo spettacolo restando fuori dal recinto. Un grande movimento di folla si riuniva intorno alla pista e mentre si susseguivano le corse venivano serviti ai signori apposte prelibatezze culinarie.

Le riunioni di corsa erano di tipo misto, il programma di ogni giornata si articolava attraverso diverse specialità. Si disputavano corse anche per i non professionisti, alle quali partecipavano gli stessi proprietari dei cavalli da corsa, tra cui anche Federico Caprilli7.

Si deve ad alcuni esponenti delle famiglie livornesi più in vista dell’epoca, della cui presenza

6 Attuale Piazza Grande a Livorno

7 Federico Caprilli (1868-1907) è stato un capitano di cavalleria e l’ideatore del Sistema Naturale di Equita-zione, basato sul principio di permettere al cavallo un movimento il più naturale possibile.

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rimane testimonianza nella toponomastica e nelle ville loro appartenute (Mimbelli, Chayes, Maurogordato, Fabbricotti, De Larderel...), la nascita di un interesse vero per le corse dei cavalli ed in particolare dei purosangue.

Successivamente, nel 1894, fu indicata come destinazione per la nuova pista l’area di proprietà della famiglia Cave Bondi. Il 15 agosto del 1894, si inaugurò dunque ad Ardenza il nuovo ippodromo: l’evento richiamò una numerosissima folla suddivisa tra “prato” e “pesage”, il primo destinato al popolo, il secondo alla nobiltà e media borghesia. Il costo del biglietto d’ingresso variava tra 50 centesimi e le 20 lire, soldi spesi bene, poiché l’ippodromo era dotato di ogni comfort.

La Società Livornese assunse il nome di Società Labronica Corse Cavalli nel 1935 e in seguito, all’interno dell’Ippodromo, furono apportati alcuni interventi di ammodernamento, tra cui la realizzazione dell’impianto dell’impianto di illuminazione (1937) per le corse di notturna; la Società Labronica è forse l’unica che pur avendo rinnovato l’impianto, ne ha mantenuto la vecchia caratteristica e tipologia.

L’ippodromo fu intitolato alla memoria di Federico Caprilli morto a seguito di una banale caduta da cavallo del 1907. Questo grande capitano fu l’innovatore dell’Arte dell’Equitazione, secondo il quale il cavaliere doveva adeguarsi rigorosamente alla dinamica dell’animale in movimento e non il contrario. Le redini dovevano essere allentate, il morso (che fino ad allora

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costituiva una vera e propria macchina della tortura) fu da lui sostituito con un filetto snodato e la staffa ridotta.

L’Ippodromo di Livorno nacque come Ippodromo estivo: il litorale era una meta ambita durante la stagione estiva, frequentata da intellettuali, artisti e personaggi nati negli ambienti mondani. La Società Livornese, per far quadrare i bilanci, avviò poi l’esperimento dell’apertura invernale, che si rivelò un grande successo.

Negli anni ‘70 fu costituita la Società per Azioni Labronica Corse Cavalli, cosicché l’Amministrazione comunale, già proprietaria dell’impianto, ne assumeva anche la gestione, costituendo una società mista pubblico-privato con lo scopo di incrementare l’ippica a Livorno. Infatti la famiglia Cave Bondi nel 1930 con un lascito donò il terreno per fare le corse dei cavalli al Comune di Livorno insieme ad un documento che vincolava la destinazione d’uso dell’area a ippodromo.

Fu composta una commissione tecnico-amministrativa per migliorare la funzionalità e rinnovare gli impianti dell’ippodromo; ai primi interventi di ristrutturazione seguirono quelli della costruzione delle nuove tribune, della realizzazione del sottopasso per il prato e dei servizi (quali self-service, il bar e la terrazza) e i nuovi reparti del totalizzatore elettronico. In seguito i progetti di ristrutturazione vennero continuati, con la valorizzazione anche dell’ingresso di Via Randaccio, viene realizzata una pavimentazione continua, che metteva in relazione i due ingressi e si interviene sul verde e sulle opere di arredo.

Dalla crisi fino ai giorni nostri

Purtroppo anche il “Caprilli” ha subito un declino negli ultimi quindici anni proprio come tutto il mondo dell’ippica; infatti il suo essere stato al vertice, in campo nazionale, in fatto di presenza di spettatori e l’essersi spesso piazzato anche al primo posto assoluto nella apposita graduatoria degli ippodromi (battendo di qualche incollatura il milanese famosissimo, San Siro) è segno evidente della sua ormai passata vitalità.

