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SOMMARIO: 1. I controlli prima e dopo la Costituzione
Repubblicana. 2. Le riforme degli anni '90 e l'adozione del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267). 3. I controlli a seguito della riforma del titolo V della Costituzione:
ulteriori interventi legislativi. 4. I controlli nella Carta delle Autonomie locali.
1. I controlli prima e dopo la Costituzione Repubblicana Per un inquadramento sistematico della materia dei controlli amministrativi, occorre muovere necessariamente dalle riforme che hanno attraversato l'amministrazione pubblica italiana negli ultimi vent'anni.
Tradizionalmente la dottrina ha identificato i controlli amministrativi con quelli che intervengono nell'ambito del procedimento di formazione del provvedimento amministrativo, definendoli come «la verificazione di regolarità di una funzione propria o aliena»
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La posizione giuridica dell'autorità di controllo, rispetto all'amministrazione i cui atti, o la cui attività, sono posti a verifica, ha il tratto proprio del «potere», nel senso che la
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M.S. GIANNINI, Controllo: nozioni e problemi, in Rivista trimestrale di diritto
pubblico, 1974, p. 1264.
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funzione di controllo attribuisce la capacità di realizzare, nell'ambito di un rapporto giuridico, lo scopo specifico per il quale il relativo potere è assegnato all'autorità di controllo.
Come autorevolmente sintetizzato
2il controllo, può definirsi «come il rapporto nel quale un'autorità o un organo verificano la conformità di un atto o di un'attività a regole prestabilite, in virtù di un potere o di un dovere a essi intestato dall'ordinamento (ovvero da un soggetto a ciò legittimato dall'ordinamento), al fine di assumere o sollecitare altre autorità ad assumere iniziative o misure (ad esempio di approvazione o di annullamento, o comunque decisioni di ordine amministrativo o legislativo) necessarie a garantire la regolarità dell'atto o dell'attività. Di più, i controlli giuridici sono caratterizzati da un elemento che non è necessariamente presente in tutti gli altri controlli: si tratta del giudizio inteso come apprezzamento o valutazione di norme, fatti, situazioni, persone, ecc. secondo i criteri e i parametri delle discipline di volta in volta applicate».
Da tale definizione si deduce l'aspetto forse più caratterizzante dei controlli, ovvero la loro accessività rispetto
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G. D'AURIA, I controlli, in (a cura di) S. CASSESE Diritto amministrativo
generale. Trattato di diritto amministrativo, T. II, Milano, Giuffrè, 2003, p. 1344.
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all'attività di cui esaminano la conformità alle regole predefinite
3.
L'evoluzione del sistema dei controlli, la ridefinizione del loro assetto, rappresenta una tappa importante, fondamentale, nel processo di riforma della P.A., caratterizzato da un nuovo modo di concepire la governance pubblica.
L'interesse della collettività, formata da cittadini che rivestono il duplice ruolo di contribuenti e di utenti dei servizi resi dalle Amministrazioni Pubbliche, è indirizzato sempre più ad ottenere verifiche che garantiscano maggiormente l'efficienza nel rendimento dei servizi, piuttosto che la verifica formale della legittimità dell'azione che rimane, comunque, essenziale, anche alla luce delle ultime normative in tema di controlli.
In coerenza con tale orientamento, l'organizzazione amministrativa ha segnato un'evoluzione dall'«amministrazione per atti», intesa come modo di amministrare attraverso procedimenti formali culminanti in provvedimenti, all'«amministrazione per servizi e prestazioni».
Il sistema dei controlli si è adeguato a tale nuovo modo di
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(A cura di) A. MEALE, Il potere amministrativo degli enti locali,
Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2014, p. 216.
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amministrare, restringendo l'area dei controlli rivolti a verificare la legittimità dei singoli atti e potenziando invece le verifiche dei risultati delle gestioni pubbliche: il corretto uso delle risorse – che costituisce, come si è appena notato, l'oggetto del controllo – si riferisce non soltanto all'osservanza delle regole giuridiche, ma anche e soprattutto, al rispetto dei canoni di efficienza, efficacia ed economicità, riconducibili al principio del «buon andamento» affermato dall'art. 97 della Costituzione
4.
Il periodo storico successivo all'unificazione dell'Italia è stato caratterizzato da un sistema dei controlli sugli enti locali di stampo fortemente accentrato, con un'impostazione di tipo tutorio - repressivo, nella considerazione delle amministrazioni locali come «enti autarchici», cioè quali organi di amministrazione indiretta dello Stato, a base territoriale, che perseguivano interessi coincidenti con quelli statali, quindi da assoggettare ad un penetrante controllo di legittimità e di merito, in ossequio al principio dell'unitarietà dell'azione amministrativa.
4
G. ASTEGIANO, Il controllo sulla gestione e le linee guida della Corte dei
Conti, in (a cura di) E. GORI, S. POZZOLI, Il sistema dei controlli negli enti locali,
Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2013.
