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47 5. QUADRO NORMATIVO

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5. QUADRO NORMATIVO

Per consentire l'avvio del sistema di scambio, fissato dalla Direttiva Emission Trading per il 01.01.2005, sono stati emessi degli atti normativi urgenti, quali il D.L. 273 del 12/11/2004, convertito successivamente nella Legge 316 del 30/12/2004, "Disposizioni urgenti per

l'applicazione della direttiva 2003/87/CE" che fissava i principali termini per la

presentazione della domanda di autorizzazione e delle informazioni necessarie per procedere all'assegnazione delle quote di emissioni di CO2. Il formato, le specificazioni di

dettaglio e le modalità di trasmissione della domanda di autorizzazione e delle informazioni per l'assegnazione delle quote sono stabilite invece dai decreti direttoriali n. DCE/RAS/1715/2004 del 16.11.2004 e DCE/RAS/1877/2004 del 29.11.2004.

L'art. 3 del D.L. 273 stabilisce inoltre che, sino all'emanazione del decreto legislativo di recepimento della Direttiva ET, realizzatosi solo nel 2006 con il D.lgs n. 216, le funzioni di autorità nazionale competente sono svolte dal Ministero per l'Ambiente, direzione generale per la ricerca ambientale e lo sviluppo.

Sempre in base al D.L, il Ministero dell'Ambiente può avvalersi dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT) e dell'ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA). Entro il 28.02.2005, come previsto dall'art. 11 comma 4 della Direttiva ET, dovranno essere assegnate e rilasciate ai singoli gestori le quote di emissioni sulla base del PNA eventualmente revisionato a seguito delle informazioni fornite dai gestori e delle modifiche e integrazioni richieste dalla Commissione Europea in sede di approvazione del piano stesso.

Le autorizzazioni sono state rilasciate con i seguenti decreti direttoriali: DEC/RAS/2179/2004, DEC/RAS/2215/04, DEC/RAS/013/05, DEC/RAS/66/2006 e DEC/RAS/420/2006, aggiornate successivamente con la deliberazione n. 04/2006.

L'11 luglio 2006 è stato illustrato al Senato il disegno di legge recante "Norme per

l'attuazione del Protocollo di Kyoto con lo sviluppo delle fonti rinnovabili, dell'efficienza, dell'innovazione del sistema energetico e delle mobilità".

Non investire nella riduzione di gas serra significa infatti mantenere un sistema energetico arretrato, inefficiente, costoso e quindi poco competitivo: la prospettiva adottata è quella di riuscire ad intravedere nel conseguimento degli obiettivi di Kyoto un'occasione per rinnovare il parco energetico italiano ancora troppo dipendente dall'impiego di combustibili fossili provenienti dall'estero ed eccessivamente costoso per il nostro Paese, sia in termini di emissioni di gas serra che economici.

In particolare la relazione allegata alla presentazione del progetto di legge ha fatto notare che il costo dell'energia primaria in Italia è passato dal 2000 al 2005, da 32,6 miliardi di Euro in 36,6 miliardi di euro. Questo incremento è da addebitarsi all'aumento del prezzo

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del petrolio passato da 19,4 dollari/barile nel 1999 a 73,3 dollari/barile a fine giugno 2006; questo aumento avrebbe portato con sé anche il costo del gas naturale e del carbone. Attraverso il finanziamento di azioni volte ad incentivare il ricorso a fonti rinnovabili e ad un limitato ricorso ai meccanismi flessibili di Kyoto, i dati tecnici della relazione stimano di poter ridurre per il 2012 le emissioni di CO2 a circa 90 milioni di tonnellate all'anno e di

poter così recuperare i ritardi accumulati nel conseguimento degli obiettivi del Protocollo. A tal fine l'art. 2 introduce, per tutte le fonti energetiche rinnovabili, il sistema tedesco del conto energia con tariffe incentivanti, differenziate per fonte, senza costi eccessivi, e volte a favorire gli investimenti nel settore. In linea con questo obiettivo l'art. 3 intende, quindi, rimuovere gli ostacoli tecnici che impediscono la connessione alla rete degli impianti che generano energia elettrica da fonti rinnovabili, attraverso l'introduzione dell'obbligo di connessione prioritaria alla rete al gestore più vicino all'impianto, la cui rete sia tecnicamente adeguata a ricevere tale energia elettrica.

L'art. 4 introduce invece i criteri di sostengo ed incentivazione delle fonti rinnovabili termiche e dei bio carburanti destinati al riscaldamento, alla trazione, per lo più in miscelazione con i carburanti di origine fossile.

Tra le novità più rilevanti si prevede all'art. 6 la creazione di un fondo di rotazione per l'efficienza energetica le cui modalità di accesso e l'emanazione dei criteri per l'idoneità dei soggetti che possono partecipare ai bandi di gara, sono stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.

5.1. Il Decreto Legislativo n. 216 del 2006.

Il Decreto Legislativo 4 aprile 2006 , n. 216, entrato in vigore il 20 giugno 2006, relativo alla “Attuazione della direttiva 2003/87/CE e 2004/101/CE in materia di scambio di quote

di emissione del gas ad effetto serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto”, è intervenuto a dare attuazione alla direttiva EU ETS; il

recepimento arriva dopo la condanna della Corte di Giustizia UE (sentenza 18 maggio 2006) per il mancato recepimento della direttiva 2003/87/CE, il cui termine era fissato al dicembre 2003.

Tra gli elementi più significativi della normativa in esame si rilevano:

• la definizione di Autorità Nazionale Competente individuata dall’art. 8 nel “Comitato di Gestione ed Attuazione della direttiva 2003/87/CE” istituita presso il Ministero dell’Ambiente, con il compito di gestire il sistema nazionale di scambio delle quote in maniera da renderlo compatibile con l’Emission Trading comunitario12;

12 Attualmente il Ministero dell'Ambiente ha avviato la procedura per nominare il nuovo Comitato, a seguito

del cambio di Governo avvenuto ad aprile 2008. Tuttavia il Parlamento con un emendamento ha prorogato la validità del vecchio Comitato fino alla nomina dei nuovi membri.

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• la definizione delle procedure autorizzatorie ed il loro coordinamento con le altre discipline, ed in particolare con la normativa IPPC;

• la definitiva sistematizzazione del Piano Nazionale di Assegnazione; • l’istituzione del Registro Nazionale delle Emissioni;

• il nuovo regime sanzionatorio.

Il primo articolo, nel tentativo di dare uniformità al quadro giuridico interno, elenca tutte le direttive inerenti al sistema emission trading che sono state recepite nel nostro ordinamento; il secondo articolo, attraverso il richiamo agli Allegati A e B del decreto stesso, fornisce un resoconto di quelle che sono le attività industriali sottoposte ad autorizzazione e da un elenco dei gas ad effetto serra; tali disposizioni sono esattamente ricostruite sulla falsariga della direttiva 2003/87/CE.(vedi cap.3).

Con l’articolo 3, oltre ad esplicitare le definizioni, il decreto legislativo dà conto di ciò che è già stato attuato nei due anni di ritardo nel recepimento della direttiva. Tra gli elementi di innovazione di questa disposizione si rileva l’adozione dell’Italian Carbon Found, istituito dal Ministero dell’Ambiente presso la Banca mondiale, ossia di un fondo finalizzato all’acquisto dei crediti derivanti dallo svolgimento delle attività di attuazione congiunta quali il Clean Development Mechanism e la Joint Implementation.

Il decreto legislativo interviene poi a chiarire il concetto di anidride carbonica equivalente ampliando l’estensione della contabilizzazione e della riduzione non solo alla CO2 ma

anche a tutti i gas serra.

Infine l’art. 5 specifica che nessun impianto, le cui attività siano indicate nell’Allegato B, che inizi ad esercitare la propria attività dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo (il decreto è entrato in vigore il 20 giugno 2006) in esame non potrà esercitare il proprio ciclo produttivo senza l’apposita autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra rilasciata dal Comitato per l’attuazione della direttiva EU ETS. Con questa disposizione si è voluto rafforzare il ruolo svolto dalle procedure autorizzative nel nostro ordinamento.

