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Curare il Covid a domicilio è possibile e con farmaci È POSSIBILE LA CURA. contro il Covid. Terapie domiciliari precoci

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| MEDICINA |

12 Medicina integrata • febbraio 2022 Daniele Colombo

Uno studio osservazionale retrospettivo, pubblicato su Medical Science Monitor, dimostra che le ospedalizzazioni

vengono azzerate intervenendo nelle prime 72 ore con una combinazione di farmaci, tra cui l’indometacina. Primo autore il professore Serafino Fazio

Terapie domiciliari

precoci

C

urare il Covid a domicilio è possibile e con far- maci di uso comune, conosciuti da decenni, come l’indometacina, una molecola apparte- nente alla classe dei Farmaci antinfiammato- ri non steroidei (Fans). Occorre, tuttavia, in- tervenire tassativamente nelle prime 72 ore dall’insorgere dei sintomi. In questo modo si azzera il rischio di ospedalizzazione. Lo dimostra uno studio osservazionale re- trospettivo pubblicato sulla rivista di medicina generale pe- er-reviewed Medical Science Monitor [1]. La ricerca ha come prima firma quella del professore Serafino Fazio, già profes- sore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II, specialista in Medicina Interna e Cardiologia e componente del Consiglio scientifico del Comitato Cura Domi- ciliare Covid-19 (www.terapiadomiciliarecovid19.org).

È POSSIBILE

LA CURA

contro il Covid

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febbraio 2022 • Medicina integrata 13

• indometacina, un antinfiammatorio con azione antivirale;

• un nutraceutico a base di quercetina ed esperidina;

• un antiaggregante, acido acetilsalici- lico a 100 mg;

• un protettore gastrico, l’omeprazolo.

Lo studio osservazionale retrospettivo ha distinto i pazienti in due coorti similari per numero (85 e 73), età, sesso e malattie con- comitanti: i primi trattati entro 3 giorni, i secondi dopo i 3 giorni dall’insorgenza dei sintomi.

Serafino Fazio, già professore di Medicina Interna all’Università degli Studi di Napoli Federico II, specialista in Medicina Interna e Cardiologia, componente del Consiglio scientifico del Comitato Cura Domiciliare Covid-19

«LA TEMPISTICA È FONDAMENTALE. NOI NON ABBIAMO POTUTO FARE ALTRO CHE UNO STUDIO RETROSPETTIVO OSSERVAZIONALE: CURARE I MALATI, RACCOGLIERE I DATI E ANDARE AD ANALIZZARLI RETROSPETTIVAMENTE.

AUSPICHIAMO ORA CHE LE AUTORITÀ SANITARIE FACCIANO PARTIRE UNO STUDIO RANDOMIZZATO, CUI DAREMMO OGNI COLLABORAZIONE»

Studi di Pavia) e Flora Affuso (ricercatrice indipendente). Lo studio nasce dall’espe- rienza di cura del Comitato Cura Domicilia- re Covid-19, che raduna oltre un migliaio di medici da tutta Italia. Ha preso in conside- razione 158 pazienti con sintomi da Covid (per esempio febbre, tosse, mal di gola, mal di testa, raffreddore, perdita di gusto o olfat- to), che hanno chiesto aiuto perché non sup- portati dalla medicina territoriale ufficiale o lasciati in vigile attesa, spesso con la sola indicazione di prendere il paracetamolo.

Sono stati tutti trattati tra novembre 2020 e agosto 2021, senza aspettare la positività al tampone, con un protocollo di cura basa- to su una combinazione di quattro farmaci:

LE MOTIVAZIONI

Serafino Fazio (H-Index: 38) ha alle spalle molta ricerca clinica: circa 150 studi, pubbli- cati sulle più importanti riviste scientifiche, tra cui Nature e The New England Journal of Medicine. Dopo aver lavorato all’Università, oggi è in pensione, ma non ha mai smesso di tenersi continuamente aggiornato. «Quan- do è scoppiata questa pandemia sono rima- sto molto colpito dagli effetti negativi sulla salute di questo nuovo virus che, producen- do trombosi, rientra nelle mie competenze di cardiologo. La situazione di un virus nuovo, piuttosto pericoloso, mi ha incuriosito e sono stato spinto alla ricerca anche per protegge- re la mia famiglia e i miei amici e vedere se potevo essere ancora utile agli altri come medico. Non ho alcun tornaconto, non faccio più attività retribuita, non devo fare alcuna carriera e non ho ambizioni d’altro tipo. L’u- nica motivazione è stata puramente umani- taria, volevo mettermi a disposizione degli altri. Oggi, tra l’altro, si possono facilmente consultare siti e banche dati. Sono partito cercando dapprima studi su farmaci già am- piamente sperimentati e utilizzabili anche, potenzialmente, per le malattie virali. Sareb- be auspicabile che questi farmaci venissero presi in considerazione anche dagli organi- smi deputati».

LO STUDIO E I RISULTATI

Il lavoro ha come co-autori Paolo Bellavite (ematologo, già professore di Patologia Gene- rale all’Università degli Studi di Verona); Ma- ria Elisabetta Zanolin (biologa, specializzata in Statistica Sanitaria e professore associato di Statistica Medica presso la Facoltà di Me- dicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Verona); Peter A. Mc McCullough (cardio- logo, internista, department of Cardiology, Truth for Health Foundation, Tucson, Usa) che ha sottoscritto lo schema terapeutico del Comitato Cura Domiciliare Covid-19; Sergio Pandolfi (neurochirurgo-ozonoterapeuta, do- cente al Master di secondo livello in Ossi- geno-ozonoterapia presso l’Università degli

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LE DOSI

Sostanza Dosi Pazienti Covid

Indometacina 75 mg al giorno (100 se il

peso è di 70 kg), in 3 dosi Entro le 72 ore Acido acetilsalicilico 100 mg al giorno, 1 dose Entro le 72 ore Quercetina 100 mg +

Esperidina 100 mg + 50 mg vitamina C

2 compresse al giorno Entro le 72 ore

Omeprazolo 20 mg, 1 volta al giorno Entro le 72 ore

Betametasone 3 mg al giorno Fase avanzata

Eparina Dosaggio profilattico secondo

peso Fase avanzata

Azitromicina 500 mg al giorno, per 6 giorni Fase avanzata

LO STUDIO OSSERVAZIONALE RETROSPETTIVO HA DISTINTO I PAZIENTI IN DUE COORTI SIMILARI PER NUMERO (85 E 73), ETÀ, SESSO E MALATTIE CONCOMITANTI. I PRIMI SONO STATI TRATTATI ENTRO 3 GIORNI, I SECONDI DOPO I 3 GIORNI DALL’INSORGENZA DEI SINTOMI. IL RISULTATO È STATO CHE NESSUNO DEI PAZIENTI DEL PRIMO GRUPPO È STATO OSPEDALIZZATO E LA MALATTIA È DURATA IN MEDIA 6 GIORNI. AL CONTRARIO, NEL SECONDO GRUPPO 14 SOGGETTI (CIRCA IL 19%) HANNO DOVUTO RICORRERE ALL’OSPEDALIZZAZIONE, CON DUE DECESSI

(PAZIENTI CON DUE COMORBIDITÀ, DIABETE E OBESITÀ).

Terapie domiciliari precoci

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• Indometacina: «Ho notato che basta usare il dosaggio da 75 mg per i pazienti sotto i 70 kg e 100 mg per quelli al di sopra, in 3 volte al giorno. Per le persone particolarmente pesanti, la terza dose era di 50 mg anziché di 25 mg».

• Omeprazolo: il dosaggio è di 20 mg, 1 volta al giorno.

• Acido acetilsalicilico: 100 mg, 1 volta al giorno.

• Quercetina + Esperidina + 50 mg vitamina C: 1 compressa 2 volte al giorno, mattina e sera.

