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Politecnico di Milano Facoltà di Architettura Civile – Milano Bovisa

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Academic year: 2021

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Politecnico di Milano

Facoltà di Architettura Civile – Milano Bovisa

Corso di Laurea Specialistica

ABITARE SOSTENIBILE: Nuova Piazza della stazione e

intervento di edilizia residenziale a Olgiate Molgora

Tesi di laurea di:

Cristina Caprioli matr. 709722

Relatrice:

Prof. Arch. Emilia Amabile Costa

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INDICE

1. Analisi del territorio

1.1 Assetto idrogeologico e morfologico

Manella pag. 5

1.2 Cartografia storica e sviluppo urbanistico

Innamorato, Invernizzi, Luzzana, Minora, Roncalli

pag. 7 1.3 Raddoppio della ferrovia

Oggionni, Radice, Spolaore, Tecci pag. 19

1.4 Parchi e territorio agricolo

1.4.1 Analisi territoriale dell’area

Rolleri pag. 26

1.4.2 Analisi paesaggistica e della vegetazione

Arosio, Rolleri, Tomaiuoli pag. 30

2. Analisi sociologica

2.1 Esigenze della collettività

Baratto

pag. 38

3. Analisi ambientale

3.1 Restituzione dati climatici

Antoniazza, Battaglia, Corti, Damiani, Lombardo, Ribaldi

pag. 56 3.2 Impronta ambientale

Necchi pag. 60

4.

Il progetto

pag. 63

4.1 Il territorio di Olgiate Molgora pag. 64

4.2 L’inquadramento urbanistico e le problematiche dell’area pag. 64

4.3 Il progetto degli spazi aperti pag. 67

4.4 Il sistema del verde pag. 68

4.5 Il progetto del costruito pag. 70

4.5.1 Verifica R.A.I. pag. 73

4.6 Risparmio energetico pag. 84

4.7 Elementi di bioarchitettura

4.7.1 Le logge bioclimatiche pag. 85

4.7.2 Le schermature solari pag. 86

(3)

4.8 Il sistema impiantistico

4.8.1 L’impianto idrico sanitario pag. 87

4.8.2 L’impianto di riscaldamento pag. 88

4.9 La scelta dei materiali pag. 88

4.10 I riferimenti progettuali pag. 93

Bibliografia

pag. 96

(4)
(5)

Capitolo 1

ANALISI DEL TERRITORIO

1.1 Assetto idrogeologico e morfologico

Il Comune di Olgiate Molgora si trova nella provincia di Lecco sulla destra orografica dell’Adda. Il territorio olgiatese, che si colloca tra le Prealpi lombarde e la Pianura Padana confina con Colle Brianza, Airuno, Brivio, Calco, Merate, Cernusco Lombardone, Montevecchia, Rovagnate e Santa Maria Hoé. Il territorio olgiatese presenta svariati paesaggi: la pianura, la collina e il bosco; tali “zone” si distribuiscono da nord verso sud in modo eterogeneo.

L’intero comprensorio comunale, che occupa circa 7,50 km², ha un dislivello che va dai 220 m s.l.m. della zona orientale ai 730 m s.l.m. della Crosaccia situata a nord dell’abitato di Porchera. A nord ovest, appena oltre il confine amministrativo troviamo il Monte San Genesio e la punta del Crocione, entrambi raggiungono gli 877 m s.l.m. Da nord a sud si adagia invece la valle del Molgora, parte di un’antica palude contornata da colline isolate mentre a sud est si fanno di nuovo spazio colline più alte e ricoperte da boschi. Attualmente la fascia nord e quella sud-est del Comune di Olgiate Molgora sono identificate dal P.T.C.P. come aree naturalistiche protette rispettivamente come Parco del San Genesio e Parco del Curone.

La particolare conformazione di questo territorio è dovuta principalmente all’azione dei ghiacciai che, durante le varie ere, lo hanno modellato fino a renderlo come si presenta ai nostri occhi. All’incirca 140 milioni di anni fa, tutta l’area delle Prealpi e, ad Olgiate, quella tra il San Genesio ed il Parco di Montevecchia, era occupata da un bacino marino di scarsa profondità. In questo bacino avvenivano movimenti franosi che davano origine ad accumuli di materiale che emersero dando origine alla fascia collinare brianzola quando la spinta della placca africana su quella europea diede origine all’arco alpino. In seguito, durante il periodo detto del “Quaternario” si susseguirono diverse ere glaciali, cinque per la precisione, tre delle quali, Mindel, Riss e Würm1 ricoprirono interamente anche il territorio di Olgiate

Molgora. Di queste tre glaciazioni quella che più influì sulla conformazione del territorio fu quella detta di Würm.

Più precisamente, durante quest’ultima glaciazione, il ghiacciaio dell’Adda, che ricopriva la Valtellina, scese a valle e giunto nei pressi del Monte Barro diede origine a due rami distinti: quello della Brianza (Lambro) e quello di Lecco (Adda). Il secondo ramo diede origine a sua volta ad una “lingua” che ricoprì interamente il comune di Olgiate Molgora. Il ramo di Lecco era inoltre di dimensioni decisamente imponenti e giunse fino alle porte di Milano, più precisamente nei pressi di Novate mentre il suo fianco destro superava il Monastirolo (attuale frazione del Comune di Olgiate) sino ad arrivare alla Ca’ Bianca

1 La glaciazione di Würm fu l’ultima di cinque grandi glaciazioni ed ebbe luogo tra gli 80 e i 10 mila anni fa. Fu proprio questa

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dove ancora oggi è possibile scorgerne le testimonianze in un enorme masso erratico e in una roccia levigata ubicata sul sentiero tra Mondonico e Campsirago.

Rappresentazione schematica della formazione del

ghiacciaio dell’Adda durante la glaciazione di Würm Rappresentazione schematica dell’anfiteatro morenico nella zona di San Zeno

Con l’aumento delle temperature il ghiaccio iniziò la sua ritirata verso le Alpi lasciando dietro di sè numerosi detriti e modellando il territorio. Tale azione fu portata avanti nei secoli successivi dall’erosione operata dai fiumi e dai torrenti. Tra le eredità lasciateci dalle glaciazioni oltre a quelle citate in precedenza troviamo la palude dei Calendoni, che restò tale fino alla bonifica operata dai grandi feudatari, e il lago Sartirana.

Dal punto di vista morfologico il territorio di Olgiate sorge su rocce più giovani di quelle che si trovano nella vicina Valtellina, trattasi in particolare di uno strato di rocce sedimentarie, ma può tuttavia essere suddiviso in due zone diversamente caratterizzate:

1. la zona a sud del San Genesio è caratterizzata da pendii anche piuttosto scoscesi (40° di inclinazione sul piano orizzontale) nei quali il substrato roccioso affiora;

2. la zona più a valle è invece caratterizzata da accumuli di materiale di erosione trasportato dai corsi d’acqua. Specialmente nella zona della Bagaggera e dell’Ombrellino vi è, inoltre, una forte presenza di argille fini che assunsero grande importanza per lo sviluppo della produzione del cemento nell’ultimo secolo.

Tra i fiumi e i torrenti presenti il Molgora è sicuramente il più importante. Esso nasce dall’unione di due rami che hanno origine nei comuni di Colle Brianza e Santa Maria Hoè e scende attraverso il Parco del San Genesio formando diverse cascatelle fino a giungere a Mondonico. Da qui si snoda fino alla parte più meridionale del territorio comunale di Olgiate Molgora delineando il paesaggio della Valle del Molgora attualmente oggetto di politiche di salvaguardia. In località Pianezzo accoglie le acque del Curone che scende dalla Bagaggera. Prosegue poi il suo corso fino a Vimercate e a Melzo dove, dopo essersi convogliato nel canale Muzza, sfocia nell’Adda.

Tra i corsi d’acqua minori riscontrabili sul territorio vi sono inoltre la Corna che attraversa Valmara e Porchera, e la Bevera che percorre la valle di Beverate per poi unirsi alla Corna.

Dal punto di vista faunistico tra le piante più diffuse nei boschi di Olgiate vi sono sicuramente il nocciolo, la quercia, il castagno (albero simbolo della comunità olgiatese fin dal Medioevo) e la robinia, già presenti

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sul territorio mentre si deve ai Romani la presenza di alberi da frutto quali l’albicocco, il pesco e il ciliegio.

1.2 Cartografia storica e sviluppo urbanistico

La presenza dell’uomo in questi territori risale al periodo Paleolitico, le colline dell’attuale parco del Curone, preferite alle zone paludose lungo le rive dei laghi, adattando l’abitazione al luogo con l’invenzione della palafitta. Si organizzarono poi in clan familiari, tramutatisi poi nella tribù degli Orobi o Liguri per difendere i propri insediamenti dagli Insubri o Celti. L’equilibrio tra le due popolazioni diede origine all’attività commerciale della regione, con le basi per la cristianizzazione della zona.

L’aumentato volume di commercio rese necessario l’istituirsi di regole, definite dai Romani, insieme con la conquista e l’accorpamento dei Celti, di cui però mantennero caratteristiche religiose. I Romani suddivisero amministrativamente i territori e istituirono una rete viaria, introdussero il concetto di proprietà privata con la centuriazione, che incentivò l’attività agricola e la formazione di “aziende”, in particolare dedite all’allevamento, come quelle di Beolco, da bobulcus ovvero luogo dei bovari, Porchera, da porcarius ovvero luogo dei maiali, e Pianezzo, da planitiaes ovvero pianura aperta ai pascoli.

