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Una cartella: quante parole?

Autore: Redazione | 06/03/2019

Cos’è una cartella e quante parole contiene? Scopriamo come conteggiare il numero di caratteri che scriviamo ed a tradurlo nel numero delle corrispondenti cartelle.

Se sei uno scrittore e devi inviare un testo a una casa editrice, perché vuoi pubblicare un libro o intendi partecipare a un concorso letterario, sicuramente ti verrà chiesto a quante cartelle corrisponde il tuo documento, oppure ti verrà

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imposto, nel bando di selezione, di inviare un testo che abbia un numero predeterminato (minimo o massimo) di cartelle. Puoi anche essere un libero professionista e vorresti essere pagato in base alla quantità del testo che scrivi, elabori o traduci, in modo da misurare il valore delle tue prestazioni. In tutti questi casi ti è indispensabile sapere cos’è una cartella e ti chiederai come si misura, a cosa corrisponde e quante parole contiene. In questo articolo vedremo cos’è una cartella, che tipi di cartelle ci sono e che rapporto ha la cartella con il foglio, con la pagina e con il numero di parole o di caratteri di cui è composto il tuo documento.

Cos’è una cartella?

La cartella è l’unità di misura della lunghezza di un testo. E’ un sistema di misurazione particolare perché non corrisponde affatto al numero delle pagine, infatti ogni pagina è variabile in base al tipo di carattere utilizzato, alla formattazione e all’impaginazione.

La cartella si basa, invece, su un dato oggettivo e misurabile in modo univoco, rappresentato dal numero dei caratteri che sono contenuti nel documento.

Quali sono i caratteri e come si conteggiano? Solo lettere e numeri o anche simboli, fino alla punteggiatura e agli spazi tra una parola e l’altra? Nella cartella editoriale conta il numero delle battute, cioè tutti i caratteri di qualsiasi tipo (lettere, numeri, simboli, segni di interpunzione, ecc.) compresi gli spazi.

La cartella non corrisponde affatto a una pagina, ma è una “confezione” composta da un determinato numero di battute: come un sacchetto che contiene un chilo di noccioline, dove conta il peso e non il numero delle noccioline.

La cartella standard è di 1.800 battute. Più precisamente, una cartella in editoria è un documento composto da 1.800 caratteri spazi inclusi: dunque 1.800 battute.

A loro volta, 1.800 battute sono il prodotto di una pagina modello, che contiene 30 righe per 60 battute ciascuna.

Si è arrivati a questo valore nell’epoca delle macchine da scrivere, ben prima dell’avvento dei computer (che, come vedremo tra poco, elaborano in maniera automatica ed istantanea il conteggio dei caratteri): si decise in dattilografia di assumere come “pagina tipo” quella composta da 30 righe di 60 battute ciascuna,

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appunto 1.800 caratteri totali. Questo è un valore convenzionale: avremo comunque una cartella anche se non vi saranno esattamente 30 righe nella pagina oppure se ogni riga non contiene esattamente 60 parole.

Vedremo meglio tra poco come funziona questo sistema nella scrittura con il computer. Intanto ti anticipiamo che l’importante è che per avere una cartella il risultato sia pari a 1.800 battute, a prescindere dal modo in cui le pagine sono scritte.

Vi sono poi altri tipi di cartella che hanno valori diversi e che si utilizzano in ambiti particolari.

Vediamo ora in dettaglio come funziona questo sistema di misurazione e in che rapporto sta con i concetti che meglio conosciamo, come quelli di pagine e di parole.

Cartella non significa pagina

Una cartella è forse uguale ad una pagina? Assolutamente no, questa equazione è errata. Una cartella non può corrispondere a una pagina per il semplice motivo che la pagina è variabile.

Essa dipende infatti:

dal tipo di carattere utilizzato (il cosiddetto font);

dalle sue dimensioni, che possono essere più o meno grandi (è il cosiddetto “corpo” del carattere, espresso in numeri, esempio 12 o 14 tra i più utilizzati);

dai margini (laterali, superiore ed inferiore) che hai deciso di utilizzare;

dall’interlinea (lo spazio fra le righe) che hai impostato e che può essere più o meno stretto.

Le pagine, perciò, non esprimono un dato significativo su quanti caratteri o quante parole contiene il testo: la tua pagina può essere molto diversa dalla mia pagina, cioè più o meno lunga, perché abbiamo utilizzato caratteri, spaziatura e dimensioni diverse.

