• Non ci sono risultati.

Difficoltà incontrate durante la traduzione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Difficoltà incontrate durante la traduzione"

Copied!
14
0
0

Testo completo

(1)

4. TRADURRE MERIDEL LE SUEUR

4.1. Difficoltà incontrate durante la traduzione

Nell’intento di definire le difficoltà maggiori incontrate nella traduzione dei testi di Meridel Le Sueur, è opportuno riassumere i tratti caratteristici dello stile e della poetica dell’autrice, emersi dalle analisi dei capitoli precedenti.

Nora Ruth Roberts sostiene che il motivo principale che ha spinto Le Sueur alla scrittura è stata la ricerca di “a sentence suited to woman’s experience”1, quindi di un linguaggio che fosse espressione e sintesi dell’esperienza femminile e della definizione dell’identità delle donne. Le Sueur ha individuato nella non linearità temporale e narrativa, nella capacità evocativa delle frasi brevi e nella molteplicità dei significati nascosti dietro le parole e le immagini, i tratti salienti di questo linguaggio e ne ha fatto gli elementi caratteristici della sua scrittura.

Si è visto come, sia nei reportage sia nelle short stories, Le Sueur si serva di un linguaggio descrittivo, facendo di questa una delle caratteristiche stilistiche dominanti dei suoi testi. Attraverso un abbondante uso di aggettivi e la capacità di creare delle immagini vivide nella mente del

1

N. R. ROBERTS, Three Radical Women Writers. Class and Gender in Meridel Le Sueur, Tillie Olsen, and Josephine Herbst, Garland Publishing, New York-London 1996, p. 53.

(2)

XC

lettore, la scrittrice rende quest’ultimo partecipe alla storia e trasmette il suo messaggio sotto forma di parole, ma anche di pensieri. Il linguaggio figurato spesso opera intorno al medesimo campo semantico all’interno dello stesso testo o addirittura di testi diversi, creando un sistema di rimandi, ripetizioni, ed espressioni ricorrenti che contribuiscono a rendere la poetica dell’autrice ancor più organica e affascinante. La resa traduttiva di questo tratto stilistico spesso risulta complessa, poiché, attraverso una lettura globale dell’opera di Le Sueur, si comprende quanto peso abbia la scelta lessicale e, di conseguenza, quanto sia importante mantenerla nel testo tradotto. Nella traduzione dei testi presenti in questo lavoro, ho cercato di preservare, laddove possibile per le caratteristiche della lingua d’arrivo, questo sistema di rimandi e l’uso di un linguaggio figurato. Ad esempio, nel tradurre “The Girl”, che è un racconto ricco di termini e descrizioni che associano il corpo femminile al paesaggio, e dove, quindi, la sinuosità del corpo della ragazza viene assimilata alla conformazione della montagna e viceversa, ho cercato di utilizzare dei termini che rendessero esplicita tale associazione senza sminuire la poeticità del testo originale:

She saw his wrists, his giant breast, his knees, and behind him the tawny form and heat of the great earth woman, basking yellow and plump in the sun, her cliffs, her joints gleaming yellow rock, her ribs, her sides warm and full. The rocks that skirted the road glistened like bone, a sheer precipice and dazzle rock, frightening and splendid, like the sheer precipice of his breast looming toward her so that she could feel the heat come from him and envelop her like fire […]2.

Traduzione:

Lei gli guardò i polsi, l’ampio petto, le ginocchia, e dietro di lui vide la bruna sinuosità e il calore della grande madre terra, che si crogiolava al sole, dorata

2

M. LE SUEUR, “The Girl”, in Salute to Spring, International Publishers, New York 1940, pp. 64-80, qui p. 78.

(3)

XCI

e prosperosa, con i suoi dirupi, le sue crepe lucenti tra le rocce gialle, le sue costole, i suoi fianchi larghi e sensuali. Le rocce, che fiancheggiavano la strada, luccicavano come ossa; un precipizio a strapiombo e il bagliore della roccia, spaventosa e splendida, simile al precipizio di quel petto che incombeva su di lei facendole percepire il calore che emanava e che l’avvolgeva come un fuoco. (“Ragazza”, 29 traduzione).