Le cause di questo declino, che lo ha portato alla fine del 2017 alla chiusura completa, sono Figura 3.5-G.Romiti, Manifesto di

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molteplici; come già detto, una crisi a livello globale del mondo dell’ippica e uno scarso incasso delle scommesse ippiche, ma anche una cattiva gestione da parte dell’Amministrazione locale. Infatti la giunta comunale nel 2010 decise di comprare, per la cifra simbolica di un euro, la quota della Società Livornese per le Corse Cavalli, diventando quindi l’unica proprietaria e chiudendo la gloriosa storia della Labronica che, costretta ad ammortamenti rapidi, fu guidata verso il fallimento. La successiva gestione della Società, da parte dell’Amministrazione Comunale, però non è stata delle migliori; tanto che, l’Amministrazione Comunale è stata costretta a cercare un’intesa con la società Alfea, che attualmente gestisce l’ippodromo di San Rossore a Pisa, per vendere tutte le quote della Società Livornese e far così gestire l’ippodromo alla società pisana. Purtroppo l’intesa non è andata a buon fine, a causa delle cattive condizione in cui gravava già la strutura ippica al momento del bando comunale; in particolare sia il ristorante che il sottopassaggio risultarono inagibili.

Oggi l’ippodromo non cade a pezzi, ma ha bisogno di una costante manutenzione. L’ultima corsa risale a dicembre 2015 e da quella data in poi il complesso sportivo ha intrapreso una rapida discesa verso l’abbandono. Ciononostante, ad oggi, la tribuna aperta, che è stata costruita nel 1980 nell’ambito di investimenti fatti dalla Labronica, come anche il ristorante e il sottopassaggio, che risalgono sempre a quel periodo, non hanno subito danni irreversibili durante queste due estati di chiusura della struttura.

La Labronica era una società che non aveva scopo di lucro e che ha investito pesantemente nell’ippodromo, tanto che la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’ippodromo erano una voce consistente dei bilanci. Anche i camminamenti del pubblico sono tuttora agibili e ad oggi le erbacce sono comparse al tondino, mentre la pista è in buone condizioni perché fino a gennaio 2018 veniva curata con il trattore da quegli allenatori che alloggiavano i cavalli ancora dentro il Caprilli.

3.2.2 Il complesso della “Ceschina”

L’area che oggi viene indicata come Ceschina è frutto della divisione della grande proprietà allora conosciuta con il toponimo di “Podere Assulle”: una delle proprietà che il Principe Poniatowski possedeva sul territorio livornese e che nel 1839 decise di edificare. All’interno del giardino si trovavano, oltre alla Villa Poniatonski, le scuderie e la portineria rappresentata dalla “Torre Belvedere”; il tutto circondato da un grande parco che da Sud si estendeva verso

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Figura 3.6-Catasto Leopoldino, l’area di Assulle

Figura 3.7-Catasto Leopoldino, l’area di Assulle. Divisioni dell’area nel corso del tempo: 1 – Villa Padronale (Villa Letizia)

2 – Area interessa alla lottizzazione “Ceschina”. 3‐ Area ceduta per la realizzazione dell’ippodromo

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il vecchio podere, i cui edifici risalgono alla metà del settecento. Facevano parte della proprietà anche i terreni e le costruzioni al di là del Botro Felciaia a cui erano annessi altri appezzamenti dedicati alle colture agricole.

La villa padronale era circondata da un vasto giardino con siepi e prati di impostazione quasi rinascimentale: nella progettazione furono impiegate anche specie botaniche rare che ancora oggi sono presenti all’interno del Parco Pubblico di Villa Letizia.

Nel periodo dell’Unità d’Italia la proprietà passò ai Vitelleschi e nel 1873 fu acquistata da David Cave Bondi. Quest’ultimo operò un’ampia ristrutturazione sia della villa, denominata in questo periodo “Villa Bondi”, sia del parco.

Nel giardino furono edificate varie dependances tra cui gli annessi, i magazzini, due serre per i fiori. Nel 1888 la proprietà fu ereditata dalla vedova Cave Ester e nel 1904 per successione, passò ai figli che assieme al cugino pianificarono ulteriori trasformazioni.

Risale a questo periodo la costruzione della torre ottagonale, del tiro al bersaglio e di un “Caffeau”. Nel 1905 con la progettazione dell’Ippodromo d’Ardenza, il giardino Bondi cambia ancora fisionomia: sposterà l’ingresso dalla torre “Belvedere” (portineria), alla posizione attuale, mentre una parte dei terreni e diversi annessi del Podere Assulle, saranno affittati alla Società Livornese per le corse dei cavalli.

Nel 1925, quando la Villa padronale ed il parco sono ormai in malora, la proprietà viene acquisita dalla Società Immobiliare “Letizia” di Milano, di cui conserva ancora il nome.