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I controlli erano svolti da organi di amministrazione attiva (prefetti e giunte provinciali amministrative), ciò che talvolta determinava la coincidenza tra controllore e controllato.
Altro inconveniente del sistema in esame era che l'attività di controllo interveniva nel procedimento di formazione degli atti amministrativi, appesantendone e condizionandone l'iter, costituendo, altresì causa di una patologica lentezza dell'azione amministrativa.
L'avvento della Costituzione repubblicana comportò la previsione di nuovi organi di controllo (CORECO) e con il tempo, anche alla luce di alcuni interventi della Corte Costituzionale, scomparvero dal sistema di controllo gli organi politici.
Restavano, tuttavia, l'impostazione centralistica e la pesante limitazione dell'ambito di autonomia degli Enti locali.
In sostanza, permaneva in capo al governo centrale
l'individuazione di cosa fosse legittimo e lecito nell'attività
amministrativa degli enti locali e la disciplina delle forme in
cui operare il controllo. Tale situazione ostacolava lo sviluppo
di istituzioni per le quali, invece, il dettato costituzionale aveva
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previsto criteri di funzionalità, praticità ed imparzialità.
La Costituzione, con uno storico cambiamento di rotta rispetto alla tradizione accentrata dello Stato italiano, sancisce fra i suoi principi fondamentali sia la tutela delle formazioni sociali (art. 2), sia il riconoscimento delle autonomie locali (art. 5), cui si accompagna la previsione del più ampio decentramento amministrativo per i servizi di competenza statale. Lo stesso art. 5 (comma 3) pone, inoltre, l'attuazione dell'autonomia e del decentramento fra gli obiettivi cui deve tendere la legislazione ordinaria, che deve adeguarvi i propri principi e metodi.
È affermato, così, un peculiare modello di Stato, che non è federale, poiché la Repubblica resta «una e indivisibile» (art.
5, comma 1), ma è comunque improntato al massimo rispetto
per le autonomie locali e sociali. In altre parole, uno Stato
pluralista per espressa dichiarazione costituzionale. Le altre
norme costituzionali in materia di autonomie locali – oltre ai
summenzionati principi fondamentali – sono raccolte nel
Titolo V della Parte II della Carta fondamentale, che, come
noto, è stato quasi integralmente riscritto dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
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I principi costituzionali hanno trovato non poche resistenze nella loro pratica attuazione, e soltanto nel 1990, a quattro decenni di distanza dalla Costituzione, fu emanata una legge organica di riforma degli enti locali, che attuava i principi costituzionali in materia.
Fino a quel momento l'ordinamento locale era incongruamente disciplinato dal T.U. del 1934 (R.D. 3 marzo 1934, n. 383) – che, tra l'altro, definiva come «ausiliari» dello Stato, gli enti stessi.
Anche in materia di controlli, dunque, tutto era trascurato, nemmeno quando, dopo una parentesi di quasi un secolo – con la legge di contabilità 22 aprile 1869, n. 5026 – si è arrivati alle grandi «riforme degli anni settanta», essendo state disattese e rimaste, anch'esse, inattuate in concreto.
2. Le riforme degli anni '90 e l'adozione del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267)
Il primo segnale di avvio del processo riformatore delle
pubbliche amministrazioni locali è rappresentato dalla Legge 8
giugno, n. 142/1990, «Ordinamento delle autonomie locali»,
che ha introdotto il principio della separazione tra poteri e
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responsabilità inerenti all'indirizzo politico-amministrativo ed ai risultati della gestione amministrativa. Nello stesso solco riformatore si pone il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, che ha previsto l'obbligo di istituzione di uffici di controllo interno, con il compito non solo di valutare, ma anche di indirizzare e correggere l'azione in funzione degli obiettivi e delle responsabilità assegnate.
In virtù di tale nuova prospettiva, diventa prioritario che l'attività amministrativa sia rivolta al perseguimento di risultati nell'ottica dell'efficacia, efficienza, economicità e responsabilizzazione dei soggetti coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi. Dunque, sebbene la legittimità rimanga il parametro irrinunciabile di valutazione dell'attività amministrativa, tuttavia l'efficienza diventa la meta cui l'azione amministrativa deve tendere
5.
5
Cosi come focalizzato da A. TRANFAGLIA, in Atti Giornata di Studio Il rafforzamento dei controlli negli enti locali e il nuovo ruolo dei segretari, dei direttori e dei responsabili dei servizi finanziari dopo il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, Bologna, 28 gennaio 2013: Assoluta importanza riveste un efficace sistema di controlli interni dell'ente locale, per il contributo che esso offre al raggiungimento di diversi, fondamentali obiettivi. Tra questi, quello della trasparenza dell'azione amministrativa intesa come piena rendicontabilità dell'utilizzo che l'ente locale fa delle risorse pubbliche che gli sono affidate; dell'efficienza dell'uso delle risorse per limitare ogni forma di spreco, accompagnata naturalmente dalla legittimità dei comportamenti dell'amministrazione; ed infine l'obiettivo dell'ottimizzazione dell'efficacia e della qualità dell'azione amministrativa. Un efficace sistema di controlli interni contribuisce a favorire lo sviluppo economico del territorio rendendolo o mantenendolo competitivo.