Una pagina potrebbe contenere cento parole, ma anche mille, se hai usato un carattere minuscolo, oppure soltanto dieci e addirittura una parola sola, se hai

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usato un carattere enorme che riempie tutta la pagina con poche lettere giganti, come negli album per insegnare l’alfabeto ai bambini.

Il numero di parole che ogni pagina può contenere è quindi molto variabile e dipende da tutto questo insieme di circostanze e soprattutto dalle scelte fatte nell’impostare il nostro documento in fase di stampa.

Prova a prendere libri diversi e ti accorgerai facilmente che la pagina di ciascuno non equivale affatto a quella di un altro: sono ben diverse tra loro e di conseguenza è molto diverso il numero di parole che contengono.

Il formato delle pagine è molto differente e dipende dalla grafica utilizzata dai vari editori, autori e edizioni dell’opera.

Anche la stessa opera, infatti, può assumere varie dimensioni a seconda del modo in cui viene stampata: romanzi monumentali come Anna Karenina o I fratelli Karamazov possono stare in un unico piccolo volume se i caratteri sono stampati in formato stretto e compresso oppure possono occupare un grosso libro, dove i caratteri sono più grandi e distanziati.

Dire “pagina” quindi serve a poco già a livello comune ed equivale a non dire praticamente nulla a un editore al quale occorre sapere in maniera precisa quanto spazio occupa il tuo elaborato (articolo, racconto o romanzo che sia):

questo in prospettiva della sua pubblicazione, su una rivista, un libro o un sito internet o anche della semplice lettura da parte di chi è chiamato a valutarlo, come la giuria di un concorso.

Le parole non bastano a misurare

Abbiamo visto che la pagina è soggettiva e non è un criterio valido per misurare un testo.

Occorre un’unità di misura standard, che sia sempre uguale e valida per tutti:

qualcosa di immodificabile, come il metro o il grammo o il litro. Questa misura potrebbe essere il numero di parole? In prima approssimazione sembrerebbe di sì, ma a ben vedere no.

Le parole infatti hanno una lunghezza molto diversa tra loro: ad esempio la parola

“sì” ha appena due lettere, la congiunzione “e” contiene solo una lettera; d’altra

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parte ci sono vocaboli lunghissimi composti da più di 20 lettere (come l’arcinoto

“precipitevolissimevolmente”, di 26 caratteri, ma anche “contraddistinguerebbero”

che ne ha 23).

Si potrebbe fare una media della lunghezza delle parole, ma non potrebbe essere assoluta e valida in tutti i casi: infatti molto dipende dal tipo di testo.

Ad esempio se scriviamo poesia o narrativa è probabile che la lunghezza media delle parole contenute del nostro documento sia più bassa di quelle di un documento a carattere scientifico, medico, giuridico o tecnologico che utilizza solitamente parole più lunghe e complesse.

A volte occorre indicare nei testi anche il nome di un sito o il suo indirizzo internet, che può essere molto lungo, ma non essendo separato da spazi, equivale ad una sola parola.

In media, le parole in lingua italiana di uso comune hanno circa 6 caratteri;

quelle inglesi sono un po’ più corte, tra i 5 ed i 6 caratteri; in francese ed in tedesco, invece, le parole sono più lunghe, arrivando mediamente anche a 7/8 caratteri.

Avrai compreso che il numero delle parole non è affatto indicativo: siccome ogni parola è composta da una o più lettere e la lunghezza delle parole è estremamente variabile, il numero delle parole complessivamente contenute nel testo non può costituire un sistema di misura preciso.

Del resto, se acquisti fagioli o mele non ti interesserà tanto conoscere il loro numero quanto piuttosto il loro peso. Ci viene allora in aiuto un altro concetto per misurare la quantità di un testo: il carattere.

I caratteri e le battute

Il carattere è il segno tipografico utilizzato: comprende qualunque tipo di segno che viene scritto o digitato sulla tastiera.

Sono caratteri, innanzitutto, le lettere dell’alfabeto ma anche i numeri, i segni di interpunzione (virgole, punti, ecc.) e tutti i simboli, come ad esempio il trattino (o il segno meno) o la chiocciola @ che si usa negli indirizzi email.

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Anche lo spazio tra una parola e l’altra viene considerato carattere ai fini editoriali. Dunque se io scrivo “Ti amo!” non avrò soltanto 5 caratteri (le due lettere della prima parola più le tre lettere della seconda) bensì 7 perché dovrò considerare anche il punto esclamativo e lo spazio tra le due parole.