Per quanto concerne i rimandi e le ripetizioni, invece, ho dovuto tenere conto del fatto che la lingua italiana ha una tolleranza alla ripetizione inferiore rispetto all’inglese. Spesso, quindi, mi sono trovata ad analizzare il valore di tale ripetizione. Pertanto, laddove questa era funzionale al significato e al messaggio del testo l’ho mantenuta per non tradire la scelta dell’autrice, nei casi in cui, invece, non presentava un carattere preponderante nell’economia del racconto ho preferito inserire dei sinonimi. Un esempio rispetto all’importanza funzionale della ripetizione è il seguente, tratto da “Women on the Breadlines”, in cui l’autrice ha voluto sottolineare la condivisione della medesima situazione da parte delle donne descritte:

But there is no work. Sitting in the room we all know it. That is why we don’t talk much. We look at the floor dreading to see that knowledge in each other’s eyes. There is a kind of humiliation in it. We look away from each other. We look at the floor. It’s too terrible to see this animal terror in each other’s eyes3.

Traduzione:

Ma il lavoro non c’è. Lo sappiamo tutte, anche se continuiamo a stare sedute in questa stanza. È per questo che non parliamo molto. Guardiamo per terra nel timore di leggere questa consapevolezza l’una negli occhi dell’altra. C’è qualcosa di umiliante in tutto questo. Distogliamo lo sguardo l’una dall’altra. Guardiamo per terra. È davvero terribile vedere questo terrore animalesco

3

M. LE SUEUR, “Women on the Breadlines”, in E. Hedges (a cura di) Ripening. Selected Work, 1927-1980, The Feminist Press, New York 1982, pp. 137-143, qui p. 137.

(4)

XCII

l’una negli occhi dell’altra (“Donne in fila per un pasto”, 117 traduzione).

Un secondo tratto stilistico di rilievo, che ha presentato problemi al momento della traduzione, è la liricità e capacità evocativa dei testi, suggerita anch’essa dalle scelte lessicali effettuate, ma anche, e soprattutto, dalla resa dei tempi verbali e dalla struttura della frase. Come si è sottolineato nei capitoli precedenti, più volte Le Sueur, soprattutto nei reportage, tende a raccontare la storia attraverso salti temporali, i quali non si limitano ai semplici tagli o rievocazioni di eventi passati, ma si esplicitano tramite passaggi dal tempo presente al tempo passato, o viceversa, nell’esposizione dello stesso evento. L’alternanza dei tempi verbali, se da un lato può spiazzare il lettore, dall’altro ha come fine ultimo quello di rendere l’immediatezza dell’azione o di suscitare delle riflessioni nel lettore stesso, il quale non deve perdere di vista il fatto che gli episodi riportati sono reali:

The evening would come down soft and sweet, and we would set out for the revival, my grandmother very stiff and self-conscious in her best silk, walking ahead, her black Bible in her gloved hands, and smiling that little smirk at her neighbors as if she knew something about them. Other people would be going sedately toward the little church […]. And all filled with awe for those who had confessed, and the newly saved silent and tearful, and every one tender with them. [...]

But the revival ends too and the stranger leaves the town. The sinners forget they have been saved. The great mid-continent vacuum swallows everything again4.

Traduzione:

La sera calava dolcemente, e noi ci avviavamo alla predica: mia nonna, molto austera e sicura di sé con indosso il suo miglior vestito di seta, camminava

4

(5)

XCIII

davanti, con la Bibbia dalla copertina nera tra le mani inguantate, e faceva sorrisi di sufficienza ai vicini come se fosse a conoscenza di qualcosa che li riguardava. Le altre persone si avviavano tranquillamente verso la chiesetta [...].

Tutti nutrivano un grande rispetto nei confronti di coloro che si erano confessati e di quelli, silenziosi e commossi, a cui erano appena stati perdonati i peccati, e ognuno era affettuoso con loro. [...]

Ma anche gli incontri giungono al termine e il forestiero lascia il villaggio. I peccatori dimenticano di essere stati perdonati. L’immenso e vuoto centro del continente inghiotte di nuovo tutto. (“Villaggio del granturco”, 14,16 traduzione).

Allo stesso scopo si deve l’alternanza di frasi brevi e periodi lunghi, che rendono la scrittura a tratti immediata e incisiva e a tratti lirica e, per certi versi, contorta. Le frasi brevi, infatti, mirano a una presa diretta sul lettore, ma anche al rispetto delle norme riguardanti la semplicità e la scarnificazione del linguaggio predicata dal realismo proletario di Gold; i periodi lunghi, invece, spesso esprimono concetti complessi e racchiudono un significato profondo che va oltre le parole e contribuisce al senso lirico del pezzo. Di seguito riporto alcuni esempi di frasi brevi e periodi lunghi incontrati nei testi e la traduzione che di essi ho dato nel rispetto della scelta dell’autrice:

I have never been in a strike before. […] For two days I heard of the strike. [...]