Un territorio diventa competitivo non solo quando realizza idonee infrastrutture e una
valida rete di servizi sia all'impresa che ai cittadini, ma anche e soprattutto quando
realizza ciò nel rispetto di preciso canoni di efficienza, trasparenza e legalità. È
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Successivamente, con la legge 14 gennaio 1994, n. 20 (rubricata «Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti»), adottata sull'onda dei gravi fatti di corruzione degli amministratori, emersi delle cronache di quel periodo, sono stati potenziati i controlli sui risultati dell'azione amministrativa, al fine di assicurare controlli effettivi, capaci di assicurare la corretta gestione delle risorse pubbliche.
Analizzando la legge n. 142/1990, nella parte riguardante i controlli sui Comuni e sulle Province, notiamo come, la stessa, sia risultata una normativa di aggiustamento dell'esistente. Essa, infatti, eliminava il controllo di merito, che, di fatto, era risultato in sostanza inutile, oltre che fattore di ulteriore rallentamento dell'azione, e confermava il modello del controllo oggettivo e neutrale in funzione di garanzia della legalità
6, riducendo, altresì, gli atti sottoposti al controllo di legittimità e dando un nuovo assetto, più democratico, al CO.RE.CO. (composto ora da quattro membri eletti dal
insufficiente,infatti,il raggiungimento di un alto livello di qualità del proprio servizio se questo risultato lo si ottiene a scapito dell'efficienza, e quindi non utilizzando al meglio le risorse disponibili, o tramite procedure non trasparenti, quando non perfino illegittime, in grado di compromettere il mantenimento dei risultati stessi. La materia dei controlli interni rappresenta pertanto un sistema estremamente importante e strategico se si ha a cuore non solo il buon andamento della pubblica amministrazione ma anche la competitività del sistema del Paese.
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F. MIGLIARESE CAPUTI, Diritto degli enti locali: dall'autarchia alla
sussidiarietà, Torino, Giappichelli, 2016, p. 358.
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consiglio regionale oltre a quello governativo).
Pur restando focalizzata sul sistema dei controlli previsto dal testo costituzionale, la legge non era priva di aperture verso le nuove tecniche e tipologie di controllo, che essa affidava all'iniziativa degli enti, disponendo che gli statuti possono prevedere forme di controllo economico interno della gestione (art. 57, comma 9).
La riforma dei controlli ha preso avvio, con il d.lgs. n.
29/1993, (all'art. 20 questo prevedeva per tutte le pubbliche amministrazioni «servizi di controllo interno o nuclei di valutazione con il compito di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità e il buon andamento dell'azione amministrativa») e, per gli enti locali, con il d.lgs. n. 77/1995, primo testo normativo nel quale è contenuta una definizione di controllo di gestione, unitamente alla scansione della relativa procedura (ora artt. 196-198 TUEL).
Secondo le nuove procedure il controllo costituisce «parte integrante dell'amministrare», caratterizzato dall'«accessività»
all'azione amministrativa, cioè a dire, «appartenente
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all'organizzazione, in senso ampio, della funzione principale»
7, come aggiustamento e correzione dell'andamento delle gestioni. Così, controllare è amministrare, concezione moderna cui è approdata anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 457/1999).
Si parla in questo senso di controlli «di integrazione», in contrapposizione ai tradizionali controlli atto per atto (controlli conformativi), che assolvevano ad una funzione di direzione dell'amministrazione, nel senso che questa, se voleva emettere un dato atto, non poteva farlo se non con i contenuti ritenuti giusti da parte dell'organo di controllo
8.
I controlli «di integrazione» costituiscono attribuzione delle amministrazioni le cui attività sono oggetto di verifica, sono cioè controlli interni, che ciascuna della amministrazioni deve organizzare nell'ambito della propria autonomia normativa ed organizzativa.
L'art. 3, comma 4, della citata legge n. 20/1994, dopo aver ridotto il numero degli atti dell'amministrazione centrale sottoposti a controllo preventivo di legittimità, ha chiamato la
7
In senso conforme, (a cura di) L. CAVALLINI CADEDDU, Controlli interni nelle pubbliche amministrazioni. Relazione introduttiva, Torino, Giappichelli, 2002, p. 7.
8
G. D'AURIA, I controlli, (a cura di) S. CASSESE, Corso di diritto
amministrativo, Milano, Giuffrè, 2004, p. 338.
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Corte dei Conti, a svolgere, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio di tutte le amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Si è disposto che nell'ambito delle sue attribuzioni di controllo la Corte «accerta anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa», e definendo annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo
9.