Gli spazi tra una parola e l’altra occupano un posto nella pagina, come le lettere ed i simboli; contribuiscono anch’essi a rendere voluminoso il testo.

Abbiamo raggiunto così un primo fondamentale risultato: il numero dei caratteri può essere conteggiato in maniera esatta. Ciascun carattere vale 1, non come le parole che hanno lunghezza variabile e dipendono dalla lingua utilizzata e dall’argomento trattato.

Ogni carattere, spazi compresi, si chiama battuta. La battuta è lo spazio fisico che occupa un carattere tipografico: qualsiasi tipo di carattere, ogni segno che occupa uno spazio fisico nel nostro testo. Quindi la battuta comprende tutti i tipi possibili di carattere, compresi gli spazi fra una parola e l’altra.

Ad esempio la frase che hai letto sopra “Ogni carattere, spazi compresi, si chiama battuta.” contiene 7 parole, 44 caratteri spazi esclusi (di cui 41 sono lettere alfabetiche, 2 virgole e 1 punto di fine frase) e 50 caratteri spazi inclusi (ci sono infatti 6 spazi tra una parola e l’altra): quindi ha un valore finale complessivo di 50 battute.

Se poi questa espressione la scrivi larga e grossa, occuperà un’intera pagina;

altrimenti solo una piccola parte della pagina. Il numero delle battute è sempre il medesimo, le dimensioni occupate cambiano.

Utilizzare il termine battuta serve ad evitare l’equivoco che causerebbe il termine carattere, perché con quest’ultimo dovremmo sempre specificare se intendiamo i caratteri con oppure senza gli spazi. La battuta ci semplifica la definizione, perché riguarda tutti i caratteri, quindi anche gli spazi.

Il volume che occupano gli spazi nel nostro testo è fondamentale nella prospettiva di chi deve leggerlo, esaminarlo, stamparlo o pubblicarlo.

Dimenticarlo sarebbe come confondere il peso netto con il peso lordo (prosciutto più carta o vino più bottiglia): sono due cose ben diverse ed anche l’editoria funziona allo stesso modo. Del resto chi fa commercio o spedizioni sa bene che lo

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spazio occupato da un articolo è quello del prodotto stesso più quello del suo imballaggio ed anche esso va considerato ai fini del trasporto e dell’ingombro.

Quindi bisogna sempre conteggiare anche gli spazi e non ometterli: le parole non sono attaccate l’una con l’altra.

Considera che in un testo normale, come un articolo di giornale o un romanzo di narrativa, il numero di spazi arriva al 15 e talvolta anche 20% del totale: su 10.000 caratteri spazi inclusi almeno 1.500 caratteri saranno sicuramente spazi.

Cartelle particolari

In alcuni particolari contesti editoriali la cartella può essere composta da un diverso numero di caratteri, ad esempio 1.500 oppure 2.000. Tuttavia quando ciò accade viene sempre specificato dall’editore.

Se ci si riferisce alla cartella in termini puri e semplici, senza alcun’altra indicazione, si assume quella standard di 1.800 caratteri.

Alcuni “mondi” professionali e tipografici hanno, però, diverse regole che è utile conoscere per evitare equivoci o incomprensioni.

La cartella universitaria

C’è la cartella universitaria che non è basata sul numero dei caratteri bensì rappresenta un “regime editoriale”, cioè il modello al quale ci dobbiamo attenere, se siamo studenti, dottorandi o ricercatori, per i nostri testi da produrre in ambito universitario.

Quando redigiamo una tesi di laurea non ci verrà chiesto un numero di cartelle bensì di utilizzare il formato che l’Università predilige o meglio impone per questo tipo di elaborati.

Le regole di impostazione di questo tipo di cartella sono stabilite da ciascun Ateneo e riguardano il modo di comporre e di strutturare la pagina. Infatti indicano l’altezza dei margini (i più comuni sono 3 per quello superiore, 2,5 per quello inferiore e quelli laterali) il carattere da utilizzare ed il corpo (esempio il Times New Roman 12), l’allineamento del testo (di solito si richiede quello giustificato), l’interlinea, il rientro dei paragrafi e dei capoversi (gli a capo), l’impostazione

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delle note a piè di pagina e il tipo di carattere da utilizzare per esse, ecc.

In questo modo la cartella universitaria arriva ad avere, in pratica, circa 3.000 caratteri per ogni pagina stampata: è molto più densa di una cartella normale, cioè della cartella editoriale standard e di quella giornalistica. A parità di volume, cioè di pagine, essa “pesa” di più perché contiene più testo.