L’istituzione di vie commerciali introdusse la coltivazione di albicocchi, ciliegi, peschi e castagni che successivamente soppianteranno la vegetazione locale.

Nel sesto secolo arrivarono i Longobardi a sostituire la legge Romana con l’editto di Rotari del 643 d.c.

La società dei Longobardi risentiva del loro arruolamento come mercenari nelle legioni romane ed aveva perciò un’impronta militare, non a caso il popolo era costituito dagli “Arimanni”, uomini dell’esercito. Quando i Longobardi occuparono l’Italia distribuirono i nuclei armati nei punti più strategici per il controllo militare del regno. Col tempo vari ufficiali dell’esercito assunsero anche funzioni di amministratori locali e giudici.

I villaggi Romani-Longobardi lungo i torrenti Molgora e Corna. Il nucleo longobardo si presenta come aggregato di Beolco (terreno dei pascoli), Sara (dal nome dell’edificio adibito alla raccolta dei tributi) e Casternago.

I Duchi stabilirono le loro corti nelle città esercitando la propria autorità sul territorio circostante, il Ducato, coadiuvati dagli ufficiali minori. Questi ultimi erano legati tra loro da vincoli di parentela appartenendo essi alla medesima fara (famiglia). Ogni fara occupava l’antico distretto rurale dei Romani, mentre i vari Decani stabilivano le loro corti rurali nei singoli villaggi del distretto. La presenza di Arimanni Longobardi è ancora viva nella toponomastica italiana: i nomi di luogo con il suffisso –engo (germanico –ing, che definisce l’appartenenza a una famiglia) sono di derivazione germanica. Ad esempio a Olgiate abbiamo Borlengo, che è stato identificato come “territorio di Burningo”.

Della sovrapposizione tra il potere Romano e quello Longobardo si ha traccia negli edifici presenti ancora oggi: a Pianezzo, presidio d’imbocco dell’alta valle della Molgora vi è una chiesina dedicata a San Michele, patrono dei Longobardi; il Comune di Sara deriva il suo nome dall’edificio per la raccolta dei tributi, chiamato sala dai longobardi; i Longobardi esigevano dai contadini un terzo del raccolto come al tempo dei Romani; il nome Olgiate, deriva dal germanico holz, bosco da legna, come in altri toponimi vicini.

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Tradizioni longobarde perdurano nella memoria popolare, come quella che vede Teodolinda prosciugare il lago di Casternago. La regina, sconvolta per l’annegamento del figlio nel tentativo di recuperare un anello caduto nel lago, ordinò che quest’ultimo fosse prosciugato. Dietro la vicenda si cela la bonifica di terreni paludosi promossa dalla regina. La fine degli Arimanni, nominalmente avvenuta nel 744 con la “Capitolazione di Pavia”, non ebbe mai effetto a tutti i livelli della popolazione.

Etnie longobarde convissero infatti col dominio franco (richiamato dal Papato) e con comunità religiose. L’ordine feudale rimase quindi sempre parziale e ne conseguì uno sviluppo frammentato della struttura amministrativa e ognuno aveva il diritto di essere giudicato secondo le leggi del proprio gruppo di appartenenza. Il ruolo della religione cristiana fu cruciale per la nascita della Pieve, con l’istituzione delle diocesi e dei vescovadi locali. Quindi il ruolo della religione fu molto importante per l’organizzazione amministrativa: un efficace controllo del territorio fu permesso da una vasta rete di grandi e piccole abbazie di origine franca e longobarda, poi convertite al cattolicesimo, così come dall’istituzione del collegio dei canonici fondato a Beolco nel XI secolo.

L’arrivo del sistema feudale lascerà tracce nell’organizzazione territoriale con le caratteristiche tipiche del castello. Lo stesso nome Mondonico significa mons dominicus, ovvero monte del padrone; a Borlengo la corte della cascina è difesa da una torre di stile quattrocentesco; il complesso di Canova ricorda una corte rurale difesa.

I castelli dell’epoca erano molto semplici: un’aia attorniata da abitazioni dalle spesse mura con vie di accesso regolate da portali, come il portone di Mondonico o quello di Porchera, di cui ci resta la via. La torre del castello era inoltre spesso un prolungamento della stessa casa signorile.

Il sistema feudale indebolì tuttavia il potere politico in Europa e permise un forte cambiamento sociale: ampi territori furono assegnati a vescovi ed abati e nel caso lombardo tutta la zona di Lecco e della Brianza ricadde sotto l’arcivescovo di Milano.

La mutazione dei rapporti di sudditanza nei confronti del padrone, incoraggiarono altresì l’istituirsi di mestieri specializzati: muratori, scalpellini, mugnai, fabbri, falegnami e sarti. La formazione di un nuovo ceto intermedio pose le basi per la nascita dei Comuni Rurali. L’aumento considerevole della popolazione portò alla creazione di nuovi nuclei con una notevole modifica territoriale data anche dalla bonifica, dal disboscamento e dalla coltivazione più efficiente attraverso l’utilizzo del vomere in ferro e della rotazione agricola.

Si ebbe una divisione dal punto di vista sociale: i massari chiesero al signore la liberazione dalla condizione servile e gli artigiani raggiunsero le città. Il Comune Rurale divenne una comunità di abitanti che interagiva con il signore. I comuni presenti fino al 1760 furono Olgiate, Mondonico, Porchera, Borlengo, Pianezzo, Olcellera, Valicelli; nonostante ciò la popolazione si concentrava attorno ai nuclei più produttivi: attorno alla seconda metà del 500 il 60% della popolazione viveva nel futuro comune di Mondonico. Tuttavia si mantenne nei secoli l’assenza di un vero e proprio centro.

Nel diciottesimo secolo, sotto il dominio degli Asburgo il territorio subì per vari decenni un conflitto pressoché permanente che pose il problema di mantenere l’esercito con il prelievo fiscale. La riscossione

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delle tasse fu abbinata all’estimo generale, cioè alla misura dei terreni e dei fabbricati con il calcolo del loro valore, base per determinare le imposte per i possessori. A questo proposito vennero create delle mappe dette catastali con la suddivisione dei vari terreni in base ai possessori.

Il notevole sviluppo del territorio è caratterizzato dall’ampliamento della rete ferroviaria e dalla migrazione di intere famiglie e luoghi di lavoro dalla città verso la campagna.

Le ovvie conseguenze di una maggiore mobilità e di una massiccia presenza di nuovi paesani sono l’incremento demografico e lo sviluppo edile che avvenne negli anni successivi. Zone del territorio olgiatese rimaste fino a quei tempi intatte vedono sorgere un nuovo edificato che va sviluppandosi non più a ridosso del centro storico ma in zone più distanti, andando ad occupare i terreni dell’antica campagna. Si vengono così a creare nuovi nuclei.

La storia dei Comuni La variegata storia di Olgiate Molgora si riflette nell’alto numero di frazioni e cascine sparse nell’intero territorio comunale. Molti di questi nuclei hanno avuto una storia ed uno sviluppo urbanistico peculiari. Per esempio, nel basso medioevo si svilupparono centri abitati come Mondonico o Olcellera, con funzione di colonizzazione agraria dei territori acquitrinosi. Alcuni insediamenti furono fondati o sviluppati da monasteri importanti; Porchera, infeudata all’abbazia di Civate, e ancora Olcellera, soggetta al monastero di San Dionigi di Milano. Altri nuclei abitati piuttosto consistenti sono Monticello, Canova e Pilata, furono edificati da contadini emigrati dai vicini nuclei di Beolco e Olgiate, allora residenze di nobili o ecclesiastici quali i Vimercati, i Calchi o i Cittadini.

Dagli Statuti delle strade milanesi del 1345 emerge che i nuclei autonomi più importanti erano Beolco, Porchera, Olgiate e Mondonico, accanto ai centri minori di Pianezzo e Monticello. Nel corso dei secoli Olgiate, Pianezzo, Porchera, Mondonico, Olcellera e Borlengo divennero comuni autonomi, ai quali nel XVII secolo si aggiunse Valicelli, piccola cascina nei pressi di San Zeno. Gli austriaci fusero tutte queste entità autonome in due Comuni (Olgiate e Mondonico) a loro volta unificati con Calco nel 1927 nel Comune di Olgiate Calco. Nel 1953 nacque l’attuale Comune di Olgiate Molgora ma la tipicità delle frazioni olgiatesi è ben visibile ancora oggi.

Canova - massari di Olgiate, Beolco e Pianezzo bonificarono parte delle paludi dei Calendoni permettendo l’edificazione di cascine tra le quali Canova, detta Cassina nuova in documenti del XV secolo.

Sorta nel XIV-XV secolo è divenuta centro del Comune con la costruzione della stazione ferroviaria (1873) e del Municipio (fine ‘800), nonché punto di partenza dell’attuale espansione abitativa verso sud (dove si trovano la scuola media, l’ASL, la parrocchia di Maria Madre della Chiesa, le strutture sportive e ricreative).

Monastirolo - è il più importante dei nuclei collinari all’interno del territorio comunale; il nome deriva da un misterioso cenobio medievale, del quale non si conosce nulla. Nel 1716 la famiglia Magni edificò la chiesa di San Giuseppe, ora sconsacrata e adibita a dimora privata.

