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La Scuola di Agricoltura di Eboli

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La Scuola di Agricoltura di Eboli

La Scuola Pratica di Agricoltura fu istituita a Eboli il 4 settembre 1882, a conclusione di un lungo processo preparatorio nel quale ebbero parte attiva il deputato Francesco Spirito, professionisti, politici ebolitani e alcuni grandi proprietari terrieri della piana del Sele.

Ripercorrendone le tappe principali ricordiamo che il Cavaliere Giovanni Centola, presidente della Società Economica della provincia di Salerno, nel giugno del 1845, nel Picentino, bollettino periodico della Società, propose l’istituzione di un podere modello che, come una scuola attiva, potesse servire a sperimentare nuove tecniche di coltivazione e a diffondere nuove colture nelle terre della piana del Sele, scegliendo Eboli come «sede naturale»1. Il podere, nelle vicinanze di Eboli, sarebbe stato «conducentissimo alla istruzione degli agricoltori, ed atto a promuovere e a mantenere la bonifica de’ terreni paludosi».

Le motivazioni erano molteplici: l’esteso territorio, l’arretratezza delle tecniche colturali, la possibilità di rendere visibili e di diffondere le buone pratiche agricole, il clima salubre e il beneficio delle acque, nonostante la malaria che infieriva nella Piana del Sele e determinava l’urgenza di un intervento radicale. Il progetto, abbandonato per lunghi anni, fu riproposto nel 1864 nel primo dei Comizi Agrari, tenuto a Eboli perché era uno dei centri agricoli più importanti della provincia. In quella sede il Cavaliere Giuseppe Augelluzzi, medico e sindaco di Eboli, nobile figura di studioso di storia locale, nel suo «Discorso sullo stato di coltura del nostro territorio», sosteneva l’opportunità di istituire un «podere modello» e una scuola di agricoltura, in un periodo di grandi tensioni sociali e di stasi economica, mentre nuove scuole che privilegiavano gli studi umanistici venivano istituite, con varia fortuna, in Eboli2. Con l’Unità d’Italia, infatti, si pensò a rafforzare le scuole umanistiche con l’istituzione dei licei-ginnasi, che furono scuole d’élite, estranee ai bisogni della collettività, in cui era alto il grado di analfabetismo, anche se con la legge Casati erano state promosse le prime iniziative volte all’ istruzione tecnica.

Le linee programmatiche di Augelluzzi, in controcorrente e innovative per la piana del Sele, si rifacevano al progetto di legge presentato dall’on. Filippo Cordova, ministro nel primo gabinetto Ricasoli (1861-62) per il

1 F.P. CESTARO. Lettera al prof. M. Testa. In: «Il Miglioramento», Anno VI, n. 3, 15 marzo 1879 . Nell’articolo, riportato nei numeri 3, 13 e 14 del giornale, sono diffusamente illustrati i motivi che facevano preferire Eboli come sede della istituenda scuola, malgrado la presenza della malaria, e non Salerno. Il riferimento alla proposta di Centola è riportata nel «Picentino», anno 11, n. 6, 1° giugno 1846.

2 A.CESTARO, Istruzione pubblica e privata in un comune del Mezzogiorno nel primo ventennio post-unitario, in:

Rassegna storica salernitana, anno XX, Salerno 1959, pp. 19-22.

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riordinamento dell’istruzione agraria, fondato su uno stretto collegamento della teoria con la pratica per dotare la nuova agricoltura di scuole in cui «mentre la scienza dovrà essere svolta largamente, non si dovranno omettere gli insegnamenti pratici che servono all’arte e all’applicazione dei principi scientifici».

Il 1877, nel discorso inaugurale della Scuola Tecnico-ginnasiale Comunale, il sindaco avvocato Vincenzo Gammino, mosso dall’esigenza di rispondere alle necessità della popolazione che versava in gravi difficoltà economiche, sosteneva la necessità di migliorare l’istruzione pubblica con l’istituzione di scuole tecniche quale mezzo per risollevarne culturalmente e materialmente le condizioni. « L’istruzione tecnica – egli disse - non è che il complemento di quella elementare per coloro che non debbono dedicarsi agli studi classici-professionali ma sibbene popolare le officine, addirsi all’industria e al commercio, a tutte le arti e mestieri, ed a taluni e specificati uffici pubblici in cui è necessaria la licenza tecnica […]. Per Eboli, città eminentemente agricola, le scuole tecniche sono necessarie come l’acqua alla vita, non solo per il loro determinato scopo ma benanche per servir di preparazione ad una scuola di agricoltura con un podere modello, dove i lavoratori possano applicare la teoria alla pratica e trarre dalla vasta e ubertosissima campagna, quella ricchezza che oggi va perduta per mancanza di intelligenti agricoltori » .

Le motivazioni atte a sorreggere la sua istituzione erano quanto mai plausibili e la vastità del territorio, la posizione rispetto alla città e ai centri minori, la facilità delle comunicazioni rese possibili dalla ferrovia, la varietà delle produzioni agricole e zootecniche facevano della piana del Sele e di Eboli l’ambiente e la sede naturale di una scuola di agricoltura. I tempi erano maturi, anche per l’agricoltura arretrata della Piana, perché anche i grandi proprietari terrieri, rinunciando alle rendite parassitarie del latifondo e della coltura estensiva, consci delle potenziali possibilità produttive di quelle terre, gravemente sottoutilizzate, pensassero a un concreto ammodernamento dei metodi e dei mezzi di coltivazione, ricorrendo a tecnici capaci di introdurre sistemi di coltivazione già applicati in altre realtà agricole del Settentrione dell’Italia Unita. Ciò avrebbe migliorato le condizioni economiche e la qualità della vita di una fascia di popolazione che viveva di agricoltura ma in condizioni di abbrutimento e di miseria. In via indicativa e di larga approssimazione, il problema fondamentale consisteva nel ridurre il latifondo agricolo-pastorale, nel rinnovare gli allevamenti, moltiplicarne le rese facendo spazio alle coltivazioni non solo cerealicole ma anche ortive, alla frutticoltura, ai pascoli, alle piante industriali, mediante rotazioni pluriennali, concimazioni razionali, irrigazioni, lotta ai parassiti, dissodamento e messa a coltura di nuove terre di pianura strappandole all’acquitrino e alla malaria3.