La cartella legale

Un altro tipo di cartella frequentemente utilizzato in ambito notarile è la cartella legale, che ha all’incirca 1.250 caratteri.

Anche qui, come nella cartella universitaria, non c’è una corrispondenza rigida tra numero di caratteri e cartella: si tratta piuttosto del metodo di impostazione del foglio, che nella redazione degli atti pubblici segue ancora la tradizionale regola del foglio uso bollo.

Gli atti notarili, infatti, sono redatti su un apposito foglio protocollo ad uso legale:

dunque utilizzano caratteri con più ampia spaziatura, margini larghi ed interlinee più ampie.

La carta bollata è marginata ai lati (ha due strisce verticali ai lati, non solo le strisce orizzontali per le righe) e non si può scrivere oltre i limiti esterni oppure tra una riga e l’altra.

L’utilità pratica del foglio protocollo legale è rappresentata dal fatto che corrisponde al numero di righe richieste per l’applicazione della marca da bollo: 25 righe a facciata per un totale di 100 righe dell’intero foglio [1].

Per questo motivo gli atti legali si scrivono usualmente su questo tipo di fogli, in modo da agevolarne la registrazione in caso d’uso ed il pagamento delle imposte.

Superare tale numero non renderebbe affatto invalido l’atto (che dunque potrebbe essere ugualmente registrato e trascritto) ma richiederebbe il pagamento di un’ulteriore marca da bollo se si superano le 100 righe.

La cartella commerciale

La cartella commerciale è quella utilizzata nella pratica dei rapporti contrattuali per i lavori da pagarsi “a pagina” come ad esempio le traduzioni da

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o in lingue estere.

Essa è composta per definizione da 1.500 caratteri. Nasce ai tempi delle macchine da scrivere ed è il prodotto convenzionale di 25 righe di 60 caratteri ciascuna. In pratica ha 5 righe in meno su ogni pagina rispetto alla cartella standard.

Se nel tuo rapporto commerciale viene utilizzata questo tipo di cartella, saprai da subito che il prezzo sarà più alto rispetto al conteggio secondo la cartella editoriale: infatti a parità di caratteri che compongono il testo, con le cartelle di 1.500 caratteri l’una, anziché di 1.800, il loro numero sarà maggiore ed il corrispettivo da pagare sarà più elevato.

Il concetto di cartella nasce in effetti dal giornalismo per stabilire il modo con cui pagare i redattori basandosi sulla quantità del lavoro prodotto.

La cartella giornalistica inizialmente corrispondeva a quella che abbiamo definito prima come cartella commerciale, cioè di 1.500 caratteri. In seguito gli editori decisero di uniformarsi alla cartella standard da 1.800 caratteri.

La cartella commerciale sopravvive ancora oggi per i lavori privati e specialmente nei contratti d’opera a prestazione intellettuale, come le traduzioni o alcune redazioni di testi di elevato livello e che richiedono particolare e specifica competenza professionale per cui occorre un criterio adatto a quantificare il compenso.

E’ bene, comunque, che nei contratti venga specificato chiaramente se in tali casi la cartella corrisponde a 1.500 battute oppure se il riferimento è alla cartella editoriale standard da 1.800 oppure ad altre misure.

Tieni presente che utilizzare l’uno o l’altro metodo cambia notevolmente l’entità del prezzo del lavoro svolto: una cartella da 1.800 caratteri contiene il 20% di

“prodotto” in più rispetto ad una da 1.500, quindi, se vieni pagato a numero cartelle, nel primo caso dovrai produrre di più in termini di testo scritto.

Come contare il numero di parole e di caratteri

Come facciamo per sapere di quanti caratteri è composto il nostro documento e

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dunque a quante cartelle corrisponde? Non dobbiamo metterci a contare le parole una per una e neppure i caratteri: la tecnologia ci offre un facile aiuto.

Tutti i programmi di videoscrittura in commercio (dal noto Word del pacchetto Office di Microsoft Office, alle alternative gratuite, come Free Office, Libre Office, Open Office e Google Docs, per citare le più diffuse), contengono la funzione che ci serve: l’utilissima “conteggio parole”.

Cliccando su questo tasto ci apparirà a video in un istante:

il numero di parole;

il numero di caratteri spazi inclusi;

il numero di caratteri spazi esclusi.

In alcuni programmi è disponibile anche il numero di paragrafi ed il numero delle righe.