Se fino agli anni Ottanta l'atto amministrativo doveva essere legittimo in quanto conforme ad uno standard, oggi l'atto è considerato come un momento di un'attività che è valutata per i risultati che produce, per la sua capacità di essere una fase di un processo teso ad assicurare prestazioni di buona qualità, in condizioni di massima efficienza e di minimo
9
F. MIGLIARESE CAPUTI, Diritto degli enti locali: dall'autarchia alla
sussidiarietà, cit., p. 361.
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impiego delle risorse pubbliche
10.
Anche con i successivi interventi normativi, infatti, delle c.d. «Leggi Bassanini» (legge n. 59/1997 e 127/1997) si é notevolmente dato un nuovo assetto alla disciplina organizzativa delle autonomie locali, attuando, altresì, un ampio decentramento amministrativo.
Il quadro normativo sui controlli trova adeguato completamento nella legge 15 marzo 1997, n. 59 con la quale, all’art. 11, si conferisce al Governo la delega per riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle Pubbliche Amministrazioni. L’art. 12 prevede che, nel riordinare le amministrazioni pubbliche, si crei una più razionale organizzazione, collegando tra loro gestione finanziaria e gestione amministrativa, con strutture costituite per funzioni omogenee e per centri di imputazione di responsabilità.
Infine l’art. 17 dispone che il Governo, nell’attuazione della delega conferitagli in materia di monitoraggio e valutazione preveda l’organizzazione di «un sistema
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(A cura di) A. MEALE, Il potere amministrativo degli enti locali, cit., p. 226.
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informativo-statistico alimentato da rilevazioni periodiche al massimo annuali dei costi delle attività e dei prodotti», la istituzione di «sistemi per la valutazione, sulla base di parametri oggettivi, dei risultati dell’attività amministrativa e dei servizi pubblici», l’obbligo che ciascuna amministrazione provveda periodicamente alla «elaborazione di specifici indicatori di efficacia, efficienza ed economicità ed alla valutazione comparativa dei costi, rendimenti e risultati e colleghi l’esito dell’attività di valutazione alla allocazione annuale delle risorse».
In attuazione della delega di cui all’art. 11, in data 30/07/1999 è stato emanato il D.lgs n. 286 di riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle Amministrazioni pubbliche.
Il decreto legislativo 286/1999 rappresenta la tappa fondamentale per dare finalmente pratica attuazione ai principi che hanno ispirato la riforma del 1990.
Il suddetto D.lgs., nel chiarire i principi generali del
controllo interno, distingue quattro funzioni di controllo:
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valutazione e controllo strategico: volto a valutare
l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione die piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti;
valutazione dei dirigenti: volto a valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
controllo di gestione: volto a verificare l'efficacia,
l'efficienza e l'economicità dell'azione, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
controllo di regolarità amministrativa e contabile:
volto a garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa.
Le quattro funzioni di controllo, così come sopra delineate, rappresentano nel loro insieme il modello generale dei controlli interni attuabile nelle autonomie locali.
In una nuova, moderna ottica ordinamentale e gestionale,
insomma, le risultanze economiche, e non più quelle giuridico-
procedurali, sono poste al centro dell'attività amministrativa e
della sua valutazione: e, di conseguenza, è ovvio l'ulteriore
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potenziamento dei servizi di controllo interno, in rapporto coerente con il riassetto dei controlli esterni, affidato alla Corte dei conti. Va, dunque, delineandosi un nuovo modello di controlli, sulla base di parametri e valori desunti non solo dalla cultura giuridica. Nelle leggi di riforma degli anni '90 si afferma, così, un controllo di gestione, interno, in funzione delle scelte del management, direzionale, che serve, in corso d'opera, ad incidere, in termini correttivi, sulla attività ancora da svolgere: ed è il modello riferibile ai servizi di controllo o nuclei di valutazione. Emerge, inoltre, un controllo sulla gestione, esterno, successivo o anche concomitante,
«collaborativo», mirato ad «interpretare» la gestione ed a fornire indicazioni, sotto forma di report, ai decision-makers in funzione di stimolo all'efficienza. Inteso, l'uno, a far fornire elementi utili a correggere le scelte gestionali; a valutare l'operato ed i risultati dell'amministrazione, in un processo di auditing, di revisione di regole e comportamenti, l'altro:
comunque, almeno in un certo grado, abbinati, a completarsi reciprocamente
11.
11
C.E. GALLO, M. GIUSTI, G. LADU, M.V. LUPÒ AVAGLIANO, L.
SAMBUCCI, M.L. SEGUITI, Contabilità di Stato e degli enti pubblici, Torino,
Giappichelli, 2013, p. 241-242.