Gli agricoltori più illuminati e disposti alla modernizzazione dell’agricoltura, tra i quali Gerardo Romano Cesareo, Raffaele Lanzara, Vincenzo La Francesca, Angelo Vacca, convinsero l’Onorevole Francesco Spirito (1842-1914) a sostenere l’istanza del Municipio e degli agricoltori presso il Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio perché venisse istituita in Eboli una scuola di agricoltura, sul modello di quelle che già erano state istituite in altre regioni del Nord Italia. Il Ministero accolse la richiesta e avviò una procedura di accertamento

3 G.Romano, Per l’istituzione della R. Scuola Pratica di Agricoltura in Eboli, Salerno, 1885: «Ecco il principio di politica economica ed agraria a cui s’ispiravano gli atti dell’amministrazione romana[…]ristringere per via di energici provvedimenti l’inutile pascolo e sostituirvi la coltura del suolo. E’ questo il vero principio che bisogna oggidì applicare di bel nuovo, e che solo può rendere alla contrada la vita e la prosperità e ripopolarla a un tempo». Pag. 6

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sulla reale possibilità e convenienza della sua istituzione in piana del Sele con sede a Eboli. Inviò, a tale scopo, il professor Girolamo Caruso, direttore della Scuola superiore di Agricoltura di Pisa, a verificare se esistessero nella piana del Sele e in Eboli tutte le condizioni idonee ad assicurare a tale istituzione sviluppo e continuità adeguate alle aspettative del Ministero. Il Caruso visitò l’ex convento S. Francesco, di proprietà comunale, chiese dei miglioramenti e, dopo una serie di sopralluoghi in città e in campagna e vari incontri con personalità politiche e agricoltori del luogo, riferì al Ministro che Eboli era «la sede più adatta per una scuola pratica di agricoltura destinata a formare intelligenti fattori ed agenti di campagna». Ciò riaccese la disputa, mai sopita, sull’opportunità di istituire la scuola a Salerno o a Eboli: le pagine de «Il Miglioramento, giornale popolare di lettere, scienze ed arti», periodico che si pubblicava a Eboli, riportano le rigorose argomentazioni con cui Francesco Paolo Cestaro, maestro elementare, garibaldino che aveva combattuto al Vulturno, sosteneva le ragioni della scelta di Eboli e del suo territorio come sede e campo d’azione dell’istituenda scuola agraria4.

Il Consiglio Comunale di Eboli presieduto dal sindaco Antonio La Francesca, con deliberazione dell’8 agosto 1880, affidò all’ing. Cerchia l’incarico di eseguire il progetto di adattamento dell’ex convento S. Antonio a sede della Scuola Agraria che l’Amministrazione intende impiantarvi. Il Cerchia eseguì il progetto che prevedeva una spesa di lire 27 050,64, comprese lire 1289,00 per oneri imprevisti. Il Consiglio Comunale si riunì nuovamente il nove ottobre di quell’anno e decise di accogliere il progetto, di concedere l’ex casa monastica alla istituenda Scuola Agraria insieme al podere attiguo, di circa tre ettari, e a quella parte di orti comunali, situati all’ingresso del paese, «nell’estensione che potrà occorrere e secondo le precedenti indicazioni del prof. Caruso».

Decise anche di concedere alla Scuola un contributo annuale per il suo mantenimento, di chiedere un generoso contributo alla Provincia e al Governo per lo stesso scopo, di far intervenire un delegato del Governo per dare gli opportuni indirizzi e suggerimenti5.

La scuola nasce, pertanto, come Scuola Pratica di Agricoltura a struttura consorziata.

Il prof. Giuseppe Ricca Rossellini, agronomo, Ispettore capo per l’Istruzione Agraria, incaricato dal Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio, esaminò il progetto di adattamento elaborato dall’ing. Cerchia e ritenne che le modifiche all’edificio potevano essere suscettibili di “modificazioni e restrizioni che ne avrebbero sensibilmente scemata la spesa”. Reputò, però, non adatti i terreni degli orti comunali assegnati alla Scuola perché non avevano, come prescritto, una superficie di almeno 20 ettari, né consentivano l’applicazione «delle tecniche ordinarie dalle grande coltura». L’ispettore esaminò altre offerte e indicò alcune soluzioni riguardanti altri terreni per i quali proporre un fitto di lunga durata. Le modifiche al progetto furono sollecitamente apportate dall’ing. Cerchia e i lavori furono infine appaltati con licitazione privata nel 1881 ed eseguiti nei due anni successivi, con la spesa di circa ventimila lire. Il Comune assicurò ancora un contributo di lire quattromila per le spese d’impianto e di lire cinquemila per il mantenimento annuo della Scuola.

Risolto il problema dell’edificio scolastico, rimaneva sospeso quello della ricerca di un terreno adatto all’impianto dell’azienda agraria. Scartati gli orti comunali, fu scelto e preso in affitto, in via provvisoria, un

4 F.P.Cestaro, Ancora la quistione della sede della Scuola Agraria, in: «Il miglioramento, giornale popolare di lettere, scienze ed arti »,VI, n. 3, (pp.33-37); n. 14, 1879, (pp. 203-210);

5 Archivio Comunale di Eboli, delibera n. 56 del 9.10.1880.

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appezzamento di terreno in località San Bernardino, a ovest di Eboli e non lontano dal centro abitato, che aveva una superficie di circa venti ettari.