Nelle versioni più recenti questi software conteggiano il numero delle parole già mentre le stiamo digitando: esso compare nella barra in basso, sulla sinistra dello schermo e si aggiorna automaticamente in base al testo.

Se ci occorre invece conoscere da quanti caratteri è composta solo una porzione del documento, anziché l’intero, selezioniamo la parte che ci interessa conteggiare, quindi la funzione “conteggio parole” ci restituirà le informazioni relative al numero di parole e di caratteri compresi nella parte selezionata.

Dal numero dei caratteri alle cartelle:

ecco la formula

A questo punto tradurre i caratteri in numero di cartelle è semplicissimo: ci basta dividere il numero dei caratteri (ricordiamo: sempre con gli spazi inclusi) per 1.800 – che come abbiamo visto corrisponde al numero di caratteri che compongono una cartella standard – ed avremo il numero delle cartelle.

Ad esempio, se il nostro documento di testo ha 18.000 caratteri avremo scritto esattamente 10 cartelle; se ne avesse 12.600, le cartelle sarebbero 7.

Ovviamente, se anziché alla cartella standard ci riferissimo alla cartella commerciale, dovremo dividere per 1.500 anziché per 1.800, così come se il tipo di

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cartella che ci viene indicata dall’editore o dal committente avesse 2.000 caratteri sarà questo il valore da utilizzare nella divisione per ottenere il numero di cartelle corrispondenti.

Come far corrispondere una pagina ad una cartella

Da quanto abbiamo esposto avrai capito che puoi tranquillamente redigere i tuoi testi e documenti senza necessità di calcolare prima a quante cartelle corrisponde il tuo elaborato: lo potrai fare durante oppure alla fine senza problemi.

Però potresti preferire di scrivere il testo impostando dall’inizio il formato della pagina con il tuo programma di elaborazione di testi, in modo da sapere in partenza che ogni pagina del documento stampato equivarrà ad una cartella. Per fare questo, dovrai utilizzare determinati accorgimenti che ora ti indichiamo.

Il carattere da utilizzare dovrà essere a larghezza fissa, detto anche monospazio:

uno cioè che ha la stessa dimensione per le varie lettere: altrimenti ad esempio la

“i” sarebbe più stretta della “m”. Questo tipo di caratteri occupa il medesimo spazio qualunque sia il carattere digitato. E’ stato introdotto sin dai tempi delle macchine da scrivere.

Un carattere adatto a questo scopo è il Courier New (inventato dalla IBM ai tempi delle macchine da scrivere elettriche e tuttora diffuso sui computer). Un altro è il Lucida Sans Typewriter.

Il corpo del carattere, cioè la grandezza, dovrà essere di 12.

L’interlinea da utilizzare è quella denominata nel menù come “esatta”, pari a 22 punti.

I margini dovranno essere impostati seguendo i seguenti valori: superiore ed inferiore 3; laterali (sia destro sia sinistro) 2,4.

Infine il layout, cioè il formato della pagina, sia visualizzata sia stampata, dovrà essere impostato sulle dimensioni di un foglio A4.

Per i più pigri, che non vogliono applicare queste impostazioni manuali, sono disponibili su internet parecchi modelli di cartella editoriale da scaricare già

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pronti per l’uso in quanto completi di tutte le formattazioni che abbiamo indicato.

Ovviamente nello scrivere non dovrai modificare le impostazioni altrimenti perderai la corrispondenza 1:1 tra pagina e cartella.

Comunque solo in alcuni casi ti verrà richiesto di inviare la tua opera già formattata in base a determinati parametri (che dovranno esserti espressamente specificati):

tesi di laurea, alcuni concorsi letterari, redazione di opere scientifiche.

Altrimenti ti sarà indicato solo il numero delle cartelle, o anche quello delle battute corrispondenti (esempio: 20 cartelle oppure 36.000 battute) e potrai inviare il documento nel formato che vuoi, sapendo che il numero dei caratteri e dunque delle cartelle corrisponde a quanto richiesto.

Puoi scrivere al computer nello stile che preferisci e contare le battute in modo esatto e preciso attraverso la funzione conteggio parole che ti abbiamo spiegato.

Una volta che avrai completato di scrivere il tuo testo, potrai formattarlo nei modi più vari applicando tutti gli adattamenti grafici che ritieni opportuni.

Perché serve sapere il numero delle cartelle?

Per qualunque documento di testo che deve essere reso commerciabile o pubblicabile è necessario sapere da quante cartelle è composto.