Il decreto in esame è stato recentemente modificato dal Dlgs. 51 del 07.03.2008 che, oltre a rivedere le tempistiche per la presentazione delle comunicazioni, è andato ad istituire il Sistema Nazionale per la realizzazione dell'Inventario Nazionale dei Gas Serra.

5.1.1. L’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra.

La direttiva EU ETS del 2003 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2005, nessun impianto potrà esercitare le attività indicate nell’Allegato I, a meno che il relativo gestore non sia munito di un’autorizzazione rilasciata da un’autorità competente.

L’art. 8 del decreto legislativo n. 216/2006 ha finalmente individuato, all’indomani di una travagliata contrattazione, nel Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva

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2003/87/CE13, istituito presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, l’Autorità nazionale competente a:

- predisporre il Piano Nazionale di Assegnazione;

- definire le modalità e le forme di presentazione della domanda di autorizzazione e della richiesta di aggiornamento di tale autorizzazione;

- rilasciare le autorizzazioni ad emettere gas a effetto serra e provvedere al loro

aggiornamento;

- rilasciare annualmente una parte delle quote da assegnare;

- accreditare i verificatori ed esercitare il controllo sulle loro attività;

- irrogare le sanzioni;

- rilasciare quote in cambio di CER ed ERU.

Il rilascio dell’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra è accompagnata da una attività volta a verificare la capacità tecnica dei gestori dei siti industriali interessati dall’applicazione della disciplina sullo scambio delle quote di emissione, di predisporre misure e sistemi di monitoraggio idonei a garantirne il loro affidabile e costante controllo. Il nuovo decreto n.51/2008 dispone che l'autorizzazione è rinnovata per i quinquenni successivi al primo gennaio 2008 e fino al rinnovo dell'autorizzazione resta valida l'autorizzazione rilasciata in precedenza.

5.1.2. La procedura autorizzatoria ad emettere gas ad effetto serra.

All'art. 6 del D. Lgs 216/2006 si definiscono i requisiti minimi della domanda di autorizzazione che dovranno essere indicati dal gestore per ottenere l’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra.

Prima dell’adozione del decreto legislativo n. 216, il Ministero dell’ambiente ed il Ministero delle Attività Produttive, sono intervenuti a determinare, attraverso appositi decreti ministeriali congiunti, la disciplina di attuazione della direttiva EU ETS recanti disposizioni relative: alla comunicazione delle emissioni di gas serra14, alle modalità di trasmissione e presentazione della domanda di autorizzazione15, alla ricognizione delle autorizzazioni ad emettere gas ad effetto serra16 e disposizioni per la verifica delle

13 Il comitato è composto da sei membri, di cui tre nominati dal Ministro dell’Ambiente e della tutela del

Territorio e tre dal Ministro delle attività produttive; il direttore generale della Direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo del MATT ed il direttore generale della Direzione per l’energia e le risorse minerarie del Ministero delle attività produttive sono membri permanenti del Comitato. L’art. 8 rimanda ad un successivo regolamento del MATT la definizione delle modalità di funzionamento del Comitato.

14 Decreto DEC/RAS/013/05, Decreto DEC/RAS/2215/04, Decreto DEC/RAS2179/2004, Decreto

DEC/RAS/066/2006.

15 Decreto DEC/RAS/1715/2004 16 Decreto DEC/RAS/065/2006.

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comunicazioni delle emissioni17. Tutte le autorizzazioni presentate antecedentemente alla entrata in vigore del decreto legislativo 216, ed in conformità ai suddetti decreti, continueranno a conservare la propria validità fino al 31 dicembre 2007.

Il decreto n. 216 e smi sviluppa in dettaglio le procedure necessarie ad ottenere il rilascio dell’autorizzazione ad emettere gas serra, e l’attività di attribuzione delle quote di emissione e tutta l’attività relativa alla loro gestione, monitoraggio e transazione.

Fatta salva la disciplina relativa alle autorizzazioni rilasciate prima dell’entrata in vigore del decreto in esame, i nuovi impianti industriali che intendono iniziare a svolgere le proprie attività dovranno presentare domanda di autorizzazione non prima di 180 giorni ed almeno 90 giorni prima della data di entrata in esercizio dell’impianto stesso.

Il rilascio dell’autorizzazione dovrà avvenire entro 45 giorni dal ricevimento della domanda. Questo termine è perentorio e potrà essere sospeso qualora il Comitato ritenga opportuno di dover chiedere ulteriori informazioni al gestore dell’impianto; alla disciplina in esame non si applica il principio del silenzio-assenso.

Ai fini della presentazione della domanda, è imposto l’obbligo di produrre una documentazione tecnica relativa alla quantità e qualità delle emissioni prodotte dallo stabilimento e di indicare le misure adottate per procedere al loro controllo e monitoraggio.

La domanda, secondo quanto stabilito nell’allegato C del decreto legislativo n. 216/2006 dovrà essere presentata mediante sottoscrizione del documento con firma digitale basata su un certificato qualificato rilasciato da un certificatore accreditato, e dovrà contenere:

- l’indicazione dell’impianto e le sue attività compresa la tecnologia utilizzata;

- le materie prime e secondarie il cui impiego è suscettibile di produrre emissioni elencate nell’Allegato I;

- le fonti di emissioni di gas dell’impianto elencate nell’Allegato I;

- le misure previste per controllare e comunicare le emissioni secondo le linee guida adottate a norma dell’art. 14;

- una sintesi non tecnica dei dati.

Ogni stabilimento soggetto alla direttiva EU ETS per ottenere un’autorizzazione per le proprie emissioni dovrà, quindi, descrivere l’installazione in sé, la tecnologia in uso, le fonti di emissioni e le misure di monitoraggio e reporting secondo quanto indicato dalle linee guida della direttiva. A tal fine l’autorità competente prima di rilasciare l’autorizzazione procederà ad accertare che il gestore sia in grado di controllare e comunicare le emissioni.

17 Decreto DEC/RAS/074/2006.

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Ai sensi dell’art. 16 del decreto legislativo n. 216 la verifica delle dichiarazioni dovrà accertare la credibilità e la precisione dei sistemi di monitoraggio, dei dati e delle informazioni presentate e riguardanti le emissioni rilasciate dall’impianto; la verifica avrà esito positivo qualora non si rilevi alcuna discrepanza tra i dati e le informazioni sulle emissioni contenute nella dichiarazione e le emissioni effettive.

L’attività di controllo è affidata a verificatori accreditati dal Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva EU ETS, e dovrà essere svolta in modo tale da garantire l’affidabilità, la credibilità e la precisione dei sistemi di monitoraggio, dei dati e delle informazioni presentati e riguardanti le emissioni.

All’esito dell’attività di verifica il procedimento si concluderà con il rilascio di un’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra che potrà valere per uno o più impianti localizzati sullo stesso sito e gestiti dallo stesso gestore; il rilascio dell’autorizzazione conterrà pertanto i seguenti elementi:

- nome e indirizzo del gestore;

- descrizione delle attività e delle emissioni dell’impianto;

- disposizioni in tema di monitoraggio, con specificazione della metodologia e della frequenza dello stesso;

- disposizioni in tema di comunicazioni, e

- obbligo di restituire quote di emissioni pari alle emissioni complessivamente rilasciate dall’impianto durante ciascun anno civile.

Analogamente a quanto previsto per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale stabilito dalla direttiva IPPC il gestore dovrà informare l’autorità competente in merito ad eventuali modifiche che intenda apportare alla natura o al funzionamento dell’impianto, ovvero agli ampliamenti che possano richiedere l’aggiornamento dell’autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra.

L’aggiornamento dovrà essere richiesto, come definito nel decreto 51/20008, non prima di 180 giorni ed almeno 90 giorni prima della data in cui la modifica della natura o del funzionamento dell'impianto o i suoi ampliamenti ovvero le modifiche della metodologia di monitoraggio abbiano effetto. Anche in questo caso, l’autorità competente a quel punto, valutata la completezza e la correttezza della richiesta di aggiornamento dell’autorizzazione, qualora lo ritenga necessario, procederà all’aggiornamento entro 45 giorni dalla data di ricevimento della domanda, fatta salva la richiesta di ulteriori informazioni da parte del Comitato e la possibilità di poter sospendere il decorso del termine fino alla integrazione della documentazione necessaria per completare la domanda.