Non fu una scelta felice: il terreno era argilloso, scarsamente fertile, non irrigabile, privo di edifici adatti al ricovero delle macchine e degli attrezzi agricoli. La vaccheria impiantata all’inizio dell’attività, dovette essere ben presto chiusa perché l’azienda non produceva foraggi a sufficienza e l’allevamento era molto costoso. I locali per la custodia delle macchine agricole furono presi in affitto in prossimità dell’azienda. Questa situazione si trascinò per alcuni anni, tanto che alcuni consiglieri comunali proposero la chiusura della scuola la quale, a loro dire, « aveva fallito i suoi scopi». Vi è anche la proposta di utilizzare le somme spese per la scuola in modo più redditizio per il Comune. Così sollecitato, il Consiglio Comunale con delibera del 19 dicembre 1893 decise di nominare una Commissione per «indagare per quali cause la Scuola (Agraria) non ha fin oggi corrisposto allo scopo e additi i provvedimenti che ritiene opportuni per rialzarne le condizioni e se tra questi provvedimenti si ravvisi necessario l’acquisto di un podere e si studi quale dei poderi sia più rispondente al bisogno, volgendo principalmente l’attenzione ai terreni di proprietà del Comune».

La Commissione esaminò attentamente le opportunità offerte dal mercato partendo dai poderi visitati inizialmente dai due ispettori governativi, professori Desideri e Ricca-Rossellini6.

Escluse alcune ipotesi di acquisto per eccessiva estensione delle tenute, eccessiva distanza da Eboli e indivisibilità delle proprietà, l’attenzione si focalizzò su una tenuta di proprietà del Regio Istituto Orientale di Napoli in località Fontana del Fico, che sembrava possedere tutte le qualità richieste e «in grado di soddisfare le esigenze di coloro che reclamano un imitabile esempio di trasformazione agraria su vasta scala a beneficio della grande piana di Eboli, che è la parte più fertile e di migliore avvenire del territorio comunale»7. Il Consiglio Comunale aprì la contrattazione con l’Istituto Orientale, senza alcun risultato. Una nuova trattativa, interrotta e ripresa più volte, ricadde sul podere S. Miele, giudicato non adatto perché vicino al fiume Sele e soggetto alla malaria, e ancora sulla tenuta S. Andrea dei fratelli Adinolfi, anch’essa fallita.

La scelta ricadde, finalmente, sul podere S. Giovanni con tre appezzamenti contigui, Starza, Starzolella e Prato, appartenenti alla Cassa di Risparmio di Salerno, della superficie di circa 14 ettari, distante circa due chilometri dall’ex Convento S. Antonio, centro operativo della Scuola. Il prezzo sembrò adeguato alle caratteristiche dell’azienda e buona la forma di pagamento. Il Comitato comunicò la sua scelta e le relative condizioni al dott. Ricca-Rossellini che le inviò al Ministero dell’Agricoltura. Il Ministero dette parere favorevole e sollecitò, anche attraverso la Prefettura, l’acquisto e la richiesta di un prestito alla Cassa Depositi e Prestiti al tasso agevolato del 2,50%, come per legge. Il terreno dell’azienda era sufficientemente fertile e quasi completamente irriguo, aveva un agrumeto in produzione, alcuni fabbricati utilizzabili per gli scopi dell’azienda e una rendita media presumibile di lire 5000 annue. Il prezzo fu fissato in lire 62 500 oltre il costo della riparazione e degli adattamenti dei fabbricati rustici, l’arredamento dell’azienda secondo il preventivo della Direzione della

6 I terreni esaminati furono:1)Fondo Orilia; 2) Fondo Colonna; 3) Fondo D’Urso; 4) Fontana del Fico; 5) Fondo S.

Andrea. La Commissione era costituita dagli agricoltori Campione Francesco,Costa Gaetano, Giudice Gregorio, dall’ingegnere Palladino Felice e da Conti Alberto, agricoltore, con funzione di presidente.

7 Archivio Comunale di Eboli, delibera n 26 del 3 maggio 1894.

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scuola e le spese per l’accensione del mutuo e dell’atto notarile. L’importo complessivo del mutuo acceso per far fronte all’acquisto e alle spese successive ammontò a lire 95 000 estinguibili in 30 anni. L’acquisto fu definitivamente deliberato il 30 maggio 1898 e la scuola fu immessa nel possesso dell’azienda nel novembre dello stesso anno.8

Tra l’istituzione della Scuola e l’acquisto dell’azienda S. Giovanni passarono ben sedici anni.

Il Regio decreto istitutivo della Scuola reca la data del 4 settembre 1882, solo dieci anni dopo l’istituzione della Scuola superiore di agricoltura di Portici, successivamente trasformata in facoltà universitaria.

La sede della scuola, comprendente direzione, segreteria, aule, laboratori, cantina, allevamenti, convitto, officine, fu ricavata nell’ex convento Sant’Antonio, un edificio di circa 2000 metri quadrati, posto a Nord-Est e alquanto decentrato rispetto al nucleo urbano, provvisto di un podere recintato di quasi tre ettari, con giacitura alquanto scoscesa, adiacente al fabbricato, che fu utile per impiantare un vigneto, un agrumeto, i primi campi sperimentali, piccoli allevamenti di animali da cortile, i laboratori, le officine, la cantina, un campo sportivo.

Nell’edificio furono ricavati le aule, i laboratori, il convitto, la mensa e altri spazi per la didattica, la direzione e l’ufficio di segreteria, le abitazioni per il direttore, il vice direttore, il censore, il capo azienda, l’inserviente.

La spesa per i lavori di riattamento fu divisa tra il Comune di Eboli, la Provincia di Salerno e il Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio. Per le spese d’impianto il Comune mise a disposizione lire quattromila e per la gestione annua un contributo di lire cinquemila.