Se ad esempio vogliamo partecipare a un concorso letterario, pubblicare un libro o un articolo su un giornale o una rivista ed anche su un sito internet o su un blog, ci verranno sempre richieste – e talvolta imposte – le dimensioni, espresse in numero delle cartelle.

In sostanza tutti i servizi editoriali, fisici o online, si basano sulla misurazione della lunghezza in base alle cartelle da pubblicare o da trattare.

Quindi sia che tu ti rivolga al gestore di un sito sul quale desideri pubblicare il tuo articolo o documento, sia che tu vada da un tipografo o ti proponga ad un editore per ottenere la stampa di un tuo lavoro in formato libro oppure all’interno di una rivista in pubblicazione, una delle prime cose che ti verranno chieste sarà il conteggio del numero delle cartelle.

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Questa sarà una delle basi per stabilire il prezzo o comunque una condizione indispensabile per ottenere la pubblicazione, se gratuita. Nessun editore ti metterà a disposizione il suo spazio se non saprà prima quanto ne occuperai.

Se siamo dei professionisti o dei freelancer e abbiamo dei lavori da redigere in forma scritta potremo preventivare il prezzo del nostro lavoro in base al numero delle cartelle: ad esempio proporre di sviluppare ed elaborare un documento su un determinato argomento (tesi, saggio, studio, parere, business plan ecc.) e indicare che esso sarà composto da un numero di cartelle predeterminato.

In questo modo ci proporremo ai nostri clienti in maniera molto più professionale rispetto a chi elaborasse un prezzo “a corpo” per l’intero lavoro senza preoccuparsi di dire prima al cliente da quante cartelle sarà composto.

La nostra prestazione sarà anche ben più qualificata rispetto a chi quantificasse il proprio lavoro in base al numero delle pagine, che, come abbiamo visto, non hanno un significato apprezzabile.

In sostanza, sapere da quante cartelle è composto il nostro testo serve innanzitutto a misurarlo per ottenerne la pubblicazione e spesso diventa utile anche per monetizzarlo.

Quante parole in una cartella?

Ormai sappiamo bene che una cartella è composta da 1.800 caratteri spazi inclusi, cioè 1.800 battute, che sono il prodotto di una pagina convenzionale di 30 righe per 60 battute ciascuna.

Sappiamo anche che il numero delle parole è elastico perché la loro lunghezza è diversa l’una dall’altra e variabile in relazione al contesto e alla terminologia utilizzata.

Quindi, se vogliamo sapere quante parole ci sono in una cartella, dobbiamo andare in approssimazione e non pretendere di avere un risultato esatto per tutti i casi: l’unica certezza è che ciascuna cartella avrà sempre 1.800 battute.

Tentiamo l’operazione: stimiamo innanzitutto che nella scrittura della lingua italiana la lunghezza media delle parole è di 6 caratteri.

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Questo però è un valore indicativo (ad esempio per alcune statistiche è di 5,8, per altre di 6,2); inoltre molto dipende dal tipo di testo (se scientifico o letterario, ecc.) e dalle scelte stilistiche dell’autore.

Sappiamo che non ci sono solo le parole ma occorre aggiungere gli spazi e la punteggiatura: anche qui dobbiamo farlo in termini medi, pari al 20% dei caratteri corrispondenti alle parole (approssimando un 15% per gli spazi ed un 5% per la punteggiatura).

Il risultato dell’operazione sarà il seguente: una cartella = 1.800 caratteri spazi inclusi; il 20% di questi caratteri saranno costituiti da spazi e punteggiatura; i rimanenti 1.500 caratteri rappresentano le parole.

Quindi, se una parola italiana vale in media 6 caratteri, dividendo il numero dei caratteri che abbiamo ottenuto per 6 sapremo che ogni cartella conterrà circa 250 parole.

Se la cartella, anziché quella standard, fosse quella commerciale (di 1.500 battute di cui 300 spazi) avrebbe 200 parole; la cartella legale (più spaziata e con i margini laterali) poco meno di 170 ed infine la cartella universitaria (più densa) ben 400 parole; ma se in quest’ultima fossero utilizzati in prevalenza termini scientifici, di solito più lunghi, la media di lunghezza delle parole salirebbe, poniamo a 7, e così il numero di parole per cartella scenderebbe a 350.

Note

[1] Art. 5 D.P.R. n. 642 del 26.10.1972: il foglio si intende composto da quattro pagine, la pagina da una facciata.

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