I had to go down there often. I looked in. [...] The truth is I was afraid5.

Traduzione:

5

M. LE SUEUR, “I Was Marching”, in Salute to Spring, cit., pp 191, qui pp. 177-178.

(6)

XCIV

Non avevo mai preso parte a uno sciopero fino ad ora. [...] Per due giorni sentii parlare dello sciopero. [...]

Dovetti andare laggiù diverse volte. Guardavo dentro. [...]

La verità è che ero spaventata. (“Stavo marciando”, 46-47 traduzione)

The source of American culture lies in the historic movement of our people, and the artist must become voice, messenger, awakener, sparking the inflammable silence, reflecting back the courage and the beauty. He must return really to the people, partisan and alive, with warmth, abundance, excess, confidence, without reservations, or cold and merely reasonable bread, or craftiness, writing one thing, believing another, the superior person, even superior in theoretic knowledge, an ideological giant, but bereft of heart and humility6.

Traduzione:

La fonte della cultura americana risiede nello spostamento storico del nostro popolo, e l’artista deve divenire voce, messaggero, deve risvegliare le coscienze, innescando la scintilla del silenzio che è infiammabile, rivelando il coraggio e la bellezza. Deve realmente tornare al popolo, come attivo sostenitore, con calore, ricchezza, entusiasmo, fiducia, senza riserve, oppure rimarrà distaccato e semplicemente attento a guadagnarsi il pane o a piccole astuzie, scrivendo una cosa e pensandone un’altra. Una persona altezzosa, anche se superiore per conoscenze teoretiche, è come un gigante ideologico privo di cuore e umiltà. (“Tempi bui”, 142 traduzione).

Infine, la liricità, poiché spesso suggerita da frasi dalla struttura e dal lessico complesso, comporta non poche difficoltà nella resa traduttiva, in quanto il linguaggio o la costruzione possono risultare contorti e ampollosi

6

(7)

XCV

qualora non supportati da scelte lessicali adeguate o da ulteriori accorgimenti. In alcuni casi, infatti, ho dovuto operare al livello della punteggiatura e piegarla, laddove necessario, alle regole della lingua italiana e soprattutto a una maggiore fruizione del discorso da parte del lettore. In altri casi non ho potuto applicare questo tipo di intervento perché si sarebbe modificata eccessivamente la scelta stilistica dell’autrice. A questo proposito vorrei porre l’accento sul fatto che in “The Dark of the Time” l’autrice sceglie di non utilizzare dei segni interpuntivi per delimitare i discorsi dei personaggi e quindi per evidenziare, durante un dialogo, il passaggio di voci. Durante la prima stesura della traduzione avevo pensato di introdurre delle virgolette che fungessero da linea di demarcazione tra un discorso e l’altro, per rendere la lettura più scorrevole e chiara. In un secondo momento, ho, invece, deciso di preservare la scelta di Le Sueur, contemplando la possibilità che l’autrice avesse utilizzato tale stratagemma per rendere l’idea della sovrapposizione delle voci:

One of the soldiers says, Boy, it’s Saturday night. They’ll be whoopin’ it up on Seven Corners, roll back earth and take me home. This is Saturday night. Maybe the last, so let ‘er go! let ‘er go! The other soldier says – Home! Return, return, he says, thre’s where we went on Sunday for a picnic, the fishing hole, the orchards, the prairies, the haying… the green corn knee-high by the Fourth of July. Oh God’s country this is, let me return… Bring me back, that’s all I ask. Receive me, furrow. Plow deep for me, Indian valley, bring me home around the world. Oh! he cries, this country! Oh my country. There ain’t nothing better [...]7.

Traduzione:

Uno dei soldati dice: Ragazzi, è sabato sera. Gli altri faranno baldoria a Seven Corners! Terra riportami indietro, riportami a casa. È sabato sera. Forse l’ultimo. Lasciala uscire, lasciala uscire! L’altro soldato esclama: Casa!