Il primo Consiglio di amministrazione fu costituito dal delegato della Provincia di Salerno Raffaele D’Urso, da Francesco Genovese, delegato del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, Vito Antonio Sparano, consigliere, Giuseppe Romano, delegato del Comune, segretario. Il prof. Odoardo Riccò fu il primo direttore della scuola9.

Il regolamento organico, prontamente approvato, così definiva le linee generali dell’insegnamento:

 L’insegnamento è teorico e pratico con prevalenza della parte pratica;

 L’insegnamento pratico dura tutto l’anno, quello teorico comincia il 1° settembre e termina il 30 giugno;

 L’istruzione teorica si divide in: generale, che comprende la lingua italiana, l’aritmetica, elementi di storia e geografia, nozioni elementari di geometria e disegno geometrico, la calligrafia, i diritti e i doveri dei cittadini; speciale, che comprende l’agricoltura, elementi di fisica, chimica, storia naturale e climatologia, industrie agrarie ed economia rurale, legislazione agraria, disegno topografico e costruzioni rurali, zootecnia, contabilità agraria;

 L’istruzione agraria è coordinata all’indirizzo e ai bisogni dell’industria agraria locale;

 L’istruzione pratica è impartita mediante esercitazioni ed esperimenti, e col lavoro diretto degli allievi, i quali sono esercitati nelle operazioni di coltivazione del podere, delle cure dell’allevamento del bestiame

8 Archivio Comunale di Eboli, delibera n. 20 del 30.04.1898 3 n. 48 del 30 11. 1898.

9 Odoardo Riccò, agronomo, fu un tecnico noto e attivo in campo nazionale. E’ noto il suo contributo all’indagine sulle

«Condizioni dell’agricoltura in Italia nel 1887». Riferimenti in: Direzione Generale dell’agricoltura,Notizie intorno alle condizioni dell’agricoltura: i conti colturali del Frumento, Roma 1887, pp.194-196.

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ed in tutte le faccende dell’azienda. Essi alunni sono ammaestrati nella tenuta dei conti dell’azienda; in determinate epoche prendono parte a viaggi e gite d’istruzione nei territori limitrofi;

 Le ore di lezione e di studio si limitano in media giornalmente a cinque e quelle di lavoro non oltrepassano le sei. Nei giorni di grandi faccende campestri possono essere aumentale le ore di lavoro diminuendo quelle di studio e viceversa.

È, dunque, il «lavoro diretto degli allievi» nelle coltivazioni del podere e negli allevamenti che si affianca alla preparazione teorica. Le prime fotografie dell’archivio dell’Istituto mostrano gli studenti al lavoro nei campi e alcuni indossano la divisa dei convittori.

Appare evidente il legame tra la scuola e il territorio: quella che ora chiameremmo programmazione flessibile della scuola-lavoro è definita dalla scelta di coordinare l’insegnamento «all’indirizzo e ai bisogni dell’industria locale» che era in una fase cruciale della sua evoluzione.

La Scuola di Agricoltura sorse, dunque, per il territorio, per far fronte alle sue esigenze di sviluppo, per contribuire a superare la distanza che lo separava dalle grandi aziende dell’Italia settentrionale, per istruire i contadini e prepararli alla gestione delle loro proprietà, a immettere i loro prodotti in un mercato più ampio e in modo più vantaggioso, a migliorare le loro condizioni di vita.

Dell’istituzione fu informato il pubblico con un manifesto che, citando il Regio Decreto del 4 settembre 1882, ne definiva la finalità, quella di istruire i giovani «nell’arte della coltivazione dei campi, di renderli esperti nelle pratiche agrarie, la cui applicazione possa favorire l’incremento dell’industria agraria della Provincia» limitando l’insegnamento tecnico alla conoscenza e all’applicazione delle pratiche agricole, dando una maggiore importanza alla parte pratica, applicativa, delle nozioni apprese teoricamente. Alla scuola erano ammessi alunni convittori ed esterni, il corso aveva la durata di tre anni, a seguito dei quali si conseguiva il diploma di agente di campagna. Ai convittori era richiesta una retta annua di 180 lire e un modesto corredo.

Era previsto il conferimento per concorso di un posto gratuito annuale per un alunno a carico del Comune10.

Il manifesto, datato 12 gennaio 1883, firmato da Gerardo Romano, primo sindaco di Eboli dopo l’Unità, rinviava ad altra data l’indicazione delle norme per l’ammissione degli alunni al primo anno di corso.

La scuola fu aperta il 3 luglio 1883 e intitolata a Guglielmo Gasparrini (1803-1866), illustre botanico originario della vicina Castelgrande, in provincia di Potenza, allievo di Giovanni Gussone e Michele Tenore dell’Università di Napoli, in quegli anni docente nell’Università di Pavia, direttore dell’Orto botanico di Palermo e, infine, direttore dell’Istituto Veterinario della Regia Università di Napoli.

Il discorso inaugurale fu tenuto, il 25 maggio 1884, da Giuseppe Romano che ripercorse le tappe della sua istituzione, ricordò coloro che se ne resero promotori e ne delineò magistralmente gli scopi: «Accostar la scuola all’uomo, […] (con) un’educazione appropriata a’ bisogni di questa società trasformata e di rendere più salda e stretta la necessaria alleanza delle opere col pensiero, del lavoro con la scienza». Evidenziò la necessità di non ignorare «le terre sterminate tuttora irredente dall’aria ammorbata, che aspettano di essere

10 Il posto gratuito presso il convitto verrà mantenuto fino al 1941.

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tramutate in campi di rigogliosa produzione» e di aver fede nella «legge sulla bonificazione delle paludi e de’ terreni paludosi, i provvedimenti legislativi diretti a promuovere le irrigazioni - da cui tanto bene si ripromette anche il nostro paese ansioso di veder volte a profitto dell’agricoltura le copiose e fertilizzanti acque del fiume Sele - apriranno certo la via a opere grandiose destinate a lasciare orme durevoli e incancellabili di sé». Il progetto della bonifica della Piana cominciò a delinearsi nella sua estrema necessità e nei suoi immancabili vantaggi.

