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Come precedentemente detto, con l’avanzamento della tuberosità tibiale si ottiene uno spostamento in senso craniale dell’inserzione del legamento tibio- rotuleo, rendendolo perpendicolare al plateau tibiale

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Academic year: 2021

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Capitolo v

Avanzamento della tuberosita’ tibiale

Nella pianificazione di un intervento di TTA, è essenziale un attento studio radiografico pre-operatorio effettuato con paziente in sedazione, sul quale poter effettuare le misurazioni necessarie a valutare il grado di avanzamento della tuberosità tibiale.

Le radiografie, inoltre, sono effettuate anche nel post-operatorio per valutare il grado effettivo di avanzamento e il corretto posizionamento di placca e cestello.

Come precedentemente detto, con l’avanzamento della tuberosità tibiale si ottiene uno spostamento in senso craniale dell’inserzione del legamento tibio- rotuleo, rendendolo perpendicolare al plateau tibiale.

Le forze agenti sull’articolazione diventano quindi parallele alla perpendicolare del piano, rendendo nulla la risultante; neutralizzando la forza di scivolamento tibiale, si renderà inutile la funzione del legamento crociato39.

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1-STUDIO RADIOGRAFICO PREOPERATORIO:

Lo studio radiografico viene effettuato con paziente sedato; le proiezioni necessarie sono quelle standard: la medio-laterale (ML) e la caudo-craniale (Cd- Cr).

La prima delle due proiezioni è ottenuta posizionando il paziente in decubito laterale e mantenendo il ginocchio a circa 135°5 29 a simulare una situazione di carico in estensione (Fig. 1); il fascio radiogeno deve essere centrato sulla parte centrale del ginocchio;

l’arto controlaterale va esteso e portato in direzione craniale, per non avere

nella radiografia possibili errori dovuti ad una sua eventuale sovrapposizione.

Ai fini dello studio, la radiografia deve comprendere anche l’articolazione del tarso.

Per valutare il corretto

Figura 1 : Proiezione medio-laterale

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Successivamente si procede alla misurazione dell’angolo di inclinazione del piatto tibiale: per fare questo si traccia una linea che va dal tubercolo di Gerdy all’inserzione del legamento crociato posteriore ed una linea che rappresenta l’asse longitudinale della tibia, dal centro dell’eminenza intercondiloidea fino al centro di rotazione dell’articolazione tibio-tarsica; una terza linea va tracciata perpendicolarmente alla seconda.

L’angolo di inclinazione del piatto tibiale può essere misurato prendendo come riferimento la prima e la terza linea; questo angolo varia da 18° a 60°, con una

media di 24°39 44.

Sempre sulla proiezione ML è possibile valutare l’entità dello spostamento della tuberosità tibiale da effettuare durante l’intervento:

dopo aver tracciato la linea passante per il piatto tibiale, si traccia una seconda linea tangente alla superficie craniale della rotula, perpendicolare alla precedente; la distanza fra il punto di intersezione delle due e la tuberosità tibiale, rappresenta lo spostamento da effettuare; per rendere più veloce e agevole la misurazione esistono delle

Figura 2: Apposizione della maschera trasparente per la misurazione dello spostamento.

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Il limite massimo per intervenire con questa tecnica si ha con un’inclinazione del plateau tibiale di 28°; lo spostamento in senso craniale della tuberosità tibiale varia al variare dell’angolo di inclinazione; maggiore è quest’angolo, maggiore sarà lo spostamento da effettuare, con il rischio di incorrere in un eccessivo stiramento del legamento tibio-rotuleo.

Una seconda maschera è posta a livello della tuberosità tibiale per decidere quale placca utilizzare (Fig. 3); infatti, esistono placche di dimensioni diverse che vanno da 3 a 8 fori a seconda delle dimensioni della cresta tibiale da trattare29.