• Azitromicina: «È stata data nel sospetto di una sovrapposizione batterica quando il malato entrava nella seconda fase, con polmonite ed espettorazione giallastra (in quella virale è chiara). Autorizzavo dosi da 500 mg al giorno fino a 6 giorni. Per l’azitromicina è stata anche ipotizzata una blanda azione antivirale e di modulazione del sistema immunitario».

• Betametasone: «Come da linee guida, non si deve prescrivere nella fase iniziale: se si dà nelle prime giornate può determinare immunodepressione. L’ho usato nelle terapie avanzate, quando il malato non rispondeva sufficientemente bene a questa terapia, solo nei pazienti che avevano contattato i medici del Comitato oltre le 72 ore dall’inizio dei sintomi. Dose da 3 mg al giorno».

• Eparina a basso peso molecolare per azione anticoagulante e antitrombotica:

mediamente 4000 unità al giorno. «Nelle fasi avanzate della malattia si scatena una trombosi, che può essere micro, dei vasi capillari, e macro, dei vasi più grandi. Questo è documentato dal fatto che si possa trovare

il D-dimero molto alto. In questa fase può non bastare l’antiaggregante piastrinico e occorre inibire la coagulazione del sangue.

Aifa ha autorizzato uno studio per trovare il miglior dosaggio specificatamente per questa malattia. Sembra che l’eparina abbia anche un’azione antivirale contro questo virus. Una ricerca al riguardo è condotta dal professor Pierluigi Viale dell’Unità Operativa di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico S. Orsola.

• Idrossiclorochina: «Non l’ho utilizzata, preferendole l’indometacina, di cui ho molta esperienza, ma potrebbe avere azione sovrapponibile di blocco del recettore ACE2. È un farmaco che si impiega da tanti anni, per patologie reumatiche e autommuni.

Per questa malattia si doveva usare all’inizio, nei primi tre giorni e massimo per una settimana. Invece è stata sperimentata su pazienti ospedalizzati gravi e talora ha manifestato un effetto tossico». Al suo discredito ha poi contribuito uno studio di Lancet, poi risultato falso, che è stato ritrattato dai suoi autori, dopo una lettera di 120 ricercatori indirizzata alla rivista.

«Un fatto gravissimo. Tutte le riviste scientifiche, e in particolare quelle di alto impatto, hanno revisori molto preparati che leggono i lavori e li analizzano nei particolari.

Io stesso lo sono tuttora per moltissime riviste mediche. Mi stupisco che non abbiano controllato quello studio».

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Il risultato è stato che nessuno dei pazienti del primo gruppo è stato ospedalizzato e la malattia è durata in media 6 giorni.

Al contrario, nel secondo gruppo 14 sog- getti (circa il 19%) hanno dovuto ricorrere all’ospedalizzazione, con due decessi (pa- zienti con due comorbidità, diabete e obesi- tà). «In una guerra in corso, come è quella contro il Covid, occorre cercare di combat- tere con tutte le armi a disposizione, ma in due anni un’eventualità terapeutica non è stata presa in considerazione - spiega il pro- fessor Fazio - Tutte le terapie, è quello che sta emergendo, si debbono attivare entro i primi 3 giorni, anche i monoclonali. Inter- venendo precocemente con questi farmaci abbiamo evitato le ospedalizzazioni. Dai cal- coli fatti dalla professoressa Zanolin abbia- mo scoperto che per ogni giorno di attesa il rischio di aggravamento aumentava di 4 volte. Non dico che sia l’unica cura, anzi, ce ne potrebbero essere altre di più efficaci, ma la tempistica è fondamentale. Noi non abbiamo potuto fare altro che uno studio re- trospettivo osservazionale: curare i malati, raccogliere i dati e andare ad analizzarli re- trospettivamente. Auspichiamo ora che le autorità sanitarie facciano partire uno stu- dio randomizzato, cui daremmo ogni colla- borazione».

