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4. Parte sperimentale

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Academic year: 2021

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4. Parte sperimentale

4.1 Premessa

Buona parte del territorio nazionale (oltre i 3/4) ed in particolare quello ligure, dove si è svolta questa ricerca, presenta ampie superfici declivi perlopiù destinate a boschi mesofili foresta mediterranea e castagneti. Come tutte le zone di montagna questi territori fanno parte delle cosiddette aree marginali svantaggiate dal punto di vista agronomico a causa del tipo di orografia che limita la possibilità di effettuare coltivazioni di pieno campo e di effettuare allevamenti da reddito. Per questo motivo a partire dagli inizi degli ’70 si è assistito ad un graduale abbandono di questi territori che fino a poco tempo prima venivano sfruttati per la coltivazione del Castagno ed in parte come bosco ceduo. Attualmente, l’utilizzo del bosco in queste zone si è ridotto al solo taglio del legname ed alla raccolta di funghi e frutti silvestri, che da soli non sono in grado di garantire il sostentamento delle popolazione rurale a causa dei modesti redditi che sono capaci di fornire e della stagionalità a cui sono inevitabilmente legati. Tutto ciò ha causato un progressivo spopolamento influendo negativamente sullo sviluppo del “sistema bosco” nel quale è venuto a mancare quel presidio territoriale fondamentale per la salvaguardia e lo sviluppo di questi ambienti.

Per la valorizzazione di questi territori, sono state proposte alcune attività agricole di tipo alternativo come la coltivazione dei frutti di bosco, quella di legnami di pregio e l’allevamento di selvaggina. Queste soluzioni non sono state in grado di risolvere il problema per una serie di difficoltà legate ai bassi redditi da esse provenienti, alle difficoltà di gestione ed alla scarsa richiesta di mercato di questi prodotti.

Sulla scia degli ottimi risultati ottenuti in Spagna con il suino iberico ed in Toscana con il Cinta Senese, l’allevamento macchiatico del suino è stato

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preso in considerazione come elemento trainante per un progressivo recupero economico ed ambientale di questi territori. Questo è stato possibile grazie alla grande disponibilità di terreni a ridotto reddito, alla sempre crescente richiesta di prodotti tipici di qualità da parte dei consumatori soprattutto se provenienti da animali allevati all’aperto. Tale forma di allevamento costituisce, infatti, una valida alternativa alle attuali attività legate all’utilizzo del bosco grazie anche alle elevate capacità che il suino ha di valorizzare sia i prodotti del bosco e del sottobosco, che integrano la sua alimentazione, sia questa particolare tecnica di allevamento che lo rende meno soggetto a fattori causa di stress, presenti nell’allevamento di tipo tradizionale.

Gli animali così allevati sono, infatti, in grado di fornire carni e prodotti finiti caratterizzati da aromi e peculiarità organolettiche strettamente correlati alle essenze ed ai frutti del sottobosco che vanno ad integrare la loro dieta, ed inoltre presentano una bassissima incidenza di miopatie (PSE, DFD) derivanti perlopiù da stress dalle fasi di allevamento. Durante questa fase, infatti, i suini sono in grado di dare libero sfogo ai loro istinti naturali avendo la possibilità di grufolare liberamente ed usufruire di appositi spazi quali zone fangose per far fronte ai periodi di eccessiva calura e bagni di sabbia e di acqua per liberarsi da eventuali parassiti. Le zone boscate oggetto di studio presentano le caratteristiche ottimali per poter garantire l’ottenimento di buoni risultati mediante questa tipologia di allevamento; esse sono infatti in grado di fornire buoni apporti alimentari derivati da essenze del bosco e soprattutto da ghiande e castagne nel periodo autunnale. Queste zone dalla classica flora mediterranea riscontrabile in quella fascia di altitudine che varia tra i 500 e gli 800 m sul livello del mare e pertanto su di esse insistono sia essenze ed arbusti come il Rovo e L’erica, sia piante ad alto fusto come Quercia, Leccio, Pino Marittimo, Ontano, Salice, Alloro, Corbezzolo, Erica Arborea.

L’allevamento macchiatico del suino deve prevedere una gestione oculata degli animali e soprattutto del territorio su cui insistono, al fine di svolgere un’attività economica che si perpetui nel tempo garantendo la

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conservazione e la sostenibilità del bosco. Tutto ciò riveste un’importanza fondamentale per evitare danni quali: compattamento del terreno, danneggiamento del patrimonio arboreo ed arbustivo mediante lo scalzamento radicale e lo scortecciamento degli organi epigei, diminuzione della capacità di rinnovo del bosco.

Particolare attenzione deve infatti essere rivolta al corretto dimensionamento (carico di animali) in relazione alle disponibilità alimentari fornite dal bosco, alle corrette tempistiche di allevamento ed all’alimentazione in modo che le risorse boschive utili come integrazione alla razione siano adeguatamente sfruttate dagli animali senza causare danni rilevanti al sottobosco. La corretta gestione dell’allevamento macchiatico può addirittura apportare giovamenti di ordine ambientale legati sia all’eliminazione di essenze infestanti, come ad esempio i rovi (di cui gli animali sono ghiotti), sia ad un miglioramento della fertilità dovuto alle deiezioni ed al leggero movimento dello strato superficiale del terreno. Pertanto sulla base di queste considerazioni ci è sembrato di estrema importanza realizzare questo tipo di ricerca i cui obbiettivi sono principalmente due :

• Verificare gli effetti di questo tipo di allevamento sulla qualità dei prodotti carnei.

• Valutare il tipo di impatto ambientale prodotto dal pascolamento macchiatico di un determinato carico animale in un determinato periodo di tempo.

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