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Pianezzo - piccola frazione a sud del paese, era un tempo comune autonomo, storicamente legato all’allevamento nel pianoro del Molgora, allo sfruttamento dei boschi del vicino Curone, ma anche al passaggio dell’antica strada milanese. Ha un territorio molto esteso costituito principalmente da brughiere di bassa produttività. Poiché l’infeudazione di un territorio comportava la limitazione dei beni comuni, ridotti a poche terre, la presenza a Pianezzo di ampi appezzamenti comunitari sembra un chiaro segnale della sua indipendenza da una forte autorità feudale locale.

E’ un antico nucleo agricolo che anche attualmente utilizza la fascia meridionale del territorio di Olgiate; nel tempo, pur mantenendo la struttura originaria, il nucleo è stato allargato con nuove costruzioni. Il nome, molto probabilmente di origine romana, indica una pianura (planitiaes), in contrapposizione alla collina di Beolco. La presenza dell’antica chiesa di San Michele, patrono caro ai militari longobardi, permette di ipotizzare una presenza militare nella zona già prima dell’anno 1000.

Chiesa di San Michele a Pianezzo, prende il nome da un patrono

Longobardo.

Monticello - è uno dei vecchi nuclei attorno ai quali si è sviluppato il territorio di Olgiate. “Governava” la zona in cui compare la cascina Vigna. Frazione posta lungo l’antica direttrice Como - Brivio, prima che fosse tracciata l’attuale statale Briantea, con dimore di stile sette-ottocentesco, mantiene tuttora traccia della ricca borghesia che edificò le proprie ville (Gerli, Boselli, Mozzanica…) e vi insediò diverse attività produttive (la Fabbrica, cioè la filanda Banfi, il filatoio De Capitani, le cave del vicino cementificio Italcementi, detto il Fabbricone).

Il nome già citato nel 1412, indica il poggio su cui è stato fondato l’omonimo paese (in opposizione a La Valletta).

Beolco - paesaggisticamente interessante, è posto su un piccolo colle sul quale sono ricavate alcune abitazioni e una pieve romanica. Adiacenti al colle si trovano ora un vivaio per la coltivazione di alloro (sud-est) e una piccola azienda agricola (nord-ovest). La frazione conserva ancora oggi un aspetto romantico e un’atmosfera bucolica. Prati, campi e boschi fanno da cornice a questa piccola collina densa di storia e vestigia, gelosamente custodite dall’ottocentesca villa Guzzoni, un tempo canonicato privato (almeno dal 1113) soppresso soltanto in età napoleonica, e dall’annessa chiesa di San Pietro con abside del XI secolo.

La frazione, abitata già da romani e longobardi, viene citata per la prima volta in due pergamene del 975, dove compaiono i nomi di loco Bevulco e loco Bovulco. I toponimi trascritti permettono di far risalire il termine Beolco al latino bubulcus, bovaro.

San Zeno - completamente riedificata tra il 1750 ed il 1770, sorge non lontano dalla piccola frazione di Borlengo, di antica origine (nel 1133 viene ricordato un certo Pietro da Borlengo), fondata con lo scopo di controllare il traffico lungo la strada Milano - Lecco che un tempo passava a fianco della chiesa.

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Sempre presso San Zeno ricordiamo Vallicelli, cascina del XVI secolo che ottenne l’autonomia comunale nella seconda metà del XVII secolo, e Olcellera, dal XIII secolo possesso del monastero di San Dionigi. Porchera - è un nucleo storico dall’intatto aspetto medievale, dominato dalla torre sforzesca e dalle caratteristiche strette del castello ricostruito dopo l’occupazione veneziana e la battaglia del San Genesio (1447-1449). Nei pressi della chiesina sorge villa Del Corno, dal nome della famiglia più illustre del paese, fedelissima ai Visconti e agli Sforza, con ampi possedimenti lungo il medio corso dell’Adda.

Di grande interesse dal punto di vista della concezione del territorio è un atto del 1458 in cui sono elencati i terreni e l’abitato di Porchera superiore e inferiore infeudati all’Abbazia di Civate. Degna di nota la separazione tra un territorio di “Monte di Porchera” e di un territorio “di Porchera” cui corrispondono destinazioni d’uso differenziate del suolo.

Mondonico - sviluppatasi a partire dal XI secolo, la cui bellezza fu fonte d’ispirazione di pittori quali Emilio Gola, Aldo Carpi e Ennio Morlotti, ci appare dolcemente adagiata lungo una suggestiva strada contornata da valloncelli, ronchi, prati, boschetti, antiche chiese e notevoli ville patrizie; tra queste villa Maria presso la Squadra, in origine possedimento della famiglia Bonfanti, poi dei feudatari Erba, dei nobili Rho e quindi dei marchesi Secco d’Aragona.

E’ situato nella estrema zona nord del territorio, sulle pendici del colle del San Genesio. Offre un notevole scorcio di paesaggio antropizzato e rappresenta una sorta di porta per il parco, posto immediatamente a settentrione.

E’ ipotizzabile che Mondonico, probabilmente fondato come castello dopo il Mille, fosse feudo della famiglia Vimercati. Il sistema feudale è ancora ben evidente a Mondonico. La presenza di un dominus è confermata da due documenti del 1400 e del 1416 nei quali si cita un bosco denominato Sinvadonegha, cioè silva-dominica, bosco del dominus. Il nucleo più antico di Mondonico è l’edificio che si trova all’angolo di via Gola con via Molgoretta, proprio dove si incontra l’arco che sovrasta la strada. A sud rispetto ad esso si trova un nucleo di cascine chiamato Incasate, dimora dei servi casati del feudatario. Alcuni toponimi e la struttura del paese ricordano la tipica organizzazione castellana. Lo stesso nome Mondonico che deriva dal latino Mons-dominicus, cioè monte del dominus, del feudatario.

Buttero - poggio su cui sorge la villa dei conti Gola Dugnani, era già dimora rurale dei nobili Calchi legati alla corte sforzesca.

Dal vocabolo celtico but, luogo elevato (francese butte: altura, collina; inglese butt: monticello di terra dietro il bersaglio, riparo per la caccia alla starna). E’ un toponimo assai diffuso, tanto che ad Olgiate vi sono due Butti: uno alla Canova e l’altro a Mondonio tra la riva sinistra del Molgora e il sentiero del San Genesio.

Olcellera - Olcellera alta era una comunità autonoma con un territorio limitato alla pianura acquitrinosa posta ad occidente rispetto all’odierno stagno, mentre Olcellera bassa faceva parte della comunità di Mondonico. Era infeudata all’Abbazia di San Dionigi di Milano.

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Olgiate vecchio - ovvero villa dei marchesi Sommi Picenardi, è un notevole edificio del XVII - XIX secolo con torre quattrocentesca ben mantenuto dal Fondo Ambientale Italiano. Ragguardevoli i giardini all’italiana e all’inglese, con statue, balconate, giochi d’acqua e alberi monumentali. La villa fu possesso dei Vimercati e poi dei Sala.

Olgiate – Holzate, dal germanico holz, bosco da legna, com’è possibile osservare in documenti medievali e in nomi di boschi vicini.

L’analisi dei confini dei nuovi Comuni è assai illuminante perché dimostra che alla base dell’aggregazione vi furono ragioni di omogeneità territoriale e non più il rispetto dell’integrità delle zone d’influenza dei vari dominus medievali, in molti casi estinti: Olgiate vecchio diviene capoluogo di un comune storicamente estraneo ad esso (Pianezzo e Beolco), mentre una parte di terreni dell’antica comunità di Olgiate finisce sotto Mondonico.

Analisi della cartografia storica Il lavoro di analisi storica é stato effettuato confrontando le diverse mappe catastali del territorio di Olgiate Molgora conservate nell’Archivio di Stato di Como.

La prima cartografia che ci permette di avere una planimetria del territorio di Olgiate Molgora con il rilievo dell’edificato è il Catasto Teresiano. In queste tavole possiamo notare le suddivisioni amministrative e gli edifici presenti nel 1721. Seguono le mappe del catasto Lombardo - Veneto del 1857, e del Cessato Catasto del 1898.

Il Catasto Teresiano (1721)

Il Catasto Teresiano, portato a termine sotto la reggenza di Maria Teresa d’Austria dalla quale prende il nome, fu intrapreso nel 1718 con Decreto di Carlo VI. La compilazione delle mappe del territorio che fece seguito avvenne per la comunità di Olgiate nei mesi di agosto e settembre del 1721. In quegli anni i principali Comuni corrispondenti all’attuale Comune di Olgiate Molgora erano suddivisi in tre diverse mappe catastali così intestate:

- Mappa del Comune di Olgiate e suoi Adiacenti cioè Beolco, Monticello, Cassina Nuova, Brugo con Buon Martino.

- Territorio di Mondonico Pieve di Brivio provincia del Ducato. - Territori di Porcara, Borlengo, Olcelera, Valicella e Olgiate.

Vi è poi Cassina Pianezzo descritta in due fogli a parte in quanto comunità autonoma. Storicamente separata anche linguisticamente, ancora oggi rimane ecclesiasticamente legata a Pagnano.

Il territorio di Olgiate di quegli anni era quindi frazionato in sette Comuni autonomi: Olgiate, Mondonico, Porchera, Pianezzo, Olcellera, Borlengo e Vallicelli.