La Scuola faceva parte della realizzazione di un progetto nazionale di ampio respiro nel quadro politico delineato dalla Sinistra Storica di Depretis. Esso, infatti, favoriva l’istruzione in generale e quella tecnica agraria in particolare, per rimuovere le condizioni che rallentavano o impedivano lo sviluppo agricolo soprattutto del Meridione e per promuovere l’associazionismo, potenziando i Comizi agrari, per superare l’individualismo atavico e improduttivo dei contadini meridionali11. Le Scuole pratiche di agricoltura furono, a questo scopo, istituite in tutte le province del Regno; esse si svilupparono e dettero quasi sempre buoni risultati, al contrario dei Comizi agrari, che si limitarono a fornire poche informazioni sulle tecniche agricole e si estinsero in breve tempo.

Il podere S. Giovanni, alquanto distante dalla sede della scuola, anch’essa decentrata rispetto al nucleo urbano, rispecchiava nella sua organizzazione, secondo le scelte dei tecnici e le indicazioni del prof. Caruso che progettò accuratamente il podere modello da annettere alla scuola agraria, le condizioni medie e la struttura delle aziende della piana del Sele, bisognose di migliorare la propria organizzazione e di incrementare le produzioni: un’azienda in cui gli interventi migliorativi, in campo agronomico e zootecnico in particolare, erano tutti da studiare e sperimentare. Come in gran parte delle aziende della Piana, fu dato maggiore spazio all’allevamento dei bovini e alla coltivazione dei foraggi per la loro alimentazione; i cereali e le leguminose entrarono in modo prevalente in rotazione con le foraggere. Seguivano, per importanza, gli ortaggi, i frutteti, l’oliveto e il vigneto, che consentivano agli alunni, che direttamente eseguivano buona parte delle pratiche colturali, e agli agricoltori, di apprendere le tecniche di coltivazione più adatte a tali colture per aumentarne la resa.

Al suo impianto, il podere era così strutturato:

bosco ceduo di quercia ettari 5,78

vigneto ettari 0,50

orto e vivai di piante da frutto ettari 1,00 piante a rotazione quinquennale ettari 7,50 medicaio ettari 0,44

erbai misti ettari 0,66

11 «Il luogo scelto a preferenza per tenervi il primo Comizio fu la città di Eboli, come quella che costituisce uno de’

centri agricoli più importanti della provincia […] tra le molte proposte fu quella di promuovere la fondazione di un podere-scuola da servire di modello ai coltivatori delle estese campagne ebolitane e della Provincia» in: F.P.

CESTARO, cit. p. 208.

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Strade e fabbricati ettari 1,38 Per un totale di ettari 17,26.

Il bosco, negli anni immediatamente successivi all’inizio delle attività, fu in parte dissodato, in parte lasciato a pascolo naturale per i vitelli e per lo studio della gestione delle aree boschive: una scelta in netta antitesi con la tendenza del tempo, che era quella del disboscamento selvaggio e dell’incendio per ottenere terre da destinare alle colture erbacee o al pascolo. La coltivazione della vite, degli ortaggi e l’impianto dei vivai fu ben presto, per gli agricoltori della Piana, un’innovazione di grande interesse perché desiderosi di apprendere le tecniche necessarie a diffondere e rendere remunerative quelle coltivazioni. La rotazione quinquennale studiata e applicata dai tecnici della scuola era un’autentica novità poiché nella Piana vigeva la pratica del maggese e delle rotazioni biennali. Il ringrano era la regola. I cereali invernali, infatti, succedevano alle piante foraggere e al rinnovo, ma sarebbero ritornati sullo stesso terreno dopo un anno se fossero succeduti al trifoglio, dopo due se fossero succeduti alla sulla. Una quota di terreno di 1,50 ettari era lavorata profondamente e concimata, per consentire una successione quadriennale di cereali e foraggere o piante da rinnovo. Il terreno destinato alla rotazione quinquennale era così suddiviso:

Cereali frumento ettari 2,95

Avena ettari 0,08

Sulla ettari 1,42

Foraggi Trifoglio incarnato ettari 0,80 Veccia e avena ettari 0,70

Mais ettari 0,82

Piante da rinnovo fave ettari 0,43

Ceci ettari 0,25

La scelta delle piante era stata correlata alle caratteristiche del suolo e del clima: tra le foraggere prevaleva la sulla, quasi sconosciuta in quel tempo, per la sua capacità di dare foraggi abbondanti in terre asciutte e calcareo-argillose; tra le graminacee il mais quale coltura estiva in grado di resistere alla siccità e di produrre copiosamente in terreni ben lavorati e concimati ma irrigabili come erano quelli del podere S. Giovanni.

Per la costituzione dell’azienda e l’acquisto di materiali didattici e scientifici furono impiegate lire 9.720 come segue:

Capitale attivo Bestiame da lavoro lire 1.300

Bestiame da produzione lire 3.500

Capitale ammortizzato Macchine, strumenti, attrezzi lire 2.000

Scorte Fieno lire 400

Paglia lire 75

Lettimi lire 75

Concimi lire 80

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Sementi lire 210

Capitale circolante lire 2.000

Gli acquisti riguardarono le scorte, il bestiame, le dotazioni didattiche e di laboratorio oltre le macchine e gli attrezzi per le lavorazioni ordinarie da effettuare nel podere. Le dotazioni dei laboratori comprendevano collezioni di minerali e rocce, preparati anatomici e tavole didattiche per l’insegnamento della zootecnia, quadri murali per l’insegnamento di varie discipline arricchite e, spesso, prodotte direttamente dai docenti nel corso degli anni. Il gabinetto di chimica fu attrezzato con il reagentario, la vetreria e gli apparecchi per eseguire le più comuni analisi del terreno, del vino, del latte, dell’olio. Furono acquistati strumenti per la misura della temperatura e della pressione atmosferica che poi faranno parte di una piccola stazione meteorologica, un microscopio per lo studio delle cellule e dei tessuti, delle malattie crittogamiche, dei parassiti animali e vegetali che costituiranno la base per i futuri laboratori di zootecnia, meccanica, topografia, biologia, patologia vegetale ed entomologia, industrie agrarie, chimica e fisica.