La seconda proiezione è, come prima accennato, quella caudo-craniale; questa si ottiene posizionando il paziente in decubito sterno addominale con l’arto interessato

iperesteso caudalmente, con la rotula a contatto del tavolo o della cassetta radiologica; il fascio radiogeno sarà puntato a livello del cavo popliteo6.

Una buona qualità del radiogramma è data osservando che il margine mediale del calcaneo sia sovrapposto al centro dell’astragalo o comunque al centro della superficie articolare tibiale.

Questa proiezione è utile per valutare l’allineamento femoro-tibiale; le deviazioni assiali, al contrario della TPLO®, non possono essere corrette ed una loro eventuale presenza escluderebbero il paziente dalla possibilità di sottoporlo a questo intervento.

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2-strumentario:

Oltre ad uno strumentario ortopedico standard, la TTA prevede l’impiego di alcuni strumenti specifici; oltre alle già citate maschere trasparenti per effettuare le misurazioni pre-operatorie (Fig. 4), l’intervento prevede l’impiego di apposite placche e forchette a rebbi inclinati (Fig. 5), cestelli in titanio di varie dimensioni (Fig. 7), un jig (Fig. 8), un piegaplacche ed un distanziatore (Fig. 9).

Figura 3: Apposizione della maschera trasparente per la scelta della placca.

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Figura 4: Maschere trasparenti. Figura 5: Placche e forchette di varie dimensioni.

Figura 6: Cestelli in titanio.

Figura 7: Il jig.

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Figura 8: Piegaplacche e distanziatore.

3-Preparazione all’intervento:

Il paziente, dopo essere stato anestetizzato, è sottoposto a tricotomia dell’arto, a partire dal garretto per arrivare fino all’anca.

Prima di entrare in sala si esegue la fasciatura della parte distale dell’arto in modo tale da rendere le condizioni di lavoro successive più asettiche possibili.

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In sala operatoria il paziente è posto in decubito dorsale con l’arto da operare mantenuto provvisoriamente sospeso per permettere di effettuare un’accurata preparazione del campo operatorio.

4-Intervento:

Dopo aver posizionato l’arto sulla sua faccia laterale, si effettua un approccio mediale con dieresi di cute e sottocute medialmente rispetto all’articolazione del ginocchio, con partenza parapatellare per proseguire in posizione mediana fino all’altezza della vena safena.

artrotomia:

L’esplorazione dell’articolazione è eseguita mediante una miniartrotomia in posizione mediale, che permette di verificare le condizioni del legamento crociato anteriore, ovvero se si tratta di una rottura parziale o totale, del menisco e valutare il grado di artrosi (Fig. 9); il corno caudale del menisco mediale può essere messo in evidenza con l’ausilio di un detrattore di Hohmann, posto lateralmente all’inserzione del legamento crociato anteriore; a seconda delle condizioni in cui si presentano, è possibile asportare i frammenti del legamento e del menisco.

Dopo il lavaggio dell’articolazione con una soluzione di Ringer lattato, si sutura la capsula nella sua porzione prossimale con un filo di materiale riassorbibile a punti staccati; la porzione distale viene lasciata aperta per la successiva osteotomia.

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Liberazione del menisco mediale (Meniscal release):

Quest’operazione consiste nella liberazione del corno caudale del menisco mediale dall’inserzione posteriore a livello mediale della tibia.

La tecnica di avanzamento della tuberosità tibiale, a differenza della TPLO, non prevede obbligatoriamente il meniscal release, anche se un precedente lavoro svolto per la valutazione a breve termine della TTA ha messo in evidenza che la sua esecuzione influirebbe positivamente, diminuendo la frequenza di zoppia nel post-operatorio30.

Per fare questo, dopo aver individuato il legamento collaterale mediale, si inserisce un ago nell’articolazione, perpendicolarmente al piano sagittale mediano, caudalmente al legamento collaterale mediale e cranialmente all’inserzione del muscolo semimembranoso sulla tibia.

Figura 9: Artrotomia esplorativa.