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La legge 3 agosto 1999, n. 265, significativamente intitolata «Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali», ha così posto mano a un generale riordino della legislazione in materia, delegando il governo a predisporre un Testo Unico in materia di ordinamento degli Enti locali avente ad oggetto l’attività deliberativa e di amministrazione attiva nonché la finanza e la contabilità. Sulla base dei criteri e principi direttivi presenti nella legge delega, il Governo ha quindi adottato il TUEL, Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) che rappresenta simbolicamente la conclusione del decennio di riforme iniziato con la legge 142/1990.
3. I controlli a seguito della riforma del titolo V Costituzione:
ulteriori interventi legislativi
La riforma costituzionale del 2001
12, ha profondamente rinnovato il Titolo V, cioè la parte della Costituzione dedicata alle autonomie territoriali e al rapporto fra queste e lo Stato.
Nel novellato articolo 114, che apre il titolo V, è oggi
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Legge costituzionale n. 3/2001 promulgata il 18 ottobre 2001 dopo
l'approvazione parlamentare a maggioranza assoluta dell'8marzo 2001 favorevole nel
referendum del 7 ottobre 2001. Si è trattato del primo referendum costituzionale nella
storia della Repubblica.
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chiaramente affermato che la Repubblica non «si riparte» ma
«è costituita» dagli enti locali (i Comuni, le Province e le Città metropolitane), dalle Regioni e dallo Stato, elencati così, in ordine inverso rispetto al testo previgente della stessa norma.
L'ordine di elencazione non è casuale, e si rapporta al principio di sussidiarietà che viene ora costituzionalizzato dall'art. 118, integralmente riscritto: «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza».
La Costituzione, dunque, non definisce il principio di sussidiarietà, ma lo riconosce e lo pone alla base della stessa strutturazione dello Stato, costituito dagli enti territoriali, elencati partendo dal più vicino al cittadino (il Comune);
attribuisce inoltre le funzioni amministrative ai diversi enti alla
stregua dello stesso principio, cioè assegnandone la generalità
ai comuni e agli enti di ambito territoriale più ampio solo
quelle che meglio sono esercitate a livello superiore. Fanno,
infine, da corollario al principio di sussidiarietà, quelli di
differenziazione (degli ordinamenti) e di adeguatezza (del
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complesso di funzioni attribuite alla dimensione degli enti).
Con la riforma del titolo V, è mutata dunque, in modo significativo, la struttura della Repubblica e l'organizzazione amministrativa, prevedendosi un nuovo ruolo delle Regioni e degli enti locali che, nell'ambito delle loro competenze, sono stati posti sullo stesso piano con lo Stato. Inoltre, l'ampia autonomia organizzativa, contabile e finanziaria ha comportato necessariamente, l'introduzione di disposizioni, che prevedessero controlli di tipo esterno, finalizzate ad eseguire verifiche dirette a garantire l'osservanza delle regole di finanza pubblica.
L'evoluzione normativa non ha fatto venire meno l'importanza dei controlli interni, ma ha evidenziato la necessità che, fermi restando questi ultimi, venissero introdotti efficaci controlli esterni, creando un sistema completo con un duplice coordinato livello di controlli
13.
Il definitivo declino dei controlli preventivi di legittimità sugli atti degli enti locali si è avuto con la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, sopravvenuta con la legge
13
G. ASTEGIANO, L'evoluzione del sistema dei controlli negli enti locali, in (a
cura di) G. ASTEGIANO, C. D'ARIES, E. PADOVANI, Il nuovo sistema dei controlli
interni. Dall'obbligo normativo ad un'impostazione manageriale della gestione della
P.A., Milano, Giuffrè, 2014.
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costituzionale n. 3 del 2001. Nell'ambito della suddetta modifica che si è incentrata sul riconoscimento di una pari dignità di Comuni, Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato – tutti gli elementi costitutivi della Repubblica, secondo il dettato del nuovo art. 114 della Costituzione – non potevano più trovare spazio i controlli esterni, di tipo tutorio, di cui si è detto. Logica conseguenza, dunque, è stata la loro abolizione.
Poco prima, con legge costituzionale n. 1/1999 si era intervenuti sugli artt. 121, 122, 123 e 126 Cost. rafforzando la potestà statutaria delle Regioni ordinarie e successivamente, con legge Cost. 2/2001, si è provveduto ad assicurare analoga possibilità dispositiva anche alle Regioni speciali
14.
La legge Cost. n. 3 del 2001 ha profondamente innovato l’assetto istituzionale e, conseguentemente, ha modificato in radice il sistema dei controlli, abrogando espressamente, all’art. 9, il primo comma dell’art. 125, l’art. 130 Cost., nonché l’art. 124.
Fin dall’inizio, ancor prima della formale entrata in vigore della riforma, avvenuta, come detto all'inizio, a seguito dell’esito positivo del referendum confermativo, l’8 novembre
14
F. MIGLIARESE CAPUTI, Diritto degli enti locali: dall'autarchia alla
sussidiarietà, cit., p. 80.
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2001, la dottrina e gli operatori del settore si sono interrogati sulla sorte del sistema dei controlli.