L’azienda agraria fu dotata di cinque tipi di aratri importati dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, adatti a vari tipi di terreno e in grado di eseguire diversi tipi di lavorazione: una vera innovazione apprezzata e determinante per l’agricoltura della Piana, in cui si adoperavano ancora aratri con struttura di legno e vomere metallico insieme ai vecchi e inefficienti aratri prussiani12. Con questi nuovi aratri, piccoli e maneggevoli, adatti alla trazione animale, presentati agli agricoltori in varie esposizioni dalla Società Economica, furono messi a coltura molte centinaia di ettari di terre sottraendole all’acquitrino e alla boscaglia. Agli aratri furono aggiunti tre tipi di erpici, uno scarificatore, un estirpatore, un aratro talpa per il miglioramento dei terreni argillosi, un trinciaforaggio, un torchio da vino, una solforatrice, vari attrezzi da caseificio, strumenti per l’agrimensura, materiali per l’allestimento di ricoveri per l’allevamento di animali da cortile e l’allevamento dei bachi da seta. Il podere, anno per anno, assunse sempre più l’assetto di un’azienda modello a netta vocazione sperimentale, dimostrativa e didattica.

Si provvide a un primo acquisto di duecento libri di contenuto tecnico e scientifico per costituire una biblioteca specializzata e si sottoscrisse l’abbonamento a ben 12 periodici italiani e stranieri per sostenere l’informazione e l’aggiornamento culturale.

La Scuola era autonoma sotto il profilo didattico, aveva ampia possibilità di adeguare i suoi insegnamenti alle esigenze dell’agricoltura locale, di seguirne l’evoluzione come di determinarne i cambiamenti, con lo scopo di formare dei tecnici intermedi in grado di inserirsi efficacemente nel contesto produttivo locale.

L’Unità d’Italia provocò una profonda crisi in agricoltura. Le iniziative che erano state intraprese dai Borbone intorno al 1855 - le prime bonifiche e l’istituzione della colonia agricola di Battipaglia – furono abbandonate. Vi fu anche un parziale abbandono delle terre a causa della massiccia emigrazione provocata dall’aumento del carico fiscale e dal lungo servizio di leva che sottraeva all’agricoltura le forze migliori. Erano

12 F. MOSCATI, Vecchia Piana, Salerno, 1980, pp.17-18. Nell’Istituto è conservato un arato monovomere Oliver, in legno con vomere di acciaio di importazione statunitense, del 1890. La biblioteca dell’Istituto conserva alcuni volumi della prima dotazione libraria.

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quelli gli anni della diffusione della fillossera e della peronospora che distrusse buona parte dei vigneti, degli attacchi delle cavallette che si ebbero in gran parte della Piana negli anni 1898 e 1899, della pebrina dei bachi da seta, di grandi squilibri dei mercati che provocarono il crollo dei prezzi di molti prodotti agricoli. La Scuola Agraria sorse in questo periodo come maggiore realizzazione in campo formativo dell’Italia post-unitaria e dette l’avvio alla modernizzazione della piana del Sele.

La Scuola stessa rappresentò un punto di riferimento per gli agricoltori della Piana, perché vi trovavano applicate quelle tecniche colturali e gestionali innovative che modificarono profondamente il loro modo di condurre le aziende. Vedendo i rinnovamenti realizzati nell’azienda della Scuola, valutando i risultati ottenuti e ascoltando i consigli di coloro che la gestivano, cominciarono a introdurre anche loro nuove tecniche agronomiche, impararono a usare i concimi e a praticare le rotazioni agrarie, a condurre razionalmente le stalle per migliorare la qualità e aumentare la quantità dei prodotti, a introdurre nuove colture quali il pomodoro e la barbabietola da zucchero, il tabacco, il cotone, la robbia ed il ricino, a combattere i parassiti, a irrigare i campi.

La Scuola dette l’avvio a un modo nuovo di pensare l’agricoltura, introdusse l’innovazione in settori oppressi dall’inerzia e dalla più sterile tradizione, la sperimentazione per indagare i settori produttivi più promettenti, la tecnica per trasformare l’agricoltura in un’attività altamente produttiva.

La vita dell’istituzione si svolse, tuttavia, in maniera faticosa, tra gli scarsi finanziamenti e le tante difficoltà che caratterizzarono la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Anche la malaria ebbe un enorme influsso negativo13. Aveva pochi alunni, quasi tutti convittori, alcuni provenienti dalla Lucania, impegnati nello studio ma anche, e direttamente, nei gravosi lavori di impianto dell’azienda nel terreno dell’ex convento Sant’Antonio, da lunghi anni abbandonato, e poi in quella di San Giovanni.

Con il R.D. del 31.12. 1923 n. 3214, che cercò di dare un assetto unitario alle ventisette scuole pratiche di agraria esistenti sul territorio nazionale e alle sette scuole speciali, trasformandone solo 16 in Scuole medie; per la scuola di Eboli cominciò un periodo di gravi difficoltà, perché fu esclusa, per le sue caratteristiche e l’esiguo numero di alunni, da quelle idonee alla trasformazione. La scuola rischiò di scomparire nel volgere di pochi anni.