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Infine, anche nell’ipotesi in cui muti l’identità del gestore dell’impianto, l’autorità competente dovrà procedere ad aggiornare l’autorizzazione per inserirvi il nome e l’indirizzo del nuovo gestore. In tal caso le domande di autorizzazione devono essere presentate all'autorità Nazionale Competente non oltre 30 giorni dalla data in cui hanno effettto.

L'Apat ha predisposto il sito internet http://www.greta.sinanet.apat.it/ dove le aziende possono trovare la modulistica necessaria per la comunicazione delle domande di autorizzazione ad emettere gas serra, per richiedere aggiornamenti dell'autorizzazione, per l'invio delle informazioni necessarie per l'assegnazione delle quote agli impianti nuovi entranti e per la dichiarazione di temporanea inapplicabilità della metodologia di livello standard.

Il decreto legislativo n. 216 è intervenuto, infine, a disciplinare tutte le domande di autorizzazione presentate prima della sua entrata in vigore; le domande che siano state inoltrate al Ministero dell’ambiente in conformità con quanto previsto dai decreti congiunti delle MATT e del Ministero delle Attività Produttive conserveranno la loro validità sino al 31 dicembre 2007.

5.1.3. Il PNA e l’assegnazione delle quote agli impianti.

Come abbiamo già avuto modo di vedere al Comitato nazionale di gestione e di attuazione della direttiva 2003/87/CE è stato conferito il compito di procedere alla predisposizione del Piano Nazionale di Assegnazione; il PNA dovrà essere successivamente approvato congiuntamente dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero delle Attività Produttive sulla base di un testo elaborato dal Comitato almeno 18 mesi prima dell’inizio dei periodi di attuazione previsti dalla direttiva

emission trading.

Dalla lettura dell’art. 10 relativo alla disciplina riservata dal d. lgs. n. 216 del 2006 al Piano Nazionale di Assegnazione, non può non balzare agli occhi una contraddizione proprio in relazione all’obbligo di emanazione del PNA almeno 18 mesi prima del periodo di attuazione della direttiva; dove si consideri la data di inizio del decorso del termine per l’adozione del PNA emergono con lapalissiana chiarezza quelli che sono i forti ritardi accumulati dall’Italia in fase di attuazione della direttiva EU-ETS.

In base al secondo periodo di attuazione della direttiva emission trading, ossia quello relativo al quinquennio 2008-2012, il PNA italiano sarebbe dovuto essere stato approvato entro il 1° giugno 2006; ma il decreto legislativo n. 216 del 2006 è entrato in vigore il 20 giugno 2006 con un Comitato di attuazione della direttiva ancora da costituire.

L’assegnazione delle quote di emissione agli impianti è disciplinata dall’art. 11 e dispone che il Comitato ottenuta l’approvazione da parte dei due ministeri interessati disponga l’assegnazione delle quote ai singoli impianti.

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L’art. 11 comma 2 prevede che entro il 28 febbraio di ogni anno il Comitato rilascia le quote di emissioni al gestore di ciascun impianto autorizzato che, al 1° gennaio dello stesso anno, non si trovi in stato di chiusura o di sospensione.

Per quanto riguarda invece gli impianti nuovi entranti il Comitato predispone l’assegnazione delle quote di emissione entro 60 giorni dal rilascio dell’autorizzazione. Contestualmente il Comitato procede al rilascio delle quote di emissione relativamente al primo anno di attività dell’impianto o di parte di esso.

Il Comitato provvederà successivamente a comunicare il rilascio delle quote di emissioni al gestore e all’amministratore del Registro Nazionale delle emissioni e delle quote di emissioni previsto dall’art. 14.

5.1.4. Validità delle quote

All'art. 18 il decreto chiarisce che le quote hanno validità per le emissioni rilasciate durante il periodo di riferimento per il quale sono state assegnate e pertanto al 30 aprile 2008 (che segna la chiusura del primo periodo di applicazione della direttiva EU ETS) non è più possibile trasferire quote eccedenti al periodo successivo e le quote rimanenti vengono cancellate. Risulta quindi impossibile prendere in prestito le quote dell'anno successivo e se non si restituiscono le quote emesse si incorre nella sanzione determinata in 40 € a tonnellata e per la restituzione, che rimane comunque obbligatoria, si devono utilizzare le quote del secondo periodo per la restituzione al valore di 20 €.

5.1.5. Verifica delle comunicazioni

Il decreto all'art. 15 dispone che a partire dal 01 gennaio 2006 il gestore di ciascun impianto deve inviare al Comitato (e a partire dal 2008 anhce all'APAT), entro il 31 marzo di ogni anno, una dichiarazione relativa alle attività ed alle emissioni dell'impianto relative all'anno solare precedente. Tale comunicazione deve essere corredata da un attestato di verifica come descritto all'art. 16.

La procedura di verifica delle comunicazioni alle emissioni si rende necessaria per accertare l'affidabilità, la credibilità e la precisione sia dei metodi e sistemi di monitoraggio che dei dati e delle informazioni dichiarate dai gestori degli impianti relativamente alle emissioni rilasciate.

L'attestato di verifica presenterà un esito positivo nel caso in cui non siano rilevate incongruenze e discrepanze fra le emissioni dichiarate e quelle realmente emesse. Ai sensi della norma in esame, la verifica è un'attività che deve essere svolta da un verificatore che, in base all'art. 16, deve essere soggetto indipendente che risponda ai criteri dell'All. V della DIR 2003/87/CE. Il gestore deve garantire al verificatore l'accesso all'impianto ed a tutti i documenti ed informazioni relativi all'attività oggetto di verifica. Il verificatore, da parte sua, è tenuto alla riservatezza dei dati e delle informazioni di cui viene a conoscenza.

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L'accreditamento dei verificatori è regolato dall'art. seguente, il 17, in cui si illustrano nel dettaglio i requisiti fondamentali che deve possedere.

Il DEC/RAS/023/2006 contiene i riferimenti per gli orientamenti e l'invio della domanda di accreditamento dei verificatori. L'accreditamento è avvenuto (DEC/RAS/096/2006) per tipologie di attività e non per codice NACE18.

5.1.6. Le sanzioni.

A completare il quadro normativo l’art. 20 del decreto legislativo in esame prevede un sistema sanzionatorio per quegli impianti o raggruppamenti di impianti che:

- non restituiscano le quote e

- che non adempiano agli obblighi informativi e comunicativi previsti dal decreto.

I gestori di impianto, ancorché muniti di autorizzazione, che non restituiscano le quote nei tempi previsti dall’art. 15 oppure omettendo di indicare la dichiarazione delle quantità effettivamente realizzate saranno soggetti ad una sanzione di 40 Euro per il primo periodo di realizzazione della direttiva e 100 Euro per i periodi successivi.

Infine ai sensi dell’art. 20 comma 11 è prevista una sanzione anche per il verificatore che rilasci attestati di verifica pur essendo a conoscenza di differenze significative tra i dati e le informazioni sulle emissioni contenute nella dichiarazione e le emissioni effettive, costituita dal ritiro dell’accreditamento e da una sanzione amministrativa pecuniaria da 20 Euro e 40 Euro per ogni tonnellata effettivamente emessa dall’impianto in eccesso alle emissioni dichiarate e verificate.

Le sanzioni devono essere pagate entro il 30 aprile dell'anno successivo rispetto a quello in cui è stata accertata la violazione.

Tab. 5.1 Schema riassuntivo delle principali sanzioni previste Sanzioni pecuniarie

Mancata autorizzazione ad emettere (art. 4)

Da 25.000 a 250.000 euro + 40 euro per ogni tonnellata emessa senza autorizzazione nel primo periodo (2005- 2007),

aumentata a 100 euro per il secondo periodo (2008-2012)

Entro 30 gg da notifica: richiesta autorizzazione (pena sospensione amministrativa dell'impianto)

Autorizzazione ad emettere non aggiornata (art. 7)

Da 1.000 a 100.000 euro

Mancata comunicazione dei dati relativi all'impianto nei tempi prescritti (art. 12)

Da 2.500 a 25.000 euro Diffida a comunicare le emissioni entro 15 gg (pena sospensione amministrativa

18 La Classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE) è un sistema di

classificazione generale utilizzato per sistematizzare ed uniformare le definizioni delle attività economico/industriali nei diversi Stati membri dell'Unione Europea.