A tale riguardo, si contrapponevano due tesi: quella secondo cui l’abrogazione dell’art. 130 Cost., avrebbe comportato l’abrogazione implicita di tutta la normativa, statale e regionale, con la conseguente soppressione del CO.RE.CO. e degli altri obblighi di legge; quella secondo cui, invece, si sarebbe solo operata la decostituzionalizzazione della materia, il che non avrebbe escluso la possibilità di interventi di legge diretti a ridisciplinare i controlli.
Si deve osservare come il Costituente, alla fine della sua riforma «federalista» abbia ritenuto di disporre una serie di abrogazioni, tra cui quella dell’art. 130, insieme ad altri articoli della Costituzione, parimenti abrogati con l’articolo 9.
È utile quindi risalire al nucleo essenziale della riforma, che va individuato nella svolta federalista del Paese
15.
Fondamentale in questa ricostruzione è la modifica, solo apparentemente minimale, apportata, con l’art. 1, all’art. 114 della Costituzione: quasi mai la sostituzione di tre parole (La
15
«La differenza tra regionalismo e federalismo non è di intensità, ma di senso
del cambiamento: nel regionalismo si decentrano funzioni verso le autonomie
territoriali; nel federalismo si cercano elementi unitari in un sistema già decentrato e
differenziato». (Così F. MERLONI, La reale collaborazione nella Repubblica delle
autonomie, in Diritto pubblico, 2002, p. 843).
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Repubblica «si riparte in…» con «è costituita dai…») ha avuto effetti rilevanti quanto in questo caso.
La modifica costituzionale, quale disciplinata dal comma 2 del nuovo art. 114 viene a riempire di effettività la qualificazione di «enti autonomi», già attribuita a Comuni e Province dagli articoli 115 e 128 Costituzione.
A cascata, sono stati quindi abrogati gli articoli 115 e 128, limitativi dell’autonomia locale, il 129, che qualificava gli enti anche organi di «decentramento statale e regionale» e l’art.
130, sui controlli di legittimità e di merito. È evidente, invero, che il sistema dei controlli, quale realizzato nel corso della lunga storia sopra delineata, è del tutto incompatibile con la pari ordinazione e l’autonomia riconosciuta a tali istituzioni territoriali.
Il discorso, d’altronde, è analogo a quello riguardante le
Regioni, per le quali, con l’abrogazione degli articoli 124 e
125 (primo comma), sono venuti meno, nell’ottica federalista,
il Commissario del Governo e i controlli di legittimità e di
merito. Come si vede, l’art. 9, secondo comma, che abroga
tutte (e solo) le norme sopracitate, trova così la sua piena e
coerente ragione logico-giuridica.
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Attualmente, quindi, di tutto il Capo I possono ritenersi ancora efficaci solo quattro norme (segnatamente, gli artt. 135- 138).
L’articolo 135 TUEL vigente prevede che il Prefetto – nell’esercizio dei suoi poteri o di quelli a lui delegati dal Ministro dell'Interno – può infatti richiedere ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge in due specifiche ipotesi: 1) quando vi è fondato motivo di ritenere che esistano tentativi di infiltrazioni di tipo mafioso nelle attività di realizzazione di opere e lavori pubblici; 2) quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni.
La ratio della disposizione in commento, che rientrava tra quelle da rivedere in base alla delega, di cui alla legge n.
131/2003, si ispira all’esigenza di tutela della pubblica
sicurezza trovando fondamento in una legislazione di carattere
emergenziale (art. 15, d.l. 13 maggio 1991 n. 152, recante
provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità
organizzata e di trasparenza e di buon andamento dell’attività
amministrativa, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203) che
ha modificato l’articolo 16, legge 19 marzo 1990, n. 55.
25
Il Consiglio di Stato
16, si è espresso nel senso che l’intervento del Prefetto configura un controllo esterno dell’amministrazione statale ma è espressione di un potere indirizzato alla salvaguardia di interessi fondamentali inerenti all’ordine e sicurezza pubblica riservati allo Stato ex articolo art. 117, comma 2, lettera h), Cost.; rimane pertanto il modello procedimentale anche se l’abrogazione dell’art.130 cost. ha fatto venir meno il mezzo per l’esercizio di detto potere, ossia il controllo di legittimità del CO.RE.CO. L’effettività della norma va pertanto garantita mediante le modalità previste per il controllo interno di cui all’art. 147, comma1, lett. a), ovvero, in assenza di tale sistema di controllo, mediante la richiesta ad opera del Prefetto, di un motivato riesame dell’atto da parte dell’organo che lo ha emesso. In ogni caso non vi è obbligo degli enti locali di un inoltro indifferenziato degli atti di cui all’art. 135 essendo stato espunto dall’ordinamento il controllo di legittimità di cui all’art. 130 Cost.; l’acquisizione dovrà avvenire a cura del Prefetto secondo il suo prudente apprezzamento in base ad elementi o informazioni in suo possesso ovvero in relazione a particolari situazioni locali.