7

(8)

XCVI

Ritorniamo, dice, è lì che andavamo la domenica a fare il picnic, c’era la pozza per pescare, i frutteti, la prateria, il fieno, il granturco verde alto fino alle ginocchia già dai primi giorni di luglio. Oh, questa è la terra di Dio, lasciami ritornare... Riportami indietro, questo è tutto quello che chiedo. Accoglimi, apri un solco. Ara in profondità per me, valle indiana, riportami a casa intorno al mondo. Oh!, urla, questa terra! Oh terra mia! Non c’è nessun posto più bello di te [...]. (“Tempi bui”, 141 traduzione).

Un terzo elemento dello stile di Le Sueur che merita considerazione e che ho analizzato in maniera approfondita nei testi in cui si presenta come tratto dominante, è l’uso della figura retorica dell’antitesi. Come abbiamo detto, questa è presente, nei vari testi dell’autrice, non solo al livello delle parole, ma anche a quello dei concetti e delle immagini, perciò in alcuni casi risulta difficile da cogliere e quindi da ricreare al momento di tradurla. Poiché l’antitesi è fondamentale nella poetica di questa scrittrice, ho cercato sempre di metterla in evidenza ed evitare che andasse persa nella lingua tradotta.

Si può inoltre individuare tra gli elementi ricorrenti dei reportage e delle short stories di Le Sueur, la tendenza a inserire riferimenti interculturali che rimandano a episodi o personaggi della storia americana, a luoghi geografici, nonché a elementi legati alla società e alla cultura del suo tempo. Nella prima fase di lettura e analisi dei testi, alcuni di questi rimandi sono stati difficili da individuare e ho dovuto spesso fare ricerche approfondite per comprenderli e mi sono avvalsa dell’aiuto di un madrelingua che potesse aiutarmi nel riconoscere il riferimento. A causa di questa difficoltà, anche nella traduzione ho dovuto pormi nell’ottica di un lettore che poteva non aver chiaro il rimando e ho perciò introdotto delle note esplicative, a piè di pagina, laddove non era possibile trovare un equivalente culturale che non rischiasse di avere un effetto straniante. Soprattutto nel reportage “The Dark of the Time” sono numerosi i riferimenti interculturali: in generale il testo rimanda agli Anni Cinquanta in

(9)

XCVII

America e alla Guerra in Corea, più nel particolare l’autrice nomina alcuni elementi che si riferiscono all’ambito socio-culturale americano degli Anni Quaranta e Cinquanta, come programmi radiofonici e televisivi, per i quali ho ritenuto necessario inserire delle note non potendo introdurre un equivalente italiano. Tali riferimenti potevano, infatti, essere utili al lettore per avere dei dati che gli offrissero una precisa collocazione temporale e culturale e qualora adattati al contesto italiano avrebbero ottenuto un effetto straniante. In altri casi ho dovuto utilizzare la tecnica della generalizzazione, che consiste nella sostituzione di un elemento culturalmente specifico con un altro più generale8. È questo quanto avvenuto nella traduzione dell’espressione “ice cream socials”9 in “Corn Village”. Gli “ice cream socials” erano, e sono ancora oggi, delle feste di beneficenza organizzate dalle chiese protestanti al fine di raccogliere fondi per la comunità. Per l’occasione le donne della comunità preparano delle torte che vengono servite su un piattino insieme a una pallina di gelato, il tutto per pochi centesimi. Trattandosi di una pratica che non ha un preciso corrispondente nel contesto italiano, ho pensato di tradurre con una generalizzazione: “feste della comunità” (“Villaggio del granturco”, 14 traduzione). In questo modo si preserva il significato generale della festa e quindi il momento di aggregazione della comunità, anche se si perde il riferimento al dato pratico del dolce preparato per l’occasione.

Si inseriscono nell’ambito delle specificità culturali anche i proverbi o le espressioni idiomatiche, che ho avuto modo di incontrare nei testi tradotti e che, ovviamente, essendo elementi culturalmente specifici, non sempre trovano nella lingua e cultura d’arrivo un corrispettivo identico. In questi casi, quindi, ho dato la priorità ad ottenere un’equivalenza funzionale: ponendo cioè l’accento sul significato del “modo di dire” e sulla sua

8

A. HURTADO ALBIR, Traducción y traductología. Introducción a la traductología, Catedra, Madrid 2001, p.614.

9

(10)