I nuovi proprietari ottengono subito un Piano Regolatore che acconsente ad una lottizzazione sul lato mare e sebbene il processo speculativo sia contrastato addirittura dal Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti, che emette un Decreto di Vincolo nel 1926, pochi anni dopo, tra il 1937 ed il 1938, si costruiscono le due villette in stile razionalista sul Viale Barriera Margherita, anche perché nel frattempo il Ministero ha inesplicabilmente tolto il vincolo. Il piano, se attuato, non avrebbe avuto un impatto leggero: sono previste costruzioni con altezza alla gronda di 14 metri, il che significa edifici di almeno quattro piani. Intorno agli anni trenta la Villa venne separata dal parco tramite la costruzione di un muro di cinta ed un portale evidenziando il confine tra il giardino e la parte boschiva che lo cingeva. Nel periodo del Fascismo ulteriori modificazioni trasformarono la villa padronale con l’annesso parco in una colonia estiva per i Figli del Littorio per poi essere nuovamente abbandonata nel dopo guerra e successivamente demolite in gran parte, ad eccezione degli ex

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dormitori. E’ in questo periodo che si opera una seconda divisione costruendo un muro per separare la casa padronale, dall’area interessata dalla lottizzazione.

Nel 1943, la Società Immobiliare Letizia, si fonde con la società “Sanitaria Ceschina & C. s.p.a.”, che tenta di portare avanti la lottizzazione senza successo, finché il Piano Regolatore del 1958 ferma definitivamente ogni processo speculativo destinando l’area a Verde Pubblico.

Dal 1967, la “Villa Letizia” fu destinata a scuola mentre furono edificate nuove strutture, l’attuale albergo “Atleti” e vari impianti sportivi che ad oggi non fanno più parte del complesso, ma risultano separati dal parco di Villa Letizia.

L’immobile, ormai in disuso, viene utilizzato nel tempo come magazzino per il ricovero di materiali del vicino Hotel Atleti, presentandosi quindi in pessime condizioni manutentive.

Nel 1999 le proprietà della zona di Assulle, vengono acquistate dal Comune di Livorno. Villa Letizia sarà sede di una scuola media fino all’anno 2000 e dopo i lavori di restauro ospita, dal 2006, il Corso di Laurea in “Economia e Legislazione dei Sistemi Logistici”.

La parte del parco rivolta al mare, un tempo interessata dalla lottizzazione, rimarrà zona a verde, ma non sarà mai aperta al pubblico.

Figura 3.8-Lottizzazione allo stato attuale del “Podere di Assulle”. Legenda: 1_Villette in stile razionalista del 1937; 2_Villa Letizia con il relativo parco 3_Albergo Atleti e strutture sportive; 4_Parco della Ceschina

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4.1 Piani normativi

Per poter affrontare l’argomento della riqualificazione dell’area dell’ippodromo “F.Caprilli” è necessario soffermarsi prima sulle indicazioni di carattere normativo e di governo del territorio fornite dagli strumenti urbanistici vigenti riguardanti la linea stessa. In seguito saranno prese in considerazione le prescrizioni relative ai vincoli paesaggistici che ricadono nell’intera area di studio.

4.1.1 PIT Toscana

Il Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico approvato dal Consiglio regionale Toscano il 27 marco 2015 con delibera n. 37, persegue la promozione e la realizzazione di uno sviluppo socio-economico sostenibile e durevole e di un uso consapevole del territorio regionale, attraverso la riduzione dell’impegno di suolo, la conservazione, il recupero e la promozione degli aspetti e dei caratteri peculiari della identità sociale, culturale, manifatturiera, agricola e ambientale del territorio, dai quali dipende il valore del paesaggio toscano.1

Il documento di piano contiene obiettivi generali e direttive per le politiche con riferimento ai beni paesaggistici, oltre che la caratterizzazione per ambiti di paesaggio, dei quali è stato preso in considerazione: Ambito 08-Piana Livorno-Pisa-Pontedera.

Il PIT individua 20 ambiti di paesaggio a livello regionale.

La scheda n. 08 è relativa alla Piana di Livorno – Pisa – Pontedera.

La scheda descrive inizialmente l’ambito delineandone il profilo, fa una descrizione interpretativa e individua le invarianti strutturali presenti all’interno dell’ambito stesso. Al suo interno vengono inoltre definiti gli indirizzi per le politiche e la disciplina d’uso.

