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Un abbraccio che spazza via

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Academic year: 2022

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Un abbraccio che spazza via

E poi venne l’abbraccio tra Mario Draghi e Maurizio Landini. Come si sa un abbraccio può essere dato in segno d’affetto o quando si sceglie o si condivide uno slancio di simpatia, una causa comune, tanto più se c’è da sopportare un dolore. Ma quell’abbraccio contenuto e gentile ha spazzato via, ha ripulito di colpo la casa della Cgil dallo sporco lanciatole addosso da

raccapriccianti presenze non umane ma nemmeno animalesche. Infatti, non esistono in natura animali capaci di trasmettere disprezzo, odio, il più ottuso senso di superiorità, in breve quel genere sordido di gelide abiezioni che invece abbiamo visto negli occhi di chi ha sconvolto Roma e altre città.

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Sguardi di chi continuerà ad aggredire. Tuttavia è inadeguato, è insufficiente, definire fascisti i partecipanti a quei cortei organizzati non per ascoltare ma per sfondare qualunque cosa. Fascisti è parola che non spiega appieno l’oscura minaccia che viene da quegli sguardi, da quell’irridente disprezzo, da quella “mostruosità“ in cui quelle presenze vogliono immedesimarsi. E spaventano ancor di più le donne, tantissime e imperversanti nell’avvicinarsi alla sfida, allo scontro, nel guidare gli assalti e nell’allontanare gli indecisi.

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| 2 È come se un qualcosa di molto simile ai seguaci di Trump si fosse installato da noi, con una

moltitudine di gente in preda alla voglia di devastare e cancellare le sedi e le leggi della democrazia, e questo con lo stesso uso illegale dei social media, con la stessa vertigine per gli orpelli riconoscitivi: irreversibili tatuaggi, incomprensibili e sovrapposti legacci attorno ai polsi modello Salvini. Assomigliano in un certo qual modo agli Ewell razzisti e ignoranti di cui si legge in Il buio oltre la siepe:

Non c’è progresso o regresso economico capace di modificare la loro condizione, perché la gente come gli Ewell vive sulle spalle della contea sia nella prosperità sia nella depressione. Non esistono ispettori capaci di obbligare la loro numerosa figliolanza a frequentare la scuola, né ufficiali sanitari capaci di liberarli dalle deficienze congenite…

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In ogni caso, gli Ewell che hanno lordato e vandalizzato l’ingresso e le stanze della Cgil a Roma ignorano del tutto che quell’edificio in Corso d’Italia mostra ancora, esternamente, quel che resta del fascismo in architettura e in scultura, sia l’una che l’altra però tra le più scadenti di

quell’epoca. Florestano Di Fausto (1890-1965) l’architetto, che si può dire progettò e realizzò opere probabilmente in maggior numero dello stesso architetto principe del fascismo, cioè di Marcello Piacentini.

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| 4 Di Fausto è l’autore della messa in scena, concettualmente meschina e dal peggior opportunismo formale, del colonialismo fascista in architettura. Progettò e realizzò in termini esattamente

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opposti a quelli di Giuseppe Terragni o di Giuseppe Pagano, che furono negli stessi

anni straordinari interpreti del moderno e del razionalismo in architettura, mentre il Di Fausto invase, con le sue cose colonialiste nel senso più deteriore, i territori e le città fascistizzate dalla Libia alla Grecia, dall’Albania a molti altri luoghi del Mediterraneo, Italia compresa. Progettò per esempio Predappio Nuova, il paese natale di Mussolini, e se si guardano i disegni della sua

Predappio c’è di che inorridire sapendo che costui tentò addirittura di ripensare la facciata di San Pietro a Roma.

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Da fascista, prontamente divenne democristiano e poi monarchico dopo il 1945, e all’indomani della storica Biennale del 1948 bestemmiò contro l’astrattismo, il relativismo, l’esistenzialismo, con queste parole: “manifestazioni di putredine”.

Ecco perché l’abbraccio tra Draghi e Landini è stato un gesto progressista. Perché ha restaurato uno dei luoghi fondanti dell’irrinunciabile storia democratica del nostro paese. Lo scultore, che accompagnò spesso nelle sue imprese l’architetto di cui sopra, fu Ulderico Conti, che nel 1938 con due grandi sculture ai lati dell’ingresso del palazzo approntato da Di Fausto amplificò la retorica novecentesca assegnando all’immagine della donna il ruolo di madre prolifica, mentre a quella dell’uomo riservò il compito del seminatore. Esattamente immagini e ruoli rifiutati nel profondo dalla grande storia sociale, politica e culturale della Cgil.

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