La maggior parte dei Comuni, ad eccezione di Pianezzo, risulta ubicata nella parte settentrionale dell’odierna Olgiate a conferma del fatto che storicamente la colonizzazione del territorio si sviluppò dal monte verso il piano.

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Due sono i casi singolari, con caratteristiche opposte, all’interno del territorio:

- Pianezzo, sia per il fatto che si sviluppò come comunità autonoma sia per la presenza di un’estesa brughiera di proprietà collettiva degli abitanti di Pianezzo, Sabbioncello e Pagnano che ai tempi risultava un bene intercomunale (venduto ai privati nell’ottocento);

- Beolco, villaggio antichissimo che non si trasformò mai in comunità organizzata per l’esistenza del Canonicato.

Il Catasto Lombardo - Veneto (1857)

Negli anni che intercorrono tra la stesura del Catasto Teresiano e quella del Lombardo - Veneto vanno sottolineati importanti avvenimenti.

Nel 1760 l’autorità austriaca decise di accorpare le antiche comunità del territorio olgiatese in due unici Comuni, Olgiate e Mondonico. Entrambi contraddistinti da un’irrisoria percentuale di terreni incolti, che indicano la volontà degli abitanti della zona di coltivare tutto il coltivabile (vedi la terra strutturata a ronchi di Mondonico e Porchera) si distinguono per il differente tipo di economia. Mentre l’economia di Olgiate é decisamente più vicina a quella della pianura con una netta prevalenza di arativo, l’economia di Monsonico, più articolata, è tipicamente collinare con una netta prevalenza del ronco in massima parte coltivato a viti.

Fu probabilmente l’omogeneità territoriale delle realtà di Olgiate e Mondonico a giustificare la svolta fatta dai governanti austriaci i quali non ragionarono nel rispetto dell’integrità delle zone di influenza dei vari dominus medioevali. Olgiate vecchio divenne quindi capoluogo di Comuni ad esso estranei quali Pianezzo e Beolco, mentre una parte dei terreni dell’antica Olgiate divenne proprietà del Comune di Mondonico anticipando di più di mezzo secolo la nascita del moderno Comune di Olgiate.

In seguito alla bonifica della zona dei Calendoni, avvenuta nel 1784 al fine di avere maggiore disponibilità di terra coltivabile, si registra un incremento dello sviluppo demografico del territorio di Olgiate. Secondo dati rilevati tra il 1770 e il 1782, si nota come l’insediamento umano si concentri o si disperda in relazione al differente tipo di economia sviluppatasi. Dove si ha un’economia a livello di sussistenza si ha una dispersione degli abitanti inseriti in ben diciannove località diverse. Si nota invece una concentrazione dell’insediamento in luoghi come Mondonico, dove risiede più del 20% della popolazione per via delle attività artigianali e commerciali; Beolco, Pianezzo e Pilata dove esistono mulini per la produzione di farina e un’intensa attività di produzione tessile (tintoria), e Olgiate dove, in seguito alla nascita delle grandi ville dei maggiori possidenti locali, si presenta la necessità di personale per la gestione e il mantenimento di quelle nuove grandi aziende che sono le ville padronali. Fra le ville in questione ricordiamo Villa Sommi Picenardi a Olgiate Vecchio, Villa Gola Dugnani al Buttero, Villa Gerli a Monticello, Villa Guzzoni a Beolco e Villa Maria alla Squadra a Mondonico.

E’ datata 1809 la creazione del Comune Generale di Mondonico, che vede un incremento consistente della popolazione, dovuta all’insediamento delle ville padronali e il conseguente ampliamento occupazionale: Villa Sommi Picenardi, Villa Colli Dugnani, Villa Gerli, Villa Guzzoni e Villa Maria alla Squadra.

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Il Cessato Catasto (1898)

Alla fine dell’Ottocento poco prima della stesura del Cessato Catasto, va ricordato un avvenimento fondamentale che apporterà delle importanti modifiche sia dal punto di vista territoriale che delle vie di comunicazione: arriva la ferrovia fortemente voluta dal Consiglio Comunale. In questo periodo venne anche realizzato l’ampliamento della Villa Sommi Picenardi, con il conseguente spostamento della vecchia strada che univa San Zeno a Monticello, e nel 1894 venne edificata nei pressi della Canova, la vecchia scuola comunale di Olgiate, che diventerà più avanti (datazione sconosciuta) la sede dei Municipio fino ai nostri giorni.

Catasto Teresiano

Portato a termine sotto la reggenza di Maria Teresa d’Austria dalla quale prende il nome, fu intrapreso nel 1718 con Decreto di Carlo VI. La compilazione delle mappe del territorio che vi fece seguito avvenne per la comunità di Olgiate nei mesi di agosto e settembre del 1721.

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Ferrovia e industria: sviluppo e crescita di Olgiate Se fino agli inizi dell’Ottocento le maggiori fonti di sostentamento della comunità olgiatese furono principalmente l’agricoltura e in parte l’allevamento e l’artigianato, con l’arrivo del nuovo secolo si diffuse anche un nuovo tipo coltura, quella del gelso e dei bachi da seta. La cosiddetta gelsibachicoltura apportò un contributo decisivo allo sviluppo manifatturiero e commerciale del Comune. Sia l’allevamento dei bachi sia l’attività artigianale ebbero, in quel tipo di contesto agricolo dei buoni effetti sia per l’equilibrio finanziario delle famiglie sia per il successivo sviluppo industriale.

Il reddito di attività extra-agricole consentì ai contadini di integrare le entrate, specie in annate di scarsi raccolti come quelle che si ebbero in quel periodo.

E’ agli inizi del ’900 che nascono ad Olgiate le prime industrie. La più antica delle industrie storiche olgiatesi è la Fabbrica di Monticello (a fianco del nucleo storico), sulla quale esistono discrepanze riguardo alla data di fondazione. Infatti anche se da documenti dell’Archivio di Stato di Como non sono registrate industrie manifatturiere nel territorio di Mondonico o Olgiate fino al 1889 compreso, nelle mappe del Cessato Catasto compare già nel 1857 il complesso della Fabbrica. Da un altro documento dell’archivio comunale di Olgiate viene testimoniata l’edificazione nell’anno 1889.

Lo sviluppo industriale e la presenza temporanea di personale fece della stazione ferroviaria di Olgiate un naturale punto di riferimento per pendolari, operai, funzionari commerciali o delle industrie olgiatesi, conducenti di autobus e tassisti.

Se fino ai primi anni del Novecento le vicende nazionali ed internazionali, quali ad esempio il passaggio dallo Stato asburgico a quello italiano, non rappresentarono alcuna rottura col passato e non interferirono, se non incidentalmente, con i ritmi e le abitudini secolari dei contadini delle comunità olgiatesi, con l’arrivo della Prima Guerra Mondiale avvenne una rottura definitiva e uno sconvolgimento sociale mai registrato prima. Sul territorio di Olgiate Molgora si verificò una mobilitazione generale in seguito sia alla Grande Guerra che al Regime Fascista.

I primi trent’anni del secolo furono un periodo di grande evoluzione per la società e l’economia olgiatese. Accanto al tradizionale confronto tra contadini e proprietari terrieri si sviluppò il moderno contrasto tra operai/impiegati da un lato e dirigenti/proprietari dall’altro. I nuovi ceti di operai, impiegati e borghesi, spesso separati dalle tradizionali comunità locali, diffusero nel paese un nuovo stile di vita.

E’ ancora oggi evidente la differenza tra questi due diversi stili di vita riscontrabile nelle caratteristiche dei nuovi insediamenti abitativi di allora. Da un lato troviamo le secolari corti e le cascine dei contadini, le antiche ville patrizie dei nobili, mentre dall’altro le industrie, le nuove case borghesi di impiegati e dirigenti e le case operaie, le abitazioni e i magazzini del nuove ceto artigianale.

Sotto il Regime Fascista venne stabilita nel 1927, con Regio Decreto, l’aggregazione dei Comuni di Mondonico con Olgiate e di Calco con Airuno. L’anno successivo venne imposta dal Regime, senza previo consenso dei tre Comuni, la denominazione generale “Olgiate Calco”.

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Considerati nel loro complesso, le caratteristiche peculiari dei territori di Mondonico e Olgiate Molgora fanno emergere due realtà distinte dal punto di vista economico e sociale che giustificano pienamente la scelta dei governanti austriaci di sopprimere gli antichi comuni e fondarne due nuovi che sopravvissero fino al 1927. La fusione delle antiche comunità garantiva inoltre «il benefizio d’un minor peso di quello,

che ciascuna doveva sostenere, massimamente riguardo alle spese locali, ed altre concernenti lo stipendio delle persone necessarie al buon governo delle Comunità».

Pur riconoscendo in linea generale le motivazioni ineccepibili che presiedono alla fusione tra Comuni, gli abitanti di Porchera si oppongono all’unione con Mondonico non per ragioni sentimentali, bensì estremamente concrete:

«La prima (Porchera) non si è scarsa di personale che non possa regolarsi da sè, nè ha il peso di debiti

come no ha monsonico […] sarebbe quella (la divisata unione) molto incomoda stante non meno la distanza d’un miglio dall’una all’altra terra, quanto la qualità del cammino assai disastrosa […] si aggiunga la considerazione delle aspre litiagitate tra le succennate due Comunità […]».