All’interno dell’ambito 08, nella fascia costiera, il carattere di maggior pregio è l’importanza naturalistica e paesaggistica degli ecosistemi delle coste sabbiose e rocciose con sistemi dunali integri o parzialmente alterati, confermata dalle numerose Aree protette e Siti Natura 2000 presenti. Relativamente alle coste sabbiose, in particolare lungo l’area costiera pisana compresa nel Parco regionale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli e al Sito Natura 2000 “Selva Pisana”, si segnalano importanti habitat dunali, pinete su dune fossili, mosaici di boschi planiziali. Gli ambienti costieri rocciosi caratterizzano invece il tratto centrale della costa dell’ambito, sviluppandosi tra Antignano e Castiglioncello, con un sistema di falesie e piccole calette segnato da habitat e specie

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vegetali e animali di interesse conservazionistico. A completare il quadro paesaggistico costiero, gli elementi strutturali e valoriali di particolare pregio riconducibili all’assetto insediativo storico: il “sistema lineare delle marine costiere”, con la marina storica di Pisa caratterizzata dall’impianto ortogonale degli isolati, dalle residenze signorili e dal lungomare; il sistema puntiforme delle architetture storiche (ville e residenze padronali) del promontorio di Castiglioncello; il sistema lineare delle ex-colonie di epoca fascista, tra Tirrenia e Calambrone.2

Dopo un corposo quadro conoscitivo vengono focalizzati valori e criticità del territorio descrivendo gli elementi che rischiano di alterare le qualità del patrimonio descritto.

Nella Piana di Livorno, Pisa e Pontedera le maggiori criticità interessano la costa e la pianura. Le trasformazioni degli ultimi decenni hanno profondamente trasformato gli assetti della pianura. Nella piana bonificata, nuovi inserimenti di urbanizzazioni e fasce infrastrutturali hanno contribuito alla frammentazione e semplificazione del territorio rurale e delle dotazioni ecologiche. Nelle aree costiere, le numerose espansioni residenziali e aree produttive comportano ripercussioni negative sui paesaggi litoranei. A ciò si aggiunge l’elevato impatto delle imponenti “piattaforme” portuali e industriali e i corridoi infrastrutturali che tagliano la pianura mettendo in alcuni casi in crisi le relazioni territoriali con le aree collinari.

In generale, l’area della piana ha una limitata disponibilità in termini di risorse idriche, aggravata dall’intensa impermeabilizzazione delle aree di ricarica delle falde. In alcune zone costiere si registra una tendenza all’ingressione salina, e dinamiche di erosione marina lungo alcuni tratti di costa bassa e alta.

Come obiettivo di qualità l’ambito pone la salvaguardia dell’identità storica della città di Livorno attraverso alcune direttive correlate come:

• evitare ulteriore carico insediativo e i processi di saldatura dei sistemi insediativi in ambito costiero e nella pianura costiera retrodunale, riqualificare gli insediamenti a prevalente specializzazione turistico-balneare presenti lungo il tratto che va da Boccadarno a Livorno e da Castiglioncello a Mazzanta, attraverso interventi di definizione dei margini urbani, di miglioramento degli spazi pubblici e di integrazione ne con il contesto rurale;

• salvaguardare le aree di valore naturalistico costituite sia dalla costa sabbiosa pisana interna al Parco regionale Migliarino, San Rossore e Massaciuccoli con importanti sistemi dunali, che dal sistema di coste rocciose, falesie, piccole calette dei Monti Livornesi

2 Da PIT, Scheda Ambito di Paesaggio 08 Piana Livorno-Pisa-Pontedera, art.4.1 “Patrimonio territoriale e paesaggistico”

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con importanti emergenze geomorfologiche ed ecosistemiche, in particolare nel tratto compreso tra Calafuria e Castiglioncello;

• salvaguardare la riconoscibilità, l’integrità storica e visuale di Livorno, valorizzare le relazioni storicamente consolidate tra la città e il mare, attraverso la riqualificazione degli ingressi, dei waterfront urbani e delle aree di interfaccia fra la città e l’area portuale-industriale-commerciale, nonché le relazioni con il sistema insediativo delle colline livornesi, anche operando una riqualificazione dei tessuti della dispersione insediativa recente; • salvaguardare il patrimonio insediativo costiero di valore storico-identitario, nonché le relazioni figurative tra insediamenti costieri, emergenze architettoniche, naturalistiche e il mare.3

4.1.2 Piano strutturale di Livorno

Il PS (Approvato con Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 145 del 21.7.1997 e pub- blicato sul B.U.R.T. n. 32 del 13.8.1997) configura i principali contenuti del progetto urbano e territoriale che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti e specificazioni da parte del RU.

