Tesi di dottorato in Diritto dell’Arbitrato Interno ed Internazionale – XXIV Ciclo – Candidato dott. Alessandro Fabbi – Discussa presso l’Università LUISS Guido Carli durante l’anno accademico 2010/2011.
Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore. Sono comunque fatti salvi i diritti dell’Università LUISS Guido Carli di riproduzione per scopi di ricerca e didattici, con citazione della fonte.
L’ISTRUZIONE PROBATORIA NEGLI ARBITRATI COMMERCIALI INTERNAZIONALI
A
LESSANDROF
ABBIA
BSTRACTFinalità del presente studio è di esaminare il tema dell'istruzione probatoria negli arbitrati commerciali internazionali, con riferimento tanto alla regolamentazione statica quanto ai profili dinamici della materia. In particolare, ci si soffermerà sui principi che informano l’istruzione, sull’analisi dei singoli mezzi di prova e strumenti istruttori e sulla loro astratta ammissibilità ed efficacia, nonché sui modi di assunzione di ciascun mezzo nel corso del procedimento. Si avrà riguardo, principalmente, ad arbitrati secondo diritto considerando soltanto saltuariamente l'arbitrato di equità cui raramente si fa ricorso nell’ambito transnazionale considerato.
Nel primo capitolo verranno anzitutto delimitati i confini dell'indagine, analizzando l'attuale dimensione del diritto processuale dell'arbitrato internazionale per comprendere: i. sino a che punto le regole del procedimento siano rimesse alla libera determinazione dell'autonomia privata; ii. in che rapporto tale libertà si ponga rispetto al ruolo e ai poteri degli arbitri; iii. quali siano i limiti invalicabili posti al riguardo dalle legislazioni nazionali e dal diritto internazionale pubblico. In questa prima fase, si dovrà necessariamente: - accennare alle diverse ricostruzioni teoretiche dell'arbitrato proposte nel tempo, senza però poterne esaurire i vari profili; - introdurre concetti problematici, come quelli di ordine pubblico processuale e di norme processuali inderogabili, senza però definirli e rinviando per le prime conclusioni del caso al termine del lavoro.
I successivi capitoli, dal secondo al sesto, si prefiggono di descrivere la disciplina dell'istruzione probatoria nei summenzionati aspetti.
A tale scopo, essendo l'arbitrato internazionale essenzialmente frutto di prassi, è apparso opportuno impostare la ricerca sulla valutazione dei precedenti arbitrali, oltre che delle pronunce di corti statali che, in sede di controllo dei lodi, abbiano a loro volta esaminato tali prassi convalidandole a posteriori, correggendole, ovvero censurandole.
Tesi di dottorato in Diritto dell’Arbitrato Interno ed Internazionale – XXIV Ciclo – Candidato dott. Alessandro Fabbi – Discussa presso l’Università LUISS Guido Carli durante l’anno accademico 2010/2011.
Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore. Sono comunque fatti salvi i diritti dell’Università LUISS Guido Carli di riproduzione per scopi di ricerca e didattici, con citazione della fonte.
Si è soliti affermare che il settore possa rappresentare il campo nel quale potrebbe attuarsi un’armonizzazione o, almeno, un'approssimazione del diritto processuale di ordinamenti tra loro distanti. Si tratta, senz’altro, di un’occasione unica per testare - in procedimenti per liti tra privati di diversa nazionalità - l’efficienza di soluzioni che tentino di mediare tra sistemi processuali differenti.
Quantunque la maggioranza delle legislazioni nazionali in materia di arbitrato ponga nella disponibilità delle parti e, più limitatamente, degli arbitri, la disciplina del procedimento e della sua fase istruttoria è inevitabile che le tecniche adottate provengano da precedenti esperienze tipiche dei processi civili. È dunque naturale che negli arbitrati privati internazionali possano effettivamente scorgersi elementi dell'istruttoria in uso negli ordinamenti di common law, misti ad altri elementi mutuati da sistemi di diritto continentale.