Va aggiunto che nei casi di aggravamento della malattia (per il gruppo trattato dopo le 72 ore) sono stati usati anche azitromici- na in caso di sovrainfezione batterica, epa- rina a basso peso molecolare per inibire la coagulazione del sangue e betametasone.

Per completezza di studio, quando i malati sono guariti e si sono negativizzati al tam- pone sono stati eseguiti accertamenti, con verifica del D-dimero e la radiografia del to- race. In ben 22 pazienti del gruppo trattato dopo le 72 ore è stato rilevato un aumen- to del D-dimero, rispetto a soli 2 del primo gruppo. Gli esiti cicatriziali alla Rx del to- race, inoltre, sono stati messi in evidenza in 30 su 73 pazienti del secondo gruppo (il 46%) rispetto a uno solo nel primo gruppo.

L’IPOTESI FISIOPATOLOGICA:

IL RUOLO DELLE IgA

Il meccanismo fisiopatologico ipotizzato per spiegare l’efficacia di questo tipo di inter- vento appare molto interessante, perché fa luce su un aspetto poco dibattuto, il ruolo fondamentale delle IgA, mentre oggi ci si è focalizzati molto sul dosaggio di IgM e IgG.

L’abbinamento delle tre sostanze, indometa- cina, esperidina e quercetina, svolge il com-

pito di fermare il virus sulle mucose e im- pedire che faccia danni all’organismo e in particolare eserciti l’azione trombotica at- traverso la Spike. «Gli impediamo di entra- re nel circolo ematico, tenendolo sulle mu- cose delle alte vie aeree, in attesa che si sviluppi la reazione immunitaria naturale, con la formazione delle IgA secretorie che lo vanno a distruggere. Da oltre 40 anni abbiamo a disposizione l’indometacina, un antinfiammatorio ipercollaudato che ha azione anche antivirale. L’ho usata in pas- sato per miocarditi e pericarditi virali. Sul- la stessa molecola avevo già pubblicato una opinion sul World Journal of Meta-Analysis nel giugno 2020 [2].

L’azione contro la prima Sars è stata do- cumentata per la prima volta da un grup- po dello Spallanzani nel 2006 (in vitro e in vivo su animali). Questa molecola ha desta- to interesse anche in ricercatori cinesi sul SARS-CoV-2. L’indometacina ha azione sulla COX-1 e sulla COX 2, blocca entrambe le ca- tene enzimatiche. Ha un’azione importante sulle bradichinine, fondamentali in questa malattia virale. Il sintomo tosse in Covid-19 è, probabilmente, proprio conseguente al le- game del virus al recettore ACE2. È una tos- se secca, stizzosa, conseguente allo stimolo delle bradichinine, che vediamo frequente- mente quando usiamo l’ACE-inibitore nella cura dell’ipertensione arteriosa. La Spike determina un’alterazione del sistema ACE:

bloccando ACE2, si crea un disequilibrio dell’apparato circolatorio». L’azione dell’in- dometacina si sinergizza con quella del nu- traceutico a base di esperidina e querceti- na, sviluppato dal professor Paolo Bellavite, tra i massimi esperti di flavonoidi in Italia.

«L’esperidina, dicono alcuni studi, si va a le- gare sulla Spike e la quercetina andrebbe, come l’indometacina, a bloccare il recettore ACE2, che è la porta di ingresso principale che il virus utilizza per interiorizzarsi». Nel caso in cui una certa quantità del patogeno riuscisse a entrare nel torrente ematico, in- terviene un terzo farmaco, l’acido acetilsali-

Il paziente al centro

Deanna Ferrari, 72 anni, residente nella provincia di Reggio Emilia, si è contagiata mentre era a Desenzano: il tampone positivo risale al 23 ottobre.