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Un secondo ago è inserito a livello del margine caudale della tibia per delimitare la cavità articolare.

Mediante una lama da 11, si esegue una miniartrotomia parallela al margine caudale del legamento collaterale mediale.

Attraverso l’artrotomia, si esegue quindi un’incisione trasversale del menisco, inserendo la lama sulla superficie prossimale del menisco stesso.

In alternativa questa operazione può essere eseguita attraverso l’artrotomia mediale effettuata per l’esplorazione dell’articolazione.

Scheletrizzazione della tibia:

A questo punto si prosegue con lo scollamento della fascia mediale della gamba e delle inserzioni prossimali del pes anserinus, partendo da qualche millimetro medialmente all’inserzione del tibio-rotuleo; questa operazione va eseguita avendo cura di non lesionare il tendine e la borsa sinoviale dello stesso.

La scheletrizzazione della tibia, effettuata tramite uno scollaperiostio, va eseguita, caudalmente, fino al legamento collaterale mediale e, distalmente, fino all’altezza della vena safena (Fig. 10).

La scheletrizzazione va eseguita fino a completo isolamento della porzione prossimale della tibia.

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Scelta della placca e posizionamento del jig:

A questo punto si sceglie la placca di idonee dimensioni della tuberosità tibiale;

la misura può essere ricavata per mezzo delle maschere trasparenti sovrapposte alla radiografia in ML in fase pre-operatoria; la placca va posta in modo tale che il primo foro coincida con la cicatrice fiseale, che può essere identificata come un piccolo scalino in corrispondenza dell’inserzione del tibio-rotuleo.

Dopo aver modellato la placca, si applica il jig, che servirà da guida per praticare i fori (Fig. 11).

Fissato il jig all’osso per mezzo di una pinza da ossa, si cominciano a praticare un numero corrispondente di fori rispetto alle dimensioni della placca scelta, paralleli tra loro, con un’inclinazione in senso latero-distale, a 2-3 mm dalla superficie craniale della tuberosità tibiale.

Figura 10: Scheletrizzazione della tibia.

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Per primo viene eseguito il foro prossimale (Fig. 12), a livello del quale viene inserito un chiodo per la fissazione temporanea del jig (Fig. 13).

Il secondo foro da eseguire è quello distale, in cui viene inserito un secondo chiodo (Figg. 14 e 15).

Successivamente si prosegue con l’esecuzione dei restanti fori, partendo da quello intermedio (Fig. 16).

Dopo aver eseguito tutti i fori, si toglie il jig, lasciando in sede solo i due chiodi per avere un riferimento visivo della loro posizione (Fig. 17).

Osteotomia della tuberosita’ tibiale:

A questo punto si può cominciare ad eseguire l’osteotomia, con direzione disto- prossimale, con partenza da un punto che si trova a metà della distanza fra il foro prossimale e quello distale (Fig. 18).

A protezione dei tessuti molli circostanti si possono inerire delle garze imbevute

Figura 11: Apposizione del jig a livello della cresta tibiale.

Figura 12: Perforazione prossimale.

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anteriore

alla proiezione del tubercolo di Gerdy.

Figura 13: Fissazione temporanea. Figura 14: Perforazione distale.

Figura 15: Fissazione distale.

Figura 16: Perforazione intermedia.

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Posizionamento della placca:

La forchetta e la placca vengono assemblate; dopo averla modellata ulteriormente, la placca è inserita nei fori praticati in precedenza; grazie all’utilizzo di un martello, i rebbi della forchetta sono spinti in profondità (Figg.

19, 20, 21 e 22).

Figura 20: Modellamento della placca con l’apposito piegaplacche.

Figura 17: Immagine dei fori eseguiti.

Figura 18: Fase iniziale dell’osteotomia.

Figura 19: Assemblaggio della placca con la forchetta

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Preparazione dell’innesto:

A livello dell’osteotomia, si preleva del tessuto osso spongioso con un cucchiaio di Volkmann per il successivo innesto; questa operazione va eseguita avendo

Figura 21: Apposizione della placca.