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prescritti (art. 12) sospensione amministrativa dell'impianto)

Comunicazione sulle emissioni con informazioni false o non veritiere (art. 12)

40 euro per ogni quota di emissione indebitamente assegnata per il primo periodo; 100 euro per i successivi

Quote omesse devono comunque essere restituite

Comunicazione sulle emissioni con informazioni non congruenti rispetto alle dichiarazioni dei verificatori (art. 12)

20 euro per ogni quota di emissione indebitamente assegnata per il primo periodo e 100 euro per i periodi successivi

Quote omesse devono comunque essere restituite Possibile ritiro accreditamento al verificatore e sanzione pecuniaria da 20 a 40 euro/ton effettivamente emessa in eccesso a quanto dichiarato Mancata dichiarazione sulle

emissioni entro il 30 aprile (art. 15)

Da 2.500 a 50.000 euro

Mancata restituzione delle quote entro il 30 aprile (art. 15)

40 euro per il primo periodo; 100 euro per i successivi + obbligo restituzione quote mancanti

Mancata comunicazione di chiusura o sospensione dell'attività (art. 21)

Da 1.000 euro a 100.000euro + da 20 euro a 100 euro per ogni quota di emissione

indebitamente rilasciata

A conclusione di ciò, gli adempimenti previsti per le Aziende, possono essere così schematizzati:

AVERE AUTORIZZAZIONE (dal 01.01.2005)

EFFETTUARE IL MONITORAGGIO DEI DATI (dal 01.01.2005)

PREDISPORRE E FARE VERIFICARE LA COMUNICAZIONE DEI DATI (entro il 31.03 di ogni anno)

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Fig. 5.1 Diagramma di flusso del processo di comunicazione, verifica e restituzione delle quote di emissione in base alle responsabilità dei soggetti coinvolti

Verificatore Gestore

ANC

Predisposizione della comunicazione annuale delle emissioni (foglio .exl on-line)

Sottoscrizione con g firma elettronica a invio all’ANC della comunicazione annuale corredata dell’attestato di verifica ricevuto dal verificatore

Sottoscrizione con firma elettronica e invio all’ANC dell’attestato di verifica e del rapporto sul processo di convalida

Accesso al Registro delle emissioni e delle quote di emissione e conferma telematica dell’esito di verifica (e del totale emissioni)

Restituzione di un numero di quote pari alle emissioni verificate (entro il 30 aprile) Verifica delle emissioni

dichiarate e confronto con le quote restituite Ricezione dell’attestato di verifica e del rapporto sul processo di convalida

Ricezione delle comunicazioni delle emissioni con attestato di verifica degli operatori

Verifica della comunicazione delle emissioni Compilazione del rapporto di convalida Rilascio attestato di verifica

5.1.7. Il coordinamento con la direttiva 96/61/CE (IPPC).

La direttiva Emission Trading stabilisce la necessità di creare un coordinamento tra le condizioni di rilascio dell’autorizzazione ad emettere gas serra, con la disciplina prevista per il rilascio dell’A.I.A. in applicazione della direttiva 96/61/CE; l’art. 8 della direttiva EU ETS prevede pertanto che gli Stati Membri sino: “tenuti ad adottare i provvedimenti

necessari affinché, nel caso di impianti che esercitano attività di cui all’allegato I della direttiva 96/61/CE, le condizioni e la procedura per il rilascio di un’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra siano coordinate con quelle previste da tale direttiva. Le disposizioni degli articoli 5, 6 e 7 della presente direttiva possono essere integrate nelle procedure previste dalla direttiva 96/61/CE”.

L’art. 8 stabilisce quindi che, nell’ordine, la domanda di autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra, le condizioni del suo rilascio e contenuto, nonché tutte le informazioni da trasmettere all’autorità competente relative ad eventuali modifiche che si intenda apportare alla natura o funzionamento dell’impianto, debbano essere integrate con la direttiva 96/61/CE. Ogni impianto IPPC che ricada nella applicazione della direttiva EU ETS dovrà essere munito dell’autorizzazione integrata ambientale e di una autorizzazione ad emettere gas serra.

Anche il rilascio dell’A.I.A. ad impianti sottoposti alla disciplina sull’Emission Trading dovrà pertanto includere tutte le misure necessarie per soddisfare i requisiti stabiliti dall’art. 3

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della direttiva IPPC quali: il principio di prevenzione dell’inquinamento mediante l’applicazione delle migliori tecniche disponibili, evitare che si verifichino fenomeni di inquinamento significativi e la produzione di rifiuti, fare ricorso ad un efficace utilizzo dell’energia, adottare tutte le misure necessarie per prevenire incidenti ed evitare qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione dell’attività.

Proprio al fine di consentire tale coordinamento l’art. 7 del Decreto Legislativo n. 59 del 2005 è intervenuto a specificare quello che dovrà essere il contenuto dell’autorizzazione integrata ambientale per quegli impianti chiamati a partecipare al mercato di scambio di quote di emissione; tale disposizione stabilisce che: “l’autorizzazione integrata

ambientale di attività regolamentate dalle norme di attuazione della direttiva 2003/87/CE contiene valori limite per le emissioni dirette di gas serra, di cui all’allegato I della direttiva 2003/87/CE, solo quando ciò risulti indispensabile per evitare un rilevante inquinamento locale”.

Questo significa che a differenza dell’AIA rilasciata dall’autorità competente agli impianti IPPC che deve sempre contenere i valori soglia o limite per l’esercizio delle loro attività, l’A.I.A. rilasciata ad impianti sottoposti alla direttiva EU ETS potrà contenerli solo laddove la loro apposizione si renda necessaria per impedire un rilevante inquinamento locale: vale a dire in tutti quei casi dove si possa determinare un rischio per la salute pubblica di quegli insediamenti localizzati nei pressi del sito industriale che partecipa allo scambio di quote di emissione.

5.2. Attuazione direttiva Linking in Italia.

L'Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto con la legge n. 120 del 1° giugno 2002 impegnandosi ad assumere gli impegni derivanti dall'accordo di ripartizione degli oneri in sede comunitaria. In applicazione dell’art.2 della legge 120/2002 l’Italia si è dotata di un Piano Nazionale d'azione relativo ai quinquennio 2008-2012 per la riduzione dei gas ad effetto serra, il quale ha aperto al sollecito utilizzo dei meccanismi di JI e CDM con l'obiettivo di scongiurare che eventuali applicazioni tardive potrebbero far perdere al nostro Paese l'opportunità di realizzare progetti di riduzione a costi inferiori, con conseguenze negative in termini di competitività, in favore dell'intervento più tempestivo di altri paesi.

L’Italia allo stato attuale è piuttosto indietro nell'applicazione di tali progetti per due motivi fondamentali:

il primo è dovuto al fatto che, nonostante JI e CDM costituiscano per le imprese ampi margini di abbattimento di costi ed emissioni, in realtà questi meccanismi sono sottoposti ai complessi procedimenti di approvazione previsti dal Protocollo di Kyoto, il che non

(13)

consentirebbe ai gestori degli impianti di ricevere i crediti relativi allo sviluppo dei progetti prima di due o tre anni;

il secondo motivo risiede nel grande ritardo già accumulato dall’Italia nell’ applicazione della direttiva ET, ritardo che ha portato solo nel 2006 all’adozione del D. Lgs 4 aprile 2006, n. 216 recante norme in attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/CE in materia di scambio di quote di emissione dei gas serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi del Protocollo di Kyoto.

5.3. Linee Guida Comunitarie e Nazionali

Con la decisione della commissione del 29 gennaio 2004 (2004/156/CE) sono state istituite le Linee Guida in conformità alle quali i gestori degli impianti devono effettuare il monitoraggio e le relative comunicazioni alle autorità competenti relative alle emissioni rilasciate in ciascun anno civile. Il documento disciplina anche le modalità di attuazione del controllo delle emissioni da parte degli stati membri.

A luglio 2007 la Commissione Europea, a seguito del riesame delle suddette linee guida, ha emanato la decisione 2007/589/CE che istituisce le nuove Linee Guida per il periodo 2008-2012. Queste introducono una novità rispetto alle precedenti, ovvero la trasmissione all'ANC da parte dei gestori regolati dalla direttiva EU ETS di Piani di Monitoraggio, per approvazione.