Già il giorno seguente ha chiamato il professor Fazio, dopo aver rifiutato il trattamento con il paracetamolo proposto dal medico di base. «Avevo inizialmente sintomi di stanchezza, poca febbre, raffreddore che è andato avanti tre giorni, saturazione nella norma. Raramente prendo medicinali: quelli prescritti sono stati facilissimi da reperire e li ho presi subito per 10 giorni». La cura, basata sui tre farmaci del protocollo e il nutraceutico, è andata avanti, come da prassi, per 10 giorni, sentendo quotidianamente il paziente per il monitoraggio dei parametri di temperatura e saturazione. «Non avevo desiderio di cibo e, infatti, ho perso 4 chili. C’era un po’ di stanchezza, il bisogno di stare sdraiata e un po’ di tosse secca, soprattutto appena alzata, che è rimasta un po’ anche dopo che era guarita. Mi è stato prescritto anche un decongestionante nasale». I sintomi sono scomparsi già prima dei dieci giorni.

«Il Covid non ha lasciato strascichi e ho ripreso il peso normale. Il professor Fazio chiamava tre volte al giorno, chiedeva come stavo. Ti senti curato da una persona e questo fa la differenza».

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Azione tempestiva

Igor Carravetta, 49 anni, di Albenga, consulente aziendale, si è contagiato a fine novembre. «I primi sintomi li ho avuti il 2 dicembre: stanchezza, mal di testa, niente febbre all’inizio, poi l’ho avuta per 4-5 giorni, mai sopra i 38,5 gradi. Ho fatto un tampone rapido in farmacia e sono risultato positivo. Mi trovavo fuori Regione e il mio medico di base mi ha rimandato all’Asl di Reggio Emilia ed è partito l’iter. Sono però venuto a conoscenza del professor Fazio, che aveva già curato mia madre e mio fratello e mi sono affidato a lui. Il mio medico di base mi aveva consigliato paracetamolo e vigile attesa.

Ho chiamato subito entro le 24 ore e mi ha prescritto la cura: di mio ho preso vitamina C, D e zinco». La cura è durata, come da prassi, dieci giorni, con la prescrizione dei tre farmaci previsti dal protocollo e il nutraceutico. «I sintomi dopo cinque giorni erano spariti, la tosse è rimasta un po’ di più, circa una decina di giorni, ma erano pochi colpi al giorno». I contatti con il professor Fazio sono stati costanti durante la fase di terapia. «Lo sentivo due volte al giorno:

mi chiedeva la misurazione tre volte al giorno di temperatura e saturazione, che non è mai scesa sotto i 95. Mi faceva fare anche il Six minutes walking test una volta al giorno». Qualche strascico però è rimasto, come capita a chi ha avuto il Covid. «Molto sonno, dormo un paio d’ore in più. Sono mediamente sportivo ed essendo stato fermo 25 giorni (sono stati necessari due tamponi più i 21 giorni di isolamento) è come se i miei muscoli fossero un po’ rattrappiti, come accorciati».

cilico. «Il virus agisce in modo molto negati- vo nell’organismo determinando trombosi.

Quando entra nel torrente ematico si va a legare ai recettori ACE2, di cui le piastrine sono ricchissime, e la conseguenza di ciò è che queste diventano iperaggreganti. Nel- le autopsie si sono trovati molti trombi pia- strinici». L’omeprazolo è stato aggiunto per proteggere dalla possibile gastrolesività dell’associazione indometacina più cardio- aspirina, e perché anche questa molecola potrebbe avere un’azione favorevole contro SARS-CoV-2.

LA CURA VA PROSEGUITA PER 8-10 GIORNI

Per dare il tempo di sintesi alle IgA di se- crezione, che si iniziano a formare intorno alla 5a-6a giornata dall’inizio dei sintomi, la terapia deve durare non meno di 8-10 gior- ni. «Per tranquillità ho stabilito di allungare ad almeno quattro giorni dopo la scompar- sa dei sintomi, che in media è avvenuta ai 6 giorni. Da quando uso questa soluzione te- rapeutica non ho avuto più ospedalizzazio- ni. Ecco perché è utile utilizzare terapie che possono funzionare e costano poco, suffra-