XCVIII

ricezione da parte del lettore italiano, conservando non tanto la costruzione in lingua originale, quanto il messaggio che questo doveva trasmettere. Ne è esempio: “may they choke in their own fat!”10, che è un’imprecazione solitamente pronunciata per augurare del male a una persona e che nel testo in questione è rivolta a chi rappresenta il sistema avversato dal ragazzo che la pronuncia. Ho pensato quindi di tradurla con “che vi venisse un colpo!” (“Tempi bui”, 141 traduzione) per preservare l’astio di chi aveva pronunciato l’imprecazione e “l’augurio” che sottintendeva. Un altro caso in cui ho dovuto adattare il significato dell’espressione idiomatica inglese al contesto italiano, si è presentato nella traduzione di una frase in “Spring Story”: “your cheecks are red as a beet”11, laddove il significato letterale di “beet” è “barbabietola”, ma se tradotto letteralmente in italiano perderebbe la valenza del proverbio. Ho optato, quindi, per una traduzione che ottenesse sul lettore italiano lo stesso effetto che l’espressione originale aveva ottenuto sul lettore inglese “hai le guance rosse come un peperone” (“Racconto di primavera”, 85 traduzione).

Infine, l’ultimo elemento dello stile di Le Sueur che si può prendere in considerazione è quello riguardante la struttura narrativa che spesso non è lineare e, anziché seguire l’andamento cronologico degli eventi, tende a privilegiare quello tematico. In traduzione, ciò non ha comportato delle difficoltà proprio perché è una capacità dell’autrice quella di rendere, in ogni caso, il discorso perfettamente comprensibile. Ad esempio, si è evidenziato come in “Persephone” la struttura narrativa si muova su due livelli: vi è una cornice narrativa “esterna” che racchiude al suo interno il racconto di Freda e sua figlia, secondo una sequenza che rileva i momenti principali della loro esperienza. Il salto da un momento all’altro della narrazione è reso tramite i pensieri della narratrice che vaga con la mente dal presente al passato:

10

M. LE SUEUR, “The Dark of the Time”, in Ripening, cit., pp. 231-239, qui p. 238. 11

(11)

XCIX

Paradoxically I thought that because death was her intimate, I could never come nearer her mystery than to her birth on the prairies, in the spring as the first white violets bloomed.

For the women of the Kansas town, shading their eyes, had seen Freda coming from the prairies, walking and carrying the child.

“Whose baby is that?” the women asked her when she had come to them. And she answered, “Mine.” And uncovered for them to see, bending down to them.

“When was it born?” these women, to whom birth was a great dread, asked. She answered smiling, “In the night”12.

Traduzione:

Paradossalmente, pensavo che, poiché la morte faceva così intimamente parte di lei, non mi sarei mai avvicinata al suo mistero più che alla sua nascita nella prateria, in primavera, quando si schiusero le prime violette bianche.

Di fatto le donne della cittadina del Kansas, riparandosi gli occhi dal sole, avevano visto Freda arrivare dalle praterie, camminando con in braccio una bambina.

«Di chi è quella bambina?», le chiesero le donne quando si era avvicinata a loro.

E lei rispose: «Mia». E, chinandosi verso di loro, la scoprì perché la vedessero.

«Quando è nata?», chiesero quelle donne, che avevano una grande paura del parto.

Lei rispose sorridendo: «Durante la notte». (“Persefone”, 62 traduzione).

Attraverso tale sintesi sullo stile dell’autrice ho voluto sottolineare che

12

(12)

C

le difficoltà maggiori incontrate durante la traduzione sono state legate proprio alle caratteristiche della poetica di Meridel Le Sueur quanto più alla lingua utilizzata. L’inglese della scrittrice è, infatti, strutturalmente lineare, si tratta di un uso standard della lingua privo di inflessioni dialettali o regionali che avrebbero reso necessaria un’analisi più approfondita dei testi. Il traduttore, ma ancor prima il lettore dell’opera di Meridel Le Sueur, si trova, quindi, di fronte a dei racconti che possono sembrare di immediata ricezione se questi si ferma al livello superficiale della storia raccontata, ma che in realtà nascondono un mondo che richiede una lettura approfondita e partecipe. Ogni immagine, ogni costrutto e ogni personaggio, infatti, è simbolo di qualcos’altro. Per raggiungere quindi una totale comprensione dei testi è necessaria un’immersione nell’immaginario di Le Sueur e un impegno a cogliere i significati che si nascondono anche dietro le espressioni più semplici.