Figura 22: La placca è assicurata mediante un martello.

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Posizionamento del cestello:

Con un misuratore di profondità viene scelta la dimensione del cestello da posizionare a livello del taglio con l’ausilio del distanziatore (Fig. 24).

Prima di procedere all’inserimento, il cestello, che può avere dimensioni differenti (da 16 a 28 mm) per adattarsi alla larghezza della tibia, è modellato per la successiva apposizione (Fig. 25).

Mantenendo la placca aderente alla superficie della tibia per mezzo di una pinza da ossa, si procede alla sua fissazione per mezzo di viti; l’ordine da seguire prevede (Fig. 26):

1. Vite da 2,4 mm a livello dell’epifisi tibiale per fissare il cestello alla tibia.

2. Vite corticale da 2,4 o 3,5 mm nel foro più distale della placca.

3. Vite da 2,4 mm sulla tuberosità tibiale per fissare il cestello.

4. Vite corticale da 2,4 o 3,5 mm nell’ultimo foro prossimale della placca.

Figura 23: Prelievo di osso spongioso.

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Figura 25: Fase di modellamento del cestello.

Posizionamento dell’Innesto:

Il tessuto spongioso precedentemente raccolto, viene inserito a livello dell’osteotomia, comprendendo nell’operazione anche l’interno del cestello e lo spazio prossimale ad esso (Fig. 27).

Figura 24: Apposizione del cestello per mezzo di un distanziatore.

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Figura 26: Ordine di apposizione delle viti.

Controllo radiografico:

Subito dopo l’intervento con il paziente, ancora anestetizzato, sono eseguite delle radiografie nelle due proiezioni standard, per controllare l’assenza di errori

Figura 27: Fase di innesto di osso spongioso.

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Figura 20: Controllo post-operatorio in Cd-Cr.

5-Fase post-operatoria:

Nella fase post-operatoria non è necessario alcun tipo di fasciatura; per impedire che l’arto si gonfi, si può comunque eseguire una fasciatura R.J. modificata, che sarà rinnovata dopo alcuni giorni; le visite di controllo, salvo complicazioni, sono effettuate a 10 e 30 giorni dall’intervento e radiograficamente dopo 6-8 settimane.

Al paziente vengono somministrati antibiotici per 1 settimana, FANS per 3

Figura 19: Controllo post-operatorio in ML.

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Nei primi 2 mesi dopo l’intervento devono essere seguite alcune restrizioni facendo fare delle brevi passeggiate al guinzaglio, evitando qualsiasi salto o corsa ; dopo il controllo radiografico, in assenza di problemi, si potrà riprendere l’attività in maniera graduale nel mese successivo.

Nei casi da noi osservati, si è constatata la ripresa dell’appoggio sull’arto operato in media in 2° giornata.

6-Complicazioni:

I lavori svolti su questo intervento sono ancora pochi, essendo una tecnica molto recente.

A riguardo alcuni lavori30 precedentemente effettuati mostrano nella maggior parte dei soggetti trattati una buona ripresa della funzionalità motoria, con un incremento lento, ma costante e senza regressioni.

Le possibili complicanze riscontrate in bibliografia18 49, nel periodo a breve e a lungo termine, possono essere la lesione del menisco in soggetti non sottoposti al meniscal release, la parziale avulsione della cresta tibiale nel punto di inserzione della forchetta, lisi locale sul condilo laterale del femore per il posizionamento di una vite in cavità articolare e la positività al test di compressione tibiale.

Un’altra grave complicazione riscontrata è la rottura della porzione prossimale della tibia, nel punto di minor resistenza, in conseguenza di un salto o di una corsa nel momento in cui i fenomeni di cicatrizzazione a livello dell’osteotomia non erano ancora terminati.

Nel nostro studio le complicazioni osservate sono state la deiescenza della ferita

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