gate da studi - aggiunge Fazio - Non mi ri- sulta, in tanti anni di medicina, che, di fron- te a una malattia diagnosticata, per curare si debba aspettare. Non capisco poi perché con la situazione attuale, che sta evolven- do negativamente, nonostante l’alto tasso di vaccinazioni, il Ministero della Salute non dia indicazioni chiare nel dire che a domi- cilio si debba intervenire subito, ai primi sintomi di malattia, con farmaci antinfiam- matori e non con il paracetamolo comune- mente usato. Non è da contestare l’efficacia dei vaccini nel ridurre il numero di persone che si ammalano gravemente. Da medico, tuttavia, mi aspetto da un vaccino che im- munizzi realmente, questi vaccini sono in- vece incompleti».

L’APPROCCIO AL PAZIENTE

I pazienti sono stati monitorati più volte al giorno con misurazione della temperatura e della saturazione valutata con il Six minu- tes walking test. «Ho richiesto che mi man- dassero saturazione e temperatura tre volte al giorno, mattina, pomeriggio e sera - spie- ga il professore - Una volta al giorno (opzio- nale), anche la saturazione dopo 6 minuti

I SOGGETTI CHE DURANTE IL

DECORSO DELLA MALATTIA HANNO

UN D-DIMERO (UN METABOLITA

DELLA FIBRINA) AUMENTATO

SONO QUELLI CHE RISCHIANO

OSPEDALIZZAZIONE E DECESSO

Terapie domiciliari precoci

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L’intervento oltre le 72 ore

Per Omar Carravetta, 48 anni, milanese, venditore di impianti antintrusione, il contagio è partito

attraverso il contatto con la sua compagna. Il 2 dicembre si sono verificati i primi sintomi. «Inizialmente un cerchio alla testa, poca tosse e poca febbre, mai salita oltre i 38 gradi; il 7 dicembre, quando ho fatto il tampone, che mi ha dato la positività, c’era ancora ed è proseguita per altri due giorni. Prendo raramente farmaci, non ho alcuna patologia». Il medico di base gli aveva prescritto paracetamolo e vigile attesa. Da qui la scelta di seguire il protocollo indicato dal medico di famiglia della compagna (3 compresse di acido acetilsalicilico al giorno, N-acetilcisteina due volte al giorno, vitamina C e D e antibiotico). «Non avevo benefici e la situazione peggiorava. Ho chiamato il professor Fazio tra il 7 e l’8 dicembre, avevo ancora un po’ di febbriciattola: era titubante perché la sua cura sarebbe partita già oltre le 72 ore. L’ho cominciata e durante il giorno stavo bene, ma la notte la saturazione scendeva anche sotto 90: voleva ricoverarmi, ma ho preferito essere curato a casa. Mi ha prescritto una Rx toracica, in quanto sospettava una polmonite.

Non riuscendo a prenotarla in giornata, è arrivata a domicilio la dottoressa Claudia Piazzoni, chirurgo vascolare che collabora con il Comitato Cura Domiciliare Covid-19. Ha fatto un’ecografia ai polmoni e me l’ha confermata, escludendo però complicanze batteriche, compromissioni al polmone e la necessità di usare ancora l’antibiotico. Mi ha tranquillizzato assicurandomi che potevo proseguire la cura a domicilio. Ho preso ossigeno per cinque giorni:

i primi tre, 25 minuti ogni ora, secondo quanto prescritto dal professor Fazio, e tutta la notte. Dovevo dormire a pancia in giù con la cannuccia nel naso; poi nei giorni successivi l’ho diminuito. La cura però faceva effetto, la febbre non c’era più». Con il Covid in fase avanzata sono stati prescritti anche cortisone (2 volte al giorno, 1 dopo 6 giorni) ed eparina (2 punture al giorno). «L’eparina l’ho presa per 10 giorni, il cortisone qualche giorno in più perché non potevo smettere subito. La cura è durata all’incirca dall’8 al 22 dicembre.

La saturazione via via è tornata normale, fino al 99%».