16
Cons. Stato, sez. I, 26 novembre 2003, n. 1006/03.
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Anche il controllo sugli organi degli enti locali va esaminato alla luce della riforma del Titolo V.
La dottrina è concorde nel ritenere che questo tipo di controllo sia di competenza esclusiva dello Stato, perché materia accessoria a quella di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione («legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane»). Ne discende che i controlli sugli organi (individuati dagli artt. 141, 142 e 143 TUEL) non sono stati intaccati per effetto dell’abrogazione dell’art. 130 Cost.
Tappa fondamentale, dunque, è stata la soppressione del
controllo preventivo di legittimità sugli atti, da parte del
CO.RE.CO. sugli enti locali, con il quale si è aperto, per tutte
le amministrazioni, il duplice orizzonte dei controlli interni e
dei controlli successivi sui risultati. Essi sono, del resto, i
controlli più moderni ed efficaci, poiché consentono di
verificare, oltre alla legalità, la performance, delle
amministrazioni e la qualità del «prodotto amministrativo», in
rapporto ai diritti degli utenti ed agli interessi dell'intera
collettività: gli unici che siano in grado di porre i cittadini e gli
organi della rappresentanza nella condizione di conoscere in
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che modo è stata spesa la ricchezza comune e di assumere le decisioni necessarie a migliorare organizzazioni, modi di gestione, assetti del personale, distribuzioni delle risorse fra obiettivi diversi. Controllo che dunque, diviene da formale sui singoli atti, a controllo sulla gestione (sul complesso di atti), verificandone i risultati (in termini di economicità ed efficacia).
Due anni dopo la riforma del titolo V, con la legge 5
giugno 2003 n. 131 (c.d. «legge la Loggia»), è stato potenziato
il ruolo della Corte dei Conti in funzione di verifica e riscontro
della gestione degli enti e segnatamente relativo al rispetto, da
parte degli enti territoriali, del patto di stabilità, nonché del
principio di sana gestione finanziaria. L'art. 7, comma 7 della
legge 131/2003, in particolare, attribuisce alla Corte dei conti
il controllo finanziario per assicurare il rispetto degli equilibri
di bilancio, anche in relazione ai vincoli comunitari, nonché il
controllo sulla gestione per il perseguimento di adeguati livelli
di economicità ed efficienza. Si stabilisce inoltre che su tali
controlli ciascuna Sezione riferisca agli organi rappresentativi
delle rispettive comunità locali e, nell'esercizio di tale
attribuzione, la Corte opera come organo della Repubblica
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nella nuova definizione di cui all'art. 114 della Costituzione, e quindi come organo dello Stato, della Regione e degli enti locali.
Successivamente, con l'art. 1, comma 166 e seguenti della legge 266/2005, è stato introdotto nell'ordinamento un controllo obbligatorio e diffuso nei confronti di tutti i comuni e le province, che, oltre ad essere uno strumento che consolida il raccordo tra organi di revisione e Corte dei conti, consente di tenere sotto continuo monitoraggio la situazione finanziaria degli enti locali mediante l'acquisizione uniforme su tutto il territorio nazionale di dati ed informazioni richieste, con appositi questionari emanati periodicamente dalla Sezione delle autonomie.
In virtù delle leggi appena citate, la Corte verifica quindi il rispetto degli equilibri di bilancio in relazione al patto di stabilità, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi, nonché la sana gestione finanziaria, eventualmente emettendo
«specifica pronuncia» (della Sezione regionale di controllo – ex art. 1, comma 168, legge 266/2005) e vigilando sulle successive misure correttive adottate dall'ente.
Il compito assegnato alla Corte è indubbiamente arduo,
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anche perché l’oggetto del controllo non è rigidamente inquadrabile in tipologie predeterminate, riguardando la gestione di enti a fini generali, e non omogenei quanto a caratteristiche demografiche, economiche e sociali.
Il controllo sulla gestione finanziaria degli Enti locali, che trova il suo diretto fondamento negli artt. 28, 81, 97, primo comma, 100 e 119, ultimo comma, della Costituzione, concorre, attraverso la disamina con cadenza annuale dei bilanci preventivi e dei rendiconti, alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica. In tale contesto s’inserisce anche il controllo di cui all'art. 198 bis del TUEL, avente lo scopo di coordinare, in chiave finanziaria, i controlli interni degli enti locali con quelli esterni affidati alla Corte dei conti
17.
Il fatto che il TUEL sia precedente alla grande riforma del Titolo V della Costituzione impone quanto alle norme ancora vigenti uno sforzo interpretativo volto a rendere compatibile la disciplina legislativa con il dettato costituzionale.
Per tale ragione è avvertita la necessità di una nuova Carta delle Autonomie tesa a riordinare ulteriormente la
17
T. TESSARO, Il controllo della Corte de conti sugli enti locali alla luce del
federalismo fiscale, in www.leggioggi.it, 23 gennaio 2012.