Il PS ipotizza un nuovo ruolo per Livorno, prevedendo per la città delle possibilità di sviluppo nelle attività del porto e dell’industria ed intervenendo su settori come il turismo attraverso la trasformazione del Porto mediceo in porto turistico, la riqualificazione delle mura e delle fortezze, la riqualificazione della costa urbana.

Si cerca una nuova qualità della vita attraverso la dotazione di maggiori e più qualificati servizi, come nella operazione di riqualificazione dei quartieri degradati o la creazione di nuovi poli attrezzati. Si pone particolare attenzione ai temi fondamentali della salvaguardia dell’ambiente attraverso la messa in sicurezza del territorio con azioni preventive e correttive, il rimboschimento delle aree percorse dal fuoco, l’adozione di interventi per la salvaguardia idraulica dei corsi d’acqua, la riqualificazione di aree interessate da microlottizzazioni agricole, il ripristino ed il recupero ambientale delle cave dismesse.

Il PS individua sul territorio sistemi e sottosistemi territoriali e sistemi funzionali, nonché le unità territoriali organiche elementari. La loro definizione non è casuale ma deriva da indagini

3 Da PIT, Scheda Ambito di Paesaggio 08 Piana Livorno-Pisa-Pontedera, art.6.1 “Obiettivi di qualità e direttive”

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approfondite su struttura, morfologia e caratteri della città e del territorio. L’individuazione di sistemi e sottosistemi deriva sia dal riconoscimento della situazione esistente, sia dal carattere prevalente che il PS intende loro attribuire.

La nostra area di studio fa parte del Sistema territoriale e funzionale dei parchi urbani (art.27) ed in particolare del sottoinsieme 7-B Parco delle centralità.

Questo sistema ha come obiettivi generali:

• l’istituzione di percorsi finalizzati al collegamento tra la costa urbana, il sistema territoriale insediativo, il sistema territoriale di tutela ambientale, alla valorizzazione degli edifici e dei manufatti di valore storico ambientale, dei complessi sportivi e al tempo stesso al rafforzamento delle relazioni interne al sistema insediativo.

• tutela e valorizzazione degli edifici e dei manufatti storici; • tutela e valorizzazione del verde pubblico;

• tutela del verde privato

Il Piano strutturale prevede per le aree ed attrezzature per la pratica sportiva una riqualificazione del grande polo sportivo dell’Ardenza – La Rosa destinata a diventare una vera e propria “cittadella dello sport”, mediante un complessivo intervento di riqualificazione urbanistico-architettonica tale da rendere l’intera area un elemento di connessione tra le diverse parti della città ed il mare, piuttosto che l’attuale insieme di contenitori collegati da spazi pubblici di qualità minima.4

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4.1.3 Regolamento Urbanistico

Il Regolamento Urbanistico di Livorno è stato approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 19 del 25 Gennaio 1999.

Il Regolamento Urbanistico, in armonia con gli obiettivi da perseguire e le prescrizioni vincolanti, esplicitati nel Piano Strutturale relativamente ai sistemi, ai sottosistemi, alle unità territoriali organiche elementari, individua i Gruppi di Edifici e le Aree normative e disciplina:

- il recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente; - le aree, all’interno del centro abitato, destinate all’edificazione per interventi di completamento e/o di ampliamento degli edifici esistenti; - le aree destinate alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e le infrastrutture da realizzare;

- gli interventi, in rapporto alla loro complessità e rilevanza, di

riqualificazione, di trasformazione urbanistico-edilizia da sottoporre alla procedura dei piani attuativi o della concessione convenzionata qualora il Regolamento Urbanistico già contenga tutti i contenuti del piano attuativo;

- gli interventi nelle aree in cui le prescrizioni del Regolamento Urbanistico decadono dopo cinque anni ai sensi dell’art.28, c.4 della L.R.n.5/1995.5

Per quanto riguarda la nostra area di studio il Regolamento Urbanistico, nello specifico la Parte II - Piano della città - Titolo II - Disciplina degli interventi di modificazione in ciascuna area normativa, fa ricadere quest’area all’interno delle Aree per i servizi esistenti e previsti (Art.37); infatti la superficie ricoperta dall’ippodromo viene indicata dal RU come verde pubblico; il parco della Ceschina come verde pubblico previsto, e l’albergo Atleti e l’adiacente Villa Letizia come aree per servizi.

Da notare però che l’intera area ricade all’interno del perimetro interventi per strutture turistico-ricettive per l’ippodromo “F.Caprilli” disciplinate da apposita scheda normativa.

Questa scheda normativa è l’allegato G al Regolamento Urbanistico che specifica:

Aree per servizi Ippodromo “F.Caprilli”

Prescrizioni vincolanti derivanti dal Piano strutturale

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