Attorno al 1940, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, in seguito ai ripetuti bombardamenti su Milano, si verificò un trasferimento di massa di aziende ed interi nuclei familiari che si andarono a stanziare nel territorio di Olgiate. Nel 1943, a seguito della chiusura temporanea degli stabilimenti del Fabbricone, i locali in disuso e le gallerie Pelucchi vennero affittate alla Pirelli sfollata da Milano.

La fine della guerra sancì di certo la fine di una stagione industriale gloriosa, ma non dello spirito imprenditoriale che l’aveva animata. Infatti in seguito agli incendi che divorarono le due storiche industrie, sorsero le moderne imprese artigiane e commerciali che perdurarono poi, anche solo per fama, fino ai nostri giorni.

Ad ogni modo dagli anni successivi alla guerra tutte le attività collegate all’industria subirono forti contraccolpi e i contadini non poterono più contare sul reddito dato dalla produzione dei bozzoli e dal salario delle donne che lavoravano in filanda. Quando i giovani lasciarono i campi e trovarono lavoro nelle industrie del lecchese e del milanese, l’agricoltura divenne pressoché un’occupazione secondaria. Così se prima della guerra la manodopera era attirata dal Comune di Olgiate, dopo la guerra avvenne l’esatto contrario e vennero man mano abbandonate le zone collinari e delle cascine più isolate.

Chi invece lavorava nelle zone di Lecco e Milano iniziava a cercare alloggi fuori città dotati dei minimi servizi, possibilmente vicino a negozi di prima necessità e alle vie di comunicazione, tra le quali prima di tutto la ferrovia. Questo fenomeno diede l’avvio al pendolarismo e favorì a partire dagli anni cinquanta, la colonizzazione delle parti più basse e più facilmente accessibili delle varie frazioni.

Di rilevante importanza è l’anno 1946, quando il 3 di agosto la Giunta Comunale di Olgiate Calco attua la separazione dei due Comuni e ricostituisce definitivamente il Comune di Calco. Questo avvenimento impedì un adeguato sviluppo del settore pubblico, già sfavorito dal secolare frazionamento del Comune in più comunità a sè stanti, situazione che favorì nel corso del tempo una certa lentezza nel dare risposte collettive ai bisogni della comunità.

Ricordiamo, dopo varie proposte di progetto degli anni ’30 mai realizzate, l’ampliamento dell’attuale sede dei Municipio avvenuta nel 1951.

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Della fine degli anni ’50 è la realizzazione del villaggio INA casa in occasione del quale i cittadini si unirono per la prima volta con obbiettivi comuni, costituendo cooperative e dialogando con l’amministrazione comunale.

L’immigrazione degli anni ’70 favorì nuovamente lo sviluppo del lavoro ma la richiesta di manodopera incentivò la speculazione edilizia fino a un punto di saturazione. Il relativo sviluppo delle costruzioni industriali ha creato un problema di convivenza con i nuclei abitativi nonostante le attività produttive che si svolgevano nelle corti siano state spostate in luoghi compatti e isolati. Inoltre la nascita di un nuovo centro nella piazza della chiesa, di un centro commerciale e sportivo hanno portato all’abbandono dei luoghi più antichi del paese.

1.3 Raddoppio della ferrovia:

lettura storico urbanistica con riferimenti a tutto il territorio comunale

Storia delle ferrovie lombarde Lo sviluppo dei trasporti della penisola, vede il diffondersi delle ferrovie in modo puntuale e frammentato, privilegiando le zone più urbanizzate e sviluppate economicamente del paese, non ancora unificato sotto il Regno d’Italia.

Nel contesto lombardo, i primi passi vengono mossi nel 1837, quando viene affidato all’Ing. Bruschetti e al nobile Zanino Volta il progetto di una linea ferroviaria che fosse in grado di collegare Milano a Como. Solo al secondo tentativo, al finire del 1839 si riuscirà però nell’intento. Il nobile Giovanni Puster con l’appoggio dell’imperatore Ferdinando I d’Austria, riuscì nella costruzione del primo collegamento su strada ferrata tra Milano e Monza.

Il 23/07/1840 il primo convoglio, composto da una locomotiva e due carrozze passeggeri inaugura la linea. Il tempo totale di percorrenza da Milano a Monza (12.870,70 metri) è di 33 minuti, con unica fermata a Sesto San Giovanni, ma si stimava di riuscire a ridurre i tempi fino a 16 minuti. Solo nell’agosto del 1840 la linea ferroviaria entra ufficialmente in funzione, con regolari corse.

Uno studio di quegli anni ha calcolato che i passeggeri che giornalmente usufruiscono della ferrovia sono 1.278. Il Figaro del 18 ottobre 1840 scrive però che la stima sarebbe di 1.592 passeggeri giornalieri nei giorni feriali e 2.400 nei giorni festivi.

Nel 1841 viene messa in servizio un’altra locomotiva, la Lambro, differente da quelle già in servizio di costruzione inglese la Milano e la

Lombardia.

Locandina celebrativa della linea ferrata Milano - Monza.

Il 12/01/1844 viene autorizzato il progetto per una seconda linea, la Milano – Como, e dopo circa due anni, viene redatto il programma di sviluppo relativo al collegamento alla linea esistente Milano - Monza; viene costituita la Società Anonima che avrebbe portato a termine i lavori, mentre la gestione di

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entrambe le linee viene unificata dalla società Grassi, che acquisisce i diritti della linea esistente Milano - Monza.

Nell’agosto del 1847 hanno inizio i lavori della Milano - Como e il 06/10/1849 viene aperta la linea fino a Camnago, successivamente prolungata fino a Cucciago e nel 1849 viene raggiunto il capolinea di Camerlata.

Nel 1852 la società che gestisce le due linee, come riportato dalla Gazzetta Ufficiale, viene ceduta, divenendo di proprietà dello Stato Lombardo - Veneto; nel 1856 le linee ferroviarie con partenza da Milano vengono unite sotto la gestione SFLV (Società Ferrovie Lombardo Veneto).

A cavallo dell’Unità d’Italia, 17/03/1861, vengono progettate e realizzate nuove linee ferroviarie, tutte con partenza da Milano, fino a raggiungere la seguente situazione:

- Porta Nuova (seconda stazione) è capolinea delle linee:

Como Albate Camerlata, Magenta – Novara - Torino, Busto Arsizio – Gallarate; - Porta Tosa congiunge le linee fino a Venezia, Piacenza e Pavia:

- Porta Nuova (prima stazione) è stata quasi completamente smantellata, verrà presto sostituita dalla nuova Milano Centrale. Successivamente, la gestione di tutte le linee ferroviarie presenti, passa in carico alla Società Ferrovie Alta Italia (S.F.A.I.) e il 27/12/1873 entra in funzione la linea ferroviaria tra Monza e Calolzio – Olginate.

Nel 1884 viene attivata la nuova stazione di Monza, che assumerà una maggiore importanza, divenendo un nodo cruciale per la sempre più articolata rete ferroviaria del nord milanese.

Il successivo passaggio di rilevanza storica avviene a cavallo del passaggio del secolo quando, dopo numerosi tentativi, il 31/12/1900 la tratta Milano - Monza viene elettrificata mediante linea aerea alimentata da corrente continua 600 volt.

La stazione centrale di Milano nel 1864

Agli inizi del ventesimo secolo i convogli che percorrevano le strade ferrate del paese erano così suddivisi: vetture di prima classe dotate di ogni comfort: riscaldati con caloriferi elettrici d’inverno, rinfrescati in estate con ventilatori elettrici, un compartimento fumatori con accendisigari elettrici, e un compartimento per signore;vetture di seconda e terza classe di tipo svizzero a corridoio centrale e con livelli di confort decisamente più bassi.

Durante il periodo fascista in Italia vengono inaugurate diverse stazioni che diverranno di importanza assoluta per il traffico ferroviario degli anni successivi ma, con la Seconda Guerra Mondiale, si assiste ad un tracollo del tenore di vita della popolazione italiana senza precedenti. La situazione nel campo dei trasporti diviene insostenibile: viene ridotto l’approvvigionamento del materiale rotabile e degli stessi pezzi di ricambio. Per aumentare la portata dei passeggeri vengono aboliti posti a sedere, intere linee vengono soppresse, il personale, in gran parte richiamato alle armi, viene sostituito da donne e da pensionati.

A partire dal 1946 si inizia una politica di ripristino dell’esercizio ferroviario subordinato ad un cauto impiego dei mezzi finanziari disponibili.

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Nel marzo del 1951 la linea Monza – Lecco viene migliorata grazie al passaggio dalla trifase al sistema 3000 volt a corrente continua. Tale innovazione permette di snellire leggermente la circolazione sulla linea. Gli anni cinquanta sono caratterizzati da numerosi provvedimenti tesi alla soppressione o alla chiusura di alcune linee, come:

- linea Monza – Cantù (01/12/1952); - linea Brugherio – Monza (12/10/1952); - linea Milano – Bicocca (13/02/1956);

- linea Milano - Torretta - Cinisello - Sesto San Giovanni (08/07/1957); - linea Sesto - San Fruttuoso – Monza (07/10/1956)

La linea Monza – Molteno – Oggiono passa, il primo gennaio del 1954, sotto la gestione delle Ferrovie dello Stato e se ne prevede inizialmente la soppressione ma, tra continui rinvii, il servizio continua.