Il Consiglio di Amministrazione, molto preoccupato, minacciò le dimissioni e lo stesso Senatore Mattia Farina, assai influente politicamente, nulla poté per far rientrare la Scuola Agraria tra quelle di nuovo tipo. Il Consiglio Comunale per evitare gravissimi danni agli studenti e alle famiglie, chiese e ottenne che gli alunni potessero completare il corso di studi e passare, previo esame, nelle scuole di nuovo tipo e in altra sede.14

Una svolta si ebbe ancora nel 1924, quando la R. Scuola Pratica di Agricoltura di Eboli, diventò Ente Consorziale Autonomo con personalità giuridica di cui fecero parte gli Enti che già contribuivano al suo mantenimento: lo Stato, la Provincia di Salerno, il Comune di Eboli. Il direttore della scuola è anche membro di diritto del Consiglio direttivo con funzioni di segretario. Dal 1° settembre 1924 la scuola funzionò con il nuovo

13Giovan Battista Grassi istituì nella stazione ferroviaria di Albanella, in “una delle zone più malariche d’Italia”

il suo laboratorio sperimentale per lo studio dell’efficacia del chinino.

14 Archivio Comunale di Eboli, Delibera n. 105 del 29.06.1924.

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ordinamento ed ebbe durata triennale. Il titolo rilasciato era quello di Agente Rurale. Il primo consiglio di amministrazione della scuola era costituito da:

Alberto Fiorentino, rappresentante del Governo, Presidente Angelo Visconti, rappresentante del Governo, Componente Gerardo Alfani, rappresentante della Provincia, Componente

Giuseppe La Francesca, rappresentante della Provincia, Componente Alfonso La Corte, rappresentante del Comune di Eboli, Componente Aurelio Mesiti, direttore della scuola, Segretario del consiglio.

La scuola si sosteneva anche con la vendita dei prodotti dell’azienda: il vino Sangiovese prodotto con le uve del podere Sant’Antonio, poca frutta, l’olio ricavato da un piccolo oliveto, le arance, gli asparagi di una coltivazione sperimentale, noci e miele. Il podere S. Giovanni aveva un aranceto consociato con noci, pescheti, alcune varietà di pomacee e drupacee in fase di studio. Nella parte rimanente dell’azienda si succedevano, in rotazione, l’erba medica, il granturco, il grano, il tabacco e il pomodoro. Vi era una stalla, con pochi capi di bestiame, un esiguo parco macchine, un fienile, le abitazioni per l’addetto alla stalla e per il capo- tecnico. Si dette un nuovo impulso alle coltivazioni sperimentali, ai nuovi sistemi di potatura, di allevamento del bestiame, all’apicoltura e ai piccoli allevamenti di polli, maiali, conigli, alla bachicoltura. Il nuovo sistema di gestione autonoma sembrò procedere nel migliore dei modi quando, nell’a.s. 1926/27, vennero sospesi i corsi per mancanza di fondi.

La ripresa, l’anno successivo, fu tuttavia incoraggiante: il numero degli alunni passò dai trentuno dell’a.s.

1922/23 ai quasi sessanta del 1927/28. Molti proseguirono gli studi, al termine del triennio, nella scuola di enologia di Avellino, distinguendosi per assiduità e profitto, altri svolsero la loro opera di agenti rurali nelle aziende della Piana. Il numero dei docenti passò da quattro a otto e molti miglioramenti furono fatti nell’ex convento Sant’Antonio: fu ampliato il dormitorio, furono realizzate nuove aule tra le antiche mura del convento, si risanarono alcuni locali fatiscenti, si progettò il restauro architettonico della facciata dell’edificio, in stile barocco, e dell’adiacente chiesa dedicata a S. Antonio. Anche l’abitazione destinata alle suore che si occupavano della gestione della cucina e del guardaroba fu ristrutturata dignitosamente, mentre i locali sottostanti furono adattati a cantina e deposito. Anche la facciata posteriore dell’edificio, in pessimo stato, fu intonacata.

I rapporti con gli Enti finanziatori diventarono difficili per le condizioni imposte, soprattutto dal comune di Eboli, alla Scuola, che non fu in grado di far fronte ai propri impegni per diversi anni, tanto che l’importo che la scuola doveva versare annualmente al Comune per l’uso dei locali e dei terreni, da prelevare sulle rendite dell’azienda, fu ridotto una prima volta al 40% e poi al 25%.

Per garantirsi una rendita più cospicua, il Comune impose la trasformazione dell’azienda perché potesse dare utili maggiori. Il progetto, da realizzare in un decennio, fu affidato al giovane agronomo Giuseppe Leone.

Impose anche alla scuola di cedere dei locali per il ricovero degli stalloni della Stazione ippica istituita a Eboli dal Reparto allevamento stalloni di S. Maria Capua Vetere.

La scuola, faticosamente, si affiancò ai coltivatori per migliorare l’agricoltura della Piana, parte viva del

«sonnolento e abbandonato Mezzogiorno in cui ancora infierisce la malaria», in attesa della bonifica della piana

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del Sele che ne esalterà la produttività. Nel 1928 tutti i tipi di scuole passarono al Ministero dell’Educazione Nazionale con una prima unificazione dei programmi e degli indirizzi. Risale al 1929 la formulazione del profilo professionale del Perito Agrario.

Nell’ottobre 1933, in applicazione della legge 16 giugno 1931 n. 889 e del R.D. 24 agosto 1933 (Testo unico dell’Istruzione Tecnica), la scuola cessò di essere consorziale ed fu trasformata in Regia Scuola Tecnica a indirizzo agrario di 1° grado, con corso biennale, che rilasciava la licenza di Tecnico agrario o Agente rurale15. Una terza classe fu concessa nel 1948, in risposta ad «un’aspirazione generale della cittadinanza».