Le citate prassi, tuttavia, non si limitano a rappresentare interessanti esempi di ravvicinamento di tradizioni processuali antitetiche, né i processi arbitrali in discorso costituiscono disordinate commistioni di norme di diversa origine trapiantate forzatamente in un unico modello. Al contrario, queste soluzioni da un canto si connotano per garantire un elevato grado di flessibilità (nel senso di
“opzioni possibili”, non anche di “indeterminatezza”), controbilanciato - come si dirà: i. dall'affermazione della supremazia di un principio di collaborazione tra parti e arbitri e; ii. dalla (correlativa) costante assicurazione, ancor più rigida che nel processo statale, delle garanzie legate al concetto di giusto processo.
D’altro canto, come si intende illustrare nei capitoli dedicati a singoli mezzi di prova e loro assunzione, tali soluzioni godono oggi di un’applicazione pressoché uniforme, tanto che non sono mancati i tentativi di inquadrarle sotto l'espressione di lex mercatoria arbitralis e/o di affermare che dalla loro osservazione possa desumersi l’esistenza di taluni principi generali di diritto (processuale) riconosciuti dalle Nazioni civili ai sensi dell’art 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia. Ambedue le proposte, in sostanza, vorrebbero collocare tali prassi, assurte a consuetudini, nella gerarchia delle fonti. Entrambe le teorie, tuttavia, sono osteggiate da ragioni in contrasto e la prima, in particolare, evocando la precedente proposta di considerare la lex mercatoria intesa in senso sostanziale quale fonte di produzione di norme giuridiche, sembra limitarsi a riversare in ambito processuale i medesimi ragionamenti spiegati in quel contesto.
Tesi di dottorato in Diritto dell’Arbitrato Interno ed Internazionale – XXIV Ciclo – Candidato dott. Alessandro Fabbi – Discussa presso l’Università LUISS Guido Carli durante l’anno accademico 2010/2011.
Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore. Sono comunque fatti salvi i diritti dell’Università LUISS Guido Carli di riproduzione per scopi di ricerca e didattici, con citazione della fonte.
Ad un primo approfondimento circa tali temi - senza omettere di interrogarsi intorno a effettive utilità e opportunità di una simile indagine - è pertanto dedicata una parte del settimo capitolo.
Si aggiunga, sempre a questo riguardo, che l’arbitrato internazionale è il più delle volte un arbitrato amministrato e, dunque, è alle maggiori istituzioni arbitrali che si deve il merito di aver posto per iscritto nei propri regolamenti, migliorato, o più semplicemente raccolto e pubblicato, le cosiddette best practises. Inoltre, proliferano da alcuni decenni modelli di disciplina che tentano di guidare l'autonomia privata nella determinazione delle regole applicabili all'istruttoria (segno del fatto che una qualche "affermazione" delle procedure in uso, spesso etichettata come foriera di un'evitabile judicialization dell'arbitrato, era - ed è tuttora - necessaria).
La constatazione dell'esistenza di prassi consolidate e della progressiva emersione della materia considerata quale disciplina autonoma permette oggi di soppesarne, in un esercizio di comparazione giuridica in ambito processuale, efficacia e funzionalità. È bene precisare, pertanto, che il presente studio indaga una materia assestante e non si limita a rappresentare una semplice appendice di studi già realizzati intorno all'atteggiarsi della disciplina delle prove nell'arbitrato di diritto comune. Piuttosto, come si vedrà, dall'esame delle soluzioni adottate nei processi arbitrali internazionali si generano riflessioni che in primo luogo si traspongono sull’arbitrato domestico (e sulla libera determinazione delle regole di tale procedimento), e che secondariamente si spostano sul processo civile statale, vertendo, all’occasione, sull'attualità del sistema della prova legale, sul corretto bilanciamento tra poteri istruttori officiosi e principio dispositivo, o sul quale sia preferibile, quale strumento istruttorio in termini di costi ed efficienza, tra la consulenza tecnica d'ufficio e la consulenza (testimonianza) tecnica di parte.