Intorno alla metà degli anni ’50 il numero dei passeggeri e dei convogli al loro servizio diviene insostenibile e si inizia a pensare di raddoppiare le linee sovraffollate con un sistema a doppio binario. Negli anni 60 aumentano sensibilmente i treni che percorrono la Milano – Monza. Nel 1955 i treni presenti sulla Milano - Lecco si differenziavano nel seguente modo: 94 treni locali e diretti, 18 espressi e rapidi senza fermata a Monza e 40 treni merci ogni giorno. Si arriverà al quadruplicamento del binario il 23 maggio 1971. Pian piano, anche con la costruzione di nuovi binari, si arriverà ai giorni nostri in cui circolano in media 176 treni regionali e diretti, 42 espressi, intercity e “cisalpino” e 69 treni merci al giorno.

Nella seconda metà degli anni ’80 viene realizzato un nuovo tracciato tra la stazione di Albate Camerlata e Chiasso, grazie alla galleria di Monte Olimpino 2. L’attivazione del tracciato avviene nel 1989.

Attualmente sia le Ferrovie dello Stato sia le ferrovie svizzere stanno attuando progetti finalizzati ad incrementare la capacità di trasporto mediante la realizzazione di due nuove gallerie, quella del Lötschberg e quella del San Gottardo. Per questa nuova linea è prevista una velocità massima di 250 km/h e l’apertura entro il 2011. Nel 2017 è programmata l’apertura della galleria del Monte Ceneri, fra Bellinzona e Lugano, della lunghezza di circa 16 km, con conseguente riduzione dei tempi di percorrenza tra Milano e le principali città svizzere.

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La ferrovia ad Olgiate Molgora

Cessato Catasto 1898

Alla fine dell’Ottocento, poco prima della stesura del Cessato Catasto, va ricordato un avvenimento fondamentale che apporterà delle importanti modifiche sia dal punto di vista territoriale che delle vie di comunicazione l’arrivo della ferrovia. Il decennio che va dal 1860 al 1870 si può infatti definire il “decennio della ferrovia”. Nell’elenco delle Ferrovie attive nel gennaio del 1874 compare la Monza - Calolzio per un totale di 31 km. La ferrovia, che percorreva la parte più bassa e meno pittoresca del paese e che diede ad Olgiate Molgora grandi possibilità di sviluppo economico, venne così denominata in quanto congiungeva la linea Milano - Monza con la linea Bergamo - Lecco di precedente costruzione. Insieme alla realizzazione della Ferrovia e della relativa stazione, venne avviata la costruzione de L’albergo della

stazione in Via Roma.

Riqualificazione delle Linee Ferroviarie e raddoppio della tratta Carnate Usmate – Airuno della ferrovia Milano - Lecco con modifica della Linea elettrica primaria a 66 KV

C.T.R. 1996

Nota Generale

Il raddoppio della linea ferroviaria Milano - Lecco costituisce la necessaria premessa per un collegamento

forte con la progettata Gronda Nord-Est, come prosecuzione dell’Alptransit attraverso Chiasso, in funzione

di un auspicabile collegamento diretto con il Nord Europa, evitando il nodo di Milano e la strettoia di Chiasso, e aprendo nuove prospettive per l’Alto Lario, la Valchiavenna e la Valtellina che diversamente rischierebbero di diventare aree marginali. Uno di questi progetti riguarda l’eventuale collegamento verso il Nord Europa attraverso il traforo ferroviario della Mesolcina, per il quale sarà importante seguire da vicino gli sviluppi.

Importanti sono nell’immediato la modernizzazione e la riqualificazione della linea Lecco – Molteno – Monza - Milano, in funzione di un servizio “metropolitano” in Brianza, compito che anche la linea Bergamo – Paderno d’Adda – Carnate dovrà svolgere con maggior funzionalità, eliminando in prima istanza i passaggi a livello. Con riguardo ai collegamenti est-ovest, a nessuno sfugge l’opportunità di favorire la pedemontana ferroviaria Bergamo – Lecco - Como - Varese, che potrebbe servire gli aeroporti di Malpensa e Orio al Serio e collegarsi con l’Alptransit a Chiasso.

Nella prospettiva di riorganizzazione del sistema a rete ferroviario, oltre che di quello stradale, diventa sempre più importante la funzione della stazione ferroviaria del capoluogo Lecco sia per il servizio “metropolitano” che per l’intermodalità.

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Finalità

Attuale tracciato della linea Carnate Usmate – Airuno

Incremento del trasferimento delle quote di traffico dalla gomma al ferro, integrazione e connessione delle reti di trasporto, miglioramento accessibilità Malpensa.

Risultati attesi

Miglioramento del servizio offerto all’utenza in termini di frequenza di treni, puntualità, velocità commerciale e del livello di sicurezza del traffico ferroviario incrementando la capacità del sistema di assorbire le perturbazioni (ritardi), aumento della disponibilità di intervalli diurni per la manutenzione.

Note

In data 21/02/2003 un protocollo d’intesa sottoscritto dalla Provincia di Lecco, il Comune di Calco, il Comune di Olgiate Molgora e R.F.I. SpA concorda alcuni interventi integrativi al progetto definitivo finalizzati ad ottenere un miglioramento della riqualificazione urbana ed ambientale del territorio interessato, ad un inserimento ottimale del raddoppio della linea ferroviaria nell’ambiente circostante e a favorire l’interscambio ferro gomma presso la stazione di Olgiate Molgora con un nuovo collegamento stradale di servizio.

Progetto

Il raddoppio della tratta Carnate Usmate - Airuno, sulla linea ferroviaria Milano - Lecco, implementerà il servizio ferroviario suburbano della linea S8 Milano – Carnate - Lecco. Passeranno circa 72 treni rispetto agli attuali 56, a cui si affiancheranno 36 treni diretti giornalieri da Milano per la Valtellina e viceversa. Il raddoppio creerà anche le condizioni per attivare un nuovo collegamento verso l’aeroporto di Malpensa lungo la direttrice Carnate – Seregno - Saronno.

Futuro tracciato della linea Carnate Usmate – Airuno

Il costo complessivo è pari a 187 milioni di Euro, di cui 26 finanziati dalla regione Lombardia. Il progetto si prefigge in generale i seguenti obiettivi:

- potenziamento dei servizi offerti e della capacità complessiva della linea;

- abbandono dei tratti a mezza costa interessati da frane e riduzione delle tortuosità del tracciato; - chiusura di tutti i passaggi a livello con ripristino della viabilità mediante cavalcavia/sottovia

sostitutivi;

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Il raddoppio tra Carnate ed Airuno, per una lunghezza di circa 12,3 km, segue prevalentemente il binario esistente scostandosi solo in due punti, dove, per ridurre il più possibile l’impatto ambientale in questa zona della Brianza territorialmente e paesaggisticamente di pregio, si costruiscono due nuovi tunnel: la galleria Roncaglia (260 m), a sud di Olgiate, e la galleria Beverate (2.155 m), in prossimità di Airuno.

Con lo scopo di velocizzare l’itinerario e di superare i problemi di attraversamento del comune di Brivio, la galleria Beverate, il cui costo è di circa 27 milioni di Euro, si inserisce all’interno dei lavori di raddoppio della linea ferroviaria tra la p.k. 21+768 e la p.k. 23+970 circa, con tracciato in variante rispetto all'esistente. Il suo tracciato è situato all'interno del territorio comunale di Olgiate Molgora e di quello del comune di Airuno dove sottopassa la collina su cui sorge la frazione di Monistirolo (comune di Olgiate Molgora) e quello di Airuno (comune di Airuno). La galleria, a canna singola e a doppio binario, ha la sezione circolare con arco rovescio, e un raggio di scavo variabile da 6,20 a 7,10 m. Il raggio finale interno calotta è di 5,30 m. la Rete Ferroviaria Italiana (RFI) ne ha affidato la costruzione alla società Todini di Roma. La galleria si sviluppa all’interno di formazioni sedimentarie, costituite da terreni torbiditici a litologia prevalente arenacea e/o siltoso-pelitica. Sono presenti fratture di origine tettonica in corrispondenza delle quali si sono avuti e si prevedono stillicidi e venute d’acqua di intensità variabile.

Durante l’avanzamento dei lavori si sono trovate quantità d’acqua di falda superiori a quanto previsto dal progetto esecutivo. E’ stato quindi necessario studiare e attuare in corso d’opera soluzioni tecniche opportune e procedere al potenziamento dell’impianto di depurazione delle acque di risulta dai lavori di escavazione. Il tratto di imbocco sud è stato soggetto a un progetto di variante, che ha interessato prevalentemente le opere di consolidamento in avanzamento (tratta in galleria naturale), in modo da garantire una maggiore protezione dei fabbricati sovrastanti l’asse della galleria.

Il presente: singolo binario tra Carnate-

Usmate e Airuno; 56 treni al giorno sulla linea Milano – Carnate - Lecco; 20 treni giornalieri diretti da Milano a Sondrio o Torino; orario semicadenzato con un treno Milano – Lecco ogni ora e alcuni servizi Milano - Carnate; numerosi passaggi a livello sulla tratta Carnate-Airuno; stazioni con binario di precedenza: Cernusco - Merate e Olgiate – Calco –Brivio.