4.2. Approccio traduttivo scelto

Nell’affrontare la traduzione di un testo, ogni traduttore si trova di fronte a delle scelte da compiere e delle opzioni da ponderare. Prima di affrontare la traduzione dell’opera, questa va chiaramente letta e analizzata in ogni suo aspetto, solo allora il traduttore potrà riflettere sul tipo di atteggiamento che dovrà mantenere nei confronti del testo originale e di quello tradotto.

La tradizione critica, relativa ai problemi legati alla teoria e pratica della traduzione, insegna che la gamma delle scelte da operare è svariata, ma tende a indirizzarsi verso due opposti orientamenti traduttivi: “source oriented” e “target oriented”. Il primo tipo propone una traduzione che si rivolge prevalentemente al testo di partenza ed è pertanto definita “traduzione brutta e fedele”. Essa, quindi, tende a portare il lettore al testo

(13)

CI

per mantenere una totale fedeltà a quest’ultimo, ma risulta spesso essere un calco continuo. Il secondo tipo si muove in direzione opposta, ponendo come oggetto dell’orientamento il testo, e quindi il pubblico, di arrivo. Si ottiene, in questo caso, una “traduzione bella e infedele” che mira a portare il testo al lettore piegandolo alle regole della lingua d’arrivo come se fosse stato scritto in tale lingua; risulta, perciò, essere un tradimento continuo.

Spesso, per evitare di cadere in uno dei due estremi suddetti, il traduttore tende a mettere in atto una soluzione che stia a metà strada tra i due, al fine di ottenere una traduzione che sia fedele all’originale, ma allo stesso tempo fruibile per il lettore di arrivo e susciti su di esso gli effetti che il testo originale ha esercitato sul lettore nella lingua di partenza.

Per la traduzione dei testi di Meridel Le Sueur mi sono mossa anche io in questa direzione. Non trattandosi di traduzioni tecniche, infatti, era necessario porsi sia nell’ottica del rispetto dello stile dell’autrice e dell’effetto che la sua opera aveva avuto negli anni in cui è apparsa, sia nell’ottica di una necessità di comprensione, da parte del lettore italiano, delle varie sfaccettature del testo. Ho seguito, quindi, uno dei tanti consigli offerti da Fruttero e Lucentini nel loro testo:

Quando traducete [...] non vi agitate, state calmi, e soprattutto non crediate di star facendo chissà che: state semplicemente raccontando nella vostra lingua, a gente della vostra lingua, una storia che a voi è stata raccontata in una lingua diversa. E il vostro scopo dev’essere uno solo: di raccontarla bene, vale a dire in modo che abbia, per i vostri lettori, lo stesso interesse, la stessa vivacità e la stessa scorrevolezza che aveva [...] per i lettori dell’originale13.

Ho mirato, pertanto, a una traduzione il più possibile orientata a ottenere un’equivalenza funzionale e formale al testo di partenza, così da non tradire le caratteristiche di quest’ultimo e da renderlo piacevole e

13

C. FRUTTERO – F. LUCENTINI, “La traduzione”, in D. Scarpa (a cura di) I ferri del mestiere. Manuale involontario di scrittura con esercizi svolti, Einaudi, Torino 2003, pp. 31-60, qui p. 48.

(14)

CII

interessante per il lettore di arrivo. Questo tipo di scelta, come ognuna di quelle prese nel campo della traduzione, comporta delle difficoltà e, in alcuni casi, anche delle perdite o dei tradimenti allo scrittore e al suo testo; ma, come sottolinea Ortega y Gasset nel suo saggio, l’arte del tradurre si compone di due elementi inseparabili: “miseria y esplendor”. La “miseria” della traduzione consiste nel fatto che si tratti di un atto complesso, ma questa stessa difficoltà dà conto anche del suo “fascino”:

Me importaba mucho subrayar las miserias del traducir, me importaba sobre todo definir su dificultad, su improbabilidad, pero no para quedarme en ello, sino al revés: para que fuese resorte balístico que nos lanzase hacia el posible esplendor del arte de traducir14.

14

J. ORTEGA Y GASSET, “Esplendor y miseria de la traducción”, in Obras Completas, Vol. V, Alianza Editorial-Revista de Occidente, Madrid 1983, pp. 429-448, qui p. 433-434.

Riferimenti

Documenti correlati