L'Italia ha recepito la decisione 2004/156/CE con il decreto direttoriale DEC/RAS/854/05

"Disposizioni di attuazione delle decisione della commissione europea C(2004) 130 del 29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra ai sensi della direttiva 2003/87/CE del parlamento europeo e del consiglio".

Il 22 febbraio 2007 il Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE ha emanato la deliberazione n. 002/2007 recante specificazioni in relazione alle disposizioni della decisione 854 del 2005.

L'art. 13 del D. Lgs 216 dispone che il gestore è tenuto al rispetto delle prescrizioni contenute sia nell'autorizzazione sia nelle disposizioni di attuazione della decisione C(2004) della commissione europea (DEC/RAS/854/2005 disposizioni nazionali).

Entro il giugno 2008 il Comitato Nazionale di gestione e attuazione avrebbe dovuto emanare le disposizioni nazionali di attuazione della decisione 2007/589/CE per specificare fra l'altro anche le tempistiche e le modalità per la presentazione dei Piani di Monitoraggio.

(14)

Sono attualmente in fase di discussione la bozza sia della delibera19 di recepimento della decisione sia del modulo per la predisposizione del Piano di Monitoraggio.

Nel transitorio il monitoraggio continuerà ad essere svolto in conformità alle linee guida nazionali vigenti, con le integrazioni previste dagli atti normativi intercorsi. (delibera 001/2008).

5.3.1. Monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas serra.

Il documento comunitario si basa sui principi di monitoraggio e comunicazione espressi nell'allegato IV della Direttiva 2003/87/CE, ed è composto da 11 Allegati:

 linee guida generali (All. 1)

 linee guida specifiche relative alle emissioni di combustione provenienti dalle attività dell'All. 1 alla direttiva (All. 2)

 linee guida specifiche per gli impianti delle categorie di attività riportate nell'All. 1 alla direttiva (da All. 3 a All. 11)

L'obiettivo principale del documento è quello di garantire l'accuratezza e la verificabilità dei dati.

I principi sui quali deve fondarsi la comunicazione sono:  Completezza: tutte le emissioni di GHG;

 Comparabilità: dati confrontabili nel tempo (modifiche della metodologia solo se garantisce una maggiore accuratezza);

 Accuratezza: assenza di errori sistematici nei valori delle emissioni determinati dal gestore (superiori o inferiori ai valori reali). Necessità di manutenzione e taratura delle apparecchiature. Metodologie e strumenti di calcolo privi di errori;

 Trasparenza: modalità di ottenimento dei dati che consenta di replicare la determinazione delle emissioni;

 Rilevanza: indicativamente un errore è da considerarsi RILEVANTE se comporta inesattezze complessivamente superiori al 5% del dato relativo alle emissioni totali

Gli impianti sottoposti alle linee guida sono quelli individuati dall'All. 1 della Dir. 2003/87/CE; si specifica che per gli impianti di combustione con potenza calorifica superiore a 20 MW il riferimento per l'applicabilità è la capacità installata. Non rientrano nel campo di applicazione gli impianti pilota, per ricerca, sperimentazione e i mezzi di trasporto.

Per poter determinare le emissioni di CO2 il gestore è tenuto a fare un censimento delle

fonti connesse agli impianti e ai processi di combustione, dove per "fonte" si intende

19 La decisione 2007/589/CE si rivolge agli Stati Membri, i quali dovranno recepirla con apposite delibere

(15)

"qualsiasi punto o processo individualmente identificabile dell'impianto, da cui vengono

emessi GHG".

Le fonti sono classificate in: - fonti maggiori

- fonti minori

- fonti con approccio de minimis Esempi di fonti sono:

caldaie, bruciatori, turbine, riscaldatori, fornaci, stufe, forni, essiccatoi, motori, torce, torri di lavaggio, ogni altro apparecchio o macchina che utilizza combustibile, esclusi gli apparecchi o le macchine muniti di motori a combustione utilizzati per il trasporto.

Sono esclusi anche gli impianti alimentati da rifiuti urbani e loro derivati (CDR), da rifiuti speciali pericolosi, impianti per la produzione di ceramica che non rispettano contemporaneamente le seguenti condizioni "capacità di produzione di oltre 75 ton/d, capacità di forno superiore a 4 mc e densità colata per forno superiore a 300 Kg/mc", forni di laminazione nell'ambito della filiera dell'acciaio, essiccatoi di truciolo da legno.

Nel caso degli impianti di emergenza, come per esempio i gruppi elettrogeni, è prevista la non assegnazione di quote ma le emissioni relative devono comunque essere computate nella comunicazione.

Tutti gli impianti sono soggetti al rispetto di determinati livelli di approccio minimi (intesi come livelli di accuratezza) per la determinazione dei quantitativi di combustibile consumato e dei fattori che intervengono nel calcolo delle emissioni di CO2. La scelta degli

stessi è legata al quantitativo di emissioni annue di CO2 che l'impianto in questione produce

e che determina l'appartenenza dello stesso a una delle tre categorie dimensionali per le quali sono definiti i diversi livelli di approccio (categorie A,B,C della tab. 6.2.). In sostanza, maggiori sono le dimensioni dell'impianto, e quindi le sue emissioni in termini di CO2, maggiore è l'accuratezza richiesta sia per gli strumenti di misura che determinano la

quantità di combustibile consumato che per i fattori da utilizzare.

Nella tab. 6.1. sono rappresentate le caratteristiche e i livelli di approccio definiti per ogni tipo di fonte.

Tab. 6.1.

Tipo di fonte Caratteristiche Livello di approccio previsto

MAGGIORE Classificate in ordine decrescente, contribuiscono al 95% del tot.

Livello approccio da Tab. 1, all. 1 linee guida

MINORE Contribuiscono al 5% del tot. o <2.5 kt (val. più elevato)

Livello approccio immediatamente inferiore a Tab. 1, All. 1 delle linee guida

(16)

MINORI DE MINIMIS 1% del tot. o <0.5 Kt (val. più elevato) DEC/RAS/854/05 pto 8 accetta anche una stima con metodi al di fuori del sistema dei livelli.

I livelli di approccio sono espressi come scala crescente da 1 a 4, dove il livello 1 corrisponde ad una minore precisione e per il quale si prevede ad esempio l'utilizzo di dati di letteratura mentre il livello 4, maggior precisione, prevede che i dati siano ricavati sperimentalmente e con una percentuale di incertezza più bassa.

(17)

Tab. 6.2. : livelli di approccio: colonna A= emissioni complessive annue < 50 kt. Colonna B= 50 kt < emissioni complessive annue < 500 kt. Colonna C= emissioni complessive annue > 500kt (conforme a tabella A linee guida nazionali)

Dati di attività Potere calorifico

netto

Fattore di emissione

Dati composizione Fattore

ossidazione Fattore conversione Allegato/attività A B C A B C A B C A B C A B C A B C II: combustione Combustione

(combustibili liquidi, gassosi)

2a/2b 3a/3b* 4a/4b** 2 2 3 2a/2b 2a/2b 3 n.p. n.p. n.p. 1 1 1 n.p. n.p. n.p.

Combustione (combustibili solidi)

1 2a/2b 3a/3b 2 3 3 2a/2b 3 3 n.p. n.p. n.p. 1 2 2 n.p. n.p. n.p.

Torce 2 3 3 n.p. n.p. n.p. 1 1/2 1/2 n.p. n.p. n.p. 1 1 1 n.p. n.p. n.p.

Lavaggio

Carbonato 1 1 1 n.p. n.p. n.p. 1 1 1 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 1 1 1

Gesso 1 1 1 n.p. n.p. n.p. 1 1 1 n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. n.p. 1 1 1

*fino al 31.12.2006 i livelli minimi sono 2a/2b **fino al 31.12.2006 i livelli minimi sono 3a/3b

(18)

In base alla tabella di cui sopra si rende necessario per il gestore procedere con la classificazione dimensionale dell'impianto (A,B,C) riferita all'anno oggetto di monitoraggio e comunicazione. In caso di cambiamento della categoria dimensionale intervenuta durante l'anno oggetto del monitoraggio e comunicazione si può fare riferimento all'anno precedente. In questo caso il gestore dovrà specificare quanto avvenuto nella metodologia di monitoraggio, dove descriverà inoltre come è stata condotta l'identificazione delle fonti e la base di riferimento (storica o previsionale).