Il futuro: doppio binario tra Carnate –

Usmate e Airuno; 72 treni al giorno sulla Milano – Carnate - Lecco; 36 treni giornalieri diretti da Milano a Sondrio o Torino; orario cadenzato e linea “S8” Milano - Carnate: un treno all’ora Milano - Lecco più un treno all’ora Milano - Carnate, per un totale di due treni all’ora sulla relazione Milano - Carnate. Non si esclude un’estensione del servizio suburbano (treno ogni mezzora) fino a Lecco; soppressione di tutti i passaggi a livello e realizzazione di due gallerie; le stazioni di Cernusco-Merate e Olgiate – Calco - Brivio diverranno semplici fermate di linea con realizzazione di nuovi marciapiedi, pensiline e sottopassaggi.

Il progetto, condotto secondo la nuova procedura prevista dalla Legge Merloni ed in ottemperanza alle normative Italiane ed Europee in materia di Valutazione di Impatto Ambientale, ricade in gran parte nell’ambito di una porzione territoriale soggetta a vincolo paesistico. Si è cercato quindi di recuperare una parziale coerenza, mediante la progettazione di interventi di inserimento ambientale, che salvaguardassero il più possibile l’integrità delle valenze paesistiche e naturali del territorio attraversato. La presenza di una miniera dismessa ha imposto che si prestasse una particolare attenzione alla raccolta e al trattamento delle acque inquinate, sia in fase d’opera (cantierizzazione dei portali) sia in fase d’esercizio (previsione di eventuali sversamenti).

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L’intervento di raddoppio della linea, ha offerto una valida occasione per condurre un approfondito studio degli impatti ambientali che l’opera esistente comporta.

E’ stato quindi redatto un progetto esecutivo che fosse in grado di ridurre al massimo tale situazione, e che proponesse delle opere di mitigazione ambientale, volte a minimizzare gli impatti acustico e visivo, in considerazione del fatto che la linea attraversa numerosi tratti urbani, e l’impatto paesaggistico, favorendo il rimboschimento, così da migliorare l’inserimento delle opere nel territorio.

Introduzione dei reclami

Sottopasso ciclopedonale Via Olcellera - Via Cantù

Confronto fra nuovo e vecchio tracciato

Tratto del tracciato attuale che verrà messo in disuso

Il raddoppio della linea ferroviaria Milano - Lecco, oltre agli aspetti migliorativi e ai vantaggi dal punto di vista dei collegamenti precedentemente descritti, propone anche un risvolto di tipo invasivo per il territorio interessato dai lavori. Settantuno mappali espropriati, otto edifici da abbattere e un asilo che oggi ospita circa settanta bambini dovrà essere ricostruito altrove, questi sono i dati che riguardano il comune di Olgiate Molgora. Stando ai freddi numeri sono queste le immediate conseguenze del doppio binario sul tratto ferroviario che da Carnate arriva fino ad Airuno. Il territorio di Olgiate Molgora, sarà quello che pagherà il tributo più alto all’innovazione tecnologica che si propone, almeno sulla carta, di rendere più veloci i collegamenti tra Lecco e Milano. Con la pubblicazione delle procedure di esproprio sulla Gazzetta Ufficiale e sui quotidiani, la lenta e mastodontica macchina burocratica delle Ferrovie che sembrava essere andata in letargo è ripartita e pare proprio che questa volta faccia sul serio. Nel giro di due anni gli espropri dovrebbero essere portati a termine anche se, fino ad ora, incontri tra i proprietari che dovranno abbandonare le proprie case e le Ferrovie, non si sono ancora verificati. La procedura è talmente in ritardo che non sono nemmeno stati calcolati gli indennizzi per le singole famiglie. Solo grazie all’interessamento dell’amministrazione, che ha fatto da intermediario con le Ferrovie, le famiglie otterranno un anticipo. Secondo tale documento, spiega il sindaco Alessandro Brambilla, «le Ferrovie verseranno circa il 20% subito mentre la quota

restante sarà stanziata solo nel momento in cui le abitazioni saranno state liberate e quindi potranno essere abbattute».

E’ un fatto incontestabile che da quando nel lontano 1972 si cominciò a parlare del raddoppio della ferrovia, tutte le case della zona hanno perso gran parte del loro valore commerciale e da allora le compravendite hanno subito danni ingentissimi.

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Più d’una furono le proposte da parte dell’amministrazione agli espropriandi per andare incontro alla loro necessità di certezze. La prima, prevedeva di trasformare in edificabili terreni inseriti nel Piano Regolatore Generale come agricoli, senza però nessun seguito, la seconda, invece, aveva come obbiettivo la costruzione in una parte non meglio definita del territorio comunale di un edificio residenziale dove avrebbero potuto trasferirsi, almeno temporaneamente, le famiglie di Olcellera. Anche in questo caso, l’idea, di per sé piuttosto interessante, non ebbe mai alcun seguito. Si arriva così ai giorni nostri, dove le prospettive restano incerte, e gli abitanti delle case interessate dai lavori ancora attendono di sapere, e non sono certo disposti ad andarsene senza prima avere definito tutti i particolari dell’operazione.

1.4 Parchi e territorio agricolo

«Il territorio ha significato quasi esclusivamente spaziale e valore più estensivo-quantitativo che

intensivo-qualitativo. Esso è infatti un’estensione della superficie terrestre, che può essere delimitata secondo divisioni geofisiche (monti, fiumi), secondo differenze linguistiche, secondo delimitazioni politico-amministrative. L’ambiente ha due significati prevalenti, uno biologico e uno storico-culturale per cui il concetto di ambiente include in sé quello di territorio, essendo l’ambiente il territorio qualificato biologicamente, storicamente e culturalmente. Nell’ambiente c’è il territorio con in più la vita, la storia, la cultura. L’ambiente è dunque il territorio vivente per l’uomo e vissuto dall’uomo. Il paesaggio è infine la forma che l’ambiente conferisce al territorio come materia della quale esso si serve, o meglio: il paesaggio è la forma in cui si esprime l’unità sintetica a priori della materia (il territorio) e del contenuto - o funzione - (ambiente). Territorio e ambiente sono condizioni a cui possiamo risalire solo con uno sforzo di astrazione dalla concretezza del paesaggio che noi viviamo e sperimentiamo e conosciamo come territorio e ambiente nella loro indissolubile unità».2

1.4.1 Analisi territoriale dell’area

Nel paragrafo riguardante l’assetto morfologico si è fatto cenno alla particolare conformazione del territorio di Olgiate Molgora e ai fenomeni di erosione che lo hanno originato. L’azione dei ghiacciai ha modellato il territorio e il risultato è una morfologia varia, un alternarsi di pianori e colline che ha guidato l’antropizzazione di questa regione.

La conformazione del territorio, alternarsi di piani e rilievi, e le condizioni paludose di alcune zone depresse hanno favorito l’occupazione non concentrata del territorio: l’attuale Olgiate sorge su una zona un tempo suddivisa in molte competenze territoriali (non tanto derivanti dalla proprietà dei fondi, quanto dall’uso degli stessi) composte da cascina (o piccola corte aperta) e terreno, più o meno ampio. Tuttora si possono riconoscere, con l’aiuto della cartografia storica, ma anche solo percorrendo il territorio, i nuclei attorno ai quali si è formata l’attuale Olgiate, definibile ancora, anche se con minore chiarezza rispetto a qualche decennio fa, paese policentrico; a fianco dei nuclei veri e propri, raggruppamenti di case formatisi attorno ad un incrocio stradale, c’erano, e esistono ancora, molte cascine sparse e qualche villa; considerando una soglia storica all’interno della prima metà del XIX secolo, nell’attuale territorio di

2 in R. Assunto, Paesaggio, ambiente, territorio. Un tentativo di precisazione concettuale, in Rassegna di Architettura e Urbanistica,

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Olgiate si potevano individuare, e la maggior parte sono tuttora riconoscibili, divisi in centri, cascine e ville, i seguenti nuclei (rintracciabili sulla cartografia attuale):

- Pianezzo - Beolco - Monticello - Mondonico - Canova - San Zeno - Porchera Cascine - Regondino - Molino Cattaneo - Molino spagnolo - Cabella - Stalli - Brughiera - La Vigna - Cà Bianca - Contrasoa - Mirasole - Biancanuda - S. Donnino - Squadra - Valmara - Valicelli - Borlengo Ville - Olgiate - Buttero - Buonmartino

Come evidenziato nel paragrafo sull’analisi dello sviluppo urbanistico, l’inserimento del tracciato ferroviario ha condizionato l’espansione del paese, o meglio ha segnato e influenzato l’espansione e la successiva aggregazione dei diversi nuclei.

Ma non solo la ferrovia ha guidato l’urbanizzazione, infatti anche altre vie di comunicazione interessano il territorio di Olgiate: assi stradali interprovinciali come la Monza - Lecco e la Como - Bergamo attraversano quest’area. D’altra parte, questa regione fu crocevia sin dai tempi della colonizzazione romana: tra le colline di Montevecchia, del San Genesio, del Buonmartino, dell’Onazzo, dell’Ombrellino erano ricavati i tracciati delle vie militari romane, tra questi rilievi, preannuncianti la catena alpina, si verifica il “cambiamento di stato”, il passaggio dalla pianura padana, pur nella manifestazione brianzola, alla zona prealpina: in questo tratto di territorio si assiste al mutamento repentino del paesaggio da zona pianeggiante (o prevalentemente tale) ad altra caratterizzata da un’orografia più astiosa, difficile.