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materia.
4. I controlli nella Carta delle Autonomie locali
L'approvazione del disegno di legge delega in materia di enti locali, conosciuto come Carta delle Autonomie locali, è avvenuta dopo pochi mesi dall'approvazione della legge 5 maggio 2009 n. 42 (recante delega in materia di federalismo fiscale)
18. In data 19 novembre 2009, infatti, è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il nuovo disegno di legge che va a modificare il decreto legislativo n. 267/2000 (testo unico degli enti locali) ridisegnando complessivamente il sistema delle autonomie locali, in armonia con la riforma federalista.
Approvato con modificazioni rispetto al testo del proponente dalla Camera dei Deputati il 30 giugno 2010, è stato assegnato alla 1ª Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato (A.S. n. 2259) in sede referente, e lì rimasto arenato.
Il provvedimento in attuazione del titolo V della Costituzione e in linea con l’autonomia finanziaria e tributaria
18
F. MIGLIARESE CAPUTI, Diritto degli enti locali: dall'autarchia alla
sussidiarietà, cit., p. 126.
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stabilita dal federalismo fiscale, prevede, tra l’altro, il potenziamento dei controlli di tipo amministrativo, finanziario e contabile. Si precisa, a ogni buon conto, che l’art. 2, comma 186 della legge n. 191/2009 (Finanziaria 2010), così come modificata dalla legge n. 42/2010, ha già introdotto parte delle modifiche normative previste dall’art. 18 del disegno di legge in parola.
In particolare, per quanto concerne il potenziamento dei controlli, già l’articolo 1 «Finalità e oggetto» al comma 3 lettera e) prevede la «modifica delle norme relative ai controlli negli enti locali, al fine di assicurare la piena responsabilizzazione degli amministratori e dei dipendenti».
Mentre è l’art. 24 «Disposizioni in materia di controlli negli enti locali» a novellare numerose disposizioni del Testo Unico degli enti locali, infatti, amplia il numero dei casi in cui alle proposte di deliberazione sottoposte alla Giunta e al consiglio deve essere allegato il parere del Capo della ragioneria (comma 1); disciplina il controllo di regolarità amministrativa e contabile, il controllo strategico, i controlli sulle società partecipate e il controllo sugli equilibri finanziari (comma 2);
apporta alcune modifiche ai principi in materia di contabilità
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(comma 3), alla disciplina del Piano esecutivo di gestione (comma 4) e al controllo di gestione (commi 5 e 6).
I controlli interni, pertanto, si avviano verso una nuova stagione tesa al miglioramento complessivo delle performance degli enti locali.
Purtroppo la riforma del sistema dei controlli, prevista in un primo tempo nella Carta delle Autonomie ma poi inserita ed attuata del decreto Enti locali, si colloca in sostanziale continuità con il passato e rischia, quindi, di rivelarsi di modesta forza innovativa
19. Dal momento che verrà dedicato un intero capitolo a quanto previsto dal decreto Enti locali, il d.l. 174/2012, qui ci limitiamo a tratteggiare alcune considerazioni, rinviando per il resto agli approfondimenti di dettaglio.
Lascia perplessi, in particolare, la scelta di moltiplicare le tipologie di controllo: tutto ci aiuta ad esplicitare quali siano i compiti dell'ente, ma certo non incide sui motivi di fondo che hanno portato ad un quadro di sostanziale inefficacia dei
19
S. POZZOLI, Il sistema dei controlli negli enti locali tra democrazia e
tecnicalità, in (a cura di) S. CINCIMINO, A. SORCI, Federalismo, riforme della
contabilità e dei sistemi di controllo. L'impatto sugli equilibri di bilancio e sull'efficacia
dell'operato degli enti della amministrazione pubblica, Milano, Giuffrè, 2012, p. 23-57.
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controlli negli anni passati
20.
Scompare la valutazione della dirigenza, tradizionalmente considerata un «controllo», solo perche affidata al Decreto Brunetta
21. Una scelta che denota un eccesso di «divisione dei compiti», visto che, questo, in coerenza con la scelta di esplodere il numero dei controlli, poteva almeno rientrare nella norma di inquadramento generale, l'art. 147 del TUEL, che mira proprio ad aumentare il «dettaglio» dei controlli interni.
Da qui il rischio, molto concreto, di non riuscire a mantenere un assetto organico.
Il testo della Carta delle Autonomie è stato il frutto di una lunga elaborazione in sede governativa, alla quale non sono rimaste estranee le esperienze maturate con i precedenti tentativi di attuazione del Titolo V. Per questa ragione, si può persino dire che si tratta di un testo ampiamente condiviso e nel quale si rispecchia fedelmente il modello amministrativo delineato dalla revisione costituzionale
22.
Necessario è comprendere che i controlli interni ed
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S. POZZOLI, Il sistema dei controlli negli enti locali, cit., p. 43.
21
Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 - Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15 - in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
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