Una volta individuate le fonti, le emissioni devono essere considerate nelle tre condizioni: N = condizioni normali

A = condizioni anomale (avviamenti o arresti) E = condizioni di emergenza.

In base all'art.6 della direttiva, le autorizzazioni a emettere gas serra contengono disposizioni in tema di monitoraggio e specificano la metodologia e la frequenza dello stesso. Ciascuna metodologia di monitoraggio è approvata dall'ANC. A norma dell'All. IV per la determinazione delle emissioni è consentito l'impiego di :

- una metodologia fondata su calcoli, oppure - una metodologia fondata su misure.

Nel caso di misura aggregata per tipo di combustibile, la classificazione delle fonti deve essere fatta in base al consumo dei vari combustibili in maniera globale e non fonte per fonte. Infatti se la classificazione fosse fatta per fonte, a tutti i combustibili alimentati ad una fonte classificata come maggiore, dovrebbe essere applicato il livello come fonte maggiore, anche se il combustibile in modo aggregato risultasse come flusso minore. Una metodologia di misura in maniera aggregata è accettata purchè si dimostri e si documenti il maggiore grado di accuratezza. Il dato aggregato è consigliabile in caso di contatore certificato a monte dell'impianto rispetto a dati strumentali interni prelevagti dalle differenti sezioni impiantistiche a patto che non sia necessario detrarre quote di carburante destinato a impianti che non ricadono nel campo di applicazione.

E' inoltre ammessa, previa comunicazione, la temporanea inapplicabilità tecnica del livello richiesto: in tal caso il gestore comunica il livello più elevato raggiungibile, secondo le modalità indicate nel sito del ministero. Nel caso di applicazione di livelli di approccio più elevati rispetto a quelli minimi richiesti, deve essere data garanzia dell'applicabilità nel tempo.

Conformemente a quanto indicato nell'All. IV alla Direttiva EU ETS la metodologia per il calcolo delle emissioni è fornita dalla seguente formula:

in cui le variabili di riferimento sono:

(19)

dati relativi all'attività (combustibile o materiale utilizzato, espressi come contenuto di energia)

fattori di emissione (proporzionale al tenore di C);

fattori di ossidazione o conversione (proporzionale al C non ossidato) Le emissioni possono essere di 2 tipi:

- EMISSIONI DA COMBUSTIONE: il cui riferimento è il consumo di combustibile - EMISSIONI DA PROCESSO: il cui riferimento è il consumo di materiale.

Le linee guida non forniscono una metodologia di monitoraggio fissa ma permettono la scelta al gestore purchè il metodo scelto permetta una maggior precisione rispetto all'altro.

Tab. 6.3. Formula di calcolo per emissioni da combustione

EMISSIONI DA COMBUSTIONE

Dati attività * Fe * Fox

Quantità di combustibile(contenuto di energia) TJ Combust (t o mc)* p.c.n. (TJ/t o TJ/mc) * Tenore di C nel combustibile tCO2/TJ * C non ossidato Quantità di combustibile Combust. (t o mc) * tCO2/mc o t * C non ossidato

Il Fe contempla già il pci.

Quando si devono stimare i quantitativi annui di combustibile utilizzato si possono presentare i seguenti casi:

- presenza di uno stoccaggio intermedio (es. carbone) ---> è quindi necessario riferirsi ai livelli a della tabella 6.2

- assenza di uno stoccaggio intermedio (es. gas naturale) ---> è necessario riferirsi ai livelli b della tabella 6.2.

Tab. 6.4. Rilevazione del dato relativo alla quantità di combustibile consumato

LIVELLO METODO INCERTEZZA

AMMISSIBILE

1 7,5%

2a 5%

3a 2,5%

4a

Si misura il consumo di combustibile senza stoccaggio intermedio prima della combustione

1,5% 2b Si misurano gli acquisti di combustibile per poi

calcolare il bilancio di massa sulla base dei dati

(20)

3b 2% 4b

calcolare il bilancio di massa sulla base dei dati

relativi alle variazioni delle scorte* 1%

* Combustibile C=P+(S-E)-O, dove C=combustibile bruciato durante il periodo di riferimento, P=combustibile acquistato durante il periodo di riferimento, S=scorte di combustibile all'inizio del periodo di riferimento, E=scorte di combustibile al termine del periodo di riferimento, O=combustibile usato per altri scopi (per il trasporto o venduto)

Tab. 6.5. Rilevazione del dato relativo al fattore di emissione

LIVELLO METODO

1 LG 29.01.2004, punto 8 All. I tab. 4

2a Indicazioni ufficiali per ciascun combustibile dello stato membro

2b

Correlazione empirica di un laboratorio esterno unitamente a: - misura della densità di oli o gas specifici, oppure - poteri calorifici netti per tipi specifici di carbone

3 Determinazione analitica per ciascun lotto rappresentativo secondo disposizioni di cui al punto 10 dell'All. I

In presenza di un sistema di monitoraggio che utilizza un fattore di emissione espresso in termini di contenuto di carbonio (tCO2/t) per la scelta dell'unità di misura per dichiarare le

emissioni da combustione nella sezione 4 del modulo di comunicazione delle emissioni (che prevede esclusivamente l'unità tCO2/TJ) si devono seguire le seguenti indicazioni:

1) monitoraggio delle emissioni: la linea guida europea stabilisce che il gestore può utilizzare indifferentemente un fattore di emissione espresso in termini di contenuto di carbonio (tCO2/t) anzichè in tCO2/TJ solo se dimostra all'autorità competente che ciò

determina un'accuratezza stabilmente maggiore. Il DEC/RAS/854/2005 ha chiarito invece che "il gestore che voglia utilizzare un fattore di emissione espresso in termini di contenuto di carbonio, sottopone all'ANC domanda di aggiornamento dell'autorizzazione, contenente la dimostrazione che il cambiamento determina un'accuratezza stabilmente maggiore. Solo a seguito di parere positivo dell'ANC e conseguente modifica delle prescrizioni di monitoraggio previste dall'autorizzazione, il gestore può applicare l'approccio equivalente. 2) La comunicazione delle emissioni esprime il fattore di emissione da combustione in tCO2/TJ indipendentemente dalle unità di misura utilizzate per il monitoraggio. La stessa

decisione C(2004)130 CE, nell'ammettere l'espressione del fattore di emissione in termini di contenuto di carbonio alle condizioni sopra riportate, specificava che "in questo caso l'operatore procede comunque a una determinazione periodica del contenuto di energia per ottemperare agli obblighi di comunicazione previsti al punto 5 del presente allegato". Viene pertanto confermato l'obbligo di comunicare le emissioni di combustione in tCO2/TJ

tramite l'utilizzo di un idoneo PCI rappresentativo, come correttamente previsto dal formato elettronico utilizzabile ai fini della comunicazione delle emissioni. In caso di inadempienza a tale obbligo il gestore deve comunicare in merito all'ANC ed accertarsi che la maggiore accuratezza sia garantita nel tempo.

(21)

Tab. 6.6. Rilevazione del dato relativo al fattore di ossidazione

LIVELLO METODO

1

Si assume un valore di ossidazione di riferimento pari a 0,99 (che corrisponde alla trasformazione del 99% del carbonio in CO2) per tutti i combustibili solidi,

e a 0,995 per tutti gli altri combustibili

2

Per i combustibili solidi, il gestore ricava i fattori specifici all'attività sulla base del tenore di carbonio delle ceneri, degli effluenti e degli altri rifiuti e sotto-prodotti, nonchè dalle altre emissioni di carbonio non completamente ossidate, conformemente alle disposizioni di cui al punto 10 dell'All. I

Tab. 6.7. Rilevazione del dato relativo al potere calorifico netto

LIVELLO METODO 1 IPPC 2 UNFCCC 3 Gestore Laboratorio esterno Fornitore del combustibile

Il potere calorifico viene espresso in GJ/t per liquidi /solidi e MJ/Smc per i gassosi. Le linee guida comunitarie richiedono che venga determinato per ciascun lotto20. E' necessario esaminare le evidenze ed i risultati delle analisi condotte per verificare la variabilità del pci e quindi la definizione specifica del lotto. Devono inoltre essere stabilite frequenza di campionamento, procedura di campionamento e analisi del campione. Se il laboratorio non è accreditato secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025 è necessario verificare che si utilizzi una metodologia riconosciuta.