Nel periodo di cura il paziente era controllato costantemente, via WhatsApp, e quando necessario veniva contattato direttamente per telefono. Per 5-6 volte al giorno (a volte anche di più, nei giorni in cui stava peggio) inviava il valore della temperatura e della saturazione, anche dopo il Six minutes walking test.

«Il professor Fazio è stato fortunatamente molto presente e molto rigido, una persona eccezionale. La sua è una cura che non ha effetti collaterali». Il post Covid ha lasciato qualche postumo? «Non ho ancora la piena funzionalità del polmone, se faccio uno sforzo lo sento, ma mi sento bene. Dovrò fare gli esami di controllo: Rx torace, sierologico quantitativo per IgG anti-Covid 19, anche IgG neutralizzanti, emocromo, proteina C-reattiva, D-dimero, fibrinogeno, sideremia, ferritinemia, glicemia, QPE, creatininemia, Got e Gpt. Il Covid va curato subito. Io ne sono una testimonianza».

di passo svelto in casa (Six minutes walking test): chi comincia ad aver danno al polmo- ne può avere un valore accettabile a riposo, ma quando fa questo test desatura. La so- glia minima del 92% è indicata nelle linee guida ministeriali per il ricovero, ma già al di sotto del 94-93% è comunque patologico e significa che è in corso una compromissio- ne polmonare».

IL CONTROLLO DEL D-DIMERO

È ormai noto che la stragrande maggioran- za dei pazienti ammalati di Covid sia asin- tomatico o paucisintomatico; una minima parte richiede però l’ospedalizzazione, fino alla terapia intensiva. Come prevederne gli esiti, agendo a livello preventivo? Un pos- sibile parametro individuato è quello del D-dimero, un metabolita della fibrina. «È un marcatore di gravità del Covid - prosegue Fazio - I soggetti che durante il decorso del- la malattia hanno un D-dimero aumentato sono quelli che rischiano ospedalizzazione e decesso. Ho pubblicato al riguardo anche un’Osservazione [3] su una rivista scientifi- ca. Prima di adottare questo protocollo di terapia avevo già cominciato a curare. Do- sando il D-dimero in 49 pazienti guariti e se- guiti al di fuori di questo studio, questi, pur risultando apparentemente in buona salu- te, avevano ancora i valori molto aumentati nel 20-25% dei casi. Alti valori di D-dimero dopo la guarigione sono anche risultati cor- relati al Long Covid». La cosa interessante è che alterazioni del D-dimero si verificano anche nei vaccinati contro il virus, facendo sospettare un analogo effetto micro-trombo- tico innescato, evidentemente, dalla Spike prodotta con i vaccini a mRna. «Una donna, dopo il vaccino, ha avuto un ricovero d’ur- genza perché aveva il D-dimero a 21mila ng/mL. Le ho prescritto una cura di epari- na e si sta normalizzando, ma ha corso il ri- schio di morire, perché quel valore è indi- ce di trombosi diffusa. Ho verificato questa alterazione della coagulazione in un certo numero di pazienti, controllando il D-dime-

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| MEDICINA |

BIBLIOGRAFIA

1. Fazio S., Bellavite P., Zanolin E., McCullough P. A., Pandolfi S., Affuso F. “Retrospective Study of Outcomes and Hospitalization Rates of Patients in Italy with a Confirmed Diagnosis of Early COVID-19 and Treated at Home Within 3 Days or After 3 Days of Symptom Onset with Prescribed and Non-Prescribed Treatments Between November 2020 and August 2021”. Med Sci Monit 2021;

27:e9353792. doi: 10.12659/MSM.935379

2. Scotto Di Vetta M., Morrone M., Fazio S., “COVID-19: Off-label therapies based on mechanism of action while waiting for evidence-based medicine recommendations”. World J Meta-Anal 2020; 8(3):

173-177 [doi: 10.13105/wjma.v8.i3.173]