Il “passaggio di stato” (inteso anche come cambiamento territoriale - ambientale) avviene in mezzo alle colline modellate dai ghiacciai, tra le quali in epoca romana sono stati ricavati i percorsi di attraversamento trasversale dell’arco alpino (la Via Ulteria, che dai Giovi, per Pavia, Monza, Lecco si dirigeva a nord) e quelli di collegamento sub-alpino (la Via Marzia, tra Bergamo e Como). Nel tratto di territorio oggetto dello studio questi tracciati si incrociano: si incontrano poco più a nord dell’attuale stazione ferroviaria, ma un tracciato secondario le collegava attraverso la valle del Molgora; la via Marzia, poche centinaia di metri a ovest della Vigna, aveva probabilmente una mansio nell’attuale Crescenzaga. La memoria di quei tracciati è rimasta nelle attuali vie di comunicazione, e Olgiate ha mantenuto il carattere di territorio di passaggio. Tutto questo porta con sé vantaggi e svantaggi: se da una parte i traffici e i commerci portano ricchezza e opportunità (sotto forma di dazi e presenza di merci), dall’altra il territorio corre il rischio di essere sacrificato sull’altare del profitto. Il caso di Olgiate Molgora, anche se interessato dal passaggio di importanti assi di comunicazione, non può certo essere paragonato ad altre società mercantili ben più sviluppate (ad esempio i casi dei capoluoghi che si affacciano sul lago di Como), ma, con le dovute proporzioni, anche qui le infrastrutture hanno accompagnato lo sviluppo dell’economia e l’occupazione indiscriminata del territorio. I casi del Fabbricone (settore tessile), del Cementificio (con la creazione di chilometri di gallerie sotterranee per l’estrazione della materia prima) e attualmente, sotto certi aspetti, la produzione vivaistica, ne sono la riprova.

Addentrandosi maggiormente nell’analisi, il territorio di Olgiate si può quindi dividere in due parti tra loro molto diverse: da una parte il territorio solcato dalla ferrovia contraddistinto da un’urbanizzazione densa

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e poco omogenea, dall’altra la valle del Molgora che ha mantenuto quasi interamente il suo carattere agricolo.

Come si deduce dai catasti (Teresiano, Lombardo - Veneto e Cessato), l’espansione di Olgiate Molgora è iniziata con l’arrivo della ferrovia, ma è diventata indiscriminata, dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella zona centrale di Canova, dove si trova la stazione ferroviaria.

Tale espansione ha riguardato l’intero piano dei Calendoni fino all’asse di Via Pilata a sud e fino alle pendici del colle Buonmartino a ovest, arrivando a inglobare o almeno lambire antichi nuclei quali Pilata, Contrasoa e Mirasole; in pratica, procedendo da sud, attualmente da Via Pilata fino all’ex Cementificio il territorio è saturo di costruzioni prevalentemente residenziali, la cui nascita è da mettere in relazione con la vicinanza della stazione e la conseguente facile accessibilità al treno per gli spostamenti verso i luoghi di lavoro (pendolarismo prevalentemente verso Milano).

Il discorso in parte differente per la zona di San Zeno - Porchera: qui la ferrovia costituisce il limite nord e divide la zona abitata dalla collina del San Genesio, la quale è una sorta di quinta per l’abitato; l’asse di espansione in questo caso è la direttrice verso est (sulla sede dell’antica via romana Via Marzia): l’espansione è meno satura ma più selvaggia; rimangono riconoscibili le cascine che usavano e in parte usano ancora questo territorio. Il nucleo di Porchera, pur se circondato, mantiene il suo carattere di piccolo borgo la cui torre nel contesto ha ancora l’importanza formale originaria.

Il territorio interessato dal passaggio del Molgora si estende tra il Parco Regionale di Montevecchia e Valle del Curone a sud e quello del San Genesio a nord. Queste colline sono due importanti presenze dal punto di vista paesaggistico, formalmente racchiudono la Valle del Molgora nel suo percorso in Olgiate, costituiscono due limiti molto marcati entro i quali si verifica l’incontro tra le valli originate dai due rami del ghiacciaio dell’Adda. Tra le due colline principali vi sono altri rilievi (Buonmartino e Ombrellino) che dividono la Valle del Molgora dal pianoro dei Calendoni. Tale pianoro era, prima della bonificazione, occupato da un acquitrino che si estendeva fino al territorio di Calco. Il recupero di quest’area fu inizialmente suggerito dall’esigenza di aumentare la superficie coltivabile. Successivamente, come accennato poco sopra, in seguito al progressivo abbandono dell’agricoltura, la regione dei Calendoni è diventata il luogo dell’espansione urbana.

Altra zona bonificata è quella tra il Molgora e il colle Buonmartino. Precedentemente occupata da una palude, è stata prosciugata ma nel toponimo della cascina che è ancora presente (la Vigna) rimane la memoria della condizione precedente. Tale nome trae origine da lavinia (derivato a sua volta dalla fusione del latino lacuna e dell’italiano lavo), zona periodicamente allagata e non da vigna o vigneto. Sembra che l’acquitrino si fosse formato a causa della frana della collina di Monte avvenuta nel 598 d.C. che chiuse il varco tra la stessa e la collina del Buonmartino: impedito così lo sfogo del torrente Molgora, l’area si allagò. Successivamente, presumibilmente per esigenze viarie, si decise di svuotarlo. Le vie sopraelevate erano più sicure e all’asciutto, ma molto più lunghe e faticose da percorrere, soprattutto con le merci. La soluzione consistette nell’aprire un varco tra le due colline per consentire al Molgora di riprendere il suo corso. Tale opera è attribuita a Teodolinda che, come dice il Dozio, fece tagliare la «costiera che, tra i due punti or più vicini univa, come vogliono, il colle Buonmartino con l’altro di

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Un’altra opera idraulica compiuta nei pressi di quest’area è la regimentazione del Molgora di Mondonico nel suo tratto tra Monticello e l’incrocio con Via Pilata: la modifica è attribuibile alle necessità della fabbrica tessile situata nei pressi di Monticello, poiché è proprio da quel punto che inizia la rettifica che consente un deflusso più veloce delle acque; tale modifica è sicuramente precedente il 1857, data in cui fu redatto il Cessato Catasto nel quale il corso del torrente è già come ora, mentre nel Catasto Teresiano (1721) aveva ancora un corso sinuoso.

Di fatto la Valle del Molgora costituisce un collegamento formale tra i due parchi che lambiscono il territorio di Olgiate Molgora. Tale unione, auspicata anche dal punto di vista normativo, avviene tramite questo corridoio fluviale che ha un carattere di continuità e si propone come una lingua di verde in mezzo al costruito; il corridoio, solcato dal Molgora e contornato dalle colline boscose, offre un degno paesaggio al passante stimolandone i sensi e lo fa immergere in un contesto agricolo/vivaistico che ha il sapore della corrispondenza tra coremi del territorio e iconemi del paesaggio: «passeggiare è una pratica di vita

importante. E’ una pausa, rispetto all’agire, che ci consente di immergerci nel paesaggio, di guardarlo con occhio distaccato, godendone i molteplici aspetti, toccandolo con mano e, per così dire, accarezzandolo, respirando con il suo respiro. Rispetto al guardare che si fa dall’alto o da lontano, dall’aereo o dal treno, il passeggiare rappresenta un modo di porsi nei confronti del paesaggio come attori ma anche, al tempo stesso, come spettatori, dato che passeggiare significa non impegnarsi in niente altro che nel guardare, o con il preciso fine di visitare un luogo, oppure svolgere un’attività di tipo ludico o ricreativo» ( Eugenio Turri, Il paesaggio come teatro).

Il corridoio è di fatto un collegamento tra i due parchi, ma le sue caratteristiche non si limitano ad un inerte passaggio da luogo a luogo; oltre alle caratteristiche paesaggistiche elencate sopra, l’ipotetico percorso verde da parco a parco incontra molte realtà che hanno a che fare con l’uso del territorio: percorrendo da sud a nord la Valle del Molgora numerosi vivai, cascine, aziende agricole, vecchi mulini, centri storici fanno capolino in mezzo alle coltivazioni. Questo percorso potrebbe diventare un itinerario congiungente queste realtà, consentendo così al passante di soffermarsi nei luoghi di produzione di generi alimentari e acquistarne i prodotti (formaggi, latte, frutta, prodotti trasformati, ma anche piante, ornamentali e non, siepi, alberi...).

Di seguito sono elencati i luoghi ecologicamente e architettonicamente significativi all’interno del corridoio verde (procedendo da sud a nord):

Pianezzo - è un antico nucleo agricolo che anche attualmente utilizza la fascia meridionale del territorio di Olgiate Molgora; nel tempo, pur mantenendo la struttura originaria, il nucleo è stato allargato con nuove costruzioni (anche ora si sta costruendo). Tuttora sussiste una grande stalla (circa 170 capi) dalla quale è derivato il latte che viene venduto in loco anche al dettaglio.

Molino Cattaneo - è un vecchio mulino (ora dismesso) trasformato in comune abitazione.

Ospedale - sorge sulla Via Pilata, asse di penetrazione stradale della Valle del Molgora, alternativo alla Via Ulteria (nel piano dei Calendoni), lungo il quale era posta una serie di “servizi” tra i quali un ospedale inteso come luogo di sosta per viandanti.

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