La delibera 001/2008 interviene sui coefficienti di emissione specifici , in particolare permette di usare dati specifici sui combustibili anche provenienti da laboratori con requisiti equivalenti a quelli della norma ISO 17025 anche se non accreditati.

Le emissioni di processo di CO2 provenienti dall’uso di carbonato per l’abbattimento

dell’SO2 contenuto nel flusso di effluenti gassosi, si calcolano in base al carbonato

acquistato (livello 1°) o al gesso prodotto (livello 1b). I due metodi sono equivalenti. Il calcolo è illustrato nella tabella seguente:

20 Quantità di combustibile o materiale trasferita in un'unica spedizione o in continuo in un periodo di tempo

specifico. Il lotto è sottoposto a campionamento rappresentativo e su di esso viene effettuata la caratterizzazione del contenuto medio di energia e del tenore medio di carbonio, nonchè di altri aspetti di interesse della composizione chimica.

(22)

Tab. 6.8. Formula di calcolo per emissioni da processo

EMISSIONI DA PROCESSO

Dati attività * Fe * Fox

Quantità di materiale (t o mc) * Tenore di C nel materiale tCO2/mc o t * C non convertito

Metodo di calcolo A: carbonato

Il calcolo delle emissioni si basa sulla quantità di carbonato utilizzata. a) dati relativi all’attività

Livello 1: ton annue di carbonato anidro come elemento in entrata al processo, misurate dal gestore o fornitore con un’incertezza massima ammissibile inferiore a ±7,5% per il processo di misura.

b) fattore di emissione

Livello 1: si usano rapporti stechiometrici relativi alla conversione dei carbonati tCO2/t carbonato anidro (vedi tab. 6.5). Tali valori vanno aggiustati in funzione del tenore di umidità e del contenuto di ganga del materiale carbonatico utilizzato.

c) fattore di conversione Livello 1: è pari a 1

Tab. 6.9.

Carbonato Fattore di emissione tCO2/t carbonato di Ca, Mg NOTE CaCO3 0,440 MgCO3 0,522 Generale: xy (CO3)z

X= metallo alcalino-terroso o alcalino Mx= peso molecolare di x in g/mol

MCO2= peso molecolare del CO32 =60 g/mol

Y= coeff. Stechiometrico di x =1 per gli alcalino-terrosi =2 per gli alcalini

Z= coeff. Stechiometrico del CO32 = 1

Metodo di calcolo B: gesso

Il calcolo si basa sulla quantità di gesso prodotta. d) dati relativi all’attività

Livello 1: ton annue di gesso anidro (CaSO4.2H2O) come elemento in uscita dal

processo, misurate dal gestore o dal trasformatore del gesso con un’incertezza massima ammissibile inferiore a ±7,5% per il processo di misura.

(23)

e) fattore di emissione

Livello 1: rapporto stechiometrico tra gesso disidratato (CaSO4.2H2O) e CO2

nel processo: 0,2558 tCO2/tgesso.

f) fattore di conversione Livello 1: è pari a 1

Riguardo i sistemi di misura in continuo le linee guida nazionali prevedono che il gestore di un impianto che decida di applicare una metodologia fondata su misure deve sottoporre all'ANC una domanda di aggiornamento dell'autorizzazione alle emissioni corredata di tutta la documentazione necessaria. Solo a seguito di un parere positivo da parte dell'ANC e conseguente modifica delle prescrizioni di monitoraggio previste dall'autorizzazione il gestore può applicare l'approccio basato sulla misura in continuo. In ogni caso deve essere data evidenza della maggior precisione rispetto al metodo di calcolo e i parametri da considerare sono la concentrazione di CO2 e la massa o volume dell'emissione.

Una volta installato, il sistema di misura in continuo deve essere sottoposto a controlli periodici volti ad accertarne la funzionalità e le prestazioni, e in particolare:

- il tempo di risposta - la linearità

- l'interferenza

- la deriva di zero e di span

- l'accuratezza rispetto a un metodo di riferimento

5.3.2. Assicurazione e Controllo Qualità

Come previsto dall'allegato I alla decisione 2004/156/CE, il gestore dell'impianto deve predisporre un sistema di gestione dati per il monitoraggio e la comunicazione. Tale sistema, attivato prima dell'inizio del periodo di riferimento, deve essere documentato, applicato e mantenuto. Viene data la possibilità di attuare le necessarie procedure nel contesto EMAS o di altri sistemi di gestione ambientale come la ISO 14.001. In ogni caso deve essere esplicitato l'utilizzo degli approcci verticali e orizzontali tra le misure di sorveglianza e misurazione.

Gli approcci verticali si realizzano attraverso il confronto dei dati rilevati sullo stesso impianto in anni diversi, mentre quelli orizzontali si realizzano attraverso il confronto dei valori ricavati da diversi sistemi di raccolta dei dati operativi. Sono un esempio di approcci orizzontali:

- dati misurati di combustibili o materie prime consumati da fonti specifiche o totali vs dati di acquisto o variazione di scorte;

- fattori di emissione calcolati o indicati dal fornitore vs fattori di emissione di riferimento, nazionali o internazionali di combustibili analoghi;

(24)

- emissioni misurate vs emissioni calcolate.

I contenuti minimi del Protocollo Aziendale di Monitoraggio sono rappresentati da: - identificazione delle fonti di emissione di gas serra;

- sequenza e interazione dei processi di monitoraggio e comunicazione; - responsabilità e competenze;

- metodi di calcolo o di misura utilizzati; - apparecchi di misura utilizzati;

- comunicazioni e archivi;

- valutazioni interne dei dati comunicati e del sistema qualità (audit interni); - interventi correttivi e preventivi.

Per quanto concerne gli apparecchi di misura, questi devono essere tarati, regolati e controllati ad intervalli regolari e deve essere verificata la loro conformità a norme sulla misura riconducibili a norme internazionali in materia. Nel caso che non risultino conformi, deve essere valutata la validità delle misure precedenti ed aperta un'azione correttiva al riguardo. Per i sistemi di misura in continuo i riferimenti sono le norme EN 14181 e EN ISO 14956:2002.

L'incertezza ammissibile nel sistema articolato in livelli comprende: - incertezza specificata per l'apparecchio di misura;

- incertezza associata alla taratura ed ogni ulteriore incertezza connessa alle modalità di utilizzo concreto dell'apparecchio di misura.

In base alle linee guida italiane, allo scopo di definire l'incertezza associata al processo di misura relativo alla determinazione dei singoli parametri forniti dal gestore, il gestore assume un'incertezza massima ammissibile pari all'accuratezza dello strumento di misura utilizzato.

Se si considera un sistema di misura per i dati di attività, bisogna tenere conto degli effetti cumulativi di tutti i componenti del sistema sull'incertezza del dato.

Per un sistema di misura costituito da più componenti, vale la legge di propagazione degli errori, che può essere tenuta in considerazione applicando due algoritmi che tengono conto del caso di variabili indipendenti collegate da addizioni o moltiplicazioni algebriche. In particolare (cfr IPPC Guidelines):

a) incertezza di una somma

(

) (

)

(

)

n n n x x x x U x U x U Utot ... * ... * * 2 1 2 2 2 2 2 1 1 + + + + + =

dove Utot è l'incertezza percentuale della somma e xi e Ui sono le grandezze incerte e le

percentuali di incertezza associate alle singole quantità sommate.

b) Incertezza di un prodotto (es. parametri utilizzati per convertire una lettura metrica in un flusso di massa)

(25)

( ) ( )

2

( )

2 2 2 1 U .... Un U Utot= + + +

dove Utot è l'incertezza percentuale del prodotto e Ui sono le percentuali di incertezza

associate alle singole quantità.

Attraverso il processo di assicurazione e controllo della qualità, il gestore gestisce e riduce le incertezze residue riguardanti i dati sulle emissioni presentati nelle comunicazioni.