Seguirono anni di grandi trasformazioni per la Piana del Sele, dovute alle leggi sulla bonifica che estenderanno i benefici dell’irrigazione e del prosciugamento delle aree paludose e malariche su centinaia di ettari di terreno. Il secondo conflitto mondiale interruppe queste opere che furono in gran parte riprese nell’immediato dopoguerra. In quegli anni fu eradicata la malaria e, con la realizzazione della Riforma Agraria, molte delle terre demaniali e dei latifondi furono assegnate ai contadini. La funzione dei tecnici agrari in quel contesto produttivo fu molto valorizzata e con essa il prestigio dell’Istituzione scolastica che li formava.

Nel 1951, dal 1° settembre, la Scuola Tecnica Agraria fu trasformata in Istituto Tecnico Agrario quale sezione staccata dell’Istituto Tecnico Agrario di Napoli-Ponticelli. I corsi avevano durata quinquennale.

L’Amministrazione Comunale aveva richiesta l’istituzione di una scuola autonoma, completa delle cinque classi, e la richiesta era stata accolta parzialmente. Il nuovo ordinamento consentì il passaggio graduale dai corsi biennali a quelli quinquennali. Il titolo di studio rilasciato era di perito agrario. Le spese di funzionamento e di gestione furono sostenute dall’Amministrazione provinciale e dalla Camera di Commercio, Industria e Agricoltura.

L’istituto, divenuto autonomo, prese una nuova intitolazione a Giustino Fortunato, quasi a indicare il nuovo corso dell’antica scuola protesa, come il grande meridionalista, a promuovere e potenziare l’agricoltura nel Mezzogiorno e, insieme, le condizioni di vita dei contadini. Ebbe inizio un periodo di grandi innovazioni tecniche e scientifiche, di importanti realizzazioni per la Piana del Sele che uscì definitivamente da vecchi sistemi di conduzione correlati alla presenza delle terre incolte del latifondo privato, che favorivano i pascoli naturali e l’allevamento brado del bufalo. A realizzare la trasformazione fu il preside reggente dott. Giuseppe Leone che, com’è riportato nei verbali consiliari del comune di Eboli «aveva sempre avuto tanto a cuore lo sviluppo dell’istruzione agraria nella nostra città».

Egli lasciò, nei lunghi anni della sua direzione, un segno profondo d’intelligente operosità in una struttura che da oltre un secolo svolgeva una funzione insostituibile per il progresso agricolo della Piana del Sele e un ricordo incancellabile in tutti coloro che si formarono nella “Sua” scuola.

Una successiva richiesta del Comune tendente a ottenere l’autonomia sarà accolta in considerazione dei rapporti che poteva avere la scuola con i comuni della provincia di Salerno, in cui s’intravedevano i segni di un

15 Legge 889 del 16.06.1931 (Testo Unico dell’Istruzione Tecnica), Art. 67: Le attuali scuole pratiche di agricoltura consorziali di Caltagirone, Caluso, Cerignola, Cosenza, Eboli, Fabriano, Piedimonte d'Alife, Pozzuolo del Friuli, San Placido Calonerò, Sant'Ilario Ligure e Scerni sono trasformate in regie scuole tecniche a indirizzo agrario.

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importante sviluppo industriale, e della possibilità di assicurare una frequenza costante nel tempo, giacché la prima classe aveva già circa trenta iscritti16.

L’ultima trasformazione, sancita dal D.P.R. 88/2010, definisce i nuovi indirizzi di un Istituto Tecnico Agrario in una nuova denominazione, quella di Istituto Tecnico, settore tecnologico, indirizzo Agraria, Agroalimentare, Agroindustria. La riduzione degli indirizzi a livello nazionale consente una migliore gestione delle scuole e accresce la possibilità di adeguare la formazione degli alunni alle innovazioni sempre più frequenti della moderna agricoltura permettendo loro di affrontare gli studi universitari o di prepararne l’ingresso nel mondo del lavoro e delle professioni.

Potremmo dire, con Manlio Rossi Doria, «che il tempo dell’agricoltura tradizionale è finito, che l’empirismo dei pratici non serve più se non si ritempra col ricorso alla rigorosa preparazione scientifica e specialistica».

La scuola va, ora, verso un nuovo corso fatto di innovazioni continue che si riflette nella formazione dei periti agrari che, con sempre maggiore competenza, s’immettono nella gestione delle aziende agrarie, frequentano le università per conseguire la laurea ed esercitare la libera professione o per svolgere prestigiose funzioni nell’amministrazione pubblica e nelle imprese private.

Fonti bibliografiche e documentarie:

GIUSEPPE ROMANO: Per l’inaugurazione della R. Scuola Pratica di Agricoltura di Eboli. Salerno, 1885

DIOMEDE IVONE: La Scuola pratica di Agricoltura in Eboli, in AA.VV. Guida alla storia di Salerno e della sua provincia, Salerno, 2002, pag.681-687.

ANTONIO CESTARO: Istruzione pubblica e privata in un Comune del Mezzogiorno nel primo ventennio post-unitario.

Estratto da: Rassegna storica salernitana, anno XX (1959).

ANTONIO CESTARO: La scuola pratica di agricoltura di Eboli e lo sviluppo tecnico-agricolo della piana del Sele. Estratto da: Il Picentino, anno XXX N.S. Luglio-dicembre 1986.

GIUSEPPE MUROLO: La parabola dell’Istruzione Agraria, in CERERE, Rassegna di problemi tecnici e didattici dell’istruzione agraria, Anno XII, n. 27- 1999.

F.P. CESTARO, Ancora la quistione della sede della scuola agraria, 1879, « Il miglioramento, giornale popolare di lettere, scienze ed arti», VI, n. 3; 14.

FILIPPO MOSCATI, Vecchia Piana, divagazioni e ricordi di un rurale, Salerno 1980

16 Delibera del Comune di Eboli n.35 del 9 marzo 1950.

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