3. Fazio S, Tufano A, de Simone G. “Sustained High D-Dimer in Outpatients Who Have Recovered from Mild to Moderate Coronavirus Disease 2019 (COVID-19)”. Semin Thromb Hemost. 2021 May 7. doi:

10.1055/s-0041-1729857. Epub ahead of print. PMID: 33962473.

ro prima e dopo l’inoculazione. Ho chiesto, pertanto, chiarimenti, facendo segnalazio- ne ad Aifa e, tramite l’avvocato Erich Gri- maldi (promotore del Comitato Cura Domi- ciliare Covid- 19), anche a Ema, alle case farmaceutiche, al Ministero della Salute, al Cts. Finora non abbiamo avuto risposta. Ba- sterebbe eseguire uno studio di coagulazio- ne che tenga anche conto del dosaggio del D-dimero, prima e dopo la somministrazio- ne, per escludere eventuali correlazioni».

ACIDO ACETILSALICILICO A 100 MG PER PROTEGGERSI DALLA VACCINAZIONE

Chi decide di vaccinarsi lo fa oggi senza prendere alcuna precauzione: nessun esa- me preventivo è consigliato. Gli effetti av- versi a livello cardiocircolatorio, eppure, sono tra i più segnalati ad Aifa, come ripor- tano i rapporti pubblicati. L’idea del pro- fessor Fazio è che si dovrebbero studiare meglio i meccanismi con cui i vaccini pos- sono determinare eventi trombotici, parti- colarmente in alcuni soggetti predisposti,

Terapie domiciliari precoci

GLI ESAMI CLINICI POST-COVID

Per completezza di studio, e sicurezza dei pazienti, quando i malati sono guariti dal Covid e si sono negativizzati al tampone vengono prescritti una serie di accertamenti. «Innanzitutto faccio eseguire il test sierologico quantitativo degli anticorpi IgG anti-Covid-19, o delle IgG neutralizzanti che si formano contro la proteina Spike, per essere assolutamente certi che si sia sviluppata un’immunità – spiega il professor Serafino Fazio - Quindi faccio fare analisi di controllo per scongiurare che non ci siano stati esiti di malattia. In particolare, che si sia spenta l’infiammazione. In questo caso prescrivo una radiografia del torace, in quanto il polmone è tra gli organi più colpiti; la proteina C-reattiva, fibrinogeno e ferritina. Aggiungo, poi, analisi che controllino il fegato, guardando le transaminasi, il rene, con la creatininemia. Un altro esame fondamentale è quello del D-dimero. Già in un mio studio precedente avevo visto che circa il 25-30% dei pazienti guariti avevano ancora il parametro aumentato (relativo al metabolismo del trombo), quando si interveniva tardivamente. Per fortuna la maggioranza dei parametri risulta normale alla guarigione. Anche per il torace solo raramente si verificano degli esiti di malattia quando si agisce prontamente».

in modo da vedere se tali rischi possano essere limitati in qualche modo. «La Spike può determinare trombosi per disattivazio- ne dell’ACE2, in particolare delle piastrine.

Pertanto, somministrando un antiaggregan- te piastrinico in via preventiva, il fenomeno si dovrebbe attenuare e bloccare. L’assun- zione di acido acetilsalicilico a 100 mg da 4 giorni prima a 10 giorni dopo la sommini- strazione, dunque, potrebbe proteggere da questi eventi, ma questo deve essere veri- ficato da studi approfonditi. Se il D-dimero

è in un range di normalità (i livelli non de- vono superare 500 ng/mL, nei più anziani qualche sforamento ci può essere) con l’an- tiaggregante piastrinico si potrebbe stare abbastanza tranquilli. Chiaramente se pri- ma del vaccino i valori sono già alterati si- gnifica che si stanno già avendo fenomeni di trombosi e il siero potrebbe ulteriormen- te peggiorarli. Sviluppiamo continuamen- te microaggregazioni trombotiche, ma con- temporaneamente abbiamo la trombolisi, un sistema che li scioglie» conclude Fazio.

Riferimenti

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