I dispositivi per il monitoraggio GHG (misuratori di portata, di pressione e di temperatura e strumenti di analisi) devono essere inseriti negli elenchi degli strumenti critici già individuati per il sistema di gestione qualità e/o ambiente. Deve essere predisposta una scheda strumento che contenga i dati tecnici, la classe di precisione, il campo di misura, la frequenza di taratura e controllo, le modalità o procedura di taratura, i criteri di accettazione e i provvedimenti da adottare in caso di risultati non soddisfacenti. Deve inoltre essere predisposto un programma di taratura e manutenzione degli apparecchi in questione al quale sarà associato un registro delle attività di taratura, manutenzione e controllo. La taratura degli strumenti di analisi deve avvenire attraverso l'utilizzo di campioni di riferimento certificati. Al termine della taratura deve essere disponibile un rapporto in cui sia evidenziato il giudizio in relazione ai criteri di accettazione e precisata riferibilità (es. n° di lotto, produttore materiale di riferimento, riferimento del certificato di analisi del materiale o del certificato di taratura del campione di riferimento).

Su ogni strumento dovrà poi essere apposta un'etichetta che riporti lo stato di taratura. E' importante disporre di un software per l'acquisizione e l'elaborazione dei dati. Tale dispositivo deve essere a sua volta documentato, identificato e controllato per garantirne l'idoneità per il continuo utilizzo. Deve essere provato e validato anteriormente alla prima utilizzazione (UNI EN ISO 10012:2004).

Il gestore è obbligato a documentare e archiviare per almeno 10 anni i dati relativi al monitoraggio per consentire al responsabile della verifica la replica della determinazione delle emissioni e la verifica delle comunicazioni annuali.

Nel caso di un approccio fondato sul calcolo, la documentazione da conservare sarà costituita da:

- elenco delle fonti sottoposte a monitoraggio; - dati relativi all'attività usati per i calcoli;

- giustificativi della scelta della metodologia di monitoraggio (compreso eventuali modifiche della metodologia e dei livelli approvati)-,

- metodologia di monitoraggio ed i risultati della determinazione di fattori di emissione, ossidazione o conversione e l'evidenza dell'approvazione dell'autorità competente;

(26)

- processo di raccolta dei dati relativi all'attività per l'impianto e le sue fonti;

- informazioni presentate all'autorità competente per il piano nazionale di assegnazione;

- responsabilità in materia di monitoraggio delle emissioni;

- comunicazione annuale e ogni altra informazione necessaria per la verifica della stessa.

Nel caso invece di approccio fondato sulla misura, è necessario archiviare e conservare: - giustificativi per la scelta della misura come metodologia di monitoraggio; - dati usati per l'analisi dell'incertezza delle emissioni;

- descrizione tecnica del sistema di misura in continuo con evidenza dell'approvazione dell'autorità competente;

- dati grezzi ad aggregati provenienti dal sistema di misura in continuo comprese le modifiche nel tempo, registro prove effettuate, interruzioni di funzionamento, interventi di taratura e manutenzione;

- eventuali modifiche del sistema di misura.

5.3.3. Verifica dei Dati (Ente Di Controllo)

Durante il processo di verifica il responsabile della verifica controlla la corretta applicazione della metodologia di monitoraggio approvata e valuta la gestione e la riduzione delle incertezze residue per mezzo delle procedure di assicurazione e controllo della qualità applicate dal gestore. Il verificatore deve valutare se i dati delle comunicazioni contengono omissioni, dichiarazioni inesatte o errori tali da determinare inesattezze rilevanti nelle informazioni comunicate.

Le linee guida definiscono rilevanza: "il giudizio professionale del responsabile della

verifica in merito al fatto che una singola omissione, dichiarazione inesatta o errore o insieme di omissioni, dichiarazioni inesatte o errori nei dati presentati nella comunicazione relativa ad un impianto siano tali da poter plausibilmente influenzare le decisioni degli utilizzatori previsti della comunicazione". Indicativamente il responsabile

della verifica classifica come rilevante un'inesattezza riguardante il totale delle emissioni se essa dà luogo ad omissioni, dichiarazioni inesatte o errori complessivamente superiori al 5% nel dato relativo alle emissioni totali.

L'attività di verifica può essere suddivisa in tre fasi principali, che andiamo ad illustrare in sequenza:

 FASE DI ANALISI DOCUMENTALE

In questa fase vengono esaminati i seguenti documenti:

- metodologie per la quantificazione delle emissioni (Protocollo Aziendale di Monitoraggio) inclusi i fattori di emissione e le assunzioni utilizzate nei calcoli;

(27)

- inventario GHG;

- eventuali bilanci e report precedenti;

- eventuali dati derivanti da monitoraggi in continuo;

- pianificazione aziendale per le attività di monitoraggio e reporting dei GHG.  FASE PRESSO IL SITO

Questa fase serve per verificare la completezza e la consistenza del protocollo di monitoraggio e per valutare l'applicazione delle procedure operative di controllo messe in atto per il sistema di gestione dei GHG e la loro applicazione sul campo.

 FASE DI VERIFICA DEI DATI Questa fase si articola in :

- valutazione della corretta applicazione della metodologia di monitoraggio; - test di accuratezza del calcolo;

- esame dei documenti contabili relativi ai dati GHG;

- verifica della completezza e correttezza delle registrazioni e dell'utilizzo dei dati e delle informazioni;

- verifica di eventuali attestazioni di parte terza relative ai dati utilizzati.

Gli aspetti salienti di un processo di verifica si possono sintetizzare:

- comprensione di tutte le attività dell'impianto, delle fonti di emissione, apparecchi di misura, origine ed applicazione dei fattori di emissione ed ossidazione/conversione e l'ambiente in cui opera l'impianto;

- comprensione del sistema di gestione dei dati ed organizzazione del gestore per il monitoraggio e la comunicazione;

- analisi e controllo dei dati contenuti nel sistema di gestione dei dati;

- definizione di un livello accettabile di rilevanza in relazione alla natura e complessità delle attività e fonti dell'impianto;

- analisi dei rischi legati a dati che potrebbero determinare inesattezze rilevanti nelle comunicazioni delle emissioni;

- preparazione di un piano di verifica adeguato che tenga conto dell'analisi dei rischi, estensione e complessità di attività e fonti con definizione dei metodi di campionamento da utilizzare;

- attuazione del piano di verifica con la raccolta dati ed elementi oggettivi su cui basare le conclusioni;

- controllo che l'applicazione della metodologia di monitoraggio dell'autorizzazione assicuri un livello di accuratezza conforme ai livelli definiti;

- richiesta di eventuali dati mancanti o di sezioni non indagate nell'audit; - spiegazione delle variazioni nei dati;

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- revisione di calcoli.

Al termine del processo di verifica il responsabile della verifica esprime una valutazione e rilascia un attestato. L'esito della verifica può essere:

- giudizio senza rilievi, - giudizio con rilievi, - giudizio negativo,

- impossibilità ad esprimere giudizio.

Se la comunicazione non contiene inesattezze rilevanti allora può essere trasmessa dal gestore all'ANC, nel caso invece che contenga inesattezze rilevanti, non viene riconosciuta conforme. Nel caso che ciò avvenga al 31 marzo, il gestore non può cedere altre quote di emissioni fino al momento in cui la comunicazione non sia riconosciuta conforme. Al gestore verranno intanto applicate le sanzioni previste dalla direttiva e discusse nel capitolo 5.

Il valore delle emissioni totali di un impianto indicato in una comunicazione riconosciuta conforme è utilizzato dall'ANC per controllare se il gestore abbia restituito un numero di quote sufficiente per il medesimo impianto.

Eventuali suggerimenti per il miglioramento circa inesattezze non rilevanti non pregiudicano la convalida della comunicazione

Figura

Fig. 5.1 Diagramma di flusso del processo di comunicazione, verifica e restituzione delle quote di  emissione in base alle responsabilità dei soggetti coinvolti
Tab. 6.2. : livelli di approccio: colonna A= emissioni complessive annue &lt; 50 kt. Colonna B= 50 kt &lt; emissioni complessive annue &lt; 500 kt
Tab. 6.3. Formula di calcolo per emissioni da combustione
Tab. 6.5. Rilevazione del dato relativo al fattore di emissione
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Riferimenti

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